BERLINO, SOLO ANDATA Eccomi, mi vedete? Sono la pazza che

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BERLINO, SOLO ANDATA Eccomi, mi vedete? Sono la pazza che
BERLINO, SOLO ANDATA
Eccomi, mi vedete?
Sono la pazza che sta corredo, con il computer in mano e i dr Martens slacciati, verso
il gate dell’aeroporto, prima che chiuda inesorabilmente e mi privi della mia unica
possibilità …
Ma meglio iniziare con ordine.
Mi chiamo Elisa, ho 28 anni, sono una farmacista, con una gran voglia di cercare se
stessa e con una passione esagerata per Berlino e tutto quello che questa città ha da
offrire. Luoghi e persone, pensieri e spensieratezza.
Prima che il mio hobby fosse correre per gli aeroporti, vivevo a Rimini, una città che
mi piace ma che sentivo stretta, in una situazione sentimentale che non mi apparteneva
più e con un senso di soffocamento tale da farmi venire eritemi, sfoghi allergici,
emicranie e molto altro…
Per non parlare del lavoro.
Con una laurea in Farmacia e un master in Giornalismo e comunicazione scientifica,
vi sembra normale che per 4 anni abbia dovuto elemosinare una stagione estiva in una
qualsiasi farmacia sul mare, per farmi un culo talmente grande da non riuscire a dormire
per 4 mesi?
Poi ovviamente l’intrigo amoroso.
Una relazione seria da 4 anni con un ragazzo che non amavo e che, molto
probabilmente, non ho mai amato e una storia clandestina con un ragazzo di cui ero
pazza ma che non avevo il coraggio di ammettere.
Era decisamente giunta l’ora di partire!
Non avevo dubbi al riguardo, un inverno nella mia città preferita mi avrebbe
sicuramente aiutato a risolvere i vari conflitti che mi stavano facendo a poco a poco
diventare totalmente pazza.
Berlino.
Ci ero già stata 4 volte in vacanza e ogni volta mi lasciava senza fiato.
La domenica al Mauerpark a gironzolare tra le bancarelle di abiti e musica usati, a
evitare le pozzanghere di fango che puntualmente si formavano e che, naturalmente,
non potevi almeno una volta infilarci il piede dentro. Allungarsi alla Paul’s boutique,
sulla parallela Oderberger Str., per terminare lo shopping compulsivo con un paio di
vecchie Adidas che non vedevi più da quando eri piccolo. Fermarsi a fare il brunch da
Godot all’angolo, per ripararsi dal vento gelido e godersi del buon cibo e del buon
caffè. Per sentirsi a casa come non mai e chiedersi come mai dove vivi tu non ci siano
posti come quelli e come mai ti senti una straniera ogni volta che chiedi un caffè filter
e ti guardano con l’aria di chi avesse ordinato una fetta della Luna.
Il sabato alla Markthalle Neun, farsi avvolgere dai profumi invitanti e dai colori esotici
e irresistibili del mercato della frutta e della verdura, che ti attirano in un modo talmente
univoco da sembrare quasi un sogno, come se nella tua vita non ne avessi visti mai di
mercati così. Frutta, verdura, fiori all’apparenza simili a tanti altri ma che nella sostanza
hanno un sapore diverso, il senso della libertà di scelta che non puoi fare a meno di
sentire tuo e capire che il viaggio è valso la pena di essere stato fatto solo per questa
sensazione, unica e irripetibile. Una volta ripresi i sensi si è così pronti a immergersi
nella pizza al taglio fatta all’interno del mercato da alcune ragazze italiane che,
evidentemente come la sottoscritta, non hanno saputo dire di no al fascino della capitale
tedesca.
E poi il giovedì. Questo mercato si trasforma invitando tutti gli abitanti della città ad
assistere al grande spettacolo del cibo da strada, dove i banchi che nel week end
vendono la frutta, in questa giornata danno vita a dei veri e propri show culinari. Alla
fine esci da questo grande capannone di metallo completamente sazio ma felice, perché
anche tu hai preso vita a un pezzo di cultura locale e ti senti parte di qualcosa, quel
qualcosa che forse troveresti anche a casa, ma che non sai dove cercare e ti sembra
troppo difficile da identificare.
Il venerdì pronti a essere l’anima della notte. Enormi gruppi di ragazzi si riversano
nelle strade, pronti a essere invincibili, grazie alla consapevolezza che sono giovani e
tutto il mondo è ancora da scoprire vivendo in una città dalle grande opportunità.
Metro, tram e bus viaggiano tutta la notte senza sosta, per farti capire che sono dalla
tua parte e se vuoi andare, partire e cercare, loro ci sono, fedeli condottieri che non
giudicano e lasciano che tra loro e il tempo ci sia solo la strada e la voglia di avventura.
Adoro vedere come tante persone di cultura, origine ed età diverse convivano tra di
loro senza troppi problemi, anche se i problemi si sa ci sono ovunque, e bevono
insieme, ballano e si divertono, dove le 4 del mattino sembrano le 6 di sera tanto è
l’afflusso di persone che circola sui marciapiedi. La prima volta sono rimasta
veramente senza fiato, mi sembrava di essere su un grattacielo e accorgermi nel
guardare in basso di vedere le famose scie rosse delle macchine che vengono tanto
immortalate per le foto panoramiche, solo che nel mio caso erano fatte di persone.
Nella mia memoria c’era questo e molto di più.
Ero decisa a fare in modo che tutti questi avvenimenti diventassero la mia quotidianità,
non essere più la turista ma una cittadina, non quella che chiede indicazioni ma quella
che domanda se si ha bisogno di una mano. Una qualunque in una città così grande,
per pensare per una volta nella vita a me soltanto e riuscire a guardarmi dentro, per
capire se in fondo c’era di più di quello che gli altri pensavano di me.
Maledetti provinciali!
Iniziava così il mio viaggio di preparazione al cambiamento.
Punto primo:
Cercare casa.
Niente studentati, niente ostelli. Una sola parola passava per la mia testa: indipendenza.
Così grazie a fortunate coincidenze, ho conosciuto quella che sarebbe stata la mia
coinquilina, quella che mi avrebbe affittato una camera in casa sua e nel suo mondo,
che mi avrebbe proiettato verso un modo di pensare totalmente diverso e che ha
contribuito in maniera fondamentale al mio cambiamento.
Casa mia era in Schlesischer Str. 35, chiamata dalle persone che ci vivevano e da tutti
quelli che ci passavano occasionalmente Heimat 35.
Heimat… anima.
Non ci è voluto molto a capire il perché di quel nome, in fondo “tutto quello che
succede a Berlino, succede a Kreuzberg e tutto quello che succede a Kreuzberg,
succede sulla Schlesischer Strasse!”. Con queste parole fui accolta nella casa dove mi
accingevo a passare l’inverno più bello della mia vita.
Sono assolutamente diventata una fan di quella casa, di quella via e di quel quartiere.
Pensare che non ci ero mai stata e che mi sono privata di tanto tempo di quello
spettacolo. Che sciocca! Se solo avessi avuto prima il coraggio di prendere da sola le
mie decisioni.
Ci erano voluti solo pochi giorni a capire qual era in assoluto il mio posto preferito.
La passeggiata lungo la riva della Sprea.
Passare davanti ai canali con le barche ormeggiate chiuse, che in estate diventano dei
locali dove bere birra e stare insieme, proseguire davanti l’Arena e al suo mercato della
pulci, arrivare fino al Treptower park con in mano le frittelle del chioschetto che ti
ricordano tanto le castagnole di carnevale e stare per un po’ appoggiata alla balaustra
a guardare lontano, verso il ponte, attraverso le due figure che ballano imponenti
davanti a te nel mezzo del fiume.
Girarsi e passare per il Gorlitzer park, con i due canali che si riuniscono, dove con la
neve non si vede la differenza tra la strada e l’acqua ormai ghiacciata, quando quel
manto è così bianco da accecare e ti ritrovi sola a capire che, uno spettacolo simile, non
potevi nemmeno sospettarlo. A capire di essere diventata grande e autonoma, che certe
decisioni vanno prese da soli, non fatte scegliere dagli altri, che la tua relazione era già
finita da tempo e dovevi solo tirare fuori il coraggio di dire basta, non di essere beccata
al telefono con il tuo amante che chiedeva giustamente l’amore meritato da una persona
cieca e incosciente.
Con tutte queste idee sulla propria affermazione mi incamminavo, ormai esausta, verso
Nil, il ristorante sudanese della zona a mangiare la sua famosa zuppa di lenticchie.
Bisogna vederlo Nil almeno una volta per capire: sempre sorridente, canta e balla
mentre versa zuppe e riempie falafel! Che invidia per quell’uomo che in quelle poche
cose ha trovato la sua pace interiore.
Con la pancia piena tornavo così a casa per fare i compiti di tedesco.
Esatto, i compiti.
Punto secondo:
Cercare una scuola di tedesco.
Mi sono detta che un inverno è lungo e che non sono una perditempo, che magari mi
sarei annoiata. Meglio cercare qualcosa da fare almeno un mesetto per essere prudente
e per far capire ai miei genitori che non sono proprio fuori di testa. Un corso di tedesco
in una bella scuola mi sembrava una cosa saggia e produttiva per me stessa, per
conoscere persone e fare contenti tutti. Del resto stavo già facendo un corso di tedesco
a Rimini “perché nella vita non si sa mai”, “meglio avere altre opzioni” e “le lingue
straniere fanno sempre comodo” e bla blablà…
In realtà lo stavo solo facendo per avere una via di fuga e saper cantare meglio le
canzoni dei Rammstein!
Ecco dunque che tra decine di siti di scuole e offerte vantaggiose per imparare il tedesco
in maniera facile e divertente, ho scelto quella che faceva per me, amore a prima vista.
Come per tutto quello che faccio, è stata la prima che ho visto e la mia scelta definitiva.
La German Language School, chiamata da tutti GLS. Una scuola normalissima, dove
imparare una lingua diversa, dove impegnarsi a interagire con gli altri, una scuola che
per me è diventata punto di riferimento per quell’inverno e dove ho conosciuto le
persone più belle che un’amicizia invernale potesse offrire. Del resto ammettiamolo,
io non partivo con l’idea di cercare un lavoro o di tornare a vivere come nella Berlino
anni 90, volevo solo trovare me stessa, capire cosa fare della mia vita, stare un po’ con
i miei pensieri insomma, senza programmi, con la libertà di uscire di casa se ne avevo
voglia e di prendere e partire per passeggiate lunghissime se mi andava. Ero solo io
quella che contava ed ero ben determinata a mantenere questo stato di indipedenza.
Così, carta di credito alla mano, ho pagato un intero mese di corso per quella scuola
sulla Kastanienalle 82, a pochi passi dalla fermata della metro U2 se si veniva da una
parte, a qualche centinaia di metri dalla U8 se si veniva dalla direzione opposta.
Esattamente nello stesso modo per un mese intero, sole, pioggia o neve, andavo a
scuola a studiare e fare amicizia e per un altro mese a ritrovarmi con i miei amici fuori
dall’entrata per uscire insieme.
Chi lo avrebbe mai detto, quasi una barzelletta: un’italiana, una greca, un’albanese e
uno svedese! Ci si vedeva per un caffè, una fetta di torta e si finiva per bere birra e
passare la serata insieme, senza pensieri, senza costrizioni, solo con la voglia di stare
bene insieme. Del resto il senso di viaggiare è proprio quello di fare esperienze inattese
no? Di tante cose mi sono pentita nella vita, ma mai di aver conosciuto queste persone
all’interno della GLS, della scuola che istintivamente ho scelto per passare il mio nuovo
inverno berlinese di affermazione emotiva.
Mancava solo una cosa.
Punto terzo:
Comprare il biglietto aereo di sola andata per Berlino.
Partire… ma quando?
Dunque, io amo il Natale e sapevo che il Natale a Berlino è meraviglioso quindi il 23
dicembre mi sembrava una data decisamente favorevole. Certo, qualcuno non ne
avrebbe gioito, anzi, ci sarebbero state proteste e accese discussioni a riguardo di tale
data, ma io ero irremovibile. La scuola sarebbe iniziata il 6 gennaio, quindi avevo tutto
il tempo di godermi le feste e ambientarmi prima del test di livello.
Bene, era deciso, senza remore né ripensamenti avevo prenotato il mio biglietto verso
la libertà e verso Gluhwein, kartoffelpuffer, gulasch e tutti gli odori, le luci e la gioia
dei mercatini natalizi della capitale tedesca che erano lì ad attendermi.
Alexanderplatz mi chiamava, da sempre la mia piazza preferita. Qui si può respirare
quell’aria di malinconia che ancora aleggia in contrasto alle nuove costruzioni e centri
commerciali, con la sua ruota panoramica e la fontana che diventa una pista di
pattinaggio sul ghiaccio, le bancarelle di oggetti tipici natalizi, l’enorme pentolone
sempre caldo di cibo e il continuo spinare di vino bollente speziato. Essere immersa di
luci, colori e musica, con il naso congelato e le mani come cubetti di ghiaccio attaccate
a un bicchiere riempito con qualcosa di caldo.
Tutto questo volevo al mio arrivo, un vero benvenuto nella città che da sempre amo,
che non si accorgeva della mia presenza e in questo modo mi faceva sentire ben accetta,
che con un cenno del capo mi diceva che potevo anche io fare parte di quella festa e
diventare per un po’ una berlinese in adozione. Almeno era quello che io sentivo, che
speravo di sentire e che, alla fine con grande gioia, ho sentito per tutto il mio viaggio.
Ora eccomi qui, ancora accaldata per la corsa verso il gate, seduta al mio posto 12B a
guardare fuori dal finestrino l’aereo staccarsi da terra.
Eccomi qui a piangere perché ci sono riuscita, sono salita sull’aereo e sono partita.
Eccomi qui a capire che viaggiare non è altro che partire per ritrovarsi a casa.
Saluti a tutti, io vado e per un po’ non avrete mie notizie. Ora tocca a me.
Auf wiedersehen.