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FLP Affari Esteri
Coordinamento Nazionale
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Non tutti contestano le nomine politiche
Alcune pagine di illustri quotidiani nazionali, pubblicate sabato 30 gennaio 2016, riportano il
malcontento dei giovani diplomatici con riferimento alla nomina di Carlo Calenda ad ambasciatore
presso la rappresentanza permanente UE a Bruxelles. I giovani diplomatici si ribellano, scrivono a Renzi,
e il malcontento è tangibile. È vero, ma non possiamo esimerci dal precisare che il malcontento non è
dovuto soltanto alle cause descritte, ma le cose, come sempre, sono un po’ diverse. Molto diverse.
Giustamente, i giovani diplomatici, colgono l’occasione della nomina politica per ribellarsi. Ma perché, lo
fanno? Innanzitutto perché pretendono meritocrazia, e perché nella progressione di carriera vogliono
essere giudicati per quello che valgono, e non per le amicizie che possono vantare, o per il cognome che
portano. Si ribellano perché sono stanchi degli amici degli amici che vengono posti in posizioni apicali a
prescindere dal loro obiettivo valore, sempre per il solito italianissimo sistema di raccomandazioni e di
favori reciproci. I giovani non ne possono più di un sistema in cui, dal primo giorno all’ultimo, i parametri
su cui si basa la carriera non sono quelli del merito e della trasparenza. E ciò vale già a partire dal
concorso, fonte di cause giudiziarie e interrogazioni parlamentari sempre più frequenti e in cui - come è
stato fatto notare dalla stampa tempo fa - i cognomi illustri non mancano mai tra i vincitori.
Visti gli illustri precedenti di ambasciatori a nomina politica, da ricordare Giuseppe Saragat (Parigi),
Manlio Brosio (Mosca), Sergio Fenoltea (Pechino) e il generale Capuzzo (Vienna), non crediamo che sia
per questo che i giovani diplomatici protestano. Forse, invece, i giovani diplomatici iniziano a chiedersi
il perché non vi sia stata altra strada che quella della nomina politica. È possibile che su oltre 900
diplomatici non si sia riusciti a trovarne uno adatto al compito di rappresentare il Paese presso l’Unione
Europea a Bruxelles? Quando il servizio chiama, si risponde, e non è certo ammissibile che alti burocrati
(C.R – C. B.), spesso più attenti al proprio interesse che a quello dello Stato rifiutino, e che poi si
pretenda allo stesso tempo dal governo di non procedere a nomine politiche. Sarebbe più interessante
chiedersi il perché si sia arrivati a questo, e chi sono i veri responsabili.
A tal proposito, troviamo avvilente che una classe dirigente strumentalizzi una legittima protesta di
giovani dipendenti, e che si trinceri dietro i giovani per le proprie polemiche personali, e per mascherare
il fatto che la nomina di Calenda altro non è che il segno evidente del fallimento della stessa classe
dirigente ministeriale di offrire concrete risposte a precise richieste, risposte innanzitutto destinate a
soddisfare l’interesse pubblico. Tanto, come al solito, l’importante non è l’interesse nazionale, ma è
bandire il concorso diplomatico e sistemare gli amici!
In secondo luogo, ci si potrebbe anche chiedere il perché, il “Triumvirato” (Valensise, Belloni,
Sabbatucci) che governa la Farnesina da troppo tempo, è contrario alle nomine politiche, visto che per
gli Istituti di Cultura esse esistono già da un decennio. E non sembra proprio che i vertici ministeriali
abbiano mostrato alcuna contrarietà, anzi ne hanno beneficiato, favorendo il consolidarsi di dinastie di
“chiara fama”.
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-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------O non è forse vero che il segretario generale Valensise, in sintonia con la Belloni, tra tutti i validi
candidati per questo prestigioso incarico, ha scelto proprio sua sorella Marina come direttrice
dell’Istituto di Parigi? E ora, nascondendo le proprie mancanze che ne sono la vera causa, vorrebbero
anche pronunciarsi contro la nomina di Calenda? Notiamo una certa incoerenza di fondo. In un contesto
in cui i vertici sembrano sempre di più inclini a favorire i propri interessi invece di quelli nazionali, la
nomina politica è l’unica risposta possibile, oltre ad essere un sistema di bilanciamento e di “pesi e
contrappesi”, almeno fino a quando non si potrà ristabilire un completo clima di trasparenza e di
legalità.
Ci si potrebbe in fine chiedere, ancora, con quale diritto si pensi di protestare contro il governo, con toni
francamente inopportuni, per chiedere addirittura che sia messo per iscritto l’impegno a non procedere
a nuove nomine politiche. Ricordiamo a questo proposito che i vertici ministeriali, triade compresa, sono
dipendenti dello Stato, e non possono permettersi di dettare legge, specialmente se la legge, allo stato
attuale, non proibisce di procedere a nomine politiche, come dimostrano i precedenti. Con quale
autorità si chiede al governo di sottomettersi e rinunciare alle facoltà che la legge gli attribuisce?
Questo, come è chiaro, sembrerebbe piuttosto un negoziato internazionale, che una richiesta di persone
che lo Stato lo dovrebbero servire, e non porsi al di sopra di esso. Sembra veramente una negoziazione
internazionale, in cui ci si scambiano impegni reciproci, con l’unica differenza che se lo Stato italiano è
sovrano, mentre la Farnesina non lo è. O siamo alla proclamazione dell’indipendenza? Tanto il rispetto
delle leggi italiane già vacilla da tempo, non si sa mai che la Repubblica della Farnesina sia alle porte.
Per concludere è bene ricordare, a chi afferma con tono troppo perentorio, che non ci si può
improvvisare ambasciatori, che la nomina politica di ambasciatori è in uso in molti Paesi e non ci sembra
che la loro politica estera sia messa peggio della nostra, anzi!
Dunque, la FLP Affari Esteri si auspica che al MAECI possa finalmente prevalere la meritocrazia - non
soltanto per la componente diplomatica ma anche per tutto il restante personale, anch’esso titolare di
propria specificità – e che possa essere adottato un sistema misto di nomine politiche e per carriera che
sia capace di far fronte alle moderne sfide di politica estera e, nel contempo, soddisfare le esigenze di
tutela degli interessi italiani in ambito internazionale.
Roma, 1° febbraio 2016
UFFICIO STAMPA