Maggio-Agosto 2015 - Associazione Nazionale Alpini – Sezione di
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Maggio-Agosto 2015 - Associazione Nazionale Alpini – Sezione di
G E N OVA n u o v a PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA Anno III – N. 2 – Maggio - Agosto 2015 Direzione e Amministrazione: Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova – Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Genova L’Aquila: 88a Adunata Nazionale Genova Pellegrinaggio al Santuario di N. S. della Guardia Genova 24 maggio 24° incontro italo-austriaco della pace Raduno Intersezionale a Capannette di Pej La Grande Guerra: le prime operazioni Attività della Sezione Attività dei settori In Famiglia NOTIZIE DAL MUSEO a commissione che gestisce il museo, dopo un silenzio durato quasi due anni, comunque, senza mai mancare alle aperture programmate, ai lavori di manutenzione, alla pulitura degli oggetti e alla sua catalogazione, è pronta a ripartire con la rubrica “Notizie dal Museo”. Abbiamo aderito alla manifestazione, indetta dai Comuni dell’alta Valle Scrivia, sulla commemorazione dei cento anni dall’inizio della Grande Guerra, con un ricco programma itinerante realizzato dai comuni che anno aderito all’iniziativa a partire dal giorno 11 aprile, a chiudere la rassegna, domenica 19 aprile con il concerto del Coro Monte Cauriol. A noi il compito di tenere aperto il museo dalle 9 alle 13 con aperture straordinarie nell’arco della settimana e ricevere le scolaresche della valle. Queste aperture hanno portato al museo un notevole incremento nelle visite e notorietà. Le scuole sono state una sorpresa, intervenute con circa 300 ragazzi tra scolari e alunni, così ripartiti tra le scuola di Torriglia, Casella, Savignone, Busalla, Isola del Cantone, Favale di Malvaro, a questi numeri vanno aggiunte le visite giornaliere di persone adulte, che non pensavano esistesse una così ricca collezione di oggetti e uniformi militari, le scuole anno partecipato a vari incontri, dove gli studenti si sono interessati su ogni argomento trattato; è intervenuto anche il vice Presidente Militello con il suo programma. Non dobbiamo dimenticare le due mostre itineranti, attualmente esposte una al Circolo Uffciali. la seconda a La Spezia; mentre per settembre a Sestri Ponenete ed ottobre a Asti. Il museo continua a ricevere donazioni di materiali di L CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI 2015 GRUPPI 10 OTTOBRE ore 17,00 SAMPIERDARENA FESTA MADONNA del DON e 143° ANNIV. TT.AA. 18 OTTOBRE MASONE RADUNO DEL GRUPPO 18 OTTOBRE CICAGNA RADUNO DEL GRUPPO SETTORE 19-20 SETTEMBRE 2015 SESTRI PONENTE IX RADUNO DEL SETTORE PONENTE SEZIONALI 15 NOVEMBRE: PRESSO LA SEDE SEZIONALE ASSEMBLEA DEI CAPIGRUPPO. RAGRUPPAMENTO 10 -11 OTTOBRE RADUNO DEL 1° RAGGRUPPAMENTO AD ACQUI TERME NAZIONALI 6 SETTEMBRE RADUNO AL PASUBIO 13 DICEMBRE ore 9,00 MESSA IN DUOMO A MILANO ogni genere,continua la catalogazione degli oggetti esposti nel museo e nelle due mostre itineranti. Le aperture estive sono: luglio – agosto, tutti i lunedì e giovedì con orario 15.00 – 17.00. oppure con prenotazione telefoniche; numero telefonico su internet [email protected] Oppure rivolgersi al Comune di Savignone. Uff. cultura e spettacolo. LA GRANDE GUERRA NELLE SCUOLE Pubblichiamo il tema vincitore della scuola di Torriglia. TEMA: Immagina di essere un soldato italiano della prima guerra mondiale e scrivi una lettera ai tuoi cari dalla trincea, raccontando le tue giornate al fronte; se vuoi puoi prendere spunto dal contenuto di “veglia” di Ungaretti o della trama del film “Joeux Noel”. Cara moglie volevo sapere come stavano i bambini e come stavi te, qui ci sono molti feriti e tanti morti ci stanno massacrando pero qua ci dicono di difendere, ma è impossibile perché ormai ci sono rimasti pochi soldati; questa guerra sta andando male. Ti riccordi il mio migliore amico che mi ha fatto da testimone al matrimonio? E’ morto perche non ce la faceva piu ed è scappato per tornare a casa ma lo ha ucciso un ufficiale del nostro comando perché diceva che era un disertore; non so se sei andata a trovare mia madre perchè so che non andate d’accordo, ma se la vai a trovare mi togli un pensiero dalla testa e cosi le fai conoscere i bambini. I piccoli stanno bravi o fanno i biricchini? giuramento questa lettera non la farranno passare perché prima di arrivare a te le lettere passano un controllo perche se ci hai scritto che la guerra sta andando male non la fanno passare. Poi volevo dirti una cosa, ti prometto che tornerò a casa e quando tornerò ti staro sempre vicino e non ti lascero più e metterò i bambini a letto con una favola, perché ho capito l’importanza della vita. Ti voglio bene. Campo 5° - Calogero. 31 gennaio 1916 Riggi Daniel classe 3° scuola secondaria di primo grado Torriglia GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 2 In copertina: Gli Alpini di Genova alla 88a Adunata Nazionale a L’Aquila RECENSIONI I CAPPELLANI MILITARI D’ITALIA NELLA GRANDE GUERRA VITTORIO PIGNOLONI - EDIZIONI SAN PAOLO, pagg. 990, €43,00 no dei libri che più mi ha colpito, sulla storia delle Penne Nere, è “Cristo con gli Alpini” di don Carlo Gnocchi. Non è un diario, un resoconto, una cronaca, una confessione, ma è un atto di fede gettato nella follia della guerra, un gesto di speranza dedicato a coloro che ormai non ripetevano più questa parola, uno slancio d’amore che replica ai colpi della violenza. Don Carlo ha portato Cristo al fronte e l’ha condotto nella disperazione degli accerchiamenti dove si consumavano le ultime forze. Per i 100 anni del Primo conflitto mondiale, durante il quale furono settanta milioni i giovani mobilitati e spediti al fronte per un conflitto durato quattro anni durante i quali si scontrarono le principali potenze mondiali e i piccoli stati di tutto il mondo, le edizioni San Paolo pubblicano un libro, che è una testimonianza eccezionale, di uomini sconosciuti, protagonisti loro malgrado. Sono i Cappellani militari d’Italia, dei quali ci racconta Vittorio Pignoloni, che ha dedicato la sua vita all’apostolato tra i giovani militari italiani. Il libro rivista proprio la missione e l’opera di 210 Cappellani militari nella Grande Guerra, Martiri e testimoni di una carità senza confini, attraverso le relazioni-testimonianze inviate al Vescovo di campo, Mons. Angelo Bartolomasi. I Cappellani furono 2.048: 93 di essi caddero in guerra, 3 furono le medaglie d’Oro, 137 quelle d’Argento, 299 di Bronzo, 94 le Croci al Valore. Portarono la carità e la presenza di Cristo nelle trincee, che sono state uno dei simboli della Grande Guerra. Quando i vari governi europei decisero di scendere in campo, tutti erano convinti che si sarebbe trattata di una guerra veloce in cui U era essenziale sfruttare il fattore temporale. Invece, dopo poche settimane, i diversi fronti europei si stabilizzarono ed iniziarono ad essere scavate centinaia di chilometri di trincee, dal nord della Francia fino all’Europa orientale, nell’attuale Polonia e nei Balcani. Questi lunghi corridoi, profondi poco meno di due metri, comparvero da subito anche sul fronte italiano, in pianura, sull’altopiano carsico e in alta montagna, in mezzo alla neve. Il bel libro di Pignoloni ci aiuta rendersi conto di come molti di quegli uomini, in quelle trincee, nei fronti di combattimento, in quei drammatici anni, sentissero il bisogno di affidarsi alla religione e alla fede. Lo fecero attraverso la fraterna solidarietà e la vicinanza dei Cappellani militari, che furono coadiuvati da 500 AiutoCappellani, e dei circa 15mila Preti-soldato e Chieri, mobilitati, la maggior parte, nelle Sezioni di Sanità. Questo libro è una testimonianza eccezionale e ci propone una documentazione preziosa: per questo è, a mio avviso, da non perdere. Roberto Martinelli SEVERINO TREMATOR PITTORE (1895-1940) - UNA STORIA RITROVATA WALTER SCUDERO - CLAUDIO GRENZI EDITORE ubito dopo la prima guerra mondiale, tra gli alpini genovesi si potevano incontrare due artisti oltremodo dotati: lo scultore Eugenio Baroni e il pitto- S Direttore responsabile: Nicola Pellegrino Comitato di redazione Presidente: PIETRO FIRPO Membri: PIERO BONICELLI - ROBERTO MARTINELLI GIANCARLO MILITELLO - GIORGIO PRETELLI - LORENZO SANTAGATA MAURO TIMOSSI - FRANCESCO TUO PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA Direzione e Amministrazione: Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova - Tel.: 010 587236 - Fax: 010 5709480 mail: [email protected] Autorizzazione: Trib. di Genova N. 4-2013 del 17/05/2013 Stampa: Arti Grafiche Francescane srls - Corso Europa, 386 b 16132 Genova re Severino Trematore (in arte Tremator). Oltre ad essere valorosi ufficiali degli alpini e grandi artisti, avevano qualcos’altro in comune: entrambi erano pugliesi di nascita. Baroni era nato a Taranto, Tremator a Torremaggiore (FG), ma entrambi sono genovesi d’adozione perché a Genova si stabilirono, il primo a tre anni, il secondo dopo la guerra dato che lì abitava il fratello minore Furio. Nel 1994 il giornalista e scrittore Sergio Paglieri aveva pubblicato un bel 3 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 volume, molto interessante e documentato, dal titolo Lo scultore Baroni; su Tremator invece, a parte qualche articolo e qualche cenno nei libri d’arte, mancava un’opera specifica. Finalmente la lacuna è stata colmata da questo libro, presentato a Torremaggiore nel 120°anniversario della nascita di Severino Trematore [d’ora in avanti S.T.] alla presenza del commissario prefettizio, dell’autore e dell’editore, nonché della signora Donatella Trematore, nipote dell’artista in quanto figlia di Furio, residente a Genova con il marito Vito Hotellier, amico degli alpini. La signora Donatella, con un gesto molto apprezzato, ha donato alla città di Torremaggiore otto dipinti di Tremator, che saranno custoditi in una sala espositiva apposita e si aggiungono a una quindicina di opere donate da suo padre nel 1961. La vita militare dell’alpino S.T. fu intensa. Assegnato come ufficiale al 1° reggimento e inquadrato nel battaglione Monte Saccarello, partecipò nel giugno 1917 alla sanguinosa battaglia dell’Ortigara e nei mesi di novembre e dicembre combatté strenuamente sull’altopiano di Asiago. Il 4 dicembre 1917 fu catturato a Malga Lora (m 1668), una conca tra i monti Castelgomberto, Fior e Spil, dove i resti di un cimitero militare e numerose postazioni in grotta, di cui una raffigurata in un suo toccante quadro riprodotto nel libro, ricordano ancor oggi la durezza dei combattimenti. Rinchiuso nel castello di Salisburgo, fu rimpatriato il 13 novembre 1918 e si stabilì prima a Mondovì, presso il deposito del 1° reggimento, e poi a Genova, dove come detto risiedeva il fratello Furio. Con gli alpini genovesi i rapporti furono cordialissimi, tanto che una parete della sede sezionale di Mura delle Cappuccine accoglie due sue pregevoli opere: La tormenta, dipinta nel 1924 e offerta dall’autore per la sede di allora, e Autoritratto in divisa del 1917, donato dal fra- GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 4 tello Furio nel secondo dopoguerra. Il primo quadro, di grandi dimensioni, fu ammirato da decine di migliaia di visitatori nel Palazzo Ducale di Genova durante l’adunata nazionale degli alpini del 2001 e poi nelle mostre per il 90° della fine della Grande Guerra, tenute nel 2008 nel Palazzo della Borsa e l’anno successivo nel Palazzo Reale. Da Genova dopo qualche anno S.T. si trasferì a Londra, dove ottenne un successo clamoroso, inatteso ma sicuramente meritato. Il libro in esame ripercorre tutte le fasi della sua vita, offrendoci al meglio “la storia ritrovata di un pittore tanto famoso quanto sfortunato, tanto noto quanto dimenticato”. Da una parte vengono evidenziate, della complessa figura di S.T., le diverse sfaccettature che lo rendono così caro e umano; dall’altra l’ambiente storico, artistico e anche mondano in cui agì è illustrato con maestria e competenza, senza mai dimenticare la sua “alpinità”. Anche gli agganci tra persone, situazioni e luoghi differenti sono colti abilmente. Un pregio non secondario dell’opera è poi l’utilissimo “Indice delle immagini”, dove ne sono elencate 150 riprodotte nel testo quasi tutte a colori. Sarà un piacere per il lettore scoprire i vari aspetti della personalità di S.T., che fu uno dei protagonisti della vita londinese negli anni ’30 del secolo scorso, e il merito va senza dubbio all’autore del libro, Walter Scudero. Conterraneo di S.T., medico specialista di professione, i suoi molteplici interessi sono rivolti alle correlazioni interdisciplinari tra le varie forme d’arte, dalla pittura alla letteratura, alla musica, al teatro. Personaggio dalla poliedrica attività, si è distinto come autore, direttore artistico, regista, conferenziere, critico letterario, dedicandosi in particolare alla scrittura nei campi più svariati. Suo tra l’altro il progetto del collage in copertina, che mostra in alto S.T. a 20, 24, 37 anni d’età e al centro, da sinistra a destra, il Castello Mackenzie di Genova, una veduta di Torremaggiore di fine ’800 e il Big Ben di Londra. Con queste premesse è quasi d’obbligo suggerire al lettore di acquistare il libro (basta rivolgersi alla segreteria sezionale), in modo da avere un quadro pressoché completo dell’avventurosa esistenza di S.T. dall’infanzia fino alla sua tragica fine. Infatti, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, S.T. con altre centinaia di italiani residenti in Gran Bretagna era stato imbarcato a forza per essere deportato in Canada. La nave, colpevolmente priva delle insegne della Croce rossa, fu silurata e affondata da un sommergibile tedesco, trascinando con sé negli abissi S.T. e tante altre vittime innocenti. Gabriele De Dominicis PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DELLA GUARDIA uest’anno il consueto pellegrinaggio al Santuario della Guardia il giorno 12 aprile è stato diverso dal solito. Infatti, a parte la magnifica giornata di sole (cosa che non capita di frequente in questa occasione), alla cerimonia hanno partecipato non soltanto gli Alpini, ma anche tutte le altre associazioni d’arma, con le proprie bandiere e vessilli. Questa nutrita partecipazione ha conferito alla manifestazione una particolare solennità, specialmente quando alla fine della Santa Messa sono state recitate, oltre alla nostra Preghiera dell’Alpino, anche le preghiere proprie delle altre specialità ed associazioni. Q 5 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 3/2014 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 6 GENOVA - 24° INCONTRO ITALO-AUSTRIACO DELLA PACE l 24 maggio si è svolto a Genova il 24° incontro italo-austriaco della pace, a ricordo di tutti i caduti e le vittime civili della Grande Guerra. La cerimonia di quest’ anno, che riveste carattere di particolare solennità data la ricorrenza del centenario dell’ entrata in guerra dell’ Italia, ha visto la partecipazione di un gran numero di associazioni d’ arma sia italiane che estere, in particolare della Schwarzes Kreutz austriaca, di rappresentanti diplomatici e religiosi, di autorità militari e civili. I Le commemorazioni hanno avuto inizio alle ore nove del mattino al cimitero monumentale di Staglieno, dove sono stati resi gli onori ai caduti che riposano nell’ Ossario Austro-Ungarico, di recente restaurato dagli Alpini; dopo la deposizione di corone, è stata benedetta una targa bilingue posta a ricordo della cerimonia. GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 8 Successivamente in piazza De Ferrari si sono concentrati i partecipanti, appartenenti alle varie associazioni d’ arma, compresi i reparti in divisa storica, e le autorità civili e militari, che hanno sfilato fino a Piazza della Vittoria, sostando a metà di Via XX settembre per rendere omaggio alle lapidi dei Caduti sotto il Ponte Monumentale. In Piazza della Vittoria, dopo il saluto delle Autorità e le orazioni ufficiali, è stata celebrata la Santa Messa a ricordo dei caduti, accompagnata dal coro sezionale “Soreghina” L’Aquila 15/17 Maggio: ADUNATA O PELLEGRINAGGIO? “Ora dorme e chissà se ci sarà un letto così grande che copra la città d’amore. Sogno che si salverà tra le memorie, sogno che non finirà, scende la notte nel cuore. Donna che non smetterai di far nascere il sole, ... Donna d’Onna, corri nel cielo che affonda, tutto il coraggio è con te, bellezza sogna. Donna d’Onna, dentro ai tuoi occhi ritorna luce che ferma la terra e per la vita resterà ...” (da “donna d’Onna” di Gianna Nannini dedicata all’Abruzzo terremotato) ra le tante sensazioni vissute in quei giorni, partendo alcune rimangono dentro de L’Aquila: davanti alla casa dello studente, intanto che guardavano le foto e gli scritti lasciati dalle mamme e dagli amici, gli occhi lucidi su volti rugosi e già bruciati dal sole in primavera, volti di chi lavora duro ed è in apparenza altrettanto duro, e poi il “grazie alpini, portalo a tutti il nostro grazie” mormoratomi da una donna lungo il percorso della sfilata mentre le sue vecchie mani si tendevano per una stretta …: no, non è stata una adunata come le altre questa de’ L’Aquila, questo incontro che era un dovere organizzare ed un obbligo l’esserci. Arrivando da ovest la mattina la città appariva come fatata: tante lame di luce filtranti tra le nubi ad illuminarla, nella nebbiolina del “Cratere” sembravano darle un aspetto quasi irreale e tutte quelle gru a sovrastarla parevano scarabocchi strani su un quadro d’autore: una immagine che avrei voluto e non ho potuto fermare, ma che già pareva voler raccontare di quella città bella e martoriata dalla natura. Il centro tra le file di costruzioni centinate, puntellate con travi e putrelle, tenute insieme da tiranti e cavi d’ac- T ciaio, quelle finestre con le tendine in disordine, le tapparelle messe di sghimbescio, le porte aperte o chiuse con un lucchettino da nulla (tanto a che servirebbe?). E poi le chiese, punto di riferimento in questa Italia di chi ama il bello, particolarmente numerose a L’Aquila, anch’esse puntellate e con tettoie provvisorie a coprire i buchi di volte e cupole cadute a terra su cui non è difficile immaginare affreschi polverizzati, perduti per sempre. “L’Aquila tornerà a volare” da sei anni si ripete, un auspicio, un sogno con però l’amarezza di sapere che, ben che vada, non sarà mai più la stessa cosa. La “festa, si fa per dire, c’è stata comunque, pure esagerata con la solita presenza di trabiccoli fracassoni e persone alticce per non dire di peggio, c’è stato anche quello che L’Aquila non meritava e che secondo me dovrebbe costringerci a ripensare un momentino in particolare il sabato delle nostre adunate, ma ciò non offusca l’immagine bella di tutte quelle persone che per ore ed ore hanno sfilato portando calore ed amicizia. Carlo Fontana Grazie L’Aquila Grazie Abruzzo Grazie Alpino d’Abruzzo!!! ono da sempre un grande emotivo e, nonostante sia ormai rimasto giovane solo nell’animo , in talune occasioni anche ufficiali non mi vergogno di ammettere che spesso soffro di“groppo in gola”con lacrime annesse … All’ultima Adunata de L’Aquila avevo però un motivo in più per commuovermi rispetto alle precedenti manifestazioni e sarei stato veramente dispiaciuto se non avessi potuto essere presente . Conobbi i primi Abruzzesi diversi anni fa a Tarvisio, durante il Servizio Militare, e di essi mi piacque subito il forte carattere unito ad una grande generosità che arrivai a sperimentare personalmente nella Caserma “Lamarmora” di Tarvisio e soprattutto nel corso delle esercitazioni di tiro (Mortai da 81 mm. Brandt). C’è però un gesto in particolare che non potrò mai dimenticare ed è ciò che avvenne in prossimità delle sorgenti del Piave, alle pendici del Monte Peralba (Alto Cadore) dove si trovavano le nostre postazioni, dopo una violenta grandinata che determinò un ulteriore brusco abbassamento della già bassa temperatura (ci trovavamo infatti nelle Dolomiti Bellunesi a 1.830 metri sul mare alla fine del mese di Maggio 1969). Durante la notte mi vennero febbre alta ed una tosse così forte che, con immediata e generosa spontaneità, un Alpino del Battaglione “L’Aquila”(Divisione“Julia”) scambiò la mia coperta militare, in dotazione al mio Btg. (“Mondovì”- aggregato alla“Julia”) col suo caldo sacco a pelo del quale era invece dotato S il suo battaglione. Ciò rese possibile non peggiorare ulteriormente il mio stato di salute (si trattava dei prodromi di una broncopolmonite) e poter così ritornare la mattina dopo in jeep a Sappada per essere curato nell’Infermeria della Caserma“Fasil“. Negli anni non ho mai dimenticato quel gesto di Carità Cristiana, ma sono ad oggi risultate vane le ricerche sin qui esperite e non mi è stato sinora possibile rivederlo o quanto meno fargli sapere che è rimasto nel mio cuore (e nelle mie preghiere). L’adunata svoltasi quest’anno a L’Aquila mi ha dato così la possibilità di poterlo almeno indirettamente ringraziare tramite i suoi conterranei riassaporandone così lo spirito, ricco di sani principi e valori che sono alla base di una società veramente giusta e solidale. Mentre sfilavamo quanti applausi e quanti “”GRAZIE !” abbiamo ricevuto! Tra due ali di folla, insieme agli altri Alpini commossi come il sottoscritto, rispondevo anch’io con applausi ed altrettanti “Grazie a voi!”: tre sole parole (il solito “groppo in gola” che mi assale persino nel cantare il nostro Inno Nazionale…) per dire “Grazie per la cordialità, l’amicizia, la generosità dimostrate nei nostri confronti, ma soprattutto per le esemplari forza, coraggio e fierezza che sono nel Vostro DNA”e che sono ben riassunte nel motto del Btg. L’Aquila : “D’AQUILA PENNE, UGNE DI LEONESSA”. Mauro Mocellin 11 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 88a ADUNATA NAZIONALE: L’AQUILA, CON “GLI ALPINI NEL CUORE” crivere sull’Adunata Nazionale Alpini, svoltasi a L’Aquila il 15-16-17 maggio 2015, è rivivere le forti emozioni entrate nell’anima in quei giorni di autentica poesia. Emozioni vibranti, difficili da trasmettere per l’intensità della loro forza. Nella“Cittadella degli Alpini”, inaugurata venerdì mattina al Parco del Castello, con il taglio del nastro da parte del Presidente ANA Sebastiano Favero, del generale Federico Bonato e del sindaco Massimo Cialente, è in bella mostra una rassegna di pannelli sugli interventi degli alpini nelle fasi successive il terremoto del 6 aprile 2009: “Gli ALPINI ci sono… sempre!” sta scritto in ognuno di essi. La presenza degli oltre trecentomila, tra alpini e non, all’adunata, sigilla l’unione indissolubile delle penne nere con la città ferita. Cosa c’è di più indovinato del logo “Io c’ero”, che si legge sui prodotti pubblicizzati? Sì, bisognava esserci, per respirare l’aria sana dei sentimenti degli aquilani, per immergersi nella loro realtà sofferta, per diventare fratelli a pieno titolo. Entrando in città, ci accolgono le scritte su grandi striscioni: S GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 12 “BENVENUTI ALPINI…..anzi, BENTORNATI !” “BENVENUTI A CASA VOSTRA” Gli alpini non si sono mai allontanati da questa città. L’hanno portata sempre nel cuore. Sono accorsi immediatamente da ogni parte d’Italia nei giorni del dolore. Sono rimasti vicini alla gente, con il conforto, con un sorriso, con un invito a risollevarsi, offrendo la solidarietà tangibile per la ricostruzione. Ora sono ancora lì, questa volta per gioire insieme, per cancellare, almeno per qualche giorno, la sofferenza annidatasi nelle pieghe più recondite del loro essere. Il clima di festa - caratteristico di ogni adunata alpina- qui è ancor più sentito e sembra passare come una ventata riparatrice sulle case e sui palazzi imbrigliati nei ponteggi. Non c’è nulla di sbagliato a fare festa. Non c’è contraddizione tra la realtà delle ferite ancora esposte e la sana, gioiosa allegria dei canti alpini, degli incontri lieti, nelle strade e nei locali per un brindisi. Anche nel prestare il cappello alpino per una foto. Che siamo“ormai di casa”ce lo conferma l’Arcivescovo de L’Aquila, Monsignor Giuseppe Petrocchi e lo ribadisce l’Ordinario Militare Santo Marcianò alla Messa solenne del sabato pomeriggio, nella Basilica San Bernardino, riaperta un mese fa, in vista dell’adunata. “Voi siete cittadini di questa città. Sentitevi in famiglia tra di noi. L’Aquila non dimenticherà mai la vostra partecipazione e vi abbraccia”. L’abbraccio simbolico è anche con il tricolore che “avvolge l’Aquila”, come scrive un giornale locale. L’alzabandiera, in Piazza d’Armi, è il primo atto d’amore verso la Patria, celebrato non solo dalle Autorità civili e militari, dagli alpini mattinieri già “allineati”, ma da tutta la popolazione. La bandiera italiana issata sul pennone, con alle spalle le mura del castello spagnolo del cinquecento, rappresenta soltanto l’inizio di una giornata tricolore. Ci troviamo nella“Cittadella degli alpini”. C’è da soffermarsi, in primo luogo, nel tendone della rassegna storica, per il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia. Il Gruppo “Militaria 1848-1918” ti accoglie all’entrata, con alpini nelle divise dell’epoca. Nei numerosi padiglioni si ripercorre la storia dell’Esercito italiano, fino ai nostri giorni, con le avanzate tecnologie applicate al sistema militare. Camminando per le vie del centro si vive la contraddizione degli edifici puntellati e della bandiera esposta come segno di orgoglio per l’italianità manifesta. Di sera, la cele- bre Fontana Luminosa versa le sue cascatelle in uno spettacolo di luci tricolori. Ristoro del fisico, oltre che dello spirito, per la frescura irradiata nel caldo della notte. L’apoteosi tricolore ha inizio nel grande piazzale erboso della basilica romano-gotica S. Maria di Collemaggio. Alle 19 in punto, sotto un cielo minacciante pioggia, prende avvio il percorso della Bandiera di Guerra del 9° Alpini, che transiterà per tutto il viale Collemaggio, fino ad arrivare in Piazza Duomo. Si contano a migliaia le persone dietro le transenne. Applaudono la Bandiera, il Labaro nazionale dell’ANA con le 216 Medaglie d’Oro al Valor Militare e al Valor Civile, i Gonfaloni del Comune, della Provincia e della Regione Abruzzi, i Vessilli delle nostre Sezioni, le centinaia di gagliardetti. Il Sindaco Massimo Cialente, in Piazza Duomo, in un breve discorso afferma “….in occasione della tragedia che ci ha colpiti, i primi ad arrivare furono gli alpini. La città è ancora ferita, ma queste giornate rappresentano per noi un clima di fiducia” . La Sezione di Genova era accorsa immediatamente nei giorni duri di quella tragedia, inviando una squadra di alpini della Protezione Civile a Campo “Il Globo” de L’Aquila e a Tidone d’Abruzzo. Ad agosto la stessa squadra era tornata a Campo “Il Globo”, al fine di consolidare i lavori iniziati ad aprile. Al“Globo”, zona industriale della periferia de L’Aquila, erano state montate 120 tende per accogliere 1180 abitanti dalle case distrutte. Qui trovava sede la gestione logistica degli interventi su tutto il territorio terremotato ed agli alpini era stato affidato il compito di coordinamento degli interventi operativi, oltre che di vigilanza per la sicurezza del campo. Missione svolta egregiamente dall’ANA di Genova. La solidarietà manifestata allora, è proseguita nel tempo e permane tutt’ora. Il Coro SOREGHINA, diretto dal giovane Maestro 13 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 la aquilana ed i rappresentanti del Comune. Ernesto Barbieri, Presidente del Coro e Marco Cavagnaro consegnano loro una busta con la somma simbolica, raccolta in segno di solidarietà. Ricordi alpini vengono donati agli studenti e ai professori. Gesti generosi, per sancire un’amicizia duratura tra i giovani. Commovente, alla fine della serata, l’unione dei tre cori ospiti, “Soreghina”, “Abbiategrasso” e “Montesillara” che cantano insieme al pubblico l’inno di Mameli. La gente è in piedi e applaude. Fuori, le campane della chiesa suonano a festa per salutare gli alpini. E’ veramente una notte speciale, che si protrae fino all’alba, quasi a “toccare” l’inizio della grande sfilata. Gli alpini non dormono. I loro cori echeggiano negli accampamenti, Alberto Montefusco, si esibisce con enorme successo la nella mitica caserma Rossi, nelle piazzette, fin nei giardisera del sabato 16 maggio nella Chiesa S. Marco e si rennetti invasi dalle tende. E’ una “notte Verde” , ben diversa de promotore di una simpatica iniziativa: il gemellaggio dalle “notti bianche”, vuote e fracassone, in giro per la della classe 3a C della Scuola Media DORIA di Genova, Penisola. Gli alpini sanno stare al loro posto ed ora si con la classe 3a D della scuola Media S. PIO DELLE CApreparano per l’appuntamento sognato dall’adunata di MERE dell’Aquila. Motivo: onorare la memoria di OliviePordenone. ro Calvisi, nonno alpino di un’alunna genovese. Sul palDomenica, la zona dell’ammassamento non riesce a co vengono chiamati gli alunni, gli insegnanti della scuocontenere le decine di migliaia di alpini e si fatica parecchio, tra sgomitate e ricerca dei cartelli, a trovare la propria Sezione. La giornata è splendida e, lentamente, ci si riesce ad inquadrare per nove e a mettersi in marcia, al passo cadenzaell’incontro all’Adunata dell’Aquila tra il nostro socio Francesco to del trentatré. La sfilata attraversa Baratta, del gruppo di Lavagna, con due suoi commilitoni dell’etutta la città e si snoda, in un lunpoca della naja, Virgilio Franco e Luigi Balassi. ghissimo fiume di penne nere, tra le Nel 1986/1987 erano tutti in servizio al Gruppo Artiglieria da caserme Rossi e Pasquali. montagna Pinerolo, ottava batteria, a Susa (To), caserma Cascino. La gente, da dietro le transenne, Il nostro socio, in qualità di Sottotenente e Franco con i gradi di applaude e sventola bandierine trisergente maggiore e Balassi con quelli di caporal maggiore. colori. Si sentono voci di incitamenDopo quasi trent’anni, quanti ricordi, che emozioni! to, di ringraziamento per il sostegno Un forte abbraccio alpino ha suggellato la gioia dei ritrovati comricevuto e si invitano gli alpini a torpagni dello storico Gruppo dall’orgoglioso motto “Mai niun davanti”. nare presto. L’Aquila ne ha bisogno. E’ una carrellata imponente, con momenti di commozione, come quando sfilano i compagni degli alpini morti sul Gran Sasso, sei mesi fa, Giovanni de Giorgi e Massimiliano Cassa e portano con sé i loro cappelli. Come quando un reduce in carrozzella, giunto davanti alla tribuna d’onore, si solleva in piedi sulle stampelle e saluta militarmente le autorità. Riceve applausi a non finire. Non si contano le presenze “fuori ordinanza”, dai conducenti con i muli, agli addestratori con i cani da valanga, a uomini e RITROVARSI B GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 14 a donne stretti ad una bandiera di novantanove metri, vela gigante nell’aria della sera. Il messaggio della Sezione Sardegna:“CON NOI L’AQUILA VOLA”, rimane un forte presagio di speranza. Dopo quasi dodici ore di sfilata, con l’ammaina bandiera e il passaggio della tradizionale stecca, dal sindaco de L’Aquila a quello di Asti - prossima sede dell’adunata - il grande evento può considerarsi ufficialmente concluso. Gli alpini lasceranno L’Aquila con un rimpianto nel cuore, perché le emozioni hanno preso il sopravvento sulla dura “scorza” della loro anima. Al rientro, fuori dalla città, un grande striscione, con la scritta sullo sfondo della bandiera tricolore e del cappello alpino, ricorda: SEMPER UBI NECESSIT. (“Sempre, dov’è necessario”). Recitato in latino, il messaggio si tinge di aulico! Gli alpini di Genova riceveranno altresì un saluto particolare dal sindaco Massimo Cialente, intervistato alla fine della Messa del sabato: “Grazie agli alpini, abbiamo ripreso coraggio e fiducia in noi stessi. Viva la Sezione di Genova”. Grazie a Lei, Sindaco Cialente, per averci donato la sua amicizia! Enzo Valencich L’ALPINO DARIO CIMBERLE “MOTORIZZATO A PIE’” egnaliamo un episodio simpatico a margine dell’Adunata Nazionale. Dario Cimberle di Moncalieri (TO), iscritto al gruppo di Edolo, sezione Vallecamonica in quanto ha svolto lì il servizio militare nell’artiglieria alpina, da ormai 8 anni, partendo da Torino, raggiunge a piedi il luogo dell’adunata nazionale, chiedendo ospitalità ai gruppi alpini lungo il percorso. Quest’anno si è fermato presso due gruppi della nostra Sezione: Altavalpolcevera e Sestri Levante; in entrambe le occasioni è stato accolto con la consueta ospitalitò alpina. A Pontedecimo, dove ha sede il gruppo Altavalpocevera (foto 1, Dario è il primo a sinistra) è stato accolto con grande piacere dal Capogruppo e dal vice presidente sezionale Saverio Tripodi, oltre naturalmente dagli Alpini del Gruppo ha potuto rinfrescarsi, riposarsi, mangiare la cena insieme a loro ed infine trascorrere la notte nella sede. A Sestri Levante presso il Palazzo del Comune il Vicesindaco dott. Pietro Gianelli e il Consigliere Giorgio Crino, a nome dell’Amministrazione gli hanno donato una bella targa “personalizzata”, dopodiché rancio presso la sede alpina (foto 2), brindisi finale alla salute di tutte le “penne nere”, e al mattino zaino in spalla e di nuovo in marcia per L’Aquila. S 15 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 21 GIUGNO A CAPANNETTE DI PEJ QUELLA CHIESETTA A QUOTA 1500… orreva l’anno 1965, riporto alcuni dati ripresi da un vecchio n° di Genova Alpina, allorché fu formato il comitato per la costruzione in località Capannette di Pej a 1500 m di quota, punto di convergenza delle 4 province Al, Pc, Ge e Pv, di una nuova chiesetta sul luogo di una cappella vetusta e cadente. La nuova chiesa, dedicata ai Caduti alpini delle quattro province, fu inaugurata il 5 maggio 1968 durante un raduno alpino intersezionale, presenti autorità civili e militari nonché numerosi alpini accanto al parroco, già allora quello attuale, Don Enzo Manici che dell’iniziativa era stato l’anima. La consacrazione della chiesa fu effettuata dall’allora Vescovo della diocesi di Bobbio mons. Pietro Zuccarino, entusiasta fautore dell’opera. Il campanile fu costruito 20 anni dopo con la guida del presidente della sez. di Genova ing. Renzo Less, su progetto dell’ing. P. G. Zuccarelli, a sua volta consigliere sezionale genovese, con ovviamente il contributo entusiasta, economico e lavorativo, delle quattro sezioni interessate. La dedica della chiesetta è incisa su una lapide posta C GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 16 alla base del campanile: “Alpino, in questa chiesetta ti accoglie lo spirito degli alpini delle quattro province confinanti caduti per la patria. Ricorda il loro sacrificio, ti sia guida la loro fede”. Oltre che provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei manufatti, ogni anno, normalmente la terza domenica di giugno, a turno le sezioni in questione organizzano un incontro a memoria e preghiera per i Caduti e per rinsaldare la reciproca amicizia alpina. Il 21 giugno di quest’anno è di turno la sez. di Alessandria: ci si ritrova sul valico in località Capannette di Cosola, si scende alla chiesetta dove ci accoglie, puntuale ed operoso quel sacerdote, don Enzo Manici, che ho avuto la fortuna di conoscere quando si era giovani: ottimismo e gioia di vivere contagiosi i suoi, le partite di pallone con lui ottimo centravanti nonostante la non eccelsa statura, un “centravanti di rapina”, direbbero i cronisti di oggi. Don Enzo è impegnato da sempre sui vari fronti dell’altruismo: dedito a tenere accesa una fiaccola nella sua val Boreca che soffre, forse più di altre, i guai comuni a tutte le nostre montagne, ha saputo anche guardare lontano, fino al Brasile, con una iniziativa molto concreta tra i bambini orfani e/o abbandonati: un vero alpino potremmo dire rubando le parole alla signora Borrè, sindaco di questo territorio, che nelle sue brevi parole di saluto“alpino”lo ha definito per la sua dedizione e per il tener aperta ogni domenica, anche nel pieno dell’inverno di quota 1500, la nostra chiesetta. Le cerimonie in programma filano via rapide sotto il sole del solstizio che ora brucia ora gioca a nascondino con le nuvole: ritrovarsi, sfilata, Alzabandiera, omaggio ai Caduti, S. Messa ed è già ora di andare quando decido di avvicinarmi alla chiesetta per una ultima foto: è allora che scorgo una bambina accoccolata ai piedi del campanile che pare accarezzare la corona di lauro ed i fiori posti presso la lapide/dedica: una tenera immagine che mi è parsa simbolica del passaggio di consegne tra generazioni, con la più viva speranza che in futuro non si debba mai più aggiungere nomi sulle lapidi o tombe nei Sacrari. Carlo Fontana p.s.: Un neo che purtroppo ci ritroviamo puntuale ogni anno presso la chiesetta: il fitto chiacchericcio di troppi/e che disturba le cerimonie, la S. Messa in particolare ed i pur brevi discorsi finali (questa volta le parole del presidente della sez. di Alessandria sono state letteralmente soverchiate da tali gentili persone). Penso che i nostri Caduti, per loro siamo saliti fin qui, non meritano questa non educazione. 17 GENOVA ALPINA NUOVA 3/2014 LE OPERAZIONI SUL FRONTE DELL’ISONZO NEL 1915 LA PRIMA BATTAGLIA DELL’ISONZO (23 Giugno - 7 Luglio 1915) erminate nella prima metà di giugno le operazioni iniziali, con le quali non si erano peraltro raggiunti tutti gli obiettivi prefissati, si presentò al Comando Supremo l’esigenza di migliorare le nostre linee, specie sotto il profilo difensivo. Il Generale Cadorna, infatti, era ben consapevole del fatto che gli eventi sul fronte russo, ove gli Austro-ungarici, ma soltanto grazie al determinante concorso dell’alleato germanico, stavano incalzando le truppe dello Zar - riconquistando man mano il terreno perduto durante l’anno precedente - avrebbero potuto consentire, delineandosi ormai una pesante sconfitta dei Russi, il trasferimento di truppe sulla nostra fronte e l’avvio di una massiccia offensiva. Egli riteneva pertanto necessario costituire teste di ponte oltre Tolmino e a Gorizia ed avanzare sulle alture del Carso sino al Vallone (di Doberdò) per essere in possesso di una “ancor più forte linea difensiva”. Rimanere inoltre inattivi dopo lo sbalzo offensivo iniziale non sarebbe stato giustificabile di fronte agli Alleati, né di fronte a quella parte dell’opinione pubblica e della politica italiana che aveva caldeggiato l’intervento. L’azione doveva svilupparsi, in base all’Ordine di Operazioni n. 9 del Comando Supremo, con le seguenti modalità: un’azione sul medio Isonzo svolta dalla 2a Armata (ten. gen. Pietro Frugoni ) che prevedeva la conquista del Kuk q. 611 (monte Cucco di Plava) ed un attacco in direzione di Gorizia su tre direttrici, una frontale su Oslavia-Podgora e due alle ali, Monte Sabotino a nord e Savogna d’Isonzo a sud. un’azione sul Carso, ad opera della 3a Armata (ten. gen. Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), con obiettivo la linea Sagrado – Fogliano – Redipuglia a nord e Monte Sei Busi, Vermegliano, Monte Cosich a sud est Era inoltre previsto un attacco sull’alto Isonzo per la conquista di Tolmino, ma che fu effettuato e - come vedremo - senza successo, soltanto a partire dal 3 luglio. Si fronteggiavano sul campo le due predette armate italiane per complessivi 250.000 uomini ed un’armata austriaca, la 5a, al comando del generale Svetozar Boroevic con 115.000 uomini; la superiorità numerica italiana è evidente, ma del tutto plausibile, essendo il nostro esercito attaccante Le stesse proporzioni tra attaccanti e difensori si potevano infatti riscontrare anche su altri fronti, quale quello occidentale. Inoltre gli austroungarici erano trincerati in posizioni dominanti, difese da più ordini di reticolati e con una seconda linea muni- T GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 18 ta di solidi ricoveri posti a immediato ridosso della prima. L’azione su Plava, condotta dal II corpo d’armata - divisioni 32a e 33a - iniziò la mattina del 23 giugno e si arrestò davanti ai reticolati posti di fronte all’abitato di Globna, presso Plava; un secondo tentativo espletato il giorno successivo su tre direttrici d’attacco verso Globna, verso il Kuk 611 e verso quota 363, ebbe un parziale successo con l’occupazione dell’abitato di Globna, mentre le forze che attaccavano lungo le altre due direttrici non riuscirono a superare le munitissime difese avversarie. Ulteriori tentativi svolti nei giorni successivi non diedero risultato e l’azione fu definitivamente sospesa il 27 giugno L’azione sulla linea Sabotino-Oslavia-Podgora fu affidata al VI Corpo d’Armata, divisioni 4a, 11a, 12a, 22a, schierate tra il Sabotino e Monte Fortin, una modesta altura di 115 metri sulla riva destra dell’Isonzo e situata pochi chilometri a sud di Gorizia. L’azione consisteva in un attacco frontale alle posizioni tra Oslavia e Podgora al centro, impegnando nel contempo alle ali le posizioni del Sabotino a nord e quelle tra Gorizia e Savogna d’Isonzo a Sud. Conclusi i tiri di preparazione, iniziati nel pomeriggio del 23 e proseguiti, sia pur con alcune interruzioni, sino al primo pomeriggio del 24, la fanteria attaccò alle ore 17 dello stesso giorno. Ma anche qui le sistemazioni difensive avversarie, costituite da più ordini di reticolati, si rivelarono pressoché invalicabili ed i pochi nuclei che erano riusciti a penetrare nelle posizioni austriache furono annientati o costretti a ritirarsi. Anche i ripetuti tentativi effettuati il giorno successivo non ebbero successo. E così avvenne anche per i tentativi di conquistare le posizioni del Sabotino, i quali si esaurirono ben presto per la presenza di reticolati ancora pressoché intatti, nonostante qualche stretto varco aperto dai tiri dell’artiglieria; e si dovette desistere. Riordinati i reparti, l’azione riprese nei giorni tra il 5 ed il 7 luglio contro Podgora, ma anche qui le difese avversarie si rivelarono insormontabili a causa degli insufficienti mezzi impiegati per aprire i varchi nei reticolati. I tubi di gelatina, infatti aprivano varchi relativamente ristretti, attraversando i quali i necessariamente esigui gruppi di attaccanti restavano inesorabilmente falciati dal fuoco nemico. Due ulteriori fattori si rivelarono inoltre fatali per l’esito degli attacchi : l’esistenza, come già detto, di una seconda linea ove le truppe austro – ungariche potevano ricoverarsi durante i nostri tiri di preparazione, per poi intervenire rapidamente a fronteggiare l’assalto della nostra fanteria, e l’abile mascheramento delle batterie avversarie, che ne rendeva pressoché impossibile l’individuazione, consentendo loro di svol- gere indisturbate i loro tiri d’interdizione contro gli attaccanti. Le azioni sul Carso, affidate alla 3a Armata, si svilupparono, come già accennato, su due direttrici: all’alba del 23 giugno i corpi d’armata X e XI ( rispettivamente con le sole divisioni 19a e 21a) si avviarono ad attraversare l’Isonzo nei rispettivi settori d’attacco, la 21a più a nord di fronte al San Michele e a San Martino del Carso e la 19a verso Sagrado – Polazzo - Fogliano - Redipuglia, attraverso il Canale Dottori che gli austriaci avevano fatto parzialmente tracimare per ostacolare il movimento delle nostre truppe. E mentre la 19a veniva arrestata di fronte a Fogliano dall’intenso fuoco di artiglieria proveniente da San Martino del Carso, la 21a 19 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 più a nord incontrava difficoltà nel passaggio oltre l’Isonzo, sia per la reazione austriaca, sia per la distruzione del ponte di Sagrado ad opera dell’artiglieria avversaria nella notte tra il 23 ed il 24 giugno. Nel frattempo i reparti della 19a erano finalmente riusciti a schierarsi sulla linea Polazzo – Redipuglia. Il 25 giugno la brigata Bologna (19a divisione) attaccò ed occupò il paese di Castelnuovo, mentre l’artiglieria dell’XI Corpo iniziò a battere le posizioni austriache. Il giorno successivo un’ulteriore avanzata verso San Martino del Carso ed il San Michele dovette arrestarsi di fronte alle solide difese passive dell’avversario. Anche ulteriori tentativi effettuati nei giorni 27 e 30 giugno non sortirono risultati: solo il 4 luglio si riuscì a stabilizzare la linea di fronte al San Michele, mentre intorno a Castelnuovo la brigata Siena, ridotta alla metà dell’organico, dovette resistere a insistenti contrattacchi nemici e riuscì a consolidare la propria posizione, ricevuti i rinforzi, la sera del 5 luglio. Il 6 luglio si ritentò l’azione nel settore San Martino – San Michele, ma dopo limitati progressi ottenuti al prezzo di reiterati attacchi e contrattacchi, si decise di sospendere l’azione, una volta consolidata la linea, il 7 luglio. Nel settore di attacco del VII corpo d’Armata il 23 giugno la 14° divisione avanzò verso Vermegliano (presso l’odierna Ronchi dei Legionari) e verso Selz, ma mentre il movimento verso la prima località venne bloccato dalla tracimazione del canale Dottori, la seconda fu occupata dopo breve combattimento. Si tentò quindi, sen- GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 20 za successo l’attacco a Monte Cosich. Nei giorni successivi, prosciugatasi la zona attorno a Vermegliano, si poté procedere all’occupazione di parte della località. Combattimenti si svolsero nei giorni seguenti a Selz, che venne persa e ripresa il 29 giugno. Ulteriori tentativi di attacco al monte Cosich non ebbero successo. Soltanto il 4 luglio fu messo in atto un tentativo contro il monte Sei Busi impiegando la Brigata Cagliari, tentativo che, pur non conducendo all’occupazione della cima, portò le nostre fanterie a diretto contatto con la linea avversaria. Il 4 luglio il comando del VII corpo d’Armata ordinava la sospensione delle operazioni. Nell’alto Isonzo si svolsero azioni dirette all’occupazione di Tolmino. Esse iniziarono, come già accennato soltanto il 3 luglio e non condussero ad apprezzabili risultati: fallirono i tentativi di occupare sia le cime dello Sleme e del Mzrli (dove si distinse la Brigata Salerno, in tempo di pace già di stanza nella nostra città) sia di conquistare la piccola località di Santa Maria presso Tolmino. Le azioni furono definitivamente sospese su tutto il fronte isontino il 6 luglio, anche a causa dell’ insufficienza delle munizioni per l’artiglieria. Le perdite italiane ammontarono a 1.916 morti, 11.495 feriti e 1.536 dispersi (qui intendendosi prevalentemente caduti non identificati e prigionieri) ; gli austroungarici lamentarono perdite per circa 9.000 uomini tra morti e feriti, oltre a 1.400 prigionieri, perdite in misura percentuale sensibilmente maggiori delle nostre, se rapportate all’entità delle forze impiegate (9% contro il 5,9% delle nostre) LA SECONDA BATTAGLIA DELL’ISONZO (18 Luglio - 3 Agosto 1915) Il 7 luglio si era tenuta a Chantilly la prima conferenza interalleata, nella quale era stato richiesto all’Italia, così come agli altri alleati, di intraprendere al più presto una nuova offensiva. Il Comando Supremo, non appena furono affluite sulla fronte carsica ulteriori batterie di artiglieria, diede avvio alle operazioni. Obiettivo finale restava sempre la conquista di Gorizia, ma lo sforzo principale si sarebbe ora sviluppato sulla linea San Martino - San Michele - Sei Busi, invece che tra il Sabotino e il San Michele medesimo. Lo schieramento era sostanzialmente identico a quello della prima battaglia. Le operazioni si svilupparono nel complesso in due fasi: nella prima tra il 18 ed il 23 luglio l’ala sinistra della 3a Armata (XI Corpo) si impadronì di quota 170 sulle pendici del S. Michele ed occupò parte di Bosco Cappuccio e Bosco Lancia, siti a sud ovest del San Michele stesso. Frattanto, il 20 luglio, veniva conquistata la cima del San Michele (q. 277), dalla quale le nostre truppe, fortemente provate, dovettero ritirarsi in seguito ad un contrattacco austriaco scatenato il giorno successivo con truppe fresche. Si riuscì a mantenere, nonostante la pressione del nemico, la quota 170, quale base di partenza per un nuovo assalto. Nel frattempo a nord nel settore della II Armata venivano effettuati attacchi nella zona di Oslavia, a Globna, presso Plava, e sull’alto Isonzo e nel settore del IV Corpo d’Armata era stata occupata il 21 luglio con un’azione dei btg. Alpini Intra, Val Toce e Val Orco la cima del Monte Rosso a quota 2.163 a sud est del Monte Nero. Sull’ala destra della 3a Armata si procedette all’attacco del Monte Sei Busi con il concorso del X Corpo (19a divisione) e del VII Corpo (14a divisione), riuscendo ad avvicinarsi alle posizioni avversarie poste sulla cima a q. 118. Le operazioni vennero sospese il 22 luglio per il riordino dei reparti, fortemente provati, e per consentire l’afflusso di nuove truppe e ripresero il giorno successivo. In questa seconda fase gli obiettivi nel settore della 3a Armata erano costituiti dal completamento dell’occupazione di Bosco Cappuccio e dalla conquista del San Michele da parte del XI Corpo nonché del Sei Busi da parte del VII Corpo. Dopo alcuni giorni di accaniti combattimenti, il 26 luglio venne ripresa la cima del San Michele, si avanzò nella zona Bosco Cappuccio, Bosco Lancia, Bosco Triangolare e venne raggiunto l’abitato di San Martino del Carso, mentre la cima del Sei Busi a quota 118 era ormai accerchiata e prossima a cadere. Tuttavia il San Michele non poté essere tenuto a lungo per una serie di sfavorevoli circostanze: il ferimento di numerosi comandanti di reggimento, frettolosamente sostituiti con ufficiali di grado meno elevato e meno esperti, determinò carenze nell’azione di comando ed i micidiali tiri dell’artiglieria avversaria, ben posizionata e sempre di difficile individuazione, costrinsero i nostri già provati reparti ad abbandonare per la seconda volta la cima conquistata a prezzo di immensi sacrifici; si pensi che le azioni sul San Michele erano costate sino a quel momento 304 morti, 1695 feriti e 959 dispersi. Anche l’abitato di San Martino del Carso dovette essere abbandonato di fronte ad un fulmineo contrattacco nemico. Il 28 luglio, le truppe austro -ungariche che presidiavano q. 118 del Monte Sei Busi furono costrette a ritirarsi, anche se l’occupazione di questo importante caposaldo, che apriva la via alla conca di Doberdò, fu ostacolata dai continui tiri dell’artiglieria nemica. La cima restava così, anche per questo motivo, zona “neutra”. Al centro nel settore del X Corpo d’Armata, si avanzò comunque sino al margine della Conca di Doberdò. Nel Settore della 2a Armata si svolsero azioni prevalentemente dimostrative (1), che tennero impegnate le truppe avversarie colà dislocate. Le operazioni andarono scemando a partire dalla fine di luglio e cessarono del tutto, per ordine del Comando Supremo, il 3 agosto. Le perdite subite da entrambe le parti furono sensibilmente più elevate: 6.287 morti, 36.969 feriti e 4.357 dispersi da parte italiana, 7.702 morti, 26.645 feriti e 12.291 dispersi da parte austriaca, avuto peraltro presente il fatto che la durata delle operazioni fu pressoché uguale a quella della prima offensiva. LA TERZA BATTAGLIA (18 Ottobre - 4 Novembre 1915) Nei due mesi e mezzo successivi alle offensive d’estate il Comando Supremo dovette provvedere alla ricostituzione e al riordino dei reparti duramente provati, al rinforzo delle artiglierie, traendo batterie anche dalle altre armate operanti su fronti diversi, ed alla ricostituzione delle scorte di munizioni. Non si poteva tuttavia differire ulteriormente l’inizio delle operazioni, sia per l’avvicinarsi della stagione invernale, sia per la situazione generale sugli altri fronti: Francesi e Inglesi avevano infatti avviato a fine settembre le offensive in Champagne e nell’Artois mentre ai primi di ottobre era iniziata quella austro - tedesca contro la Serbia. Il nostro esercito schierava 25 divisioni su 337 battaglioni e ben 1.363 bocche da fuoco, gli Austro-Ungarici 12 divisioni su 179 battaglioni e 785 bocche da fuoco, proporzione anche stavolta non dissimile (anzi forse più favorevole all’avversario, considerata anche la natura del terreno) da quelle riscontrabili sul fronte occidentale. L’obiettivo era sempre Gorizia attraverso un attacco alle ali su Plava a nord e sul Carso a sud ed un attacco frontale al centro tra il Sabotino e Rubbia. A grandi linee lo schieramento era costituito dalla 2a armata tra Tolmino e Podgora con (da nord) i corpi d’armata IV, VIII, II e VI e dalla 3° armata da Podgora al mare con i corpi d’armata XIV, X e VII. L’offensiva si svolse in due fasi dal 18.10 al 27.10 e dal 28.10.al 4.11 Dopo un’intensa preparazione di artiglieria, effettuata dal 18. al 21.10 la 2a armata attaccò con il II corpo a Plava verso il villaggio di Zagora ed Kuk 611, mentre la 3a rivolse le sue forze su tutta la sua fronte tra il San Michele ed il monte Cosich; nel contempo l’ala destra della 2a arma- 21 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 ta impegnava le forze avversarie tra il Sabotino e Podgora. Il II Corpo conseguì qualche vantaggio verso gli abitati di Globna e Zagora, mentre la sua ala destra con la 4a divisione si insediò a prezzo di gravi perdite sulla quota 513 del Sabotino ad un centinaio di metri dalla vetta, così come il VI corpo avanzò verso il M. Calvario presso Podgora. Sul fronte della 3a armata il XIV corpo occupò Peteano, prese e riperdette il San Michele, mentre qualche lieve progresso fu registrato anche al centro (X corpo) e alla destra (VII corpo). Nella seconda fase gli sforzi si concentrarono verso il centro dello schieramento, sulla linea Sabotino, Osalvia, Podgora : gli attacchi alle ali (Plava a nord e Carso a sud) ebbero una funzione sussidiaria. Ulteriori attacchi al Sabotino non ebbero successo e ogni azione venne qui sospesa. Il VI corpo prese e riperdette Osalvia, il XIV raggiunse nuovamente la cima del San Michele ma non riuscì a mantenervisi. Azioni si svolsero anche nella zona di Tolmino ad opera dell’ala destra della 2a armata ma con risultati trascurabili. Constatata la necessità di una sosta per il riordino dei reparti, le operazioni vennero sospese la sera del 4.11.1915. Le perdite furono ingenti da entrambe le parti: 67.000 uomini tra morti, feriti e dispersi da parte italiana (pari al 28% delle forze impiegate) e 39.000 uomini da parte austro-ungarica, (pari al 41%) LA QUARTA BATTAGLIA (10 Novembre - 2.Dicembre 1915) Essa è in realtà ravvisata nella letteratura militare quale diretta continuazione della terza e considerata dunque unitariamente, dato anche il breve intervallo di tempo intercorso tra la fine della terza offensiva e la ripresa delle operazioni.. Il concetto operativo non differiva sostanzialmente da quello delle precedenti offensive per quanto riguarda gli obiettivi; lo sforzo si ripartiva alle ali con azioni dimostrative sul Sabotino a nord e nella zona di Monfalcone a sud e con un’azione risolutiva al centro verso la linea Oslavia, Podgora, San Michele, San Martino, Sei Busi. Anche in questo contesto si possono distinguere due fasi: la prima tra il 10 ed il 14 novembre e la seconda tra il 18 novembre ed il 2 dicembre. Tra il 10 ed il 14.11. fu ripresa e riperduta Oslavia ed al centro vennero conquistate e mantenute, dopo aver respinto numerosi contrattacchi, due importanti posizioni avversarie, divenute famose e denominate “Trincea dei Razzi” e (2) “Trincea delle Frasche” . Per questa azione la bandiera della Brigata Sassari, così come il suo comandante magg. gen. Berardi, deceduto in seguito alle ferite riportate, vennero insigniti di medaglia d’oro. L’azione venne ripresa il 18.11. con i medesimi obiettivi; nel contempo iniziò il bombardamento di Gorizia, ove era stata riscontrata la presenza di riserve nemiche acquartierate all’interno della città nonché di magazzini e depositi. Dopo giorni di accaniti combattimenti venne occupata e GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 22 questa volta mantenuta la zona di Oslavia e la cima del Calvario sul Podgora. Anche un tratto della dorsale del San Michele fu occupata e mantenuta. Nel contempo anche nella zona di Tolmino, ancorché non interessata dallo sforzo offensivo principale, venne conseguito un significativo risultato con l’occupazione di quota 1.360 del Mrzli, alla quale concorsero anche numerosi reparti alpini. Le operazioni furono sospese, complice anche l’incombere della stagione invernale, il 2 dicembre 1915. Nel complesso l’offensiva si risolse in una serie di spinte che andarono ad intaccare in diversi punti le formidabili linee difensive avversarie, senza tuttavia riuscire a spezzarle. La forzata sosta nei mesi di agosto e settembre, indispensabile per ricostituire e riordinare i reparti, radunare una più consistente massa di artiglierie e predisporre per esse un adeguato munizionamento, consentì agli austro – ungarici di ricostruire e rafforzare le loro già munitissime linee difensive e di perfezionare l’osservazione e l’esecuzione del tiro di artiglieria che si abbatteva inesorabile sulle nostre fanterie, allorché esse raggiungevano le difese passive avversarie. Tutta la fronte giulia era stata trasformata dall’esercito imperiale in una poderosa fortezza. Né i mezzi distruttivi a nostra disposizione si rivelarono sufficienti a scardinare le difese nemiche, per una serie di fattori essenzialmente riconducibili alla limitata efficienza dell’artiglieria, spesso costituita da pezzi antiquati, e a deficienze organizzative nello schieramento delle batterie pesanti campali, che agivano ai limiti della gittata, e nell’osservazione e controllo del tiro. Inoltre, come era avvenuto nelle prime due offensive, l’artiglieria austro - ungarica era stata sapientemente occultata e sovente sfuggiva all’individuazione da parte dei nostri osservatori. Ad aggravare la situazione ed, in particolare, la condizione dei combattenti si aggiunse l’inclemenza della stagione con piogge, che avevano spesso ridotto sia le nostre trincee, sia le direttrici di accesso alle posizioni avversarie a torrenti di fango - rendendo così penosa la permanenza in linea e l’avanzata - e con temperature precocemente rigide. Anche in questa offensiva le perdite furono notevoli : 49.000 italiani tra morti, feriti e dispersi e 30.000 austro-ungarici di cui 12.500 prigionieri. Pier Giorgio Ponzio (1) Per azione dimostrativa si intende un’operazione militare con cui si attira il nemico in una zona diversa da quella in cui si intende realmente attaccarlo (2) La natura uniforme del terreno e l’assenza di particolarità topografiche da un lato e la necessità di individuare in modo univoco elementi della difesa avversaria dall’altro avevano imposto una particolare toponomastica che faceva riferimento a caratteristiche evidenti della sistemazione difensiva del nemico. Oltre alle trincee dei Razzii e delle Frasche, si potevano annoverare ad esempio le trincee dei Morti, dei Sassi Rossi, la trincea a Ipsilon, la trincea delle Celle, il Groviglio. FONTI Emilio Faldella, La grande Guerra, vol. 1, Milano 1965 Ministero della Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Storico L’Esercito Italiano nella Grande Guerra, volume II, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1929 Sito Internet : www. esercito.difesa.it 24 MAGGIO 1915: L’ITALIA ENTRA IN GUERRA Le prime operazioni e direttive del generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore del R. Esercito, prevedevano allo scoppio del conflitto “una improvvisa irruzione”oltre frontiera, per occupare posizioni più favorevoli alla difesa e da impiegare, successivamente, quali “sbocchi offensivi”, ma allo stesso tempo, prescrivevano prudenza nell’avanzare in territorio nemico. Uno studio accurato delle forze contrapposte e effettivamente disponibili lungo tutta la lunghezza “della fronte”, come si diceva allora, dal Passo dello Stelvio al Mare Adriatico, trovava in prima linea 195 battaglioni italiani, 45 in seconda linea e 59 di riserva. I battaglioni nemici erano 127 in prima linea, 35 in seconda linea e 49 di riserva. I battaglioni di riserva di entrambi gli eserciti furono disponibili per le operazioni a partire dal 1°/6/1915. La notevole superiorità numerica italiana era però gravemente ridotta, nella sua efficacia, dal maggiore addestramento delle truppe austro-ungariche e dalla loro esperienza bellica a seguito dei combattimenti sostenuti contro i serbi e contro i russi sin dal 1914. Inoltre le posizioni tenute dal nemico erano più forti per conformazione naturale e ulteriormente rafforzate dai lavori difensivi, in particolare dalla posa in opera di numerosi reticolati. A questa situazione si sommò un comportamento estremamente prudente dei vari alti comandi italiani, che non seppero opportunamente sfruttare la debolezza nemica dei primissimi giorni di ostilità, che, al 1°/6/1915 era già notevolmente, anche se parzialmente, superata. La 1^ Armata, schierata dal Passo dello Stelvio (SO) al Passo Cereda (TN), al comando del tenente generale Roberto Brusati, occupò facilmente il Monte Altissimo e il Pasubio, che sorge tra le province di Trento e Vicenza. Fu conquistato poi anche il Monte Baldo, che si trova tra le province di Verona e Trento. Nonostante ciò le nostre truppe avanzarono molto lentamente nella Valle dell’Adige e soltanto il 27/5/1915 occupavano Ala (TN), dopo breve combattimento. L’avanzata continuò, sempre con grande lentezza, e solo il 5/6/1915 le difese austriache di Rovereto (TN), furono a tiro delle artiglierie italiane. Soltanto nel mese di giugno fu ampliata l’occupazione del Pasubio, conquistato da una compagnia alpina, già il 24/5/2015, sino al Col Santo e oltre. Lenta fu anche l’avanzata a ovest del Garda. Sugli Altipiani le artiglierie aprirono il fuoco con- L tro le fortificazioni austriache, mentre il primo scontro tra fanterie ci fu il 30/5/2015, quando un attacco austriaco fu respinto. Anche in Valsugana (TN) e tra questa e la Val Cismon (BL) la penetrazione italiana fu lenta e ci vollero due settimane perchè gli italiani raggiungessero le conche di Ospedaletti, Canal S. Bovo e Fiera di Primiero, località in provincia di Trento, benchè non incontrassero resistenza. Sul fronte della 1^ Armata, quindi, furono occupate, ma non tutte, le posizioni che il nemico aveva rinunciato a difendere, impiegando tempo e forze superiori al necessario. Le previste, gravi difficoltà paventate non ci furono. Ancora più lentamente si mosse la 4^ Armata, il comandante della quale, tenente generale Luigi Nava, aveva ordinato ai comandi dipendenti di operare con grande prudenza. Questa Armata era schierata da Passo Cereda (TN) al Monte Peralba (BL). Il IX Corpo d’Armata, al comando del tenente generale Pietro Marini, occupò i passi di S. Pellegrino e di Valles con grande facilità come con facilità avrebbero potuto essere raggiunti altri passi, monti e posizioni. Solo a seguito di incitamenti di Cadorna, il 27/5/2015, la 4^ Armata si decise a muovere e attaccò Monte Piana (BL), che nel frattempo era stato occupato dagli austriaci. L’attacco fu respinto con gravi perdite. La conca di Cortina (BL) fu occupata, invece, senza contrasto dal I Corpo d’Armata del generale Ottavio Ragni, mentre il IX Corpo d’Armata raggiungeva Monte Porè, Monte Padon e il Passo di Fedaia, che mette in comunicazione la Val di Fassa con l’ Agordino. Tali movimenti erano stati sconsigliati dal comandante dell’ Armata. Nel Trentino, il 28/5/1915, giungeva l’Alpenkorps tedesco, a supportare gli austriaci, nonostante tra Germania e Italia non vi fosse ancora lo stato di guerra. Dal 1°/6/1915 fu istituito il Comando Zona Carnia, schierato da Monte Peralba (BL) al Monte Canin (UD), al comando del generale Clemente Lequio. Tali truppe avevano il compito di occupare la cresta delle Alpi Carniche e attaccare i forti di Malborghetto (UD) e del Passo del Predil, valico alpino delle Alpi Giulie. Anche gli austriaci ritenevano assai importante conservare la cresta delle Alpi Carniche e per questo furono molto attivi in questo settore, sin dal primo giorno delle ostilità. L’ ordine di operazioni n° 1 del Comando Supremo prevedeva che l’azione delle nostre forze in questa zona fosse tesa “...battendo col fuoco 23 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 la strada del Predil e pronunciando una minaccia offensiva...” a concorrere all’azione della 2^ Armata. Molti obiettivi alla frontiera furono raggiunti ma non si occupò il Monte Rombon, adesso in Slovenia, che non era ancora difeso e che fu poi attaccato nell’agosto seguente, con scarsi risultati. Ricordiamo che tale monte aveva enorme importanza per eventuali operazioni verso il Predil e la Conca di Plezzo. Sul fronte isontino erano schierate la 2^ Armata, da Monte Canin a Manzano (UD) e la 3^ Armata, da Manzano all’ Adriatico. Il tenente generale Pietro Paolo Frugoni, comandante della 2^, fu l’unico comandante d’armata a prescrivere che il movimento oltre frontiera dovesse essere condotto con “..energica e improvvisa irruzione e dovrà essere perseguito con grande impeto, sì da travolgere ogni resistenza.” Ma gli ordini dati ai comandi di corpo d’armata IV e II non assumevano tale decisa impostazione e furono attuati con molta prudenza. I battaglioni del Gruppo Alpini “B”, composto da sei battaglioni di alpini e da due batterie da montagna, varcò il confine allo scoccare del 24/5/1915 e, marciando rapidamente, raggiunse e superò la stretta di Saga, occupando poi diversi paesi, località e monti, ma fu poi fermato quando sarebbe stato possibile GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 24 avanzare ulteriormente e occupare, tra l’altro, anche la dorsale del Monte Nero, che insieme ad altre posizioni era raggiungibile, a partire dal confine, con una giornata di marcia. Il 28/5/1915 il battaglione “Susa” e un battaglione di fanteria della brigata “Modena”, attaccarono il Monte Nero e il Monte Mrzli, le cui difese erano state rafforzate e che respinsero l’attacco. Altro attacco di tutta la “Modena”, nei giorni 29 e 30/5/1915, fallì con gravi perdite. Anche la Divisione Bersaglieri avanzò di pochi chilometri, senza trovare resistenza, occupando la Valle del Natisone, Caporetto, la Conca di Bergogna, Luico, Drezenca, Idersko, ma non fu autorizzata l’occupazione del Mrzli, ormai vicinissimo. Il 2 giugno il 12° Bersaglieri, reparti dell’ 89° Fanteria e il battaglione “Pinerolo” attaccarono questo monte, ma, anch’essi, come i fanti e gli alpini nei giorni precedenti, furono respinti dalla violenta reazione nemica. La difesa della dorsale Sleme-Mrzli, a partire dalla fine di maggio, era stata rafforzata dall’entrata in linea della 3^ Brigata da montagna austriaca. Reparti di bersaglieri raggiunsero il Monte Vrata, a nord del Monte Nero, ma furono richiamati indietro. Il 31/5/1915, per rioccuparlo, fu necessario l’interven- to del battaglione “Susa”, che ebbe 2 morti e 19 feriti. Il 25 e 26 maggio reparti della brigata di fanteria “Livorno” raggiungevano il Monte Sabotino, ma furono respinti. La prudenza con la quale si mosse lo schieramento italiano aveva fatto sì che, raggiunto l’Isonzo, le nostre divisioni dovettero fermarsi per la mancanza di materiale da ponte. Il 28 maggio compagnie di zappatori del Genio provvedevano a procurarselo tagliando legname nei boschi. Nella notte dall’ 8 al 9 giugno, quando ormai il nemico si era rafforzato, i pontieri gettarono un ponte a Plava, che le artiglierie nemiche distrussero. La notte successiva un reparto di volontari passò il fiume su piccole imbarcazioni e, nelle notti a seguire, con lo stesso sistema, attraversò l’Isonzo tutta la brigata di fanteria “Ravenna”. Si accese una durissima lotta per la conquista di quota 383, con numerosi attacchi e contrattacchi nella piccola testa di ponte, ai quali parteciparono oltre alla “Ravenna” le brigate di fanteria “Forlì” e “La Spezia”. Nel settore della 3^ Armata, comandata dal tenente generale Vincenzo Garioni, il VI Corpo d’Armata, che contava 25 battaglioni e 24 batterie, avanzò di pochi chilometri e occupò Cormons, Medea, Versa. Identica lentezza registrò l’avanzata della 1^ Divisione di Cavalleria e del “Distaccamento di S.Giorgio di Nogaro” che pure si basavano su, rispettivamente, 20 e 10 squadroni di cavalleria, oltre a fanteria e artiglieria. Il “Distaccamento di San Giorgio di Nogaro” occupò Aquileia solo il 25 maggio. Giunsero poi in linea l’ XI Corpo d’Armata, che il 5/6/1915 raggiunse Gradisca e Monte Fortin, occupandoli, e il VII, che forzava l’Isonzo, attestandosi sull’altra riva con una testa di ponte. Furono poi attaccate dal VI Corpo d’armata le alture del Grafenberg e del Podgora, mentre il VII attaccò il ciglione del Carso. Ma gli attacchi fallirono. Ovunque gli austriaci si erano notevolmente rafforzati. Il 15/6/1915 si ebbe, nel settore della 2^ Armata, il successo più significativo di queste operazioni iniziali: la conquista del Monte Nero. Preceduta da due ardite azioni, compiute dagli alpini del “Susa” il 2 e il 5 giugno, che ci assicurarono il possesso di due importanti posizioni sul Monte Vrata, la conquista del Monte Nero avvenne nella notte tra il 15 e 16 giugno, coordinando l’attacco da due lati. Dal Vrata attaccò la 35^ Compagnia del battaglione “Susa”, che irrompeva nel trincerone austriaco di quota 2138 e dopo duro combattimento costringeva alla resa tutto il presidio nemico, composto da 12 ufficiali e da circa 200 militari ungheresi. Subito dopo espugnava q. 2133. Contemporaneamente l’ 84^ Compagnia del battaglione “Exilles” attaccava da Monte Kozliac, puntando verso la vetta del Monte Nero (m. 2245). Superati i posti di vedetta e di guardia giungeva sul grosso del presidio, costringendolo alla resa. La conquista del Monte Nero ebbe vasta risonanza anche tra il nemico per l’abilità, l’audacia, la preparazione alla guerra in montagna che gli alpini avevano dimostrato. Vogliamo ricordare che in queste giornate furono presenti e attivi anche i battaglioni liguri. Il 25 maggio il “Pieve di Teco”, con l’appoggio del “Vall’ Arroscia” conquistò Sella Prevala. Il 27 maggio la 3^ Compagnia del “Pieve” e la 203^ del “Vall’Arroscia” conquistarono la Sella del Rombon. Nonostante queste buone prove, i risultati delle prime operazioni furono molto deludenti, visto anche i nove mesi che avevamo avuto a disposizione per prepararci. La responsabilità fu dei militari ma anche dei politici, che, con varie azioni diplomatiche, allarmarono il Comando Supremo austriaco prima dell’entrata in guerra, sprecando l’elemento sorpresa. Ci fu anche un ritardo nella mobilitazione, sicché alla frontiera, all’apertura delle ostilità vi era soltanto una parte dell’Esercito, con i servizi ancora largamente incompleti e con scarsità di artiglieria pesante, soprattutto in certi settori. L’eccessiva prudenza dei comandanti d’Armata e di Corpo d’armata, se non di tutti, di molti, fece sì che i guadagni territoriali fossero assai scarsi. Vogliamo però ricordare, a titolo di consolazione, che secondo autorevoli fonti, il nemico avrebbe sperato in una profonda penetrazione italiana nelle Alpi Giulie, per poi attaccare l’Esercito italiano, non più appoggiato, con la destra dello schieramento, al mare, con un fronte molto esteso e con difficili problemi logistici, essendosi notevolmente allontanato dalla frontiera. Francesco Tuo FONTI: Faldella Emilio, “La Grande Guerra”, vol. I, ed. 1978; Faldella Emilio, “Storia delle Truppe alpine”, ed. 1972; Pisanò Giorgio, “Penna nera”, vol. I, vol. I, ed. 1967; C.T.I., “Sui campi di battaglia- Il Cadore, la Carnia, l’alto Isonzo”, 4^ edizione 1939. 25 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 PERSONAGGI E FATTI “MINORI” DELLA GRANDE GUERRA aggettivo “minori” inserito nel titolo ha un tono volutamente provocatorio, perché in realtà l’argomento di questo articolo tratta alcuni personaggi e fatti molto importanti relativi al primo anno di guerra alpina, che però corrono il rischio di essere poco considerati, se non addirittura ignorati. Difatti, da quando sono iniziate le numerose cerimonie commemorative del centenario un po’ in tutta Italia e spesso a cura di nostre Sezioni e Gruppi, non mi risulta (e mi auguro sinceramente di sbagliarmi) siano state previste iniziative significative dedicate ai due argomenti che esporrò. Della figura di Luigi Pettinati (1864-1915) mi sono già occupato diffusamente con un articolo pubblicato dal nostro giornale qualche anno fa, al quale faccio rimando. Per cui farò qui soltanto un riassunto. In quei convulsi e purtroppo inconcludenti primi quaranta giorni di guerra che vanno dal 24 maggio ai primi di luglio del ’15, nei quali l’esercito italiano non aveva praticamente avversari di fronte, salvo pochi riservisti male armati a difesa di linee e fortificazioni peraltro già predisposte per tempo dagli austriaci, l’Italia si giocò (e perse) la possibilità di conquistare sul confine importantissime posizioni, se non addirittura di entrare decisamente in territorio nemico e vincere la guerra in pochissimi giorni. L’Austria era impegnatissima ed in gravissime difficoltà sul fronte orientale, con perdite impressionanti di uomini e mezzi: il suo esercito, dimostratosi arretrato e male armato, era stato falcidiato in quei primi nove mesi di guerra ed in più di un’occasione venne salvato dall’alleato germanico. Tra le numerose perdite, moltissimi italiani sudditi trentini e giuliani. Da parte nostra dunque, fu buttata al vento l’occasione di raggiungere Trento e Trieste senza quasi colpo ferire, soprattutto a causa dell’immobilismo dei generali italiani comandanti dei vari settori di guerra, nonostante le continue sollecitazioni del comando supremo (Cadorna). Emerse impietosamente la loro incapacità a manovrare ed affrontare un nuovo tipo di guerra: non a caso qualcuno li definì “generali da operetta”. A questa grottesca situazione fanno eccezione però i reparti alpini, ed in particolare il IV Corpo d’Armata comandato dal generale Mario Nicolis di Robilant, che già ai primi giorni di guerra stava convergendo con i suoi vari reparti (Gruppi Alpini A e B) nell’alto Isonzo ed in particolare nella conca di Caporetto. L’ordine impartito dagli alti comandi era quello di avanzare per garantire sbocchi offensivi ad est dell’Isonzo, che in pratica significava conquistare la dorsale Vrsic – Vrata – Monte Nero e quindi i monti Maznik – Rudecirob – Sleme – Mrzli, per far cadere l’importante settore di Tolmino. Lasciando il dettaglio delle operazioni all’esauriente Storia delle Truppe Alpine di Emilio Faldella (vol. I – pagine 204 e successive), mi li- L’ GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 26 mito a dire che dal 26 maggio venne costituito il comando dei due gruppi alpini A e B, affidato al generale Donato Etna; e che in quei concitati momenti iniziali alcuni ordini, per la verità piuttosto sibillini, furono fraintesi, per cui sfumarono clamorosamente le possibilità di conquistare quelle cime, allora pressoché deserte, senza colpo subire. Alla resa dei conti, la dorsale dal Maznik al Mrzli non sarà mai conquistata; in particolare l’ancora oggi poco conosciuto ed irrilevante dal punto di vista alpinistico Monte Mrzli sarà teatro di terribili combattimenti fino all’ottobre ’17, dei quali parlerà con espressioni attonite anche la famosa corrispondente di guerra austriaca Alice Schalek nel suo celebre reportage dal titolo Isonzofront. Dal 28 maggio il comando del Gruppo Alpini B fu assunto dal ten. col. Luigi Pettinati, fino allora comandante del btg Pinerolo. Da questo momento comincia la sua elaborazione della conquista del Monte Nero, partendo da quella preliminare dei monti Vrsic e Vrata e Potoce che ad esso sono appoggiati: suo dunque il progetto (contrariamente a quanto affermato sull’ultimo numero dell’Alpino a pag. 8, in cui si legge che l’idea fu del generale Etna) di una serie di attacchi veloci, notturni e naturalmente di sorpresa, I reparti alle sue dirette dipendenze erano i btg alpini Ivrea, Val Cenischia, Pinerolo, Val Dora, Val Pellice, Exilles e Susa, che effettivamente con azioni ardite ed impensabili, dal Pettinati studiate e dirette, sorpresero il nemico, conquistando tra fine maggio ed i primi giorni di giugno l’impervia zona Potoce, Vrsic e Vrata, tanto da mettere in serissimo pericolo tutto il settore difensivo nemico e da porre le basi per la successiva conquista del Monte Nero. A detta di molti esperti di arte militare, queste furono le prime e probabilmente tra le poche azioni, su tutti i fronti della Grande Guerra, studiate e realizzate con quell’acume tattico che risultò purtroppo totalmente carente nella predisposizione di tutti i successivi massicci, sanguinosi ed inconcludenti scontri frontali che caratterizzarono i combattimenti di quel conflitto. Da comandante energico e coscienzioso, dotato di grande umanità per i suoi uomini, andava sempre di persona ad ispezionare le prime linee dei settori a lui affidati ed a riconoscere il terreno prima di intraprendere qualsiasi nuova azione (caratteristica comune al generale Cantore). Il giorno 9 giugno, mentre visionato il fronte del settore di Monte Vrata si apprestava a scendere nella zona di Planina (in lingua slovena pascolo, alpeggio, malga) Za Kraju, venne colpito da un cecchino appostato in trincee sovrastanti, alle pendici nord del Nero ancora in mani nemiche. Il colpo, che attraversò il suo corpo ed andò poi a ferire al piede un ufficiale che era con lui, risultò così devastante che a nulla valsero le cure prestategli per ben dieci giorni nel- l’ospedale di Caporetto; morì difatti il 19 giugno compianto da tutti i suoi alpini, che seguendo le sue istruzioni avevano nel frattempo espugnato il Monte Nero, con irrilevanti perdite. Questa la motivazione della medaglia d’oro alla memoria immediatamente conferita a Luigi Pettinati, insieme con la promozione a colonnello: “Con molta energia, singolare perizia e coraggio mirabile, superando difficoltà ritenute insormontabili, seppe condurre le forze a lui obbedienti alla conquista dell’importantissimo, aspro impervio contrafforte Potoce – Vrata – Vrsic, rendendo così possibile larga successiva operazione della conquista di Monte Nero. Gravemente ferito da palla nemica, pochi giorni dopo decedeva. Potoce – Vrata – Vrsic, 31 maggio e Za Kraju, 9 giugno 1915”. Luigi Pettinati risulta essere la prima MOVM alpina della Grande Guerra. Sepolto dapprima nel cimitero di Caporetto accanto alla tomba del ten. col. Negrotto dei Bersaglieri caduto pochi giorni prima sul Mrzli, dopo la fine della guerra il feretro venne riesumato e trasportato nel cimitero di Cavatore, suo paese natale che si trova sulle colline di Acqui Terme, dove da allora riposa. Il btg Pieve di Teco, 1° rgt Alpini, era presente nei ruoli dell’Esercito Italiano fin dal 4 agosto 1886. Lo costituivano forti uomini dell’Appennino e delle Alpi liguri, uomini avvezzi alle fatiche della montagna, anche se risiedevano a pochi chilometri dal mar Ligure. Di qui l’affettuoso appellativo che sarebbe stato loro dato di Batajun Anciua. Nell’estate del 1914 il battaglione viene inizialmente inviato a presidiare il confine italo francese, quindi a seguito delle mutate relazioni tra i due Paesi, viene spostato sul confine austriaco nell’alto Tarvisiano, Valli Raccolana e Dogna, per la costruzione di strade militari ed appostamenti di artiglierie, in zone molto impervie. Lo compongono la 2a, 3a ed 8a compagnia permanenti. Si attesta tra Sella Nevea, Sella Robon e Sella Prevala, a fianco del Monte Canin, ed in lontananza gli alpini riescono a vedere il Monte Rombon, contro il quale si dovranno scontrare, intuendo già le difficoltà cui andranno incontro perché scorgono gli austriaci che vi stanno preparando postazioni difensive. Nei primi giorni di guerra (anche qui sull’argomento sono fondamentali i testi del Faldella, di Paolo Alassio ed una storica pubblicazione della collana Gli Alpini di fronte al Nemico degli anni ’30) la 3a deve scacciare gli austriaci che si erano impossessati di Sella Prevala, quindi dopo un periodo di calma apparente nel quale gli uomini sono stati impegnati in faticosi lavori di rinforzo della linea delle creste, giunto il mese di agosto viene dato l’ordine di attaccare l’impervio Rombon. Vengono costituiti due battaglioni speciali, il Bes ed il Sassi, dal nome dei rispettivi comandanti. Nel Bes confluisce la 3a che partecipa ai primi assalti in un clima invernale, nonostante la stagione: conquista il monte Cuckla che rimane a presidiare per qualche giorno, fino a che ritorna in seno al Bes e parte per l’attacco risolutivo alla cresta del Rombon. E qui si registra l’inizio del Calvario del Pieve di Teco: raggiunti quasi gli ultimi contrafforti del monte, gli uomini sono fatti oggetto di un uragano di colpi di fucileria e scariche di pietre. Gli alpini non cedono, pur decimati e senza più ufficiali; la 3a, contrattaccata in testa ed ai fianchi, è raggiunta dalle altre due compagnie 2a ed 8a, ma dopo tre giorni di resistenza senza armi e viveri e coi fucili spezzati chi è ancora in grado di muoversi (sono tutti più o meno gravemente feriti!) scende dal Rombon tra i compagni agonizzanti, i morti e gli sfracellati e torna alla base dell’attacco, sul Cuckla. Questo massacro è durato dal 23 al 27 agosto 1915. Ma non è ancora finita. Mentre la 3a distrutta deve essere ricostituita, viene dato incarico alla 8a, la più integra, di condurre un secondo assalto, cui comunque parteciperanno anche la 2a e la 3a di rincalzo. Il Rombon fa sempre più paura, si vedono e si sentono chiaramente i nemici al lavoro per il rafforzamento del monte. L’attacco inizia all’alba del 12 settembre, senza preavviso di artiglieria l’8a giunge fino a pochi metri dalla vetta per essere poi ricacciata semidistrutta. Anche le altre due compagnie subiscono sensibili perdite; ai reparti italiani non resta che presidiare e difendere l’attiguo monte Romboncino, quando alla sera viene dato l’ordine di sospendere l’inutile massacro. Ancora una volta quel che resta del Pieve è rimasto senza ufficiali. Il reparto deve ora in terreno difficilissimo costituire le difese, l’inverno si avvicina. Ma mancano uomini specializzati per costruire trincee e baracche, mancano anche i materiali. E così i superstiti sono costretti a fare quello che possono dormendo sotto le tende a temperature che a novembre raggiungono già i -27°. Poi finalmente vengono sostituiti dal Bassano e scendono a Serpenizza per riposo e riordino. Dato che praticamente l’originario Pieve di Teco non esiste più, viene costituito un nuovo battaglione col nome di Pieve di Teco bis. Tale reparto tornerà in linea tra il Romboncino ed il Cucka ai primi di gennaio del 1916, rimanendo però inattivo per l’abbondantissimo innevamento. Poi improvvisamente tra l’11 ed il 12 febbraio il Calvario del Pieve si completa: un improvviso attacco austriaco con gli uomini in mimetica bianca porta alla perdita del Cuckla. Nonostante l’ammissione del nemico stesso che ci fu cruenta battaglia e che di fatto il reparto denunci una perdita di un migliaio di uomini, l’irritazione dei comandi è altissima. E con un gesto incredibile, ritirati gli uomini e condotti sulla piazza della stazione di Villa Santina, con provvedimento del generale Giardina viene disciolto il battaglione per chiari motivi disciplinari, mentre i suoi componenti sono assorbiti da altri reparti. Gli alpini liguri continueranno comunque a partecipare alla Grande Guerra dando sempre prova di valore ed abnegazione. Soltanto nel 1925, dopo una revisione critica di quella decisione, il Pieve di Teco verrà ricostituito in Oneglia alla presenza del Principe di Piemonte, con la consegna del nuovo gagliardetto, offerto dalla locale Sezione ANA, “A ricordo di gloria passata, promessa di vittoria futura”. Le vicende del nostro battaglione proseguiranno tra gloria e disperazione nella Seconda Guerra Mondiale e si concluderanno a Waluiki durante la ritirata di Russia, ed anche questa storia costituirà un altro indicibile Calvario. Giancarlo Militello 27 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 L’ALPINO RICCARDO DI GIUSTO, PRIMO CADUTO DELLA GRANDE GUERRA l 24 maggio di cent’anni fa l’Italia dichiarò guerra all’Austria -Ungheria ed intorno alle due di notte del primo giorno di guerra reparti del Battaglione alpino Cividale, attestati sulla linea di confine, già penetravano in territorio nemico per alcune centinaia di metri e prendevano posizione sul monte Colovrat in comune di Drenchia, provincia di Udine, altura che in quella zona segnava il confine tra il Regno d’Italia e l’Impero Asburgico. Riccardo Di Giusto, inquadrato nella 16a Compagnia del Battaglione Cividale, facente parte dell’8° reggimento alpini della II Armata, faceva parte della colonna che aveva il compito di occupare la cima del monte Natpriciar, davanti a Tolmino. La pattuglia passò in silenzio per il passo Zagradan, ma subito dopo i quattordici gendarmi confinari imperiali disposti a presidio del valico di Solarie aprirono il fuoco contro il reparto italiano. Un colpo di fucile sparato dal nemico colpì di striscio il ventenne Di Giusto ma, sfortunatamente, rimbalzando sulla vanghetta metallica a corredo dello zaino, si conficcò nella nuca dell’alpino che, immediatamente soccorso dai propri compagni, ebbe solo il tempo e la forza d’invocare il nome della madre e poi spirò nel giro di pochi minuti. La salma venne successivamente trasportata ai piedi dell’altopiano fino alla Chiesa di S. Volfango, benedetta da Giovanni Guion, cappellano di detta Chiesa e tumulata nell’adiacente piccolo cimitero. Solo nel 1923 si provvide alla traslazione nel Tempio Ossario di Udine della salma dell’eroico alpino, assurto a simbolo di tutti i 650.000 soldati italiani che daranno la loro vita per la Patria nei successivi 41 mesi del terribile conflitto. Ma chi era l’alpino Di Giusto? Era un udinese, nato il 10 febbraio1895, che, rimasto orfano in giovine età, non potette continuare gli studi, e lavorò fin da giovane come ferroviere fino al 1914, quando venne chiamato alle armi nel Corpo degli Alpini, il 12 gennaio 1915, assegnato al Distretto militare di Sacile ed inquadrato nel Battaglione Cividale, di stanza nella zona del monte Colovrat, come oggi zona di confine. Difatti al confine orientale delle valli del Natisone si sviluppa la dorsale di detto monte, alta circa mille metri, che si estende per quattro chilometri, da dove oggi è possibile raggiungere, in un percorso costellato di camminamenti, caverne e resti di trincee, in località Casoni Solarie, il monumento dedicato al primo Caduto della guerra 15-18, l’alpino Riccardo Di Giusto, nelle immediate vicinanze di un’antica strada militare di arroccamento. L’intero monte Colovrat venne trasformato dalla seconda Armata dell’Esercito Italiano in un vasto ed articolato sistema di difesa, la terza linea difensiva italiana, poiché i suoi rilievi costituiscono l’estremo fronte che impedisca la penetrazione del nemico nella pianura friulana. Oggi la zona è diventata un museo transfrontaliero all’aperto ed è inserita negli itinerari della Grande Guerra. Presso il monumento, a Casoni Solarie, ogni anno, la prima domenica di Giugno, il primo Caduto viene commemorato con una solenne cerimonia, promossa dai locali Gruppi alpini ed Autorità cittadine del territorio, sempre molto partecipata. Udine, la sua città natale, ha voluto ricordare, nel 1929, il suo giovane figlio caduto, assurto a simbolo di tutti i Caduti dell’immane tragedia della Grande Guerra, intitolandogli una via alla periferia Est cittadina, laterale di via Cividale. I V.L. GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 28 I “LUPI DI PAULARO” SI RITROVANO A RECCO ndici alpini della caserma Olivo Maronese di Paularo, i cosiddetti “Lupi di Paularo” si ritrovano dopo 46 anni, e tutti liguri! Begli incontri alpini! Bei ricordi di naja sbufferata in f.o (frontiera orientale)! Sabato 30 maggio undici alpini genovesi, tutti in servizio alla caserma Olivo Maronese di Paularo nel lontano 1969, si sono ritrovati a Recco, presso il Ristorante Borgo Antico. All’epoca il Battaglione Mondovì, del 4°reggimento alpini, era aggregato per rinforzo all’ottavo reggimento alpini, di stanza a Tolmezzo, per servizi O.P, ovvero per motivi d’ordine pubblico, in quell’epoca di attentati a tralicci, caserme etc.. Il battaglione Mondovì venne stanziato a Paluzza nella mitica caserma Maria Plozner Mentil e due sue compagnie, la decima e l’undicesima, vennero inviate rispettivamente ai distaccamenti di Paularo e Forni Avoltri, entrambe unitamente ad una batteria di artiglieria da montagna del Gruppo Pinerolo, aggregato, per gli stessi motivi del Mondovì, al 3° Rgt. A. Mon. di Tolmezzo. Questi undici alpini, come spesso succede, si erano un po’ persi di vista, ma Antonio Rago, socio del Gruppo di Rivarolo, ideatore della bella rimpatriata, con tenacia e doti di ‘detective’ ha saputo rintracciare i suoi antichi commilitoni, esattamente quindici, di cui 11 poi effettivamente partecipanti alla rimpatriata. Tra i quindici, sette soci di Gruppi della nostra sezione, Rago di Genova Rivarolo come già detto, Gianni Cecotto del gruppo di Santa Margherita, Gino Consiglieri e Francesco Pastorino, entrambi del gruppo di Zoagli, Valter Lazzari del gruppo di Chiavari, e Dondero e Ferretto, entrambi del Gruppo di Torriglia. A seguire altri otto commilitoni: Elio Masala, Nicola Tomellini, Carlo Reggiardo, Pino Narducci, Mario Poletti e Giacomo Musante, Lizzeri e Toma inspiegabilmente, roba U da c.p.r., tutti non ancora iscritti all’A.N.A! Presenti alla rimpatriata gli iscritti Rago, Cecotto, Pastorino, Consiglieri, Lazzari e i non ancora iscritti, Masala, Tomellini, Reggiardo, Narducci, oltre a Poletti e Musante, addirittura quest’ultimi due anche senza cappello alpino...!!! Nel contempo, un pensiero affettuoso ai compagni di naja carnica, Dondero e Ferretto del Gruppo di Torriglia e Lizzeri e Toma, ancora non iscritti e non sappiamo se cappello-muniti o meno, i quali tutti e quattro non hanno potuto partecipare alla rimpatriata per motivi personali o familiari, pertanto senz’altro giustificati e che speriamo quindi, alla prossima occasione, di poter riabbracciare e festeggiare quali ‘prodighi’ tra i “lupi di Paularo”. Venendo al nostro rancio alpino, ancora prima di sedersi a tavola e dopo la foto di rito, i sei lungo ‘dormienti’ , sono stati fortemente redarguiti dai vecchi commilitoni ed invitati ad iscriversi all’Associazione Alpini celermente oltre che, in particolare Poletti e Musante, a munirsi di debito cappello alpino, pena“sbrandamenti, gavettoni e“bottigliamenti”per tutti e sei con sana goliardia che ha riportato tutti gli undici presenti a quei bei anni verdi di gioventù spensierata. Fraternamente ci siamo abbracciati e tra una portata e l’altra dell’ottimo rancio i ricordi sono sgorgati inarrestabili da ognuno di noi, con grande e sincera commozione; ti ricordi quel mulo con il fiocco rosso, Pilucca, che aveva scalciato due poveri conducenti? Ti ricordi il cuoco del ponente ligure che nella vita civile faceva l’idraulico e che per motivi misteriosi, oltre che per la mansione svolta, rifuggiva dall’acqua, per non parlare del sapone, ed era quello che preparava..ahimè...con le sue mani... il rancio alla mensa truppa? E via dicendo, aneddoti di quegli anni lontani, le lunghe marce, gli interminabili turni di guardia, tutti i monti della Carnia fatti a piedi dietro quell’ottimo ufficiale, Fulvio Todeschini, prematuramente andato avanti in servizio a 46 anni, 29 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 che era allora il Comandante della nostra Compagnia ed un po’ il padre morale di tutti noi. Il sottoscritto, allora Sergente A.U.C, non restò a Paularo l’anno intero come gli altri ma solo quattro mesi, chiamati allora ‘tirocinio pratico applicativo ai reparti’ in attesa dell’agognata stelletta da Ufficiale e relativo trasferimento per il servizio di prima nomina. Periodo molto intenso comunque, più che sufficiente per conoscere tutti gli alpini della Compagnia abbastanza bene e, tra l’altro, con ben sei dei partecipanti al ritrovo, Cecotto, Consiglieri, Masala, Narducci, Pastorino e Poletti, fummo protagonisti assieme in una vicenda, in montagna, che avrebbe potuto divenire tragica. Difatti verso la fine di Aprile 1969 da Paularo ci eravamo trasferiti, una squadra di una quindicina di alpini al comando del Tenente Rocco Tornifoglia, il sottoscritto con funzioni di vice, a Cima Sappada in Cadore ed eravamo saliti al rifugio Calvi, a lato del monte Peralba, con l’ordine di Battaglione di recuperare delle corde rimaste in parete nel corso dell’ultimo campo effettuato dalla 10a Compagnia. Il rifugio, in quell’epoca ovviamente era chiuso e si recuperò la chiave dal gestore del rifugio stesso, la primavera era piuttosto indietro e salimmo pertanto nella neve ancora alta e giunti al rifugio, di notte, si scatenò una tale bufera che, letteralmente, pareva che ci fossero fuori ad ululare mille lupi. Calmatasi un po’ la furia degli elementi, alle sei del mattino in marcia verso Passo Sesis su una coltre nevosa farinosa ci colse un’improvvisa raffica di forte vento che provocò in cresta, sopra di noi, un’improvvisa slavina da vento che con un soffio come di gigante investì la retroguardia della nostra squadra portando giù nel canalone due nostri alpini! Al primo scorgere della massa nevosa in movimento noi tutti al comando del Tenente, ed anche istintivamente, avevamo sciolto il cordino rosso anti-valanga, solo mezzo empirico dell’epoca per agevolare la ricerca di eventuali se- polti nella neve. Gli strumenti sonar e satellitari di ricerca segnali dalla massa nevosa erano ancora da venire per noi...il radiomarconista munito della vecchia CP300 a spalla, apparato dal mitico fischio baffo, incalzato dal Tenente riuscì comunque ad inoltrare celermente la richiesta di soccorso al Comando Truppe Alpine Carnia Cadore nella non distante Sappada. Tutto funzionò per il meglio ed in breve tempo l’elicottero in dotazione all’ora Generale di Divisione Ardizzi Zavattaro, Comandante delle Truppe Carnia e Cadore, atterrò alla base della conca nevosa, in fondo al canalone, ed i soccorsi riuscirono ad estrarre velocemente dalla neve i due sventurati alpini, fortunatamente solo feriti in modo non grave in quanto scivolati per centinaia di metri su neve fresca di superficie ma miracolosamente senza incontrare rocce nella caduta. Grande il timore per i due compagni, missione annullata, feriti in osservazione e cura al Centro sanitario del Comando di Sappada, rientro con il cuore in gola a Paularo. E dopo 46 anni il sottoscritto è a Recco a ricordare la vicenda con altri sei alpini che erano con lui in quella giornata che nessuno di noi potrà mai dimenticare! Al commiato, sui volti ormai datati di tutti noi, la commozione era evidente e diversi occhi erano più umidi del solito, tutti alpini, al di là di vite e destini diversi per ognuno di noi, ora assieme abbracciati con l’orgoglio della penna che unisce per sempre chi l’ha conquistata con sacrificio e poi portata con onore! A presto cari amici ritrovati di anni lontani della gloriosa caserma Olivo Maronese, ma la prossima volta tutti con tessera della Associazione nazionale alpini , della nostra storica e gloriosa Sezione e... con almeno due cappelli alpini in più! Valter Lazzari CERVINIA 5 LUGLIO 2015 l Vessillo dell’Associazione Alpini Paracadutisti con il Comandante Colonnello Radizza del Quarto reggimento Ranger Alpini Paracadutisti e il comandante di Battaglione Ten.Col. Manzone, il neo Presidente dell’associazione Alpini Paracadutisti Maurizio Venturin e il Consigliere Tecilla. Presente anche un pezzo della nostra Regione: l’alpino Paracadutista Fabio Lorusso appartenente al Gruppo Alpini Busalla Sezione Genova insieme al suo Bocia Stefano. Mai Strac I GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 30 “FUARCE CIVIDAT” GRANDE RADUNO ALPINO DEL VENTENNALE hiusaforte: deliziosa cittadina del tarvisiano, in provincia di Udine, adagiata sulla riva destra del fiume Fella e contornata dalle Alpi Carniche. Un vero gioiello. Il glorioso Battaglione Cividale, nato nel 1909 e inquadrato nell’8° Reggimento Alpini, dopo aver combattuto eroicamente nelle due guerre mondiali, con campagne in Grecia (1940-41) e sul Don, in Russia (1942) , l’ 11 novembre 1995 veniva definitivamente “colpito” ad opera del “fuoco amico” ministeriale. Anche il Comando tedesco, nel gennaio del 1943, aveva riconosciuto l’eroismo del Btg. Cividale a seguito degli assalti per la conquista della quota 176.2 , nel settore russo KALITWA, ridando a tale monte il nome di “Quota Cividale”. 21 giugno 2015. Giornata di sole e piena di luce. Luce che si riflette negli occhi dei tantissimi alpini convenuti nella loro vecchia Caserma “P. Zucchi”. Nel grande cortile delle adunate, in faccia al monumento ai Caduti, risuona “forte e chiaro” il grido “Fuarce Cividat!”. Ci sono gli alpini “cividalesi” di più generazioni, della Compagnia Comando, della 20a, della “Terribile”, della “Tormenta”, della “Bella”. Ci sono gli antichi Comandanti che hanno prestato servizio a Cividale, fino al 1963 e a Chiusaforte, fino allo scioglimento. Ci sono numerosi Sindaci del territorio, colleghi del Sindaco di Chiusaforte, Fabrizio Fuccaro, il quale, nella sua allocuzione, fa presente che la caserma Zucchi è diventata il simbolo della cittadina e che costituisce il “contenitore” ideale per cerimonie e attività alpine. Del resto è anche sede del locale Gruppo Alpini, con alla guida Eraldo Battistutti, anch’egli fervente (ed emozionato) oratore, nell’esporre la storia del suo gruppo. L’Alzabandiera, alle dieci in punto del mattino, è il primo atto ufficiale di questa domenica estiva. Sulla piattaforma del monumento si susseguono gli esponenti di primo piano del Battaglione. Arriva, in forma straordinaria il rappresentante del Governo, Sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi. La sua è una voce accorata ai giovani, affinché prendano coscienza dei valori radicati nella storia del“Cividale” e li facciano propri.“La vera Italia è questa”, afferma senza retorica. Il Presidente del “Fuarce CiviGrande affresco C Caserma Zucchi Monumento ai Caduti sulla caserma Zucchi 31 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 Autorità: On. D. Rossi e Sindaco F. Fuccaro dat”, Associazione di oltre novecento iscritti, Generale Gianfranco Beraldo, espone con forte enfasi la storia del Battaglione Cividale, sottolineandone l’eroismo, la lealtà, l’attaccamento alla Bandiera, sia in pace che in guerra.“Un atto estremamente inopportuno, inadeguato e fuori da ogni contesto”, definisce la soppressione del Battaglione Vessillo Fuarce Cividat e Presidente Gen. G. Beraldo Cividale e del 15° Reggimento Alpini. “Il nostro non vuole essere un ricordo nostalgico, perché il “Cividale” vive nei nostri cuori e costituisce una felice occasione per rinnovare i nostri sentimenti . L’appuntamento è fra dieci anni, per celebrare insieme il trentesimo della ricorrenza. Fuarce Cividat !” Il grido, ripetuto all’unisono dai presenti, riecheggia nella vallata ed è di buon auspicio per un ritrovarsi tutti insieme alla caserma Zucchi, nel 2025. Ci si avvia ora in corteo verso la Chiesa Parrocchiale, ove don Guido Genero, della diocesi di Udine, concelebrerà la Santa Messa, assieme a don Raphael, in memoria di tutti i Caduti del Battaglione Cividale. Il coro Monte Nero, in una esecuzione toccante del repertorio di canti alpini, farà da cornice alla cerimonia religiosa. La sfilata per le vie del paese, in ordine di compagnia, prosegue fino alla caserma Zucchi, con la sosta doverosa al Parco della Rimembranza, in onore ai Caduti. Il pomeriggio è ancora da vivere. C’è il rancio alpino, ci sono i concerti dei cori e delle fanfare e, alle 17:30, l’Ammainabandiera conclude ufficialmente le tre giornate del Grande Raduno. Già da venerdì 19 giugno erano iniziate le attività del ricordo. Partendo da Cividale era giunta a Chiusaforte la fiaccola della fratellanza, passando per i paesi della Carnia colpiti tremendamente dal terremoto del 1976 e rinati grazie all’apporto degli alpini. Tarcento, Gemona, Venzone, Moggio Udinese, Resiutta avevano subito i danni maggiori. Sabato 20 giugno, prima ancora dell’Alzabandiera nel piazzale della caserma Zucchi, si proponeva la sgambettata per i più in forma: Sella Nevea, sentiero n.635, Rifugio Gilberti ( m.1850). E poi ancora Forcella Sagata, Forte di Col Badin, tanto per riprendere il passo antico, così caro agli alpini in questi luoghi carnici. Le giornate del “riscatto e della sfida” alle decisioni che avevano cambiato la storia del Battaglione Cividale e del concetto di naja, si sono celebrate in un clima di festa e di riscoperta, protagonisti non solo gli alpini, ma tutta la popolazione della vallata del Fella che mai ha dimenticato l’esperienza del Battaglione Cividale a Chiusaforte e che, in alto i cuori, grida ancora: “FUARCE CIVIDAT !” Enzo Valencich Alpino del BTG. Cividale GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 32 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE STURA PONENTE - GRUPPO DI MASONE COMMEMORAZIONE CADUTI E DIPERSI DI RUSSIA i è tenuta domenica 19 Aprile 2015 presso il Santuario della Cappelletta in Masone, la solenne commemorazione annuale dei caduti e dispersi in Russia da parte degli alpini masonesi guidati dal capogruppo Piero Macciò. Il ricordo è iniziato con la celebrazione della Santa Messa alle ore 11 presso il Santuario, officiata da Padre Alberto Aneto, al cui termine ha avuto luogo la benedizione della targa posta, a ricordo di tutti gli alpini caduti in Russia, in prossimità dell’urna contenente la Terra del Don e del piccolo altare sul quale poggia l’effige della Madonna del Don, protettrice degli alpini in Russia. Alla commemorazione hanno partecipato alcuni consiglieri sezionali e vari gruppi del settore ponente, tra cui Sestri Ponente, di Campo Ligure, di Arenzano, il S reduce campese Santo Oliveri, sempre presente in queste solenni occasioni, il Sindaco di Masone Enrico Piccardo, il vicepresidente sezionale Saverio Tripodi, le associazioni locali, i Carabinieri in congedo, il locale sottocomitato di Croce Rossa. Una nota particolarmente piacevole la partecipazione alla cerimonia dell’amico e alpino Salvatore Bruzzone “Salva”. Al termine della celebrazione i partecipanti si sono trasferiti presso il Cippo collocato lungo il viale che conduce al Cimitero per recitare una preghiera in memoria di tutti gli alpini caduti. Ha concluso le celebrazioni il tradizionale rancio presso la sede del Romitorio. P. Macciò FESTA DI SOLIDARIETA’ CON IL GRUPPO ALPINI nche quest’anno si è svolta nella giornata del 1° maggio, nella meravigliosa cornice del Parco del Romitorio di Masone, l’immancabile festa di solidarietà organizzata dal locale Gruppo Alpini che, come in passato ha dedicato e dedica tutt’oggi, il loro impegno alla solidarietà in favore di Enti ed Associazioni. Nonostante la copiosa pioggia ed il vento incessante, la giornata si è svolta regolarmente ed il ricavato è stato devoluto in favore della “Gigi Ghirotti”, Associazione di volontariato sorta nel 1984, che da oltre trent’anni, opera nel campo dell’assistenza ai malati terminali, svolgendo la propria attività prevalentemente a domicilio. Innumerevoli i campi in cui opera l’Associazione che dal 1994 ha esteso la propria attività anche ai malati di AIDS e del 2002 gestisce due centri residenziali di ricovero rispettivamente a Genova Bolzaneto e a Genova Albaro per degenti che non possono più ricevere cura ed assistenza a domicilio, mentre dal 2010 offre la propria assistenza anche ai pazienti affetti da SLA. L’associazione ha presenziato alla giornata di solidarietà con un proprio A stand e con l’intervento personale del Presidente Prof. Franco Henriquet e di alcuni volontari. L’aspetto gastronomico è stato curato, con il consueto impegno, dagli alpini masonesi che hanno preparato pranzo a base di polenta con sugo di salsiccia o cinghiale, farinata e “tigelle dell’alpino”, con l’ormai classico focaccino per la merenda pomeridiana. Programma religioso nel pomeriggio con la Santa Messa celebrata dal missionario masonese Don Paolo Pirlo con il Parroco Don Maurizio Benzi, accompagnata dal canti del Coro Rocce Nere di Rossiglione, diretto dal maestro Giancarlo Oliveri. Al termine della giornata il capogruppo Piero Macciò ha ringraziato il vicepresidente sezionale di Genova Saverio Tripodi, i collaboratori e tutti i partecipanti per la presenza e la buona riuscita delle festa nonostante le avverse condizioni atmosferiche, che hanno reso impraticabile lo svolgimento della consueta camminata mattutina al Monte Dente, ma che non hanno, comunque, impedito lo svolgimento della manifestazione ed il buon fine dell’iniziativa di solidarietà. P. Macciò 33 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 NOTIZIE DAI SETTORI CERIMONIA DI CONSEGNA DEL RICAVATO ALLA “GIGI GHIROTTI” corollario della “giornata della solidarietà” svoltasi il 01/05/2015 al Romitorio, nella serata del 3 giugno 2015 si è tenuta la cerimonia di consegna del ricavato della manife- A stazione in favore dell’Associazione “Gigi Ghirotti”, alla presenza degli esponenti della sezione di Genova, Pietro Firpo – Presidente –, Saverio Tripodi - Vicepresidente – del Consiglieri del locale gruppo, del Sindaco di Masone Ing. Enrico Piccardo, del Presidente e dei membri dell’Associazione. La cerimonia ha raggiunto il culmine con la consegna, da parte del capogruppo Piero Macciò, avvenuta presso al sede del Gruppo alpini Masone, al Prof. Franco Henriquet, dell’assegno di € 2.500 proveniente dal ricavato della festa di solidarietà campestre del primo maggio. Il ricavato è stato realizzato in parte nel corso della giornata del primo maggio, cui si è aggiunto il generoso contributo degli alpini sino a raggiungimento della complessiva somma. Con i ringraziamenti di rito il Prof. Henriquet ha espresso grande affetto e stima da parte sua e di tutto il suo staff per il locale gruppo alpini, con il reciproco augurio che la collaborazione con l’Associazione e le iniziative benefiche possano proseguire negli anni, mentre il Presidente sezionale Firpo ha sottolineato l’impegno degli alpini masonesi nel sociale ed in favore della comunità. A chiusura degli interventi il Sindaco che ha elogiato al gestione del locale gruppo sempre proteso alla beneficienza e alla solidarietà. La serata è proseguita con la cena e, a chiusura, gli immancabili canti alpini, che, per l’occasione sono stati diretti dal Presidente Firpo in collaborazione con il Sindaco, splendida appendice a questa ammirevole occasione di volontariato. P. Macciò SETTORE STURLA – AVETO – GRUPPO DI MEZZANEGO 4 LUGLIO - RADUNO DEL SETTORE A SEMOVIGO “Intimo”, quasi famigliare, non so come altrimenti definirlo l’incontro a Semovigo (che quest’anno fungeva anche da raduno di settore): per me bergamasca, abituata ad incontri oserei dire oceanici e rumorosi, una vera sorpresa fin dalla prima volta. Un breve applaudito concerto del coro Soreghina da il “la” al raduno. Dopo l’Alzabandiera si ci avvia sul “Sentiero di Vittorino”, un breve tratto di strada nel bosco, un ruscello, castagni come colonne vive che sostengono una volta di foglie tra le quali s’intravedono sprazzi di cielo: immersa nella Natura una rustica edicola con un Cristo in croce, stilizzato, tratto da una radice. Difronte una scritta: “non ho altre mani che le vostre”: GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 34 le mani oggi sono quelle degli alpini che le prestano agli altri ovunque se ne ravvisi il bisogno. Fanno da contorno aiuole di magnifiche ortensie azzurre e bianche. Intorno all’altare per la S. Messa si schierano gli alpini con il Vessillo sezionale ed i gagliardetti, di lato folto il gruppo delle donne, le “donne degli alpini”quelle che li seguono ovunque, magari lasciando a casa qualche innocuo mugugno. Un po’ più in su il coro Soreghina accompagna con i suoi canti la cerimonia che si conclude con la “preghiera dell’alpino”, recitata per tutti dal presidente Firpo. A seguire presso il piccolo cimitero frazionale il doveroso omaggio ai Caduti. Brevi parole del capogruppo Zappettini e del presidente Firpo e la consegna di un ricordo ad autorità, gruppi e benemeriti ed è subito il momento dell’Ammainabandiera. NOTIZIE DAI SETTORI Scarno nella sua essenzialità il programma dell’incontro, ma vivo e partecipato nel suo svolgersi. E’ sera e resta ancora una cosa da fare: sedersi a tavola e gustare quanto hanno preparato le donne e gli alpini del gruppo di Mezzanego. Quello di sedersi a tavola insieme per persone che condividono gli stessi valori, lo stesso “sentire” è un gesto che unisce, che rende “famiglia”, un modo bello e “caldo” di chiudere l’incontro. Donne ed alpini di Mezzanego: promosse/i a pieni voti anche in cucina oltre che per l’organizzazione in toto! Giusy Asperti SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI CARASCO 18 - 19 APRILE - RADUNO DEL GRUPPO nche quest’anno il Gruppo di Carasco, capeggiato da Giuseppe Rissetto, nuovo Capo Gruppo, ha organizzato e realizzato un bel raduno con il fine di ritrovarsi alpinamente tutti assieme e di onorare la memoria di tutti gli alpini del Gruppo “andati avanti, fin dall’ormai lontano 1956, anno della costituzione del Gruppo stesso. Peraltro le commemorazioni erano già iniziate il giorno antecedente, sabato18 aprile ,presso la frazione Santa Maria di Sturla, ove nel pomeriggio alla presenza del Sindaco alpino Massimo Casaretto, del consigliere dell’A.N.A di Genova Valter Lazzari con Vessillo sezionale, e di vari alpini del comprensorio, era stato deposto un mazzo di fiori al monumento ai Caduti della citata frazione e recitata una preghiera. Al raduno di domenica 19 aprile hanno presenziato varie Autorità cittadine, con in testa il primo cittadino Massimo Casaretto, già più volte Capo Gruppo degli alpini di Carasco, alcuni Consiglieri comunali ed il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri. Da parte alpina, sono intervenuti, in rappresentanza della Sezione di Genova; Orazio Bellatti, Vice Presidente sezionale, Valter Lazzari, consigliere sezionale e coordinatore del A Settore Tigullio, Vittorio Marchetti, consigliere sezionale nonché coordinatore del vicino Settore Sturla-Aveto. Altre Sezioni intervenute, La Spezia e Cuneo. La manifestazione ha avuto inizio nei pressi della Sede sociale del Gruppo ove s’è svolta la cerimonia dell’alzabandiera, dopo la quale si è formato un lungo corteo con in testa la banda musicale “Tenente Raffo” di Marina di Pietrasanta in Versilia, le Autorità con il Gonfalone cittadino ed a seguire il Vessillo Sezionale di Genova unitamente ai Vessilli di La Spezia e Cuneo ed infine i numerosi Gagliardetti intervenuti e molti alpini al loro seguito. Il corteo si è snodato per le strade cittadine, attorniato da ali di folla plaudente, sempre abilmente accompagnato dalle note alpine della fanfara, e durante il percorso è stata deposta una prima corona d’alloro ai Caduti alla lapide ubicata in via Pontevecchio ed un’altra ancora al monumento sito nei giardini di via IV novembre, con tutti i presenti sull’attenti ed in riverente raccoglimento nei momenti rituali dei comandi per gli onori ai Caduti. Allo scioglimento del corteo in Piazza Umberto I, l’alpino Padre Lucio, Cappellano militare, ha officiato la 35 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 NOTIZIE DAI SETTORI Santa Messa nell’adiacente bella chiesetta, letteralmente gremita di alpini e bandiere ove, come da tradizione, il rito si è concluso con la recita della preghiera dell’alpino da parte del Consigliere sezionale Valter Lazzari. All’esterno della chiesetta nell’a- RITROVARSI n occasione del raduno di Carasco si sono incontrati dopo 48 anni gli Alpini CADIO MASSONE di Soglio di Orero (Ge) e ETTORE AGNESE di Caraglio (Cn) che erano entrambi al CAR, 3° scaglione leva 1947, nella Caserma Monte Fiore (Mario Fiore) di Borgo San Dalmazzo nel 1967 e da allora non si erano più incontrati. I diacente piazza Umberto I, dopo un accorato e significativo intervento da parte dell’ alpinissimo e stimatissimo capo Gruppo di Lavagna, nonché coordinatore del Settore Val Petronio, Piero Bonicelli, il quale ha ricordato la solidarietà alpina messa in pratica proprio in zona in occasione della recente tragica alluvione del novembre 2014, l’Assessore comunale alpino Aldo Gino Rissetto ha poi provveduto alla premiazione degli oltre 30 Gruppi intervenuti unitamente ai Vessilli sezionali di Genova, La Spezia e Cuneo, quest’ultimo rappresentato dallo storico personaggio di Carlo Re, da sempre amico del Gruppo di Carasco nonché Consigliere sezionale e Capo Gruppo di CaraglioValgrana, gemellato con il gruppo di Cervasca, a sua volta gemellato con il Gruppo di Carasco. Alle tre Sezioni ed a tutti i Grup- IL VESSILLO DELLA SEZIONE DI GENOVA AL RADUNO DELLA A.N.CARABINIERI al 25 al 31 Maggio u.s. si è svolto a Chiavari il 1° Raduno Interregionale del Nord-Ovest,organizzato dall’ispettorato regionale della Liguria dell’Associazione Nazionale Carabinieri A.N.C., con grandissima partecipazione di pubblico e migliaia di Carabinieri, di cui molti in congedo. Per venire a noi alpini, a questo importante evento era presente il Vessillo Sezionale, i Gagliardetti di Chiavari e Cogorno e circa una ventina di alpini che magari potevano essere anche di più ma la concomitanza della giornata elettorale in cui erano impegnati diversi nostri soci sia come Presidenti di Seggio od in 36 Roberto Biggio SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI CHIAVARI. D GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 pi è stato donato un gagliardetto ricordo raffigurante l’alpino Luigi Casaretto, padre dell’attuale Sindaco, in divisa d’ordinanza del Battaglione Pieve di Teco, fondatore del Gruppo di Carasco e storico Capo Gruppo per molti mandati. In particolare, con l’occasione del raduno, è stato consegnato all’alpino Agostino Scotto per i suoi 50 anni di fedeltà al Gruppo il bel distintivo d’oro previsto per tutti i soci, a parità di requisiti, dalla Sezione di Genova. La sfilata e l’orologio che continuava a girare hanno un po’ accelerato l’abituale passo cadenzato alpino per poter più velocemente raggiungere la zona pranzo e per oltre 200 alpini e familiari al seguito è venuto finalmente il momento del rancio, ottimo ed abbondante secondo i tradizionali canoni alpini, servito e consumato nella bella apposita area di recente attrezzata con dura fatica dagli alpini di Carasco, adiacente il torrente Entella in località Laguna, il tutto, dagli antipasti al dolce e con simpatica lotteria finale, allietato dalla belle note dell’instancabile fanfara. qualità di scrutatori ha, inevitabilmente, limitato un po’ la presenza. Al di là comunque di grandi numeri come partecipanti, durante la sfilata, di frequente, si sono levate dalla folla assiepata esclamazioni verso la nostra rappresentanza, di “Viva gli alpini”, che ci hanno, in tutta onestà, fatto molto piacere. E’ doveroso infine fare partecipi tutti lettori di un gratificante aneddoto avvenuto all’ammassamento, il Comandante Generale dell’Arma, Generale. Del Sette, passando in rassegna le varie Bandiere inquadrate per la sfilata, si sofferma davanti al nostro Vessillo e mi apostrofa, essendo io di scorta allo stesso, ‘Capi- NOTIZIE DAI SETTORI tano, la vostra bandiera è molto decorata, complimenti!’ io allora prendo la parola e faccio presente al Signor Generale Comandante che la Sezione di Genova è una delle più antiche dell’intera Associazione nazionale alpini e senz’altro il nostro Vessillo è fra i più decorati dell’Associazione. Il Comandante prosegue dicendomi “Sa Capitano, nella mia famiglia gran parte dei parenti, vivi e non, sono stati e sono alpini....al che replico complimentandomi per tale notizia e saluto l’alto Ufficiale cordialmente, ancorché debitamente sull’attenti durante tutta la piacevole conversazione. Non vi nascondo cari amici alpini che dopo questo colloquio inaspettato, per un attimo, ho sentito il nostro bel cappello alpino pesarmi in testa come fosse di pietra, alla consapevolezza del peso della responsabilità che riviene dall’onore ed il privilegio di portare tale cap- pello, ma soprattutto dal cercare di esserne sempre degni ed in ogni occasione! V.L. FORZE ARMATE A CHIAVARI DA 63 ANNI na cerimonia semplice ma ricca di significato quella che si è svolta Martedì 12 maggio u.s. Presso la caserma “Giordano Leone” che ospita da 63 anni la Scuola telecomunicazioni delle Forze armate. Quest’anno la ricorrenza è stata particolarmente sentita in quanto l’Ente militare che aveva subito gravi danni alle strutture nella recente alluvione del novembre 2014, grazie all’aiuto del Comune di Chiavari e di molte altre Istituzioni, fra cui anche la protezione civile dell’A.N.A, è riuscito a superare il grave momento di difficoltà. Numerose le Autorità civili e militari, regionali e locali, che hanno presenziato alla cerimonia, il Sindaco di Chiavari, Ing. Roberto Levaggi ed il Vescovo diocesano, Sua Eccellenza Alberto Tanasini, oltre a numerosi Sindaci di Comuni del Comprensorio. Per quanto ci riguarda, oltre il Vessillo sezionale scortato dal sottoscritto, i Gagliardetti di Chiavari, Sestri Levante, Cicagna, Cogorno e Favale di Malvaro, per un totale di 12 alpini. Nel corso della cerimonia, il Comandante della Scuola, Capitano di Vascello Vincenzo Luigi Ciriello, davanti ai reparti schierati ed ai rappre- U sentanti delle associazioni d’arma, ha parlato di “una festa più grande poiché segno tangibile ed orgoglioso di una piccola rinascita dopo quella tragica notte dell’alluvione” ringraziando tutti coloro che hanno portato soccorso. Infine, sul versante alpino, è da segnalare una bella novità per gli alpini del Tigullio, gli alpini in servizio facenti parte del ripristinato servizio alla cittadinanza di Genova, ‘Strade Sicure’ , ora per motivi logistici sono ospitati e gestiti dal Comando Scuola di T.L.C. di Chiavari da dove con appositi mezzi si recano a Genova per il servizio. Alpinamente, il sottoscritto e vari Capi Gruppi presenti, al termine della manifestazione, si sono presentati a detti alpini, una ventina, del 3° Reggimento artiglieria di Pinerolo che poi, ci è stato riferito, a determinate cadenze ruotano con altri reparti, e di tutto cuore ci siamo messi a loro disposizione per qualunque cosa e l’abbiamo invitati presso le nostre Sedi, fornendo i nostri recapiti telefonici ai loro graduati, Maresciallo Di Monaco e Sergente Gargiulo. V. L. 37 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI COGORNO PROGETTO “PER RICORDARE: 1915/18-2015/18” l primo giugno u.s. Il Comune di Cogorno, nel centenario della “grande Guerra 1915/1918, ha realizzato la prima parte del progetto ‘Per ricordare 1915/18-2015/18 che si svolgerà nell’arco di quattro anni con iniziative tese al coinvolgimento della popolazione, delle Scuole e delle Associazioni del territorio e di illustri ospiti per ricordare il terribile conflitto mondiale e dare risalto al valore della pace nel mondo. Oltre duecento persone hanno partecipato alla manifestazione, prima parte del progetto ‘Per ricordare’, commemorante insieme sia l’inizio della prima guerra, 24 maggio, che la proclamazione della Repubblica, il giorno seguente, 2 giugno. L’evento ha avuto luogo sul sagrato dell’Oratorio di San Giovanni Battista, ove sono convenute Autorità civili e militari, fra le quali citiamo: il Sindaco cittadino Enrica Sommariva e l’ Assessore alle manifestazioni Franca Raffo, il Maggiore Vito Casano, in rappresentanza della Scuola di T.L.C., un Maresciallo della G.D.F in rappresentanza della Compagnia di Chiavari, la Confraternita di S. Giovanni ed i Soci dell’Accademia della Ciappa e dei Testaieu. Il Gruppo alpini di Cogorno, egre- I giamente capeggiato dall’attivissimo Franco Ginocchio, era presente al gran completo dopo aver concorso molto alla stessa realizzazione della bella manifestazione, unitamente ad alcuni altri alpini del Settore e relativi Gagliardetti. Ospiti d’onore gli Insegnanti cittadini con i loro alunni ed il Coro ‘Voci d’Alpe’ di S. Margherita Ligure che ha sapientemente, come sempre, intrattenuto con le sue note canore l’uditorio, prima assorto e poi in visibilio. In dettaglio, la serata è iniziata con l’Alza bandiera a cura del Gruppo alpini locale con la partecipazione del trombettiere di Lavagna, Maestro Nicolò Machetti, momento nel quale sono stati ricordati, in silenzio riverente ed uno ad uno, i 44 Caduti del Comune. A seguire poi i saluti ai presenti da parte dell’Amministrazione comunale e breve relazione sul tema “le cause che diedero origine alla prima guerra mondiale”da parte del sottoscritto relatore Valter Lazzari, Consigliere della Sezione A.N.A. di Genova e Coordinatore dei Gruppi alpini del Settore Tigullio. La serata è proseguita con il canto dell’Inno nazionale da parte dei ragazzi dei plessi scolastici di Cogorno con il coinvolgimento del pubblico presente e la presentazione ed esibizione del Coro alpino ‘Voci d’Alpe’ di Santa Margherita Ligure. Parte finale della cerimonia è stata l’ accorata lettura, da parte della professoressa Bruschi, di alcune struggenti lettere a casa, dal fronte, di soldati di Cogorno che, come una macchina del tempo, ci hanno fatto rivivere le trepidazioni per i propri cari lontani, il senso di precarietà e le paure della dura vita di trincea con attacchi e contrattacchi continui, sentimenti così ben descritti dal grande poeta Ungaretti che partecipò alla grande guerra,‘qui si sta come le foglie sugli alberi in autunno...! La recita della preghiera dell’alpino, di cui ho avuto l’onore, egregiamente accompagnata dall’eccezionale coro ‘Voci d’Alpe’, sul sagrato dell’Oratorio, ascoltata in religioso silenzio, ha commosso visibilmente gli animi e concluso più che degnamente la bella serata. Complimenti Amministrazione ed Alpini di Cogorno, siamo ansiosi di partecipare, nei prossimi tre anni, alle altre fasi del vostro bel progetto ‘Per ricordare’. V.L. foto Andrea Larizza GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 38 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE VALLESCRIVIA - GRUPPO DI BUSALLA FESTA ANNUALE MONTE DEL CARMO A BASTIA omenica 24 luglio 2015 in vetta alla cappelletta della Madonna del Carmine si è svolta l’annuale Festa del Gruppo Alpini di Busalla. L’evento è iniziato alle ore 10,00 con il solenne Alzabandiera e alle 11,00 la Santa Messa celebrata da Padre Francesco della Parrocchia di Busalla. Al termine della funzione il Capo Gruppo Belgrano ha ricordato tutti i caduti Alpini e ha ringraziato tutti i partecipanti dei gruppi intervenuti e in particolare il rappresentante della Sezione A.N.A Genova. D accompagnato dai canti alpini. Durante la festa ci ha reso omaggio un personaggio noto nel mondo: il primo Astronauta Italiano andato nello spazio, Franco Malerba, nativo di Busalla. Ringraziamo tutti gli Alpini e amici volontari che La festa è proseguita con il buon sapore ed il profumo dei piatti tipici della Valle Scrivia. Sabato sera tutto esaurito nello stand gastronomico per degustare il Minestrone alla genovese Alpino e lo spezzatino con la Polenta. Domenica dopo la Santa Messa si è proseguito con il “Rancio Alpino”Antipasto di salumi, ravioli, bistecca e salsiccia alla brace con contorno, formaggio,frutta e per concludere il dolce. La musica non è mancata grazie a Francesco Cavo che si è esibito con la sua fisarmonica hanno contribuito a rendere possibile tutto questo e ci diamo appuntamento all’anno prossimo! Fabio Lorusso 39 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE VAL PETRONIO - GRUPPO DI CASTIGLIONE CHIAVARESE MOSTRA DELLA GRANDE GUERRA n data 23 maggio è stata inaugurata nella frazione di Velva la mostra della Grande Guerra, nella ricorrenza del centenario, con il patrocinio del Comune di Castiglione Chiavarese, e curata dal Prof. Fausto Figone, Direttore del Museo Diffuso della Cultura contadina di Velva, nella Casa padronale della famiglia Del Re. All’iniziativa ha concorso fattivamente il locale Gruppo alpini di Castiglione, tra l’altro anche mettendo a I disposizione alcuni reperti e materiali esposti nella Mostra, nell’abituale collaborazione con l’attiva Amministrazione Comunale; nella bella locandina pubblicitaria realizzata per l’evento, tra il logo del Comune, della Pro loco e dell’Associazione culturale Veleura di Velva, fa bella mostra di sé anche il logo della Associazione Nazionale alpini. Con l’occasione della Mostra, il Prof. Figone, restando in tema, ha presentato presso il vicino Oratorio dei Bianchi, l’ultima sua fatica letteraria, un documentatissimo volume dall’esplicito titolo “Dalla zappa al moschetto”, ove con grande perizia e dovizia di documentazione storica racconta la storia dei numerosi cittadini di Castiglione delle varie classi di leva, perlopiù umili agricoltori, coinvolti nell’evento epocale della “Grande Guerra”. In qualità di autorevoli critici letterari sono intervenuti alla presentazione i professori Francesco De Nicola ed Osvaldo Raggio dell’Università degli Studi di Genova, i quali hanno commentato positivamente la qualità e ricchezza culturale del volume presentato. Il Prof. Figone peraltro non è nuovo a queste esperienze letterarie, essendo già stato negli anni scorsi autore di due ponderose opere concernenti il territorio: “Il Comune di Castiglione tra ottocento e Novecento” e “ La miniera di Monte Loreto”. All’inaugurazione dell’interessante Mostra era presente il Sindaco di Castiglione, Giovanni Collorado, il sottoscritto in rappresentanza della Sezione di Genova, Elio Carlibetti, Capo Gruppo degli alpini locali, molti altri alpini sia del Gruppo che del comprensorio, tutti rigorosamente con cappello alpino, oltre ad Autorità locali ed un folto pubblico. Dalle lettere dal fronte e dai cimeli dei soldati si evince una buona componente alpina peraltro storica nel territorio, in quei cittadini/soldati di Castiglione Chiavarese che cento anni fa, con grande coraggio, senso del dovere e sacrificio, accorsero alle armi per completare il processo di unità della Patria, con la liberazione di Trento e Trieste, subendo stenti e patimenti inenarrabili per 41 lunghissimi mesi di guerra. V.L. SETTORE VAL PETRONIO – GRUPPO DI MONEGLIA 25° DEL GEMELLAGGIO DEL GRUPPO DI MONEGLIA (GE) CON IL GRUPPO DI CELLORE (VR). omenica 15 marzo u.s. il gruppo di Moneglia, il Capo Gruppo e numerosi soci, il Sindaco cittadino Claudio Magro, il sottoscritto Consigliere sezionale con Vessillo, alpini appartenenti ad altri gruppi del comprensorio quali Castiglione Chiavarese e Favale di Malvaro, unitamente a rappresentanti della Sezione A.N.A. di La Spezia e del gruppo di Deiva Marina, si sono recati a Cellore nel Comune di Illasi, in provincia di Verona, per festeggiare “le nozze d’argento” tra i due gruppi di Moneglia e Cellore. Difatti a distanza di 25 anni da D GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 40 quei memorabili 12 e 13 maggio 1990, i due gruppi hanno mantenuto nel tempo una sana amicizia alpina con frequenti reciproci incontri sia nella costiera ligure del Levante che nella bella vallata veronese dalle belle colline circostanti, alle pendici della catena montuosa prealpina dei Lessini Orientali. Peraltro, all’origine, il gemellaggio era nato da una bellissima storia d’amore tra un alpino di Cellore e la nipote di un socio di Moneglia e come si sa le storie d’amore, belle e vere, sono fondamenta solide destinate a durare ed anche a generare altro amore come quello, solidissimo, tra i due gruppi gemellati. All’arrivo presso la locale Baita degli alpini di Cellore, grandi manifestazioni di genuino affetto tra i vari soci ed accoglienze, a dir poco, entusiastiche. Passato il momento dei saluti e consumata una colazione alpina, ci si dispone per la sfilata cittadina, alla presenza anche di diverse decine di gagliardetti della sezione di Verona nonché del generale degli alpini Tullio Vidulich di Bolzano, abituale ospite del Gruppo di Cellore nonché autore di una bella opera ”Storia de- NOTIZIE DAI SETTORI gli Alpini”, e s’ inizia una impeccabile sfilata attraverso le vie cittadine, tutte imbandieratissime, tra ali di cittadini festanti per il bell’evento. Deposte, nel corso della sfilata, alcune corone di fiori ai vari monumenti ai Caduti, il corteo si scioglie nella piazza antistantela chiesa parrocchiale ove viene officiata la Santa Messa e ricordata la ricorrenza del gemellaggio che ormai da 25 anni lega in comunità d’intenti ed affetti i due gruppi. Come tutte le cose belle, anche la giornata del gemellaggio letteralmente vola e si arriva fatalmente ai saluti ed agli addii, ‘pardon’ arrivederci, poiché già fin d’ora gli amici alpini di Cellore sono tutti invitati alla festa dell’ottantacinquesimo dalla costituzione del gruppo di Moneglia, con benedizione di nuovo Gagliardetto, che avrà luogo nel prossimo anno, con tutta probabilità in occasione del raduno sezionale che il gruppo dovrebbe ospitare come da apposita richiesta ufficiale già presentata alla Sezione di Genova. Tanti auguri alpini ai due Gruppi così affiatati e visti i precedenti, al prossimo incontro, con impazienza! V.L. 41 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE VALPOLCEVERA – GRUPPO DI RIVAROLO 60° ANNIVERSARIO DEL GRUPPO DI RIVAROLO abato 28 marzo 2015 il Gruppo di Rivarolo ha festeggiato solennemente il 60° anniversario della sua fondazione. Per la Sezione hanno partecipato il Vice Presidente Vicario Giancarlo Militello, il Vice Presidente Orazio Bellatti ed il Consigliere Valter Lazzari. Tutti i Gruppi della Valpolcevera e quello di Celle Ligure sono intervenuti con i rispettivi Gagliardetti e con un buon numero di alpini. Il ritrovo dei partecipanti è avvenuto presso la sede del Gruppo. Effettuato lo schieramento alle ore 9.00, si è onorato il Vessillo Sezionale S che, accompagnato dalla sua scorta è arrivato ed ha assunto la posizione assegnata. E’ seguita la cerimonia dell’alzabandiera, con l’inno nazionale la cui musica è stata accompagnata dal canto dei presenti. Dopo il comando del Riposo e il Rompete le righe. Si è proceduto alla classica colazione alpina all’interno della sede. All’ora fissata i partecipanti si sono portati nella vicina parrocchia del Borghetto per la santa Messa officiata in stile prettamente alpino celebrata dal parroco Padre Giovanni, con i comandi alla voce la preghiera dell’alpino ed i commenti finali da parte del Parroco e del Vice Presidente Sezionale. Al termine di questa cerimonia religiosa si è svolta la deposizione di una corona d’alloro alla tabella viaria dedicata alla M.O.V.M. Capitano Silvio Sibona, nativo di Rivarolo, caduto sul fronte russo il 20 gennaio 1943, titolare del gruppo. Al termine delle varie manifestazioni, verso mezzogiorno, chi ha voluto si è portato per il rancio presso la Trattoria Lombarda di Via Finocchiaro Aprile a Genova. E “dopo aver mangiato – mangiato e ben bevuto”, al rientro in sede in serata si è proceduto alla cerimonia dell’ ammainabandiera. Questo è il resoconto di quanto fatto in modo semplice ma dignitoso per festeggiare il 60° di fondazione del Gruppo, che non si può concludere senza un sentito ringraziamento a quanti hanno con la loro presenza manifestato affetto agli Alpini di Rivarolo. Pietro Garneri I “100” DI EMILIO ZERBO milio Zerbo, iscritto al gruppo di Genova Rivarolo dalla sua fondazione, ha raggiunto il traguardo dei 100 anni di vita essendo nato il 10 Maggio 1915. Combattente col Btg. Valle Arroscia del 1° Rgt. Alpini (Cuneense) e col Btg. Val Tagliamento dell’8° Rgt.Alpini (Julia) sui fronti Occidentale e Greco-Albanese, prigioniero in Germania nel 1945. E’ stato festeggiato nella sala del gruppo attorniato dai familiari e dagli alpini che hanno voluto onorarlo con la loro presenza. Gli è stato fatto omaggio di una targa ricordo personale e del crest del gruppo. Dopo lo spegnimento tradizionale della candelina sulla torta è seguito un rinfresco alpinamente gioioso. E Il Capogruppo Giovanni Pastorino GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 42 I SCARPONCINI ALTAVALPOLCEVERA – Luca, nipote del socio Angelo Granzella. ALTAVALPOLCEVERA – Leonardo, figlio del socio S.T. Ferrari Gregori e della signora Florence Vivier. BORZONASCA – Agnese, figlia di mamma Sara Isetti e papà Michele Cadermartori, figlio del Socio Luigi Cademartori e cugino dei Soci Renzo Longinotti e Mauro Curotto. CARASCO – Beatrice, nipote del socio Andrea Perazzo (nonno). COGOLETO – Laura, nipote del socio Giuseppe Ciglione. COGORNO - Daniele Sanguineti nipote del socio Mario Pichetto. FAVALE DI MALVARO – Antonio, nipote del socio Sergio Ferretti. MASONE - Nina, nipote dell’Amico degli Alpini Emilio Siro. PIEVE – SORI – Emma Benzi, nipote del socio Giuseppe Paravidino. SAN COLOMBANO CERTENOLI - Mariano, figlio del socio Pietro Torre, nipote del socio Mariano Torre e pronipote del socio Giovanni Raggio. SANTA MARGHERITA - Gregorio, nipote del socio Gianni Ceccotto. SANTA MARGHERITA - Nicolò Chierici, nipote del socio Antonio Maggiolo. SANTO STEFANO D’AVETO – Pietro, nipote dei soci Roberto Pareti (nonno) e Silvano Fugazzi (zio). SANTO STEFANO D’AVETO - Camilla, nipote dei soci Giuseppe Razzetti (nonno) e Giovanni Razzetti (zio). SERRA RICCO’ - Giovanni, nipote del socio Franco Timossi. TORRIGLIA – Ines, terza nipote del socio Pier Gardella. ***** Ai genitori i più vivi rallegramenti e gli affettuosi auguri da parte della famiglia alpina. ***** ALPINIFICI ALTAVALPOLCEVERA – il signor Paolo Rossi, figlio del socio Giuseppe, con la gentile signorina Chiara Raggio. COGOLETO – la gentile signorina Laura, figlia del socio Mario Giusto, con il signor Ermanno Bosio. ORERO – il signor Mirco Debenedetti, figlio del socio Giuseppe Debenedetti e nipote del capogruppo Marco Debenedetti con la gentile signorina Sara Sturlese. RIVAROLO – la gentile signorina Lajla, figlia del socio Giorgio Benazzi, con il signor Simone Covaia, figlio del socio andato avanti Guerrino Covaia. SAN COLOMBANO CERTENOLI – il signor Enrico Costa, figlio del socio Franco, con la gentile signorina Gabriela Biggio, SANTO STEFANO D’AVETO – il signor Marco Dellacasagrande figlio del socio Nico Dellacasagrande con la gentile signorina Simona Chioino. ***** Da tutti gli alpini auguri di tanta felicità ai novelli sposi e … tanti bocia. ***** LUTTI SOCI ALTAVALPOLCEVERA – il socio Ugo Parodi, classe 1943, consigliere e segretario del gruppo. BOLZANETO – il socio Aldo Marchi, classe 1934. CAMPOLIGURE – Il socio Giuseppe Leoncini (Stampa), classe 1920, reduce di Russia. CROCEFIESCHI – Il socio Cesare Massarino, classe 1926. ISOLA DEL CANTONE – il socio Massimo Acerbo, padre del socio Michele e zio del socio Renzo Acerbo. MEZZANEGO – il socio Remo Gandolfo, classe 1934 MEZZANEGO – il socio Carlo Olmeda, classe 1943. MONTOGGIO – il socio Feliciano Bastianutti NERVI – il socio Giorgio Casagrande PIEVE – SORI – il socio Andrea Maine, classe 1914, reduce del fronte occidentale. RAPALLO – il socio Edoardo Fontana, classe 1939 già socio del gruppo di Recco. RIVAROLO – il socio aggregato Bentivoglio Grandi. SAN COLOMBANO CERTENOLI – il socio Agostino Raggio, classe 1920, reduce di guerra, zio dei soci Giovanni, Stefano e Alberto Raggio. SANTOLCESE – il socio amico degli alpini Giacomo Carossino. SANTO STEFANO D’AVETO - la socia aggregata Angela Cella, sorella dei soci Olivo e Aldo Cella e zia dei soci Pellegro Rossi e Tilde Barattini. SANTO STEFANO D’AVETO – il socio Antoni Guardincerri, classe 1936. SERRA RICCO’ – il socio Luigi Davide Porcile SERRA RICCO’ – il socio Giovanni Bertolotti (Nan). SESTRI LEVANTE – il socio Giuseppe Almori, classe 1935. VALBRUGNETO – il socio Amico degli alpini Adamo Fraguglia, fratello del socio Giovanni Fraguglia. VOLTRI – il socio Dario Dellepiane VOLTRI – il socio Colombano Macellari. ***** FAMIGLIARI ALTAVALFONTANABUONA – l’appuntato CC Almelindo De Vincenzi, padre del socio Alberto De Vincenzi. N F ALTAVALPOLCEVERA – la signora Maria Luisa Scotto, sorella del socio Silvio Scotto e zia del socio Simone Scotto. BOLZANETO - la signora Silvana Bruzzese cognata del socio Claudio Poirè. CAMPOLIGURE – la signora Maria Puppo, suocera del socio Pietro Oliveri. CAMPOLIGURE – il signor Gio Batta Ferrari, cognato del socio Santo Oliveri. CORNIGLIANO – il signor Giovanni Benso, padre del socio Massimo Benso FAVALE DI MALVARO – la signora Agnese Fontana suocera dell’Amico degli Alpini Franchino Boitano GENOVA CENTRO – la signora Maria Rosa Firpo ved. Guerriero, sorella del Presidente Pietro Firpo. GENOVA CENTRO - la signora Maria, madre del socio Andrea Truscello. ISOLA DEL CANTONE – la signora Maria Parodi, zia del socio Marco Cornero. MASONE - Suor Maria Pastorino, sorella del socio Matteo Pastorino e zia del socio Andrea Pastorino. MASONE – la signoraCamilla Cavanna nipote del socio Domenico Cavanna. MASONE – la signora Angela Pastorini, madre del socio Mattia Ottonello. MEZZANEGO – Don Carlo Ginocchio, fratello dei soci Giovanni e Giuseppe Ginocchio. MEZZANEGO – la signora Eugenia Spinetto, suocera del socio aggregato Franco Federici. ORERO - il signor Giuseppe Zanardelli, padre del socio Mario Zanardelli RAPALLO – il signor Giuseppe Puggioni, padre del socio Alessandro Puggioni. RAPALLO – la signora Ada Mattei ved. Rossi, madre della socia Emmanuela Rossi. SANTA MARGHERITA – la signora Adelina Vassallo, moglie del socio Paolo Cuneo. SANTO STEFANO D’AVETO - il signor Emilio Marubbio zio del socio Giuseppe Cella. SANTO STEFANO D’AVETO - il signor Luigi Fontana fratello del socio Enzo Fontana e cugino dei soci Giampiero e Giuseppe Cella, Pietro e Mario Fugazzi e Roberto Pareti . SANTO STEFANO D’AVETO – la signora ANNA GAZZOLO suocera del socio Gildo Carpanese. SANTO STEFANO D’AVETO – il signor Luigi Pareti fratello del socio Roberto Pareti e cugino dei soci Giampiero e Giuseppe Cella, Pietro e Mario Fugazzi e Enzo Fontana. SANTO STEFANO D’AVETO – La signora Maria Canessa, suocera del socio Nico Dellacasagrande. SAVIGNONE - la signora Vittoria A M I G L I A Granara, madre del socio Marcello Firpo. SERRA RICCO’ – il signor Pasquale Violi, suocero del socio Rinaldo Ghiglino. SESTRI LEVANTE – il signor Luigi Conti, padre del socio Giovanni Conti. SESTRI LEVANTE – il signor Gino Taddei, fratello del socio Angelo Taddei. SESTRI LEVANTE – il signor Bruno Taddei, fratello del socio Angelo Taddei. TORRIGLIA – la signora Lina Ferro ved. Campanella, suocera del socio Angelo Garbarino. VALVERDE – la signora Rosa Rossi, madre dei soci Mario e Francesco Molinari, e nonna del socio Massimo Molinari. VALVERDE – il signor Giovanni Cerruti, suocero del socio Alberto Soffiantini. VALVERDE – la signora Ivana Franz cognata del socio Sandro Sacco. VALVERDE – la signora Marina Sacco, sorella del socio Sandro Sacco. ***** A tutti i famigliari l’espressione del più vivo cordoglio da parte delle penne nere genovesi. ***** ANNIVERSARI NOZZE D’ARGENTO (25anni) SANTO STEFANO D’AVETO - Il socio Giuseppino Tosi con la gentile consorte signora Rosanna Tosi. NOZZE D’ORO (50 anni) REZZOAGLIO – il socio Francesco Fontana con la gentile consorte signora Antonietta Vimercati. SANTO STEFANO D’AVETO - Il socio Sergio Giuffra con la gentile consorte signora Maria Tilde Pareti. ***** Agli sposi le nostre sincere congratulazioni ***** CENTENARI RIVAROLO – il socio Emilio Zerbo, classe 1915, reduce dei fronti occidentale e Greco-albanese, e prigioniero in Germania ***** Auguri, vecio ***** LAUREE ALTAVALPOLCEVERA – la signorina Elisa Tacelli, nipote del socio Romano Ghiglione, si è laureata in Economia ***** Congratulazioni, Dottoressa 43 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 I N F A M I G L I A GRUPPO DI BORZONASCA GRUPPO DI BUSALLA La Scarponcina Agnese, in braccio al felicissimo nonno Luigi Cademartori. Agnese è figlia di mamma Sara Isetti e papà Michele Cadermartori, figlio del socio Luigi Cademartori e cugino dei soci Renzo Longinotti e Mauro Curotto. Il socio Giancarlo Percivale con la figlia Stefania e i nipoti Giorgia e Filippo GRUPPO VALBRUGNETO Il socio Adriano Cavallino con le nipoti Nicole e Michelle GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 44 I N F A M I G L GRUPPO DI CARASCO GRUPPO ALTAVALPOLCEVERA La piccola Beatrice in braccio al nonno, il socio Andrea Perazzo. UGO PARODI I A Classe 1943, socio, consigliere e segretario del Gruppo Altavalpolcevera. La sensazione di smarrimento per la perdita di Ugo Parodi, “il maresciallo”, come lo chiamavamo in ragione delle sue molteplici attività nel Gruppo è troppo grande per essere efficacemente descritta a parole. Caro Ugo, della Tua umiltà, dedizione, competenza, altruismo, Alpinità, ci rimane una tale e concreta testimonianza che faticheremo non poco solamente ad imitarti e per le tue attività di segretario, contabile, tuttofare, organizzatore, il Gruppo avrà enormi difficoltà a sostituirti nelle tue mansioni. Non ci hai mai fatto pesare la tua religiosità che abbiamo visto testimoniata anche da tutti i “tuoi” parrocchiani prima e durante il tuo funerale. Ci raccomandiamo a quest’ultimo aspetto per chiederti, ora che sei nel Paradiso di Cantore, di vegliare, pregare, intercedere perché il nostro Gruppo sia sempre dispensatore dell’ALPINITA’ che ci hai sempre testimoniato. Il tuo Gruppo, che tanto amavi, ti stringe in un forte abbraccio Alpino. Silvio S. GRUPPO DI ORERO Mirco Debenedetti, figlio del socio Giuseppe Debenedetti e nipote del capogruppo Marco Debenedetti nel giorno del matrimonio con la gentile signorina Sara Sturlese. 45 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 I N F A M I G L I A GRUPPO SOPRALACROCE AURORA MASSA GRUPPO DI CAMPO LIGURE E’ morta l’Aurora, l’amica di noi alpini! Siamo a testa china. I ricordi vanno su e giù in un singhiozzo di emozioni e ricordi. Cammina Italia 1999 e tante altre manifestazioni e il Pratomollo, sempre in cucina, sempre disponibile: la casa sempre aperta per gli alpini. Avevamo fame ci ha dato da mangiare, non sapevamo dove dormire ci ha dato da dormire! Ci ha fatto amare Prato Sopralacroce. Questa volta sono andato a Sopralacroce dall’Aurora per l’ultima volta al funerale, il tempo ha portato via le impronte della vita ma non i ricordi! L’Aurora era la doppia mamma degli alpini. Non era diversa, non era speciale, era una donna alpina. Il nostro ricordo oggi non può essere ricondotto ad uno scarno necrologio quale socia aggregata. Aveva il grembiule che sapeva di sugo di tutti i sapori del mondo. Segreti della Rita e Carmelo. Storie e altri personaggi. Amante del gusto. Quando muore una donna “alpina” e senti il suo ultimo battito, capisci che la vita è lontana da ogni altro esempio quotidiano. Un’unica ragione del cuore. Un solo uomo per il resto della vita. Avete sentito? Un solo uomo nel bene e nel male. Brividi! L’unica cura per tutte le violenze dell’anima: la disponibilità e la fede. Oggi era magra, scavata… si è spenta...ma sul mio sorriso, sul nostro sorriso, nulla potrà essere ombra o copia....basta fermarsi un attimo, sedersi, prendere una mano con una mano, adagiarla sul viso e quel calore ritorna di luce...intima. Ciao Aurora, Grazie Rita e Carmelo per quanto avete fatto per Lei, un mondo di bene.... Noi alpini del vecchio corso non scorderemo mai quanto fatto per questa Associazione.... Il 2 luglio 2015 è andato avanti Giuseppe Leoncini, “Stampa” , storico capogruppo dal 1969 degli Alpini di Campoligure. Nato nella sua Campo il 7 agosto 1920,chiamato alle armi l’11 marzo del 1940,viene assegnato al Battaglione Val Tanaro, Divisione Cuneense, partecipando a varie azioni di guerra sul fronte occidentale. Partito col suo reggimento per la Russia il 5 gennaio del ‘43,destinazione Rossosch, giungendo al fronte il 10 gennaio 1943,persi i contatti con la sua divisione, la Cuneense, è stato aggregato alla divisione Tridentina, prese parte anche alla battaglia di Nicolaiewka, sopravvissuto a queste innumerevoli vicende riesce a tornare, in patria, a casa. La sua iscrizione all’ANA, corrisponde e coincide all’anno di fondazione del Gruppo Alpini di Campo Ligure, è il 1954. Nel 1969 ne diventa il capogruppo, rimarrà tale per oltre un quarto di secolo. Ho conosciuto lo Stampa e gli amici alpini di Campo agli inizi anni ‘80, infatti la mia prima iscrizione all’ANA risale al gennaio 1983 e la mia tessera n.38828, porta in calce la firma di Giuseppe Leoncini. La sede, intitolata alla M.A.V.M. Ten.Col. Vincenzo Mignone, allora era in Vico Stura, l’inaugurazione dei locali offerti dal Comune, era stata il 3 ottobre del 1982. In quel periodo gli iscritti erano una cinquantina di alpini, anche se già allora era notevole il numero dei simpatizzanti che partecipavano alla vita del gruppo. Nel periodo che copre il decennio degli anni ‘80/90, innumerevoli iniziative e manifestazioni hanno caratterizzato la vita dl Gruppo sotto la guida dello Stampa, la più significativa è stata l’inaugurazione, era il 7 ottobre 1984,con una grande manifestazione per il numero dei partecipanti, del monumento “AI CADUTI E DISPERSI APPARTENENTI ALLE DIVISIONE ALPINE”, situato a fianco della cappella Mater Salvatoris, ricostruita dopo l’alluvione del 1977. L’idea di questo monumento era nata durante una delle frequenti riunioni che tenevamo alla sera presso la nostra sede, e tra uno o più bicchieri di vino e/o di grappa, abbiamo pensato, disegnato e poi costruito, con le nostre mani, questo cippo, che ancora oggi è meta di tanti alpini e no che visitano Campo Ligure. Vari sono stati i riconoscimenti che Leoncini ha ricevuto per il suo impegno nel sociale, e il 27 settembre del 2007, lui grande uomo di fede, è stato insignito dal Vescovo di Acqui Terme dell’onorificenza di Cavaliere della Chiesa. Dal 1995 il Capogruppo è Gianfranco Casagrande, la nuova sede è all’interno del Castello Spinola, Gianfranco sta portando avanti, tra molte difficoltà ma con pari impegno quanto Stampa ha fatto per il Gruppo Alpini di Campo Ligure. Un particolare ringraziamento al figlio Giulio per la sua autorizzazione a pubblicare questo articolo. Un saluto alpino a te caro capogruppo. FRANCESCO CASSIERI ALPINO PIERO BONICELLI GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015 46 GUSEPPE LEONCINI I N F A M I G L I A GRUPPO DI MEZZANEGO REMO GANDOLFO Remo eri uno dei soci più anziani, fiero alpino del Battaglione Ceva, del 4° Reggimento, sei andato avanti dopo più di cinquant’anni con noi, sempre pronto a dare un mano fattiva in tutte le circostanze ed eventi alpini in cui il Tuo Gruppo è stato coinvolto. La tua alpinità, con profondo senso del dovere e senso di solidarietà, è stata per tutti noi un continuo esempio che cercheremo di emulare sulla strada da Te tracciata. Ti ringraziamo per quello che ci hai insegnato ed i valori alpini che ci hai trasmesso e, stanne certo Remo, faremo di tutto per portare sempre con onore, anche nel Tuo ricordo, il nostro amato cappello alpino. Ora, dopo le sofferenze terrene, Ti sappiamo felice nel Paradiso di Papà Cantore assieme ai Tuoi vecchi compagni di ‘naja’ e del nostro Gruppo, da lassù sorridici ed aiutaci ad essere alpini sempre degni di questo nome! Alpino Remo Gandolfo! Presente! GLI ALPINI DEL GRUPPO DI MEZZANEGO GRUPPO DI VOLTRI DARIO DELLEPIANE Dario, Vice Capo Gruppo degli Alpini di Voltri, alpino sciatore, il nostro grande “capocantiere”, ci ha lasciato. Instancabile nel lavoro, con la sua grinta, con il suo spirito combattivo dettava i tempi e ci spronava a portare avanti i lavori nella nuova sede: il muro a secco in pietra del monumento e del piazzale, il muretto di contenimento verso la ferrovia, le intercapedini intorno alla casa e i numerosi lavori interni all’edificio. Era bello vederlo passeggiare sicuro sui ponteggi nonostante la sua non più giovane età. Ricordo i suoi consigli, a volte burberi, per farci capire l’importanza del lavoro di squadra, ognuno doveva eseguire il compito ricevuto altrimenti non si potevano completare in tempo lavori programmati. Il suo ultimo desiderio è stato la ristrutturazione del cippo dedicato agli alpini presso il Santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta, in occasione del centenario del 1915/1918. 47 GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015