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n° 353 - gennaio 2012
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
L’incanto della sirena
Fra attrazione e timore, una delle numerose incarnazioni del fascino femminile che ha mantenuto il suo potere seduttivo attraverso i millenni
Le creature mitologiche
chiamate sirene, donne
nella parte superiore e
animali in quella inferiore, nel loro sostanziarsi
come ibridi trovano una
particolare corrispondenza di indefinibilità
in tutto quello che le riguarda, dalla loro genesi
alla loro immagine. Raccontare delle sirene significa raccontare di tutte
le ipotesi e interpretazioni che dalla loro apparizione, agli albori della
civiltà, sono state formulate. Figlie del dio fluviale Acheloo e di una
delle Muse o nate dal rapporto incestuoso di Forco
e Ceto, originate dal sangue di Acheloo ferito da
Eracle o fanciulle del corteo di Persefone. Creature corredate di ali e artigli propri degli uccelli
oppure abitanti delle acque con squamosa pinna
caudale. Benevole consolatrici con lo scopo
di alleviare, col proprio
canto, l’ingresso delle
anime nell’Ade o portatrici di morte, malefiche
apparizioni che con ingannevoli lusinghe canore ammaliano i marinai per poi divorarli. La
loro naturale ambiguità
le pone fra uno stato e
l’altro, fra un mondo e
l’altro e per questo sono
state associate alla morte,
tanto che le loro immagini sono spesso state poste a corredo delle sepolture.
La più antica fonte let-
teraria che le rivela è
l’Odissea. Ulisse, avvertito da Circe della pericolosità del loro canto,
per poter ascoltare la loro
melodia, dopo aver messo
della cera nelle orecchie
dei compagni, si fa legare all’albero maestro
della nave. Questa è la
versione arcaica delle sirene, cioè quella che le
vede attirare gli uomini
con la promessa dell’onniscienza e dove soltanto
con la forza della saggezza, rappresentata da
Ulisse (che comunque si
fa legare), si può superare l’inganno. Le sirene
allora, vinte, non ascoltate, si suicidano. Omero
però non ne lascia una
descrizione, quindi di
queste creature si deduce
che si trovino per mare,
ma non se ne conosce
l’aspetto. È la pittura vascolare, insieme ad altri
reperti archeologici, che
ci aiuta a comprenderne
l’aspetto esteriore: in questi casi esse sono raffigurate come esseri alati con
la testa di donna, immagine che risulta essere
convincente circa l’importanza del canto capace di affascinare gli uomini.
Ma, proprio come se ci
fosse una diretta corrispondenza con quella
particolare natura di transizione, anche il loro
aspetto nel tempo subisce una incredibile,
quanto inspiegabile, trasformazione. Le sirene
diventano esseri dalle
connotazioni esclusivamente negative e le ali,
a un certo punto, pur
non scomparendo del
tutto, vengono sostituite
da una coda di pesce.
Il canto diventa una vera
e propria seduzione carica di erotismo e i naviganti, così sedotti, scordando ogni cosa terrena
vengono orribilmente
Ulisse e le sirene, Mosaico pavimentale romano del
secolo II d.C.- Tunisi, Museo del Bardo
Le sirene e Ulisse, Dettaglio di uno stamnos attico
Londra, British Museum
Ulisse e sirene, affresco di epoca romana - Londra,
British Museum
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dilaniati. Le sirene perdono la spiritualità propria delle creature che
vivono nei cieli, si immergono nelle acque e
si ammantano di una conoscenza falsa, fatta di
bassi piaceri illusori.
Come donne-pesce esse
mantengono la capacità
di ammaliare col canto
e questo perché restano
comunque dei mammiferi, cioè animali dotati della voce. Un cambiamento così importante non si ritrova in altri esseri fantastici - come
la Sfinge o la Medusa,
per esempio - che sono
sempre rimasti simili a
se stessi. Mutazione che
non investe solo l’aspetto
esteriore, ma anche tutto
il bagaglio simbolico: da
essere che promette la
totale conoscenza delle
cose terrene e che solo i
saggi possono ascoltare,
a essere che si affida a lusinghe erotiche per tessere una trappola che
parla di lussuria. Certo
che la conoscenza pagana
cui poteva alludere la
promessa della sirena
nella cultura precristiana
era altrettanto grave, ma
via via è emerso l’altro
aspetto, quello legato
alla paura del femminino
nel quale si vedeva l’incarnazione del diavolo
tentatore. Ecco allora che
Ulisse può ascoltare perché legato all’albero della
nave, che a sua volta simboleggia la Croce di Cristo. Anche se esistono
reperti archeologici di
epoca greca e romana che
testimoniano l’assunzione della coda di pesce, la prima vera descrizione si trova nel Liber
Monstrorum de diversis generibus, manoscritto pervenuto nel X-XI secolo,
di cui però, non si cono-
sce la data della prima
stesura.
Il Medioevo si configura
come il periodo di maggior successo della nuova
sirena, e la sua immagine
va a riempire le architetture dell’epoca. La sirena
adesso rappresenta una
tentazione della carne
e gli uomini incauti, cedendovi, trovano la
morte. Probabilmente è
per questo motivo che
in molti casi la sirena appare bicaudata, scolpita
nell’atto di tenersi le code,
simili a due gambe, divaricate, con l’esibizione
della parte femminile
più intima, quasi a volerne amplificare l’aspetto
erotico. Diventata una
semplice adescatrice, si
correda anche di pettine
e specchio, gli attributi
genericamente legati all’immagine della prostituta. Ci sono però, casi
in cui questo castello di
interpretazioni vacilla,
perché l’immagine della
sirena, strategicamente
collocata in precise e mai
casuali posizioni, va a occupare punti che difficilmente rendono plausibile che questa possa
essere l’unica chiave di
lettura. Per esempio nel
caso della Pieve di Corsignano, vicino a Pienza,
la troviamo nel posto
d’onore proprio al centro dell’architrave della
porta d’ingresso. Qui allora si apre un altro ventaglio di ipotesi interpretative: la sirena è la
tentazione e la porta della
chiesa la via per la redenzione o l’inguine inciso
in evidenza rappresenta
una soglia che ci porta
nel grembo della chiesa?
Senza contare che, a parte
l’aspetto apotropaico,
l’esibizione del sesso, anche se non si riscontra in
epoca classica, si ritrova
nelle raffigurazioni delle
antiche dee della fertilità, le grandi madri, che
possono essere recondite
memorie millenarie insite nella figura della sirena. Sicuramente, l’arcaico significato simbolico non era andato perduto; pertanto è possibile che possa essere stato
recuperato in periodo
medievale per vedere
nuovamente la sirena
come la portatrice della
conoscenza, cioè della
parola di Dio. D’altra
parte, nel periodo altomedievale cristianesimo
e paganesimo convivevano a volte sovrapponendosi; il sapere del
tempo includeva anche
il repertorio mitologico
Sirene, particolare del pavimento
della cattedrale di Otranto
Capitello nel chiostro della basilica
della SS. Trinità e S. Mustiola - Torri (Siena)
Statua funeraria raffigurante una sirena - Atene, Museo Archeologico Nazionale
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che veniva utilizzato,
proprio nei luoghi di aggregazione, per comunicare a un pubblico che,
pur non sapendo leggere,
comprendeva perfettamente quel linguaggio
fatto di immagini.
Con lo spegnersi del romanico le sirene abbandonano i portali e i capitelli delle chiese per
tornare poi a mostrarsi
all’interno di quel generico recupero dell’antichità proprio del Rinascimento, rindossando
anche le ali grazie alla riscoperta degli antichi testi e tradizioni. Le sirene
così, sia in forma aviaria
che ittica, si riaffacciano
negli sfondati prospettici dei soffitti cinquecenteschi o scolpite nei
parchi tra i mostri di gusto manierista, comparendo sia nell’accezione
di tentatrici, che in quella
recuperata di detentrici
della conoscenza, intesa
stavolta come cultura
umanistica.
In seguito, a parte qualche eccezione, le sirene
perdono le ali e si trasformano esclusivamente
in donne-pesce e quando,
nella pittura e nella scultura di fine Ottocento e
primo Novecento, sono
chiamate nuovamente a
interpretare ruoli di protagoniste, vengono romanticamente raffigurate come bellissime e
pericolose ammaliatrici
dalla squamosa coda ittiforme.
Circondata di incertezze
e in continua evoluzione,
dall’aspetto benevolo o
malevolo, la sirena passa
dall’arcaico personaggio
sopra Architrave del portale d’ingresso della Pieve
di Corsignano, Pienza
a lato Dal Bestiarium di Anne Walshe Copenhagen, Kongelige Bibliotek
mitologico alla leggendaria Melusina medievale - costretta a fuggire
per il rifiuto del marito
che ne aveva scoperto la
vera natura - per approdare alla favola di Andersen dove, abbandonata ogni storica missione, compresa la capacità di ammaliare, veste
i panni di una fanciulla
buona e innamorata che
sceglie di sacrificare se
stessa, trasformandosi in
schiuma, per la felicità
dell’amato che non la sa
apprezzare. Ma il dissolversi del mito va ancora
oltre nella versione disneyana, dove viene allontanata definitivamente
dalle acque per trasformarla in essere umano.
francesca bardi
John William Waterhouse: Ulisse e le Sirene - Victoria-Melbourne, National Gallery of
Australia
Giulio Aristide Sartorio: La sirena - Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea