dic 07 stampa - Associazione Nazionale del Libero Pensiero

Transcript

dic 07 stampa - Associazione Nazionale del Libero Pensiero
In caso di mancato recapito, restituire al mittente che s’impegna
a pagare la relativa tassa presso C.M.P. - TO-NORD
“Non si dicono mai tante bugie
quante se ne dicono prima
delle elezioni, durante una
guerra e dopo la caccia”
OTTO VON BISMARCK
“Il denaro non cambia
gli uomini,
li smaschera solamente”
HENRY FORD
PERIODICO INDIPENDENTE FONDATO NEL 1949
ANNO LIX - N. 9 - NOVEMBRE 2007
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Consolata, 11 - 10122 TORINO
e-mail: [email protected] - Telef. + Fax 011.521.20.00
Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TORINO
10 ANNI DOPO IL PROTOCOLLO DI KYOTO
CONFERENZA O.N.U. A BALI
PER UN CLIMA MENO INQUINATO
La conferenza dell’ONU
sul clima, svoltasi a Bali (Indonesia) con la partecipazione di 180 Paesi, ha affrontato il drammatico problema
dei mutamenti climatici, che
derivano dalle emissioni inquinanti l’atmosfera.
Il Protocollo di Kyoto del
1997 fissava gli obiettivi per
il 2012, ma gli USA non lo
hanno ratificato e così è proseguita la corsa minacciosa
dell’effetto serra sul futuro
del nostro pianeta. Per evitare i guai delle variazioni
del clima la conferenza di
Bali doveva superare i contrasti fra l’Europa, che pretende vincoli precisi per la
riduzione dei gas (a cominciare dall’anidride carbonica) e Stati Uniti, Giappone e
Russia, che propongono un
programma di riduzioni su
base volontaria e nazionale.
Gli scienziati hanno constatato che per l’aumento
della temperatura i ghiacciai
si stanno ritirando più velocemente del previsto (ad
esempio la quantità di ghiaccio perso dalla Groenlandia
nell’ultimo anno equivale al
doppio di tutto quello delle
Alpi. Il ghiaccio copre oggi
un’area inferiore del 40% rispetto a 26 anni fa), si sciolgono gli iceberg facendo salire il livello dell’oceano, si
estinguono per il riscaldamento del mare fino a 3.000
m e l’assottigliamento della
banchisa che fa mancare il
cibo e la terra, specie animali
nell’Antartico (come i pinguini), si verificano inondazioni rovinose mentre si accorcia il corso dei fiumi si moltiplicano le malattie polmonari per la nube tossica che
grava sulle città, la fascia
terrestre dei Tropici si sta allargando a nord e a sud (più
2,5° C di incremento) alterando gli ecosistemi per effetto della carenza di piogge
(desertificazione del suolo,
siccità diffusa, violente tempeste tropicali in aree densamente popolate, spostamento di specie animali e vegetali verso le nostre latitudini con effetti negativi).
Insomma, secondo una ricerca pubblicata su “Nature
Geoscience” redatta da scienziati di vari Paesi, la Terra
verrà trasformata drasticamente dal riscaldamento globale. Per salvare il pianeta
dal futuro collasso climatico
bisogna stabilizzare le
emisssioni di gas serra entro
il 2020 e dimezzarle entro il
2050 (quando la temperatura mondiale sarà aumentata
di 5°C) compiendo una vera
e propria rivoluzione energetica per sviluppare nel più
breve tempo possibile le fonti rinnovabili di energia sostituendo i combustibili
(come il carbone) che producono le più elevate emissioni
di gas serra. Gli effetti devastanti saranno assai più gravi nei Paesi poveri (già distrutto il 40% delle barriere
coralline, scomparso il 95%
del lago Ciad e il 75% del
mare di Aral, abbassato di 25
m. il Mar Morto). Entro un
decennio, tra il 75 e i 200 milioni di africani saranno minacciati dalla siccità.
Per queste ragioni il vertice di Bali (dal 3 al 14 dicembre ) ha assunto una particolare importanza intendendo sostituire il Protocollo di Kyoto, respinto da USA
(dal giornale tedesco “SUDDEUTSCHE ZEITUNG”)
e Australia e non completamente applicato da altri Paesi firmatari. In Europa sono
forti le riduzioni di gas in
Germania e Inghilterra per
la rinuncia al carbone nella
produzione elettrica, ma ciò
ha compensato il forte aumento delle emissioni di gas
in Irlanda, Spagna ed altre
economie emergenti.
L’Amministrazione degli
USA è contraria ad accordi
internazionali sulle questioni ambientali. Il Premio Nobel per la pace Al Gore a Bali
ha definito gli USA i principali responsabili dello stallo dei negoziati. L’ex-vicepresidente americano ha
L’INCUBO DEL
RISCALDAMENTO
TERRESTRE
- 0,4 millimetri = aumento medio annuale del livello dei mari
- 9% = ritmo di riduzione decennale dei ghiacci artici
- 152 Kmc. di ghiaccio
perduti annualmente
dall’Antartide
- 3,5 gradi = aumento
medio delle temperature nei prossimi 10 anni.
- 28% = aumento dei
casi di malaria entro il
secolo
- 8% = necessaria riduzione delle emissioni di
gas in Europa entro il
2012
chiesto un nuovo accordoquadro pur senza l’adesione
di Washington, operativo dal
2010.
A guidare l’offensiva per
superare lo scontro USAEuropa sono stati la Francia
e la Germania (purtroppo
l’Italia è al 41° posto della
lista dei 56 Paesi più inquinati). Al termine di 13 giorni di trattative, le delegazioni dei 190 Paesi hanno approvato un documento per
negoziare “non più tardi del
prossimo aprile” la prima
fase del protocollo di Kyoto,
che scade nel 2012, arrivando così entro la fine del 2009
a un nuovo piano per combattere l’effetto serra e il
surriscaldamento del Pianeta.
L’intesa è giunta con il
consenso degli USA in linea
di principio contrari - come
Giappone e Russia - alla de-
finizione di vincoli obbligatori sulle emissioni di gas serra, e per questo impegnati in
un estenuante braccio di ferro con l’Europa che invece,
insieme ad alcuni Paesi in
via di sviluppo, voleva la riduzione delle emissioni del
25-40% entro il 2020.
Apprezzabile l’impegno a
trasferire tecnologie ai Paesi emergenti affinché possano produrre in modo meno
inquinante e aiutare i Paesi
in via di sviluppo per conservare e proteggere foreste e
giungle al fine di trattenere
il biossido di carbonio.
Cina e India - Paesi altamente inquinanti - hanno
chiesto aiuti finanziari e tecnologie per ridurre l’inquinamento e aumentare l’efficienza energetica senza frenare lo sviluppo.
In gennaio è previsto alle
Hawaii, promosso dagli USA
con la formula G8+5 (cioè gli
8 Grandi + Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa)
un “Major Economies Meeting” per nuovi negoziati fra
Paesi industrializzati e Paesi emergenti, che accusano
le ex-Potenze coloniali di voler introdurre limiti obbligatori alle emissioni per frenare la crescita di economie rivali.
Alfredo Ventura
IL CARCERE
DI GUANTANAMO
DEVE ESSERE CHIUSO
In un nuovo Rapporto dell’ONU l’esperto finlandese Martin Scheinin, invita gli USA a processare o scarcerare tutte le persone detenute quali “combattenti nemici illegali”, a chiudere il
carcere di Guantanamo e ad abolire le commissioni militari istituite nel 2006.
L’esperto dell’ONU sui diritti dell’uomo nel quadro della lotta contro il terrorismo, ha espresso vivissime riserve sulle pratiche
americane di detenzione, interrogatori e tribunali militari. Ha anche esortato gli USA a cessare la
pratica della CIA di trasferire i
sospetti verso Paesi stranieri per
interrogarli. Scheinin ha espresso viva preoccupazione di fronte
alle “tecniche di interrogatorio
che utilizzerebbe la CIA” e ha ricordato alle autorità americane
che in virtù del diritto internazionale “non esiste alcuna circostanza nella quale un trattamento crudele, inumano o degradante può
essere giustificato”.
L’esperto finlandese ha infine lamentato che gli USA non gli
abbiano permesso di intrattenersi con i prigionieri di Guantanamo in privato, mentre ha avuto
un accesso senza ostacoli a detenuti sospettati di terrorismo in
Paesi come la Turchia, Israele e
Sudafrica.
Scheinin, incaricato dal Consiglio dei Diritti dell’Uomo dell’ONU aveva presentato un Rapporto preliminare nel maggio
scorso. Ora ha presentato la versione definitiva del suo Rapporto annuale davanti alla Commissione dei Diritti dell’Uomo dell’Assemblea generale dell’ONU.
Diffondete
L’INCONTRO
Abbonatevi
Il 19 aprile 1993 il referendum popolare sul sistema
elettorale del Senato, promosso da Segni, Giannini e
Pannella, introdusse il sistema maggioritario uninominale per l’elezione dei senatori. Pertanto il 4 agosto la
Camera approvò la nuova
legge elettorale per il Senato
(contemporaneamente anche
l’abolizione del finanziamento pubblico dei Partiti, votato dal 90% degli elettori).
Da allora molto si è discusso sulla scelta della tecnica elettorale. La legge decisa nel dicembre 2005 dal
Governo di Centro-Destra
con cui si è votato nell’aprile
2007, ha dato pessimi risultati. Infatti il sistema istituito dalla Commissione presieduta dall’on. Calderoli ha
introdotto per l’elezione del
Senato una rappresentanza
regionale, per cui premio di
maggioranza e sbarramenti
furono calcolati in base ai
voti ottenuti in ciascuna regione, con diverse soglie da
raggiungere: il 20% per le coalizioni, l’8% per i Partiti
non alleati, il 3% per gli altri.
Il risultato fu una maggioranza estremamente ridotta al Senato, da cui sono
derivati il rischio continuo di
caduta del Governo durante
le votazioni, l’eccessivo uso
del voto di fiducia, il ricatto
dei piccoli Partiti determinanti per la tenuta del Governo, la persistente divergenza politica fra i Partiti
della coalizione di Centro-Sinistra e quindi l’immobilismo dell’azione governativa.
Frequentemente Prodi ha
prevalso per il voto dei senatori a vita, del tutto legitti-
(dalla “SUDDEUTSCHE ZEITUNG”)
mo (nonostante l’opinione del
Centro-Destra), ma rischioso
per l’assenza occasionale di
qualcuno di essi, anziano o
infermo.
Si è dunque resa necessaria, di fronte ad un’ insufficiente azione della maggioranza - che ha fatto perdere
credibilità nel Centro-Sinistra - l’adozione di un nuovo
sistema elettorale, senza ricatti, senza la frammentazione in Partitini dell’1 o 2 per
cento di voti, senza continui
rinvii di riforme urgenti.
In attesa di questa nuova
legge elettorale l’on. Segni e
il prof. Guzzetta hanno proposto un “referendum elettorale”, che dovrebbe effettuarsi fra il 15 aprile e il 15 giugno 2008. Ma è preferibile
che la nuova normativa venga decisa dal Parlamento anziché dal referendum. Esso
reca innovazioni negative,
come abbiamo illustrato nel
precedente numero del nostro
giornale. Vari Partiti sono
contrari al referendum e ciò
fa sperare che si riesca a raggiungere un accordo mediante l’approvazione da parte
della Commissione Affari
Costituzionali di una nuova
legge elettorale, che renderebbe inutile il referendum.
Ma quale tipo di legge
elettorale dovrebbe essere
adottato? Le alternative sono
fra il sistema maggioritario
(a turno unico o doppio, sbarramento superiore o inferiore al 5%) e il sistema proporzionale (con o senza premio
di maggioranza, con o senza
preferenze per i singoli candidati).
Si fanno gli esempi della
Germania, della Francia e
della Spagna. Per quanto riguarda la Germania, il sistema in vigore è quello proporzionale: tanti voti, tanti seggi. Dalla ripartizione dei seggi sono tuttavia esclusi i Partiti che non hanno raggiunto
almeno il 5% dei voti. Tuttavia tale sistema è piuttosto
misto, poiché l’elettore dispone di due voti, uno in collegi
uninominali maggioritari ed
uno su lista bloccata. Con un
voto si determina quanti seggi spettano ad un Partito, con
l’altro voto (personalizzato)
quali sono gli eletti di ciascuno di essi.
Dei 598 seggi del Bundestag, 299 sono assegnati in
collegi uninominali a scrutinio maggioritario, mentre
per l’assegnazione dei residui
seggi si procede mediante
scrutinio a rappresentanza
proporzionale con voto bloccato di lista in un ambito territoriale, coincidente con i
Länder (Regioni). Il sistema
tedesco, strutturato in due
poli, con lo sbarramento del
5%, tende al bipolarismo
(nella fattispecie il democristiano CDU e il socialdemocratico SPD, oltre al post-comunista PDS). Lo spazio limitato ci impedisce di illustrare pregi e difetti del sistema tedesco.
In Francia si vota con sistema elettorale maggioritario uninominale a doppio
turno con ballottaggio. Nel
sistema istituzionale francese esistono due Camere, l’Assemblea Nazionale (577 seggi) e il Senato (331 seggi).
Soltanto la prima è una Camera politica, poiché legata
da un rapporto di fiducia con
il Governo. Viceversa il Senato, oltre a non poter dare
la fiducia al Governo o revocarla, ha una posizione subordinata.
Un candidato all’Assemblea Nazionale deve ottenere
la maggioranza assoluta al
primo turno (non basta la
maggioranza relativa come
in Gran Bretagna). Se non
ottiene il 50% + 1 dei consensi deve passare al secondo
turno, ove basta la maggioranza relativa, purché si abbia ottenuto il 20% dei voti
al primo turno. In pratica
soltanto i candidati dei quattro Partiti più grandi possono ottenere la maggioranza
assoluta. Se nessuno la raggiunge si va ad un secondo
turno in cui si contrappongono due candidati, uno per la
coalizione di Centro-Destra
ed uno per quella di Centrosinistra.
In genere, i due Partiti
che compongono ciascun
schieramento si accordano
per presentare al secondo
turno il candidato che ha ottenuto, al primo turno, il
maggior numero di consensi.
I membri del Senato sono
scelti da collegi elettorali formati da coloro che hanno cariche elettive a livello locale
(deputati e consiglieri regionali eletti nei vari Dipartimenti, consiglieri comunali,
membri residenti all’estero o
nei territori d’oltremare). Si
impiega il sistema elettorale
maggioritario (uni o plurinominale) in due turni o, quando sono in palio più di 3 seggi per collegio, si applica il
sistema proporzionale in liste bloccate.
In Spagna vige un sistema proporzionale con soglie
di sbarramento limitate al
3%, che elimina i Partitini.
Le circoscrizioni coincidono
con le 50 province spagnole,
in ognuna di esse il numero
di parlamentari eletti è molto basso (in media 7) e i cittadini votano su liste bloccate senza voti di preferenza.
Per inserzioni rivolgersi alla nostra Amministrazione
“NACHT-HAXEN - STREGHE DELLA NOTTE”
COMBATTENTI AVIATRICI DELL'URSS
COLPIRONO GLI INVASORI TEDESCHI
Nel corso dell’ultima guerra mondiale sui vari fronti non
si verificò un impiego di equipaggi femminili su aerei in battaglia, eccetto che in Russia, dal
settembre 1941, allorché, sotto
la pressione dell’esercito tedesco diretto verso Mosca (Operazione “Taifun”-Tifone) Stalin
autorizzò l’impiego di donne
nelle Forze Aeree dell’Armata
Rossa, a causa dell’estrema penuria di elementi specializzati
maschili, falcidiati dalle cruente battaglie.
La guerra tra Russia e Germania aveva avuto inizio il 22
giugno 1941 con l’attacco tedesco all’Unione Sovietica (Operazione “Barbarossa”) che violava il patto di non aggressione fra le due Nazioni sottoscritto il 23 agosto 1939 dai Ministri degli esteri Molotov e von
Ribbentrop. Al momento dell’attacco la Germania schierava sul fronte orientale 150 Divisioni di cui 20 corazzate, forti di 5.300 carri armati e 5.200
aerei, a fronte di 150 Divisioni
russe (di cui 60 brigate corazzate) con 6.400 carri e 4.000 aerei: queste forze sarebbero aumentate nel 1943 rispettivamente a 200 Divisioni tedesche
e 380 russe, per finire, nel 1945,
con 80 tedesche e 440 russe.
Nell’autunno 1941 l’Armata dell’Est (“Ostheer”) della
Wehrmacht aveva occupato in
Russia un territorio che comprendeva circa il 45% dell’intera popolazione sovietica e sito
a circa 40 Km dalla capitale.
Erano cadute in mano germanica le grandi città di Smolenks
e Minsk (luglio), Voronez (agosto),
Kiev
(settembre),
Chark’ov (ottobre), Kursk (no-
PER UN SISTEMA ELETTORALE
GARANTE DELLA VOLONTA’ POPOLARE
DIF
DEL ESA
CLI
MA
Prezzo € 0,90
Abbonamento annuo € 9,00 - Estero € 25,00 - Sostenitore € 25,00 - Conto corrente postale 26188102
In Italia esistono ben 5 sistemi elettorali diversi: dal
proporzionale con o senza
sbarramento al maggioritario a turno unico (Comuni
fino a 15 mila abitanti, Politiche e Regionali) o a doppio
turno (Comuni con più di 15
mila abitanti e Provinciali),
dal premio di maggioranza
(Regionali e Politiche) alla
lista bloccata (Politiche ed
Europee). Dunque, una
quantità di sistemi utili più
al singolo Partito che al Paese.
Orbene, un buon sistema
elettorale deve soddisfare
due criteri: da un lato favorire la stabilità politica, dall’altro garantire la più ampia rappresentanza parlamentare degli orientamenti
ideali e degli interessi collettivi.
“Governabilità” e “rappresentanza” sono i due pilastri fondamentali per la democrazia. Il sistema proporzionale ci sembra il più adatto a rappresentare il Paese e
a governarlo, come dimostra
il fatto che 25 sui 27 Stati
dell’Unione Europea lo applicano sia pur con modalità diverse per particolarità
storiche, geografiche e politiche.
Bruno Segre
vembre). Le Armate del Reich
sembravano inarrestabili nella
loro marcia di avvicinamento
a Mosca. I russi avevano perso
4.500 carri armati, 8.500 cannoni e 1.800 aerei, oltre a 385.000
uomini tra caduti e prigionieri.
Nella primavera dell’anno
successivo (8 maggio 1942)
scattò il Piano Azzurro (“Blauplan”) tedesco che prevedeva
operazioni distinte in tre direzioni; a sud verso Sebastopoli
in Crimea, al centro verso Stalingrado e a nord verso Leningrado ad opera delle Armate di
von Manstein, von Boch, von
Paulus e Kleist. A luglio caddero in mano tedesca Rostov e
Sebastopoli, mettendo in una
crisi spaventosa l’apparato militare sovietico. Fu in quella disperata situazione, col pericolo di una capitolazione al momento in cui fosse stata occupata Mosca, che il Cremlino
fece appello a tutto quanto era
ancora disponibile per arginare l’avanzata del nemico. Per
questo si risolse all’impiego al
fronte anche di reggimenti aerei femminili.
Come erano nati e quale
evoluzione avevano avuto prima di questo impiego bellico?
Contribuisce a rispondere a
queste domande Marina Rossi
col suo libro “Le Streghe della
Notte”: le prime donne aviatrici dell’U.R.S.S., uscite con brevetto di pilota dall’Accademia
Aeronautica “Zukovskij”, cominciarono a volare nel 1935 su
aerei civili A.S. Jakoviev mod.
AM, alla cui guida erano le pilote Marina Machajlovna
Raskova di 22 anni e Elena
Nikolaevna Kusmina di 26.
Queste due ragazze costituirono il nucleo delle future aviatrici che, nel periodo bellico, si
meritarono dai colleghi nemici della “Luftwaffe” tedesca il
soprannome di “Streghe della
notte” (“Nacht-Hexen”) per la
loro audacia e pericolosità specie nelle azioni notturne. Quando i tedeschi diedero inizio all’Operazione “Taifun” il Comando dell’Aviazione russa
(VV-RKKA, Vojenno Vozdushnje
Sily – Rabocho Krestjanakoj Krasnoj Armii) incaricò la Raskova
e la Kusmina di formare un
gruppo aereo costituito completamente da equipaggi (piloti, ufficiali di rotta, tecnici) femminili che venne identificato
come 122°.
La Raskova, cui venne affidato il comando, chiamò a sé
le compagne che aveva conosciuto all’Accademia aeronautica e che avevano conseguito
i diplomi nelle varie categorie,
spiegando la possibilità a loro
offerta – prime donne al mondo – di condurre aerei da combattimento in battaglia, proseguendo quanto iniziato, nel
corso della prima guerra mondiale a Rostov, ove era stato allestito il primo reggimento aereo femminile dell’aviazione
sovietica (peraltro, allora mai
impiegato in combattimento
ma adibito soltanto ad operazioni logistiche e di ricognizione).
Nell’ottobre del 1941 il 122°
gruppo aereo femminile venne
suddiviso in tre reggimenti, dei
quali il primo (586°) al comando di Tamara Alexandrovna
Kazarinova, costituito da caccia bombardieri; il secondo
(587°) al comando di Marina
Raskova, costituito da bombardieri in picchiata; e il terzo
(588°) al comando di Irina
Rakobolskaja, costituito da
bombardieri leggeri particolarmente adattati per azioni notturne. Gli apparecchi in dotazione a questi reggimenti erano i caccia Polikarpov I 16-24
“Rata” e Yakoviev 9 D “Yak”; i
caccia-bombardieri Ilyushin II
2m3 “Ilyusha” e “Uljanov” UT
1; i bombardieri Ilyushin DB 3,
Tupolev ANT 40, Yakoviev N 12
e Jlyushin II 4, e i caccia-bombardieri Uljanov UT 6, Sukov
SU 2, Petliakov Pe 2 e Poliakov
PO 2: la Raskova ebbe anche la
possibilità di pilotare un Mikoyan Gurevich MIG 3. Complessivamente, al termine del conflitto, i reparti aerei femminili
sovietici disponevano di 125
apparecchi. Per confronto, la
flotta aerea dell’ARMIR (Armata Italiana in Russia) non
superò mai in tutto, i 104 aerei.
La prima missione bellica delle “Streghe” toccò al 586° nel
marzo 1942, cui seguirono il
65.000 morti e 49.000 feriti russi.
Nel corso di questa battaglia si distinse la pilota Lidija
Litvjak prima donna al mondo
ad abbattere un velivolo nemico nel corso di uno scontro aereo (Lidija ne abbatté in seguito altri 11, cadendo a sua volta
nell’agosto 1943). Anche il 587°
reggimento, formato da una
sola squadriglia con 22 aerei
venne inviato a Stalingrado nel
settembre 1942. Nel gennaio
1943, poco prima della resa dell’Armata tedesca, cadde, nel
corso di una furiosa tempesta,
l’aereo pilotato da Marina Roskova, la famosa pioniera delle donne pilota russe. In suo
onore e per i meriti acquisiti
per la patria, nel settembre dello stesso anno il 587° reggimento prese il nome di 125° reggimento aereo della guardia
“Marina Raskova”. Il 588°, con
22 aerei a formare una squadriglia, nel maggio 1942 entrò a
far parte della 218° Divisione
della 4° Armata aerea del colonnello pilota D. D. Popov, al
comando della Rakobolskaja e
fu inviato dapprima (giugno)
a Voro_ilograd e quindi, a settembre, a Sebastopoli e sul
fronte caucasico nelle battaglie
per la riconquista della città e
della zona. Nel febbraio 1943
cambiò nome e divenne il 46°
reggimento della guardia aerea
e il suo comando venne affidato a Eudokija Davidovna Bersanskaja, succeduta alla Rakobolskaja, caduta in combattimento sul fronte del Caucaso.
Quivi il reggimento perse complessivamente 10 aerei e venne quindi inviato sui fronti di
KerË, del fiume Dnepr, della
Crimea e contribuì specialmente alla liberazione di
Novoros_ijsk sulle rive del Mar
Nero. In azione cadde anche
Zenija Rudneva Maksimovna,
prima istruttrice di tutte le ufficiali di rotta dei gruppi aerei
femminili.
Nell’estate 1944 le mutate
esigenze belliche (i sovietici
erano passati dalla difensiva
all’offensiva) resero necessario
aggregare il 125° (già 587°) e il
46° (già 588°) alle Armate del
2° fronte bielorusso del mare-
TERRORISMO: UNA PESTILENZA MONDIALE
ABBONAMENTI PER IL 2008
Con il prossimo numero il nostro mensile entrerà nel 60° anno di ininterrotta pubblicazione
e di fedeltà al suo programma politico-culturale
a difesa dei diritti civili, contro ogni discriminazione di razza, religione, ideologia e contro ogni
minaccia autoritaria, per la pace e la collaborazione internazionale.
Purtroppo il servizio di distribuzione postale
fa pervenire le copie del giornale ai destinatari
in ritardo, a danno dell’attualità e dell’informazione. Confidiamo che i lettori comprendano
come i ritardi non dipendono dal giornale, ma
dalle Poste italiane.
Per garantire la vita de L’INCONTRO invitiamo i lettori a spedirci l’abbonamento ordinario
(euro 9) o quello sostenitore (euro 25 o più) o
quello per l’estero (euro 25).
L’invio del giornale sarà sospeso a chi risulta moroso da oltre un anno.
Agli abbonati chiediamo di rinnovare subito
l’abbonamento (inviandoci anche le quote arretrate), di procurarci nuove adesioni, di mandarci elenchi di nominativi a cui spediremo copie
in saggio, di partecipare alla sottoscrizione permanente “Perché viva L’INCONTRO”.
A quanti ci invieranno uno o più abbonamenti per un totale di almeno euro 25, spediremo in
omaggio un libro.
I versamenti possono essere fatti sul conto
corrente postale n. 26188102 intestato a L’INCONTRO, oppure mediante assegni bancari o vaglia postali.
(dalla “SUDDEUTSCHE ZEITUNG”)
588° a maggio e il 587° a novembre, impiegati nel contrasto al “Blau-Plan” tedesco.
Conosciamo alcune delle
più importanti azioni belliche
cui presero parte questi reggimenti. Il 586°, formato da due
squadriglie di 13 aerei l’una,
tutti pilotati da donne, dopo
aver compiuto numerose azioni di bombardamento su truppe nemiche nel corso della battaglia di Rostov nel luglio 1942,
venne inviato, alla fine dello
stesso mese, a difesa di Kastornoj e di Mijadin, al comando
dei maggiori Alexandr Gridnev e Klava Forniceva, quindi,
a settembre, alla difesa di Stalingrado. Quivi nella battaglia,
che si rivelò una fra le più decisive per le sorti della Seconda guerra mondiale, si affrontavano, su un fronte di circa 40
Km, la 6° Armata tedesca del
generale (poi feldermaresciallo) von Paulus, forte di 22 Divisioni (circa 330.000 uomini
con 450 carri, 10.000 cannoni e
800 aerei) e la 62° Armata sovietica del generale Cujkov (circa 600.000 uomini con 600 carri, 13.500 cannoni e 1.100 aerei).
La battaglia fra queste forze
immani finì il 31 gennaio 1943
con la resa di von Paulus a sud
della città e del suo sottordine
gen. Strecker il 2 febbraio a
nord, nelle mani dei generali
Cujkov, Rokossovskij e Ermenenko: i tedeschi lamentarono
120.000 morti, 50.000 feriti e
191.000 prigionieri a fronte di
sciallo Rokossovskij (promosso
maresciallo dopo la vittoria a
Stalingrado), contribuendo
così, a luglio, alla liberazione di
Minsk e, nel marzo 1945, all’occupazione di Torun. Sul finire
del conflitto, nella primavera di
quell’anno, i reggimenti aerei
femminili giunsero nei cieli
della Germania, bombardando
installazioni militari a Stettino
(nord della Prussia) e a Swinemunde ove si trovavano alcuni laboratori intenti alla realizzazione della bomba atomica.
Dal 9 maggio 1945, giorno
della fine della guerra in Europa, i tre reggimenti rientrarono a Mosca e, come riconoscimento dei loro meriti, avrebbero dovuto partecipare alla
grandiosa parata della vittoria
del 24 giugno, ma ciò non fu
possibile a causa del maltempo che non consentì ad alcun
velivolo di alzarsi in volo. Alla
fine di quell’anno i reggimenti
delle “Streghe” vennero smobilitati e le loro superstiti componenti rientrarono nella vita
civile.
Nel corso della Seconda
guerra mondiale le donne pilota impiegate in battaglia dall’Aviazione russa furono complessivamente 230 su 125 aerei
e di esse 31 caddero in combattimento. Effettuarono 24.000
voli di guerra e, in media, cia(segue a pag. 3)
Gustavo Ottolenghi
ANNO LIX - N. 10 - DICEMBRE 2007
2
UNO STRUGGENTE DESIDERIO DI OCCIDENTE
LUNGO VIAGGIO IN CINA
II
“Non impòlta colòle di
gàto… bàsta che lùi plèndele
tòpo!”: un pilastro della pragmatica mentalità cinese come
della Facoltà di Medicina Tradizionale, in cui per 7 anni si
impara a controllare sperimentalmente persino gli antichi aforismi medici del Nei
Jing (la “Bibbia” dell’ Agopuntura). Non per nulla la ricerca scientifica in Cina è tra le
più avanzate del mondo.
Tuttavia, non possono essere tutte rose e fiori, in un
Paese che si estende per 10
milioni di kmq, quanto gli
Stati Uniti o il Canada o l’Europa intera, ma con una popolazione che è il doppio di
quella europea, sommata a
tutte le popolazioni di Messico, Stati Uniti, Canada e Russia messe insieme. Perciò, non
deve stupire la politica di contenimento delle nascite.
Il pericolo di sovrappopolazione riguarda il mondo intero. Ma ad ogni coppia cinese è consentito avere un solo
figlio, maschio o femmina che
sia. E qui sta il primo inghippo. I medici non dovrebbero
dire ai genitori il sesso del
nascituro. Ma lo fanno! E la
tradizione affida i vecchi (ancora oggi privi di pensione e
di assistenza sanitaria gratuita) al figlio maschio e alla di
lui moglie. Invece, la figlia
femmina si dovrà occupare
dei propri suoceri. Di conseguenza si praticano parecchi
aborti, soprattutto se c’è una
femmina in arrivo. Ogni anno,
nascono 20 milioni di maschi
in più delle femmine. Per cui,
in una generazione, si avranno 20 milioni di Cinesi celibi.
Qualche contadino si garantisce la nuora, comprandola
ancora bambina ed educandola insieme con il figlio, secondo la tradizione di famiglia.
Nessuno le chiederà mai se è
felice di sposare il “fratello”.
UN SOLO FIGLIO
“Un figlio e basta”, dice la
legge del 1980. Accanto al precetto vi è la sanzione: una
multa salatissima che pochi
cittadini possono permettersi.
Le mogli dei ricchi, dopo il
primo figlio partoriscono in
Australia: il neonato assume
la cittadinanza australiana e
non risulta più a carico dello
Stato cinese. Ma nelle campagne? C’è ancora oggi il costume di avere più figli, senza
denunciarli all’ anagrafe.
Così, oltre al miliardo e 300
milioni di abitanti ufficialmente dichiarati, vi è un numero imprecisato di persone
prive di documenti, senza un’
identità riconosciuta, senza
diritti di sorta, che non potranno mai espatriare. Senza
neppure doveri, come quello
del servizio di leva o quello di
pagare le imposte. Semplicemente perché non esistono,
protetti dall’ omertà dello
sconfinato ambiente rurale,
uniti ai vicini da vincoli di
antica parentela o di clan. Si
tratta probabilmente di decine o addirittura centinaia di
milioni di individui. Non è
dato sapere.
Il Governo cinese conosce
molto bene questa realtà e
avrebbe anche i mezzi per reprimerla. Ma non lo fa. Un po’
perché non vuole inasprire gli
animi dei troppi contadini
coinvolti, e anche perchè il suo
fine è quello di educare il popolo alla socialità, non di coartarlo. In questo, come in altro, la dirigenza politica cinese è l’ espressione di uno dei
più alti livelli di tolleranza
esistenti.
Spesso si associa la Cina
al comunismo. E’ difficile per
l’ Occidente capire l’ ideologia
politica cinese. Oggi, questo
Paese sembra retto piuttosto
da un sistema liberale puro.
Un mercato di libera concorrenza, dove, come minimo
una trentina di soggetti economici similari competono lealmente per alzare il rapporto qualità-prezzo. Si è ben lontani dai regimi di oligopolio e
di monopolio dell’ Occidente!
Le piccole e medie imprese, di
fronte ad una crescita annua
del PIL pari al 9,1% prosperano - e fanno prosperare
quelle occidentali che ne comperano i manufatti, realizzati a regola d’arte secondo gli
standard qualitativi americani ed europei, a prezzi stracciati. E’ difficile in Occidente
trovare un paio di pantofole,
una limetta per le unghie, un
computer di qualsiasi marca,
senza l’etichetta “made in
China”.
IL DALAI LAMA
Il problema più delicato
dibattuto dai media occidentali è quello tibetano. Quando si parla del Dalai Lama, si
urta la suscettibilità dei Cinesi. Come stanno veramente le cose? E’ mai possibile che
Pechino non tolleri la spiritualità del Buddismo tibetano? Pare piuttosto strano, dal
momento che tutte le religioni non soltanto vengono tollerate, ma riconosciute e rispettate, e dalla metà di ottobre 2007 anche elogiate. Cer-
BUON GIOLNO,
NASA
NON PIANGELE
NOI VOLIAMO
(dal giornale tedesco “HANDELSBLATT”)
to compatibilmente con la sicurezza dello Stato.
Se Sua Santità il Dalai
Lama ricoprisse soltanto il
ruolo di Capo Spirituale del
Tibet, non vi sarebbero problemi. Ma Egli è stato anche
l’ Imperatore dei Tibetani, e
questo rappresenta una preoccupazione. Vediamo perché.
Vasta circa 1 milione di
kmq, la regione del Tibet ospita appena 2,7 milioni di abitanti, l’ equivalente della città di Milano. Confina con 8
Stati storicamente famelici, e
non è mai stata in grado di
difendersi da sola. Sia per la
scarsità numerica della popolazione, sia per la sua incapacità di farlo. Sono secoli che
viene invasa e chiede aiuto
alla Cina, pronta ad accorrere. Dunque il Tibet è un enorme corridoio attraverso il quale è facile invadere i ricchi territori sino-orientali. Ecco perché il controllo militare dei
suoi confini occidentali è una
conditio sine qua non, poichè
verrebbe meno la sicurezza
territoriale cinese. L’ultima
volta che intervenne l’ esercito cinese, su richiesta dei Tibetani timorosi del Nepal, fu
nel 1950. Da allora Pechino
decise, anche per ragioni logistiche, di non ritirarlo più.
Fonti locali affermano che
oggi vi siano stanziati 500
mila soldati, con un arsenale
di 550 testate nucleari. Dunque, il rischio strategico esiste e trova una concreta giustificazione.
Si comprende lo strazio del
Dalai Lama, che giovanissimo
scelse di allontanarsi dal suo
Paese. “Oceano di Saggezza”
è il titolo del suo Magistero,
ed egli si è davvero mostrato
sempre molto saggio, per il
bene del suo popolo. Da qualche tempo, però, appare mal
consigliato. Ad onor del vero,
la Cina ha reso grandi servigi al popolo tibetano, realizzando strade, ferrovie e aeroporti, infrastrutture come acquedotti ed elettrodotti, e poi
scuole, ospedali, banche, industrie di produzione, del turismo e delle telecomunicazioni.
Un paese di pastori di yak
e piccoli commercianti nomadi si è trasformato in un territorio i cui abitanti impara-
tici. E il Tibet di ieri lo era
molto più dell’ Iran di oggi.
Anche di ciò ha parlato fra le
righe il leader cinese Hu Jintao il 15 ottobre, durante l’ attesissimo XVII Congresso del
Partito Comunista Cinese
(PCC). Lo slogan congressuale è stato “kexue fazhan guan”,
che si dovrebbe liberamente
tradurre come “visione (politica per favorire lo) sviluppo
scientifico”. Il Premier ha colpito i delegati con un discorso
fiume nel quale ricorreva ben
60 volte la parola “democrazia”, allorchè asseriva che “la
realizzazione del Socialismo è
come la linea dell’ orizzonte.
Al pari di un arcobaleno
quando si cerca di raggiungerlo, si allontana invece sempre
di più. Forse di alcune generazioni. Ma con tutta probabilità le generazioni saranno
molte decine ”. Ogni generazione conta venticinque anni,
dunque ha parlato di secoli.
Non vale la pena di sacrificare il popolo per un millennio,
solo per omaggio all’ ideologia
comunista. Ci ha ricordato un
po’ il simpatico Krusciov,
quando, a capo dell’ URSS,
tuonava che per il popolo “è
meglio un piatto di gulasch
che il marxismo-leninismo”. O
anche Mao Tze Dong, sostituendo il gulasch con il riso.
Ma Hu Jintao ha un vantaggio notevole dalla sua. Dopo
un discorso di due ore e mezzo, è prevedibile una svolta
grandiosa nella vita della
Cina, paragonabile forse all’
invenzione della scrittura o
della carta: l’ inizio di un processo di modernizzazione del
pensiero. Che porterà ad un
“Rinascimento culturale”, sia
per meglio comprendere il resto del mondo, sia per esserne meglio compresi. Hu Jintao propone un “rinnovamento del marxismo”, nel senso di
uno “scambio franco e cordiale di opinioni anche contrastanti con la dottrina”, dunque in piena autonomia e libertà di pensiero. Tuttavia,
una piena libertà riservata
soltanto a ‘pochissimi’ eletti.
Certamente ai quasi 6 mila
consulenti governativi giunti
a Pechino dalle migliori Università ed Accademie del Paese.
Ma non a loro soltanto.
Anche ai fedelissimi, che non
salvaguardia di una ormai
decotta ortodossia comunista,
quanto di tutelare gli interessi economici e sociali del popolo cinese. Ad applaudirlo
con entusiasmo (contenuto,
siamo sempre a Beijing, non
a Montecitorio!), ma dando
segnali di conferma e di larghe intese, c’ era la noblesse
pechinese. I Grandi Vecchi
come l’ ex Segretario del PCC
Jang Zemin, l’ ex Presidente
del Senato Li Ruihuan, e l’ ex
Capo del Governo, il conservatore Li Peng.
Fra i temi economico-finanziari, ha anticipato una
ulteriore facilità dei cambi ed
un incremento dello sviluppo
basato sull’ espansione del
mercato interno, non più delle esportazioni. Si avranno ottime conseguenze sugli scambi con l’ Occidente.
A Taiwan, con cui permane ufficialmente lo stato di
belligeranza, Hu Jintao ha dichiarato che, “in una sola
Cina”, sarebbero garantite le
autonomie per uno sviluppo
economico pacifico e libero.
Come è avvenuto per le autonomie di Hong Kong e Macao.
Sempre in politica internazionale, ha deplorato, sia pure
con molto tatto, la politica
estera americana. Cosa ormai
scontata, visto che lo fanno
tutti. Gli stessi Americani per
primi. Invece, per il suo popolo ha preso l’ “impegno a non
fare della Cina un Paese egemonico ed espansivo”. Una
volta si diceva imperialista.
C’è da fidarsi?
Hu Jintao ha poi elogiato
le religioni, riconoscendo “ la
utilissima funzione tanto delle personalità di spicco del
mondo religioso, quanto di
tutti i singoli credenti, nel contributo allo sviluppo economico e sociale” della Cina. Per il
PCC, tradizionalmente ateo,
questa è una novità assoluta,
rispetto alla storica definizione di “oppio dei popoli”.
(continua)
Agostino Turturro
Sono disponibili collezioni di annate arretrate de L’INCONTRO
(1951-2006) al prezzo
di € 9,00 caduna,
comprese le spese di
spedizione postale.
INCHIESTA SULLE SPECULAZIONI
IMMOBILIARI DELLA S. SEDE
Una Chiesa costruita sulla
pietra, ma anche sul mattone: è
la conclusione cui è giunta un’inchiesta del settimanale Il Mondo,
curata da Sandro Orlando, che
indaga sulla svolta “immobiliarista” del Vaticano. In Curia, infatti, da qualche anno a questa parte si è diffusa una nuova consapevolezza del valore nascosto dell’immenso patrimonio immobiliare della Chiesa: conventi, collegi, seminari dismessi, insieme
a migliaia di appartamenti, terreni, palazzi, spesso in zone di pregio, che ogni anno arrivano sotto forma di donazioni. Le proprietà riconducibili alla Chiesa
cattolica, ovvero quelle direttamente o indirettamente della Santa Sede insieme a quelle di Diocesi, Capitoli, Ordini e Confraternite, supera un quinto dell’intero patrimonio immobiliare italiano; a Roma, con ogni probabilità, la percentuale è molto più alta.
Da quando, nel 2002, alla guida dell’APSA (Amministrazione
del Patrimonio della Sede Apostolica) è arrivato il card. Attilio
Nicora, il Vaticano ha iniziato a
guardare con occhi nuovi al suo
patrimonio immobiliare: non più
una tentacolare e paziente opera
di accumulazione, ma speculazioni immobiliari e finanziarie, a
volte dai contorni poco chiari,
che hanno però contribuito a tenere a galla i bilanci del Vaticano. I 47 milioni di euro incassati
tra 2004 e 2005 da ristrutturazioni, razionalizzazioni e messe a
reddito delle proprietà APSA,
hanno permesso di coprire le perdite costanti del quotidiano Osservatore Romano e di Radio Vaticana e di chiudere i bilanci in
attivo.
Le proprietà dell’APSA ammontano ufficialmente a pochi
milioni di euro, ma si tratta di una
stima largamente per difetto perchè le proprietà sono iscritte a
bilancio secondo il loro valore
storico e al catasto vengono registrate come abitazioni “popolari” o “ultrapopolari” edifici in
pieno centro storico di Roma.
Qualche esempio? Sono di società riconducibili all’APSA gli edifici che ospitano la Direzione
Generale Antimafia e alcuni uffici del Ministero dell’Interno.
Ma il vero potere dell’APSA non
sta nelle sue proprietà ma nel
“potere di indirizzo enorme” sul
patrimonio degli oltre 30 mila
enti religiosi attivi in Italia. Solo
a Roma, Il Mondo elenca “400
istituti di suore, 300 parrocchie,
250 scuole cattoliche, 200 chiese
non parrocchiali, 200 case generalizie, 90 istituti religiosi, 65 case
di cura, 50 missioni, 43 collegi,
30 monasteri,20 case di riposo,
altrettanti seminari, 18 ospedali,
16 conventi, 13 oratori, 10 confraternite, 6 ospizi”. E l’elenco
potrebbe continuare a lungo tenendo conto degli immobili e dei
terreni non religiosi: 20.000 nella sola Capitale.
Per far fruttare questo patrimonio il Vaticano e gli altri organismi ecclesiastici hanno cominciato a vendere, ma non a tutti:
gli acquirenti degli immobili vaticani sono infatti un gruppo di
intermediari relativamente ristretto e ben introdotto nei palazzi della Curia. Tra questi, un
ruolo preminente sembrano avere l’unico superstite dei “furbetti del quartierino”, Giuseppe Statuto, che attraverso una serie di
società a lui riconducibili ( Il
Mondo fa i nomi della Michele
Amari, Bixio 15, Diemme Immobiliare, Derilca, Egis) ha rilevato
numerosi immobili di pregio dismessi da ordini e conventi; e il
Gruppo Re di Vincenzo Pugliesi
MILIONI DI DOLLARI ALLE
VITTIME DEI PRETI PEDOFILI
no il cinese, l’ inglese e il computer, e lavorano con i turisti: 900 mila cinesi e 100 mila
occidentali che ogni anno visitano il Tibet. Con Tensing
Gyatso, il XIV Dalai Lama,
sussisteva la schiavitù. E’ stata abolita dalla Cina dopo il
1964. Questo però non è noto
in Occidente. In verità, con la
Cina il Tibet ha tutto da guadagnare, anche come diritti
umani. Persino la propria ricchezza spirituale, che essendo patrimonio dell’ Umanità,
verrà salvaguardata proprio
dai Cinesi, rispettosi delle tradizioni locali.
La vicenda rappresenta
simbolicamente anche l’ inevitabile scotto che prima o poi
pagano tutti gli Stati teocra-
tradirebbero mai il Paese.
Una elite selezionata attraverso complesse modalità
nell’ istruzione scolastica e
universitaria, nonché nelle
scuole di Partito. Una selezione che non discrimina fra le
appartenenze religiose o le
opinioni filosofiche, ma tra la
fedeltà allo Stato e al Popolo
cinese. La preoccupazione dei
dirigenti è legata sia alla sicurezza militare, sia a quella
morale della Cina. All’ esterno di questo nucleo privilegiato, ci sarà una libertà pur
sempre maggiore, condizionata da una salda cornice di controllo.
L’impressione che ne riportiamo è che Hu Jintao non
sia tanto preoccupato della
L’arcidiocesi di Los Angeles
pagherà in sede stragiudiziale un
risarcimento record a oltre 500
vittime di abusi sessuali commessi da preti, religiosi, diaconi e
laici dal 1940 ad oggi: la somma, pattuita lo scorso 15 luglio,
è di 660 milioni di dollari (477,5
milioni di euro, di cui circa il
40% destinato agli avvocati delle vittime), che si aggiungono ai
60 milioni concordati in dicembre con altre 45 vittime.
Il raggiungimento dell’accordo tra arcidiocesi e vittime ha
bloccato i primi 15 processi civili per i casi di abuso, che si sarebbero aperti con l’imbarazzante prospettiva di un dibattimento che avrebbe costretto l’arcidiocesi a rendere pubblici molti
documenti e lo stesso cardinale
Mahony chiamato a deporre. Le
associazioni delle vittime hanno
lungamente contestato l’atteggiamento di Mahony, il cui obiettivo principale, dall’inizio dello
scandalo, sarebbe stato quello di
tenere segreti i “file” personali
dei preti accusati, custoditi negli uffici dell’arcidiocesi: documenti che il cardinale e i suoi avvocati si sono sempre rifiutati di
divulgare, appellandosi anche al
primo emendamento della Costituzione statunitense, che sancisce la libertà di religione.
Il card. Mahony – di cui molti hanno invocato le dimissioni,
come era già accaduto nel caso
del card. Bernard Law di Boston
– ha sempre cercato di stabilire
un contatto con le vittime e le
loro famiglie. “Molte delle vittime mi hanno detto che pure se
gli abusi sono stati condannati”
e “pure se sono stati assicurati
loro dei risarcimenti, non c’è in
realtà alcun modo per tornare
indietro e per restituire l’innocenza che è stata loro rubata”.
Mahony ha anche rassicurato
che, anche se i pagamenti richiederanno molti sacrifici economici all’arcidiocesi (che verserà
dalle proprie casse 250 milioni
di dollari dei 660 dell’accordo),
non sarà venduta nessuna proprietà “essenziale”, come parrocchie e scuole: gli edifici già
individuati per la cessione sarebbero una cinquantina, compreso
quello che ospita gli uffici della
Curia.
I dati della Conferenza episcopale statunitense segnalano
che le denunce di abusi sessuali
da parte di preti sono in calo: un
dato interpretato come segno di
una crisi ormai in via di risoluzione, malgrado il caso eclatante di Daniel McCormack, condannato a cinque anni di carcere per abusi su minori commessi
dopo l’approvazione della “Carta di Dallas” che prevede provvedimenti rapidi e severi per i
preti accusati di molestie.
e Francesco Alemani, che da una
ventina d’anni offre servizi immobiliari e finanziari specializzati per ecclesiastici e ordini religiosi, con un giro di affari in crescita e forti legami con i gruppi
bancari che contano anche in
Spagna, Bilbao e Santander, a
loro volta da sempre partner all’Opus Dei.
Il card. Nicora si è fatto le
ossa nel mondo finanziario nel
corso degli anni ’90, quando era
assistente spirituale del gruppo
milanese “Cultura, etica e finanza”. Nicora è anche molto legato
all’altro “uomo forte” della finanza vaticana, il presidente dello
IOR Angelo Caloia. E proprio lo
IOR è protagonista di un’altra
operazione poco chiara descritta
dal settimanale: “Alcuni stabili
della periferia nordest di Roma
(...) sono stati apparentemente
venduti alla Marine Investimenti Sud, una piccola Srl controllata dalla lussemburghese Longueville che a sua volta fa capo alla
Neldom Company di Montevideo, Uruguay. Gli affitti, però,
continuano a essere versati sugli
stessi conti della banca del Vaticano”.
L’inchiesta presenta anche
tre “casi di studio”: Loreto e le
spericolate operazioni immobiliari ed economiche del ciellino
mons. Giovanni Danzi; l’ascesa
dei fratelli Follieri negli Stati
Uniti e il boom edilizio di san
Giovanni Rotondo, dove i frati
cappuccini – contagiati dalla febbre del mattone dopo la canonizzazione di Padre Pio e la crescita esponenziale del numero dei
pellegrini – sono stati commissariati dal Vaticano, che ha mandato mons. Domenico D’Ambrosio, arcivescovo di Manfredonia.
I frati, infatti, erano rimasti invischiati in varie operazioni poco
trasparenti, proprio mentre l’afflusso dei pellegrini è in drastica
diminuzione e nel Gargano tira
aria di crisi.
Alessandro Speciale
*
PRESENTATO IL NUOVO
MANIFESTO DI BIOETICA
Un “Nuovo Manifesto di Bioetica laica”, a più di dieci anni
da quello del 1996 scritto in risposta alla “Evangelium Vitae”,
per affermare che bioetica laica
è parte di un impegno per “una
società in cui nessuno possa imporre divieti ed obblighi in nome
di un’autorità priva del consenso delle persone sulle quali pretende di esercitarsi”. Elaborato
da 17 personalità del mondo
della cultura e della scienza (fra
cui Eugenio Lecaldano, Gianni
Vattimo, Sergio Rostagno, Carlo Augusto Viano, Mario Riccio,
Carlo Flamigni), il Manifesto è
stato presentato nell’ambito di un
convegno organizzato dalla
Consulta Torinese per la laicità
delle Istituzioni.
“Questo non è un catechismo
morale per laici”, ha detto il presidente della Consulta di bioetica di Milano Maurizio Mori nel
corso della presentazione. “Non
è una nuova ortodossia che si
contrappone ad altre ortodossie.
Abbiamo semplicemente ritenuto opportuno dare voce ad una
tendenza. Da più parti – penso
in primo luogo alla Chiesa cattolica – viene detto che i laici non
hanno idee etiche e sono in preda ad un nichilismo radicale.
Abbiamo voluto mostrare che
questo non è vero, che anche noi
abbiamo i nostri valori”.
Partendo dalla presa d’atto
che “le conoscenze e le tecniche
mediche hanno reso possibile
affrontare la nascita e la morte
secondo prospettive nuove, trasformando in un campo di scelte
possibili quelle che un tempo si
presentavano come un destino
ineluttabile”, il manifesto indica
una serie di punti sui quali deve
essere incentrata l’iniziativa laica: concepire la procreazione
come “un atto responsabile, nel
quale i genitori debbano tenere
conto del proprio patrimonio genetico per tutelare la salute del
nascituro”; promuovere il “più
largo accesso alle diverse forme
di controllo delle nascite, a partire dalla contraccezione e sterilizzazione volontaria per arrivare alle nuove forme con le quali
si riesce a bloccare il processo
riproduttivo, dalla contraccezione d’emergenza alle nuove modalità di aborto”; affermare “la
possibilità di scegliere, per mezzo di strumenti come il testamento biologico, i modi nei quali morire, esercitando il diritto di accettare, di rifiutare o di interrompere le terapie anche se iniziate, il diritto di respingere tutti gli
interventi medici non voluti, ma
anche affermare il “diritto all’eutanasia volontaria, cioè alla richiesta che si ponga termine alla
propria vita, per evitare forme di
esistenza dolorose o ritenute per
sé non dignitose”; considerare la
famiglia “sopratutto il luogo degli affetti, che possono essere
manifestati anche in forme diverse da quelle tradizionali, quali
le unioni civili delle coppie di
fatto etero ed omosessuali.
detto il Presidente della Repubblica ai funerali, Amendola fu
“combattente coraggioso nella
guerra di Liberazione, ma anche
E’ deceduto a Roma Pietro coerente assertore dei valori di
Amendola, presidente onorario libertà, giustizia e democrazia”.
dell’Associazione Nazionale
Perseguitati Politici Italiani AnL’INCONTRO esprime il
tifascisti (ANPPIA), figlio del proprio cordoglio per la scommartire Giovanni (ex-ministro e parsa di uno storico personagpromotore della secessione del- gio, che diresse tante battaglie
l’Aventino) e fratello dell’on. antifasciste nell’ANPPIA a soGiorgio Amendola. Fu anch’egli stegno di ex-detenuti, confinati,
Deputato per il PCI. Come ha esiliati.
LUTTO
PIETRO AMENDOLA
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Una bimba rom
Ceija Stojka: “Forse sogno di
vivere”, una bambina rom a Bergen-Belsen, editrice Giuntina, Firenze, 2007, euro 10.
Nella prefazione la curatrice
del libro, Karin Berger, racconta
che il 15 aprile 1945 i soldati britannici allorché entrarono nel
campo di concentramento di Bergen-Belsen inorridirono. Nell’area c’erano circa 16 mila sopravvissuti accanto a 35 mila
morti insepolti. Il famigerato lager, edificato per qualche migliaia di prigionieri, era stato riempito a dismisura da una massa di
deportati trasferiti dai campi di
concentramento situati nelle vicinanze del fronte.
Nelle settimane precedenti la
fine della guerra il lager era rimasto abbandonato a se stesso,
tanto che era scoppiata un’epidemia di febbre petecchiale e tifo.
Nonostante l’assistenza ai superstiti da parte dei liberati, decedettero oltre 13 mila persone.
Fortunatamente la undicenne
Ceija Stojka che, dopo due anni
trascorsi in vari lager, era finita,
4 mesi prima, a Bergen-Belsen, si
salvò e poté, con la madre, compiere un lungo cammino alla volta di Vienna.
La curatrice s’interessò della
ragazza facendole una serie di interviste per tramandare ai posteri la terribile esperienza dei lager fra montagne di cadaveri, malattie, fame, freddo e minaccie di
morte.
La ragazza faceva parte di
una famiglia di zingari rifugiatasi dalla Stiria a Vienna. Poi l’area
da essi abitata venne segregata
da filo spinato e il padre deportato a Dachau nel corso di rastrellamenti. Altre fughe, altre violenze dei nazisti anche sui bambini
e infine la cattura e la deportazione delle donne nel lager di Ravensbruck.
Il libro descrive senza enfasi
la spaventosa quotidianità della
sofferenza fisica e morale dei detenuti, la loro volontà di sopravvivere. Particolarmente interessanti le pagine dedicate al periodo successivo alla liberazione,
quando i tedeschi furono fatti prigionieri, le loro dimore occupate
e gli zingari tollerati, ma poi allontanati. Il libro è una testimonianza originale dell’universo
concentrazionario, perchè raccontato da una bambina appartenente alla minoranza rom.
Lorenza Cutugno
Musica
Rodolfo Venditti; “Piccola guida alla grande musica - Sibelius
e Rachmaninov” edizioni SONDA,
Casale Monferrato, 2007, euro
12,50.
Magistrato a riposo, il dott.
Rodolfo Venditti ha proseguito la
sua attività culturale dedicandosi con appassionata competenza
alla divulgazione della musica
classica. Nel corso degli anni con
il titolo “Piccola guida alla grande musica” Venditti ha pubblicato una serie di otto volumetti, uno
ogni biennio dal 1990, presentando i compositori più famosi (Vivaldi, Handel, Haydn, Mozart,
Beethoven, Schubert, Schaumann, Mendelsohn, Chopin, Paganini, Liszt, Berlioz, Brahms,
Franck, Ciaikowski, Bruchnes,
Mahler, Corelli, Grieg, Smetana,
Dvorak, Mussorgski, Debussy,
Scarlatti, Boccherini, Ravel, Pergolesi, Stravinsky). Ora in questo
nono manuale Venditti si occupa
di Sibelius e di Rachmaninov, due
illustri esponenti della musica del
Novecento, appartenenti all’area
nordica dell’Europa, essendo finlandese il primo e russo il secondo.
Le pagine dedicate a Jean Sibelius sono estremamente interessanti, perché ripercorrono la
sua esistenza negli eventi personali e nell’analisi della sua produzione artistica, le famose sinfonie, le composizioni celebrative
del poema nazionale “Kalevala”
(uno dei leggendari capostipiti
delle genti scandinave), la musica rituale massonica per la Grande Loggia di New York (era stato
“iniziato” nel 1929 e scrisse 12
pezzi per voce maschile, organo e
pianoforte).
Sibeluis, dopo aver conquistato una fama internazionale con
ben 116 composizioni molte delle
quali evocatrici delle tradizioni
popolari finlandesi, rimase in silenzio per un trentennio, morendo nel 1957 all’età di 91 anni. Fu
il musicista vissuto più a lungo,
mentre altri autori ebbero una
vita assai breve: Pergolesi 26
anni, Mozart 35, Schubert 31,
Mendelssohn 38, Chopin 39,
Schumann 46, Beethoven 57, Vivaldi 63, Bach 65 sino al più longevo Stravinsky 89 anni.
Altrettanto avvincenti le pagine dedicate a Sergei Rachmaninov, nato presso Novgorod
(Russia) nel 1872 contemporaneo
di Mussorski, Ciaikovski, RimskjKorsakov. Fu compositore di sinfonie, romanze, sonate, ma anche
celebratissimo concertista e pianista. Viaggiò dalla Russia (fuggì dopo la Rivoluzione) alla Scandinavia, all’Italia (1913), agli Stati Uniti d’America. Qui - dove le
distanze sono enormi ed allora
c’erano solo i treni - per spostarsi
da uno Stato all’altro nel corso di
tournée di concerti, noleggiò un
vagone ferroviario attrezzandolo
come una piccola casa viaggiante, sistemandovi un pianoforte e
gli arredi necessari per tenervi
stabilmente l’occorrente per i
viaggi.
Una soluzione adottata anche
da Liszt che, piuttosto megalomane, aveva fatto costruire un’enorme carrozza tirata da cavalli
bianchi e divisa in scompartimenti, uno dei quali occupato dal pianoforte!
Durante la seconda guerra
mondiale, Rachmaninov negli
USA si impegnò più come piani-
sta che come compositore e sebbene ostile al comunismo, ma legato alle sue radici russe, destinò il ricavato di alcuni suoi concerti all’assistenza medica dei feriti dell’Armata Rossa, suscitando le critiche degli americani più
reazionari. Ciò non impedì tuttavia che gli fosse concessa, nel
1943, la cittadinanza americana,
pochi mesi prima della sua morte a Beverly Hills in California,
all’età di 70 anni.
Venditti scrive: “Aveva una
memoria musicale prodigiosa: gli
bastava udire una sola volta un
pezzo oppure leggerne una sola
volta lo spartito per essere in grado di suonare a memoria, con sbalorditiva fedeltà, ciò che aveva letto o udito“. La rosa dei suoi interessi musicali era amplissima:
dal canto dei monaci alle canzoni
tzigane e al jazz. Una sua frase
molto bella e realistica sulla musica merita di essere ricordata:
“La musica nasce solo dal cuore e
si rivolge al cuore, sorella della
musica è la poesia e madre è la
sofferenza”.
Il libro di Venditti offre l’immagine del musicista dal punto
di vista biografico, storico, artistico e guida il lettore nella scelta e
nell’audizione delle sue principali opere. Un manuale pedagogico
validissimo per conoscere l’aspetto umano e il linguaggio musicale dei compositori del Novecento.
Sicor
Giordano Bruno
chel de Castelneau e di altri intellettuali coevi. Da questa interessante lettura comparata emerge quanto l’ambiente politico-culturale della corte dei Valois fosse
caratterizzato dai grandi fermenti di tolleranza culturale, proprio
nella diffusa condanna dei fanatismi religiosi. Scrive Ordine: “E’
possibile rintracciare anche una
lunga tradizione poetica e iconografica legata ai Valois: il monarca-filosofo libero da ogni dogma
di fede, in grado di riconoscere
l’utilitas del culto ai fini sociali
per superare i conflitti e rafforzare lo Stato” (p. 142). Ed è proprio
in questo ambito, che non a caso
Giordano Bruno cerca affinità
elettive ed alleanze politiche per
prospettare la sua Riforma, il cui
fine è quello di creare un mondo
di pace e giustizia. Si parla dell’Europa della seconda metà del
‘500, ma il pensiero va inevitabilmente ai nostri giorni, dove un
rinnovato fondamentalismo delle
fedi ripropone tragicamente mai
dismesse aspirazioni teocratiche
(di casa nostra e d’importazione),
che fanno temere rinnovate guerre di religione. In questa prospettiva, l’insegnamento del filosofo
postcristiano Bruno, che pensa
alla religione come legame umano di coesione civile, frutto della
responsabile e consapevole intersoggettività dell’azione umana
nella storia, è ancora di grande
attualità.
Maria Mantello
*
“Revisioni e revisionismi - storie e dibattiti sulla modernità, in
Italia” a cura di Inge Botteri ciclo di conferenze tenute a Brescia nel 2003 per iniziativa dell'Assesso-rato alle attività culturali del Comune di Brescia, 2004,
euro 15,50.
GIORDANO BRUNO: “Contro il Vangelo Armato” Giordano
“Valutare i programmi comBruno, Ronsard e la religione, plessi” a cura dell’Assessorato alediz. Cortina, Milano, 2007, euro l'Urbanistica della Regione Pie26.
monte, editrice L’Artistica Torino, 2005.
Nuccio Ordine è professore di
Teoria della letteratura nell’Uni“La rivista dell’Urbanistica”
versità della Calabria ed ha inse- (progetto ENPLAN), numero 3 otgnato in diversi atenei europei e tobre 2004, a cura della regione
statunitensi. Esperto di autori del Piemonte.
Rinascimento e dei generi letterari, ha raggiunto fama internaCarlo Marletti, Francesco
zionale sopratutto per i suoi stu- Bullo, Luciano Borghesan, Pier
di su Giordano Bruno, di cui ha Paolo Benedetto, Roberto Tutino,
curato anche l’edizione delle Ope- Alberto De Sanctis: “Anni di
re Italiane per “Les Belles Let- piombo” il Piemonte e Torino alla
tres” e per la Utet. Quella di Nuc- prova del terrorismo, postfazione
cio Ordine per Bruno è una pas- di Lucia Annunziata, editore Rusione coltivata con impegno da battino, 2007, euro 16.
anni. Un lavoro di scavo nei testi
bruniani, che gli ha consentito di
Aldo Rizziello: “Una potente
raggiungere livelli critici notevo- denuncia, una fervida speranza”
li. Che stimola ad un approccio di- prefazione di Giorgio Valli, ediretto agli scritti del Nolano. L’Or- tore Gangemi, Roma, 2007.
dine, come ha descritto il premio
Nobel per la chimica (1977), Ilya
“Aurelio Chessa, il viandante
Prigogine: “ha il merito di saper dell’Utopia”. Biblioteca Panizzi,
svegliare la curiosità del lettore e Archivio Famiglia Berneri, a cura
rendere appassionante la straor- di Fiamma Chessa, Assessorato
dinaria esperienza filosofica di alla cultura di Reggio Emilia,
Giordano Bruno”.
2007.
Altro merito di Ordine è quello di aver aperto una vasta riflesFulvio Grimaldi: “Delitto e
sione sulle radicali innovazioni castigo in Medio oriente, Gaza,
linguistiche della “Nolana Filoso- Bagdad, Beirut...” editrice Mala
fia”. Nell’infinito cosmo di Bruno Tempora, Roma, 2007, euro 12.
non ci sono più punti fissi. Si
aprono infinite possibilità di co*
noscere ed agire. Cadono dogmi e
si infrangono stereotipi. Allora,
anche gli stantii codici letterari
vengono sottratti alla gabbia della pedanteria dominante per inI finanzieri della Polizia tritrecciarsi in un’inedita e straor- butaria di Torino hanno effettuadinaria mescolanza di generi, lin- to un controllo sulle circa 200
guaggi, stili.
domande “dubbie” delle 1702
La prospettiva semiologica pervenute alla Regione Piemondei testi bruniani è stata deline- te per ottenere il cosiddetto
ata da Ordine anche attraverso “buono-scuola”, cioè il contribul’analisi della complessa figura- to previsto dalla legge regionale
zione simbolica con cui Bruno del 2003 alle famiglie che voglioriannoda la separazione cielo-ter- no mandare i figli alle scuole prira operata dal cristianesimo. Si vate, invece che a quelle pubblipensi ad una metafora come quel- che, ma non hanno i soldi per
la dell’asino, che tanto spazio ha farlo.
nella filosofia del Nolano. Come
Gli agenti hanno individuaha scritto Eugenio Garin: “Nuc- to 13 persone che in totale hancio Ordine è il primo a recensire no incassato indebitamente cirsistematicamente il senso teorico ca 25.000 euro grazie a trucchi e
dell’asinità, a precisarne ogni cancellature e che, per questo,
ambivalenza. Ad analizzare le sue sono state denunciate per truffa
accezioni contraddittorie, a mo- aggravata e falso. Tra loro imstrare come questo gioco di signi- prenditori e professionisti, ma
ficati opposti porti al cuore del anche casalinghe (nella maggior
pensiero del Nolano”. L’asinità ha parte dei casi separate) e pensioinfatti per Bruno due facce spe- nati. I tredici casi recentemente
culari: da un lato la connotazio- scoperti vanno ad aggiungersi ai
ne negativa del dogmatismo ar- dodici che il nucleo della Guarrogante e dell’obbedienza pedan- dia di Finanza aveva già denuntesca; dall’altra quella positiva ciato nei mesi scorsi.
della umile pazienza, che arriva
“Le nuove denunce a carico
a spezzare l’unidimensionalità dei furbetti della scuola – ha didelle conclusioni, per conquista- chiarato il Vicepresidente del
re con Fatica e Lavoro il plurali- Consiglio regionale Roberto Plasmo della ricerca.
cido – dimostrano ancora una
Come allora, spesso accade volta l’iniquità della vecchia legnella filosofia di Bruno, il vizio si ge di cui ancora oggi subiamo gli
può ribaltare, per trasformarsi in effetti perversi. E’ quanto mai
qualità. Pertanto, anche la quie- necessario giungere ad una mote rassicurante del simbolico asi- difica definitiva della normatino può diventare strumento di ri- va”.
catto dell’individuo. Così, proprio
L’esponente DS ha inoltre
in virtù di una propositiva pazien- chiesto che le “decine di migliaza ogni individuo può superare ia di euro recuperate in seguito
soggezione e sottomissione per agli accertamenti già fatti e fuuscire dallo stato asinino della turi – risorse dei cittadini piepassività fideistica. Nel suo re- montesi – vadano destinate a incente libro, “Contro il Vangelo ar- terventi nella scuola statale e a
mato. Giordano Brubno, Ronsard provvedimenti di pubblica utie la religione” i testi di Bruno (in lità”.
particolare lo Spaccio della bestia
In Piemonte sono più di
trionfante) sono accostati a quel- 14.000 le domande accolte e fili del poeta della Pleiade, Ron- nanziate dalla Regione e sono
sard, ma anche a quelli dell’am- stati erogati più di 15 milioni di
basciatore del re di Francia, Mi- euro.
FRODI A TORINO
PER I BUONI-SCUOLA
“LIBERO PENSIERO”
L’Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” pubblica da tempo il Bollettino trimestrale LIBERO PENSIERO, quale
supplemento del mensile L’INCONTRO. Chi, interessato alla tematica laica e al relativo dibattito politico-culturale, desidera riceverne una copia a titolo di saggio per eventuale abbonamento o adesione all’Associazione, può rivolgersi
alla Segreteria di redazione de L’INCONTRO (via
Consolata 11, 10122 Torino - telef. 011-5212000).
3
ANNO LIX - N. 10 - DICEMBRE 2007
PATRIMONIO MONDIALE DELL'UMANITA'
RICUPERATA LA REGGIA
DEL '600 A VENARIA REALE
Una veduta aerea della Reggia e dei giardini estesi su 80 ettari
Fin dalle epoche più remote i potenti della Terra erano
usi legare il loro prestigio alla
costruzione di colossali edifici, di dimensioni e ricchezza
sproporzionate all’uso pratico
al quale erano destinati.
L’esempio più noto sono le piramidi egizie, simbolo della
divinità del faraone. In Europa, nel secondo millennio, sorsero le grandi cattedrali, “i pilastri del cielo” come le definì
Ken Follet, destinate non solo
a raccogliere i fedeli in preghiera, funzione che qualsiasi disadorno capannone avrebbe potuto svolgere, ma anche
e sopratutto a testimoniare
con la loro sontuosità la potenza di Dio e quella del clero. A
questa usanza si adeguarono
anche le grandi Corti europee
che, nello stesso periodo ma in
particolare nel XVII e XVIII
secolo, andarono a gara nell’affidare ai più insigni architetti la progettazione e la costruzione di residenze reali di
sempre maggiore ricchezza e
splendore.
La casata dei Savoia non
rimase estranea a questa sorta di competizione, realizzando, in periodi diversi, un complesso di straordinarie opere
architettoniche: le Residenze
Sabaude del Piemonte, collocate in parte all’interno del
capoluogo piemontese ed in
parte nel territorio circostante. Per il suo straordinario interesse storico ed artistico
questo sistema di opere monumentali nel 1997 fu iscritto
nelle liste del Patrimonio
Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO, che consigliò di recuperare anche le aree a parco e giardino facenti parte di
tali contesti.
Nel novembre 2005 è stata riaperta l’Armeria Reale a
conclusione di un accurato lavoro di recupero del suo allestimento ottocentesco. Nel luglio 2006 è stata restituita al
pubblico Villa della Regina,
un luogo di straordinaria rilevanza ambientale e paesaggistica. Nel dicembre dello
stesso anno è stato riaperto
Palazzo Madama, edificio simbolo della città dopo 19 anni
di restauri e, nel marzo 2007,
il secondo piano di Palazzo
Reale. Nell’ottobre 2007
l’evento più atteso: l’inaugurazione della Reggia di Venaria Reale, a conclusione del
più imponente progetto europeo dedicato al recupero ed
alla valorizzazione di un bene
culturale.
La nascita della Reggia di
Venaria Reale risale alla seconda metà del ‘600, quando
il duca Carlo Emanuele II di
Savoia affidò all’architetto di
corte Amedeo di Castellamonte l’incarico di costruire una
nuova residenza “di piacere e
di caccia” di grandiosità ed
imponenza tali da porsi a diretto confronto con le più importanti reggie europee. Il
Castellamonte non deluse le
aspettative del duca ed ideò
un imponente complesso che
prevedeva lungo un asse simmetrico di circa due chilometri, il palazzo reale (la Reggia
di Diana), i giardini e il borgo, valorizzando di fatto il già
esistente centro abitato di Altessano Superiore e ribattezzandolo con il nuovo nome di
Venaria Reale.
La Reggia, dedicata alla
dea delle caccie, fu costruita
tra il 1659 ed il 1663. La facciata, in puro stile barocco, risente della cultura romana
del suo progettista. All’interno l’elemento centrale è costituito da due grandi saloni sovrapposti destinati alle feste
ed agli spettacoli teatrali,
mentre gli appartamenti si articolano a manica semplice
intorno ai due cortili. A lato
del palazzo furono costruiti i
servizi per la caccia: scuderie
per più di cento cavalli, alloggi per i cavalieri e gli scudieri
e la citroniera, una serra per
conservare gli agrumi nel periodo invernale.
Pur nella loro imponenza,
le opere volute da Carlo Emanuele II apparvero insufficienti al figlio Vittorio Amedeo II che, impegnato in
un’ambiziosa politica europea
mirata a trasformare in regno
il ducato sabaudo, nel 1699
affidò all’ingegnere Michelangelo Garove l’incarico di ampliare in modo adeguato l’intero complesso. Nel nuovo
progetto la Reggia di Diana
venne inglobata in un più
ampio palazzo, diventandone
il corpo centrale, affiancato da
due maniche costituite, ciascuna, da una galleria e da
due padiglioni. Il riconoscimento del rango reale, avvenuto nel 1713, non spense il
desiderio di magnificenza di
Vittorio Emanuele II nei riguardi della reggia di Venaria Reale. A partire dal 1716
ulteriori lavori di ampliamento e abbellimento della reggia
furono affidati al famoso architetto messinese Filippo
Juvarra, che realizzò nell’interno del complesso due importanti opere: la “Grande
Scuderia” e la “Cappella di
Sant’Uberto”, uno dei più significativi capolavori di arte
barocca del Piemonte.
Sul finire del secolo l’inserimento degli appartamenti
dei duchi d’Aosta, realizzato
nel 1789 su progetto dell’architetto Giuseppe Battista
Piacenza, rappresentò l’ultimo intervento architettonico
nel palazzo, destinato pochi
anni dopo ad un lungo periodo di decadenza. Il 1789 è infatti l’anno della Rivoluzione
francese che in meno di un decennio portò in Piemonte l’invasione delle truppe napoleoniche e la fuga da Torino di
Carlo Emanuele IV. A differenza delle altre residenze
sabaude, la reggia di Venaria
non fu inserita dal governo
francese nel circuito delle dimore imperiali e venne abbandonata ad ogni sorta di
danneggiamenti e prelievi di
quanto fosse utilizzabile altrove.
La situazione non migliorò con il ritorno dei Savoia e
la consegna nel 1851 dell’intero complesso al Regio Demanio Militare che lo utilizzò
fino al 1943, come caserma del
“Quinto Reggimento Artiglieria da campagna” trasformando gli antichi giardini in campi di allenamento per i tiri di
artiglieria.
Nel periodo bellico il ritiro dei militari dalla reggia
peggiorò ulteriormente la situazione segnando un periodo di degrado con atti di saccheggio e vandalismo da parte degli abitanti del luogo.
All’inizio degli anni 90, dopo
quasi mezzo secolo di completo abbandono, a chi si avventurava all’interno della reggia
si presentava uno spettacolo
desolante di scaloni e soffitti
crollati, murature pericolanti, ammassi di calcinacci,
stucchi e decorazioni rese illeggibili dall’umidità o dagli
incendi, pavimenti asportati,
balaustre divelte, serramenti
distrutti, alberi cresciuti sui
tetti. Non migliore la situazione dei giardini, ridotti ad una
giungla di arbusti attraverso
i quali era quasi impossibile
aprirsi un varco.
Il recupero del complesso
appariva all’epoca una sfida
quasi impossibile. Viceversa
l’allora Ministro per i Beni e
le Attività Culturali, Walter
Veltroni, nel dicembre 1996,
d’intesa con il Presidente della Regione Piemonte, Enzo
Ghigo approvò la costituzione
del “Comitato per la Reggia di
Venaria” composto dal Ministro, dal Presidente della Regione Piemonte, dal Presidente della Provincia di Torino,
dai Sindaci di Torino e Vena-
ria Reale. Fu il primo passo
di una straordinaria opera di
restauro, che richiese stanziamenti per oltre 200 milioni di
euro, l’intervento di 800 persone impiegate nei cantieri e
la collaborazione di oltre 200
esperti tecnici. Alcune cifre
meglio illustrano la complessità dei lavori di recupero che
hanno interessato 70.000 mq.
di superficie, 35.000 mq. di
facciate, 145.000 mq. di stucchi ed intonaci, 25.000 mq. di
pavimentazioni interne, 1.000
mq. di affreschi, 11 Km di cornici decorative, 1 Km. di balaustre, il tutto distribuito
lungo 1,5 Km. di percorso della reggia. Uno sforzo eccezionale, protrattosi per dieci
anni, che ha restituito al pubblico la fruibilità di un complesso architettonico e ambientale dal fascino straordinario, i cui piaceri furono in
passato riservati esclusivamente ai sovrani ed alla loro
corte.
Fino al 30 marzo 2008 i visitatori saranno simbolicamente accolti dai membri della dinastia sabauda tra il XVI
ed il XVIII secolo, il cui passato rivive nella grandiosa
mostra “La Reggia di Venaria
ed i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una Corte europea”, una preziosa raccolta di
dipinti, mobili di gran pregio,
statue, arazzi, simboli religiosi, armature ed altri arredi,
provenienti da prestigiosi
musei internazionali e da collezioni pubbliche e private. Il
percorso espositivo è reso ancora più suggestivo da interventi multimediali e cinematografici ai quali ha collaborato il regista inglese Peter Greenaway.
Adriana Pescivolo
PERISCOPIO
ANTIRAZZISMO
Dopo l’omicidio di Giovanna
Reggiani ad opera di un rom accampato in una baraccopoli alla
periferia della capitale, dopo l’assalto ad un Centro d’accoglienza
cattolica a Pieve Porto Morone che
ospitava 48 zingari, dopo l’aggressione a tre rumeni, rimasti feriti, da
parte di ultras scatenati, si sta manifestando anche sui giornali e sulle TV una forma di razzismo nei
confronti di rumeni, albanesi, marocchini ed altri immigrati.
Se le leggi fossero meglio concepite ed applicate non si verificherebbero tanti crimini contro le persone e i beni da parte di clandestini, venuti a delinquere nel nostro
Paese approfittando di una giustizia assai più indulgente che nei
Paesi d’origine.
Tuttavia non si deve generalizzare. I rumeni che delinquono sono
un’infima minoranza. La responsabilità penale è personale – come
afferma l’art. 27 della Costituzione
– non collettiva. Quindi non è ammissibile un’avversione di principio
verso gli immigrati. E’ invece doveroso rispettare i principi stabiliti
dalla Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani. L’Italia è stata messa all’indice nel 2006 sia dalla
Commissione Europea contro il
razzismo e l’intolleranza, sia da
AMNESTY INTERNATIONAL.
Il razzismo non risolve i problemi della sicurezza, ma li aggrava
diffondendo odio e vendetta. Occorre pertanto ripristinare le sanzioni penali previste dalla legge 25
giugno 1993 n. 205 sulla discriminazione per motivi razziali, etnici,
nazionali, religiosi; sanzioni che furono alleggerite dal governo di
Centro-destra con la legge 24 febbraio 2006 n. 85.
SPAGNA
Il settimanale satirico spagnolo “El Jueves” ha pubblicato una vignetta sulla monarchia, a suo tempo imposta dal generalissimo Franco ed ora sempre meno apprezzata dai cittadini.
La vignetta incriminata per ingiurie all’erede al trono rappresentava un amplesso fra la coppia reale (principi delle Asturie) in relazione al contributo deliberato dal
governo Zapatero di 2.500 euro per
ogni neonato. “Immaginati, se rimani incinta - dice il principe alla
moglie - sarebbe la cosa più vicina
ad un lavoro che abbia mai fatto
nella mia vita”.
Un membro del Partito Nazio-
LA TORTURA INUTILE
Uno spettro minaccioso si
aggira per l’Europa e per il
mondo intero: l’ombra del disonore e della vergogna. All’art. 5, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo –
approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 con 48 voti favorevoli e 8 astensioni – recita: “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli,
inumane o degradanti ”. Discorso semplice, chiaro inequivoco, privo di se, di ma o di
eccezioni. La persona deve essere rispettata sempre e in
ogni caso. Oggi però si tende
a proporre una quantità di eccezioni in nome della sicurezza sociale.
Come ha scritto il
“Washington Post”, (“A System of abuse”) gli abusi e le
torture di Abu Ghraib sono
imputabili all’arroganza e al
dispregio non solo delle Convenzioni di Ginevra, ma anche delle norme del Codice.
Da cosa ha origine l’idea della
tortura? Quali ragioni possono indurre un uomo a seviziare un suo simile? La risposta
è semplice, quasi ovvia: le motivazioni sono le stesse che
possono indurre un uomo ad
uccidere uno sconosciuto su
un anonimo campo di battaglia solo perché qualcuno lo
ha convinto che si tratti di un
suo nemico.
La guerra è già una tortura
psicologica per il soldato che
viene indotto a parteciparvi.
Il suo animo viene stravolto,
reso altro, ammorbidito (o indurito?) purché accetti di diventare un assassino. Non per
nulla le scuole di guerra insistono sulla diversità del nemico, sulla sua animalità. Se la
soldatessa americana – l’anonima ventenne miss England,
di uno sperduto paesino degli
States – ha messo il guinzaglio a un prigioniero nudo, trasformandolo in un animale, è
perché aveva già in sé l’idea
che fosse appunto un subumano da trattarsi come tale.
Ho letto, anni fa, un libro
sui “berretti verdi” americani
e sulla istruzione loro impartita nei campi militari di addestramento. Il principio era
quello di instillare odio e disprezzo per il nemico. In altri
termini all’origine di ogni perversione vi è l’accettazione
della guerra come metodo risolutivo delle controversie internazionali.
Ma ecco l’obiezione in apparenza inconfutabile: se i servizi di “intelligence” hanno fra
le mani un individuo sospetto, forse capace di far del male
con armi celate con cura, non
hanno il dovere di costringerlo, con un trattamento adeguatamente duro, a rivelare il nascondiglio del suo pericoloso
arsenale?
E’ la stessa domanda che i
generali francesi si ponevano
in Algeria per giustificare l’uso
della tortura come normale
legge di guerra. Eppure l’art.
5 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo ha risposto con
un secco “no” senza eccezioni
fin dal 1949. Quando qualsiasi individuo, sottoposto a tortura, finisce con l’essere disposto a dire tutto quanto vogliono i suoi aguzzini e anche
qualcosa di più coinvolgendo
anche esponenti del Governo
che ammette la tortura, ci si
può considerare autorizzati a
praticarla? Cesare Beccaria nel
suo libro “Dei delitti e delle
pene ” già si poneva il problema del tormento crudele inflitto a una persona di cui non
conosciamo né l’innocenza, né
la colpevolezza: “il rischio di
tormentare un innocente deve
considerarsi molto alto”.
Come possiamo stabilire
che un nostro prigioniero, non
ancora giudicato da un Tribunale, sia colpevole? E se fosse
innocente? Se al termine della
nostra operazione di aguzzini, dovessimo constatare che
le accuse erano solo supposizioni?
Del resto, anche se risultasse colpevole, le sofferenze
inflittegli sarebbero disumane
e ingiuste.
Negli anni che ho passato
in Brasile, ancora era al potere la dittatura militare, che autorizzava la tortura nei confronti dei prigionieri politici.
Una tortura scientifica, messa
in atto alla presenza di un medico, che aveva il compito di
arrestare la procedura alla soglia della morte.
Il poliziotto che la praticava chiedeva sempre scusa alla
vittima prima di sottoporla alle
operazioni più dolorose, dalla
estrazione dei denti a quella
delle unghie, alle scosse elettriche, somministrate nei punti più delicati e sensibili; per
non parlare della violenza sessuale, delle sodomizzazioni
praticate con manici di scopa
o lampadine incandescenti.
Ebbene, le rivelazioni
estorte risultavano sempre assai modeste, mescolate com’erano a denuncie che coinvolgevano gli stessi torturatori o personaggi pubblici. Queste confessioni servivano a
confondere le indagini, seminando il dubbio e l’incertezza. Del resto, Arthur Hulnock
– un funzionario della CIA addetto per lunghi anni agli interrogatori – ha dichiarato al
Christian Science Monitor che
è impossibile ottenere informazioni sicure con la tortura,
anzi più di una volta quella
pratica si è rivelata controproducente. Reprimere per mezzo della tortura un fenomeno
ambiguo e pericoloso come il
terrorismo è assurdo: ad un
successo si contrappongono
centinaia di casi irrisolti.
Rileggiamo il nostro Beccaria e teniamo conto dei suoi
argomenti, dai quali fu persuaso Federico II di Prussia ad
abolire la tortura, quando salì
al trono nel 1740.
Non dimentichiamo di essere in Europa, all’interno di
un consesso di nazioni desiderose di mostrarsi come modello di democrazia e di giustizia. La democrazia si esporta con la persuasione e l’esempio, non con le bombe e la
tortura.
Paolo T. Angeleri
ABBONATEVI!
L’abbonamento a
L’INCONTRO è una
scelta di libertà, di
progresso sociale, di
laicismo. Aiutando il
giornale, ne favorite le
sue battaglie di idee e
testimoniate il Vostro
favore ai valori della
democrazia, alla difesa dei diritti civili.
nalista Basco ha definito i reali
“un’imprescindibile combricola di
sfaccendati” . Il quotidiano filo-socialista “El Pais” ha reso noto lo
scandalo dei doni da nababbo del
re Juan Carlos, che accetta panfili
e barche a vela miliardarie. Per il
battesimo dell’infanta Sofia è stata
fatta arrivare a Madrid acqua del
Giordano! La Corte costa ai contribuenti 8.289.970 euro all’anno.
A parte gli oneri economici, del
tutto ingiustificati, la monarchia
spagnola dei Borboni viene criticata per scandali nuziali (Felipe innamorato di una giornalista divorziata avrebbe rinunciato al trono,
Cristina ha sposato un giocatore di
pallamano) e per la sua estraneità
ad una società in continua evoluzione.
Come la monarchia spagnola
anche quelle superstiti di Gran Bretagna, Belgio, Svezia, Norvegia,
Olanda sono in crisi per una serie
di scandali politici e finanziari.
L’epoca delle monarchie volge al
tramonto.
UNA DINASTIA DI GRANDI MERCANTI DI FILOGRAFIA
ALBERTO BOLAFFI
A Torino dire AGNELLI
vuol dire FIAT. Fatte le debite
proporzioni, dire BOLAFFI
vuol dire FILATELIA. Due dinastie giunte alla 4° generazione. La società Bolaffi è la più
importante azienda italiana (attiva da oltre un secolo e in grado di competere anche oltre i
confini nazionali) che si occupa del commercio dei francobolli ed anche di numismatica
e di cartellonistica. Un intero
palazzo della metropoli subalpina, un centinaio di dipendenti, filiali a Roma, Milano, Verona, editrice della rivista “Il Collezionista”, di volumi raffinati
(pittura, automobili, ecc.), e del
più importante catalogo filatelico italiano, sede di una galleria d’arte, organizzatrice - due
volte all’anno - di vendite all’asta di francobolli, monete e
*
manifesti murali. Insomma una
molteplice attività di antiquariato che suscita interesse su chi
la promuove con tanto impegno: Alberto Bolaffi.
Perciò gli abbiamo rivolto
Nel 1941, il Ministero dell’In- alcune domande.
terno decide di realizzare un Centro di lavoro (sul modello della
colonia Pisticci, in Provincia di
Matera) nell’azienda agricola di
Castel di Guido, di proprietà del
Pio Istituto Santo Spirito ed
Ospedali Riuniti di Roma, ubicata al Km. 18 della -Via Aurelia,
nel Comune di Roma.
Alla fine del 1941, il Governatorato di Roma (così si chiamava il Comune di Roma nel periodo fascista), che aveva ottenuto
la concessione di 1.200 ettari dall’azienda agricola, inizia la costruzione – nel nucleo centrale dell’Azienda, ubicato in località Castel di Guido – di alcune case (ufficialmente destinate agli sfrattati) e di un Centro di Lavoro, che
comprendeva dormitori, refettorio e servizi, in grado di accogliere fino a cento persone.
Il Centro di Lavoro è pronto
nella primavera del 1942 e vi vengono inviati gli internati civili (ma
anche confinati per motivi politici). E’ dato in gestione ad Eugenio Parrini, Direttore dell’azienda agricola, che utilizza gli internati come manodopera a basso
costo nei lavori dell’azienda.
La direzione del Centro di
Lavoro è affidata ad un Brigadiere dei Carabinieri. Gli internati
alloggiano al primo piano di un
grande edificio, attrezzato in
modo da accogliere una cinquantina di persone. Al piano terra
dell’edificio ci sono le stalle. In
un edificio vicino ci sono l’officina e falegnameria, dove lavorano
Chi è stato il fondatore della
gli internati, e la mensa. Nelle vicinanze, la caserma dei Carabinie- Vostra azienda nel lontano 1890?
E’ stato Alberto Bolaffi,
ri, gli uffici della direzione delnato
a Livorno nel 1874, alleval’Azienda agricola. Nel piccolo
borgo rurale di Castel di Guido to a Torino da due zie ungheci sono anche le abitazioni di al- resi. Il capostipite della famicune famiglie di dipendenti del- glia Bolaffi era nato a Gibilterl’azienda ed una piccola bottega ra. Fu mercante di pietre predi generi vari.
ziose e piume di struzzo, alloLa maggior parte degli inter- ra di gran moda, il cui commernati lavorano per l’azienda agri- cio era molto redditizio. Il figlio
cola, ma alcuni svolgono attività Angelo Bolaffi si stabilì a Livorartigianale in proprio. Il lavoro
no, diventò impresario teatranon è obbligatorio, ma tutti lavorano sia per guadagnare, in ag- le, sposò una donna ungherese
giunta al sussidio, la paga giorna- da cui nacque appunto Alberliera di 10 lire (se operai del- to che, scoprì il mondo della fil’azienda), sia per stare all’aria latelia diventando nel corso deaperta. Infatti, l’internato che de- gli anni un esperto commercide di non lavorare, deve rima- ciante che pubblicava annunci
nere nella camerata. In caso di in- su giornali e periodici offrensubordinazione, gli internati ven- do “francobolli diversi e perfetgono trasferiti nel carcere roma- ti”. Ebbe quattro figli tra cui
no di Regina Coeli.
Giulio. Questi lasciò la ditta paIl 31 luglio 1943, pochi gior- terna e iniziò una attività comni dopo la caduta del fascismo (25 merciale su larga scala divenluglio), i primi internati vengono tando nel giro di pochi anni
rilasciati, ma gli altri rimangono uno dei più noti mercanti filanel Centro di Lavoro.
telici del mondo.
Il 29 ottobre 1943, il Questore di Roma comunica alla DireFu dunque Tuo padre Giulio
zione Generale di Pubblica Sicurezza che il Centro di Lavoro di Bolaffi (1902-1987) colui che ha
Castel di Guido ha sospeso l’atti- potenziato l’azienda sia fondando
vità e chiede di conoscere la “sor- la rivista “Il Collezionista – Italia
te dei confinati, tuttora presenti”. Filatelica”e il periodico “La SettiPochi giorni dopo, gli ultimi in- mana nel Mondo” sia svolgendo
ternati e confinati vengono pro- attività editoriali e partecipando a
sciolti ed il Centro di Lavoro fiere e congressi internazionali, sia
chiuso.
associando alla compravendita di
Giorgio Giannini francobolli il lavoro di perito filatelico.
*
Come mio nonno e come
MOSTRE A TORINO
mio padre io stesso, iscritto alPINO MANTOVANI l’albo dei periti internazionali,
Figurativa la pittura di Pino esamino e firmo quasi tutti i
Mantovani, che espone nella Galgiorni gli esemplari che mi venleria Bolaffi di Torino, una serie di
grandi immagini femminili astrat- gono sottoposti per accertarne
te, quasi evanescenti, forse simbo- l’autenticità e il pregio.
ALLE PORTE DI ROMA
DAL 1942 al '43
CAMPO FASCISTA
D’INTERNAMENTO
liche. Quadri piuttosto spogli, in
cui la figura femminile viene ritratTuo padre ebbe un ruolo imta, ora assorta in preghiera, ora pie- portante nella Resistenza in Piegata di spalle. L’ispirazione dell’artista si traduce in una pittura in- monte?
Dopo essere stato perseguidubbiamente originale che carattetato dalle leggi razziali e corizza la scelte di Mantovani.
stretto a sospendere l’attività
filatelica mio padre, invece di
rifugiarsi in Svizzera, salì in
montagna organizzando la Resistenza nell’alta valle di Susa.
Scampato ad un rastrellamento
nazi-fascista comandò una Divisione di “Giustizia e Libertà”
assumendo il nome di battaglia
Aldo Laghi. La Divisione G.L.
“Stellina” (dal nome di sua figlia) fu protagonista di fatti
d’arme importanti ad opera dei
600 partigiani impegnati nella
lotta di liberazione nazionale.
Vari Comuni della Val di Susa
conferirono a mio padre la cittadinanza onoraria.
(dal giornale tedesco “DIE WELT”)
bera molte emissioni a tematiche
religiose (Papi, Santi, Basiliche,
processioni, festività, ecc.), mentre trascura eventi importanti
come lo sviluppo della Cremazione in Italia e il bicentenario della
Massoneria, privilegiando il museo della liquirizia o il patrono dei
cuochi?
Nel bene e nel male il francobollo è una statua di carta che
ogni governo costruisce a sua
immagine. In Italia, qualunque
sia il governo, di destra o di sinistra, la cupola di San Pietro è
Quali sono le condizioni di sa- sempre presente.
lute della filatelia attuale?
Perchè nei cataloghi filatelici i
Come oggetto antiquariale
è in grande progresso. Come francobolli hanno una quotazione
oggetto ludico per i ragazzi è non realistica, in quanto vengono
in grande regresso a causa del- venduti con sconti sino al 50%?
lo schermo televisivo che ha so- Non sarebbe più pratica una vastituito con l’animazione il pic- lutazione adeguata al valore effetcolo schermo del francobollo. tivo di mercato?
Si tratta di un falso probleInoltre gli Stati, che sono i più
grandi mercanti di francobolli ma. I cataloghi in genere dannel mondo, non hanno recepi- no indicazioni non rapportate
to le nuove istanze e nulla in- ad un preciso stato di conservestono a favore della filatelia. vazione dei francobolli. Se,
come fa da anni Bolaffi, ciò avL’emissione, da Te ideata, di venisse, tale quesito non sussisterebbe. Il francobollo, essendo un oggetto di carta ed essendo stampato in una quantità ingentissima di esemplari, può
per ragioni di conservazione o
di produzione tipografica (ad
esempio la centratura) avere le
stesse variabili di prezzo alla
pari di un multiplo. Come il
brillante, la cui quotazione viene da tutti accettata anche se
reca variabili per cui il prezzo
di un carato, a seconda dello
stato di conservazione, può essere moltiplicato fino a 30 - 40
volte
francobolli italiani in quanto
cronisti perfetti e puntuali del
nostro Risorgimento. Tali
esemplari sono infatti una cronaca diretta della Storia che
solo l’Italia può contare in
quanto la nostra unità nazionale è avvenuta dopo la nascita
del francobollo e attraverso il
succedersi delle emissioni e
degli annulli postali. Pertanto
la nostra Storia può essere documentata in modo perfetto all’interno di un album filatelico.
Il Vostro recentissimo ponderoso catalogo della comunicazione
scritta “FORUM” ha un’impostazione diversa dai tradizionali cataloghi. Quali intenti esso persegue?
Il francobollo è stato l’artefice della globalizzazione mediante la diffusione della parola scritta. E’ risultato quindi
consequenziale che dalla filatelia nascesse attenzione collezionistica nei confronti della parola scritta anteriormente alla nascita del francobollo. Attraverso il neologismo “filografia”
oggi il nostro collezionismo,
partendo dai caratteri cuneiformi e nella evoluzione della
scrittura, si occupa della traccia più importante nella storia
dell’Umanità. La scrittura oggi
si sta sempre più smaterializzando. Nel catalogo FORUM
guardando al futuro vi è un capitolo dedicato alla scrittura
tecnologica, il cui inizio data
dai caratteri mobili cioè dalla
Bibbia stampata da Gutenberg.
FORUM ha fatto arretrare di
5.000 anni - con la riproduzione di primordiali tavolette e
altri strumenti di comunicazione - il “Penny Black” ma, in un
certo senso, lo ha proiettato
anche verso il futuro. In apertura del volume è apposta la
seguente epigrafe: “La musica si
percepisce con l’anima, la pittura
si coglie con gli occhi, la filografia
si apprezza con l’intelletto”.
Bruno Segre
due francobolli sciolti ed in foglietti
dedicati ai diciottenni per diffondere il collezionismo tra i giovani,
è stata contestata in quanto i beneficiari si sono affrettati a vendere i foglietti a prezzi molto elevati.
Sin dai tempi di Copernico
il mondo viene contestato. Si
tratta dell’iniziativa più utile e
intelligente nel settore filatelico mai attuata da un Governo.
L’alto prezzo di mercato dei
due foglietti è comunque andato a favore dei diciottenni beneficiari, ed è dovuto anche all’insufficiente comunicazione
della iniziativa. Almeno 60.000
giovani sono entrati in contatto tangibile con la filatelia e di
questi circa il 10% hanno venduto i loro francobolli. Ciò si*
gnifica che oltre 50.000 giovani, alle soglie dell’età in cui si “NACHT-HAXEN”
affronta la vita in termini pra- (segue da pag. 1)
tici e nelle scelte, hanno in casa
un francobollo, e ciò è la pre- scuna di esse ne compì 800
messa per la filatelia di doma- (1004 Irina Sebrova); abbatterono 44 velivoli nemici e sganciani.
rono sugli obiettivi oltre 3.000
In Italia a causa delle troppe tonnellate di bombe. Quelle
emissioni filateliche, delle eccessi- donne che, al momento del loro
ve tirature (3.500.000 esemplari di arruolamento, erano state deogni emissione), del ricorso alla finite “babonke” (donnicciole),
Posta elettronica, del cronico dis- annoverarono nelle loro file 23
servizio postale, della sostituzione Eroine dell’Unione Sovietica,
dei francobolli con timbri e targhet- 32 medaglie d’oro (sulle 92 conte, la filatelia ha ancora un avve- ferite a donne combattenti in
tutto il conflitto), 13 Stelle Rosnire?
Le emissioni più significa- se, 14 Onorificenze della Grantive e importanti sono sovente de Guerra Patriottica di I° gradovute a situazioni di emergen- do e 27 onorificenze della Banza, sopratutto durante i tristi diera Rossa; 10 di esse infine
tempi delle guerre. In questa furono insignite del titolo di
Italia, dove l’emergenza sem- Eroine del proprio reggimento.
I nomi di queste donne
bra non finire mai, anche i francobolli ne riflettono il disagio. (come del resto le loro impreL’avvenire della filatelia è lega- se) sono poco ricordati nella
to al divenire quotidiano della pur vastissima letteratura desocietà di cui è testimonianza e dicata, specie in Occidente, alle
vicende della Seconda guerra
documentazione.
mondiale.
Tutte furono antesignane
dell’emancipazione e della
qualificazione femminile in un
campo altamente specializzato
che soltanto in questi ultimi
tempi – e in limitate circostanze – è divenuto aperto a loro.
La Bolaffi ha allargato i suoi
interessi commerciali alla numismatica e ai manifesti pubblicitari, promuovendo aste anche di questi settori. Quali i risultati?
Investire nei reperti seri del
collezionismo rappresenta
sempre una scelta vincente, in
quanto il rispetto della conservazione delle più significative
Quali erano le scelte di Tuo testimonianze del passato si è
padre nella sua attività di studio- dimostrato un atto di civiltà.
so, ricercatore e nei rapporti con i
collezionisti?
Perchè la Consulta Filatelica
Prediligeva e collezionava i Nazionale – di cui fai parte – deli-
Gustavo Ottolenghi
ABBONATEVI!
L’abbonamento a
L’INCONTRO è una
scelta di libertà, di
progresso sociale, di
laicismo. Aiutando il
giornale, ne favorite le
sue battaglie di idee e
testimoniate il Vostro
favore ai valori della
democrazia, alla difesa dei diritti civili.
ANNO LIX - N. 10 - DICEMBRE 2007
4
A M E R I C A L AT I N A
MOSTRA ICONOGRAFICA LIBRI RICEVUTI
TRIBUNA PACIFISTA
L'AGENDA DEL MERCOSUR SU PINOCCHIO A FIRENZE
“ARMI DA TAGLIO”
Nel dibattito degli ultimi
mesi sui “costi della politica” e
sulle “caste” che appesantiscono
il Paese, le Forze Armate e il settore militare-industriale sono rimasti fuori da qualsiasi tipo di
analisi. Se non ci fosse stato il
caso del generale della Guardia
di Finanza, Roberto Speciale,
sorpreso dal giornale “La Repubblica” ad organizzare una festa
sulle Dolomiti del Trentino con
moglie, perenti, amici e spigole
di mare, tutti imbarcati su un aereo Atr 42 del Corpo (che dovrebbe essere utilizzato per la
lotta al contrabbando e per i voli
umanitari), si penserebbe al “militare” come ad un comparto trasparente e austero che rifugge
dai privilegi di casta.
Invece non è così: spese militari che non subiscono i tagli inferti agli altri settori, come accaduto nella Finanziaria dello scorso anno e come sembra che accadrà anche per quella che il Parlamento sta discutendo: fondi
per gli armamenti in costante aumento, con il coinvolgimento dell’Italia in programmi di riarmo
sproporzionati e inutili per le finalità costituzionali che le nostre
Forze Armate dovrebbero avere;
esagerato numero di ufficiali in
un esercito già sovradimensionato e costituito da 190mila militari; sprechi rilevanti, dai tribunali
militari alla sanità militare, dalle
parate alle pulizie (per le quali
spendono quasi 4 milioni di euro
l’anno per tirare a lucido le case
di 45 fra generali e ammiragli).
Se ne è parlato a Roma, in un
Convegno organizzato dalla Sinistra Democratica dal titolo
“Armi da taglio” in cui sono state presentate e discusse – con gli
attivisti delle organizzazioni pacifiste, rappresentanti politici e
di governo – le proposte per la
riduzione delle spese militari e il
disarmo. Le ha sintetizzate Giulio Marcon, coordinatore della
campagna “Sbilanciamoci!”, che
ogni anno presenta una “controfinanziaria”. “Fra il governo Berlusconi e il governo Prodi, sul
tema delle spese militari, non
abbiamo notato alcuna discontinuità: le spese militari crescono,
gli impegni per il disarmo continuano ad essere disattesi, le Forze Armate sono nello stesso tempo inadeguate e troppo costose.
Per cui noi proponiamo al governo e al Parlamento, già dalla
prossima finanziaria, di ridurre
le spese militari del 20%; di portare le Forze Armate da 190mila
a 120mila unità e di bloccare la
partecipazione ai programmi di
riarmo, come il cacciabombardiere europeo Eurofighter e quello
NATO F35-Lightnight che nulla
hanno a che fare con le missioni
di pace o l’azione di difesa che
dovrebbe caratterizzare, in base
alla Costituzione, la nostra politica estera e le nostre Forze Armate”.
Francesco Martone, senatore di Rifondazione Comunista ha
invece affrontato la spinosa questione della riconversione delle
fabbriche di armi che viene azzoppata dall’apparente contraddizione di pace e lavoro, con settori di Sindacato spesso difensori delle industrie armiere in nome
dei posti di lavoro da salvaguardare. Martone, che ha già presentato un ddl sulla riconversione,
ha annunciato che nella Finanziaria verrà proposto un emendamento per un fondo e una Agenzia nazionale per la riconversione e il disarmo, che avrebbe lo
specifico compito di sostenere le
imprese armiere disposte a riconvertirsi al civile, fornendo supporto e consulenza per ipotesi alternative di politica industriale.
La senatrice Silvana Pisa (Sinistra Democratica) ha presentato un progetto di legge che, oltre
a regolare il commercio internazionale delle armi leggere di cui
l’Italia è il secondo produttore al
mondo – mentre a quelle pesanti e ai sistemi d’arma provvede
già la legge 185/90-, interviene
anche su due aspetti particolarmente controversi: la cosiddetta
“tracciabilità” delle armi leggere
(cioè un sistema che consenta di
seguire il percorso dell’arma,
dalla fabbrica all’acquirente finale, anche per evitare ambigue
triangolazioni) e il “brokeraggio”, cioè l’attività degli intermediari nella vendita.
“L’obiettivo del provvedimento – spiega la senatrice – è
di far ricadere anche il commercio delle armi leggere sotto l’autorità e il controllo dello Stato,
in base ai principi della Costituzione”. Per impedire, ad esempio, che vengano vendute armi a
Paesi in conflitto o nei quali c’è
una guerra civile, oppure sottoposti ad embargo da parte dell’ONU o dell’Unione Europea.
E, infatti, l’art. 1 del disegno di
legge prevede che venga istituito
presso la Presidenza del Consiglio un “Comitato interministeriale per l’esportazione, l’importazione e il transito delle armi”
che dovrà autorizzare la vendita
di armi. Solo dopo aver verificato il rispetto di alcune condizioni: “La tracciabilità delle armi, la
marchiatura indelebile dei prodotti, la corrispondenza tra gli ordinativi e i quantitativi di armi
oggetto di esportazione, importazione e transito, e la destinazione finale delle armi”.
Esclusi dalla vendita i “Paesi
in stato di conflitto armato, anche potenziale, o in stato di guerra civile”; e i “Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale di forniture di armi, che siano stati dichiarati responsabili di gravi violazioni delle Convenzioni internazionali in materia dei diritti
umani, e che non offrano adeguate garanzie in materia di sicurezza internazionale e in materia di
lotta al terrorismo internazionale”. Le sanzioni penali per chi trasgredisce tali regole sono : ritiro
della licenza di produzione e vendita e multe a partire da 100mila
a 10milioni di euro per le aziende; multe da 100mila a 1 milione
di euro e arresto da 5 a 10 anni
per gli intermediari.
L’approvazione della legge –
per cui si prevedono comunque
tempi lunghi: - sarebbe un segnale significativo anche a livello internazionale: nel giugno 2006,
infatti, la campagna internazionale Controlarms consegnò all’ONU, in occasione della Conferenza mondiale sulle armi leggere, una “foto-petizione” con oltre 1 milione di nomi (40mila raccolti in Italia) onde chiedere un
Trattato internazionale per regolamentare il commercio delle
armi leggere. Una proposta che,
nonostante il parere favorevole di
153 Paesi, venne bocciata per il
veto opposto dagli USA, unico
Stato a votare contro.
*
POLITICI E
VATICANO
Trovo abbastanza inquietante
che i politici italiani, da ultimi Berlusconi e Veltroni, facciano la fila
con il cappello in mano espatriando Oltretevere per ricevere l’imprimatur di Santa Romana Chiesa alla
propria azione politica.
Trovo assolutamente inaccettabile che la delibera sul registro
delle coppie di fatto, comprese
quelle omosessuali, debba essere
discussa non nella sua sede naturale, ma addirittura in un Paese
straniero, lo Stato del Vaticano. Addirittura deliranti le dichiarazioni
della senatrice Binetti, secondo la
quale l’approvazione del registro
delle coppie di fatto a Roma dimostrerebbe l’incapacità di Veltroni di
governare la città del Papa. La senatrice non si è accorta che il 20
settembre 1870 i Bersaglieri sono
entrati a Porta Pia e Roma è oggi
la capitale dello Stato italiano.
La vicenda della delibera dei
Radicali e dei Socialisti sui diritti
delle coppie di fatto al Consiglio
Comunale di Roma sta assumendo un indiscutibile valore simbolico proprio nel merito della natura
del Partito Democratico. Se, come
dicono i giornali, Veltroni ha promesso al cardinale Bertone che la
vicenda finirà in un nulla di fatto,
sarà definitivamente dimostrato
che l’atto di nascita del Partito Democratico è stato possibile grazie
ad una vittima sacrificale: la laicità.
Il Partito Democratico quindi,
lungi dall’essere la “grande tenda”
all’americana, rischia di diventare
una piccola canadese, dove i temi
che riguardano i diritti individuali e
le libertà civili, che hanno garantito prosperità, benessere, qualità
della vita, dignità della persona,
sviluppo umano individuale e collettivo nei Paesi del Nord Europa,
per l’Italia rimarranno un’utopia. E’
bene quindi che si arrivi, in Consiglio Comunale a Roma, ad una rapida discussione della delibera e
ad un voto, qualunque esso sia, per
chiarire fino in fondo qual è la natura delle forze politiche a Roma e
in Italia.
On. Franco Grillini
*
INIZIATIVA DEL
MUSEO DELLA
RESISTENZA
L’agenda esterna del Mercato Comune del Sud o Mercosur,
lo schema di integrazione regionale che raggruppa Argentina,
Brasile, Paraguay, Uruguay e
Venezuela, è quanto mai ampia
e complessa. Il blocco è infatti
impegnato in negoziati commerciali a livello multilaterale, regionale e bilaterale con partner virtualmente in ogni area del mondo. Tuttavia i risultati appaiono
modesti e i pochi accordi effettivamente conclusi ed entrati in
vigore sono di importanza economica piuttosto limitata per i
Paesi membri. Questo attivismo
quasi spasmodico nell’agenda
esterna sembra riflettere più una
carenza di strategia e priorità
che non una proiezione assertiva e globale sullo scacchiere internazionale. Le implicazioni
dell’agenda esterna per quella
interna sono comunque notevoli e richiederanno un ripensamento accurato dell’essenza
stessa e delle finalità del Mercosur.
L’influenza
del Doha Round
Negli ultimi due anni, l’ambito di negoziazione internazionale di maggior rilevanza per i
membri del Mercosur è stato
probabilmente il round di Doha,
in cui si è cercato un accordo
multilaterale di liberalizzazione
commerciale comprendente i
prodotti industriali, agricoli ed
i servizi sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). Questo negoziato, sospeso nel luglio 2006 per
mancanza di consenso tra le parti sui contenuti e sulle modalità
degli accordi, ha influenzato
anche altri negoziati, come quelli che il Mercosur ha in piedi con
gli Stati Uniti e con l’Unione
Europea. Un accordo favorevole al Mercosur a livello multilaterale avrebbe infatti potuto accrescere il suo peso negoziale nei
confronti dei partner commerciali nordamericani ed europei
o rendere ulteriori accordi regionali addirittura superflui.
Con il fallimento del round
di Doha non solo sono tornati
d’attualità i negoziati con Stati
Uniti e Unione Europea ma si
sono resi manifesti i contrasti in
termini di interessi e di politica
commerciale tra alcuni membri
del Mercosur.
I negoziati per la creazione
di un’area di libero commercio
tra Mercosur e Stati Uniti sono
legati alla creazione di un’area
di libero scambio delle Americhe (Alca), progetto sostenuto
dagli Stati Uniti, ma che ha incontrato resistenze di carattere
sia politico che economico tra i
Paesi del Mercosur. La recente
adesione del Venezuela al Mercosur, la retorica anti-americana del Presidente Chavez e lo
scarso entusiasmo di Brasile e
Stati Uniti per la ripresa del dialogo non sembrano fornire prospettive positive per l’Alca. Tuttavia esistono anche elementi a
favore di una possibile ripresa
dei negoziati. Il Brasile sembra
sperimentare un riavvicinamento diplomatico a Washington in
materia energetica; gli Stati Uniti aumentano, sia pure leggermente, la propria quota come
destinazione delle esportazioni
argentine e brasiliane e, sopratutto, uruguayane. Nonostante
la retorica chavista, gli Stati
Uniti restano il primo partner
commerciale del Venezuela.
I negoziati con l’Unione Europea rimangono nell’incertezza legata agli sviluppi sul piano
multilaterale e alla scarsa propensione a ulteriori concessioni
delle parti in causa. Nonostante
vi sia un certo favore sia nei governi che nelle società civili europee e latinoamericane a raggiungere un accordo, l’UE non
sembra disposta a rivedere la
propria offerta nel settore agricolo e il Mercosur non intende
esporsi ulteriormente nei settori automobilistico, tessile e dei
servizi. Anche il vertice UEAmerica Latina di Vienna nel
2006 non ha portato risultati
concreti.
Progressi continentali
A livello continentale, il
Mercosur ha ottenuto risultati
decisamente migliori sotto
l’aspetto diplomatico, ma la portata economica di questi ultimi
resta limitata. L’accordo raggiunto tra Mercosur e Cuba nel
luglio 2006 non fa altro che consolidare a livello multilaterale le
concessioni già esistenti a livello bilaterale. Gli accordi di libero commercio firmato da
Perù, Colombia ed Ecuador con
il Mercosur in effetti creano un
accesso al mercato nettamente
favorevole ai Paesi andini, mentre Perù e Colombia avevano offerto concessioni maggiori nei
loro accordi bilaterali con gli
Stati Uniti di quanto non abbiano fatto col Mercosur. Anche se
la creazione della Comunità Sudamericana di Nazioni, che raggruppa tutti i Paesi del Sudamerica a eccezione della Guyana
francese, sembra per ora poter
fornire un valore aggiunto alla
regione più sul versante politico che su quello economico.
I negoziati con il resto del
mondo non sembrano dare indicazioni chiare in termini di
strategia economico-commerciale. La Cina, partner emergente specie di Brasile, Argentina e
Paraguay sembra più interessa-
ta a intese bilaterali che non con
blocchi regionali. Un accordo di
commercio preferenziale tra India e Mercosur è stato concluso
nel 2004, ma non è ancora entrato in vigore e ha un peso commerciale decisamente modesto.
Lo stesso dicasi per l’intesa raggiunta tra il Mercosur e l’Unione Doganale dell’Africa del Sud,
formata da Sudafrica, Namibia,
Botswana, Lesha e Swaziland.
Altri negoziati commerciali
sono in piedi con il Consiglio di
Cooperazione dei Paesi del Golfo, col Pakistan, con Israele, Marocco, ed Egitto. Al di là dello
scarso valore commerciale, questi negoziati sembrano potersi
inquadrare più nella corsa allo
status di potenza mondiale del
Brasile che non in un chiaro progetto di alleanze politiche o economiche del Mercosur in quanto blocco regionale compatto.
Scarsa chiarezza strategica
L’agenda esterna del Mercosur non sembra seguire una
chiara strategia o priorità definite. Tuttavia, offre indicazioni
rilevanti per l’agenda interna.
L’ingresso del Venezuela nel
Mercosur, il primo allargamento dalla sua creazione nel 1991,
è stato accolto come un successo. Questo comporterà un riposizionamento del blocco nei
confronti degli Stati Uniti, sia
per bilanciare gli eccessi retorici di Chavez che per la struttura
commerciale del nuovo membro.
Per gestire un’azienda esterna così folta e talvolta delicata,
sul versante interno potrebbero
essere necessari nuovi meccanismi di coordinamento e concertazione. La spinta verso intese
commerciali più favorevoli ai
singoli membri del Mercosur
potrebbe aprire la strada a intese bilaterali dei membri individuali con i loro partner commerciali più importanti, così come
già suggerito dall’Uruguay. Ciò
metterebbe in questione l’esistenza stessa del Mercosur come
mercato comune e unione doganale.
Il dibattito circa la convenienza di fare un passo indietro
e trasformare il Mercosur in una
semplice area di libero scambio
nell’interesse dei suoi stessi
membri è già cominciato. Se il
possibile ritorno economico di
una tale operazione possa bilanciare gli scompensi politici connessi rimane oggetto di verifica.
Più che tra allargamento e approfondimento, come nel caso
europeo, il dilemma del Mercosur sembra essere tra approfondire e diluire i vincoli esistenti
tra gli adenti al blocco.
Gian Luca Gardini
PARLANO I LETTORI
Diritti umani
Il riconoscimento dei Diritti
Umani avvenne con la storica
“Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino ” votata nel
1789 dall’Assemblea Costituente istituita dalla Rivoluzione francese. Essa si ispirava al preambolo della “Dichiarazione d’Indipendenza ” degli Stati Uniti
(1776) che affermava: “Tutti gli
uomini sono nati uguali e hanno
ricevuto dal loro Creatore alcuni
diritti inalienabili”.
Antecedenti più lontani sono
la “Magna Charta ” (secolo XII) e
il “Bill of Rights” delle Rivoluzioni inglesi del secolo XVII. Infine
il 10 dicembre 1948 l’Assemblea
Generale dell’ONU a Parigi approvò la “ Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ”, poi integrata, nel corso degli anni, da
numerose Convenzioni internazionali sui diritti delle donne, sui
diritti politici, sui rifugiati, ecc.
A distanza di quasi 60 anni
dalla “ Dichiarazione” dell’ONU,
viene da chiedersi se questi Diritti siano rispettati nel mondo.
Purtroppo la risposta mi sembra
negativa non solo per quanto riguarda i Paesi a regime dittatoriale in Africa, Asia, America Latina, ma anche nei Paesi a regime democratico (per esempio la
violazione dei Diritti Umani dei
prigionieri di guerra a Guantanamo).
Inoltre imperversano il terrorismo e le guerre di religione da
parte dei fondamentalisti musulmani, cristiani (cattolici, evangelici, ortodossi) ed ebrei. Tutti questi fenomeni contribuiscono a
dissestare l’ordine mondiale stabilito dal diritto internazionale,
dalla Charta dell’ONU, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dalle numerose Convenzioni via via firmate da quasi
tutti i Paesi del mondo. Perciò il
10 dicembre, pur essendo una
ricorrenza storica, resta soltanto
una tappa del cammino dell’Umanità verso l’uguaglianza, la
pace e il progresso.
Marcello Sorisio (Livorno)
Il 10 dicembre a Torino il Museo
Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della
Libertà ha presentato il progetto
“2008: un anno per i diritti”. E’
un’iniziativa che organizzerà a Torino nel prossimo anno, una serie di
eventi (mostre, convegni, seminari,
presentazioni di libri, proiezioni, laboratori didattici) ospitati sia all’interno del Museo, sia sul territorio cittadino, scanditi da un “calendario dei diritti” che di mese in mese affronterà i
singoli temi contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e
nella Costituzione Italiana.
L’idea nasce dal Museo che, pur
fondandosi sulla mostra permanente
“Torino 1938-1948. Dalle leggi razziali alla Costituzione”, allarga il suo
sguardo all’Europa, al mondo e alla
contemporaneità per raccogliere e trasmettere i valori di democrazia, di pace
e di libertà espressi dalla Costituzione
repubblicana e dalle Carte internazionali dei Diritti.
Amnesty International, Emergency e Unicef e altre associazioni umanitarie, istituzioni culturali ed enti
Nella nostra Torino, un tempubblici collaboreranno a sviluppare il
tema dei diritti e della loro effettiva ap- po così seria e pulita, assisto per
le strade a scene ripugnanti: afriplicazione nel mondo odierno.
cani che orinano agli angoli dei
muri, zingari minori d’età che ruInvitiamo i Lettori a bano negli alloggi o borseggiano in tram, arabi, albanesi e rosegnalarci i nominati- meni che tra un furto ed una ravi di persone o di as- pina s’azzuffano sulla pubblica
sociazioni culturali via a colpi di bottiglia, frotte di
che gradirebbero rice- prostitute, invertiti e pusher sui
viali in attesa di clienti. Uno spetvere copie di saggio tacolo turpe e deprimente, che mi
de L'INCONTRO
spinge ad odiare tutti questi immigrati, i quali considerano la
Razzismo
nostra metropoli un territorio da
conquistare senza alcun rispetto per i diritti degli abitanti. Mi
chiedo: il mio atteggiamento è
razzista?
Tullia Artioli (Torino)
Il razzismo è una funesta
ideologia, in base alla quale chi
non fa parte di una comunità (ad
esempio quella bianca) viene
giudicato un individuo inferiore
a causa del colore della pelle e
dell’ambiente nativo. Pertanto
questo individuo viene disprezzato, emarginato e talora perseguitato. Altra cosa è la reazione
soggettiva di tipo conservatore
o auto-protezionista di fronte a
comportamenti illeciti di persone estranee alla collettività locale.
Se invece questi immigrati si
comportano correttamente integrandosi nel tessuto sociale,
nessuno li discrimina ed anzi finisce per apprezzarli. Pertanto
risulta talora difficile stabilire il
confine psicologico fra razzismo
e giustificata ostilità.
Stipendi d'oro
Ho letto quanto LA STAMPA
ha pubblicato sul nuovo scandalo concernente i costi della politica. Stavolta non riguarda compensi e prebende dei parlamentari, ma gli stipendi d’oro dei
2908 dipendenti e funzionari di
Camera (1850) e Senato (1058),
che costano allo Stato complessivamente oltre mezzo miliardo
di euro all’anno, cioè 370 milioni nel bilancio della Camera e
198 in quello del Senato per un
totale di 568 milioni.
E’ stato il settimanale
L’ESPRESSO nell’inchiesta “Eldorado in Parlamento” a rivelare incredibili retribuzioni: 1531
euro netti al mese per un commesso
appena
assunto,
253.700 euro lordi all’anno per
ciascuno dei 60 stenografi del
Senato all’apice della carriera
(guadagnano 50 mila euro in più
di quanto percepisce un Ministro), 485.000 euro lordi per il
Segretario generale della Camera e 483.000 per quello del
Senato, cioè assai più del Presidente della Repubblica
(218.000 euro), del Presidente
del Consiglio (212.000 euro), del
Ministro degli esteri (190 mila
euro), del Ministro dell’Econo-
mia (203 mila euro, essendo non
parlamentare).
Un ragioniere di Montecitorio
percepisce
annualmente
237.560 euro lordi con 35 anni
di anzianità. Persino i barbieri definiti, nel gergo della burocrazia, “operatori tecnici” (come gli
spaszzini chiamati “operatori
ecologici”) - incassano 133 mila
euro lordi all’anni, cioè ben 35
mila euro al mese in più di un
magistrato di Corte d’Appello con
13 anni di anzianità.
Naturalmente questi stipendi d’oro procurano ingentissime
pensioni: ad esempio un autista
riceve una pensione superiore a
quella di un primario ospedaliero. Inoltre l’età pensionabile per
i dipendenti del Senato è di 56
anni, mentre fino al 1992 era addirittura di 52 anni (per gli altri
cittadini il limite attuale è di 58).
Insomma si tratta di assurdi
privilegi e di una vergognosa dissipazione di pubblico denaro, in
contrasto con i trattamenti economici e normativi di altre categorie di statali e con le condizioni praticate agli apparati Parlamentari di altri Paesi.
Pancrazio Bertolo (Susa)
“C’era una volta…”. Così
Collodi (Carlo Lorenzini)
avrebbe cominciato il suo straordinario racconto di Pinocchio e così sembra ripetere in
Palazzo Pitti la Mostra che,
fino al 25 marzo, ne rievocherà la fortuna attraverso la rassegna completa delle sue edizioni storiche nelle quali si
coglie l’evoluzione stessa del
clima culturale ed artistico del
Bel Paese tra la fine dell’Ottocento ed il secolo successivo. A queste prime edizioni si
aggiungono quelle più recenti, con una breve citazione delle opere su carta di Mimmo
Paladino per l’ultima traduzione in giapponese del testo,
ormai letto in ogni lingua, da
125 anni. Da quando, alla fine
di ottobre 1881, il mondo dei
bambini cadde nello sgomento perché il loro “Giornale”,
(allineato nella Mostra) non
dava più notizie di Pinocchio
che due assassini, neri come
la pece, avevano impiccato ad
un ramo della Quercia grande.
Giornate di penosi interrogativi per quei piccoli lettori
che non riuscivano a darsi
pace per la morte del loro eroe.
L’incertezza durò fino a quando il caporedattore del periodico, Guido Biagi, non si decise a comunicare ai suoi lettori che il burattino dal lungo
naso sarebbe presto ritornato.
Pinocchio, dunque, non era
morto. E anzi non morirà mai.
“Perché - spiega Antonio
Paolucci nel catalogo - è figura perfetta degli italiani. È bugiardo e opportunista, è sentimentale e patetico. Del nostro popolo ha lo storico disincanto: la scuola è una perdita
di tempo, i giudici li hanno
messi apposta lì per castigare
gli onesti. Come tutti gli italiani, Pinocchio è attaccato
alla mamma e alla famiglia,
cioè alla Fata Turchina e al
povero Geppetto, e come tutti
gli italiani è tendenzialmente
anarchico e trasgressivo, insofferente di ogni disciplina.
La Volpe e il Gatto esercitano
su di lui, come su ognuno di
noi, una non resistibile attrazione. Per questo il libro di
Collodi è un capolavoro immortale e a noi italiani il burattino piace proprio perché è
il nostro ritratto!”.
Il “Giornale dei bambini”,
pubblicato a Roma dal 7 luglio
1881, era redatto da toscani,
a cominciare dal direttore,
Ferdinando Martini, cui era
affidato anche il supplemento domenicale del “Fanfulla”,
il quotidiano impostosi soprattutto nella Firenze postunitaria per il piglio col quale trattava i fatti politici e culturali.
Collodi ne era la firma più prestigiosa e meglio pagata e proprio a lui si era affidato Martini prima di accettare la direzione del nuovo periodico
per l’infanzia, ricco di illustrazioni come già avveniva in
America, in Francia e in Inghilterra. Un’idea geniale che
finalmente offriva ai ragazzi
una lettura piacevole ed
istruttiva, affidata per giunta agli scrittori più illustri del
momento. Collodi era fra questi perché aveva già tradotto
per i bambini nientemeno che
i “Racconti delle fate” e pubblicato testi scolastici che, nonostante qualche errore, risultavano piacevoli agli scolari in
quanto rompevano la monotonia dei manuali tradizionali.
Il “Giornale per i bambini”,
che anticiperà di qualche decennio il “Corriere dei piccoli”
di Silvio Spaventa Filippi,
aveva sedici pagine ed usciva
il giovedì. I piccoli lettori accolsero con entusiasmo la novità e la tiratura raggiunse le
venticinquemila copie, una cifra da capogiro se si pensa che
Perché viva
Questo ennesimo scandalo,
che sfida il confronto con gli stipendi di operai e impiegati e con
le pensioni di vecchiaia ella maggior parte dei lavoratori, dimostra
La sottoscrizione “Perancora una volta che l’Italia non chè viva L’INCONTRO” conè un Paese povero, ma un Paetinua regolarmente.
se male amministrato.
Poeti
Vorrei sapere chi è lo scrittore
che disse: “Mi bastano pochi lettori, me ne basta uno solo, me ne
basta nessuno”.
Arrigo Liusetti (Aosta)
E’ stato Seneca, filosofo nell’antica Roma, che scrisse (Espistole VII, 11): “Satis sunt mihi pauci, satis est unus, satis est nullus”.
*
MOSTRA E. ROSSI
La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni ha inaugurato presso l’Unione Culturale (via C. Battisti
4, Torino) la Mostra fotografica “Utopia e Riforme” – L’attualità dell’insegnamento di Ernesto Rossi”. La prima edizione della Mostra, curata da
Enzo Marzo e Ada Rossi nel 1984, è
stata ripresentata dall’Istituto Storico
della Resistenza nel Novarese, Verbano, Cusio, Ossola e dalla Casa della Resistenza di Fondotoce, con il contributo della Fondazione “Ernesto Rossi e
Gaetano Salvemini” di Firenze e della
Consulta Torinese. La Mostra rimane
aperta nei mesi di novembre e dicembre.
L’elenco dei sottoscrittori è conservato presso la
nostra redazione a disposizione dei lettori. Il nono
elenco della sottoscrizione
si chiude con un totale di
euro 4.974,00.
Direttore responsabile
Avv. BRUNO SEGRE
Comitato di redazione
prof. Paolo Angeleri
prof. Marco Brunazzi
prof. Giorgio Giannini
arch. Gabriele Manfredi
prof. Maria Mantello
dott. Gustavo Ottolenghi
Tipolitografia ARTALE s.n.c.
V. Reiss Romoli, 261 - TORINO
Tel. 011.226.99.80 - 011226.99.90
Distribuzione: Fratelli De Vietti
Via Cebrosa, 21 - Settimo T.se
Telef. 011.896.18.11
Registr. al Tribunale di
Torino n. 481 del 9-IX-1949
Monthly printed in Italy
nell’Italietta di allora la legge Coppino sull’obbligo scolastico fino ai nove anni era largamente disattesa tanto che,
dal censimento del 31 dicembre 1881, era emerso che non
sapeva né leggere né scrivere
il 69% dei bambini dai 5 ai 12
anni.
L’ultima puntata de “Le
avventure di Pinocchio” comparirà sul “Giornale”, ormai
diretto da Collodi, il 25 gennaio 1883. Subito dopo, il libraio-editore Felice Paggi, attivo a Firenze, avrebbe convinto Collodi a riunire in volume le puntate del suo racconto che sarebbero state illustrate da Enrico Mazzanti.
Non ci mise molto a riuscirci perché ormai Carlo Lorenzini aveva posto fine a
trent’anni di battaglie civili,
cominciate da giovanissimo
con la partenza per i campi di
Curtatone e Montanara. Il disincanto che ormai provava,
da mazziniano sfegatato qual
era stato, davanti agli opportunismi di una classe politica
che aveva tradito i valori risorgimentali, spingeva Collodi a parlare ai bambini perché diventassero migliori dei
padri.
Una lezione che continua
ancora oggi attraverso la fortuna di Pinocchio, la cui iconografia sarebbe passata dalle vignette di Mazzanti a quelle di Mussino fino ai disegni
di Attilio Cassinelli per l’edizione del centenario collodiano.
Antonio Pecoraro
Sergio Martella: “Pinocchio
eroe anticristiano”, il codice della
nascita nei processidi liberazione,
edizioni: SAPERE, Padova, 2000,
lire 25.000.
Wolfang Oppenheimer con
Vittorio Cardinali: “La straordinaria avventura del Principe Eugenio (l'Achille sabaudo al servizio degli Asburgo)”, Associazione
Immagine per il Piemonte, Torino, 2006, euro 18.
Angelo Quattrocchi: “No, no,
no! Ratzy non è gay!”, editrice
Mala Tempora laica, Roma, 2007,
euro 12.
“Camillo Berneri singolare/
plurale” atti della giornata di studi, Reggio Emilia, 28 maggio
2005, Biblioteca Panizzi, Archivio
Famiglia Berneri-Aurelio Chessa,
2007, s.i.p.
“CONVIVIA” rivista di arte,
cultura e formazione, diretta da
Andrea Aste, Torino, 2007, euro
12,50.