Gianni Cordone 10 PUNTI CALDI SUL PIACERE DI LEGGERE DEI

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Gianni Cordone 10 PUNTI CALDI SUL PIACERE DI LEGGERE DEI
Gianni Cordone
10 PUNTI CALDI SUL PIACERE DI LEGGERE
DEI NOSTRI BAMBINI
Guida ai capitoli
Influenza dei libri letti nel periodo della propria formazione giovanile.
La schiacciante cornice didattica dei libri di narrativa per ragazzi delle
scuole medie.
Come guidare il piccolo lettore ad esplorare un testo senza guastarlo (il
testo? il lettore?).
Sentir leggere l’adulto dalla scuola materna alla scuola superiore.
A favore delle fiabe e contro le fiabe per un uso giudizioso delle fiabe.
Abbandonare la fiaba senza approdare a stupide coniglietterie.
Il libro appartiene alla galassia Gutemberg, la figura accompagna con
discrezione e poi si congeda.
L’educatore ha il compito di promuovere e regolare la convivenza della TV
con il libro.
Quando l’autore incontra i lettori ci sono arricchimenti di lui e di loro.
Dalla parte dei bambini contro adulti furbi, interessi di gruppo e narcisismo.
1 – STREGATO DA SALGARI
In un godibile articolo di Osvaldo Guerrieri sulla Stampa di martedì 24 agosto 1993 viene illustrata
la vita e la figura di Flavio Costantini pittore, e capitano di lungo corso per colpa di Salgari.
Vatti a fidare di Salgari. Flavio Costatini aveva tutto per predisporsi ad una quieta vita borghese.
Figlio di un assicuratore marchigiano con l’hobby della pittura e di una donna di una famiglia
molto più che romana, papalina, frequentava da ragazzo il liceo Tasso, la scuola più selettiva di
Roma. Erano i primi anni Quaranta.. Con lui studiavano Romano Mussolini e Vittorio Gasmann.
Viveva nella bambagia. Però leggeva Salgari e si lasciava stregare da quella Malesia cercata sugli
atlanti e viaggiata a tavolino. Ne fu travolto. In un’estate, traumatizzata da Sandokan e da Yanez,
decide di abbandonare il Tasso e si iscrisse all’Istituto Nautico di Ostia.
Ora Costantini vive in una bella casa sulle colline di Rapallo. Continua Osvaldo Guerrieri.
Vive di testa. E’ sempre vissuto di testa. E’ diventato capitano di lungo corso senza aver mai
imparato a nuotare,anzi provando un acuto ribrezzo per l’acqua. "Sono idrofobo. Devo stare
attento quando bevo, mi strozzo al primo sorso. Se entro in mare mi sento soffocare." Ha
sopportato Istituto Nautico, Accademia Navale, imbarchi mercantili e civili con la sensazione di
trovarsi sempre altrove, in altre imprese ed in altri scenari.
L’ articolo presenta altre annotazioni gustose, ma per l’assunto di questo capitolo può bastare. Sono
dunque tanto potenti le suggestioni della lettura?
Ognuno di noi dovrebbe recuperare dal suo passato le influenze dirette e indirette dei libri che ha
letto in tutto il periodo della sua formazione giovanile, e forse dal confronto delle esperienze nostre
e di altri emergerebbero alcune costanti che potrebbero guidare il nostro lavoro.
Ci sono educatori che, di fronte all’anoressia di tanti ragazzi nel campo della lettura, credono che si
debba fornire materiale purchessia, senza riguardo alla sua positività ed alla sua specificità
letteraria, pur di coinvolgerli nella passione per il leggere.
Io ho qualche perplessità riguardo a questa tesi.
Ho un ricorso abbastanza nitido di un libro (l’unico regalatomi nel periodo della frequenza della
scuola elementare) ricevuto in dono a Natale intorno ai 9-10 anni : ‘Pel di Carota’.
Chi lo conosce sa che non si tratta che apparentemente di un libro per ragazzi, pervaso com’è da un
cupo pessimismo e costellato da episodi anche disgustosi (al protagonista viene offerta orina da
bere). Ricordo la sensazione di ripulsa avvertita a livello istintivo che solo molto più tardi, da
adulto, si è trasformata in motivato giudizio critico negativo.
Quando dico della positività di un libro non voglio essere inteso sbrigativamente come assertore del
moralismo dei libri per ragazzi. Certo moralismo è oltremodo pernicioso, specie se viene dichiarato
e sottolineato in modo incongruo e pesante (si veda come esempio illuminante tanto materiale dei
libri di lettura). La positività è costituita dall’assunto del libro che comunque non può mancare,
come non manca nei libri per adulti.
Naturalmente tale assunto deve concordare con le aspettative del giovane lettore e, se vogliamo che
il libro sia costruttivo, deve contenere una sua moralità nel senso più nobile della parola.
Un libro, ad esempio, che diffondesse e difendesse l’intolleranza o il razzismo potrebbe a ragione
essere tolto da una biblioteca per ragazzi.
2 – IL MONDO DI RASS
Ho tra le mani il libro di Alessandra Jesi Soligoni ‘Il mondo di Rass’ di cui fornisco alcuni dati:
Totale pagine: 185
Presentazione : pagg. 2
Pagine di invito al lavoro di analisi: 16 (una ogni capitolo)
Scheda di lettura ragionata; pagg.21
Scheda attiva: pagg.7
Non entro nel merito letterario: mi limito a segnalare questa schiacciante cornice didattica (e non
prendo in considerazione le note ai piedi delle pagine).
Quale ragazzo, che non sia stato costretto, leggerà il libro e ne trarrà gusto?
E’ un libro adottabile nelle scuola media come libro di narrativa e non è il solo ad avere queste
caratteristiche.
Il problema dell’utilizzo didattico del libro di narrativa, obbligatorio nella scuola media, e
facoltativo nella scuola elementare, si pone a tutti gli insegnanti.
Luigi Grossi, su SCUOLA PRIMARIA, già nel n. 2 del 1970 premetteva:
Le strutture espressive del libro-romanzo rispondono alle migliori strutture educative, proprio
perché – contrariamente alla pagina antologica o al racconto di misura breve – soltanto nel libroromanzo è possibile rintracciare una storia umana, in fondo necessario al personaggio
problematico.
Dunque è necessario il libro –romanzo anche nella scuola elementare. Continua il Grossi:
Ma siccome la ‘intensità di attenzione (di penetrazione critica) non è un atteggiamento autonomo
nel fanciullo, si rende necessario un interprete umano (Guillaume), e infatti: "il ragazzo, lasciato a
se stesso, alla sola sua lettura, corre al fatto, all’azione…"
Ma l’Amministrazione, anziché inserire il libro-romanzo nella pratica della lettura scolastica, isola
il libro-romanzo entro i meccanismi specifici della ‘biblioteca di classe’ e in sostanza lo abbandona
alla lettura autonoma (domestica) e sostanzialmente improduttiva dell’alunno.
Con ciò, sia chiaro, non siamo contrari in assoluto al principio della biblioteca di classe. Nulla in
contrario che l’alunni prenda in prestito dalla propria biblioteca i libri e li legga da solo. Ma
parallelamente –ecco in punto- la scuola dovrà iniziarlo al segreto di ‘come’ si leggono le opere di
narrativa. E altro sistema non c’è al di fuori di quello di adottare come ‘testo scolastico’ anche il
(uno o più) libro-romanzo.
Se l’esperienza della scuola media circa l’adozione obbligatoria del testo di narrativa fosse positiva,
sarebbe auspicabile anche per la scuola elementare tale adozione. Ma così non è.
Il libro di narrativa nella scuola media:
- spesso non è di narrativa
- raramente è adatto all’età dei ragazzi
- sempre è infarcito in modo pesantissimo di apparati didattici
- se ne fa un utilizzo improprio: viene letto a casa, viene letto ad alta voce a rotazione dagli alunni,
viene dimenticato.
A questo punto è auspicabile che la scuola elementare adotti a sua volta, per legge, il libro di
narrativa?
Essendosi sparsa la voce, qualche anno fa, di una possibile adozione obbligatoria nella scuola
elementare del libro di narrativa, un’editrice aveva già predisposto la stampa di Pinocchio
adeguatamente infarcito di un incredibile apparato didattico. Pinocchio!
3 - UN CERTO LAVORO
Gli insegnanti sono perennemente in bilico fra:
la necessità di non togliere motivazione alla lettura del bambino, trasformando un libro di lettura
ameno in un libro di scuola nel senso tradizionale (pesanti e sciocchi questionari, note e chiose che
rompono il ritmo della lettura, spunti per esercitazioni, riassunti e via dicendo);
la necessità comunque di fornire una guida ed una chiave di lettura per rendere il bambino
autosufficiente, quando intraprenderà letture personali di libri della biblioteca.
Cosa suggeriscono i programmi dell’85? Fra l’altro:
in particolare si raccomanda l’attivazione, a partire dal terzo anno, delle capacità di leggere facili
testi di tipo anche letterario, che attivino nel fanciullo elementari processi interpretativi e
sviluppino il senso estetico.
Le poche righe sopra riportate (ma non sono le sole che riguardano la lettura) ci invitano:
1) a intervenire nella lettura (o come i bambini attiverebbero processi interpretativi e
svilupperebbero il senso estetico?);
2) a fare questo lavoro su un testo comune a tutti gli alunni (come potrebbero gli insegnanti fare un
lavoro serio su 25 testi diversi per gli eventuali 25 alunni della classe?).
Dunque l’insegnante deve intervenire. In che modo?
- Certamente con mano leggera per non sciupare il piacere dell’incontro con il libro (ma questo
oramai credo che sia assodato);
- certamente con mano non ripetitiva: ed a questo proposito ecco una mia esperienza.
Stavo scrivendo ‘Criniera Rossa’ (si risale a circa 10 anni fa) e presentavo i capitoli, a mano a
mano che erano pronti, ad una classe terza perché li valutasse. L’insegnante leggeva il capitolo,
annotava le reazioni dei bambini, poi lo faceva leggere dagli stessi. Alla fine, d’accordo con me,
distribuiva fogli da disegno ed invitava i bambini ad illustrare il capitolo che è un modo di
approccio e di approfondimento dei contenuti. La cosa entusiasmò, ma, inaspettatamente, la
quarta- quinta volta si notarono segni di stanchezza e di rifiuto. Eppure il disegno, nell’ambito del
lavoro scolastico, è pur sempre un’attività gratificante. Ma a quel punto era diventata un’attività
obbligatoria a scadenza prefissata…. Solo l’abbandono del disegno ridiede piacere alla lettura.
Io credo che sopra un libro, letto dall’insegnante e poi dai bambini, basterà una conversazione finale
sul personaggi, sulla vicenda, sui punti di maggior interessi e così via.
Ma un’esperienza molto positiva è stata fatta in parecchie scuole coi miei libri, alcuni dei quali sono
stati trasformati in copioni teatrali.
Il copione teatrale è un modo di ‘rielaborazione del testo’ consigliato in due punti dai programmi di
lingua italiana dell’85.
E’ ben vero che la rielaborazione del testo deve essere una conquista dell’alunno, mentre il copione
teatrale viene generalmente predisposto dagli insegnanti. Ma il confronto tra il testo originario e
quello derivato permette comunque momenti di analisi di grande utilità (ed è in fondo un esempio di
rielaborazione).
Inoltre, la memorizzazione del copione (in genere senza momenti di rifiuto, perché la cosa è
accettata come attività non derivata, ma autonoma), favorisce l’approfondimento linguistico e
concettuale.
I libri dai quali sono stati ricavati copioni sono i seguenti:
Primo ciclo ANNA E IL MOSTRO
III – IV FLORINDO E LA RAPINA A MANO ARMATA
IV e V VANDA
IV e V IL FANTASMA DELLA SCUOLA
V – Media HANNO RUBATO LA BAMBOLA ROSA
V – Media CHI HA RUBATO L’ARGENTERIA
V - Media BUONA PASQUA AL CONDOMINIO
Essi vengono forniti, su richiesta, ai clienti della Scholanova.
4 - SENTIR LEGGERE L’ADULTO
Dai programmi della scuola elementare dell’85:
La prima esperienza di lettura da parte del fanciullo, che deve essere protratta per tutto l’arco della
scuola elementare , è sentir leggere l’adulto.
Gli educatori italiani ‘sanno’ questo, perché la cosa appartiene alla tradizione scolastica italiana.
Ma recentemente un libro del francese Daniel Pennac, insegnante in un liceo parigino, dal titolo
accattivante (‘Come un romanzo’, edito da Feltrinelli), ha rinverdito le ragioni dell’ascolto,
portando i termini fuori dalla scuola elementare.
Intanto prima della scuola elementare:
…. il rituale della lettura, ogni sera, ai piedi del suo letto, quando era piccolo – orario fisso e gesti
immutabili – aveva qualcosa della preghiera. Quell’improvviso armistizio, dopo il frastuono della
giornata, quell’incontro al di là di ogni contingenza, quel momento di silenzio raccolto che precede
le prime parole del racconto…. Sì, la storia letta ogni sera assolveva la più bella funzione della
preghiera… era un momento di comunione tra di noi, un ritorno all’unico paradiso che valga
l’intimità. Senza saperlo, scoprivamo una delle funzioni essenziali del racconto e più in generale
dell’arte, che è quella di imporre una tregua alla lotta degli uomini.
L’amore ne usciva rinato. Era gratis.
In cambio di questo viaggio non pretendevamo niente da lui, neanche un soldo, non gli chiedevamo
la contropartita. Qui tutto avveniva all’insegna della gratuità . La gratuità, che è la sola moneta
dell’arte.
E dopo alle superiori:
Quel professore non inculcava un sapere, regalava quel che sapeva….La cosa più importante era il
fatto che ci leggesse tutto ad alta voce…. L’uomo che legge ad alta voce eleva all’altezza del libro.
Dà veramente da leggere.
"Bene" dice il prof "visto che non vi piace leggere…. sarò io a leggervi i libri."
apre la cartella e tira fuori un librone grossissimo, un affare cubico, veramente enorme, dalla
copertina patinata. Quanto di più impressionante si possa immaginare in fatto di libri.
"Ci siete?"
Non credono né ai loro occhi né alle loro orecchie. Quel tizio ha intenzione di leggere tutto
quell’affare? Ma ci vorrà l’intero anno scolastico! Perplessità…. Anche una certa tensione….
Non esiste…. Un prof che si propone di passare tutto l’anno a leggere. O è proprio uno che non ha
voglia di fare niente, oppure…. gatta ci cova. C’è sotto qualche fregatura. Ci toccherà farci la
quotidiana lista dei vocaboli, il resoconti di lettura….
Si guardano. Alcuni, non si sa mai, si piazzano davanti un foglio e mettono le bic in posizione di
attacco.
"No, no, è inutile prendere appunti. Cercate solo di ascoltare."
E poi:
"Mettetevi comodi, rilassatevi…."
(Si ,figurati…. rilassatevi….)
"Ci leggerà tutto quel libro…. a voce alta?"
"Non vedo come potreste sentirmi se leggessi a voce bassa…."
Il merito del professore è quasi nullo in tutta la vicenda. Il fatto è che il piacere di leggere era
vicinissimo, imprigionato in quelle soffitte adolescenti da una paura segreta: la paura (molto molto
antica) di non ‘capire’.
Ma ben presto la voce del professore diventa un’interferenza: piacere parassita di una gioia più
sottile.
"Il fatto che lei legga ci aiuta, prof, ma poi sono contento di ritrovarmi solo con il libro."
E’ inutile dire quanto valga la pena di leggere il libro del Pennac , anche se esistono saggi italiani
sull’argomento (ad esempio di Ermanno Detti ‘il piacere di leggere’ , edito dalla Nuova Italia.)
5 - FIABE SI FIABE NO
L’insegnante della scuola elementare (ma, se per questo, anche quello della scuola media
dell’obbligo) ha il dovere professionale di leggersi libri per bambini. Dai programmi dell’85.
L’insegnante stimola ed accresce la motivazione del fanciullo a leggere e dedica particolare
attenzione alla scelta di testi validi per le loro qualità intrinseche. Per adempiere efficacemente a
tale compito, l’insegnante dovrà possedere aggiornata e non superficiale conoscenza delle
pubblicazioni e dei testi più adatti ai fanciulli.
Probabilmente un insegnante, sia pure di area linguistica, immerso in una varietà di obiettivi
didattici da perseguire, non troverà tempo sufficiente per una 'aggiornata e non superficiale'
conoscenza della letteratura giovanile.
A questo punto la soluzione del problema non è più individuale, ma di gruppo. Un circolo, nella sua
programmazione educativa, deve precedere una o più persone che mettano a disposizione di tutto il
corpo insegnante approfondimenti e poi competenze nel settore.
Gli insegnanti del primo ciclo si troveranno subito a dover prendere partito nei confronti della fiaba.
E’ ancora valida? E’ esente da rischi? da critiche?
C’è stato un periodo in questo dopoguerra in cui la fiaba, scrive Nerina Lenaz nel 1978 su
‘Specchio del libro per ragazzi’:
…. accusata di essere diseducativa, irrazionale, sadica , di spaventare i bambini e di alimentare le
loro ansie, sembrava destinata a scomparire come le buone e vecchie cose di pessimo gusto che
vanno ad ammuffire dolcemente nella tristezza abbandonata dei solai.
Ma nella seconda metà degli anni settanta Bruno Bettelheim, austriaco trasferito in USA dopo aver
sperimentato gli orrori del lager di Dachau e Buschenwald (è morto qualche anno fa, suicida, come
il nostro Primo Levi che aveva avuto esperienze esistenziali simili, raccontate nello stupendo ‘ Se
questo è un uomo’) professore di psicologia e psichiatria all’università, ha rilanciato la fiaba
pubblicando ‘Il mondo incantato. Uso importanza e significati psicanalitici delle fiabe.’ edito da
Feltrinelli.
Nella recensione di Nerina Lenaz è illustrata l’importanza del libro e vengono fatte anche talune
riserve. Ma
….s’intende che questi rilievi restano del tutto marginali di fronte all’enorme ricchezza del libro
che, anche per le sue indicazioni bibliografiche, rappresenterà d’ora in poi un punto di riferimento
insostituibile per chiunque si occupi di fiabe.
Sul versante opposto si trovano Donato Torelli e Anna Coppola de Vanna (l’uno neuropsichiatria e
l’altra psicopedagogista) i quali nel 1980 hanno pubblicato ‘Dalla parte del lupo. Menzogne e
mistificazioni nelle fiabe maggiori’ presso l’Adriatica di Bari.
Il testo è molto bello e passa con lo schiacciasassi sulle fiabe; ma conclude in modo equilibrato:
… sicuramente le fiabe per i loro contenuti non fanno bene…. un certo uso costante e smodato di
esse sicuramente danneggia. E tutto questo pensiamo di averlo potuto dimostrare. Quel lettore che
ci ha voluto leggere sino in fondo, se nella sua vita di genitore è stato realmente dalla parte del
bambino, sicuramente scoprirà, ad una analisi retrospettiva, che non avrà mai fatto ‘abuso di fiabe’
e che certamente avrà usato il suo ‘tempo magico’ trascorso con il figlio, creando, giocando,
divertendosi con quelle piccole cose genuine che la sua fantasia di adulto ancora poteva
permettergli.
Sia ‘Il mondo incantato’ che ‘Dalla parte del lupo’ sono libri che aiutano gli insegnanti interessati ad
approfondire la tematica della fiaba ed a giungere così a posizioni personali di sintesi.
6 - OLTRE LA FIABA
Prima, seconda elementare. Le fiabe tirano ancora, ma il repertorio deve essere variato, perché le
fiabe maggiori sono ben conosciute dalla generalità dei bambini.
E intanto bisognerebbe avviare i bambini verso storie moderne: le editrici si danno da fare, ma i
risultati sono scarsi.
Ho appena esaminato e schedato 50 libri per ragazzi di tutte le età e di molte editrici; mentre per
ragazzi intorno ai 10-12 anni ci sono libri di qualche pregio e francamente interessanti, per bambini
intorno ai 6-8 anni c’è poco, e quel poco è scadente.
Bruno Bettelheim che, in collaborazione con Karen Zelan, ha dato alle stampe un altro interessante
testo ‘Imparare a leggere’ edito da Feltrinelli, rileva:
….i bambini, dopo aver letto per il solo gusto di leggere, si aspettano qualcosa di più interessante
da fare. E’ a questo punto cruciale che i libri di testo si rivelano inadeguati: quante storie stupide,
tediose ed offensive per l’intelligenza del bambino.
E’ ben vero che il Bettelheim parla dei libri di testo, e negli Stati Uniti: ma senza dubbio il discorso
vale anche per i libri di narrativa, ed in Italia.
Quante coniglietterie insipide si reggono quasi unicamente sul tratto illustrativo che è prevalente!
Ancora il Bettelheim:
In una classe i bambini parlarono con astio di "tutti quei dolci bambinetti dei racconti" ed uno
disse che detestava le storie perché né realistiche né fantastiche. Avrebbe imparato a leggere più
facilmente e con piacere se le storie fossero state fedeli alla realtà con descrizione delle persone
come sono veramente,oppure genuinamente fantastiche come le fiabe in cui tutto avveniva
all’insegna della gratuità. La gratuità, che è la sola moneta dell’arte.
Il fatto preoccupante è che
….quanto avviene al bambino durante le prime due o tre classi è decisivo per il suo futuro come
lettore. Da questo punto di vista, la terza classe è una specie di spartiacque. Purtroppo i testi
solitamente in uso nella scuola materna e nelle prime due classi elementari e a volte anche nella
terza sono privi di interesse e di pregio,se non decisamente offensivi.
I bambini sono affamati di storie e noi cosa offriamo? Enzo Petrini, su Scuola viva (n.4, marzo
1988) scrive:
Ormai quasi nessuno scrive più per ‘raccontare ‘ e per ‘far leggere’ i ragazzi. Sui banchi di vendita
è tutto un materiale di consumo: stampillustrati giocattoli, librigame, scatoloni, scatoline, figurati
galleggianti, cartonali sonori e tutto il resto che è ben conosciuto e che di poco aiuto è a
comunicare il gusto di leggere.
Alcuni fiduciosi insegnanti e qualche pattuglia di bibliotecari si danno da fare e qualche successo lo
ottengono. Tra le molte cose che stanno cambiando c’è anche una certa idea della lettura.
Quanto ai libri di lettura usati come testo nelle classi (e fermiamoci per il momento al primo ciclo)
bisogna dire che ormai il loro scopo è l’educazione linguistica: vedansi le indicazioni di lavoro, le
note, i test ecc. Ciò può anche essere utile, ma vanno fatte almeno due osservazioni.
Prima osservazione: l’educazione linguistica non deve essere necessariamente fatta su brani insipidi
o difficili. Ma insipidi o difficili sono la maggior parte dei brani dei libri di lettura.
Seconda osservazione: dobbiamo nettamente distinguere l’educazione linguistica, propiziata dai
libri di testo, dal piacere di leggere che va coltivato su libri di narrativa adatti.
Il ‘gruppo di approfondimento dei libri per bambini’ che dovesse costituirsi in un circolo ha qui
molto lavoro da fare: scelte di libri, lettura critica, giudizi letterari e pedagogici, confronti,
schedature, segnalazioni ai colleghi.
Gruppo Di Approfondimento dei Libri per Bambini = G.A.L.B.
Costituiteli questi GALB!
7 - LE ILLUSTRAZIONI
Secondo la mia esperienza, ma anche secondo logica e riflessione, il libro appartiene a pieno titolo
alla cosiddetta galassia Gutemberg, non va inserito come settore nell’arte figurativa.
In parole povere: è basato sulla parola, non sull’immagine (a differenza dello spettacolo filmico o
televisivo, e a differenza anche del fumetto).
Perfino nei testi coloratissimi della prima infanzia , senza didascalia o con ridottissima didascalia, la
funzione del libro è di avviare il bambino all’uso della parola, e con questo fine viene utilizzato in
famiglia.
Proseguendo nell’età, l’immagine deve cedere il passo al testo: perde i colori, perde la dominanza
sullo scritto e infine, siamo alle soglie dell’adolescenza, sparisce. E’ stata una fedele compagna
della parola, ma ha esaurito la sua funzione.
Altrove, nel fumetto (in modo statico), mantiene il suo ruolo dominante; ma quelli sono linguaggi
che per definizione si differenziano da quello verbale.
Nel periodo che va dai 6 al 12-13 anni l’illustrazione ha ancora un significato: la scelta in molti libri
di narrativa (anche nei miei) dell’illustrazione in bianco e nero, mentre riduce i costi e rende il
prezzo abbordabile, fa da ponte fra il libro colorato della prima infanzia e la mancanza di figure
delle età successive.
Sul problema delle illustrazioni il Bettelheim ha una posizione molto critica. Basteranno, credo
alcuni passi che si riferiscono in modo specifico ai libri di testo, ma che, per analogia ed estensione,
si possono applicare ai libri di narrativa per bambini della scuola elementare:
Gli scrittori e gli editori di libri non hanno mancato di avvedersi che i loro libri sono poco
interessanti per i bambini, ed hanno cercato così di renderli attraenti aggiungendo illustrazioni più
belle e a colori più vivaci.
Il guaio è che queste accattivanti immagini rendono il testo stampato ancor meno appetibile al
confronto.
Essendo in grado di indovinare dalle figure il racconto del testo che lo accompagna, un bambino
inizialmente non interessato alla lettura non capisce perché mai dovrebbe sforzarsi d’imparare le
parole, quando può ottenere un’ampia informazione dalle illustrazioni.
Sembra superfluo osservare che le storie della Bibbia da cui i bambini imparavano a leggere in
passato non avevano illustrazioni, oppure, se ne avevano, non permettevano di indovinare il
contenuto del testo: se si voleva scoprire cosa diceva il testo, bisognava imparare a leggere. Una
sperimentazione: dei bambini del secondo trimestre della scuola materna furono fatti esercitare con
parole comuni di tre lettere (cat, bed, dog ecc.) su cartelloni dimostrativi. In un gruppo, la parola
sul cartellone era accompagnata dalla relativa figura. In un altro compariva da sola. Prove di
addestramento, in cui il ricercatore pronunciava la parola mentre veniva mostrata al bambino,
erano alternate con test in cui al bambino veniva mostrata da sola e gli veniva chiesto di dire cosa
fosse. Il gruppo delle illustrazioni fece errori in modo significativo e impiegò più tempo (ad essere
in grado di leggere la parola) del gruppo privato delle immagini. A quanto pare la sovrabbondanza
di materiale illustrativo più che essere utile serviva a distrarre."
Eppure, nonostante tali dimostrazioni, i libri di lettura per le elementari rimangono piene di
illustrazioni, presumibilmente perché (come è oramai abbastanza chiaro) esse sono l’unico aspetto
attraente, dato che i loro testi sono così ovviamente stupidi da risultare intollerabili se non
illustrati.
8 - TV VINCE LIBRO?
I nostri bambini televisivi arrivano a contatto con la lettura, col mondo alfabetico scritto, dopo
alcune migliaia di ore di spettacolo televisivo.
Quali caratteristiche hanno le vicende televisive di cui essi rimarranno consumatori per tutta la vita?
Nel giro di 30-60 minuti i giovani spettatori hanno visto impostarsi, svolgersi e concludersi una
vicenda: si tratta del tempo medio di durata di un cartone o di un telefilm.
A contatto coi ritmi più lenti della lettura iniziale, può verificarsi un atteggiamento di ripulsa, se il
libro manca del taglio agile cui il bambino è abituato.
Quali caratteristiche deve avere dunque il libro per inserirsi in modo non traumatico nel solco del
consumo e delle abitudini televisive?
La vicenda televisiva non fa uso di descrizioni (l’occhio delle telepresa è sempre aperta
sull’ambiente della vicenda e spesso non occorre neppure che si soffermi a lungo: talora basta
un’inquadratura e la messa a fuoco di un particolare per fornire la più efficace delle descrizioni).
Se vogliamo portare il bambino a consumare il libro come succedaneo naturale della vicenda
televisiva (ma più tardi come mezzo espressivo autonomo) dobbiamo evitare le lunghe descrizioni
che ci afflissero nei libro per ragazzi del passato.
E dobbiamo tener conto che i bambini oggi hanno un patrimonio di conoscenze enciclopediche e
visive che richiedono obiettivamente una minore insistenza descrittiva. Un’altra caratteristica della
vicenda televisiva è la preminenza del dialogo, simile in questo allo spettacolo teatrale. Bisognerà
dunque valorizzare questo aspetto. Nei miei libri, ad esempio, il dialogo si configura talvolta come
un testo teatrale in cui ogni battuta è preceduta dal nome del personaggio che la dice.
Una terza caratteristica della vicenda televisiva è il taglio svelto delle scene, oltrechè dell’opera
complessiva. Dunque test non voluminosi suddivisi in brevi capitoli.
Naturalmente non è possibile stabilire una correlazione stretta fra il mondo letterario e quello
televisivo: sono due linguaggi espressivi molto diversi, anche se vivono di mutui scambi. Uno è
basato sulla parola, l’altro sull’immagine, benché non manchino integrazioni.
Dunque bisogna aiutare il passaggio dallo spettacolo televisivo al testo letterario con poche
descrizioni, molto dialogo, brevità dei testi.
Ma non serve, non leggono! Troppa TV!
Sicuro?
Scrive Fernando Rotondo su Scuola Viva, n.10/11, novembre 1984:
La ‘situazione di partenza’ è meno catastrofica di quanto solitamente si creda. Ci sono elementi
cjhe aprono l’animo alla speranza.
a) Intanto bambini e ragazzi leggono perlomeno più degli adulti. Qualsiasi insegnante
capace di un minimo di attenzione sa che nel corso dell’anno ogni alunno in media
legge più libri dei suoi genitori messi insieme.
b) Non è più pacificamente accettato il luogo comune che letture e libri sono in crisi
esclusivamente per la concorrenza degli altri mass-media. Dati internazionali
dimostrerebbero il contrario. Negli Stati Uniti l’indice di lettura è in aumento malgrado
l’alluvione di computer. In Giappone, dove si vendono e si leggono moltissimi giornali
e fumetti, l’indice di lettura è sei volte quello dell’Italia.
c) Permane il bisogno del racconto, quel sottile brivido di piacere che mosse i nostri
lontanissimi antenati a stringersi attorno all’ascolto dei miti, che conservò e tramandò
in narrazione e leggende il senso del meraviglioso.
Dunque un invito all’ottimismo. TV e lettura possono convivere. Naturalmente è compito
dell’educatore (genitore,insegnante) promuovere e regolare questa convivenza.
9 - INCONTRI CON L’AUTORE
Abbiamo già visto che, adottato un libro, letto lo stesso prima dall’insegnante e poi dagli alunni
(non necessariamente in classe, non necessariamente concentrato in breve tempo), all’insegnante
pare doversi fare un certo lavoro. E ciò è vero ed è sottolineato dai programmi: ‘testi…. che attivino
nel fanciullo elementari processi interpretativi e sviluppino il senso estetico’; ma tutto ciò richiede
la guida dell’insegnante, come ha sottolineato Luigi Grossi, quindici anni prima dell’uscita dei
nuovi programmi.
Quale lavoro?
Un lavoro fatto con mano leggera e non ripetitiva. Si è visto che una conversazione-dibattito a fine
lettura, oppure la trasformazione del testo letto in copione teatrale sono mezzi idonei. Ma anche
l’incontro con l’autore, che ormai non è più un fatto eccezionale: sempre maggiori autori si mettono
a disposizione di biblioteche, di scolaresche , di scuole.
Guido Petter (in ‘Narrare e leggere nella scuola media ‘, a cura di A.M. Bernardinis, Giunti e
Lisciani editori, 1984) racconta le sue esperienze negli ‘Incontri con l’autore’: ciò che dice vale
quasi del tutto anche per incontri con alunni delle scuole elementari, specie del secondo ciclo.
Devo dire che questi incontri sono stati per me quasi sempre di grande interesse, e molto utili,
soprattutto in quei casi in cui non venivano gestiti dall’insegnante in modo eccessivamente
direttivo, ma si svolgevano in forma colloquiale, e con ampia libertà di intervento per tutti.
In qualche classe, gruppi di ragazzi avevano lavorato volontariamente ad illustrare con disegni o
tavole colorate certi episodi del racconto….
L’interesse maggiore di questo incontro era dato dalle domande che mi venivano rivolte, molte
delle quali erano ricorrenti. Brevissime, ma quasi sempre sostanziose, e di solito già preparate in
precedenza su quaderni o foglietti.
Un primo gruppo di domande concerneva ‘il modo in cui quel libro era nato’ . "Quando le è venuto
in mente di scriverlo?", "Quanto tempo ci ha messo?", "Lo ha scritto tutto in una volta?". E poi
"Come si diventa scrittori?"ecc.
Un altro gruppo di domande era di interesse psicologico ancora maggiore. I ragazzi volevano
sapere quali cose, nel racconto, era ‘vere’ nel senso che erano realmente accadute, e quali invece
erano ‘inventate’.
Molte domande testimoniavano , in qualche misura, la presenza di forti bisogni di identificazione, e
quindi di partecipazione affettiva ed emotiva, di confronto fra sé e i personaggi, o fra la propria
situazione e quella descritta.
A mia volta io, oltre a dare risposte, ponevo poi domande mie….
Le mie esperienze, in fatto di incontri con l’autore, corrispondono quelle di Guido Petter. Ma ci
sono altri aspetti, Un incontro con l’autore permette a quest’ultimo di assumere una messe di
informazioni molto interessanti: sulle letture e sui modi di lettura dei ragazzi, sui gusti, sulle loro
preferenze non solo in fatto di libri ma anche di altri media: fumetti, cartoni animati, telefilm…
Insomma: un incontro con l’autore, mentre entusiasma e gratifica i lettori (specie se l’incontro è
stato inserito dentro una piccola cornice di festa che ne esalta l’importanza ), aggiorna l’autore sui
ragazzi, sulla loro vita, sugli hobbies, sui giochi… E dunque mette l’autore nelle condizioni di
essere più vicino al pubblico per il quale scrive.
E capita poi che l’autore partecipi come spettatore alla drammatizzazione dei suoi testi, ed esami
materiale che i suoi lettori inviano, e dia brevi giudizi personali. Con uno scopo: sottolineare (agli
alunni ed ai loro insegnati) che il completamento del piacere di leggere avviene con il
conseguimento del piacere di scrivere.
10 - DALLA PARTE DEI BAMBINI
Non è vero che la maggior parte di libri pubblicati in collane destinate ai bambini siano scritti a
favore dei bambini.
Ci sono libri che fingono di divertire, ma sotto sotto puntano ad istruire. Didatticismo. Ci sono libri
che hanno lo scopo preminente di ‘educare’ i bambini. Moralismo. Ci sono libri scopertamente
politici. Ideologismo. Vi sono libri che vogliono mostrare quanto è bravo l’autore. Narcisismo.
Ci sono libri senza originalità, libri volgari, difficili,confusi. Né l’autorevolezza della collana né
quella dell’editrice mettono al riparo da veri e propri bidoni.
Che fa un genitore deciso ad iniziare il pargolo ai piacere della librerie? Si rifugia negli autori noti,
diciamo nei classici, e compra Pinocchi, Cuori, Piccoli Alpini e così via. E’ ciò che avviene da circa
un secolo.
Ma ad un insegnante non sono permessi l’arretratezza, il pressappochismo, il dilettantismo, la
superficialità, un insegnante deve leggersi i libri che consiglia o adotta, deve valutarli e saper fare
astrazione dalla rinomanza degli autori.
‘Alice nel paese delle meraviglie’ è un classico. Nessun rischio?
Da ‘Letteratura Giovanile’ di Angelo Nobile, edito da La Scuola di Brescia:
…. Riconosciuti i pregi intrinseci, incontestabili e per tanti aspetti innovatori, di questa fiabasogno, va rilevato che le sue caratteristiche ne fanno un prodotto letterario particolarissimo,
culturalmente e geograficamente segnato, e per ciò stesso difficilmente esportabile.
I giochi di parole, gli accostamenti verbali, certe finezze e assonanze linguistiche, talune
espressioni tipicamente anglosassoni sono spesso intraducibili e comunque difficilmente trasferibili
in altre lingue, il gusto per il non senso e per l’assurdo, l’eccentricità quasi maniacale degli
abitanti del Paese delle meraviglie, i fitti riferimenti ai costumi e alle tradizioni inglesi, come il
gioco del criquet o il rituale del tè alle cinque, rimangono estranei ai lettori di altre culture.
Un bravo scrittore, almeno, non sarà sempre uguale a sé stesso? Dahl, ad esempio, l’autore de ‘La
fabbrica di cioccolata’, de ‘Le streghe’
Scrive G.Bini sulla rivista di letteratura giovanile LG argomenti, n. 1-2 1989, recensendo 'Gli
Sporcelli' del sopraccitato autore:
(al recensore) il libro non è piaciuto per niente, e se l’autore si comporta sempre così, teme che non
gli piaceranno neppure gli altri suoi libri che si accinge a leggere per documentarsi.
Perché non gli piace: forse perché tratta di argomenti disgustosi? E allora ‘L’incredibile storia di
Lavinia’ di Bianca Pitzorno? Una storia scatologica ogni tanto fa bene. Ma qui siamo allo sporco
per lo sporco, all’insistenza su particolari vomitevoli, alla descrizione di personaggi gratuitamente
e insensatamente malvagi e brutti, forse cattivi perché brutti e sporchi.
…. Pagine inesorabilmente e irrimediabilmente brutte.
Ci sono altri titoli molto noti, si veda ad esempio ‘Il piccolo principe’, che pure nascondono insidie.
‘Il piccolo principe’ è sostanzialmente un libro per adulti ai quali può piacere o non piacere. Ma non
è adatto, per la filosofia che lo supporta e per il tipo di scrittore, ai bambini. Perché un vero libro per
bambini non deve necessitare di un adulto che glielo traduce: deve avere una presa immediata sul
bambino e deve essere linguisticamente, concettualmente e psicologicamente adeguato.
Neppure le recensioni possono sostituire la lettura diretta dei libri da parte degli insegnanti. Le
recensioni lasciano spesso intravedere relazioni di amicizia con l’autore o interessi di gruppi
editoriali o consonanze ideologiche.
Se poi una personalità della cultura, della politica o perfino della stessa letteratura (ma per adulti)
scopre un’improvvisa vocazione come narratore per bambini, gli insegnanti stiano calmi: è vicina al
100 per cento la possibilità che si tratti solamente di una chiassata pubblicitaria a scopo di lucro o di
una trovata narcisistica.