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Fiducia e Trust n. 2-02
Capitolo 8
Attività della società fiduciaria
Va respinta la domanda cautelare proposta ex art. 700 del codice di
procedura civile da società fiduciaria, strumentale all'azione di merito
"per vedere accertato il suo diritto a risolvere il contratto fiduciario
senza incorrere in alcuna
violazione"
"e,
per
determinare,
nel
contraddittorio delle parti, a quali di esse spetti la titolarità delle
azioni amministrate in fiducia". Ciò in quanto non appare profilabile un
diritto che la società fiduciaria possa far valere in via ordinaria e
rispetto al quale possa invocare la tutela cautelare
anticipatoria
(accertamento di titolarità delle azioni) né (per la risoluzione del
contratto fiduciario) sono stati esposti elementi concreti per cui la
pretesa dei fiducianti di ottenere dalla società fiduciaria comportamenti
(rilascio di procura) per la promozione dell'azione giudiziaria
di
impugnazione delle delibere assembleari possa determinare alla stessa
società fiduciaria un pregiudizio imminente ed irreparabile.
TRIBUNALE di Milano - Decr. dell'11 luglio 2002
(Omissis). Il G.D., sciogliendo la riserva che precede, sul ricorso
proposto ex art. 700 del codice di procedura civile dalla società
fiduciaria volto ad ottenere in principalità il trasferimento ad un custode
giudiziario delle n. 180.000 azioni dalla stessa ricorrente fiduciariamente
amministrate per incarico dei fiducianti giusta contratti in pari data 30
gennaio 2001 ed in relazione alle quali nella stessa data 30 gennaio 2001 i
fiducianti avevano impartito istruzione, eseguita dalla società fiduciaria,
di notificare al terzo, l'avvenuta costituzione di tutte le predette azioni
a garanzia delle obbligazioni assunte dai fiducianti verso lo stesso con
scrittura 27 dicembre 2000 (non esibita alla società fiduciaria, ma,
secondo quanto indicato nelle stesse istruzioni del 30 gennaio 2001, avente
tra l'altro ad oggetto l'opzione di acquisto delle n. 180.000 azioni);
sentite le parti costituite, i fiducianti personalmente, i quali,
avendo rinunciato alla domanda cautelare a sua volta proposta (cfr. verbale
udienza), hanno chiesto il rigetto del ricorso della società fiduciaria;
sentita la parte costituita in persona del
terzo,
la
quale,
argomentando di avere esercitato in data 3 aprile 2002 il diritto di
opzione per l'acquisto delle azioni di cui alla scrittura 27 dicembre 2000,
ha pure chiesto il rigetto del ricorso della società fiduciaria;
Osserva
che la società fiduciaria assume di essere stata coinvolta, se nolente,
in un conflitto di interessi tra i propri fiducianti e il terzo garantito
non risolvibile in base alle regole del contratto fiduciario e della
diligenza richiesta al suo adempimento, trovandosi nel dilemma da un lato
di dare corso alla richiesta rivoltale in data 6 giugno 2002 dai
fiducianti, presupponenti di averne tuttora il potere, di rilasciare delega
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per impugnare le delibere assunte dall'assemblea della società partecipata
in data 27 maggio 2002; (delibere di approvazione dei bilanci al 31
dicembre 2000, al 31 dicembre 2001 e al 31 marzo 2002, nonché di
provvedimenti ex art. 2447 del codice civile con azzeramento del capitale e
ricostituzione in aumento) e dall'altro lato dal non dare corso alla
predetta richiesta dei fiducianti, prospettandosi la posizione del terzo
garantito, quale nuovo proprietario a seguito dell'esercitato diritto di
opzione;
che, in fatto, in sede di assemblea della società fiduciaria 27
maggio 2002 era stato azzerato il capitale (ivi compresa quindi la parte
rappresentata dalle azioni di cui qui si discute) e la ricostituzione con
aumento del capitale era avvenuta con immediato versamento da parte del
terzo (già comunque socio al 70 per cento) e con espressa riserva alla
società fiduciaria già intestataria di n. 180.000 azioni (pari al 30 per
cento del capitale) del termine di 30 giorni per esercitare il diritto di
opzione;
che la società fiduciaria ha documentato in udienza di avere
esercitato in data 26 giugno 2002, "su conformi istruzioni della nostra
parte fiduciante", il diritto di opzione per l'aumento di capitale (donde
la rinuncia alla domanda cautelare svolta dai fiducianti);
che la domanda cautelare qui proposta ex art. 700 del codice di
procedura civile dalla società fiduciaria è strumentale alla enunciata
azione di merito "per vedere accertato il suo diritto a risolvere il
contratto fiduciario senza incorrere in alcuna violazione".... "e per
determinare, nel contraddittorio delle parti, a quale di esse spetti la
titolarità delle azioni amministrate in fiducia";
che rispetto alla seconda proposizione (accertamento di titolarità
delle azioni) non appare profilabile un diritto che la società fiduciaria
possa far valere in via ordinaria e rispetto al quale possa invocare la
tutela cautelare anticipatoria, né del resto il terzo (che pure ha assunto
di essere in procinto di agire contro i fiducianti ed ha dedotto di essere
titolare di un diritto soggettivo all'adempimento anche da parte della
società fiduciaria degli obblighi da quest'ultima
assunti,
siccome
inquadrabili nella figura del mandato irrevocabile in favore del terzo
garantito) ha azionato domande contro la società fiduciaria giustificative
di una reazione in via cautelare;
che rispetto alla prima proposizione (risoluzione del contratto
fiduciario) non sono stati esposti elementi concreti per cui la pretesa dei
fiducianti di ottenere dalla società fiduciaria comportamenti (rilascio di
procura) per la promozione dell'azione giudiziaria di impugnazione delle
delibere assembleari dianzi menzionate possa determinare alla stessa
società fiduciaria un pregiudizio imminente ed irreparabile;
che la società fiduciaria deduce un "conflitto di interessi",
sostenendo di dover assumere una condotta necessariamente sfavorevole ai
fiducianti ovvero al terzo garantito;
che, peraltro, la società fiduciaria ha di fatto già assunto, con la
sottoscrizione dell'aumento di capitale sopra menzionata e documentata in
udienza, la decisione di eseguire istruzioni della parte fiduciante pur
dopo l'esercizio dell'opzione da parte del
terzo
garantito,
così
evidenziando un contrasto rispetto alla contestazione
del
rapporto
contrattuale con i fiducianti prospettata in questa sede con riferimento
all'impugnazione delle delibere societarie;
che l'applicabilità alla intestazione dei titoli azionari a società
fiduciaria autorizzata ex L. n. 1966/1939 dello schema della fiducia di
tipo germanistico (cfr. Cass., Sez. I, 23 settembre 1997, n. 9355) per cui
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il fiduciante è effettivo proprietario dei titoli mentre la società
fiduciaria è legittimata ad
esercitare
i
diritti
connessi
alla
partecipazione societaria, non esime
da
una
valutazione
unitaria
dell'attività propria della società fiduciaria, siccome regolata e tutelata
dalla legge;
che il riconoscimento legislativo dell'attività di amministrazione
di beni per conto del fiduciante, se si ritiene non consenta al terzo
interlocutore della società fiduciaria di ignorare la peculiarità della
fattispecie e di rivendicare tutela alla stregua di un terzo ignaro, così
da rendere incompatibile la stessa configurazione di un conflitto di
interessi (tra l'adempimento dell'obbligazione assunta dalla
società
fiduciaria verso il fiduciante e l'obbligazione assunta per conto del
fiduciante con il terzo), neppure deve consentire alla società fiduciaria
di invocare lo stesso conflitto di interessi per ottenere una protezione
privilegiata in proprio favore volta a dirimere questioni
comunque
rientranti nella dinamica dell'attività tipica dell'impresa;
che pertanto, in considerazione delle motivazioni svolte, il ricorso
deve essere respinto;
che, peraltro, la particolarità ed obiettiva controvertibilità del
caso rende equa la compensazione delle spese del procedimento.
P.Q.M.
respinge il ricorso.
Dichiara compensate tra le parti le spese del procedimento.
Nota redazionale
1. Il decreto del Tribunale di Milano, che si pubblica, è portatore di
alcune interessanti enunciazioni che potrebbero preannunciare la svolta
nell'interpretazione sinora non favorevole con la quale è stato affrontato
il tema della figura "attività propria di società fiduciaria" (art. 3-bis
della L. n. 148/1987).
Nel caso sottoposto in via di urgenza al Tribunale di Milano, la
società fiduciaria, richiesta dai suoi fiducianti di
impugnare
le
deliberazioni delle assemblee ordinarie e straordinarie della società
partecipata, ha rappresentato la propria necessità di risolvere
il
contratto fiduciario (non intendendo trovarsi coinvolta nel procedimento
giudiziario) ma di non averne la facoltà per l'impegno assunto nei
confronti del terzo garantito dell'opzione concessagli nell'acquisto delle
azioni da essa amministrate in fiducia.
In effetti, pare ormai pacificamente acquisito il principio
di
appartenenza al fiduciante dei beni amministrati dalla società fiduciaria e
del conseguente connesso principio di separatezza (1): i beni amministrati
non appartengono al patrimonio delle società fiduciarie e per converso
tutto ciò che non è ascrivibile al patrimonio della società fiduciaria è da
questo separato [Cass. n. 10031/1997, n. 9355/1997, n. 4943/1999 e Trib.
Milano 25 ottobre-19 novembre 2001 (2)].
Disconosciuto, in parte, e controverso, in altra parte, è l'effetto
esterno di siffatto rapporto. La società fiduciaria, nell'eseguire le
istruzioni del fiduciante (3), opera iure proprio, si dice, poiché nel
conflitto tra l'interesse del fiduciante e quello del terzo (che contrae
con la società fiduciaria) non può che prevalere, sempre e comunque, la
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tutela del terzo, considerato una sorta di buon selvaggio di roussoiana
memoria che non sarebbe tenuto a conoscere la natura del suo interlocutore
(Trib. Milano, 2 febbraio 2000, n. 6, App. Milano, 19 aprile 2000, n. 1162,
Cass. 20 dicembre 2000, n. 16179; App. Milano, 28 marzo 1997, n. 919, Cass.
5 febbraio 1999, n. 4976, Cass. 21 febbraio 2001, n. 9055) (4).
Si deve alla giurisprudenza milanese l'avere denunciato la scarsa
attenzione rivolta agli effetti
esterni
del
contratto
fiduciario
[disciplinante il rapporto fiduciante-società fiduciaria (5)] e l'avere, di
conseguenza, stabilito la ininfluenza, all'esterno, del principio di
trasparenza e di separazione dei beni amministrati che caratterizza il
medesimo contratto fiduciario (lato interno) (6). Ma la Corte di appello di
Bologna (7), ispirandosi, al pari della Corte milanese, al testo unico
finanziario, ha ora rovesciato la conclusione alla quale è pervenuta la
consorella Corte milanese: nessuna delle due decisioni, però, si è fatta
carico di giustificare come si possa trasporre questo argomento (per
entrambe risolutivo) da una attività in virtù del potere dispositivo
(tipico del contratto di gestione di portafogli di investimento) a una
attività contrassegnata dal divieto di compiere atti dispositivi (come è
l'attività del contratto fiduciario, secondo l'Autorità di vigilanza del
settore).
Recentemente, il Tribunale di Milano ha parzialmente incrinato la
convinzione dell'ininfluenza all'esterno del lato interno del contratto
fiduciario,
riconoscendo
una
sia
pur
minima
efficacia
esterna
all'amministrare della società fiduciaria. Con
la
citata
sentenza
dell'ottobre 2001, esso ha attribuito la legittimazione attiva (dalla
società convenuta contestata) al socio velato dal contratto fiduciario,
che, risolto il contratto fiduciario e ricongiunta la legittimazione alla
titolarità della partecipazione, aveva impugnato personalmente la delibera
assembleare ritenuta viziata.
Il provvedimento in esame compie un ulteriore passo sulla via del
riconoscimento dell'esteriorità del contratto fiduciario affermando che
"l'applicabilità alla intestazione dei titoli azionari a società fiduciaria
autorizzata ex L. n. 1966/1939 dello schema della fiducia di tipo
germanistico ... per cui il fiduciante è effettivo proprietario dei titoli
mentre la società fiduciaria è legittimata ad esercitare i diritti connessi
alla partecipazione societaria, non esime da una valutazione unitaria
dell'attività propria della società fiduciaria (8), siccome regolata e
tutelata dalla legge"; presupposto dal quale si deriva la deduzione
successiva che non è consentito "al terzo di ignorare la peculiarità della
fattispecie e di rivendicare tutela alla stregua di un terzo ignaro".
La convinzione del giudicante è così forte dal precisare che la
conoscenza del terzo (che non può invocare l'ignoranza della "peculiarità
della fattispecie") rende "incompatibile la stessa configurazione di un
conflitto di interessi" che si verificherebbe (e che era stato eccepito
dalla società fiduciaria) "tra l'adempimento dell'obbligazione assunta
dalla società fiduciaria verso il fiduciante e l'obbligazione assunta per
conto del fiduciante con il terzo". Per non lasciare dubbi alla sicurezza
della deduzione e alla coerenza del sillogismo esposto quale soluzione
della controversia insorta, il decreto si affretta a precisare (in una
sorta di prova del nove di aritmetica memoria) che siffatto adempimento
dell'"obbligazione assunta" dalla società fiduciaria "non deve consentirle"
di invocare lo stesso conflitto di interessi "per ottenere una protezione
privilegiata in proprio favore volta a dirimere questioni
comunque
rientranti nella dinamica dell'attività tipica dell'impresa".
Affermazione che ove trovasse conferma in sede di legittimità sarebbe
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il punto fermo di tutta la vessata questione cui ha dato luogo il contratto
fiduciario di amministrazione di beni (9).
2. Peccato che, con altrettanta lucidità, non siano state affrontate le
altre questioni che pure concernono "la dinamica dell'attività tipica
dell'impresa".
Ci si riferisce alla "tutela cautelare" degli elementi concreti che
giustificherebbero il "pregiudizio imminente e irreparabile": la vertenza
conclusasi con la decisione della Corte milanese, più volte citata (App.
Milano n. 919/1997), è la prova concreta (nel suo tragico epilogo per la
sventurata e, sfortunata, società fiduciaria) del "pregiudizio" e della sua
imminenza e irreparabilità. Qualora l'esito delle impugnazioni (Tribunale,
appello, Cassazione) fosse negativo per la tesi dei fiducianti, per essi
sostenuta dalla società fiduciaria a nome (e responsabilità) proprio, e
costoro, a giudizio concluso, si rendessero insolventi (è il
caso
affrontato, e risolto, da App. Milano n. 919/1997), chi sosterebbe le spese
dei tre gradi del giudizio e onorerebbe quelle, eventualmente, poste a
carico della parte soccombente (la società fiduciaria)?
È fatto notorio, del quale il giudicante (in qualunque stato e grado)
ha cognizione propria senza necessità di alligata et probata, che le
"commissioni", il corrispettivo per l'amministrazione
nel
contratto
fiduciario, sono di entità assai modesta; per cui vi è una sproporzione
ontogenetica tra la dinamica dell'attività tipica dell'impresa e il rischio
cui la società fiduciaria si espone nell'eseguire indiscriminatamente le
istruzioni dei fiducianti (10). Il regolamento emanato dall'Autorità di
vigilanza (decreto del Ministero delle attività produttive 16 gennaio 1995)
esclude che la società fiduciaria possa eseguire istruzioni senza che esse
siano garantite dalla preventiva costituzione della provvista necessaria a
farvi fronte (art. 12, comma 6) (ma quale dovrebbe essere l'entità della
"provvista" nel caso in esame?).
A questo impedimento e alla forte preoccupazione espressa dalla società
fiduciaria il provvedimento in commento non ha dato risposta.
Né ha esaminato l'obiezione svolta dalla società fiduciaria sulla
clausola di salvaguardia, contenuta nel contratto fiduciario: ove la
società fiduciaria ritenga di non eseguire le disposizioni ricevute è
facoltizzata a risolvere il contratto trasferendo al fiduciante o ad altro
fiduciario i beni amministrati.
La irrevocabilità dell'incarico ricevuto costituiva impedimento per la
società fiduciaria di avvalersi della facoltà. Quid juris sul punto? Non è,
forse, questa la principale fonte del "conflitto di interessi": tra quello
del fiduciante a vedere eseguite le sue (legittime) aspettative e quello
(altrettanto legittimo) della società fiduciaria a non vedersi obbligata a
essere parte di una lite giudiziaria?
Per tacere della posizione del "garante" che agisce contro
il
garantito.
Note:
(1) Principio che, per quanto concerne i rapporti con le Agenzie
pubbliche (Amministrazione finanziaria, Banca d'Italia, in funzione di
vigilanza, Consob, Isvap, Uic, eccetera), ha dato corso alla creazione
della figura "fiducia trasparente" (U. Morello, Fiducia
e
negozio
fiduciario: dalla "riservatezza" alla "trasparenza", in AA.VV., "I trusts
in Italia oggi", Milano, 1996, pagg. 81 e seguenti).
(2) In questa Rassegna n. 1-2002, in allegato a "il fisco" n. 15/2002,
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pagg. 6203 e seguenti.
pacifico
che
la
"società
fiduciaria
di
(3) Si assume per
amministrazione" (ossia quella non iscritta nell'albo Sim che è autorizzata
a esercitare il servizio di investimento: "gestione su base individuale di
portafogli di investimento per
conto
terzi
mediante
intestazione
fiduciaria" - il corsivo è aggiunto) non ha potere dispositivo sui beni in
amministrazione.
(4) In dottrina si vedano, U. Carnevali, Intestazione fiduciaria, in
"Dizionario del diritto privato", I, diritto civile, Milano, 1980.
(5) App. Milano, 28 marzo 1997, n. 919
(6) Con il clamoroso consenso della citata successiva giurisprudenza
del medesimo Foro.
(7) App. Bologna, 17 aprile 2002, n. 498 in corso di pubblicazione in
"Le Società", con commento di F. Di Maio.
volta
che
la
(8) Va notato, con interesse, che è la prima
giurisprudenza si rifà all'espressione coniata dal legislatore dell'art.
3-bis della L. n. 148/1987.
(9) Si vedano, a questo proposito le osservazioni svolte sulla novella
degli artt. 2621, 2622, 2638 del codice civile in questa Rassegna.
(10) Per questo motivo è tassativamente da escludere che la società
fiduciaria possa rilasciare la "procura" a impugnare a "nome della società
fiduciaria".
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