Il coraggio per le donne del carcere di Empoli

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Il coraggio per le donne del carcere di Empoli
Introduzione
Sono sempre i più piccoli a fare la differenza. E la fanno anche quando si trovano a scrivere e a
rappresentare con la magia dei colori, un’idea, un pensiero, come accade nel libro degli Amici di
Nik, che quest’anno parla di coraggio. Già il coraggio. Ma che cosa è il coraggio? Come definireste
coraggio in una battuta? Gli adulti sembrano avere sempre la risposta giusta per ogni cosa. E quindi
anche per spiegare il coraggio ci sentiamo pronti. Gli Amici di Nik, invece, sono abituati a parlare
attraverso immagini, colori, disegni che ci riportano alla realtà; a leggere quelle paure che forse
ancora albergano dentro di noi e che ritornano alla mente, per ricordarci che siamo stati bambini.
Paure messe in un angolo. Nascoste. Superare i propri limiti, raccontare, imparare ad andare oltre,
crescere e comprendere come nella prima storia narrata nel libro, ‘L’uccello dalle mille voci’, che
ruba le voci di persone, i suoni delle cose perché gli uomini non ascoltano più, non si guardano più
intorno, non guardano più ciò che li circonda. Sono assenti. Questo sentire è l’oggi. Ascoltiamo
poco, la fretta ci ‘incanta’, non abbiamo mai tempo ed i nostri figli ci reclamano. In questo libro i
bambini hanno raccontato la paura, i limiti, i successi e gli insuccessi, il coraggio altrui con un
giallo, un blu, un rosso, un verde, un bianco: i più piccoli riescono a parlare e farsi conoscere con la
semplicità di un tratto di matita. Con i loro racconti chiari, diretti, semplici e comprensibili,
illustrano il coraggio e lo superato con la forza del cuore, dell’ascolto dell’altro. Ogni racconto è un
viaggio nella fantasia che li aiuta ad andare oltre i ‘mostri’ della realtà. Per questo hanno sempre un
lieto fine. Come per Nik che è riuscito a camminare dopo un percorso non proprio così facile ed è
bello leggere il racconto dei genitori che si rivolgono ai compagni di classe di Niccolò, in segno di
riconoscenza per tutto l’affetto che hanno sempre dimostrato nei suoi confronti. Il coraggio di
farcela, di oltrepassare quel buio, di prendere per mano i propri compagni di scuola ed imparare a
fidarsi. Questo è coraggio. Ed è coraggio anche per le Amiche di Nik che presto torneranno a
vedere il sole, fuori, guardando il cielo azzurro senza quelle sbarre che rompono, interrompono,
deviano. Per la prima volta ospiti in queste pagine, ringraziano Niccolò, i suoi genitori che un
pomeriggio le hanno incontrate per invitarle alla sua festa di compleanno e per scrivere su questo
libro. Perché di coraggio ne hanno avuto e ne hanno. Oggi più che mai. Sono mamme anche loro,
distanti dai figli in questo momento, ma presto torneranno ad abbracciarli e a vivere con loro i
colori e la magia della vita. Hanno scalato montagne così ripide da mettere paura a un vero
scalatore. Oggi sono donne diverse, si sentono diverse, nel cambiamento e nel calore di quel sole
che tornerà a risplendere nella loro vita. Il coraggio di non mollare mai, come scrivono gli Amici di
Nik più grandi: non permettiamo che il sole spenga il suo raggio. Ogni giorno, ogni attimo, siamo
portatori del coraggio. Buona lettura a tutti!
Patrizia
Cari lettori,
qualche mese fa sono stato contattato dai genitori di Nick, per il tramite di Patrizia Tellini che mi
offriva la partecipazione dell’ambiente penitenziario, da me rappresentato nella città di Empoli, al
Nick day. Il breve racconto della storia dei predetti, ha suscitato in me, genitore come loro,
profonda ammirazione, non soltanto per la dignità a la compostezza con le quali affrontano
quotidianamente il peso della gestione di un bambino diversamente abile, quanto per il coraggio che
hanno dimostrato, non appena scoperto il crudele destino di Nick e come una sorta di reazione allo
stesso.
Proprio il coraggio è il tema del Nick day di quest’anno. Lo ritroverete in queste pagine,
rappresentato nelle sue varie sfumature - a seconda della particolare situazione, dello stato d’animo
o del vissuto del narratore – a conferma, caso mai ce ne fosse bisogno, che esso non è quello
incarnato da immaginari eroi, bensì quello che si dimostra nella quotidiana battaglia del vivere,
reagendo alle avversità che il destino ci riserva: quello, insomma, dei genitori di Nick.
Ricordo ancora un passaggio del loro racconto, quando il papà di Nick, in un momento di
comprensibile sconforto della mamma, dettato forse dall’indifferenza con la quale la comunità
aveva reagito al loro dramma, le sussurrò: “Oh! Ma che male s’è fatto”?
Da quel momento è scattata la reazione positiva che ha portato i due genitori alla creazione di una
rete, anche in forma associativa, finalizzata alla sensibilizzazione della collettività nei confronti di
chi patisce.
La sofferenza genera spesso il coraggio e questi, insieme, producono, altrettanto frequentemente,
grandi opere: molte delle più belle poesie che sono state scritte sono il frutto di grandi turbamenti
dell’animo, come pure alcuni generi musicali e opere dell’arte figurativa.
Il genere di coraggio che, invece, per motivi professionali io spesso sono chiamato a sollecitare e
gestire, è di tipo - potremo dire - esortativo. Si traduce, infatti, nello stimolare coloro che vivono la
privazione della propria libertà personale senza speranza, a credere in un futuro migliore, superando
la spersonalizzazione che la detenzione coatta indubbiamente comporta. Troverete in queste pagine
numerose testimonianze di questa virtù nelle persone detenute presso la struttura che dirigo e vi
sorprenderete nello scoprire insospettabili eroi per i quali il coraggio è a fortiori connesso al vivere
quotidiano, dove le difficoltà, esacerbate dalla coazione, lo impongono: questo il coraggio di cui si
narra.
In adversa, ultra adversa (nell’avversità, oltre l’avversità), coraggiosamente.
Graziano Pujia
direttore della casa circondariale femminile di Empoli
IL CORAGGIO
Coraggio, dovrebbe essere sinonimo di forza … Di ripresa, di coraggio , tipo c’è una rampa di
scale … E arrivare in cima a quella rampa di scale …. Che forse ce la puoi fare - mi spiego meglio
- io ora non ho tanto coraggio , perciò è come se fossi in fondo a questa rampa di scale , la guardo e
faccio uno scalino , e… Sento la fatica, la paura , sono consapevole dell’errore di nuovo , perché
nel 2012-2013 ero ancora qua ad Empoli, ma ci ero per dei definitivi e perché mi era stata data
l’occasione , il beneficio di non arrivare al tragico carcere... Ma non è bastato. Tanto che il mio
beneficio mi è stato revocato e sono per appunto finita in carcere prima a Pisa, ma nemmeno un
mese, poi trasferita …
Ad Empoli dove ho trovato tanto tanto per poter lavorare su me stessa … diciamo che ero stata
indirizzata, avevo gli strumenti, per provare ad andare in cima, non alla scala,tutto insieme non si
può, ma almeno qualche scalino, bene, io nemmeno uno ne ho fatto di scalino!
Perché perché, forse non ho colto abbastanza, forse sono stata ancora egoista , si egoista perché
nella carcerazione mia madre l’ho vista due volte, e ogni volta alla settimana che chiamavo lei a
casa 10 minuti di litigata … Ma sapete? Mi manca questo litigare. Molto! La mia “Iceberg” mi
manca, ma sono state vicino a me Andrea, mia figlia, ora quasi diciassettenne, e mio papà. Mio
padre non ha mancato un sabato per venirmi a trovare. Andrea è un’ adolescente incazzata. E
magari a volte svegliarsi presto per venire da me, che io fuori me ne sono fregata… Beh non ne ha
voglia. Capisco e no comment. Col tempo però… anzi lei nel 2012 – 2013 gli ho raccontato una
mezza verità per il motivo che ero in galera. Scuse tipo multe non pagate… Cazzate, niente in
confronto alla nuda fragile sensibile verità… Tornata a casa li il coraggio si, si è fatto sentire.
Appena due scalini. Ti faccio presente che la mia rampa di scale in salita è un po’ lunga tipo, che
so, Piazza di Spagna a Roma. Avevo gli insegnamenti nella testa, le raccomandazioni. Avevo
racchiuso nella mia testa ogni immagine, l’espressione dei visi , di Andrea e papà ogni volta che
sono venuti a trovarmi. Erano nel mio cuore e nella mia testa. Nel mio cuore c’era anche qualcun
altro che a modo suo mi aspettava. Ben altra storia e lì è un altro tipo di coraggio su cui non mi va al
momento di tornare sopra. Perché c’è ancora si è no. Lui è il buono io la cattiva. Cioè la spericolata
che è senza freni.
Che non gli è bastato quasi un anno di carcere più quello che bene o male aveva già fatto di
detenzione , no... A me non è bastato ma d’altro canto lui che ha fatto per non farmelo fare?
Io gli ho scritto che forse… Lo amo tanto , ma tanto… Ma che con coraggio lo lascio libero di fare
quello che vuole . Forse io sono senza freni oppure lui che dice di conoscermi e sappiate che ora a
dicembre 2015 sono 8 anni che ci frequentiamo. Be quando sono uscita a dicembre 2013 , il 26,
giorno di Santo Stefano, ci siamo visti. Il mio cuore lo desiderava tanto e comunque un anno di
lontananza, per me era vedere se è amore , o alla fine siamo solo diventati compagni di merende.
Compagni di disavventura….Insomma era una prova di coraggio verificare esaminare per bene la
nostra storia , che barcolla, perché io sono senza freni, lui è quello che prova a frenare, ma non ce la
fa… e mi viene dietro e come se mi viene dietro… ma alla fine io sono quella che è in carcere e lui
no… Meglio, perché io non ho voluto metterlo nei guai.
Io ho già la fedina sporca, e visto che lui al mio ritorno ha voluto, non lo so, festeggiare, le feste
natalizie… Eh… io non ho avuto il coraggio di dire no… E tutto è ricominciato. Anzi non è mai
finito… Be non mi ama, dice di sì, dice tante belle parole… Ma è solo la droga… Il problema tra
noi…
Io devo avere il coraggio di prendere in mano la mia vita e dire <<Posso farcela! Coraggio Fede!
Hai 38 anni quasi..Oh sveglia!>> Campanelli che suonano… Quelli dell’amarmi nel mio cervello e
li devo ascoltare.
Perciò il coraggio è leggere una sua nuova lettera (si limita a due lettere) che dice di volermi vedere.
Vorrebbe venire al processo, ma poi non avrei il coraggio di dirgli niente…
Forse non troverò più il coraggio per chiudere, ma chiudere sul serio. Rimanere forse amici… Ma
consapevoli… Che ci lega solo una cosa brutta…
Il coraggio è telefonare alla propria mamma e non sapere cosa dire . Trovare il coraggio di dire ciao
Pà, Andrea … Tipo oggi 19/02/2015 che è stato un colloquio straziante… Perché è stato
coraggioso … Parlare della giornata no che io ho oggi…
È una scala. Uno scalino alla volta … <<Papà! Andrea! Forse insieme ce la facciamo…>>
(Fefè)
«Ho imparato che il coraggio non è la mancanza di paura, ma la vittoria sulla paura. L’uomo
coraggioso è colui che non prova paura ma colui che riesce a controllarla». Così Nelson Mandela
definiva il coraggio. Chi nella vita non ne ha? Insieme alle donne detenute della Casa Circondariale
femminile di Empoli, che saranno ospiti dell’edizione 2015 del ‘Nik Day’ sabato 23 maggio,
abbiamo pensato, parlato e scritto sul tema del coraggio, con gli occhi di chi conosce la sofferenza,
l’abuso, il sopruso. Un viaggio ad occhi e cuori aperti. Senza maschere, solo la voglia di raccontare
e di esserci. Abbiamo così iniziato il nostro percorso attraverso il tempo, un tempo oggi più lontano
di ieri, ma sempre lì, con i suoi angoli bui, impenetrabili. Un viaggio talvolta molto doloroso, fatto
di rimandi, di ricordi più o meno lontani; altre volte abbiamo sorriso, riso. Perché il ricordo è fatto
anche di gioia, e non solo di tristezza. anche se è già stato vissuto. Mi sono domandata se Patrizia,
nella sua vita, ha avuto coraggio Sì ne ho avuto tanto. Ho pensato al distacco forzato, per tanti anni
dalla mia famiglia, quando pensavo di non farcela a vivere lontana dalle origini, dalle abitudini,
dalle piccole cose che sotto effetto di sostanze stupefacenti non vedi, non guardi. C’è l’eroina. Il
resto non conta. E poi accade tutto così in fretta quando varchi la soglia del carcere, che in un
attimo cambia tutta la prospettiva e ti ritrovi a ‘vivere’ in due metri quadrati scarsi. Sola. In quel
luogo niente è uguale alla vita fuori dalle mura. Ogni mattina ti alzi, pensi che un’altra giornata
deve passare, che forse riceverai una lettera, o che è il giorno della visita dei familiari e ti ‘fai’ più
bella o che magari verrà l’avvocato con una buona notizia. Il coraggio di sapere aspettare nei tempi
sempre uguali della detenzione. Il tempo si ferma inesorabilmente e te che sei lì non puoi farci
niente. Hai paura. Tanta paura. Ma non molli. Hai il coraggio di non mollare. Ma lui, il tempo,
scorre e te non lo senti, ma lui, scorre. E te, aspetti. Aspetti. Questo è il passato che non
dimenticherai mai. Oggi ho il coraggio di vivere la mia nuova vita con mio figlio, insieme ai suoi
fratellini ‘boxer’ e alla persona che mai ha smesso di amarmi nonostante i suoi ed i miei errori.
Come ho fatto a resistere tanti anni? Come si può vivere ammassati e senza tempo, in due metri
quadrati di stanza, con il water accanto a dove ti ‘cucini’ nella camera di detenzione? Ad oggi non
mi sono data ancora una risposta. Quello che so è che la donna dimostra sempre, in ogni situazione,
più coraggio e determinazione dell’uomo e si spoglia, con umiltà, di tutto il suo essere femminile,
della sua cura, del suo sentirsi, adattandosi anche come ‘mamma’ a quella nuova terribile realtà,
tenendo in braccio il proprio bimbo. Voglio concludere questa mia breve riflessione sul coraggio,
proprio da mamma, pensando che un giorno, ormai non più tanto lontano, racconterò la mia storia,
quello che ero e che sono stata, e quella che sono oggi anche per Amore di mio figlio.
(Patrizia)
Che cosa potrei dire del coraggio? Che ho avuto il coraggio di lasciare la mia famiglia e venire qua
in Italia?. Non lo so veramente. Penso che è stata più dura in questo caso, ero molto consapevole a
che cosa andavo incontro. Sono partita dal Brasile molto consapevole di quello che mi aspettava e
in quelle dodici ora infinite la mia testa era in preda ad una grande confusione. Avevo il cuore
spezzato e mi faceva male. Male a pensare alla mia famiglia, agli amici, al mio letto e tutto quello
che io dicevo di odiare, in quel momento cominciavo ad amare, nella mia mente era tutto diventato
soltanto un ricordo, provavo una nostalgia non indifferente. Mi chiedevo se a tutto quello c’era un
senso, se davvero lo avevo toccato il fondo per fare una scelta del genere. E tutto per paura, paura di
affrontare la realtà, paura di me stessa. E che poi provo ancora questa paura, e non doveva essere
così, gli anni sono passati e io sono cresciuta e mi domando che cosa è cambiato dentro di me.
Avevo tutti gli strumenti per cercare di migliorare e io con le me mani ho messo via. Perché nella
mia mente, vivere nella ipocrisia sarebbe più facile sopravvivere. Ma ora ho capito che nella vita si
deve avere coraggio. Coraggio di combattere. Combattere per raggiungere gli obiettivi, coraggio di
affrontare la vita. E questo è uno dei sentimenti che devo avere: il coraggio di affrontare la vita
reale. Voglio trovare la pace con il mondo e soprattutto con me stessa e per averla non c’è altra
strada se non quella del coraggio.
(Micheli)
Ciao sono Maribel e sono di Santo Domingo. Non ho mai pensato di essere una ragazza coraggiosa,
ma confrontandomi con le altre ragazze ho scoperto di sì. Sono andata via dal mio paese da sola. Ho
affrontato lunghi viaggi in giro per l’Europa tutta sola con una sacco di difficoltà. Ho lasciato la mia
famiglia e i miei figli ed è stato doloroso il distacco. Non avevo scelta. Nel mio paese c’è tanta
povertà e io dovevo fare qualcosa per aiutare i miei cari. Ho cercato fortuna in giro però niente era
facile come pensavo.
Il dolore per la lontananza dei miei bambini si aggiungeva al dolore di non riuscire a fare il meglio
per loro. Così, cercando la strada più semplice sono finita nei guai. Sono finita in carcere ed ora è
davvero impossibile aiutarli. Che stupida pensando di fare di più non ho fatto niente.
Ma ora, dopo aver imparato che bisogna accontentarsi di poco, so che se ho avuto il coraggio di
lasciare la mia terra, i miei affetti, devo avere il coraggio di ricominciare. Ho capito il mio sbaglio e
sono sicura che non potrà più accadere. Ho paura di quello che troverò fuori, so che niente sarà
semplice per me, ma ho il coraggio di affrontare qualsiasi sacrificio per i miei figli.
Ho il coraggio di affrontare il mondo che mi circonda perché s0ono sicura che qualcosa di bello c’è
anche per me.
(Maribel)
Non mi sono mai chiesta cos’è il coraggio per me. Non è proprio una domanda che una persona si
fa tutti i giorni. All’inizio sono stata un po’ in crisi, poi mi sono venute un sacco di risposte ad un
quesito non proprio semplice. Credo che il coraggio ce l’abbia chiunque la mattina si alzi con il
sorriso, perché in questo mondo non c’è proprio niente che metta il buonumore. Affronta la vita
oggi è una lotta quotidiana, non c’è lavoro, non ci sono case, non c’è nessuno a cui aggrapparsi e
quando riesci ad avere una cosa, forse no ce la fai davvero ad avere l’altra. Gente coraggiosa.
E io ho scoperto di essere una donna di coraggio. Ho affrontato una lunghissima carcerazione con la
voglia di lottare sempre e comunque, senza arrendermi mai alle difficoltà che inevitabili si
presentavano. Ho affrontato con dignità i lunghi giorni chiusa in una cella senza mai considerarlo
tempo perso, ma tempo per riflettere, tempo per imparare, tempo per crescere.
Un tempo che è passato, e che rivedo riflesso sullo specchio quando vedo una ruga nuova, quando i
segni del dolore non mi permettono di dimenticare, sono lì ogni giorno a ricordarmi i miei errori,
che mi sono costati la lontananza con la persona più importante per me: mia figlia. Ma io non ho più
paura, sono diventata grande, sono diventata forte e ringrazio il coraggio che ho avuto fino ad ora
che mi ha permesso di essere ciò che sono.
Questo capitolo sta per chiudersi. Mi aspettano ancora due prove, ora so che saprò affrontarle.
Perché solo chi si è saputo ricostruire, dopo aver toccato il fondo, saprà affrontare questa vita con la
consapevolezza che è un bene prezioso e che, in fondo, tanto male non è..
(Luisella)
Ciao sono Giusy, una delle ragazze che ha scritto “ Codice a sbarre”. Mi è stato chiesto di scrivere
qualcosa sul “Coraggio” ed eccomi qui con carta e penna ad esprimere i miei pensieri. Per me il
coraggio è un termine molto grande, dobbiamo sapere che nella vita c’è bisogno di molto coraggio
per affrontare i problemi che si presentano fin dal primo giorno che vediamo la luce. Il coraggio si
presenta in qualsiasi momento della nostra vita ne giornata. Per me che sono chiusa oltre il muro di
cinta, il coraggio è più presente, cioè il coraggio di affrontare la mia carcerazione e una volta in
libertà, quello di affrontare la vita diversamente. Il coraggio di reinserirmi nella società senza
pregiudizi, che come tutti o quasi tutti sanno quando vai a chiedere qualcosa qualcuno ad esempio
un posto di lavoro, ti viene chiusa la porta alle spalle; il coraggio di affrontare una malattia, la
perdita di un a persona a te molto cara. In poche parole ci vuole coraggio per tutto e quindi se mi è
permesso di dire: forza e coraggio che ogni giorno sarà sempre un viaggio verso una vita migliore.
(Giusy)
Mi chiamo Adina ho 21 anni e vengo dalla Romania. Sono arrivata in Italia ancora minorenne, con
pochi soldi sola e senza sapere cosa mi riservava il futuro. Non parlavo né scrivevo l’italiano e
quindi è stata molto dura. poi, piano piano ho trovato lavoro, una stanza per dormire, anche se
molto piccola. Sembrava che tutto andasse bene, perché dove lavoravo ho conosciuto un ragazzo e
mi sono innamorata. Sono rimasta incinta e mi sembrava di toccare il cielo con un solo dito. E dopo
nove mesi è nata Adela! Bella di 3 chili e 200 grammi, a me sembrava di vivere un sogno. Infatti
come tutti i sogni poi ti svegli una mattina che tutto è cambiato.
Lui mi lascia per un’altra, io perdo il lavoro, mi ritrovo in mezzo alla strada costretta a mandare la
mia bambina in Romania da mia madre. Mi sono ritrovata di nuovo sola, dormiva per la strada, e
per vivere e mandare i soldi a mia figlia rubavo. Così mi sono ritrovata in carcere a Pisa e poi qui a
Empoli.
La prova più dura è stata stare lontano da mia figlia. Il coraggio. Non so che cosa mi riserverà il
futuro ma una cosa è certa, appena uscirò mi riprenderò in mano la mia vita e la mia bambina.
Almeno una cosa buona dal carcere l’ho imparata.
(Adina)
Ore presto del mattino, in casa mia, suona il campanello, chi può essere a quest’ora, l’intravedo,
loro ancora.
Si vesta, poi ci segua, una notifica da fare. Una notifica a quest’ora? Coraggio è deciso, chissà che
mi vorran fare, io intanto ho la borsa pronta, guardo lei, la bimba, la riguardo, come una foto ad
immagine ferma stampa, la stringo, la bacio, le sussurro, non venire…devo andare…fammi andare,
coraggio bimba, ce la potremo fare. Non venire ti farò sapere. Fa male!
Mi mettono le manette, e dicono ordine all’arresto, è già la seconda volta che ti sbattono al fresco.
la riguardo, non ho coraggio, mi dispiace è risuccesso!
La vita si è accanita, ma sorrido a questa sfacciatura, se cado mi rialzo e ne sarò sempre contenta.
Lo stato ha deciso questo, ed io …… permesso, perché prima la mia vita l’ho trascorsa proprio
come un fesso. Ma la mia mente ed il mio cuore non li potrai mai imprigionare.
Ho pagato già abbastanza per le cose che ho commesso e non commesso. Non ci torno come prima,
questo me lo son promesso.
Rimarrò sempre me stessa, mi potrò migliorare, non mi rivendo, non c’è verso, la mia vira non ha
prezzo. Il mio sangue pulsa forte e scorre in queste sbarre.
Le mie parole e il mio pensiero vanno oltre queste sbarre e tutto ciò che sento, te l’ho messo dentro
a’ sto pezzo.
(Fefè 77)
Se mi avessero chiesto di scriver qualcosa sul coraggio qualche anno fa, non avrei saputo proprio
cosa scrivere. Invece oggi 28.03.2015 sono esattamente 289 giorni che mi trovo in carcere e capisco
solo adesso cosa vuol dire coraggio. ‘Coraggio’ è una parola di otto lettere, a volte pronunciata
senza davvero capire fino in fondo i significato, se non provata sulla nostra pelle. Per me coraggio è
andare avanti, anche se dentro ti senti morire. Il coraggio è vedere e capire i tuoi errori e da questi
imparare. Il coraggio è affrontare un giorno dopo l’altro e in loro trovare la parte positiva. Per finire
il coraggio è affrontare tutto questo e avere la consapevolezza che per tutto c’è un inizio e una fine,
per ricominciare una nuova vita.
(Tecla)
Dalla fonte della forza ho trovato il tempo di riflettere. Ora mi racconto. Spero che abbiate capito
che non mi riferisco alla forza fisica, bensì alla forza interiore che mai avrei pensato di avere. In
primis grazie a mio figlio Salvatore, di nome e di fatto. Ho attraversato tanti tunnel bui, dove mai
credevo di vedere la luce, o meglio, non avevo il tempo di vedere uno spiraglio per respirare un po’
di gioia, che all’improvviso mi arrivava un altro dolore. Mi riferisco alla perdita di mio padre: un
uomo di sani principi e valori che ci ha insegnato a crescere. Poi la perdita dei due miei fratelli e
come dulcis in fundo, una violenza da una persona che credevo potesse, non dico prendere il posto
di mio padre, ma almeno la figura. Parliamo di forza? Quante cose ci sarebbero da raccontare sulla
forza che ogni essere umano crede di non avere, ma con il tempo si rende conto del contrario. Si
riflette e si trova il tempo di capire. Oggi posso dirvi che credo nei j9iracooli, perché nella vita
quella che io chiamo forza porta il nome di mio figlio che ha avuto la capacità di regalarmi la vita,
che presto spero rivedrò. Non importa se dovrò soffrire, non importa se dovrà subire. Ormai ho
capito che chi mi da la forza ed il coraggio è Salvatore, mio figlio.
Grazie di esistere amore mio.
(Lello)
Avere un figlio con dei problemi, grandi o piccoli che siano, significa avere coraggio. Mia figlia è
portatrice di handicap, crescerla nella maniera più adatta e giusta per lei, richiede molto coraggio e
forza. Affrontare le visite mediche, i responsi, ascoltare tuo figlio che si lamenta, oppure è triste, e
tenerti dentro il dolore e l’impotenza che ciò provoca ad una madre che ama il proprio bambino. Ci
vuole coraggio e ce ne vuole tanto, accompagnato da tanta forza per affrontare tutto questo. Il
coraggio non si inventa, né si eredita, né si acquista e né si costruisce: è l’amore che te lo fa avere.
L’amore da forza e coraggio a noi genitori, che nasce dentro di noi, ciò che gli serve; e lo facciamo
bene, molto scrupolosamente senza tralasciare niente. Mia figlia conosce solo l’amore ed ha deciso,
da sola, di frequentare il liceo (secondo anno con media di voti 8/9) socio psico-pedagogico per
aiutare i bimbi che avranno, purtroppo, dei problemi. Sono fiera di ciò, e del coraggio e della forza
che ho avuto con lei tenendo il grande dolore dentro di me, senza che lei lo avvertisse mai. Tutto ciò
per un genitore è naturale. C’è sicuramente qualcuno sopra di noi che ci guida e ci aiuta.
(Alfonsina)