Monica Beccaro

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Monica Beccaro
LA VALUTAZIONE DI EFFICACIA COME PRESUPPOSTO DELL’APPROPRIATEZZA
DELLE CURE: IL CASO DELLE LIVERPOOL CARE PATHWAY
Monica Beccaro - Responsabile Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa, Bentivoglio - Bologna
IL caso del Programma LCP
Le “Liverpool Care Pathway for the Dying Patient” (LCP), sviluppate dal Marie Curie Hospice di
Liverpool, sono un programma di miglioramento continuo della qualità delle cure di fine vita,
indipendentemente dalla diagnosi e dal luogo di decesso (Ellershaw 2003). Il Programma LCP è
un metodo standardizzato per monitorare l’assistenza e i suoi risultati, che prende in
considerazione le problematiche fisiche, psicologiche, sociali e spirituali. L’implementazione del
Programma LCP, dopo una fase di formazione intensiva, ruota intorno all’introduzione di una
nuova cartella clinica (la cartella LCP) per i pazienti che l’equipe curante giudica alla fine della vita.
La cartella LCP fornisce raccomandazioni su diversi aspetti dell’assistenza, incluse le misure da
adottare per promuovere il benessere del paziente, la prescrizione di farmaci al bisogno e la
rivalutazione degli interventi medici ed infermieristici inappropriati. Il programma è costituito da una
serie di pratiche di cura e di assistenza di efficacia dimostrata o comunque considerate “buona
pratica clinica” negli hospice, condivise dall'equipe multidisciplinare, rivolte ai pazienti alla fine della
vita. L’utilizzo della cartella LCP permette il monitoraggio dei risultati e supporta l'implementazione
di un processo di audit. Il Programma LCP è stato identificato come un esempio di buona prassi
nell'ambito del National Institute for Health and Clinical Excellance (NICE), ed è attualmente
applicato in diversi setting di cura di molti paese europei ed extraeuropei (Ellershaw 2007).
Tuttavia, la misura in cui la LCP migliora la qualità delle cure di fine vita solo raramente è stata
sottoposta a rigorosa valutazione attraverso studi quasi sperimentali o sperimentali (Jack 2003;
Jack 2004; Gambles 2006; Veerbeek 2008 I° e II°). Nel 2010 e nel 2013 vengono pubblicate 2
revisioni sistematiche dalla Cochrane con l’obiettivo di valutare l’efficacia delle “Care Pathways”
per le cure di fine vita: in entrambe non sono stati individuati studi pubblicati che rispondessero ai
criteri metodologici di inclusione. Le conclusioni sono che senza ulteriori studi non è possibile
raccomandare l’utilizzo delle “Care Pathways”.
Nel frattempo il Programma LCP è stato disseminato su larga scala in UK in assenza di evidenza
di efficacia ma con il sostegno di incentivi economici. Tra il 2011 e il 2013 i media inglesi hanno
segnalato dei casi di malpractice legati all’utilizzo non appropriato del Programma LCP e il National
Health Service inglese ha istituito una Commissione indipendente per verificare la fondatezza delle
segnalazioni (Neuberger Review). Nel 2013 la Commissione pubblica Report «More Care Less
Pathway: a review of the Liverpool Care Pathway» che riconosce la fondatezza segnalazioni e da
una serie di raccomandazioni per migliorare le cure di fine vita tra cui l’eliminazione graduale (6-12
mesi) del programma LCP dagli ospedali e sostituirlo con un “piano individualizzato sulle cure di
fine vita”.
La versione italiana del Programma LCP per l’ospedale
Il Coordinamento Regionale Cure Palliative (CRCP) dell’IST di Genova, utilizzando la metodologia
proposta dal MRC Framework, ad oggi ha realizzato le prime 3 Fasi (Pre-clinica, I, e II) per
valutare il Programma LCP-I per l’ospedale nel contesto italiano. La versione italiana delle LCP,
denominata “Un percorso integrato per le cure di fine vita in ospedale (LCP-I)”, è stata messa a
punto, in seguito ad una traduzione “backward-forward”, in un formato fedele all’originale ed
approvato dal LCP Central Team UK, Marie Curie Palliative Care Institute Liverpool (MCPCIL).
Il Programma LCP-I è stato implementate con successo per la prima volta nel 2007 nel Reparto di
Medicina dell’Ospedale Villa Scassi di Genova. Il processo di implementazione è stato valutato con
uno studio pilota con approccio misto qualitativo e quantitativo. Obiettivi di questo studio di Fase II
(secondo MRC Framework) erano valutare la fattibilità dell’implementazione del programma, le
aspettative e l`impatto del programma sul personale medico ed infermieristico del reparto, la
qualità delle cure di fine vita e l’appropriatezza dei processi di cura prima e dopo l’implementazione
del programma LCP-I. Il programma si è concluso ed è in corso la valutazione dell’impatto,
attraverso l’analisi di una serie di indicatori quantitativi e qualitativi misurati prima e dopo
l’implementazione del programma. Da un’analisi preliminare dei risultati si configura un miglior
controllo del dolore, una rimodulazione trattamenti, un miglior rapporto e maggiore comunicazione
tra medici-infermieri e una maggiore consapevolezza da parte degli operatori degli elementi di
complessità relativi agli aspetti relazionali del loro lavoro. L’Italia è in una situazione ideale per
valutare
l’efficacia di questo programma in quanto il programma non è stato ancora diffuso negli ospedali
italiani ma, in diverse Regioni, sono presenti unità e reti di cure palliative con le competenze
adeguate per implementare il Programma LCP-I. Sulla base di queste considerazioni e dei risultati
ottenuti nelle fasi precedenti, il CRCP dell’IST ha messo a punto uno studio di Fase III (MRC
Framework).
Il progetto, “L’efficacia delle Liverpool Care Pathway (LCP-I) nel migliorare la qualità delle cure di
fine vita dei pazienti oncologici ricoverati in ospedale. Uno studio randomizzato a cluster.”, a cui
partecipano altre 5 Regioni italiane, è stato finanziato dal Ministero della Salute.
Nello studio randomizzato 'cluster', pragmatico, 16 reparti ospedalieri di medicina generale sono
stati randomizzati per implementare il programma LCP-I vs la pratica ospedaliera standard; in
ciascun reparto, sono stati identificati tutti i pazienti deceduti per cancro nei 3 mesi precedenti alla
randomizzazione (valutazione basale) e nei 6 mesi successivi al completamento del programma di
'training' di LCP-I (valutazione di efficacia). End-point primario di questo studio era la scala di
valutazione globale della qualità delle cure. Durante la valutazione post-intervento, sono stati
raccolti i dati di 308 pazienti deceduti per cancro: 147 nei reparti randomizzati al programma LCP-I
e 161 nei reparti di controllo. In totale, sono stati intervistati 232 componenti di famiglie dei 308
totali (75%): 119 su 147 (81%) parenti che si prendevano cura dei pazienti nei reparti inclusi nel
programma LCP-I e 113 su 161 (70%) parenti di pazienti ricoverati nei reparti di controllo. Dopo
implementazione del programma LCP-I, non è stata osservata alcuna differenza significativa sulla
distribuzione dei punteggi di valutazione globale della qualità delle cure tra i reparti inclusi nel
programma di implementazione LCP-I e quelli di controllo (punteggio: 70.5 su 100 vs 63.0 su 100;
differenza media aggiustata per cluster: 7.6, IC 95%: -3.6 - 18.7; p = 0.186). In conclusione, l'esito
del programma 'Liverpool Care Pathway' in Italia è stato inferiore agli effetti osservati in precedenti
studi di fase 2. Tuttavia, se il programma fosse meglio implementato potrebbe ridurre il divario che
esiste nella qualità delle cure tra 'hospice' e ospedali. Ulteriori ricerche sono dunque necessarie
per assicurarsi che i componenti del programma LCP-I possano essere efficaci e per sviluppare e
determinare una più ampia gamma di approcci per migliorare la qualità delle cure in ospedale per i
pazienti terminali e per le loro famiglie.