Prevale il principio della sostanza sulla forma nella territorialità Iva
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Prevale il principio della sostanza sulla forma nella territorialità Iva
Prevale il principio della sostanza sulla forma nella territorialità Iva per la qualificazione del committente La circolare dell’Agenzia delle entrate 29 luglio 2011, n. 37 chiarisce la nuova disciplina Iva sulla territorialità delle prestazioni di servizio, introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2010. Infatti, nei rapporti tra soggetti passivi (B2B) le prestazioni si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando il committente è ivi stabilito. Nel caso in cui il soggetto passivo sia un privato consumatore (B2C), l’operazione è effettuata in Italia se il prestatore è stabilito nel territorio italiano. La circolare evidenza che, per quanto concerne le prestazioni rese a soggetti passivi, devono verificarsi necessariamente tre circostanze perché tale disciplina si possa applicare. In primis, il committente deve essere un soggetto passivo. Lo status è facilmente dimostrabile nel caso di prestazioni di servizi effettuate da soggetti nazionali a soggetti passivi stabiliti nell’Unione Europea, perché l’elemento fondamentale è rappresentato dal numero identificativo Iva. Tale deve essere comunicato dal destinatario al prestatore, che ne verificherà la validità per mezzo del sistema Vies. La circolare chiarisce che, in mancanza di elementi che dimostrino palesemente l’assenza dello status di soggetto passivo, il prestatore potrà basarsi sulla richiesta di attribuzione della partita Iva che il committente gli abbia messo a disposizione. Qualora il committente non abbia comunicato affatto il proprio numero di partita Iva, allora il prestatore è legittimato a consideralo come consumatore privato. In secondo luogo, la circolare precisa che il committente debba agire nella veste di soggetto passivo. Spetta al prestatore accertare che il destinatario acquisisca i servizi in qualità non di titolare di partita Iva, ma in qualità di consumatore privato. Il soggetto passivo che riceve la prestazione esclusivamente per finalità private, compreso l’uso di questa da parte dei dipendenti, è considerato comunque come un consumatore privato. Tale affermazione – sottolinea la circolare dell’Agenzia delle entrate – riguarda soprattutto le persone giuridiche titolari di partita Iva nel momento in cui comprano un servizio rivolto a un uso privato. La veste del committente può risultare anche dalla natura stessa del servizio richiesto, senza la necessità di ulteriori analisi. Tuttavia, nei casi in cui il servizio è compatibile sia con la sfera privata che con quella di soggetto passivo Iva, il prestatore potrà richiedere alla controparte comunitaria l’esibizione del numero di partita Iva. Se il soggetto fosse extra-comunitario, la prova potrà riguardare la semplice destinazione imprenditoriale del servizio reso. Si delinea 2 chiaramente, in questo modo, il principio della prevalenza della sostanza sulla forma per la qualificazione del soggetto committente. Infine, come ultima circostanza, rileva non solo il luogo di stabilimento di colui che acquista il servizio, ma anche il momento della valutazione della veste del committente. La prestazione, infatti, si considera resa in Italia se il destinatario è ivi stabilito, anche se alle esigenze d’impresa si sostituiscono, in un momento successivo al pagamento, fini privati. Quando, invece, la destinazione del servizio risultasse diversa al pagamento del saldo rispetto a quella originariamente esistente al momento del versamento del primo acconto, allora l’Agenzia delle entrate stabilisce che troveranno applicazione due differenti regimi: uno con riferimento all’acconto e uno con riferimento al saldo. Saldo e acconto possono, dunque, avere due regimi distinti nelle prestazioni di servizi se, durante l’esecuzione della prestazione stessa, cambia la qualità del soggetto committente. Lorenzo Ugolini Ottobre 2011