047_Paolini Francesca_567

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047_Paolini Francesca_567
FRANCESCA PAOLINI
(Pisa)
L’ONOMASTICA NEL GENERE GIALLO
DI FRIEDRICH DÜRRENMATT
“Ein Name
gehört einfach zur Figur”1
Abstract. In this paper I am going to study various typologies of the personal
names in Dürrenmatt’s detective novels and in his two main works: Der Besuch der
alten Dame and Die Panne. The author often uses antiphrastic names, he invents
names from dialectal words or saying and sometimes he creates some of them by
mixing the names of important personages of 20th century. The use of these
names helps Dürrenmatt to express the typical irony and the grotesque aspect of
his work.
All’inizio degli anni cinquanta Friedrich Dürrenmatt si cimenta nel genere giallo-poliziesco; i primi romanzi Der Richter und sein Henker e Der
Verdacht verranno pubblicati a puntate sulla rivista Schweizerische Beobachter, in seguito uscirà Das Versprechen e solo nel 1985 sarà pubblicato
l’ultimo romanzo giallo dal titolo Justiz.
Nel 1956 l’autore scrive il radiodramma Die Panne, riadattato a distanza di pochi mesi sotto forma di racconto, e la tragicommedia Der Besuch
der alten Dame, che gli conferisce fama internazionale.
In tutte queste opere è possibile rintracciare le componenti più tipiche
della poetica dürrenmattiana: dominante è senza dubbio l’idea di un mondo e di una società labirintici, sempre più caotici, dai quali sembra non
esistere via d’uscita e dove bene e male risultano essere sempre meno distinti tra loro.2 Ne emerge l’immagine di un’umanità in cui ogni individuo
può commettere il proprio omicidio, animato da un sentimento di vendetta o per il solo gusto di uccidere, e la giustizia – tema ricorrente e centrale
in tutte queste opere – è una giustizia amministrata in modo arbitrario e
1 W. Hadorn, Herkunft: über Namen und Sprache, in F. Dürrenmatt. Gespräche 1961-1990,
hrsg. von H.L. Arnold in Zusammenarbeit mit A. von Planta und J. Stümpel, 4 Bde., 2. Bd.,
Zürich 1996, op. cit., S. 327-344. ‘Ogni nome appartiene al suo personaggio’.
2 Per un ulteriore approfondimento del concetto di labirinto in Dürrenmatt si rimanda ai
seguenti testi: F. Dürrenmatt, Labyrinth. Stoffe I-III. Zürich 1981. H.L. Arnold, Herkunft vom
Dorf: ein Labyrinth, in F. Dürrenmatt. Gespräche…, op. cit.; F. Dürrenmatt, Die Welt als
Labyrinth. Ein Gespräch mit Franz Kreuzer, Zürich 1986.
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soggettivo, in seno alla quale persino la coscienza e la morale umana, di
fronte al potere del denaro, risultano essere corrotte e corruttibili.
Lo smascheramento di quest’umanità formulato attraverso un sarcasmo
tagliente e sullo sfondo di un’ambientazione spesso grottesca viene riflesso
vistosamente anche nelle scelte onomastiche. Diverse sono le tipologie alle
quali Dürrenmatt ricorre per “battezzare” i suoi personaggi. Molto frequenti sono i nomi parlanti che rispecchiano i ruoli o le caratteristiche morali e psicologiche di chi li porta. Ne sono un esempio nella Panne3 il giudice difensore Kummer ‘affanno, cruccio’,4 che difende fino allo sfinimento l’imputato, o la controparte, il pubblico ministero Zorn ‘ira, collera’,5
che si accanisce con tutte le sue forze contro quest’ultimo; e ancora il boia
Pilet, colui che esegue le sentenze del tribunale, il cui nome rimanda al
verbo francese piler ‘sbriciolare, pestare, menare’.6
Altro esempio è rappresentato dal protagonista maschile di Der Besuch
der alten Dame, Alfred Ill, il cui cognome rimanda all’aggettivo inglese ill
‘misero, infelice’ (contenuto anche nell’espressione inglese to fare ill, con il
significato di ‘passarsela male’7) e che rispecchia in pieno le condizioni
materiali e psicologiche nelle quali costui vive. Da non dimenticare i nomi
presenti in Justiz, dove è possibile rintracciarne di estremamente eloquenti
quali Dementi, portato da un poliziotto del tutto incapace, e Felix Spät, attribuito al protagonista. In quest’ultimo caso l’autore ha optato per un nome-ossimoro, oltre che parlante, creando un contrasto tra il nome di battesimo, chiaramente augurale, ed il cognome, che ben si attaglia al giovane
avvocato che non riesce mai a risolvere i casi affidatigli perché arriva sempre un momento dopo o perché viene a conoscenza di nuovi indizi quando ormai è troppo tardi. I primi romanzi gialli vedono come protagonisti il
commissario Bärlach impegnato a risolvere i due ultimi casi prima del pensionamento. Il nome scelto per questo personaggio si lascia interpretare
meno facilmente di altri: senza dubbio è un nome composto, in cui il primo elemento rimanda all’orso – qui si può intravedere forse un omaggio
3 Del seguente testo esistono varie versioni: il radiodramma e il racconto, entrambe del
1956, e la commedia del 1979. È interessante ricordare che nel racconto non viene attribuito alcun nome al personaggio del giudice, mentre nel radiodramma egli si chiama Werge e nella commedia Wucht. Il primo nome può essere ricondotto alla parola tedesca Werg ‘stoppa’ o al verbo
würgen ‘strozzare, strangolare’; mentre Wucht significa ‘forza, impeto’.
4 E. Spedicato, Facezie truculente. Il delitto perfetto nella narrativa di Dürrenmatt, Roma
1999, p. 35.
5 Ibidem
6 Ivi, p. 39.
7 R.E. Brown, Claire and the Oby’s: names in Friedrich Dürrenmatt’s Besuche der alten Dame,
in R.E Brown: Names in Modern German Literature. Essays on Character- and Place-Name Selection by Twentieh Century– German Authors, Stuttgart 1991, p. 42.
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dell’autore alla città e al cantone di Berna, che recano nel loro stemma la
figura di un orso –, mentre il secondo elemento richiede maggiori approfondimenti etimologici. L’elemento -lach riconduce ad alcune forme attestate in varie lingue germaniche quali il gotico laiks ‘ballo’, l’antico nordico leikr ‘gioco, combattimento’ e l’anglosassone lāc ‘gioco, dono’.8 La
radice indoeuropea *leig-/loig- significa ‘saltellare, ballonzolare’, e tale significato si è mantenuto anche nel verbo gotico laikan.9 Secondo quanto
afferma Gottfried Schramm la forma *-laikaz figurava come resa poetica di
termini quali ‘battaglia’ o ‘guerriero, combattente’.10 In sostanza il nome
indicherebbe ‘colui che si muove, che combatte, che gioca come un orso’.
Il nome sembra così rispecchiare l’indole del commissario Bärlach, amante
delle sfide, del gioco duro, del rischio e capace di dare la caccia ad un pericoloso criminale di guerra anche dal letto di un ospedale. Il commissario
ha intorno a sé poliziotti e superiori per i quali sono stati adottati dei nomi
di tipo antifrastico. Queste scelte onomastiche rappresentano un tentativo
ben riuscito da parte dello scrittore di creare ironia, screditando così la figura del poliziotto o in generale dell’uomo di legge, che nella visione dürrenmattiana non è più il rappresentante di una giustizia infallibile e incorruttibile. Un primo esempio è dato dal comandante della polizia di Berna
Lucius Lutz, da poco tornato dagli Stati Uniti, dove è venuto a conoscenza
delle grandi innovazioni verificatesi nell’ambito della criminologia scientifica, di cui è diventato un convinto sostenitore. Il comandante vorrebbe
che i suoi uomini, compreso il commissario Bärlach, adottassero i nuovi
metodi: in realtà il caso verrà risolto senza alcun ricorso ad essi. Il cognome Lutz, attestato anche nella forma Lütze, può rappresentare la forma
ipocoristica di Ludwig, ma è anche riconducibile all’aggettivo dell’aat. luzil
‘piccolo’, che si è mantenuto in alcuni toponimi, quali ad esempio Luxemburg (forma che deriva da un più antico Lützelburg, ‘il piccolo borgo’11).
La critica tende tuttavia a legare i nomi Lucius e Lutz alla parola latina lux
‘luce’, mantenendo così in entrambi l’idea del ‘far luce e chiarezza’ sul caso che in realtà non si è in grado di risolvere.12
Un caso analogo è rappresentato dal nome Tschanz, che rimanda alla parola francese chance ‘caso, opportunità’ e che Dürrenmatt impiega per il
8 F. Kluge, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache, hrsg. von E. Seebold,
Berlin/New York 1995, S. 511.
9 J. Pokorny, Indogermanisches etymologisches Wörterbuch, Bern 1959, S. 667-668.
10 G. Schramm, Namenschatz und Dichtersprache, Göttingen 1957, S. 60-61.
11 E. Förstermann, Altdeutsches Namenbuch. Orts- und sonstige geographische Namen, hrsg.
von H. Jellinghaus, München 1967, S. 158-160.
12 W. Pasche, Interpretationshilfen Friedrich Dürrenmatts Kriminalromane. Der Richter und
sein Henker, Der Verdacht, Die Panne, Das Versprechen, Stuttgart 1997, S. 45.
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poliziotto che insieme a Bärlach indaga sulla morte di un collega. Il nuovo
incarico dovrebbe rappresentare per il giovane un’ottima opportunità per
far carriera, eventualità che non si verificherà in quanto si scopre che in
realtà Tschanz è l’omicida stesso. Un ulteriore esempio è dato dal nome
Hungertobel attribuito al medico che ha in cura il commissario Bärlach, affetto da un cancro allo stomaco. Per stessa ammissione di Dürrenmatt, lo
spunto per questo nome viene dal cognome del suo medico personale Hungertobler,13 modificato lievemente, ma significativamente dallo scrittore. Il
sostantivo Tobel infatti, rimandando al significato di ‘gola, forra’,14 fa sì che
il nome alluda ad una persona che ha una fame vorace, una gola profonda.
Ciò che incuriosisce in questa operazione è il fatto che l’autore trasferisca
questa che è una qualità del commissario Bärlach sul medico che lo dovrà
operare allo stomaco. In altre occasioni lo scrittore ha invece ripreso i nomi
dei suoi personaggi da modi di dire o espressioni correnti, che talvolta risultano trasparenti solo per chi conosce bene lo svizzero tedesco. Nel romanzo giallo Das Versprechen il commissario si chiama Matthäi e viene soprannominato dai colleghi Matthäi am Letzten, con allusione al fatto che
tutti i criminali che passano sotto le sue mani sono spacciati.15 Nella lingua
tedesca è presente infatti l’espressione bei jmdm. ist /es ist Matthäi am letzten, che fa riferimento ad una situazione dalla quale ci si deve aspettare il
peggio o a circostanze in cui si è spacciati sia dal punto di vista fisico che
economico.16 Il collegamento a quest’espressione è piuttosto convincente
vista la fine che farà il commissario: trascorrerà i suoi giorni a gestire una
stazione di servizio tutto solo, costantemente ubriaco e completamente alienato. Altro esempio ci viene fornito, sempre all’interno di questo romanzo,
dal nome dell’assassino Schrott, riconducibile all’espressione svizzera etwas
im Schrot haben ‘avere un piano ben preciso’:17 si riferisce al modo in cui
l’assassino si comporta con le proprie vittime, ossia adottando ogni volta
uno stesso schema. In Der Verdacht troviamo un personaggio di nome
13
E. Brock-Sulzer, F. Dürrenmatt. Stationen seines Werkes, Zürich 1973, S. 190.
Il termine Tobel indicava anticamente la gola all’interno di una montagna o un avallamento e si è conservato con tale significato proprio nei dialetti alemanno, svevo, bavarese ed austriaco, come riportato in Kluge, Etymologisches Wörterbuch…, op. cit. S. 779.
15 Nella traduzione italiana di Silvano Daniele per l’edizione Feltrinelli il nome è stato reso
nel seguente modo: Matthäi mattatutti. La soluzione è felice, in quanto è stato scelto un soprannome che allittera con il nome e che allo stesso tempo allude alla bravura del personaggio. Si
pone in ogni caso il problema della traduzione dei nomi attraverso la quale non sempre si riesce a
conservare il senso o il significato che l’autore aveva attribuito loro.
16 L. Röhrich, Lexikon der sprichwörtlichen Redensarten, 4 Bde., Freiburg-Basel-Wien 1991,
S. 1007.
17 F.J. Stalder, Schweizerisches Idiotikon, hrsg. von N. Bigler, Aarau-Frankfurt am MainSalzburg 1994, S. 527.
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Fortschig: è un giornalista e scrittore fallito, ormai interessato più al bere
che allo scrivere. Dürrenmatt ha ripreso in questo caso il nome di un amico, 18 ma non è da escludere un richiamo alle forme verbali
tschîegen/tschîeggen, che nei dialetti svizzeri indicano ‘procedere in modo
storto, curvo’ e in senso figurato ‘andare storto, fallire, non riuscire’.19
L’esempio senz’altro più famoso all’interno di questa tipologia onomastica resta comunque il caso di Alfredo Traps, il commerciante di tessuti
sintetici protagonista della Panne. Per questo mediocre e borghese commerciante Dürrenmatt sceglie un nome parlante da lui stesso inventato che
rimanda al verbo hineintrappen, sinonimo di hineinfallen ‘cadere’.20 Ma
non solo: l’autore, in uno dei rari commenti ai nomi da lui attribuiti ai suoi
personaggi, ricorda che il termine Trappi nei dialetti svizzeri tedeschi si riferisce ad una persona che continuamente provoca o è vittima di
incidenti.21 Il nome è riconducibile anche alla parola Trappe, che nel dialetto bernese indica un ‘modo pesante e maldestro di avvicinarsi’,22 oppure al verbo tedesco trapsen ‘camminare con passo pesante’.23 Inoltre non è
da escludere un richiamo anche inconscio alla parola inglese trap ‘trappola, inganno, insidia’. Dopo aver avuto una panne alla macchina, Traps è costretto a chiedere ospitalità in una villa, in cui s’imbatte in uno strampalato
tribunale composto da tre giudici in pensione e un boia, i quali, per allietare le loro serate, si divertono a fare processi agli ospiti o a ricostruire processi a personaggi storici. Pur trattandosi di un gioco, i tre giudici riescono
a convincere Traps di essere responsabile della morte del suo principale,
dopo che questi ha appreso la notizia dell’adulterio della moglie con il suo
dipendente. Alla fine della serata Traps si convince della propria colpevolezza e, una volta giunto in camera da letto, si impicca. Va ricordato che
Traps lavora per un’azienda di fibre sintetiche denominata Hephaiston: nome per niente casuale, ripreso dalla mitologia greca con cui l’autore allude
al dio Efesto, che imprigionò la moglie Afrodite e il dio della guerra Ares
in una rete invisibile per punirli del loro tradimento. In sostanza Traps
appare il tessitore inconsapevole di quella rete, di quella trappola, nella
quale egli stesso cadrà.
Nei romanzi gialli o polizieschi che dir si voglia spesso il criminale viene identificato con la figura del nichilista, di colui che crede nella “libertà
18
E. Brock-Sulzer, F. Dürrenmatt. Stationen…, op. cit., S. 190.
F.J. Stalder, Schweizerisches…, op. cit., S. 165.
20 K.S. Whitton, Dürrenmatt. Reinterpretation in Retrospect, New York-Oxford- Munich
1990, S. 51-52.
21 Ibidem.
22 F.J. Stalder, Schweizerisches…, op. cit., S. 149.
23 Ivi, S. 150.
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del niente”,24 in una libertà amorale che porta al disconoscimento dei valori tradizionali.25 Il nichilista diventa per Dürrenmatt la metafora dell’orrore del XX secolo, che vede gli uomini agire senza uno scopo preciso,
senza fede nell’umanità e nella giustizia, votarsi al male, perpetrare omicidi.26 In Der Richter und sein Henker il criminale nichilista si fa chiamare
Gastmann, un nome di copertura che lui stesso si è dato probabilmente in
base alla sua principale occupazione: ogni mercoledì sera nella sua villa accoglie diversi ospiti, tra i quali anche industriali svizzeri e rappresentanti
di una potenza straniera che portano avanti delle trattative segrete.27
In Der Verdacht il commissario Bärlach dà la caccia ad un ex-medico nazista di nome Emmenberger, il quale nei campi di concentramento sottoponeva gli Ebrei ad operazioni senza praticare loro narcosi, destinandoli
per di più a morte sicura. Finita la guerra il medico si è rifugiato in Svizzera dove continua indisturbato ad eseguire operazioni senza narcosi in una
clinica privata. In questo caso Dürrenmatt lega il nome del personaggio a
quello della regione dell’Emmental, nella quale egli è nato ed ha trascorso
la propria infanzia. Inoltre lo stesso scrittore ricorda nei suoi commentari
Stoffe I-III28 che il distretto dell’Emmental era conosciuto anche per la
presenza di sette religiose; pertanto si può cogliere nel nome di questo
personaggio una chiara allusione al fanatismo sia di matrice religiosa sia di
tipo nichilistico – atteggiamenti che l’autore non perde occasione di criticare. Attraverso il personaggio di Emmenberger Dürrenmatt cerca di mettere in luce anche il comportamento della Svizzera che, durante la seconda
guerra mondiale, si è tenuta al di fuori del conflitto facendo appello ai
principi di neutralità, di pace e di libertà, ma dando poi asilo ed ospitalità
ad ex nazisti e criminali di guerra.
Dürrenmatt è solito inserire nelle sue opere figure grottesche o individui “titanici” che osano sfidare la società mettendone a nudo le debolezze.
Un’immagine cara allo scrittore è quella del gigante, che nelle opere qui
analizzate troviamo fra i protagonisti dei primi due romanzi gialli. Il personaggio di nome Gulliver è un ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento che vive nella clandestinità e lotta contro tutte le atrocità commesse
nei confronti del popolo ebraico e dell’umanità in generale: una sorta di
24 F. Dürrenmatt, Der Richter und sein Henker, in Id., Gesammelte Werke in sieben Bänden,
hrsg. von F.J. Görtz, 4 Bd., Zürich 1988, S. 82: <<<Die Freiheit des Nichts>>>.
25 M. Brambilla, L’omicidio nichilista nell’opera di Friedrich Dürrenmatt, in Friedrich Dürrenmatt e l’esperienza della paradossalità, a cura di E. Spedicato, Pisa 2004, pp. 42-44.
26 Ibidem
27 Il nome risulta composto dalla parola Gast ‘ospite’ e dal sostantivo Mann ‘uomo’, termine
usato spesso come suffissoide per la formazione dei cognomi.
28 F. Dürrenmatt, Labirynth. Stoffe I-III…, op. cit., S. 102.
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giudice e di boia universale. Per questa figura Dürrenmatt si è ispirato alla
leggenda dell’ebreo errante29 e chiaramente al protagonista dei Viaggi di
Gulliver di Swift.
Un altro personaggio che rimanda alla figura del gigante è Gygax nella
Panne. Qui però siamo di fronte ad un uomo d’affari piuttosto cinico e
senza scrupoli che di gigantesco ha solo il nome, derivante dal greco gígas,
un individuo forte solo in apparenza, dal momento che viene stroncato da
un infarto non appena apprende la notizia dell’adulterio della moglie.
Lo scrittore ama opporre alla figura del gigante quella del suo opposto:
in Der Verdacht troviamo un nano senza nome, che è poi un vecchio amico
del gigante Gulliver. Un’altra figura di nano la troviamo in Justiz; in questo caso il personaggio ha un nome, si chiama Monika Steiermann ed è la
proprietaria di una delle più grandi industrie d’armi della Svizzera. Il suo
corpo deforme le vieta di presentarsi in pubblico e la obbliga a condurre
una vita da reclusa, da monaca, come suggerisce il suo nome, che deriva
dal greco moníka ‘monaca, eremita’.30
Ma tra tutte le opere prese qui in esame,31 quella che meglio rappresenta il grottesco è senz’altro Der Besuch der alten Dame. In essa sono presenti molti elementi che rimandano al grottesco, talvolta sottolineati anche
proprio attraverso l’onomastica. La protagonista, Claire Zachanassian, una
vecchia miliardaria che torna nel paese natale dopo quarant’anni, vestita
completamente di nero, carica di gioielli e di protesi – ha infatti una gamba ed un braccio artificiali –, porta un nome bizzarro che non è il suo vero
nome. In realtà si chiama Kläri Wäscher, un nome comunissimo che denota le sue umili origini; in seguito adotterà il cognome del marito, Zachanassian, che manterrà anche dopo aver contratto altri matrimoni perché sinonimo di potere e di ricchezza. Inoltre cambierà il nome di battesimo adottandone la forma francese, Claire, che può conferirle una connotazione sociale e culturale di alto livello. La vecchia miliardaria è una donna cinica,
ormai priva di qualsiasi sentimentalismo, assetata di vendetta e forte del
proprio potere, a tal punto da avanzare richieste assurde e disumane come quella che presenta agli ex concittadini: disporre del corpo del suo
vecchio amante Ill in cambio di un miliardo, somma che risolleverebbe le
sorti della cittadina. Dürrenmatt non fa alcun mistero a proposito dell’in29
W. Pasche, Interpretationshilfe…, op. cit., S. 94.
E. De Felice, Dizionario dei nomi italiani: origine, etimologia, storia, diffusione e frequenza
di oltre 18.000 nomi, Milano 1992, p. 269.
31 Mi permetto qui di fare riferimento alla mia tesi di laurea I nomi propri in alcune opere di
Friedrich Dürrenmatt, discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa durante l’anno accademico 2003-2004 (relatrice D. Bremer) nella quale ho esaminato un numero
molto più ampio di nomi presenti nelle opere dell’autore svizzero.
30
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venzione di questo nome e nell’appendice al testo32 spiega chiaramente di
aver escogitato l’appellativo Zachanassian derivandolo dall’unione dei nomi di tre grandi uomini d’affari della prima metà del XX secolo, vale a dire Zacharoff, Onassis e Gulbenkian.33
L’autore ha in questo modo confezionato un nome che da solo trasmette l’idea dalla ricchezza assoluta, del potere del denaro, con il quale si può
ottenere e comprare tutto, compresa la coscienza di un’intera cittadina.
L’aspetto grottesco della vicenda viene accentuato nei nomi stessi dei personaggi che compongono il seguito della vecchia signora: si tratta di individui che hanno degli handicap, delle castrazioni, delle deformità e che sono stati ribattezzati dalla loro padrona con dei soprannomi che terminano
tutti con il suffisso -oby.34 Il primo è il maggiordomo Boby, il giudice che
in passato aveva condannato la Zachanassian e che in seguito Claire ha letteralmente comprato offrendogli un lauto stipendio. Vi sono poi i due eunuchi Loby e Koby35 che Claire ha fatto castrare ed accecare perché fossero puniti per la falsa testimonianza in seguito alla quale la giovane Claire
era stata condannata. I due gangster americani Toby e Roby sono invece
due erculei individui che masticano in continuazione la gomma
americana36 e che la Zachanassian ha salvato dalla sedia elettrica con l’unico scopo di usare la loro forza fisica come strumento di giustizia. Anche i
tre mariti dai quali la vecchia miliardaria divorzia nell’arco della tragicommedia sono stati via via ribattezzati con nomignoli in -oby: Moby, Hoby e
Zoby. È la Zachanassian stessa ha fornire nel testo la spiegazione di questi
appellativi: “Es paßt auch besser zu Boby, wie der Kammerdiener heißt.
Den hat er schließlich fürs Leben, da müssen sich dann eben die Gatten
nach seinem Namen richten”.37
32 F. Dürrenmatt, Anhang. Randnotizen, alphabetisch geordnet, in Id., Der Besuch der alten
Dame, in Id., Gesammelte Werke…, op. cit., S. 699.
33 Aristotelis Onassis, armatore e finanziere greco, incrementò notevolmente l’attività armatoriale, durante la seconda guerra mondiale, grazie al noleggio delle proprie navi. Continuò poi
ad investire in questo settore, divenendo uno dei principali armatori e uomini d’affari del mondo.
Gulbenkian Caluoste Sarkis, di origini armene, ma cittadino britannico dal 1902, fu uno dei più
ricchi magnati del petrolio degli anni quaranta-cinquanta. Zacharoff apparteneva invece ad una
potente famiglia svizzera che aveva investito nella produzione d’armi ed ebbe notevole fortuna
durante la prima guerra mondiale.
34 R.E. Brown, Claire and the Oby’s…, op. cit, p. 39.
35 Ibidem
36 Ivi, p. 40.
37 F. Dürrenmatt, Der Besuch der alten Dame…, op. cit, S. 588. ‘Si adatta meglio anche a
Boby, che è il nome del maggiordomo. Quello dopo tutto lo si ha per tutta la vita, e allora bisogna
che i mariti si conformino al suo nome’.