Sala - ITIS Albert Einstein
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SALA ELIA ITIS "A. Einstein" - VIMERCATE (MB) Classe 2G Docentendi riferimento: prof.ssa Marilena Tresoldi La città delle meraviglie I finestrini erano appannati, il rumore della ventola nascondeva il suo singhiozzare, una lacrima scendeva esitante sulla guancia magra per poi consumarsi rapidamente sul collo … i ricordi amari la assalivano impetuosi, così come la assaliva il tormentato ricordo delle molte bugie che avevano fatto da cornice alla sua vita negli ultimi anni. Pronto mamma? Ciao … sì,sì, sto benissimo, qui a Milano è un altro mondo … sì, io e Marco stiamo bene, poi il lavoro non è male … sicuro? sì che è sicuro mamma! Non ti devi preoccupare … sono adulta … questa città è piena di meraviglie ….Marco ha sempre detto che una grande città avrebbe risposto a ogni nostro bisogno. Aveva ragione! Il vecchio Wolkswagen non oltrepassava i novanta, ma non c’era fretta, non ce ne era stata negli ultimi sei mesi … e poi dove stava andando? era sicura di voler tornare? In radio passava un pezzo degli U2 ma si mischiava al rumore metallico del motore e gracidava come cicala d’estate. Un’altra lacrima scivolava, più rapidamente della prima … i ricordi erano lame e ferivano come coltelli. La pioggia era cessata e il vento aveva portato via ogni traccia di nuvola dal cielo che ora si fondeva con i lampioni della strada e l’orizzonte cupo. Mancavano 264 km, almeno così diceva il navigatore, ma 264 km a cosa? Non lo sapeva nemmeno lei. Mamma, io e Marco abbiamo deciso di partire … non ti preoccupare, ce la farò, qui si muore di noia e disoccupazione … siamo giovani, abbiamo tutta la vita davanti …. solo per qualche anno … se la fortuna ci bacerà torneremo ricchi e felici …. … non lo fare Angela, non tradire tua madre e la tua terra …. non c’è fortuna per chi fugge! I copertoni del vecchio motore macinavano lenti i chilometri … come se anche loro avessero paura di tornare … in sei anni erano accadute molte cose, si poteva davvero dimenticare? Milano era stata veramente la città delle sette meraviglie, Marco aveva subito trovato lavoro e lei si arrangiava qua e là, vivevano felici al terzo piano di un condominio, in un medio trilocale. La vita era sempre quella, monotona, ma in fondo non dispiaceva a nessuno dei due, la confusione li faceva sentire al centro di qualcosa di importante … e poi era piena di bagliori, luci, che portavano l’immaginazione alle stelle e facevano tornare bambini, incoscienti … la città era loro ormai, le appartenevano e lei apparteneva loro .... ma dopo due anni le cose erano cambiate. Marco aveva perso il lavoro, l’artigiano presso il quale lavorava lo aveva lasciato a casa senza troppe parole … poco lavoro, aveva detto, la crisi… il vuoto lasciato dal lavoro aveva sin da subito influito molto sulla vita di coppia dei due che avevano cominciato presto a litigare; con il solo stipendio di Angela anche l’affitto era diventato insostenibile … ma di queste fatiche non si diceva a casa, “Qui va tutto bene, non vi preoccupate, Marco è molto impegnato, io sono felice, ci mancate …. magari torniamo questa estate per le vacanze … se abbiamo ferie, vediamo, Milano non ci ha imbrogliato”. Poi erano arrivate le prime minacce di sfratto, da più di un anno non pagavano l’affitto, sarebbero finiti sulla strada se non avessero fatto qualcosa… effettivamente Marco qualcosa lo fece, se ne andò, non si sa dove ma se ne andò via tutto di un colpo, lasciando sola Angela. Due mesi dopo la sfrattarono. I fari rosso fuoco della macchina davanti aggiungevano un tono psichedelico ai piccoli rivoli di pioggia che correvano lungo il parabrezza scheggiato all’angolo, sembrava un film in cui la protagonista piange in memoria dei vecchi tempi, ma questa era realtà e lei si trovava confusa come un marinaio in mezzo a una tempesta… è questa la fine? Non trovava una risposta e non sapeva cosa pensare e non sapeva più per cosa piangere ma piangeva … questa volta due lacrime più grosse percorsero il viso e caddero un po’ goffamente sui pantaloni che le bevvero all’istante; Angela si guardò il viso segnato da due lunghe righe nere di rimmel nello specchietto, era invecchiata anni durante quel viaggio, solo ora se ne accorgeva. Il pensiero della sua famiglia era diventato ossessionante, non le diceva una verità da quasi sei anni e ora tornava a casa a mani vuote, sola, sconfitta. è questa la fine? Il sole aveva fatto capolino all’orizzonte facendo breccia in una nuvola bianca passeggera, anche a lei si schiarì il volto, un cenno di speranza, ormai era fuori dall’autostrada e mancavano poco più di 30 chilometri al borgo. Ora si respirava un’aria frizzante, di bosco, intensa e conosciuta. Il cartello diceva: Borgo Ottomila 4 km.I pensieri giravano veloci come saette nella testa… A mani vuote Sconfitta Tutte le bugie ti sei fatta imbrogliare avevi tutto non hai più niente ti ha lasciato sola come un cane sfrattati è questa la fine? La macchina entrò lenta in paese, erano le sette del mattino ma tutti ancora dormivano … la strada la ricordava ancora … tutti gli anni passati a percorrerla svegliarono in lei una miriade di ricordi dell’infanzia… sentiva le voci di bambini che correvano senza meta ma quando si girava tutto spariva e tornava sola. La macchina passò a stento, restavano due metri alla porta di casa sua che era rimasta tale con gli anni, parcheggiò dove aveva sempre messo l’auto suo padre, di fianco al muretto a secco, al lato sinistro dell’abitazione, vicino al grande ulivo piantato il giorno della sua nascita. Il sole le abbagliava lo sguardo e la costringeva a stringere gli occhi, per sfuggire alla luce travolgente aveva posato lo sguardo su una panchina poco più in là… vedeva due figure indistinte giocare e ridere con una bambina dai capelli rossi, sembravano felici, poi aprì meglio gli occhi e tutto sparì com’era apparso … al loro posto però erano apparsi due vecchietti che la guardavano increduli, ci fu un attimo di silenzio poi una voce femminile lo ruppe delicatamente <Angela, dov’è Marco?>. Silenzio, il volto dei due anziani cambiò espressione in una più sconsolata… < Ho capito> questa volta parlò una voce più roca <Non importa, l’importante è che sei tornata>. I due vecchietti sorrisero, Angela corse loro incontro piangendo lacrime di gioia. < Allora non è la fine!>. Angela aveva così trovato la risposta alla sua domanda, al suo bisogno… A volte un uomo percorre il mondo intero in cerca di risposte alle sue domande e torna a casa per scoprire che sono sempre state lì ad aspettare il suo ritorno.