continua a leggere
Transcript
continua a leggere
Giacomo Elio Di Bari Ho vissuto a Berlino dal primo gennaio a maggio 2011. Ho iniziato lì l’anno insieme alla mia ragazza. Avevamo deciso di trasferirci a Berlino dopo averla visitata per due volte tra il 2008 e il 2009 ed essere rimasti colpiti dalla sua atmosfera così particolare e affascinati dalle tracce e dalle cicatrici che il Novecento avevo lasciato nelle sue strade. La decisione di trasferirsi viene pianificata per dopo la mia laurea (scienze politiche): o allora o mai più, contro gli scetticismi delle nostre famiglie. Avevamo risolto tutte le questioni organizzative e burocratiche in un viaggio “esplorativo”, approfittando dell’ospitalità di una nostra amica lì in Erasmus: la casa (un monolocale in Zwischenmiete di 6 mesi, pagato tutto in anticipo perché non avevamo né Bürgschaftserklärung né altre garanzie – avevamo “solo” i nostri risparmi); l’Anmeldung (5 minuti nel Burgeramt di Steglitz, il nostro “Bezirk” adottivo) e il corso di tedesco prenotato per il 3 gennaio, da tenersi nella Volkshochschule del Rathaus di Charlottenburg, livello A1. In tutto questo mi sono dimenticato infatti di aggiungere un particolare: non sapevamo niente di tedesco! E mai e poi mai avrei pensato di studiarlo, messo in guardia da amici rimasti scottati dalla difficoltà della lingua. Con l’inizio del corso capisco tre cose: 1) ci sono tante persone, provenienti da tutto il mondo, che sono nella nostra stessa situazione! Iraniani, sudamericani, australiani, coreani, italiani, spagnoli tutti attirati a Berlino per i motivi più disparati. E tutti iniziamo a parlare questa lingua, come fossimo bambini: “Ich gehe gestern Museum”. 2) “Yes we can”, o meglio “Ja, wir können!, nel senso che riesco a capire tutto di quello che mi viene spiegato e capisco anche che il tedesco non è quella bestia nera che avevo sempre pensato. Una volta capiti alcuni meccanismi fondamentali “matematici” si può anche riuscire a immaginare di poterla domare; 3) la qualità della Volkshochschule, nonostante le voci, non molto positive, registrate in un primo momento. Ritengo anzi questa istituzione qualcosa che assolutamente dovremmo copiare in Italia e un fattore di integrazione (lasciando stare tutta la miriade di corsi che vengono organizzati): dove lo trovi un corso di 90 ore a 200€, di cui il 50% (il 100% se hai un coniuge tedesco) finanziato dallo Stato? La nostra permanenza a Berlino va avanti tra i corsi e la scoperta di una città che ogni giorno ci piace, ci affascina e ci rimane più impressa: i musei, le iniziative culturali, i festival artistici, i parchi, i Flohmärkte della domenica con brunch annesso, i Currywurst, i ristoranti di qualsiasi tipo e provenienza, la U-Bahn e i trasporti in genere… tutte cose che ricordiamo con nostalgia. Con l’arrivo della stagione calda, e con il miglioramento del livello di tedesco, inizio a cercare qualche lavoretto e li trovo anche: il fatto di aver ricevuto due offerte per Nebenjob estivi nella ristorazione (e non in ristoranti italiani), con la poca conoscenza che avevo della lingua e zero esperienza di ristorazione, mi confermano l’apertura e la possibilità che viene offerta a tutti anche nel settore del lavoro (uno dei colloqui iniziò così: “Lei ha avuto molto coraggio a lasciarmi il suo curriculum. E questo mi piace”). La nostra esperienza si chiude a maggio, dopo aver ricevuto un’offerta dall’Italia per un lavoro estivo nel porto della mia città, pagato ottimamente e in cui comunque ho avuto l’opportunità di parlare tedesco per tutta l’estate. L’idea era quella di fare la “stagione” in Italia e mettere soldi da parte per tornare a Berlino e continuare l’esperienza. Il destino però vuole diversamente: il 2012 infatti l’ho iniziato in Spagna, dove è stato più facile trovare un lavoro corrispondente a quello che ho studiato, anche grazie alla conoscenza approfondita dello spagnolo. Quando posso, cerco di imparare qualcosa di nuovo in tedesco e di tenermi allenato. Berlino rimane comunque nel mio cuore e spero un giorno di tornarci, in vacanza, per lavoro o per viverci. Sarò per sempre fiero di essere stato, per un periodo della mia vita, “Berliner”. Wo du wohnst, macht kein Unterschied: wir sind wir, wir sind hier, das ist unser Berlin. (Canzone ascoltata nella Volkshochschule).