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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
SEZIONE DI MILANO
Gruppo Milano Centro “Giulio Bedeschi”
Milano, 15 settembre 2016
OGGETTO:
Comunicato stampa
“Si combatteva qui! 1915 – 1918”
Uno studioso "bizantino" di pensiero militare sarà il 4 ottobre al Circolo Volta di Milano,
via G. Giusti 16, ore 21.
Il Prof. Gastone Breccia ripercorrerà le tragiche fasi iniziali del conflitto, illuminate solo
dall'eroica conquista da parte delle penne nere della cima, inespugnabile, del Monte Nero.
Metti una sera un esperto di storia bizantina con il vezzo di viaggiare per territori insidiosi e
squassati da guerre e guerriglie, come Afganistan Siria e Irak; un ricercatore da campo con il
"pallino" della storia militare e in particolare attratto da guerriglia e controguerriglia così come
si sono evolute nel pensiero militare dall'antica Roma fino ai nostri giorni. Questo raro prezioso
e famoso studioso, che risponde al nome di Gastone Breccia, livornese classe 1962, docente
universitario all'ateneo di Pavia, è stato invitato per la sera del prossimo 4 ottobre dal “Comitato
per il Centenario” del Gruppo Alpini Milano Centro "Giulio Bedeschi" che, nell'ambito delle
celebrazioni dedicate alla Grande Guerra, lo accoglierà al Circolo Volta di Milano, via Giusti 16
(ore 21), di fronte ad una sala colma di appassionati, cultori di storia, militari, tanti alpini e
custodi di sacre memorie.
"Montenero - 1915: l'Italia va in trincea" recita la locandina della serata storico-culturale. È un
pensiero-sintesi ed è anche, in parte, il titolo di uno dei tanti libri scritti dal professor Breccia. Il
volume 1915: l'Italia va in trincea, edito da "Il Mulino", ripercorre la storia militare dei primi
mesi della Grande Guerra sul fronte italo-austriaco, con la mancata irruzione oltre frontiera
dell’ultima settimana di maggio e l’agonia estenuante delle battaglie di logoramento autunnali.
Lo studioso "dell'arte della guerra" sarà il narratore di una storia tragica talmente complessa da
risultare mai sufficientemente approfondita e scandagliata nei particolari meno noti.
La serata sarà tutto un alternarsi di letture, proiezioni di diapositive, accompagnamenti musicali
e cori alpini (il coro di Abbiategrasso); ma il filo di Arianna sarà saldamente nelle mani del
Relatore, che ci farà rivivere episodi noti e meno noti del conflitto.
La prima parte della Grande Guerra italiana sono sei mesi di sanguinosi fallimenti. L'arco
temporale che va dal 24 maggio al 31 dicembre 1915 è senz’altro il meno conosciuto e
approfondito.
Via Vincenzo Monti, 36 (ang. Via Rovani) - 20123 Milano
COMITATO PER IL CENTENARIO
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
SEZIONE DI MILANO
Gruppo Milano Centro “Giulio Bedeschi”
Secondo il professor Breccia in quell’avvio, il nostro Paese arrivò a un passo dal tracollo,
essendo entrato del tutto impreparato nel conflitto, nonostante l’ingresso ritardato avesse
mostrato a cosa si andasse incontro. Dopo il fallimento delle prime spallate, la prova durissima
venne superata e l’Italietta scoprì di avere risorse insperate per continuare a combattere, ma la
Nazione e l’Esercito vennero scossi profondamente dall’orrore inaudito di una guerra di
logoramento, che chiedeva sangue e sacrifici come mai, oltre a uno sforzo produttivo ed
organizzativo senza precedenti.
Il momento chiave fu il dicembre 1915: la fase più delicata, dove si sfiorò il collasso, si tenne e
si raccolsero le forze necessarie ad affrontare l’immane tempesta d’acciaio.
Gli eserciti stavano sperimentando il progresso tecnologico che metteva in netto vantaggio i
difensori sugli attaccanti. Si pensi al volume di fuoco che un reparto di fucilieri, ben protetto,
poteva scatenare sul nemico all’assalto. I nostri non fecero altro che attaccare e gli
austroungarici altro che difendersi attivamente. Cosi ci si può rendere conto del macello dei
fanti in grigioverde, costretti all’iniziativa per quasi tutta la durata della guerra.
Pallottole e proiettili, pietrame e schegge, sbarramenti e reticolati, fuoco, pietre, spine: ecco gli
elementi primordiali contro i quali i nostri si trovarono a combattere. Cadorna, il capo supremo
del regio Esercito, non vedeva alternative al cocciuto attacco frontale contro posizioni ben
presidiate e ammoniva addirittura di tralasciare ogni velleità di aggiramento, perché in una serie
di linee fortificate anche le diversioni si sarebbero risolte in attacchi frontali. Preludio alle
motivazioni che portarono allo sfondamento di Caporetto.
In tanta distruzione e carneficina brillò l'operazione degli alpini sul Monte Nero. Il 16 giugno di
cento anni fa gli alpini del 3° reggimento espugnarono con un abile colpo di mano la vetta del
Monte Nero, una posizione austriaca considerata inespugnabile per il profilo della montagna e
per le difese che la presidiavano. E’ il primo successo italiano nella Grande Guerra, poche
settimane dopo la discesa in campo del 24 maggio 1915.
Si tratta nei fatti di un colpo di mano e gli ordini per i plotoni erano chiari: arrampicarsi, stare
sotto, non mancare un solo passo per non perdere contatto, silenzio assoluto, non tossire, non
chiamarsi neppure sottovoce e attenzione a non smuovere sassi. In pratica avevano, in un certo
senso, disobbedito a Cadorna.
E’ un’azione fulminea e coraggiosa, quella del 3° alpini: un blitz da forze speciali. Non solo sui
bollettini e sui periodici italiani si parlò del Monte Nero, su cui verrà scritto uno dei canti più
famosi e struggenti degli Alpini. La giornalista viennese Alice Schalek - una delle prime donne
corrispondenti dal fronte – nel 1916 citò infatti l’azione nel suo libro ‘Am Isonzo’
(recentemente pubblicato anche in italiano): “Quando qui si parla di questo brillante attacco, che
nella nostra storia della guerra viene registrato apertamente come un successo del nemico,
ognuno aggiunge in fretta: «Giù il cappello davanti agli alpini, è stato un capolavoro!»”.
Comitato per il Centenario
Gruppo Alpini Milano Centro
Il Coordinatore Comitato Scientifico
Renzo Giusto
Via Vincenzo Monti, 36 (ang. Via Rovani) - 20123 Milano
COMITATO PER IL CENTENARIO