La fiduciaria non può avere la responsabilità di scelte direttive

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La fiduciaria non può avere la responsabilità di scelte direttive
La fiduciaria non può avere la responsabilità di scelte
direttive
Alle società fiduciarie non può essere contestata la responsabilità derivante da attività di direzione e
coordinamento (di cui all'articolo 2497 del Codice civile) in quanto esse si limitano ad adempiere alle
istruzioni ricevute dal soggetto fiduciante. È quanto stabilito dal Tribunale di Roma in una sentenza
depositata il 30 luglio 2014.
La responsabilità da direzione e coordinamento è stata introdotta nel Codice civile dalla legge di riforma
del diritto societario. Si tratta della responsabilità che grava sulla società capogruppo che agisca
nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei princìpi di corretta gestione societaria e
imprenditoriale delle società che appartengono al gruppo. Tale responsabilità può essere relativa al danno
procurato, appunto mediante inappropriato esercizio dell'attività di direzione e coordinamento:
a) ai soci delle società appartenenti al gruppo, per il pregiudizio che sia da essi subito in ordine alla
redditività e al valore della loro quota di partecipazione al capitale sociale della società appartenente al
gruppo;
b) ai creditori delle società appartenenti al gruppo, per la lesione che sia cagionata all'integrità del
patrimonio di dette società.
Il Tribunale di Roma sancisce dunque che una fiduciaria non può essere assimilata a una holding e
chiamata in responsabilità a causa di una sua pretesa attività di direzione e coordinamento. E ciò,
semplicemente, perché non può configurarsi un'attività di direzione e coordinamento operata da una
società fiduciaria. Infatti il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi: a) uno, a
valenza "esterna" (perché noto e visibile ai terzi), costituito dall'atto a efficacia reale con il quale la
fiduciaria si intesta effettivamente una partecipazione al capitale sociale di una società, su ordine del
proprio fiduciante; b) l'altro, a valenza "interna" (pactum fiduciae), costituito dal l'atto, con efficacia
obbligatoria che modifica, nei rapporti tra fiduciante e fiduciaria, l'effetto reale del negozio "esterno"
vincolando la fiduciaria a ritrasferire il bene al fiduciante (o ad altro soggetto indicato dal medesimo) e a
eseguire, fintantoché essa resta formale proprietaria del bene sottoposto a intestazione fiduciaria, gli ordini
gestionali del fiduciante.
In altri termini, l'intestazione fiduciaria di una quota di partecipazione al capitale di una società è da
qualificare come "interposizione reale" di persona: ciò significa che l'intestazione in nome della fiduciaria è
una intestazione "effettiva" in quanto la fiduciaria diviene in effetti proprietaria del bene fiduciato (non è
quindi una simulazione), ma pur sempre di una "interposizione" si tratta, appunto nel senso che è una
proprietà condizionata dal dovere di ritrasferimento e dal dovere di eseguire, senza discrezionalità, gli
ordini del fiduciante.