András Schiff - Società del Quartetto di Milano

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András Schiff - Società del Quartetto di Milano
Stagione
2010-11
Martedì 21 dicembre 2010, ore 20.30
pianoforte
Sala Verdi del Conservatorio
András Schiff
Bach
Variazioni Goldberg BWV 988
Il concerto si svolge senza intervallo
6
Consiglieri di turno
Andrea Kerbaker
Antonio Magnocavallo
Direttore Artistico
Paolo Arcà
Sponsor istituzionali
Ringraziamo per il loro contributo volontario,
oltre ai vari Soci che hanno scelto
l’anonimato o la dedica in memoriam (a Silvia
Medugno Ansbacher Bonomi, a Rita Legnini,
a Sergio Dragoni), i Soci A.F., S.F. e E.A.,
Ornella e Giuseppe Lorini, con la speranza
che il loro esempio trovi seguito.
Sponsor Pianisti al Quartetto
Giulio Confalonieri, poeta, scrittore,
compositore, eminente protagonista della vita
musicale a Milano lungo gran parte del ‘900,
scrisse i programmi di sala del Quartetto dal
1953 al 1963.
Un ampio estratto fu pubblicato in un nostro
piccolo libro, “Il minuto prima di ascoltare”,
curato da Lorenzo Arruga.
Quest’anno i commenti ai nostri concerti
saranno spesso “a due voci”: la voce di
Giulio Confalonieri, là dove saranno in
programma musiche già da Lui commentate
per nostri concerti, e la voce di Oreste
Bossini. Due voci che risentono di diverse
formazioni musicali e di tempi diversissimi.
È anche un modo di valorizzare il patrimonio
di cultura del Quartetto e di rispettare i nostri
tradizionali criteri di sana gestione
economica.
Il programma è pubblicato sul nostro sito
web dal venerdì precedente il concerto.
È vietato, senza il consenso dell’artista, fare
fotografie e registrazioni, audio o video,
anche con il cellulare.
Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo
alla fine di ogni composizione.
Si raccomanda di:
• spegnere i telefoni e ogni apparecchio
con dispositivi acustici;
• evitare colpi di tosse e fruscii del programma;
• non lasciare la sala fino al congedo dell’artista.
Con il contributo di
Soggetto di rilevanza regionale
Con il patrocinio di
Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 - Lipsia 1750)
Aria mit verschiedenen Veränderungen für Cembalo mit 2
Manualen (Goldberg-Variationen) BWV 988 (ca. 75’)
Aria
Variatio 1 a 1 Clav. - Variatio 2 a 1 Clav.
Variatio 3 a 1 Clav. Canone all’Unisuono - Variatio 4 a 1 Clav.
Variatio 5 a 1 ovvero 2 Clav.
Variatio 6 a 1 Clav. Canone alla Seconda
Variatio 7 a 1 ovvero 2 Clav. Al tempo di Giga
Variatio 8 a 2 Clav. - Variatio 9 a 1 Clav. Canone alla Terza
Variatio 10 a 1 Clav. Fughetta - Variatio 11 a 2 Clav.
Variatio 12. Canone alla Quarta - Variatio 13 a 2 Clav.
Variatio 14 a 2 Clav.
Variatio 15 a 1 Clav. Canone alla Quinta – Andante
Variatio 16 a 1 Clav. Ouverture - Variatio 17 a 2 Clav.
Variatio 18 a 1 Clav. Canone alla Sesta
Variatio 19 a 1 Clav. - Variatio 20 a 2 Clav.
Variatio 21. Canone alla Settima
Variatio 22 a 1 Clav. Alla breve - Variatio 23 a 2 Clav.
Variatio 24 a 1 Clav. Canone all’Ottava
Variatio 25 a 2 Clav. Adagio - Variatio 26 a 2 Clav.
Variatio 27 a 2 Clav. Canone alla Nona - Variatio 28 a 2 Clav.
Variatio 29 a 1 ovvero 2 Clav. - Variatio 30 a 1 Clav. Quodlibet
Aria
Anno di pubblicazione: 1741/42
Elias Gottlob Haußmann dipinse nel 1746 il ritratto del Thomaskantor Johann
Sebastian Bach. Il volto carnoso e massiccio del musicista sporge dalla tela, lo
sguardo fermo e il capo leggermente inclinato verso sinistra. Bach posa con
l’aspetto di un uomo laborioso, che ha interrotto per un attimo la sua attività. Il
panciotto è sbottonato e la mano destra regge un foglio di musica, rivolto verso
lo spettatore come una sorta di proclama. La carta mostra i tre soggetti di un
Canon triplex á 6. La voce del basso intona un tema di otto note diffuso in
Europa e già adoperato da diversi compositori, come Purcell per esempio. Il
ritratto intendeva celebrare forse l’ingresso di Bach, nel 1747, in una prestigiosa accademia fondata dal professor Lorenz Christoph Mizler, la
Correspondierende Societät der musicalischen Wissenschaften. Bach sembrava indicare in quel foglio la sintesi dei suoi principi musicali: il contrappunto del
tardo Rinascimento, la tecnica del Generalbaß, il pensiero esoterico legato
all’Arcanum musicale. Bach incarnava gli ideali dell’antica ars artificialis,
mentre la generazione dei suoi figli contrapponeva a essa l’idea di musica come
espressione di sentimenti naturali quali la sensibilità e la semplicità.
I grandi cicli dell’ultimo decennio (1740-50) rappresentano il traguardo di un
percorso artistico ormai solitario: il Wohltemperiertes Klavier II, le Variazioni
canoniche, l’Offerta musicale, l’incompiuta Arte della fuga. In mezzo a questi
giganti, si erge come una stele misteriosa l’Aria mit verschiedenen
Veränderungen, conosciuta con il nome di Variazioni Goldberg. L’origine del
lavoro è stata raccontata nel 1802 dal primo biografo di Bach, Johann Nikolaus
Forkel, che sosteneva di averla ascoltata dai figli maggiori di Bach. “Il conte
[Keyserlingk] era molto malato e passava quindi delle notti insonni. Goldberg,
che abitava in casa sua, doveva in tali circostanze passare la notte nella camera
accanto per suonare qualcosa durante l’insonnia. Una volta il conte manifestò a
Bach il desiderio di avere per il suo Goldberg dei pezzi, che fossero di carattere
a un tempo dolci e in qualche modo vivaci da poter rasserenare un po’ le sue
notti senza sonno. Bach pensò di poter assolvere al meglio il compito con delle
variazioni, che fino allora aveva ritenute un lavoro ingrato a causa della armonia
sempre uguale (...) Il conte le chiamò da allora in poi le “sue” Variazioni. Non
era mai sazio di ascoltarle, e per lungo tempo chiese solo, quando capitavano le
notti insonni: caro Goldberg, suonami ancora una delle mie variazioni”. La fabula
di Forkel è stata messa in dubbio da diversi studiosi, ma il nome del giovane
Johann Gottlieb Goldberg rimane nondimeno legato per sempre al genio di Bach.
Le Variazioni, stampate a Norimberga tra il 1741 e il 1742, recano sul frontespizio la definizione di Clavier Übung, studio per tastiera, in ossequio alla tradizione didattica inaugurata dal precedente Thomaskantor Johann Kuhnau. Le
trenta variazioni formano una sorta di microcosmo della musica cembalistica, un
registro degli stili del suo tempo, un almanacco di figure della retorica musicale.
Il lavoro tuttavia va ben oltre i confini di un trattato di dimensioni enciclopediche. Le Variazioni Goldberg rappresentano una sorta di Panoptikon musicale,
nel quale l’arte di Bach esprime la bellezza di un ordine armonioso e geometrico.
“L’ordre, les proportions, l’harmonie - scriveva Leibniz (Essais de Theodicée,
1710) - nous enchantent, la peinture et la musique en sont des enchantillons;
Dieu est tout ordre, il garde toujours la justesse des proportions, il fait l’harmonie universelle: toute la beauté est un épanchement de ses rayons».
Bach ha vissuto alla fine di un’epoca trionfale della matematica. Le nuove conoscenze dell’età moderna lasciavano ritenere che le leggi della logica mettessero
a disposizione dell’uomo i segreti della natura. Il tempo umano si armonizzava
con quello divino grazie alla mediazione del calcolo. Anche il tempo musicale
trovava in quelle regole un ordine teologico, che irradiava il ritmo, gli intervalli e le relazioni tonali di armonia universale.
Un’Aria, trenta variazioni, l’aria iniziale da capo: un cerchio perfetto. La simmetria dell’insieme mostra una ulteriore bipartizione a specchio:
Aria + variazioni 1-15 + variazioni 16-30 + Aria
In tutto sono 32 elementi, che corrispondono al numero di battute sia dell’Aria,
sia di ciascuna variazione, eccetto la numero 16, la prima della seconda metà,
composta di 16 misure nel tempo di C tagliato e di 32 nel tempo di 3/8, il quale
però può essere considerato il tactus di una forma binaria, quindi equivalente
in durata a metà della prima, ossia… Bach costruisce un labirinto musicale,
regolato da rapporti precisi. Un mondo invisibile allo sguardo, formato da una
trama di relazioni nascoste. La struttura generale è disegnata in maniera geometrica. Ogni due variazioni libere Bach inserisce una variazione a canone. Si
comincia con un Canone all’Unisono (cioè con l’entrata della seconda voce sulla
stessa nota della prima), aumentando di un grado alla volta fino a un Canone
alla Nona (la seconda voce entra a distanza di un intervallo di nona). Il canone
si sviluppa sempre nelle due voci superiori, mentre il basso rimane indipendente e ripete la sequenza fondamentale. Tutti i canoni sono a tre voci, tranne
quello alla Nona, a due voci. Nell’ultimo canone, culmine della perfezione attribuita al simbolo numerico della Trinità, una delle due voci si unisce con il basso,
ricongiungendo quindi la tecnica del contrappunto con quella dell’ostinato.
Questi pochi esempi rivelano l’immanenza del progetto nel pensiero di Bach.
Più la musica si emancipa dal disordine e dal caso, più il musicista è libero di
esprimersi.
Le Variazioni non sono costruite sulla melodia dell’Aria, bensì sulle 32 note del
basso. Bach aveva impiegato solo due volte in precedenza la tecnica del
Generalbaß, nella Ciaccona della Partita II per violino e nella Passacaglia in
do minore per organo. Lo schema armonico-melodico di questo ostinato è formato da 8 periodi di 4 battute. I primi due corrispondono per l’appunto all’antico soggetto raffigurato nel dipinto di Haußmann. Nel connubio tra la tecnica
contrappuntistica del canone e quella ripetitiva della variazione su un basso
ostinato si manifesta un’altra forma di lavoro creativo caro a Bach, l’ars combinatoria.
L’Aria procede dalla tonica (sol maggiore) alla dominante (re maggiore) nella
prima metà, mentre nella seconda compie il percorso inverso. Tutte le variazioni sono in maggiore, tranne le variazioni 15, 21 e 25 (ancora una volta il numero
3!). Alcune prendono spunto da forme di danza, a partire dalla stessa Aria, che
è modellata sullo stile di una malinconica Sarabanda. La Polonaise della Var. 1
rende omaggio forse al conte Keyserlingk, nato in Curlandia. La Var. 7 reca
l’indicazione “a tempo di Giga”, che nella sua versione all’italiana ispira poi la
Var. 11. Il Passepied, un ballo galante di stile francese, è il modello per la Var. 4.
L’omaggio ai maestri della tastiera, che Bach ha ammirato sia tra gli italiani, che
tra i francesi e gli inglesi, risulta altrettanto sentito. L’ombra di Scarlatti, per
esempio, si staglia nel virtuosismo della Var. 5, con i suoi incroci delle mani, o
nelle tiratae perfectae e defectivae della grottesca e capricciosa variazione 23.
Le allusioni a una musica descrittiva e pittorica, evidenti nelle Varr. 14 e 28,
lasciano intuire la conoscenza dell’arte di Couperin. Da un passato ancor più
remoto giunge l’eco delle Toccate di Andrea Gabrieli (Var. 29) e della musica dei
virginalisti elisabettiani (Var. 17). Lo stile antico si mescola a quello moderno. Il
contrappunto stretto (Varr. 10, 18, 22), la libertà di fraseggio della “seconda
pratica” monteverdiana (Varr. 13 e 25) e il moderno gusto concertante (Var. 8)
si alternano liberamente. Tuttavia le Variazioni Goldberg tendono anche un
arco poetico, alle cui estremità si trovano le Variazioni conclusive di ciascuna
delle due parti. Questi due nodi cruciali rappresentano le stelle polari del percorso espressivo del lavoro. Il Canone alla Quinta che chiude la prima metà del
ciclo, una cupa trenodia in sol minore, è una forma a specchio. Una voce risponde all’altra rovesciando l’altezza degli intervalli, quelli che scendono in una
salgono nell’altra e viceversa. Bach, al centro del lavoro, attinge dai trattati di
retorica musicale la formula dell’affectus tristitiae. Al pessimismo esistenziale
toccato nel cuore del grande affresco clavicembalistico, si contrappone alla fine
il Quodlibet, che chiude il ciclo delle variazioni al posto di un canone alla decima.
Il termine Quodlibet indicava nel Cinquecento le dispute a tema libero tipiche
dell’ambiente universitario. Rabelais, per esempio, mette alla berlina l’erudizione fasulla del mondo universitario, descrivendo nel Gargantua un esilarante
Quodlibet disputato a gesti tra Panurge e un gran dottore d’Inghilterra. In
musica il Quodlibet diventa un pezzo umoristico, basato in genere su una musica popolare. Bach sfrutta la melodia di due canzoni, “Ich bin so lang nicht bei
dir g’west” (Da tanto tempo non sto vicino a te) e “Kraut und Rüben haben
mich vertrieben” (Cavoli e rape mi hanno fatto scappare). Sul pinnacolo della
poderosa cattedrale musicale, Bach pone quel genere di umorismo legato al
mestiere che ravvivava le riunioni annuali della grande famiglia dei Bach, formata di numerosi musicisti sparsi per le cantorie della Tubingia e della
Sassonia. Il vecchio Bach si congeda dalla musica per tastiera con ironia, prendendo per i fondelli la sua stessa erudizione e rivolgendosi alle abitudini domestiche della sua corporazione. L’addio alle armi del vecchio soldato, dopo l’ultima
e splendida battaglia, non è altro che un Quodlibet, che chiude il ciclo delle
trenta variazioni con un sorriso velato di nostalgia.
Oreste Bossini
András Schiff pianoforte
Nato a Budapest nel 1953, András Schiff ha iniziato a studiare pianoforte
a cinque anni con Elisabeth Vadász. Ha poi proseguito gli studi all’Accademia Liszt con Pál Kadosa, György Kurtág e Ferenc Rados e infine a
Londra con George Malcolm.
Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. I più recenti sono la nomina a membro onorario del BeethovenHaus di Bonn (2006), il secondo Premio Abbiati per l’esecuzione integrale
delle Sonate di Beethoven (2007), il Royal Academy of Music Bach Prize
della Kohn Foundation di Londra, il “Klavier-Festival Ruhr Preis” (2009)
e la nomina a membro speciale del Balliol College di Oxford.
Nel 1999 ha fondato una propria orchestra da camera, la “Cappella Andrea
Barca” con la quale lavora, come con la Philharmonia Orchestra di
Londra e la Chamber Orchestra of Europe, nel duplice ruolo di direttore e
solista. Nel 1989 ha fondato il festival “Musiktage Mondsee” e, con Heinz
Holliger nel 1995, i “Concerti di Pentecoste” di Ittingen in Svizzera. Dal
1998 anima a Vicenza una serie di concerti “Omaggio a Palladio” per la
quale ha meritato nel 2003 “Il Palladio d’oro”. Dal 2004 al 2007 è stato
“Artist in Residence” del Festival di Weimar. Nella stagione 2007/08 è stato
pianista “in residence” dei Berliner Philharmoniker.
Tra le sue incisioni ricordiamo l’integrale dei concerti di Beethoven con la
Staatskapelle di Dresda e Bernhard Haitink e quella dei concerti di Bartók
con la Budapest Festival Orchestra e Ivan Fisher. Nel 1994 ha meritato il
premio della Deutsche Schallplattenkritik.
Dal 2006 collabora con la casa editrice Henle al progetto di pubblicazione
di tutti i Concerti per pianoforte di Mozart nella versione originale.
È professore onorario alle Musikhochschulen di Budapest, Detmold e
Monaco di Baviera.
È stato ospite della nostra Società nel 1988, 1993, 1998, 2000, 2006, due volte
nel 2007 con il Quartetto Mikrokosmos e per l’integrale delle Suites inglesi
di Bach, nel 2008 con un concerto dedicato alle Suites francesi di Bach, nel
2009 con Miklós Perenyi e nel 2010 con un recital e un concerto da camera
dedicati a Schumann.
Prossimo concerto:
Martedì 18 gennaio 2011, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Quartetto Takács
Il nuovo anno si apre al Quartetto con un concerto di una formazione tra le più
legate alla storia della nostra Società, il Quartetto Takács. I musicisti ungheresi,
conosciuti in tutto il mondo per le loro interpretazioni del repertorio classico,
hanno preparato un programma molto suggestivo, che spazia dal linguaggio
dell’ultimo Haydn al radicalismo costruttivo del Terzo Quartetto di Bartók, passando per il primo capolavoro in questo genere di composizioni del giovane
Mendelssohn. Il Quartetto Takács offre in questo concerto una sintesi delle sconvolgenti trasformazioni della scrittura per quartetto d’archi prodotte in un secolo e
mezzo dalla musica europea.
Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano - tel. 02.795.393
www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected]