Verso il processo penale “convenzionale”. La riqualificazione
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Verso il processo penale “convenzionale”. La riqualificazione
Verso il processo penale “convenzionale”. La riqualificazione giuridica del fatto. Sulla scia del “caso Drassich”. di Francesco Antonio Maisano avvocato cassazionista in Bologna A partire dalle c.d. sentenze gemelle (n.348 e n.349 del 2007) la Corte Costituzionale ha sancito che nel nostro sistema ordinamentale le disposizioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, così come interpretate dalla Corte di Strasburgo, assumono il rango di norme interposte (o anche sub-costituzionali). Tali norme, così come interpretate dalla Corte Edu, diventano pertanto veri e propri parametri di costituzionalità della norma interna da applicare al caso concreto facendo in tal modo obbligo al Giudice nazionale di applicare la stessa secondo una interpretazione che sia non solo costituzionalmente ma anche convenzionalmente conforme. L’architrave costituzionale che protegge l’esatta costruzione interpretativa della norma convenzionalmente orientata è l’art.117 ,prima parte, che aggiunge ,oltre al rispetto del vincolo costituzionale, anche quello comunitario (e degli obblighi internazionali) quali connotati del corretto esercizio della potestà legislativa. In caso di contrasto tra la norma interna e il principio convenzionale, così come scaturito dalla interpretazione della Corte di Strasburgo, il giudice nazionale dovrà in prima battuta (che potrebbe essere esaustiva..) tentare di pervenire ad una interpretazione-applicazione della norma interna in modo convenzionalmente conforme. Solo qualora l’operazione sia impraticabile, impossibile, non gli resterà che denunciare il contrasto attraverso la proposizione dell’incidente di costituzionalità (art.117) correlato al principio convenzionale che si assume violato. 1 La funzione della Corte di Strasburgo. Giudice dei Diritti Il parametro di controllo per la Corte Edu non è tanto il “giusto processo” (art.111 Cost.) quanto il “processo equo” (fair trial, con riferimento all’articolo 6 della Convenzione). Ci può essere una sentenza definitiva (e dunque un processo chiuso) che supera il vaglio della nostra Cassazione come “giusto” (ovvero conforme alle regole procedurali) ma non per questo sarà per forza di cose “equo”. Anzi potrebbe essere “iniquo” (unfair trial). Perché? Perché il nostro “giusto processo” è solo conformità alle regole processuali, mentre per la Corte Edu il processo è “equo” (fair trial) se conforme ai diritti dell’uomo! (sul tema, mirabilmente: F.M. Iacoviello, “La Cassazione Penale”,Giuffrè ed.) Un processo sarà pertanto Equo (Fair) e Leale se i Diritti “protetti” dal dettato convenzionale sono rispettati. Questa prospettiva di “misurazione” del processo dovrà pertanto accompagnarci in ogni ricognizione che facciamo della vicenda processuale nei suoi vari segmenti cronologici e sistematici. Occorre che facciamo i conti con questo nuovo assetto, ora che il processo penale diventa giorno dopo giorno sempre più comunitario, convenzionale,europeo. Gli imperativi della Sentenza “Drassich” c. Italia (CEDU 25575/04), del 11 dicembre 2007. Il banco di prova è il potere-dovere del giudice nazionale -a mente dell’art. 521 C.p.p.- di dare una diversa definizione giuridica al fatto contestato. L’art. 521 c.p.p. stabilisce che il giudice può dare al fatto storico una definizione giuridica diversa da quella dell’imputazione, purchè il fatto non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica. 2 Il Giudice ovviamente non può modificare l’imputazione fattuale! Ogni progressione dinamica dell’imputazione-fatto viene accompagnata dalle iniziative doverose del signore del fatto imputato, che è il PM (516-520 C.p.p.) Il Giudice può (e deve…) a fatto inalterato, dare l’esatta definizione giuridica allo stesso. Dovrebbe essere un’operazione indolore. Potrebbe essere un’operazione,invece, dolorosa (non solo per le conseguenze) e addirittura patologica. Ecco l’importanza della Sentenza Drassich. La Corte di Strasburgo, misura la conformità al dettato convenzionale del potere-dovere del Giudice nazionale di dare una qualificazione diversa al fatto imputato. Il punto cruciale della verifica della Corte di Strasburgo è racchiuso nei corollari dell’art. 6.3 della Convenzione: 1)Il diritto alla completa informazione; 1b)L’adeguatezza dello strumento difensivo; 1c)Il pregiudizio “penale” derivante dall’operazione ermeneutica. La vicenda Drassich, con il mutamento della definizione giuridica del fatto imputato -da corruzione semplice (319 C.p.) a corruzione in atti giudiziari (319 ter C.p.) operata direttamente dalla Suprema Corte in sede di (dispositivo della) sentenza a seguito di Ricorso“a sorpresa” (“perchè nessun giudice né pm evidenziarono il possibile sbocco irreparabile..”) determinò un effetto concreto e “iniquo” per il Drassich: Il ricalcolo in alto dei termini prescrizionali, conseguenza diretta ed immediata della riqualificazione. La Cassazione ne era perfettamente consapevole, tanto da motivare che “non può essere considerata una reformatio in peius una riqualificazione dell’imputazione che comporti -a pena rimasta inalterata!- un aumento dei termini prescrizionali. Importante la risposta che la Corte di Strasburgo fornisce a questa “giustificante” della Cassazione: 3 Non è possibile sostenere che la scelta della corte nazionale di legittimità non abbia influito quoad poenam, perché la riqualificazione “peggiorativa” dei termini prescrizionali avvenne proprio in sede di ricorso quando l’imputato aveva sollecitato l’effetto estintivo sulla base del reato che era stato ritenuto in sentenza da parte dei giudici di merito (corruzione semplice). L’operazione “a sorpresa” della cassazione ebbe effetti sulla pena, perché la rese esigibile (in concreto) e definitiva. Come andò a finire la vicenda Drassich è noto: Una volta dichiarato il processo “iniquo” sostanzialmente per difetto di informazione ,la vicenda riapprodò in cassazione con lo strumento ritenuto più adeguato: Il Ricorso ex art. 625 bis C.p.p. Si pervenne alla revoca della precedente sentenza e, dopo la fissazione di una nuova udienza partecipata, si tornò a riconfermare la scelta del “nomen iuris” più grave precedentemente ritenuto (corruzione in atti giudiziari). Stavolta, col rispetto dei tempi per garantire al difensore (al difensore, si badi bene) di intervenire (debitamente informato) sulla questio iuris, la Cassazione nel maggio del 2009 (sentenza n. 36323) confermava l’esattezza dell’avvenuto mutamento della qualificazione giuridica del fatto. Potrebbe sembrare una vittoria di Pirro, forse lo fu per il Drassich, ma di sicuro un nuovo faro illuminò il potere-dovere del giudice di armonizzare anche convenzionalmente la sua operazione di ridefinizione giuridica, a fatto inalterato, ex art. 521 C.p.p. I corollari che ne derivarono e ormai quasi quotidianamente ne derivano, sono tantissimi: **** Il furto può diventare ricettazione? E per di più in abbreviato? Il caso della sentenza 1625/2013 (IIa sezione,12/12/2012; rel.Rago). 4 Tizio chiede di essere giudicato con rito abbreviato incondizionato nel processo nel quale è imputato di furto aggravato di una betoniera. Si ritrova condannato per ricettazione della stessa betoniera dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello dopo, in conferma della scelta di prime cure. Tizio si lamenta e dice: “ma come, se volete modificare il nomen iuris almeno fatemi recedere dalla richiesta di abbreviato!” Non è possibile. Il recesso dal rito contratto è strettamente definito e permesso solo nei casi previsti dall’art. 441 bis C.p.p., non se ne possono aggiungere altri (dice la cassazione da tempo), né tantomeno il potere-dovere del giudice di dare l’esatta definizione al fatto imputato ex art. 521 C.p.p. operazione doverosa e dunque sempre possibile. Le due magistrature di merito puntano su un elemento del processo: Tizio avrebbe spontaneamente detto agli agenti operanti di aver acquistato la betoniera da Caio. Attenzione: tale spontanea ammissione non è riportata in nessun atto che non sia la Comunicazione di notizia di reato (aspetto questo che spingerà a forte censura la Suprema Corte, attesa l’impossibilità di esercitare una difesa efficace su un atto così generico). Ed è in queste condizioni che il povero aspirante ricettatore arriva in Cassazione ricorrendo avverso la sentenza della Corte territoriale. La seconda sezione gli darà ampia soddisfazione. E lo farà dopo aver illustrato in modo pregevole i principi di “unfair trial” così come derivanti dalla condanna dell’Italia nel caso Drassich. Non discute la Corte Edu del potere del Giudice (ove previsto dalla normativa nazionale) di riqualificare giuridicamente il fatto. Ma ciò deve sempre avvenire nel rispetto del diritto dell’imputato di essere avvertito in modo da difendersi in maniera effettiva e concreta. 5 In particolare secondo la Corte di Strasburgo il giudice deve operare un triplice accertamento: 1)Verificare in concreto se fosse sufficientemente prevedibile per il ricorrente che l’accusa inizialmente formulata nei suoi confronti fosse riqualificata (diritto ad un’informazione effettiva e piena). 2)Quali mezzi di difesa il ricorrente avrebbe potuto invocare se avesse avuto la possibilità di discutere della nuova accusa nei suoi confronti. 3)Quali siano state le ripercussioni della nuova accusa sulla determinazioni della pena. Secondo la Corte di Cassazione (ult.sent.cit) l’imputato fu letteralmente disarmato dal punto di vista difensivo. Cosa avrebbe potuto fare, blindato com’era dall’abbreviato incondizionato? Avrebbe solo potuto chiedere, sollecitando i poteri ex officio, della Corte d’Appello una rinnovazione dell’istruttoria (603 C.p.p.) Ma se non l’avesse ottenuta non avrebbe nemmeno potuto impugnare tale scelta in cassazione ai sensi del 606 comma primo lett. d (e ciò per giurisprudenza costante). Insomma un vero e proprio muro: “non posso ottenere la rinnovazione dell’istruttoria, non posso censurare il diniego alla richiesta di averla”. E poco conta che l’imputato nel caso di specie non abbia indicato “prove” da assumere alla Corte d’Appello. Non sarebbe cambiato nulla, aggiungono i supremi giudici. Il meccanismo così com’è non lascia spazio a guarentigie difendibili nel prosieguo. Insomma secondo la Corte ci si trova di fronte ad un meccanismo processuale che evidenzia una “compressione del diritto di difesa tale da frustrare,in pratica, ogni diritto di difesa nell’ipotesi in cui venga mutata,ex officio,la qualificazione giuridica del fatto”(Cass. IIa penale, n.1625/13, pag.17). “Processo giusto quando la riqualificazione criticata con l’atto di impugnazione”. può essere 6 Su questo punto, al momento, la giurisprudenza delle Cassazione appare abbastanza consolidata. a)L’impugnazione con l’Appello. L’osservanza del diritto al contraddittorio in ordine alla riqualificazione giuridica del fatti di cui l’imputato è chiamato a rispondere , così come interpretato dalla Sentenza Drassich, è assicurata anche quando il giudice di primo grado provveda alla stessa direttamente con la sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l’imputato può comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo l’impugnazione. (Sez.3° 2341/2012) b)L’impugnazione col Ricorso. Non sussiste violazione del divieto di reformatio in peius qualora, ancorche sia proposta impugnazione dal solo imputato,il giuidce d’appello senza aggravare la pena infllitta in primo grado, attribuisca al fatto una diversa e più grave qualificazione giuridica a condizione che si tratti di punto compreso nell’impugnazione , nonostante tale diversa qualificazione implichi ineveitabli efetti in ordine al tempo di prescrizione. La qualificazione così operata non contrasta con i principi del processo equo potendo l’imputato ricorrere per cassazione (Sez. IV, 11490/2013). Non deve farci pensare ad una diversa valutazione del ruolo della prescrizione rispetto alla sentenza Drassich. In quel caso la scelta di maggior rigore (aumento del tetto di pena con conseguente elevazione della soglia prescrittiva) fatta direttamente con sentenza e senza previo “diritto d’informazione” non lasciò scampo. Qui la possibilità di discutere la correttezza della scelta in diritto è fatta salva dal potere di ricorrere. La riqualificazione peggiorativa a fini prescrittivi. Il bravo PG capitolino. 7 La cassazione di recente (16 aprile 2013, IIa sezione n.19145/2013) ha annullato senza rinvio, poichè ritenuta iniqua, una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che ha riqualificato il fatto originariamnete imputato come ricettazione (648 C.p.)in quello di riciclaggio (648 bis C.p.). All’atto della decisione la ricettazione si era prescritta, non così il riciclaggio “scelto” dalla Corte territoriale direttamente in sentenza. Su ricorso del PG presso la Corte d’Appello, la Suprema Corte ha riconosciuto che la riqualificazione , peggiorativa, ha precluso una pronuncia di estinzione del reato laddove l’imputato mai aveva avuto modo di difendersi nel merito circa le contestate condotte e riqualificazione delle stesse. La riqualificazione indolore. Imputazione originaria di tentato furto con violenza sulla cosa (rottura del vetro per rubare una Mercedes..). Assoluzione in primo grado. Condanna in appello con riqualificazione dell’ipotesi originaria ora determinata in danneggiamento (il vetro della Mercedes..). Ricorso del difensore: che si appella alla Drassich. La Corte di Cassazione risponde che non esiste alcun “danno” per il ricorrente che difendendosi per il tentato furto ,ovviamente, si difendeva ,a maggior ragione, per la rottura del vetro! Nessun effetto pregiudizievole, dunque, anche perchè la riforma in appello era e fu oggetto di ricorso per cassazione. Leggiamo in motivazione che: “Nel caso di specie il ricorrente ha invocato la violazione del principio di correlazione fra l’accusa e la sentenza ma nulla ha dedotto per contestare la qualificazione giuridica data al fatto dalla Corte territoriale, non avendo peraltro alcun interesse a contestare una qualificazione giuridica che rideimensiona notevolmente la gravità del reato” (Cass. IIa, 7 maggio 2013 n. 21170) 8 Ulteriori temi di discussione sorgeranno ancora. Sicuramente si allargherà il perimetro della riflessione relativa alla riqualificazione del fatto nell’ambito del giudizio abbreviato. Una sorta di “cantiere aperto” da seguire con attenzione. Forse in attesa di un intervento legislativo che renda più armonioso il sistema nel suo complesso, e meno a rischio con riguardo ai ripetuti appelli della Corte di Strasburgo. (dalla relazione dell’Autore al Convegno: “Il Giusto processo di secondo grado”; Bologna, Facoltà di Giurisprudenza,25 ottobre 2013) 9