Tarzan e Jane, la Jungla e la Sinistra
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Tarzan e Jane, la Jungla e la Sinistra
Immaginario sociale 24.11.2006 Tarzan e Jane, la Jungla e la Sinistra Di Attilio Mangano Qualche giorno fa Fausto Bertinotti, per spiegare a dei giornalisti la trama del possibile rapporto futuro tra Partito Democratico e Partito della Sinistra Europea ha usato la brillante metafora di Jane e Tarzan, come a voler dire che i due imparano a conoscersi nella reciproca differenza e in questa stessa differenza fondano la loro reciproca complementarietà. Mi sembra una spiegazione del tutto laica e intelligente di un tipo di rapporto politico che esclude sia la contrapposizione che l'uso per certi versi strumentale e parassitario del rapporto stesso, come quando si dice che io sono non un avversario ma il risultato di un rifiuto della tua politica. Eppure credo che l'abilità e la suggestione della formula usata non abolisca il rischio di un suo uso molto tradizionale nella storia della sinistra, quello sintetizzabile nella formula "io rivoluzionario tu riformista" o in quell'altra derivata dai 21 punti dell'Internazionale " io comunista, tu socialista". Se ho capito bene il costituendo partito della sinistra europeo tende ad evitare sia la soluzione del "cartello" di gruppi diversi o modello federativo sia la soluzione del "fronte popolare" o alleanza egemonica di un partito maggiore con altri subalterni, a usare il ricorso alla novità dei movimenti di questi anni per delineare una formazione che nasce plurale ma al tempo stesso unitaria e articolata, con convegno programmatico, piattaforma etc. Non è ancora in tutto e per tutto il risultato di una nuova unità della "sinistra radicale" (perché mancano all'appello fra l'altro il Pdc e i Verdi) ma tende a esserlo e in ogni caso fa riferimento a una rete di gruppi, correnti, circoli e forze indipendenti, primo fra tutti quel Folena fuoruscito dal gruppo dirigente Ds e indipendente nelle liste di Rifondazione. Inoltre, proprio per il modo stesso di costituirsi, sembra differenziarsi dal modello-scissione (una "sinistra" che abbandona il partito originario, esempio il Psiup col Psi) e in questo senso non basarsi sul rifiuto del partito democratico ma sulla sua stessa accettazione, come a voler dire a noi va bene che esista il partito democratico, anzi la sua esistenza è una precondizione per la nostra. E' vero però che con ogni probabilità in esso confluiranno gran parte di quei militanti e dirigenti dei DS che escono perché rifiutano il partito democratico stesso. L'originalità dell'impostazione Jane e Tarzan non cancella il vizio d'origine delle mentalità scissionistiche. Quanto al partito democratico è altrettanto probabile che esso nasca in fretta, nonostante i tanti se e i tanti ma che accompagnano il processo costitutivo (evidenziati dal problema del far parte o no del socialismo europeo: se vi fa parte perché fare un nuovo partito? Se non vi fa parte e vuole essere un partito americano modello Clinton in effetti quale sarà il suo referente nel parlamento europeo? Se sarà infine un Ulivo che cambia nome ma rivendica l'eredità sarà il partito di Prodi?). Acutamente ha osservato Emanuele Macaluso che la difficoltà che 1 Immaginario sociale 24.11.2006 sembrano comunque rivelare entrambe le nuove formazioni è quella di fare i conti con una identità, una cultura, una storia. Perché se i DS hanno sempre detto fin dalla loro costituzione che loro sono oltre le vecchie tradizioni (che brutta parola l'"oltrismo", un altro ismo in più), quelli della Sinistra europea sono anche essi oltre sia pure in modo particolare perché non intendono certo collocarsi nelle forze dell'Internazionale Socialista ma, appunto, oltre, che nel gergo significherebbe più a sinistra o, con nuova terminologia, Sinistra radicale. Insomma c'è un non detto che rivela sintomaticamente, da una parte come dall'altra, la difficoltà di fare i conti, come dice Macaluso, col riformismo, che poi in tutta la storia del movimento operaio italiano significa riformismo socialista e si lega a un partito ultracentenario come il Psi. Oggi per certi versi riformisti lo sono tutti, come negare anche alla rutelliana- democristiana Margherita un suo peculiare riformismo? E nelle dichiarazioni programmatiche riformisti sono i diessini, infine da tempo un partito che si chiama della rifondazione comunista e che ha un suo segretario che non è MAI stato " comunista" (ma se proprio si vuole insistere, socialista anche lui, lombardiano) non gioca la contrapposizione di leniniana memoria fra socialisti riformisti e comunisti rivoluzionari ma appunto tende a rifondare e ad essere anche lui, oltre. Si dirà che questa storia del fare i conti col riformismo e del fare i conti con tutta la storia e la cultura socialista (evitando il giochetto dei buoni e dei cattivi socialisti in base al loro livello di unità coi socialisti, modello lugubre di berlingueriana memoria) è solo una ossessione della memoria, come quella di fare i conti con Garibaldi. Strano, perché ancora oggi un convegno svolto alla presenza dei massimi politici compreso il presidente della Repubblica ha fatto i conti col socialista liberale Calamandrei. A meno che queste cose non siano robette e convegni per storici togati e ministri paludati, rituali convenzionali che lasciano il tempo che trovano, non siamo di fronte a un generico fare i conti con la memoria storica ma a un problema politico di prim’ordine, che segna la nascita stessa del cosiddetto "oltrismo" come rimozione delle proprie stesse contraddizioni. Tarzan e Jane vanno benissimo, per carità, il richiamo a una identità per differenza e a una reciprocità analoga alla primaria reciprocità e complementarietà del rapporto uomo-donna è operazione culturalmente degna e legittima. Se comunque si prosegue su questa strada e su questo esempio occorrerà appunto fare i conti con la jungla complessiva, con la storia intricata della sinistra italiana , esaminare il rapporto che lega l'albero alla foresta, non bastando una liana che faccia saltare da un albero all'altro per uscire dall'intrico della foresta stessa. 2