Quando l`Europa non è più sogno

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Quando l`Europa non è più sogno
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DOSSIER ULTIMO SPETTACOLO
Quando l’Europa
non è più sogno
La crisi economica fa ripartire i flussi migratori,
ma questa volta gli immigrati lasciano i paesi in
crisi come l’Italia, la Spagna o la Grecia per
andare verso nord o tornare a casa. “Molti cinesi
stanno tornando a casa – racconta la proprietaria
di un ristorante, in Italia da 21 anni – non c’è
lavoro.” In 4 anni, si è ridotto di oltre il 70%
il numero dei nuovi arrivi.
di Massimo Ghirelli
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“N
on è raro incontrare stranieri che
affermano che, per loro, in Italia
non è rimasto più neanche il lavoro
nero”, sottolinea uno studioso, pensando al
ricco Nord-est: che dopo essere stato meta di
flussi di migranti in cerca di benessere, ora è
il luogo da cui gli stessi stranieri scappano,
strozzati dalla mancanza di lavoro. “Il 20%
della comunità marocchina nella Marca trevigiana è andato via” – conferma Abderrahmane
Kounti, presidente dell’Associazione Atlas e
mediatore culturale presso la prigione di Santa
Bona. Ma è l’intera Europa, in affanno dal
punto di vista economico, ad essere diventata
poco attraente per gli stranieri. Lo spiega Kurosh Danesh, responsabile del Comitato immigrati alla Cgil: “La mappa mondiale della
migrazione sta cambiando. Prima, l’80% del
flusso migratorio partiva dal Sud per raggiungere il Nord. Oggi un terzo si sposta all’interno
dei Paesi più poveri, un terzo continua a voler
raggiungere i Paesi più ricchi, e la novità è
l’ultimo terzo, che dai Paesi più ricchi si sposta nei paesi emergenti.” Il rallentamento dei
flussi d’ingresso ha coinvolto anche Irlanda,
Spagna e Gran Bretagna. Alcuni paesi hanno
adottato misure volte a contenere gli ingressi:
ma diminuire i flussi legali rischia l’aumento
dell’immigrazione irregolare e il prolungarsi
della crisi, riducendo la disponibilità di manodopera, e contemporaneamente espone i lavoratori stranieri al rischio di sfruttamento.
Secondo il 3° rapporto annuale 2011 sull’immigrazione del Commissario Ue per gli
Affari Interni, Cecilia Malmström, il numero
totale di stranieri in Europa era di 32,5 milioni, pari al 6,5% della popolazione: di questi,
più di un terzo (12,3 milioni) era costituito da
cittadini di un altro Stato dell’Unione. Sono
quindi circa 20,2 milioni gli extracomunitari
legali, pari circa al 4% della popolazione dei
27 Paesi (502,5 milioni di persone) e al 9,4%
dei 214 milioni di migranti regolari nel
mondo. Un dato di grande rilevanza, soprattutto in un continente dove, come scrive il
rapporto, “anche con un tasso di disoccupazione attorno al 10%, molti Stati sperimentano
carenze di forza lavoro in diversi settori.”
A questi dati si aggiungono quelli sugli immigrati irregolari: stimati tra i 2 e i 4,5 milioni di
persone (statistiche inevitabilmente imprecise), una componente importante dell’immigrazione nell’Unione Europea.
La struttura per cittadinanza varia notevolmente nei vari Stati. Nel 2010 il gruppo più
consistente era costituito dai turchi, (2,4 milioni, pari al 7,2% di tutti gli stranieri). La seconda comunità era rappresentata dai rumeni
(6,6% del totale), seguiti dai marocchini
(5,7%). Sempre nel 2010, l’età media della popolazione della Ue era di 40,9 anni, e quella
degli stranieri 34,4 anni. A differenza degli
altri Paesi europei, nel 2011 la Germania ha
vissuto il più alto tasso di immigrazione in
oltre 15 anni. 24.000 persone sono giunte dalla
Grecia, un aumento del 90% rispetto al 2010.
Anche l’immigrazione dalla Spagna, nel 2011,
è aumentata del 50%. Il totale di nuovi immigrati in Germania nel 2011 è aumentato del
20% rispetto ai dodici mesi precedenti.
La grave crisi in Italia ha provocato, tra il
2007 e il 2011, la perdita di oltre un milione di
east european crossroads
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posti di lavoro, in parte compensati da 750mila
assunzioni di stranieri in settori non ambiti dagli italiani; anche nel 2011, mentre gli occupati
italiani sono diminuiti, gli occupati nati all’estero sono aumentati di 170mila. Eppure gli
stranieri, preoccupati dalla crisi economica,
stanno abbandonando il nostro paese. Secondo
un recente censimento dell’Istat sono poco più
di 4 milioni gli stranieri regolari, a differenza
dei 4.570.000 iscritti in anagrafe all’inizio del
2011, con un netto calo dei nuovi ingressi:
meno 25%, stando alle statistiche Ocse. Per la
prima volta dal 1974, da Paese d’immigrazione
siamo tornati a essere Paese di emigrazione.
Gli immigrati d’origine europea se ne stanno
andando (il 61,6% del totale), seguiti dagli
asiatici (17,7%) e dagli africani (12,2%). In
Lombardia, che ospita un quinto degli immigrati in Italia, 10 stranieri su cento dichiarano
di volersi trasferire, molti nel nord Europa,
dove i mercati offrono ancora occupazione,
anche se in misura decrescente.
Anche se l’afflusso è in diminuzione, con
la crisi e la disoccupazione, gli immigrati diventano il capro espiatorio numero uno degli
europei. Che li vedono come concorrenti nel
mercato del lavoro. Ed è così che la massa de-
numero 47 maggio/giugno 2013
JOHANN ROUSSELOT/LAIF/CONTRASTO
NICOLÒ DEGIORGIS/CONTRASTO
NICOLÒ DEGIORGIS/CONTRASTO
EUROPA
gli immigrati, costretti all’emigrazione dalla
devastazione di crescenti aree del Sud del
mondo, viene criminalizzata come un pericolo
da cui proteggersi con ogni mezzo. L’ultimo
sondaggio Ipsos, Visioni globali sull’immigrazione, pubblicato nell’agosto 2011, condotto
in 23 Paesi tra cui l’Italia, parla chiaramente
di xenofobia in crescita. L’approccio culturale,
politico e governativo degli ultimi 15 anni ha
letto l’immigrazione come un’emergenza; un
problema di ordine pubblico, da affidare sempre più alle polizie, alle marine militari, alle
carceri, ai centri di detenzione. Ora emergono
gruppi estremisti contro le minoranze come
rom, musulmani e immigrati, e la Commissione Ue lancia l’allarme sulla possibilità che
aspirazioni razziste e nazionaliste si affermino
anche all’interno del Parlamento europeo, alle
elezioni del 2014.
In realtà la crisi potrebbe diventare un’occasione per interrogarsi sulle attuali politiche
migratorie e valutare la loro effettiva capacità
di includere gli stranieri nel tessuto sociale,
di valorizzarne potenzialità e risorse: l’occasione di una riflessione sul ruolo dell’immigrazione nello sviluppo economico e sociale
dell’Europa.
\ Da sinistra: Egitto,
Tatoun, Governatorato
di Fayum. Come tanti
stranieri, Aldo ha
lavorato per cinque
anni come capo
muratore in Italia
prima di fare ritorno
nel proprio paese.
Yassen, invece, ha
lavorato per sedici
anni nei cantieri
italiani prima di
tornare.
A destra: El Haouaria.
Le Primavere arabe
hanno ridato una
grande speranza ai
giovani che, in tanti,
hanno scelto di
rimanere nel proprio
paese per diplomarsi.
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