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Sent. n. 12259 del 19 maggio 2010 (ud. del 26 marzo 2010)
della Corte Cass., Sez. tributaria – Pres. Altieri, Rel. Meloncelli
Accertamento – Irpef – Paradisi fiscali – Residenza fittizia all’estero –
Sportivi professionisti – Supermulte - D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 11
Svolgimento del processo - 1.1. Il 12 ottobre 2006 è notificato alle
intimate autorità tributarie un ricorso del signor L.C., di seguito anche
"Contribuente", per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che
ha respinto il suo appello contro la sentenza della Commissione tributaria
provinciale (CTP) di Ravenna n. 260/01/2001, che aveva rigettato il suo
ricorso contro l’avviso di accertamento n. ... dell’Irpef 1997.
1.2. Il 21 novembre 2006 è notificato al Contribuente il controricorso
delle intimate autorità tributarie.
2. I fatti di causa.
I fatti di causa sono i seguenti:
a) il signor L.C., motociclista, è cittadino italiano e dal 29 settembre
1994 trasferisce la sua residenza a Montecarlo;
b) il 17 dicembre 1999 è redatto a suo carico un processo verbale di
constatazione (PVC), con il quale gli si contestano la fittizietà del
trasferimento di residenza fiscale e una serie di illeciti tributari sia in
materia di IVA sia in tema di imposte dirette per gli anni 1995-1998;
c) sulla base del PVC è adottato l’avviso di accertamento n. ...
dell’irpef 1997, con il quale si contesta l’omessa dichiarazione in Italia
di un reddito di lavoro autonomo per L. 4.316.330.000 e si recuperano
un’irpef per L. 2.170.944.000 (Euro 1.211.199,00), un CSSN (contributo al
Servizio sanitario nazionale) per L. 7.700.000 (Euro 3.977,00), oltre agli
interessi, e si irrogano sanzioni per L. 3.929.559.000 (Euro 2.029.448,00);
d) il ricorso del Contribuente è rigettato dalla CTP di Ravenna;
e) l’appello del Contribuente è, poi, respinto dalla CTR con la sentenza
ora impugnata per cassazione.
3. La motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per
cassazione,
è,
limitatamente ai capi impugnati in sede di legittimità, così motivata:
a) “l’appello del contribuente... si appalesa infondato... /... infatti
non una delle censure formulate dall’appellante nel suo atto di gravame,
esaminate allo stato della sola documentazione offerta in primo grado ed
integrata con l’acquisizione officiosa di copia del p.v.c. della G.di.F....
mostra un qualche pregio...”;
b) la questione pregiudiziale relativa all’illegittima costituzione in
giudizio dell’ufficio locale di Faenza per l’ipotetica mancanza di procura
speciale rilasciata dal Direttore centrale dell’Agenzia delle entrate
dev’essere risolta negativamente, perchè “a parte la formulazione del
rilievo, che;... ipotizza una situazione del tutto eventuale, che si pone ai
limiti dell’ammissibilità,... sul punto si è ormai formato un indirizzo
nella giurisprudenza di legittimità conforme nell’affermare... che nei
giudizi davanti alle Commissione tributarie... la legittimazione spetta agli
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uffici locali delle Agenzie delle entrate e, ove occorra, della Direzione
Regionale, come per il passato, continuando a mantenere piena vigenza il
D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 11, che riconoscono ai medesimi uffici la
posizione processuale di parte e l’accesso alla difesa diretta davanti alle
Commissioni tributarie. Ne consegue che chi è preposto ad un ufficio locale
dell’Agenzia delle Entrate, è da ritenersi - ratione officii - investito
della legittimazione processuale in ordine al contenzioso d’interesse dello
stesso ufficio”;
c) è inammissibile il rilievo relativo al trattamento sanzionatorio,
perchè si tratta di “aspetto non affrontato nell’atto di appello e che
pertanto non può trovare ingresso "a posteriori" in una memoria, cui, anche
perchè depositata (il 22.7.2004).... ben oltre il termine di impugnazione,
non può riconoscersi altra funzione se non quella di mera illustrazione di
quei motivi di censura già in precedenza (e per tempo) dedotti”;
d) quanto al motivo d’appello, con il quale si contesta la sentenza di
primo grado nella parte in cui ha ritenuto
motivato
l’avviso
di
accertamento, “si duole l’appellante per il fatto che l’ufficio non avrebbe
recepito autonomamente e criticamente le risultanze di quel p.v.c..., da cui
ha preso l’avvio l’accertamento... La censura, che riecheggia quanto
diffusamente si è scritto sui rapporti tra organi investigativi ed uffici
imposìtori non pare del tutto aderente al caso di specie. L’accertamento
opposto non fa che riprendere dal p.v.c.... quel complesso di fatti storici
e di dati contabili, emersi nel corso delle investigazioni, insuscettibili
per la loro obiettività, di una qualche diversa valutazione. Di tali fatti e
dati, risultanti per lo più da prove dirette, l’avviso opposto da compiuta
contezza al C., che ne è destinatario, in quei termini che peraltro non
hanno trovato smentita neppure in parte in questo grado”;
e) con riguardo alla questione del mantenimento
da
parte
del
Contribuente del domicilio fiscale in Italia, nonostante il trasferimento
della sua residenza nel principato di Monaco, la CTR afferma, anzitutto, che
è corretto l’inquadramento normativo dato dall’appellante nel richiamare il
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, comma 2, (T.U.I.R.), e nel
ricordare che, prima dell’introduzione dell’art. 2, comma 2 bis, cit.
T.U.I.R., con la L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 10, onerata della
dimostrazione di uno dei criteri di collegamento territoriale (alternativi e
non concorrenti) era l’amministrazione finanziaria; tuttavia, il ricorrente
ritiene che la CTP abbia sostituito il criterio del domicilio con quello
della residenza, ma il giudice di primo grado e l’ufficio avrebbero avuto
riguardo ai soli presunti rapporti esclusivamente familiari e non a quelli,
del tutto prevalenti, di carattere professionale, economico e patrimoniale;
in secondo luogo, la CTR “non si nasconde la difficoltà ad intendere un
siffatto rilievo. È noto che il centro degli interessi e affari - e quindi
il domicilio - prescinde dalla presenza fisica in Italia del soggetto
passivo d’imposta, essendo sufficiente la volontà di stabilire e conservare
nel territorio statuale la sede principale dei propri affari ed interessi,
non solo patrimoniali ma anche morali, sociali e familiari secondo criteri
quantitativi (per gli interessi economici) e qualitativi (per gli interessi
di natura non economica. Ebbene il primo giudice, ritenendo gli elementi
acquisiti dai verificatori e dettagliati in motivazione sufficienti a
comprovare il mantenimento in Italia da parte del C. del centro dei propri
interessi e affari familiari, si è uniformato a tale indirizzo sì da
convenire con l’ufficio, in ragione di detto criterio di collegamento, nel
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riconoscere nel contribuente - appellante la
qualifica
di
persona
fiscalmente residente ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2”. La CTR
condivide tale riconoscimento “anche perchè, a parte le... sovrabbondanti
messe a punto... delle nozioni di domicilio e di residenza..., nessun
elemento concreto è stato offerto dal contribuente che valga quanto meno a
porre in discussione quanto... risulta per tabulas.... Per il vero dal C. si
è inteso di produrre in questo grado una serie di dichiarazioni sostitutive,
chef, a parte la loro discutibile valenza probatoria..., sottese... a
dimostrare un’abitualità di frequenza del
Contribuente
di
esercizi
monegaschi e la facoltà attribuita alla madre di operare con una sua carta
di credito, sottoscrivendo a suo nome gli acquisti con essa effettuati, le
dichiarazioni potrebbero al più assumere rilevanza laddove si discutesse in
termini di residenza (che implica una presenza fisica di una persona sul
territorio), ma in nessun caso ove il collegamento
territoriale
è
individuato nel domicilio (che prescinde da una tale presenza). In breve, la
titolarità da parte del C. di ben cinque conti correnti bancari, in essere
presso la B.C.C. di Castel Bolognese (RA), su cui nel corso del 1997
risultano essere stati accreditati per varie causali, anche "da estero",
importi di tutt’altro che modesta entità (che si vorrebbe dal contribuente
lasciare intendere essere stati effettuati per sovvenire nelle proprie
necessità la sua famiglia d’origine) ed ancora la disponibilità in Riolo
Terme, località prossima a quella prima detta, di una villa, ampiamente
pubblicizzata dalla stampa,.... luogo eletto a suo ritiro, occupata in parte
dal C. come conduttore ed in parte dal di lui fratello, di proprietà della
società monegasca "S.C.I. G.", di cui però la R.R.E., altra società
(olandese), cui il C. aveva ceduto l’utilizzo
della
sua
immagine
sportiva,... risultava essere socia sovrana (con il 99,50% del capitale),
sono dati di fatto, gravi, precisi e concordanti, che inducono a ritenere il
permanere anche per l’anno 1997 di un domicilio fiscale dell’appellante in
Italia. Torna utile vieppiù annotare che la R.R.E.... non era altro che uno
schermo sociale del C., se quest’ultimo aveva ad ammettere ai verbalizzanti
di beneficiare per l’intero di quanto veniva ad essa corrisposto... Ed
ancora non vanno trascurate quella contabile rinvenuta dalla G. di F. in
sede di verifica e relativa al prelevamento da parte del C. dell’importo di
L. 5.138.000 per il pagamento di ICI per l’anno 1996 a fronte del suddetto
immobile (cui certo non è tenuto il conduttore) ed ancora l’intestazione a
sè delle relative utenze. Aspetti del tutto trascurati dall’appellante ed in
ogni caso non conciliabili con la sua qualità di apparente conduttore - a
tenore del relativo contratto di locazione - per limitati periodi annuali”;
f) con riguardo all’inutilizzabilità delle dichiarazioni di terzi rese
in sede procedi mentale infondatamente “l’appellante si duole dell’erronea
valutazione anche da parte del giudice a quo delle attività procedimentali e
processuali poste in essere dall’amministrazione finanziaria”, perchè la CTP
s’è adeguata al canone secondo cui basta che “la pronuncia non si fondi solo
sul)e dichiarazioni di terzi, cui si
riconosce
una
portata
solo
indiziaria..., ma su altri elementi che ne facciano da riscontro”;
g) con riguardo al divieto di doppia presunzione, la CTR afferma che
“discetta l’appellante - in termini meramente teorici - e della prova
presuntiva e dei limiti della sua ammissibilità... nel vigente ordinamento
con ampi, quanto incompleti riferimenti bibliografici. Ne risultano infatti
ignorati altri autorevoli autori (che il divieto posto dall’art. 112 disp.
att. c.p.c., comma 3, non consente di menzionare). In ogni caso anche tale
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profilo è destinato ad essere disatteso. Il thema decidendum nella presente
controversia... si articola in quei due momenti dell’accertamento per il
periodo d’imposta in riferimento alla residenza fiscale del C. e, quindi,
della determinazione dei redditi da lui realizzati e soggetti ad IRPEF. Il
primo momento (della residenza fiscale)... risulta accertato anche in
giudizio in via presuntiva attraverso quegli elementi di cui si è detto. E
non vi sarebbe altra possibilità probatoria se non una confessione da parte
del contribuente. L’altro, distinto momento (della determinazione del
reddito) risulta provato con quelle allegazioni documentali che ne offrono
una prova diretta. Valga al riguardo quanto, per così dire, fotografato
dalla G.d.F. nel verbale di contestazione 17.12.1999 più volte citato.
Verbale che per il 1997 non contiene alcuna ricostruzione presuntiva del
reddito del C. e che si limita a riassumere quanto dallo stesso atto
risultante in quegli importi che, contestati dal C., costituiscono oggetto
di altra specifica censura, destinata anch’essa a non trovare accoglimento.
Sicchè nel concorso di prove, presuntive e dirette, afferenti ad aspetti
distinti, non può evocarsi... quel divieto... della doppia presunzione
sotteso unicamente a vanificare le prove su cui si fonda l’accertamento
opposto”;
h) “è pur vero, contrariamente a quanto si legge nel contesto della
sentenza impugnata, che con riguardo ai redditi 1997 non vi è stato dal C.
alcun riconoscimento di avere conseguito quei redditi come accertati
dall’ufficio sulla scorta di quelle indagini di polizia tributaria di cui si
è detto, ma resta comunque il fatto che i redditi sono stati determinati come chiarito nel p.v.c.... - sulla base di elementi acquisiti presso il
A.R. srl e presso gli sponsor IP..., la B.E. srl e la D. Spa - per
quell’importo in totale di L. 4.177.829.882, risultante dalle fatture
dettagliate a pag. 26 del verbale anzidetto, cui sono stati assommati il
premio I., erogato per quell’anno al C. (come pilota meglio qualificatosi
durante prove ufficiali e le dispute dei gran premi) e l’importo di tre
gettoni di presenza, per un totale, da ultimo, di L. 4.316.329.882. che
corrisponde a quello portato dall’avviso di accertamento opposto. Sono
importi portati da fatture, emesse a seguito dei relativi pagamenti o
risultanti da accrediti bancari, in relazione ai quali è del tutto inutile
spendere altre parole”;
i) “non può farsi luogo al riconoscimento di alcun concorso di spese,
come richiesto dal C. con altro motivo di censura, in difetto di una
qualsiasi documentazione al riguardo”.
4. Il ricorso per cassazione del Contribuente, integrato con memoria, è
sostenuto con otto motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa
in Euro 3.154.624,00, si conclude, in via principale, con la richiesta che
sia cassata la sentenza impugnata, e, in via subordinata, che sia sollevata
questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
art. 7, comma 4, e, in via di ulteriore subordine, che sia rideterminato il
reddito imponibile, con ogni conseguente statuizione e con vittoria di spese
processuali e della loro liquidazione al
difensore
antistatario
o
distrattario.
5. Il controricorso delle autorità tributarie si conclude con la
richiesta di rigetto del ricorso principale, in quanto inammissibile e
infondato, e con la rifusione delle spese processuali.
Motivi della decisione - 6. il primo motivo d’impugnazione.
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6.1.1. Il primo motivo d’impugnazione è preannunciato dalla seguente
rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt.
30, 35 e 36, in virtù del principio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art.
61, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 174 c.p.c., in virtù
del richiamo di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, - Violazione
artt. 24, 25 e 111 Cost., (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”.
6.1.2. Sotto un unico motivo si propongono quattro diverse lagnanze.
6.1.2.1. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata ometterebbe di
indicare, nella sua intestazione, tra i difensori, il nome dell’avv. A.C..
6.1.2.2. In secondo luogo, la sentenza d’appello avrebbe limitato
l’indicazione dei motivi d’impugnazione a quelli elencati genericamente
nella sua pagina 3, trascurando che il Contribuente avrebbe proposto anche
altri motivi d’appello, relativi all’erronea valutazione della CTP sulla
valenza degli elementi probatori acquisiti, all’illegittima imputazione di
rapporti giuridici in Italia, all’illegittima ricostruzione del reddito
imponibile, al difetto di prova dell’effettiva percezione del reddito, alla
determinazione del reddito effettivo e all’illegittimità delle sanzioni;
inoltre, la CTR avrebbe del tutto omessa l’indicazione della documentazione
offertale.
6.1.2.3. Inoltre, sarebbe violato il principio di immutabilità del
giudice, perchè il giudizio d’appello si sarebbe sviluppato nelle udienze
dell’11 giugno, del 17 settembre e del 10 dicembre 2004 e nella camera di
consiglio del 15 marzo 2005, le quali sarebbero state gestite da tre collegi
composti in maniera diversa.
6.1.2.4. Infine, poichè la riserva D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex
art. 35, è stata sciolta oltre il termine di trenta giorni da quello della
sua adozione, s’ipotizza la violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.)
e del diritto ad un giusto processo (art. 111 Cost.).
6.2. Le questioni sollevate sono esaminate nello stesso ordine cori il
quale sono state proposte.
6.2.1. Il primo submotivo è inammissibile, perchè non risulta da alcun
atto di causa, cui la Corte possa accedere direttamente, che il Contribuente
fosse rappresentato e difeso, nel giudizio di appello, oltre che dall’avv.
S.C., che è l’unico indicato nell’epigrafe della sentenza impugnata, anche
da altri avvocati e, in particolare, dall’avv. A.C.. Nè il ricorrente,
ammesso che l’omissione denunciata sia una causa d’invalidità della sentenza
(in senso contrario, Corte di Cassazione 26 giugno 2001, n. 8782), ha
assolto l’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, riproducendo
testualmente quelle parti degli atti di causa dai quali risulti che anche
l’avv. A.C. è stato difensore del Contribuente nel giudizio di secondo
grado.
In ogni caso, il motivo è infondato, perchè, “qualora non vi sia stata
una reale violazione del principio del contraddittorio e del diritto di
difesa, l’omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza della commissione
tributaria del nome del difensore del contribuente non costituisce motivo di
nullità della sentenza stessa” (Corte di cassazione 26 giugno 2001, n.
8782).
6.2.2. La seconda censura è irrilevante, perchè essa si sostanzia in una
critica alla tecnica redazionale della sentenza d’appello, la cui pagina 3
contiene un elenco delle censure che, per usare le stesse parole della CTR,
"richiama, sintetizzandole, le rubriche ad esse attribuite nell’atto di
gravame".
Infatti,
le
omissioni
che,
secondo
il
ricorrente,
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caratterizzerebbero l’elenco dei motivi d’appello steso alla pagina 3 della
sentenza della CTR, sono, poi, oggetto di esame da parte del giudice di
secondo grado. Lo si può verificare sia attraverso la sintesi che se n’è qui
fatta nel p. 3 sia attraverso la considerazione degli altri motivi di
ricorso per cassazione, con i quali il Contribuente contrasta la sentenza
d’appello proprio sui temi che non sono specificamente elencati nella sua
pagina 3.
6.2.3. La terza censura è priva di fondamento, perchè, stando alla
descrizione del ricorrente, le variazioni della composizione del collegio
avrebbero riguardato l’udienza del 17 settembre 2004 rispetto a quella
dell’11 giugno 2004 e l’udienza del 10 dicembre 2004 rispetto a quella del
17 settembre 2004. 11 Contribuente precisa anche che le prime due udienze quelle dell’11 giugno e del 17 settembre 2004 - si sarebbero concluse con
l’adozione di ordinanze istruttorie e che solo nell’udienza del 10 dicembre
2004 la causa sarebbe stata discussa nel merito e mandata in decisione, la
quale sarebbe stata dapprima, nella camera di consiglio dello stesso 10
dicembre 2004, rinviata con riserva D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art.
35, e poi definitivamente adottata nella camera di consiglio del 15 marzo
2005. Il mutamento del collegio non ha investito, dunque, le due Camere di
consiglio del 10 dicembre 2004 e del 15 marzo 2005, che sono state tenute
nella stessa composizione.
Se questi sono i fatti processuali, la censura proposta dal Contribuente
è priva di fondamento, perchè, secondo la consolidata giurisprudenza di
questa Corte, “in tema di deliberazione collegiale della decisione nel
regime successivo alla riforma recata dalla L. 26 novembre 1990, n. 353,
l’art. 276 c.p.c., comma 1, - rimasto invariato nella sua formulazione, la
quale prevede che alla deliberazione della decisione possono partecipare
soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione - va interpretato
nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi
dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni. Pertanto, in grado di
appello, in base alla disciplina di cui al novellato art. 352 c.p.c., il
collegio che delibera la decisione deve essere composto dagli stessi giudici
dinanzi ai quali è stata compiuta l’ultima attività processuale (cioè la
discussione o la precisazione delle conclusioni), conseguendone la nullità
della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio
medesimo” (Corte di Cassazione 12 agosto 2009, n. 18268; nello stesso senso,
in precedenza: Corte di Cassazione 15 maggio 2009, n. 11295; 29 ottobre
2007, n. 22658; 1 agosto 2001, n. 10458; 14 giugno 2001, n. 8068).
6.2.4. Quanto, infine, alla censura relativa al rispetto del termine
previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 35, comma 2, essa è
infondata, perchè, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità tale
termine è ordinatorio. Vedansi: Corte di Cassazione 31 marzo 2008, n. 8249,
secondo cui “in tema di contenzioso tributario, il termine massimo di trenta
giorni dalla discussione in pubblica udienza o dalla esposizione del
relatore, stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 35, comma 2,
per il caso di rinvio della deliberazione del collegio giudicante, ha
carattere ordinatorio ed acceleratorio, non essendo espressamente dichiarato
perentorio dalla legge, ai sensi dell’art. 152 c.p.c., comma 2. La
violazione del predetto termine, quindi, non comporta nullità della sentenza
ma è suscettibile di produrre
altre
conseguenze,
comprese
quelle
disciplinari a carico dei responsabili”; Corte di Cassazione 3 aprile 2002,
n. 4776, secondo cui “in tema di contenzioso tributario, il termine massimo
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di trenta giorni dalla discussione in pubblica udienza o dalla esposizione
del relatore, stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 35, comma
2, per il caso di rinvio della deliberazione del collegio giudicante, non ha
carattere perentorio, atteso che la nullità della decisione emessa fuori
termine, connessa al riconoscimento della perentorietà, e la conseguente
regressione del procedimento al grado precedente contraddirebbero
la
finalità sollecitatoria sottesa alla norma. L’ingiustificata violazione del
termine produce, pertanto, conseguenze in altre sedi - diverse dal processo
- previste dall’ordinamento, a cominciare da quella disciplinare”.
6.3. In conclusione, il primo motivo, articolato
in
subcensure
inammissibili o infondate, dev’essere rigettato.
7. Il secondo motivo d’impugnazione.
7.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione denuncia “Violazione del D.Lgs.
n. 546 del 1992, art. 58. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.
Nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 c.p.c., in virtù del
richiamo di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2. Violazione degli
artt. 24 e 111 Cost.. Omessa, insufficiente e contraddittoria pronuncia su
un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.
7.1.2. Con il secondo motivo d’impugnazione s’impugna quella parte della
sentenza d’appello che s’è qui testualmente riprodotta nel p.3.a). Si
rimprovera, infatti, alla CTR di aver deciso sull’appello omettendo di
valutare tutta la documentazione depositata tempestivamente dal Contribuente
in secondo grado l’11 giugno e il 18 novembre 2004. La sentenza sarebbe,
quindi, nulla.
7.2. Il secondo motivo prospetta un vizio della sentenza d’appello che è
ipotizzato anche con il settimo motivo d’impugnazione. Di tali due motivi si
effettuerà, pertanto, a tempo debito, l’esame congiunto.
8. Il terzo motivo d’impugnazione.
8.1.1. Il terzo motivo d’impugnazione è posto sotto la seguente rubrica:
“Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, art.
11, comma 2, e art. 12, comma 1, e art. 2697 c.c., nonchè D.Lgs. n. 300 del
1999, art. 68, comma 1, - (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”.
8.1.2. Con il terzo motivo si censura quel capo della sentenza d’appello
che s’è qui testualmente riprodotto nel p.3.b). Secondo il ricorrente la CTR
confonderebbe la trattazione del contenzioso con il potere di rappresentanza
dell’ente, il quale spetterebbe solo al Direttore centrale dell’Agenzia. La
contestazione si conclude con la formulazione dell’ipotesi che la sentenza
d’appello sia nulla per il fatto che la CTR non ha rilevato la mancata
esibizione della delega da parte del funzionario dell’ufficio locale e,
quindi, il suo difetto di legittimazione.
8.2. Il terzo motivo d’impugnazione è infondato. Infatti, secondo la
consolidata giurisprudenza di legittimità, “in
tema
di
contenzioso
tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, divenuta
operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo
particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali
all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve
ritenersi che la legittimazione "ad causam" e
"ad
processum"
nei
procedimenti introdotti
successivamente
alla
predetta
data
spetti
esclusivamente all’Agenzia” (Corte di cassazione 14 febbraio 2006, n. 3118),
che opera mediante i suoi uffici locali dinanzi ai giudici di merito e per
il tramite del suo Direttore nel giudizio per cassazione (Corte di
cassazione: 6 febbraio 2007, n. 2608; 20 aprile 2007, n. 9401; 13 ottobre
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2006, n. 22010; 8 marzo 2006, n. 4936; 14 febbraio 2006, n. 3116; 12 agosto
2004, n. 15643).
9. Il quarto motivo d’impugnazione.
9.1.1. Il quarto motivo d’impugnazione ipotizza: “Violazione del D.P.R.
n. 600 del 1973, art. 42, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, (come chiarito
dalla norma interpretativa contenuta nella L. n. 212 del 2000, art. 7).
Violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3. Violazione del D.Lgs. n.
546 del 1992, art. 36. Nullità della sentenza e violazione dell’art. 112
c.p.c., in virtù del richiamo di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1,
comma 2. Violazione degli artt. 24 e 111 Cost. Omessa, insufficiente e
contraddittoria pronuncia su un punto decisivo della controversia (art. 360
c.p.c., nn. 3,4 e 5)”.
9.1.2. Con il quarto motivo d’impugnazione si contesta quel capo della
sentenza d’appello che s’è qui testualmente riprodotto nel p.3.d).
A suo sostegno si afferma che nel caso di specie, non solo l’atto di
accertamento sarebbe “assolutamente privo di autonoma motivazione (recependo
integralmente ed acriticamente il p.v.c. della G. di E di Ravenna non
allegato e di cui non si è riprodotto il contenuto essenziale)”, ma il PVC
rinvierebbe “a sua volta a presunte dichiarazioni del pilota circa compensi
che egli avrebbe percepito nel 1997 dalla R. srl e da società collegate alla
P.M. con modalità estero su estero, contenuti in p.v.c. redatti nei
confronti di società terze, mai notificati al C., nè da lui conoscibili,
essendo in tal caso necessario, da parte dell’Ufficio, una ulteriore
attività di indagine logico-argomentativa che legittimi la propria azione di
accertamento”. Il ricorrente conclude chiedendo “se non vi sia stata errata
applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, da parte del
Giudice d’appello che ha ordinato il deposito del p.v.c. richiamato
nell’avviso di accertamento, al solo scopo di integrare la
carente
motivazione dell’accertamento, con violazione dell’art. 24 e 111 Cost.” e
“se non vi sia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.,
per aver omesso di pronunciare sull’eccepito difetto di motivazione e
carenza di prova dell’accertamento (in violazione del D.P.R. n. 600 del
1973, art. 42, L. n. 241 del 1990, art. 3, e L. n. 212 del 2000, art. 7),
perchè l’atto richiamato (il p.v.c. del 17/12/99 della G. di F. di Ravenna)
a sua volta riportava meri stralci di verbali elevati dalla G. di F. di
Terni nei confronti di società terze..., non conosciuto nè conoscibili dal
ricorrente”.
9.2. Dalle argomentazioni addotte a sostegno del
quarto
motivo
d’impugnazione e dalle conclusioni tratte al termine della loro esposizione
si deduce che tre sono le ragioni delle doglianze e i relativi oggetti: 1)
l’acriticità del rapporto tra avviso
di
accertamento
e
PVC;
2)
l’illegittimità dell’esercizio, da parte della CTR, del potere D.Lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, ex art. 7, comma 3; 3) l’omessa pronuncia sulla
validità della motivazione dell’avviso di accertamento.
9.2.1. Per quel che riguarda il rapporto tra avviso di accertamento e
PVC, la sentenza d’appello esamina puntualmente il motivo d’impugnazione,
proposto dal Contribuente in secondo grado, ed espone le ragioni per le
quali, a suo giudizio, i fatti emersi nell’istruttoria procedimentale
amministrativa e descritti nel PVC hanno potuto esser recepiti dall’Ufficio
accertatore senza un’ulteriore diversa valutazione. Ora, in sede di ricorso
per cassazione, non basta ribadire la diversa opinione (infondata, peraltro,
in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, per la quale v. ex
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pluribus, da ultimo, la sentenza 10 febbraio 2010, n. 2907, e le precedenti
pronunce ivi menzionate) della necessità di un’autonoma rivalutazione, da
parte del titolare del potere di adottare l’atto amministrativo finale
d’imposizione tributaria, dei risultati dell’istruttoria condotta da altri
organi, ma sarebbe necessario, osservando il principio di autosufficienza,
illustrare le ragioni per le quali nel caso specifico la mera ricezione
dell’atto istruttorio renderebbe viziato nella motivazione l’avviso di
accertamento.
In conclusione, la prima subcensura è, in linea di principio, infondata
e, con riguardo alla specifica controversia, inammissibile.
9.2.2. Quanto all’illegittimità dell’esercizio, da parte della CTR, del
potere D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 7, comma 3, la relativa
censura è irrilevante, perchè, come si può desumere da quella parte della
motivazione della sentenza d’appello che s’è qui testualmente riprodotta nel
p.3.d), la CTR ha affermato che “l’accertamento opposto non fa che
riprendere dal p.v.c.... quel complesso di fatti storici e di dati
contabili, emersi nel corso delle investigazioni, insuscettibili per la loro
obiettività, di una qualche diversa valutazione. Di tali fatti e dati,
risultanti per lo più da prove dirette, l’avviso opposto da compiuta
contezza al C., che ne è destinatario, in quei termini che peraltro non
hanno trovato smentita neppure in parte in questo grado”. Se ne deduce, in
mancanza di una specifica ed idonea contestazione da parte del ricorrente in
osservanza del principio di autosufficienza, che il PVC acquisito non ha in
alcun modo influenzato la valutazione che la CTR ha formulato dell’avviso di
accertamento, onde la subcensura è inammissibile.
9.2.3. Quanto all’omessa pronuncia sulla validità della motivazione
dell’avviso di accertamento, esso è palesemente infondato, perchè, come s’è
appena veduto, la sentenza d’appello si esprime specificamente sull’oggetto
che, secondo l’ipotesi del ricorrente, sarebbe stato del tutto trascurato.
10. Il quinto motivo d’impugnazione
10.1.1. Il quinto motivo d’impugnazione è presentato sotto la seguente
rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art.
2, comma 2, e dell’art. 43 c.c.. Violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36,
nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 c.p.c., in virtù del
richiamo di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2. Violazione art.
2697 c.c.. Violazione degli artt. 24 e 111 Cost.. Omessa, insufficiente e
contraddittoria pronuncia su un punto decisivo della controversia (art. 360
c.p.c., nn. 3, 4 e 5)”.
10.1.2. Con il quinto motivo d’impugnazione si oppugna quel capo della
sentenza d’appello che s’è qui testualmente riprodotto nel p.3.e) e si
prospettano quattro censure: 1) mancata rilevazione dell’ultrapetizione
della sentenza di primo grado; 2) l’erroneità della nozione di domicilio
assunta dalla CTR; 3) l’erroneità dell’accertamento del domicilio in Italia;
4) la negata rilevanza del periodo di permanenza in Italia per almeno 183
giorni nel 1997.
10.1.2.1. Secondo il ricorrente, la sentenza di primo grado sarebbe
andata oltre quanto dedotto nell’accertamento fiscale, perchè sarebbe
“palese come, con quest’ultimo atto, l’Ufficio abbia cercato di dimostrare
che il C. avesse mantenuto in Italia il proprio domicilio in senso
civilistico, ovvero il centro dei propri affari ed interessi, prescindendo,
quindi, dall’onere di provare quantitativamente l’effettiva presenza del
corridore sul territorio italiano”. Dal canto suo la CTR osserva che “dal
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do mi c i l i o p o s t o d a l l ' + f f i c i o a b a s e de l l ' a c c e r t a me nt o , . - o s . f a c e n do / l a - 0 1
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di r i t e n e r e p r o ( a t o i l d o mi c i l i o d e l - . / a t t r a ( e r s o i n s uf f i c i e n t i
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mi r a nt i a p r o ( a r e l a s u a p r e s e n) a f i s i c a s ul
t e r r i t o r i o i t a l i a n o. . .
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s e nt e n) a d i p r i mo g r a d o s i p r e s e n t a ( a / 4 u i n di / mo t i ( a t a ol t r e 4 u a n t o d e do t t o
ne l l ' a c c e r t a me n t o i mp u g n a t o 5 u l t r a p e t i t a p a r t i um6 e / a c a u s a di t a l e ( i ) i o/
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5 a nc he p e r i l d o mi c i l i o 6 e l e me n t o t e mp or a l e d e l l a ma gg i o r p a r t e d e l
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r i l e ( a r e c he /
c ome
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a c c e r t a me n t i
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10.1.2.3. Inoltre, l’Ufficio, per dimostrare il mantenimento
del
domicilio in Italia da parte del C., avrebbe prodotto documentazione e molti
articoli di stampa nel tentativo di dimostrare il legame affettivo con il
territorio d’origine mediante l’indicazione di meri indizi (che sarebbero
stati smontati uno ad uno nei vari atti difensivi nei precedenti gradi di
merito) tesi a dimostrare la presenza del C. in Italia, per lo più ristretta
a brevissimi intervalli temporali ed al fatto che la famiglia di origine ivi
risieda. In conclusione, secondo il ricorrente, l’Ufficio ed i giudici di
merito avrebbero considerato i rapporti del C. con la famiglia di origine
come se il soggetto non fosse nè maggiorenne, nè emancipato ed autonomo, con
una propria vita personale, affettiva e sentimentale ormai distinta da
quella della famiglia dei genitori.
10.1.2.4. Infine, si contesta che la CTR abbia ritenuto che “la prova
del mantenimento del domicilio in Italia prescinda dalla dimostrazione che
esso si sia protratto per più di 183 giorni nel periodo d’imposta”. La CTR
avrebbe “omesso di rilevare che il C. non aveva più mantenuto in Italia il
suo punto di riferimento corrispondente alle sue naturali consuetudini di
vita e allo svolgimento delle sue normali relazioni sociali. Al riguardo il
ricorrente ha prodotto documentazione tendente a dimostrale come fosse
sempre in giro per il mondo per lo svolgimento delle gare di motomondiale e
come intratteneva i suoi rapporti sociali prevalentemente in Montecarlo Principato di Monaco, così come confermato da numerosi soggetti...”.
10.2. Le quattro subcensure sono esaminate nello stesso ordine nei
paragrafi che seguono.
10.2.1. La denuncia della mancata rilevazione dell’ultrapetizione della
sentenza di primo grado è inammissibile, perchè essa è formulata senza che
sia osservato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Infatti, il ricorrente non si premura di riprodurre testualmente quelle
parti degli atti dell’amministrazione finanziaria (avviso di accertamento ed
eventualmente PVC) e degli atti processuali (ricorso introduttivo, sentenza
di primo grado, atto d’appello), che siano ritenuti rilevanti per permettere
alla Corte, che non può accedere direttamente agli atti di causa, di
conoscere i fatti in base ai quali poter valutare l’(in)fondatezza della
censura proposta.
10.2.2. La seconda subcensura riguarda l’erroneità della nozione di
domicilio assunta dalla CTR.
Con riguardo al
domicilio
fiscale
del
Contribuente
si
deve
preliminarmente precisare, sintetizzando il capo della sentenza d’appello
riprodotto nel p.3.e), che la CTR consegna ai suoi destinatari una
fattispecie così categorizzata: il contribuente che abbia
trasferito
all’estero la sua residenza in un anno precedente (1994, nel caso di specie)
a quello del periodo d’imposta contestato (1997, nel caso in esame) conserva
il domicilio fiscale in Italia quando, prescindendo dalla sua presenza
fisica nel territorio italiano, mantenga in Italia il centro dei suoi
interessi e dei suoi affari.
La norma utilizzabile per la sussunzione della fattispecie si desume
dalle seguenti disposizioni normative.
a) l’art. 2, cit. T.U.I.R.: “1. Soggetti passivi dell’imposta sono le
persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. 2. Ai
fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per
la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della
popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la
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residenza ai sensi del Codice civile”;
b) l’art. 43 c.c., comma 1: “Il domicilio di una persona è nel luogo in
cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi”.
La giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione 7 novembre 2001,
n. 13803) interpreta le disposizioni normative,nel senso che se ne estrae
anche, per quel che interessa la fattispecie qui in controversia, la
seguente norma: "è soggetto passivo di irpef il cittadino italiano che, pur
residente all’estero, stabilisca in Italia il suo domicilio, ossia la sede
principale degli affari ed interessi economici, nonchè delle proprie
relazioni personali" (v. anche Corte di cassazione, Sezioni unite civili, 29
novembre 2006, n. 25275).
Diventa, poi, un problema di accertamento del caso di specie ultima
determinare se tra un soggetto ed un luogo si sia stabilita in un dato
periodo una relazione domiciliare sussumibile, come sua specie, nel genere
configurato dalla norma.
Nel caso in esame, la CTR ha addotto, a sostegno del suo accertamento di
fatto della relazione domiciliare nel 1997 tra il Contribuente e il Comune
di Riolo Terme, una serie di fatti, che sono stati valutati con ragionamenti
coerenti e sufficienti, come si desume ancora una volta da quella parte
della sentenza che s’è qui testualmente riprodotta nel p.3.e).
In senso contrario, il Contribuente si limita ad affermare che la CTR
non avrebbe apportato “alcun dato probatorio e di fatto che potesse far
pensare che il C. avesse eletto domicilio in Italia” e che il Contribuente
avrebbe fornito la prova positiva della sua effettiva residenza all’estero.
La prima affermazione non corrisponde al vero, perchè la CTR ha tenuto
conto, come s’è appena veduto, di una serie numerosa di fatti, ed è, perciò,
infondata, mentre la seconda è inammissibile, perchè contrappone
la
valutazione del Contribuente a quella del giudice d’appello, la quale non
viene però specificamente criticata sotto
uno
dei
possibili
vizi
motivazionali dell’insufficienza o della contraddittorietà.
10.2.3. Con la terza subcensura si contesta che l’accertamento del
domicilio in Italia sia stato basato sulla presenza in Italia
del
Contribuente e sul suo legame con la famiglia di origine.
La subcensura è, per un verso infondata, perchè l’accertamento non è
basato affatto sulla presenza e sul computo dei giorni in cui essa si è
realizzata. Infatti, l’art. 2, comma 2, cit. T.U.I.R., utilizza il criterio
della prevalenza dei giorni di presenza sul territorio italiano come
criterio alternativo al domicilio e alla residenza e correttamente la CTR ha
utilizzato solo il criterio del domicilio.
Per altro verso la subcensura è inammissibile per genericità, perchè, da
un lato, l’accertamento del domicilio da parte della CTR è stato effettuato
attraverso l’esame di una pluralità eterogenea di fatti semplici, tra cui
figurano, senza che essi siano nemmeno predominanti, anche quelli che
attengono alle relazioni del Contribuente con la sua famiglia di origine, e
perchè, dall’altro lato, la mera contrapposizione della valutazione del
Contribuente alla valutazione del giudice, senza una critica specifica della
motivazione dell’accertamento dell’autorità, non può nemmeno esser presa in
considerazione.
Affinchè
siano
chiare
le
ragioni
profonde
dell’inammissibilità della censura in esame, si deve tener conto del fatto
che, per volontà dell’ordinamento giuridico conforme alla natura delle cose
in tema di certezza, al di fuori della certezza convenzionale tra le parti
del rapporto giuridico, ossia della certezza che si consegua attraverso
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l’accordo dei soggetti contrapposti nel rapporto giuridico, la devoluzione
da esse operata all’autorità giurisdizionale della risoluzione della loro
controversia comporta il trasferimento ad un terzo - il giudice - del potere
di creare quella certezza che esse non sono state in grado di trovare
consensualmente; se, poi, una parte ritenga insoddisfacente la pronuncia del
giudice e intenda impugnarla, essa non può limitarsi a contrapporre alla
certezza autoritativamente creata la "sua" pretesa "certezza", che non
esisteva in origine, perchè non condivisa dall’altra parte, e che è stata,
sia pure provvisoriamente e per la prima volta, creata dalla pronuncia del
giudice; la parte impugnante deve, invece, spingersi, pena l’inammissibilità
della lagnanza, fino a criticare il procedimento logico seguito dal giudice
e l’esternazione del suo processo cognitivo e del suo risultato (per questo
duplice profilo strutturale della sentenza, v., da ultimo, Corte di
Cassazione 30 dicembre 2009, n. 27935). Poichè nel caso in esame, invece, il
ricorrente, senza contestare la posizione assunta dal giudice d’appello con
adeguato ragionamento, si è limitato ad affermare di aver il domicilio
all’estero e di averlo provato, egli ha semplicemente contrapposto alla
"certezza" acquisita dal giudice la sua visione del fatto,
incerta
originariamente, perchè non
condivisa
dalla
controparte
(l’Ufficio
tributario) e contraddetta, poi, autoritativamente dalla certezza creata
dalla CTR.
In conclusione, la sua censura è inammissibile per mancanza
di
specificità.
10.2.4. Anche la censura relativa alla negata rilevanza del periodo di
permanenza in Italia per almeno 183 giorni nel 1997 è inammissibile.
Infatti, nell’art. 2, comma 2, T.U.I.R., sono contenute tre norme tra loro
fungibili, delle quali quella invocata dal ricorrente nella subcensura in
esame è così formulata: "ai fini delle imposte sui redditi si considera
residente la persona che per la maggior parte del periodo d’imposta ha nel
territorio dello Stato il domicilio ai sensi del Codice civile". La formula
di questa norma, diviene, esplicitando l’art. 43 c.c., oggetto del rinvio:
"ai fini delle imposte sui redditi si considera residente la persona che per
la maggior parte del periodo d’imposta ha stabilito in un luogo del
territorio dello Stato la sede principale dei suoi affari ed interessi".
Orbene, la CTR ha accertato, per le ragioni che sono illustrate nella parte
della sentenza qui riprodotta nel p.3.e), che la relazione domiciliare del
Contribuente con Riolo Terme è una situazione di fatto che si è protratta
per l’intero 1997. Opporre all’accertamento del giudice di secondo grado la
propria valutazione dei fatti e la propria diversa opinione sul proprio
domicilio, come fa il ricorrente limitandosi a sostenere di esser stato
prevalentemente in giro per il mondo e di avere a Montecarlo le sue
prevalenti relazioni sociali, significa contraddire la propria volontà,
espressa con il ricorso introduttivo e con l’appello, di
devolvere
all’autorità giurisdizionale il compito di creare quella certezza, intorno
al suo domicilio, che egli non è riuscito a creare preventivamente su base
convenzionale con la controparte del rapporto giuridico tributario. Come s’è
poc’anzi illustrato nel 10.2.3, egli potrebbe, dopo la pronuncia del
giudice, solo contestarne il procedimento di accertamento e la relativa
motivazione, ma lo dovrebbe fare, con il ricorso per cassazione, a pena
d’inammissibilità, in maniera specifica e autosufficiente.
11. Il sesto motivo d’impugnazione.
11.1.1. Il sesto motivo d’impugnazione è preannunciato dalla seguente
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rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art.
7, comma 4; eventuale questione di legittimità costituzionale dello stesso.
Violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.. Violazione degli artt. 2727 e 2729
c.c.. Violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nullità della sentenza e
violazione dell’art. 112 c.p.c., in virtù del richiamo di cui al D.Lgs. n.
546 del 1992, art. 1, comma 2. Omessa, insufficiente e contraddittoria
pronuncia su un punto decisivo della controversia. Erronea valutazione del
Giudice sulla valenza degli elementi probatori acquisiti (art. 360 c.p.c.,
nn. 3, 4 e 5)”.
11.1.2. Con il sesto motivo d’impugnazione si censurano, sotto vari
profili, quei capi della sentenza d’appello che si son qui testualmente
riprodotti nel p.3.f) e g).
11.1.2.1. Con riguardo all’inutilizzabilità delle dichiarazioni di terzi
rese in sede procedimentale il ricorrente sostiene che il riconoscimento,
operato dalla CTR, del loro valore meramente indiziario sarebbe precluso dal
fatto che “l’avviso di accertamento risulta motivato... con un mero richiamo
al p.v.c...., nonchè a delle presunte dichiarazioni dello stesso Capi-rossi,
in realtà inesistenti, ed alle risultanze di una verifica eseguita nei
confronti della Rainbow srl, il cui p.v.c. non è mai stato allegato nè
notificato”. Il comportamento dei verificatori si sarebbe, in realtà,
“sostanziato in un aggiramento del divieto di prova testimoniale di cui al
D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7”. Si afferma, poi, che, “anche se il Giudice
di merito avesse voluto ammettere le
risultanze
istruttorie,
così
illegittimamente acquisite, quali meri indizi, avrebbe dovuto valutarli, in
maniera paritetica, assieme ad altri elementi probatori forniti
dal
ricorrente quali: dichiarazioni sostitutive di atto notorio (aventi valore
anch’esse di meri indizi) e prove documentali (che quali prove storiche
hanno un valore superiore ai meri indizi), cosi che solo la comparazione
degli elementi forniti dalle parti, poste necessariamente su di un piano di
parità dall’art. 111 Cost., avrebbe potuto fornire al Giudice di appello la
possibilità di decidere in un giusto processo”.
In
alternativa
alla
dichiarazione
di
inutilizzabilità
delle
dichiarazioni di terzi, la Corte non potrebbe che sollevare la questione di
legittimità costituzionale del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7,
comma 4, nella parte in cui esclude la prova testimoniale nel processo
tributario per contrasto con gli artt. 3, 24 e 112.2 Cost..
11.1.2.2. Alla CTR si rimprovera anche di aver ritenuto che l’Ufficio
abbia fatto ricorso a una serie di presunzioni a cascata, prive dei
requisiti della gravità, della precisione e della concordanza con violazione
un’esposizione
teorica
sulla
degli artt. 2727 e 2729 c.c.. Segue
presunzione, al termine della quale il ricorrente si chiede “se le sole
dichiarazioni di terzi,... aventi, al più, natura di mero indizio,... siano
idonee a costituire da sole e senza bisogno di ulteriori validi elementi di
riscontro, una premessa sufficientemente certa e provata per essere assunta
come termine iniziale dell’argomentazione logica che supporta il mezzo di
prova basato su presunzioni semplici”, le quali, nel caso di specie, “si
risolvono in una duplice presunzione (se non addirittura triplice): una per
accertare il domicilio in capo al C., l’altra per imputargli rapporti
giuridici di cui non è titolare e, l’altra ancora, per la materiale
percezione del reddito che ne scaturisce”.
Il ricorrente lamenta, inoltre,
“l’omesso
esame
di
tutta
la
documentazione legittimamente depositata dal
ricorrente
in
appello,
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costituita da dichiarazione e contratti (mai contestati dall’ufficio) idonei
a smentire quei presunti riscontri posti a base della pretesa erariale”.
La sentenza, poi, sarebbe insufficiente e contraddittoria nella parte in
cui “prima riconosce portata indiziaria alle... dichiarazioni di terzi
raccolte dai verificatori, per poi sostenere che la sentenza di primo grado
si sarebbe fondata anche su altri elementi di riscontro che chiama elementi
obiettivi come: gli estratti conto bancali, le fatture emesse a fronte delle
prestazioni agonistiche del C., la disponibilità in Riolo Terme di una
villa, l’intestazione (a lui) delle relative utenze, un pagamento ICI fatto
eccezionalmente una sola volta per conto del proprietario della Società
proprietaria dell’immobile in altre annualità. Per poi sostenere... che tali
aspetti sarebbero stati del tutto trascurati dall’appellante. Al riguardo
non si comprende come tale Giudice abbia potuto definire obiettivi elementi
che in realtà sono mere congetture che sono state sin dal primo grado di
giudizio smentite dal ricorrente e successivamente contestate al punto n. 4
dell’appello e della memoria difensiva depositata il 22/04/2004”.
Seguono considerazioni sulle prove, fornite in grado di merito, relative
alla villa di Riolo Terme, al rapporto del pilota coni suoi tifosi, alla sua
presenza fisica nel territorio italiano, per concludere nel senso che “alla
luce di quanto prodotto dal ricorrente la CTR non poteva che rilevare la
debolezza delle illazioni dell’Ufficio, rispetto alla realtà dei fatti,
provata documentalmente dal C., ma ha omesso di esaminarla (così come
affermato nella sentenza impugnata)”.
11.1.2.3. Il ricorrente critica, infine, la motivazione della sentenza
impugnata nella parte in cui, “nel respingere il motivo di gravame relativo
all’utilizzo della doppia presunzione, i Giudici di appello rilevano
incompleti riferimenti bibliografici. Risultano infatti ignorati altri
autorevoli autori (che il divieto posto dall’art. 112 disp. att. c.p.c.,
comma 3, non consente di menzionare". Infatti, il citato art. 112 disp. att.
c.p.c., comma 3, parla di tutt’altro (istanza di decisione secondo equità)
ed, inoltre, si ritiene che gli orientamenti dottrinari citati, sulla prova
presuntiva, siano prevalenti”.
11.1.2.4. A conclusione del sesto motivo d’impugnazione il ricorrente
chiede:
a) se la Corte “non ravvisi la necessità di cassare la sentenza
impugnata, per aver ammesso in favore della
sola
parte
pubblica,
l’introduzione nel processo di vere e proprie prove testimoniali, tramite
acquisizione del p.v.c..., contenenti dichiarazioni di terzi soggetti
controinteressati, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma
4”;
b) “se la sentenza impugnata non vada cassata per non aver i Giudici di
appello vagliato i predetti elementi indiziari attraverso una corretta
comparazione con altri elementi indiziari e con i documenti prodotti dal
ricorrente, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 112
c.p.c., e artt. 3, 24 e 111 Cost.”;
c) “se i Giudici di appello non abbiano omesso di rilevare come
l’accertamento avesse posto i medesimi elementi indiziari (contestati e,
quindi non fatti noti e pacifici) alla base di una serie di presunzioni a
cascata, al fine di dimostrare prima che il C. fosse domiciliato in Italia,
poi per attribuirgli la titolarità di rapporti giuridici in Italia e poi
nella determinazione di un reddito stellare contestatogli, in violazione
degli artt. 2727 e 2729 c.c.”;
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d) in subordine, si chiede che sia concessa “la possibilità al
ricorrente di difendersi, utilizzando la prova testimoniale richiesta e
negata dal Giudice di appello e, quindi, di ritenere rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del
divieto posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, per violazione
degli artt. 3, 24 e 111 Cost.”.
11.2. Le numerose questioni sollevate sono esaminate nello stesso ordine
con cui il ricorrente le ha prospettate nelle sue conclusioni, qui
testualmente riprodotte nel 11.1.2.4. Infine, si esaminerà la censura qui
riprodotta nel 11.1.2.3, che non è oggetto di una specifica domanda
conclusiva.
11.2.1. Alla domanda se la Corte “non ravvisi la necessità di cassare la
sentenza impugnata, per aver ammesso in favore della sola parte pubblica,
l’introduzione nel processo di vere e proprie prove testimoniali, tramite
acquisizione del p.v.c...., contenenti dichiarazioni di terzi soggetti
contro-interessati, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma
4”, si deve dare risposta negativa. Infatti, secondo la consolidata
giurisprudenza di legittimità “nel processo tributario, gli
elementi
indiziali, come la dichiarazione del terzo - nella specie, acquisita dalla
guardia di finanza nel corso di un’ispezione, il cui verbale era stato
debitamente notificato al contribuente -, concorrono
a
formare
il
convincimento del giudice, se confortati da altri elementi di prova; se
rivestono i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art.
2729 c.c., essi danno luogo a presunzioni semplici” (Corte di Cassazione 20
aprile 2007, n. 9402). Già la sentenza della Corte di Cassazione 25 gennaio
2002, n. 903, aveva riconosciuto che “il divieto di ammissione della prova
testimoniale nel giudizio davanti alle commissioni tributarie, sancito dal
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 4, si riferisce alla prova
testimoniale da assumere nel processo - che è necessariamente orale, di
solito ad iniziativa di parte, richiede la formulazione di specifici
capitoli, comporta il giuramento dei testi, e riveste, conseguentemente, un
particolare
valore
probatorio
-,
e
non
implica,
pertanto,
l’inutilizzabilità, ai fini della decisione, delle dichiarazioni raccolte
dall’Amministrazione nella fase procedimentale e rese da terzi, e cioè da
soggetti terzi rispetto al rapporto tra il contribuente - parte e l’Erario.
Tali informazioni testimoniali hanno il valore probatorio proprio degli
elementi indiziati, e devono pertanto essere necessariamente supportate da
riscontri oggettivi” (nello stesso senso, Corte di Cassazione 15 novembre
2000, n. 14774). Inoltre, “in tema di contenzioso tributario, il divieto di
ammissione della prova testimoniale, sancito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.
546, art. 7, comma 4, non comporta la conseguente inammissibilità della
prova per presunzioni, ai sensi dell’art. 2729 c.c., comma 2 - secondo il
quale le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge
esclude la prova testimoniale -, poichè questa norma, attesa la natura della
materia ed il sistema dei mezzi di indagine a disposizione degli uffici e
dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario” (Corte
di Cassazione 14 agosto 2002, n. 12210).
11.2.2. Alla domanda “se la sentenza impugnata non vada cassata per non
aver i Giudici di appello vagliato i predetti elementi indiziari attraverso
una corretta comparazione con altri elementi indiziari e con i documenti
prodotti dal ricorrente, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36,
art. 112 c.p.c., e artt. 3, 24 e 111 Cost.”, si deve dare, in astratto,
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risposta positiva sulla base della giurisprudenza poc’anzi ricordata e, in
particolare sulla base della sentenza di questa Corte 25 marzo 2002, n.
4269, secondo cui “nel processo tributario, come è ammessa la possibilità
che le dichiarazioni rese da terzi agli organi
dell’Amministrazione
finanziaria trovino ingresso, a carico del contribuente, - fermo il divieto
di ammissione della "prova testimoniale" posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546, art. 7, - con il valore probatorio "proprio degli elementi
indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del
giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della
decisione"..., va del
pari
necessariamente
riconosciuto
anche
al
contribuente lo stesso potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi in
sede extraprocessuale - beninteso, con il medesimo valore probatorio -,
dando così concreta attuazione ai principi del giusto processo come
riformulati nel nuovo testo dell’art. 111 Cost., per garantire il principio
della parità delle armi processuali nonchè l’effettività del diritto di
difesa”. Sennonchè l’applicazione di tale principio, che è valido in
astratto, è irrilevante per il caso qui controverso, perchè il Contribuente,
sottraendosi all’osservanza dell’onere di autosufficienza del ricorso per
cassazione, non ha riferito, riproducendo testualmente quelle parti degli
atti processuali che siano da lui ritenute rilevanti, quali siano e in che
cosa consistano quegli altri elementi probatori che sarebbero stati forniti
dal ricorrente e che, se fossero stati comparati con quelli esaminati dalla
CTR, avrebbero potuto condurre ad una soluzione per lui diversa e più
favorevole. Da un lato, perciò, la censura è inammissibile per mancanza di
autosufficienza e, dall’altro lato e conseguentemente, essa inammissibile
per mancanza di specificità, in quanto le considerazione svolte sono tanto
generiche da poter esser riferite a qualsiasi controversia, ma non a quella,
unica, di cui si discute nella presente causa.
11.2.3. Alla domanda “se i Giudici di appello non abbiano omesso di
rilevare come l’accertamento avesse posto i medesimi elementi indiziarii
(contestati e, quindi, non fatti noti e pacifici) alla base di una serie di
presunzioni a cascata, al fine di dimostrare prima che il C. fosse
domiciliato in Italia, poi per attribuirgli la titolarità di rapporti
giuridici in Italia e poi nella determinazione di un reddito stellare
contestatogli, in violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.”, si deve dare
risposta negativa. Infatti, il ragionamento condotto dalla CTR,
qui
riprodotto nel p.3.g), enuncia con chiarezza che soltanto il domicilio in
Italia è stato accertato per presunzioni, mentre il reddito imponibile è
stato accertato per prove dirette. Per la contestazione di una siffatta
impostazione sotto il profilo dell’ipotizzato uso plurimo di presunzioni per
la prova del medesimo fatto, occorrerebbe dimostrare, per l’appunto, che il
medesimo fatto sia stato accertato dal giudice d’appello, ricorrendo più
volte, e in serie, a presunzioni diverse. Sennonchè è lo stesso ricorrente a
muovere dal presupposto, la cui fallacia non è rilevante per il ragionamento
che si sta conducendo, che la CTR avrebbe fatto, sì, ricorso a presunzioni,
ma per accertare i tre fatti diversi costituiti dal domicilio, dalla
titolarità di dati rapporti giuridici e dalla materiale percezione del
reddito. Ammesso che le cose stiano così - e non stanno così perchè solo il
primo fatto è stato accertato dalla CTR per presunzione e gli ultimi due
fatti sono stati accertati per prova diretta -, ciascuno dei tre fatti
sarebbe stato provato, nel ragionamento del ricorrente, ricorrendo a
presunzioni autonome e diverse, le quali, pertanto, non sarebbero affatto
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collocate in serie per la prova del medesimo fatto.
In conclusione, la subcensura si manifesta
priva
di
qualsiasi
fondamento.
11.2.4. Alla domanda subordinata che sia concessa “la possibilità al
ricorrente di difendersi, utilizzando la prova testimoniale richiesta e
negata dal Giudice di appello e, quindi, di ritenere rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del
divieto posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, per violazione
degli artt. 3, 24 e 111 Cost.”, si deve dare risposta negativa per la
manifesta infondatezza della questione. Infatti, essa è già stata esaminata
dalla Corte costituzionale nella sentenza 21 gennaio 2000, n, 18, e da essa
dichiarata infondata. Nè le ragioni addotte dal ricorrente prospettano
profili nuovi rispetto a quelli allora esaminati, salvo che per l’art. 111
Cost., a proposito del quale il ricorrente si esprime in termini tanto
generici da non convincere intorno alla non manifesta infondatezza della
questione.
11.2.5. Resta da esaminare la censura, di cui s’è riferito nel 11.1.2.3,
la quale ha per oggetto quella parte della sentenza d’appello che s’è qui
testualmente riprodotta all’inizio del p.3.g). Il ricorrente lamenta che la
CTR abbia ritenuto incompleti i riferimenti bibliografici effettuati in
occasione dall’esposizione, in sede di appello, della
teoria
della
presunzione e che sia stato erroneamente richiamato l’art. 112 disp. att.
c.p.c., comma 3, per giustificare la mancata motivazione del giudizio di
incompletezza. In ogni caso il ricorrente ribadisce la sua opinione secondo
la quale sarebbe prevalente l’orientamento dottrinale rappresentato nella
bibliografia da lui citata.
La censura è inammissibile, perchè, a parte l’inosservanza del principio
di autosufficienza del ricorso per cassazione e l’irrilevanza
della
questione per la risoluzione della presente controversia, essa mira ad
ottenere dalla Corte e, per suo tramite, dal giudice d’appello, la
risoluzione, in sede giurisdizionale, di una discussione sulla prevalenza
degli orientamenti dottrinali in tema di presunzione. Si tratta
di
un’attività propria della scienza giuridica, che trova la sua sede tipica
nella relativa letteratura e che è, invece, implicitamente preclusa al
giudice dal R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 118, comma 3, contenente le
"Disposizioni per l’attuazione del Codice di procedura civile e disposizioni
transitorie", per il quale nella motivazione della sentenza “In ogni caso
deve essere omessa ogni citazione di autori giuridici”. Non che il giudice
possa ignorare che tra i formanti del diritto opera, con la forza che riesce
ad esprimere con la sua
capacità
dimostrativa
nell’interpretazione
normativa, anche la dottrina giuridica, ma egli deve utilizzare i suoi
contributi in quei termini concettuali e sostanziali che siano strettamente
strumentali rispetto alla risoluzione del caso controverso, restandogli
precluso l’esame di tutte le questioni che, come quella qui prospettata,
potrebbero essere risolte solo nella forma necessaria della documentazione
bibliografica.
11.2.6. In conclusione, anche il sesto motivo dev’essere rigettato.
12. Il settimo motivo d’impugnazione.
12.1.1. Il settimo motivo d’impugnazione è introdotto dalla seguente
rubrica: “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia. Illegittima imputazione al C. di rapporti
giuridici in Italia e illegittima ricostruzione del presunto reddito
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al
r i c or r e n t e 6 .
; i
de s c r i - o no,
p oi , l e p r o - e c h e i l 5 o n t r i b u e n t e a - r e bb e a d do t t o pe r c o nt r a s t a r e l a t e s i
de i - e r i f i c a t o r i , c o nc l u d e n d o n e l s e ns o c h e 9 l / C f f i c i o e i l
@ i ud i c e di
me r i t o, p e r t a n t o , i g no r a n o c o mp l e t a me n t e c h e gl i s po ns o r a - e - a n o s t i p u l a t o
c ont r a t t i d i s p o n s o r i ( ( a ( i o n e c on l a 2 ob i n, c he l a s t e s s a a - e - a f a t t ur a t o i
c omp e n s i
i nc a s s a t i
e d a - e - a f a t t u r a t o r e go l a r me nt e l e op e r a ( i on i
di
p ub b l i c i t : 6 . * e r a g i o n i d e l 5 o n t r i b u e n t e s a r e bb e r o s t a t e r i c on o s c i u t e da una
s e nt e n( a d e l l a 5 D P d i 2 a - e n n a p a s s a t a i n gi u d i c a t o e d a l l o s t e s s o ) i r e t t or e
de l l / C f f i c i o d i Fa e n ( a , c he a - e - a f i r ma t o l / a c c e r t a me nt o, i n u na n ot a de l
20 02 non p r o d o t t a i n g i u d i ( i o d a l l / C f f i c i o . * a 5 D 2
si
s a r e bb e s os t i t ui t a
a l l / C f f i c i o e a - r e b b e a p od i t t i c a me n t e s t a t u i t o c h e l a s o c i e t : a - r e bb e s - o l t o
l a f un ( i on e d i
s c he r mo a c op e r t ur a d e l
5 o nt r i b ue n t e ,
f or n e n d o
9 un a
a r b i t r a r i a e a p o d i t t i c a i n t e r p r e t a ( i o ne d e l l / a c c o r do p os t o i n e s s e r e t r a i l
5 . e l a ; o c i e t : o l a n de s e . . . , s e n( a n e mme n o e s a mi na r e i l
c o n t r a t t o p r o do t t o
i n g i u di ( i o d a l l o s t e s s o r i c o r r e n t e e no n c o n t e s t a t o,
nE
d i s c on o s c i ut o
da l l / C f f i c i o 6 . ; e c o n d o i l r i c o r r e n t e , i n b a s e a t a l e c ont r a t t o 9 c h i
i nc a s s a
i l c o r r i s p e t t i - o d e l l e s p o n s o r i ( ( a ( i o ni E l a 2 ob i n , c h i
e me t t e l e f a t t ur e
a l l e s oc i e t : s p o n s o r E
l a 2 ob i n6 0
i no l t r e ,
9 n e s s un a c a r i c a s oc i e t a r i a
r i - e s t i - a i l 5 . i n t a l e s o c i e t : e n e s s un r a p p o r t o di
l a - or o di p e nd e n t e l o
l e ga - a a t a l e s oc i e t :
ol a nde s e . . .
il
5 .
pe r c e pi - a
da l l a
; oc i e t :
* i c e n( i a t a r i a 3 2 ob i n 4 l a ma g g i o r e d e l l e s o mme t r a 20 0. 0 00 C ; )
e il
30%
3 e s c l us a 8 ' B e / o 7 u a l s i - o g l i a a l t r a t a s s a e o ne r e a p p l i c a b i l e 4
de l l a s o mma
de l l e r oF a l t i e s l o r d e e d e i p a g a me nt i d i r e t t a me n t e e i n d i r e t t a me n t e r i c e - ut i
da l * i c e n( i a t a r i o 3 2 ob i n 4 i n r e l a ( i o n e a d og n i l i c e n ( a o s ub l i c e n( a o d a l l a
ge s t i o ne de i ) i r i t t i 6 .
; e g u e l a d e s c r i ( i o ne d e l
c on t e nu t o di
nu me r os i
a r t i c ol i de l c o n t r a t t o e s i
c on c l ud e a f f e r ma n do c h e 9 s ul l a b a s e d e l l a
do c ume nt a ( i o n e p r o d o t t a d a l 5 . , ma no n e s a mi n a t a d a l @ i ud i c e di a p p e l l o , no n
p ot e - a c he r i s u l t a r e e - i d e n t e l / i n f o n da t e ( ( a , o l t r e c h e l / i l l e g i t t i mi t :
gi :
e c c e p i t a , d e l l a r i c o s t r u ( i o n e d e i p r e s un t i c omp e n s i
c on t e s t a t i
al
Pi l o t a .
G o n s o l o , ma c o n s i d e r a t o c h e l o s t e s s o C f f i c i o f i s c a l e r i t e ne - a de t e r mi n a nt e
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p e r l a s ol u ( i o n e d e l l a c o n t r o - e r s i a l a p r od u( i o ne de l
c o nt r a t t o . . . ,
il
@ i ud i c e di a p p e l l o a - r e b b e d o - u t o p r e n de r e i n c o ns i d e r a ( i o n e t a l e d o c ume nt o
p r od ot t o da l r i c o r r e nt e o , a - - a l e nd os i d e i p ot e r i i s t r ut t or i l o r o c on f e r i t i
da l ) . * gs . n . 5 4 6 d e l 1 9 9 2 , a r t . 7, a - r e b b e d o- u t o o r di na r e l / a c 7 ui s i ( i one
de l c o nt r a t t o s t e s s o p r e s s o l a s e d e d e l l a ; oc i e t : ol a nd e s e 6 .
; i c on t e s t a , p o i , l / a f f e r ma ( i o ne d e l l a 5 D 2 , s e c on d o l a 7 ua l e gl i
uf f i c i
a - r e b b e r o e s a mi n a t o c o n t r a t t i , f a t t ur e ,
b o ni f i c i
e a c c r e d i t a me n t i .
9 D al i
a s s ur de i l l a ( i o n i s o no s t a t e s me n t i t e . . . da l c h i a r o di s p os t o d e l l a s e n t e n( a
de l l a 5 D P d i 2 a - e n n a . . . 6 .
B c o nc l u s i o n e d e l s e t t i mo mo t i - o d / i mp u gn a ( i o ne i l
r i c o r r e n t e c h i e de
a l l a 5 or t e :
a 4 9 s e n o n - i s i a n e c e s s i t : d i c a s s a r e l a s e nt e n ( a i mp ug na t a ,
c on l a
7 u a l e E s t a t a r i t e n u t a c o r r e t t a e p r o- a t a l a de t e r mi n a ( i o ne d e l
p r e s u nt o
r e ddi t o c on t e s t a t o a l 5 . , a t t r a - e r s o l / i mp ut a ( i on e a l l o s t e s s o d e i
r a ppor t i
gi ur i d i c i
f a c e nt i
c a p o a d a l t r o s og g e t t o,
r i t e nu t o i n t e r p os t o
s e n( a
a p p or t a r e a l c u n e l e me n t o p r ob a t o r i o i n t a l s e n s o e d a n ( i
i n c o nt r a s t o c on
l / a c c e r t a me n t o d i
f a t t o s ul
p u n t o,
c ont e nu t o i n s e n t e n( a p a s s a t a i n
gi ud i c a t o i n ma t e r i a d i 8 ' B p e r l o s t e s s o a n no d / i mp o s t a 3 c on - i ol a ( i one
de gl i a r t t . 2 7 2 7 e 2 7 2 9 c . c . , a r t . 29 09 c . c . 4 6 0
b 4 9 s e n o n c o s t i t u i s c a n ul l i t : de l l a s e nt e n ( a l / a - e r ome s s o di e s a mi n a r e
l a doc ume nt a ( i o n e p r ob a t o r i a p r od ot t a d a l
r i c o r r e nt e s ul
p u nt o e l / a - e r
ome s s o di
es er ci t ar e i
pot e r i
i s t r u t t or i
p e r a c 7 ui s i r e d oc ume n t a ( i one
da l l / H l a nd a , a l f i n e d i a c c e r t a r e l / e s t r a n e i t : de l 5 . a l l a c omp a gi n e s oc i a l e
de l l a ; o c i e t : o l a n d e s e c h e l o g e s t i - a ,
c ui
a n d a - a n o i mp u t a t i
i
c o mp e n s i
p e r c e p i t i d a l D e a m e d a g l i s p o n s o r s 3 c o n - i o l a ( i o ne de l ) . * g s .
n.
54 6 de l
19 9 2, a r t t . 7, 3 6 e 5 8 , e a r t . 11 2 c . p . c . 4 6 0
c 4 9 s e l a s e n t e n ( a i mp u g na t a no n - a d a c a s s a t a p e r c hE , n on t e n e n d o c ont o
de l c o nt r a t t o p r o d o t t o i n g i u d i ( i o d a l r i c or r e n t e t r a l a 2 ob i n 2 e db r r e a s t
< n t e r p r i s e s = . ' . e i l 5 . , l a c u i c o n f o r mi t : a l l / or i g i na l e n o n E
ma i
s t at a
di s c onos c i u t a d a l l / B g e n ( i a d e l l e < nt r a t e a i s e n s i
de gl i
ar t t .
2 14 e 215
c . p. c . ,
e d a bbi a 7 ui ndi
a c 7 ui s i t o
la
s t es s a
ef f i caci a
p r ob a t or i a
de l l / or i gi n a l e . . . , a b b i a - i o l a t o i l
p r i n c i p i o d e l l / a u t on o mi a c o n t r a t t u a l e
de l l e p a r t i , a r t t . 1 3 2 2, 1 3 6 2 e 1 38 1 c . c . ,
ed i l
pr i nc i pi o di
ef f et t i - a
c a pa c i t : c ont r i but i - a e x a r t .
53 5 os t . ,
n on c hE
a b b i a de t e r mi na t o una
- i ol a ( i one e f a l s a a pp l i c a ( i o n e d e l l / a r t . 22 22 c . c . , e de l ) . P. 2 . n . 9 1 7 de l
19 8 6, a r t t . 1 , 4 9 e 5 0 , - i o l a ( i on e de t e r mi na t a a n c h e da l l a a s s e n( a d i
p r o- a
de l l a ma t e r i a l e p e r c e ( i o n e d e i
c o mp e n s i
c o nt e s t a t i ,
n on o s t a n t e
gl i
a c c e r t a me nt i b a n c a r i e f f e t t u a t i 6 0
d 4 9 s e n o n - i o l i i l ) . P. 2 .
n.
9 17 d e l
19 8 6,
ar t .
50,
l a s e nt e n( a
i mp ugn a t a n e l l a p a r t e f i n a l e i n c ui r i t i e n e d i
n on p ot e r s i
f a r l uo g o a d
a l c un c on c o r s o d i s p e s e , i n d i f e t t o d i 7 u a l s i a s i doc ume n t a ( i o ne a l r i g ua r do.
8 nf a t t i , i l r i c or r e nt e c hi e de - a , s i n da l
p r i mo gr a do ,
i n - i a me r a me nt e
s ub or d i n a t a e n e l l a de n e g a t a i p o t e s i i l @ i u di c e a - e s s e r i t e nu t o r e d di t o di
l a - or o a ut o n o mo d a a s s o g g e t t a r e a d i mp os i ( i o n e i n 8 t a l i a 7 u e l l o c on t e s t a t o ,
gl i - e ni s s e 7 u a n t o me n o r i c o no s c i u t o un c on c or s o di
s pe s e ,
c a l c ol a t o
f o r f e t t a r i a me n t e , s u i p r e s u n t i c omp e ns i i mp ut a t i gl i 6 .
1 2. 2. * e 7 u e s t i o n i s ol l e - a t e s on o e s a mi n a t e n e l l o s t e s s o or d i n e c o n c ui
i l r i c or r e n t e l e h a p r o s p e t t a t e ne l l e s u e c o nc l us i o ni ,
7 ui
t e s t u a l me nt e
r i p r o dot t e n e l 1 1 . 2 . 3. * a s e c o n da d i
es s e,
i n ol t r e ,
p on e un a 7 u e s t i one
i de nt i c a a 7 u e l l a s o l l e - a t a c o n i l s e c on d o mo t i - o d/ i mp ug na ( i on e , c h e - i e ne ,
p e r c i > , e s a mi n a t a c o ng i u n t a me n t e n e l 1 2. 2 . 2 , c ome c i
si
er a r i s er - at i
di
f a r e ne l 7. 2.
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12.2.1. Alla domanda “se non vi sia necessità di cassare la sentenza
impugnata, con la quale è stata ritenuta
corretta
e
provata
la
determinazione del presunto
reddito
contestato
al
C.,
attraverso
l’imputazione allo stesso dei rapporti giuridici facenti capo ad altro
soggetto, ritenuto interposto senza apportare alcun elemento probatorio in
tal senso ed anzi in contrasto con l’accertamento di fatto sul punto,
contenuto in sentenza passata in giudicato in materia di IVA per lo stesso
anno d’imposta (con violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., art. 2909
c.c.)”, si deve dare risposta negativa, perchè non risulta depositata alcuna
sentenza munita della clausola del suo passaggio in giudicato, la cui
efficacia possa essere estesa alla presente controversia.
12.2.2. Alla domanda “se non costituisca nullità della sentenza l’aver
omesso di esaminare la documentazione probatoria prodotta dal ricorrente sul
punto e l’aver omesso di esercitare i poteri istruttori per acquisire
documentazione dall’Olanda, al fine di accertare l’estraneità del C. alla
compagine sociale della Società olandese che lo gestiva, cui andavano
imputati i compensi percepiti dal Team e dagli sponsors (con violazione del
D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7, 36 e 58, e art. 112 c.p.c.)”, si deve dare
risposta negativa. Infatti, nonostante la CTR nell’incipit della motivazione
della sua sentenza affermi che il suo esame si è limitato “allo stato della
sola documentazione offerta in primo grado ed integrata con l’acquisizione
officiosa di copia del p.v.c.” (ultima riga della pagina 3 e prima riga
della pagina 4 della sentenza impugnata inserite nel più ampio contesto qui
testualmente riprodotto nel p.3.a)), nel corso della restante parte della
lunga motivazione (pagine 4 - 14 della sentenza d’appello) si ha modo di
constatare, come può dedursi dalle parti che se ne sono riprodotte nel p.3
(una serie delle dichiarazioni sostitutive (p.3.e); il contratto con la
R.R.E. (p.3.e); il riferimento alla mancanza di qualsiasi documentazione in
tema di concorso di spese (p.3.h)), che la CTR ha tenuto conto sia dei
documenti prodotti dal Contribuente in appello sia del contratto da lui
esibito. Con il che si ritiene infondato anche il
secondo
motivo
d’impugnazione.
12.2.3. Risposta negativa si deve dare anche alla domanda “se la
sentenza impugnata non vada cassata perchè, non tenendo conto del contratto
prodotto in giudizio dal ricorrente tra la Robin Redbrreast Enterprises B.Y.
e il C., la cui conformità all’originale non è mai stata disconosciuta
dall’Agenzia delle Entrate ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c., ed abbia
quindi acquisito la stessa efficacia probatoria dell’originale..., abbia
violato il principio dell’autonomia contrattuale delle parti, artt. 1322,
1362 e 1381 c.c., ed il principio di effettiva capacità contributiva ex art.
53 Cost., nonchè abbia determinato una violazione e falsa applicazione
dell’art. 2222 c.c., e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 1, 49 e 50,
violazione determinata anche dalla assenza di prova della
materiale
percezione dei compensi contestati, nonostante gli accertamenti bancari
effettuati”. Infatti, vale anche per questa questione, anzitutto, la
constatazione, appena esposta nel precedente, che la CTR ha tenuto conto del
contratto stipulato dal Contribuente con la società olandese, onde la
lagnanza è priva di fondamento. Inoltre, l’affermazione del Contribuente
secondo cui mancherebbe la prova della materiale percezione dei compensi
contestati contrasta immotivatamente
con
le
diffuse
argomentazioni
attraverso le quali la CTR ha accertato i fatti di causa, ha acquisito i
mezzi di prova e li ha valutati, come si può ancora una volta verificare
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ripercorrendo le parti della sentenza d’appello che si sono ampiamente
riprodotte nel 3. Valgono anche a questo proposito le considerazioni già
svolte sulla natura della certezza e sui modi attraverso i quali essa può
essere conseguita secondo la normazione che la regola sul piano sostanziale
e sul piano processuale.
12.2.4. La domanda “se non violi il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50, la
sentenza impugnata nella parte finale in cui ritiene di non potersi far
luogo ad alcun concorso di spese, in difetto di qualsiasi documentazione al
riguardo. Infatti, il ricorrente chiedeva, sin dal primo grado, in via
meramente subordinata e nella denegata ipotesi il Giudice avesse ritenuto
reddito di lavoro autonomo da assoggettare ad imposizione in Italia quello
contestato, gli venisse quanto meno riconosciuto un concorso di spese,
calcolato forfettariamente,
sui
presunti
compensi
imputatigli”,
è
inammissibile, perchè essa è proposta in
violazione
dell’onere
di
autosufficienza
del
ricorso
per
cassazione.
Infatti,
a
fronte
dell’affermazione della CTR, secondo la quale manca qualsiasi documentazione
idonea a dimostrare la fondatezza della pretesa del Contribuente, questi si
limita a reiterare la sua domanda, senza riferire se, in quali atti e m
quali termini egli abbia avanzato la sua pretesa e quali siano le prove
addotte per sostenerla.
13. L’ottavo motivo d’impugnazione.
13.1.1. L’ottavo motivo d’impugnazione è presentato sotto la seguente
rubrica: “Insufficiente motivazione circa
un
punto
decisivo
della
controversia. Violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art. 112 c.p.c.,
(art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472
del 1997, artt. 5, 12 e 17, (art. 360 c.p.c., n. 3)”.
13.1.2. Con l’ottavo motivo d’impugnazione si censura quel capo della
sentenza d’appello, che s’è qui testualmente riprodotto nel p.3.c).
11 ricorrente osserva che i “rilievi difensivi del ricorrente, in ordine
al
profilo
sanzionatorio
costituivano
solo
un
approfondimento
dell’illegittimità dell’intero atto di accertamento impugnato dal C..
Veniva, infatti, evidenziato anche il difetto di motivazione dell’atto di
accertamento, con violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 17, comma 1,
che specificamente stabilisce che: "l’avviso di irrogazione sanzioni è
motivato a pena di nullità". Ebbene nella parte motiva degli atti Erariali
nulla era detto in ordine all’elemento soggettivo del C. come previsto dal
D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5. Nel nuovo regime delle sanzioni tributarie
non penali, la responsabilità
è
rigorosamente
condizionata,
oltre
all’imputabilità dell’agente, alla provata dolosità o colposità del suo
comportamento; ove manchi l’elemento psicologico, divenuto essenziale alla
fattispecie sanzionatoria, l’illecito non sussiste e non è naturalmente in
alcun modo punibile la mera condotta materiale; Del
pari
non
si
comprendevano le ragioni della non completa applicazione dell’art. 12,
stesso decreto, che permette l’applicazione di una sanzione unitaria anche
nel caso di più periodi d’imposta e di tributi diversi”.
13.2. Il motivo è inammissibile, perchè esso è formulato senza che sia
rispettato l’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione. Infatti,
poichè la CTR ha accertato l’inammissibilità del motivo d’impugnazione, in
sede di appello, relativo alle sanzioni, per la tardi vita della sua
proposizione soltanto con la memoria, e poichè il ricorrente per cassazione
sostiene, invece, che le considerazione svolte nella memoria avrebbero
costituito soltanto l’approfondimento di una censura proposta con l’atto di
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appello, egli avrebbe dovuto riprodurre testualmente, nel suo ricorso in
questa sede, sia quelle parti dell’atto di appello che sarebbero state
riferite alla censura sulle sanzioni sia quelle parti della memoria che
sarebbero state dedicate al medesimo tema. Solo così questa Corte, che non
può accedere direttamente agli atti di causa, sarebbe stata posta in
condizione di verificare r(in)fondatezza della censura proposta con l’ottavo
motivo d’impugnazione.
14. Conclusioni.
14.1. Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.
14.2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura
indicata nel dispositivo.
P.Q.M. - La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese: processuali relative al giudizio di cassazione per
Euro 25.100,00 (venticinquemila e
cento),
di
cui
Euro
25.000,00
(venticinquemila) per onorari, oltre al contributo unificato e
agli
accessori di legge.
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