Endoscopista/anestesista: quale professionalità per gestire la

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Endoscopista/anestesista: quale professionalità per gestire la
The use of sedation in endoscopy
is becoming increasingly popular
to meet the growing complexity of
operating procedures, although not
yet codified the type of sedation to
be applied endoscopic investigation.
Sedation should always be set
in relation to the type of the
investigation, patient’s anxiety and
possible comorbidity of the same. Our
experience suggests that the presence
of anesthesiologist in the endoscopic
room is essential in customizing the
patient for endoscopic sedation.
Parole chiave: endoscopia digestiva,
sedazione, analgesia, propofol
Key words: gastrointestinal endoscopy,
sedation, analgesia, propofol
IF
Stefania Marangi
Giuseppe A. Pirozzi
Gianluca Spera
Emanuele Annoscia
- Maddalena Vurchio
- Marco Rossi
Marcello Ingrosso
Unità Operativa
di Endoscopia Digestiva
Dipartimento di Oncologia
- Dipartimento di Anestesia
Rianimazione e Terapia del dolore
Università Cattolica Sacro Cuore
di Campobasso
Introduzione
Negli ultimi decenni, l’endoscopia gastrointestinale è
diventata una delle procedure invasive più comunemente utilizzate nella pratica clinica. L’utilizzo della
sedazione nelle indagini endoscopiche si sta sempre
più diffondendo per rispondere al maggior grado di
complessità delle procedure operative. Gli obiettivi della sedazione in endoscopia sono, secondo le
principali linee guida, la riduzione e/o abolizione del
disagio del paziente e la garanzia della sicurezza in
relazione alla protezione analgesica e alla qualità della procedura (1). Le variabili che giocano un ruolo
importante nella compliance del paziente all’esame
endoscopico sono legate sia alle circostanze clinico/
anatomiche, che alla diversa percezione del dolore
da parte del paziente stesso (per diversità etnicoculturali nel modo di porsi nei confronti del dolore,
per diverso atteggiamento mentale nel caso in cui
l’esame sia praticato per screening, per la presenza
di una sintomatologia specifica o per una patologia
nota). Molte delle indagini endoscopiche richiedono
una sedazione, che la maggior parte delle volte viene
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L’utilizzo della sedazione in
endoscopia sta diventando sempre
più diffuso per rispondere alla
crescente complessità delle procedure
operative, seppure non sia ancora
codificato il tipo di sedazione da
applicare alle indagini endoscopiche.
La sedazione andrebbe sempre
impostata in relazione alla tipologia
dell’indagine, allo stato d’ansia del
paziente, alle eventuali comorbidità
dello stesso. La nostra esperienza
suggerisce che la presenza
dell’anestesista nell’équipe di
endoscopia è fondamentale nella
personalizzazione della sedazione
endoscopica paziente per paziente.
Iniziative Formative
> Comunicazione e management
Endoscopista/anestesista:
quale professionalità
per gestire la sedazione.
Aspetti clinici e organizzativi
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> Comunicazione e management
Stefania Marangi et al > Quale professionalità per gestire la sedazione
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somministrata dall’endoscopista stesso. Il livello di sedazione utilizzato in endoscopia può essere minimo, moderato o profondo sino all’anestesia generale. La sedazione
minima e moderata è quella più frequentemente adottata, anche perché può essere utilizzata con un margine di
sicurezza ampio da medici non anestesisti, prevede un
paziente cosciente e viene ottenuta attraverso benzodiazepine (BDZ) e/o oppiacei a basse dosi, che determinano
amnesia e ansiolisi e, in molti casi, una sedazione sicura
ed efficace, con il mantenimento della pervietà delle vie
aeree, della ventilazione spontanea, della stabilità della
funzione cardiovascolare del paziente e una congrua risposta a comandi verbali e tattili. In tale situazione è possibile mantenere una certa comunicazione tra paziente e
medico; il paziente, infatti, risponde ad ordini semplici e
può pertanto essere attivo durante la procedura endoscopica pur mantenendo uno stato di tranquillità e di rilassatezza. Tale tipo di sedazione, talvolta, presenta tempi
di induzione lenti, non adeguata copertura analgesica, e
l’insorgenza di effetti collaterali, quali nausea, vomito, effetti
cardiocircolatori, nonchè il prolungamento dei tempi di sedazione, tuttavia, ha il vantaggio di essere antagonizzabile.
La sedazione profonda prevede, invece, la depressione
della coscienza con il mantenimento dei riflessi, benchè
talvolta, pur con parametri emodinamici validi, non si riesca a mantenere il respiro spontaneo. Tale tipo di sedazione viene praticata con l’utilizzo di farmaci ipnotici, come
il propofol, o con l’uso combinato di benzodiazepine
e propofol, o di benzodiazepine ed oppiacei a dosaggi
maggiori, come nell’anestesia generale, per cui richiede
lo stesso tipo di monitoraggio e di personale (2-3). In
generale, la scelta del tipo di sedazione viene posta dopo un’attenta valutazione del rischio clinico del paziente,
del suo stato d’ansia, del peso corporeo, delle eventuali
terapie farmacologiche in atto, eventuali allergie o uso/
abuso di sostanze voluttuarie e del tipo di procedura,
diagnostica o operativa, da condurre.
A livello internazionale è tuttora aperta la diatriba sulla sicurezza della sedazione profonda in endoscopia da parte
di medici non anestesisti o personale qualificato paramedico. Negli Stati Uniti, si sta diffondendo la prassi di fornire
un training agli specializzandi in endoscopia sulla gestione
della sedazione profonda e sulle tecniche rianimatorie e
di utilizzare la sedazione profonda da parte di tecnici di
anestesia. Nel 2004, l’AGA (American Gastroenterology
Association), l’ACG (American College of Gastroenterology) e l’ASGE (American Society of Gastrointestinal Endoscopy) hanno stabilito che il personale infermieristico
qualificato e addestrato, supervisionato da un medico,
può somministrare il propofol durante le procedure endoscopiche. Sebbene nello stesso anno, l’American Society of Anesthesiologists (ASA) e l’FDA (Food and Drug
Administration) abbiano raccomandato che il propofol
per la sedazione moderata/profonda andrebbe sommini-
strato da personale esperto nell’anestesia generale (4-5).
Le raccomandazioni delle società italiane di endoscopia
e anestesia (SIED e SIAARTI) del 2006 stabiliscono che
la sedazione è raccomandata (Raccomandazione B) per
eseguire ERCP, pancoloscopie diagnostiche, endoscopie pediatriche, endoscopie operative, ecoendoscopia,
procedure in urgenza o in tutti i pazienti ansiosi o che la
richiedono. Presenta un livello C di raccomandazione per
cui non è indispensabile per l’EGDS diagnostica (1).
In Italia la gestione della sedazione cosciente, associata o
meno all’analgesia, viene generalmente effettuata direttamente dagli endoscopisti, mentre la sedazione profonda
viene gestita dagli anestesisti. In caso di pazienti complessi, come soggetti non collaboranti, pazienti pediatrici, persone molto anziane, grandi obesi, donne in gravidanza o
soggetti affetti da gravi patologie (cardiovascolari, respiratorie, epatorenali, neurologiche, endocrino-metaboliche) è
buona pratica clinica che la gestione della sedazione
venga affidata allo specialista anestesista.
Farmaci
Il miglior farmaco sedativo/analgesico non esiste a
tutt’oggi e comunque non è stata individuata una tipologia standard di sedazione per l’endoscopia, in quanto
la scelta della stessa è funzionale all’inquadramento di
ciascun paziente e dell’indagine da eseguire.
Benzodiazepine
Il midazolam è la benzodiazepina (BDZ) che più frequentemente si utilizza per la sedazione endoscopica.
Possiede però una latenza d’azione piuttosto lunga, che
potrebbe determinare un livello di sedazione non adeguato nel momento in cui viene iniziata la procedura.
La dose sedativa abituale è di circa 0.05-0.07 mg/kg in
bolo endovenoso titolando la dose sull’effetto ottenuto.
Inoltre, in considerazione dell’emivita di eliminazione (90150 min), il paziente non presenta in genere un rapido e
completo recupero della coscienza al termine dell’esame
endoscopico, per cui qualche volta può essere richiesto
il ricorso all’antagonista specifico, il flumazenil.
L’utilizzo combinato di BDZ ed oppiacei è quello più diffuso. In caso di associazione, viene consigliata la somministrazione dell’oppioide per primo a dosaggio ridotto, come
pure va ridotta la dose di BDZ.
Oppiacei
La meperidina, oppiaceo di sintesi, esercita gli stessi effetti analgesici, emetici e depressivi respiratori della
morfina, ma è più liposolubile. Viene somministrato diluito e lentamente per via endovenosa a dosaggi compresi tra 0.5 a 1 mg/kg. Ha un’emivita di eliminazione
di 60-90 min. e una durata d’azione di circa 45 min.
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Propofol
Negli ultimi anni, si è sempre più diffuso l’utilizzo del
propofol, che determina una migliore tollerabilità della
procedura endoscopica e un minor tempo di recupero
(con ripristino rapido delle funzioni intellettive e coordinamento psimotorio) e con tassi inferiori di complicanze
rispetto alla sedazione con BDZ/oppiacei (3), anche se
tale composto non è antagonizzabile.
Il propofol è un agente ipnotico somministrato per via
endovenosa in infusione continua con apposite pompe
infusionali o in boli refratti, a rapido onset (30 secondi), a
breve emivita (2-4 minuti), breve durata d’azione (che
non supera i 10 minuti dal primo bolo), buon profilo
di sicurezza, proprietà antiemetiche, con buon effetto amnesico. In scheda tecnica è riportato che deve
essere somministrato solamente negli ospedali o nelle
unità di terapia diurna adeguatamente equipaggiate,
da medici specializzati in anestesia o nella cura dei
pazienti in terapia intensiva. È necessario monitora-
re costantemente le funzioni circolatorie e respiratorie
(per es. ECG, ossimetria da polso) e devono essere
prontamente disponibili in ogni momento i mezzi per
il mantenimento della pervietà delle vie aeree del paziente, per la ventilazione artificiale e altri mezzi di rianimazione. La dose di emulsione del Propofol 10 mg/
ml deve essere basata individualmente sulla risposta
del paziente. In pazienti adulti di età inferiore ai 55 anni, in buone condizioni generali, si somministrano generalmente da 1,5 a 2,5 mg di propofol/kg. In pazienti
di età superiore ai 55 anni e in quelli appartenenti alle
classi III e IV della classificazione ASA (American Society of Anaesthesiologists), specialmente quelli con
disfunzione cardiaca, il fabbisogno sarà generalmente inferiore. Molti studi prospettici e ampi trials clinici
hanno dimostrato che il propofol è molto più efficace
e sicuro della somministrazione di midazolam e meperidina durante le procedure endoscopiche, offrendo
il vantaggio anche di una migliore titolazione del farmaco, di modulazione del livello di sedazione e di brevi tempi di recupero (8-9). Recentemente (Dicembre
2009), l’AGA, l’ACG, l’ASGE e AASLD, le quattro più
importanti società americane di gastroenterologia, si
sono riunite per formare la cosiddetta “Sedation Task
Force” al fine sviluppare un documento per regolamentare l’utilizzo del propofol da parte di personale non
anestesista. Hanno concluso che il propofol è comparabile in efficacia e profilo di sicurezza alla sedazione
standard con BDZ e oppioidi, che può essere somministrato anche da non anestesisti a patto che sia personale adeguatamente educato e formato e che si effettui
una adeguata selezione dei pazienti (10-15).
Aspetti clinici ed organizzativi
Le società di endoscopia e anestesia americane, europee e italiane, consigliano di eseguire una valutazione
complessiva del paziente per stabilire se possa essere
sottoposto a sedazione/analgesia per indagini diagnostiche e/o terapeutiche invasive, con lo scopo di ridurre
al minimo l’incidenza di effetti avversi, quali ipossiemia e
abolire la mortalità legata alla sedazione. Per tale motivo,
il personale deve essere adeguatamente formato ed addestrato, affinché possa eseguire un’attenta anamnesi
tesa ad indagare la funzionalità dei principali organi ed
apparati, l’esposizione a precedenti anestesie o analgesie con eventuali effetti collaterali, l’eventuali allergie
(sedativi, anestetici, soia, uova), l’utilizzo di terapie farmacologiche e la tollerabilità della posizione supina durante il sonno (per eventuali sindromi da apnea notturna),
eventuale uso o abuso di sostanze voluttuarie, possa
valutare l’obiettività delle prime vie aeree, procedere alla
rilevazione basale di frequenza cardiaca, pressione arte-
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Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono
l’ipotensione ortostatica e le allucinazioni. È antagonizzabile dal naloxone.
Il fentanyl è il farmaco più utilizzato per l’induzione
dell’analgesia, anche da personale non specialista.
Possiede effetto analgesico 50 volte più potente della
morfina, buon profilo di manegevolezza e buona tollerabilità da parte il paziente, pur conservando, seppure con minore frequenza gli stessi effetti collaterali
dei farmaci della classe. La dose analgesico-ipnotica
è circa 0.1 mg/kg da somministrare in bolo lento. Ha
un'emitiva di circa 45 minuti.
Il remifantil, oppiaceo di sintesi di ultima generazione,
possiede un potente effetto analgesico, con onset di
5-8 min, breve emivita (5-10 min), breve emivita di eliminazione (secondaria al metabolismo plasmatico da
parte delle esterasi), e viene somministrato in infusione
ev continua, dopo diluizione, a dosaggi di 0.05-0.25
mcg/kg/min. Il farmaco ha scarsa maneggevolezza
con frequenti effetti collaterali come nausea, bradicardia, ipotensione, rigidità e può determinare anch’esso
depressione respiratoria e apnea. Deve essere somministrato esclusivamente in una struttura idoneamente
attrezzata per il monitoraggio e l'assistenza della funzione respiratoria e cardiovascolare e da personale
qualificato per l`impiego di farmaci anestetici, esperto
nell`individuazione e nel trattamento degli effetti avversi,
inclusa la rianimazione respiratoria e cardiaca (6-7).
Le linee guida SIED citano che "una volta verificato il
grado di sedazione da oppioide, è necessario personalizzare la dose di BDZ, frazionando il farmaco in piccoli boli, con una posologia non fissa, non tarata sul
peso corporeo del paziente, ma sulla risposta clinica
(es.: disartria, diplopia, ptosi palpebrale)".
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riosa sistemica saturazione dell’O2, dato che si utilizzano
farmaci potenzialmente depressori delle funzioni vitali.
Successivamente a questa fase, è mandatorio richiedere il consenso informato per la procedura endoscopica
e contestualmente per la sedazione/analgesia. Per le
procedure in elezione, è importante assicurarsi che il paziente abbia osservato il digiuno; per le procedure in urgenza/emergenza, è necessario definire modalità e livello
di sedazione/analgesia compatibili con il rischio di fenomeni ab ingestis di contenuto gastrico. Il paziente deve
avere un accesso venoso, che deve essere mantenuto
sino a quando raggiunge le condizioni di dimissibilità.
Prima, durante e dopo la somministrazione di farmaci
sedativi e/o analgesici è importante monitorare:
1. il livello di coscienza, verificando
periodicamente la responsività a stimoli
verbali e tattili.
2. La ventilazione, che va controllata
costantemente (con eventuale
auscultazione del torace) in quanto
la sedazione può determinare
depressione respiratoria, anche dopo
il completamento della procedura
endoscopica, specie se i farmaci
vengono somministrati per via rettale
(come in età pediatrica) o per via
parenterale con boli supplementari.
Stefania Marangi et al > Quale professionalità per gestire la sedazione
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3. L’ossigenazione con pulsiossimetria,
in quanto l’ipossiemia rappresenta il
più frequente evento avverso, in grado
di determinare arresto cardiaco, danni
ischemici cerebrali irreversibili e decesso;
è utile abbinare l’ossigenoterapia
mediante cannula nasale in tutti i soggetti
con condizioni a rischio (BPCO, asma,
tabagismo, malformazioni delle vie aeree
superiori, processi flogistici delle vie aeree
in atto, cardiopatie, obesità, gravidanza,
sleep apnea syndrome o fasce estreme
della vita).
4. L’emodinamica, rilevando i valori basali,
durante e dopo la sedazione,
di frequenza cardiaca e pressione arteriosa
sistemica, abbinando il monitoraggio
ECG solo nei pazienti con fattori di rischio
cardiovascolare, soprattutto quando sono
previste indagini a maggiore invasività,
complessità e durata.
Per assicurare un monitoraggio adeguato e costante
del paziente le società italiane, europee ed americane
di anestesia e gastroenterologia (SIARTI, SIED, BSG,
ASGE, DGVS, ASA) consigliano (Racc. tipo C) che la
sedazione/analgesia durante la procedura endoscopica
venga affidata a personale dedicato diverso dall’operatore (16). A tale scopo, le sale di endoscopia dovrebbero essere fornite di tutti i presidi farmacologici e non,
sia per fornire una adeguata sedazione, sia per il moni-
toraggio, e la gestione di qualsivoglia complicanza. Le
sale endoscopiche dovrebbero essere dotate di equipaggiamento per la sedo/analgesia e per l’emergenza:
oltre all’occorrente per accesso endovenoso, ai farmaci
sedativi/analgesici, farmaci antagonisti, devono essere
disponibili tutti i presidi per il controllo di base e avanzato
delle vie aeree, tutti i farmaci dell’emergenza, occorrente
per il monitoraggio dei parametri vitali e il defibrillatore.
Alcuni centri hanno a disposizione gli apparecchi per la
capnometria (per il monitoraggio della CO2 nell’espirato,
come indice di ventilazione/apnea) e per il monitoraggio
della profondità della sedazione (BIS: bispectral index). È
d’uopo, inoltre, che venga eseguito quotidianamente il
controllo del corretto funzionamento delle apparecchiature per il monitoraggio e per l’emergenza con il controllo
della check-list dei farmaci. In genere i centri di endoscopia dove viene eseguita routinariamente la sedazione profonda sono dotati anche di sale di risveglio per
permettere adeguati tempi di dimissibilità del paziente,
sono sale anche attrezzate per l'assistenza della funzione cardiorespiratoria.
Dal momento che in tutti i documenti e Linee Guida
è definito che non può essere lo stesso operatore ad
occuparsi contemporaneamente sia di gestire l’esame
endoscopico, che di gestire il paziente, quindi la somministrazione della sedazione ed il monitoraggio della stessa devono essere affidati a personale sanitario diverso
dall’endoscopista (17). Per cui è indispensabile che il
personale della sala endoscopica a qualsiasi livello sia
adeguatamente formato per il monitoraggio del paziente
e per la gestione delle eventuali complicanze che qualsiasi grado di sedazione può comportare.
Nostra esperienza
Nella nostra Unità Operativa di Endoscopia Digestiva
presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Campobasso, abbiamo uno scenario quotidiano diverso rispetto
ad altre realtà italiane legato alla presenza dell’anestesista
durante tutto il tempo di attività del servizio questo fa si
che ogni caso venga discusso singolarmente e qualora le
condizioni del paziente lo consentano e la procedura lo richieda venga effettuata la sedazione profonda in assistenza anestesiologica. Tale assetto ci ha permesso in questi
anni (settembre 2004-maggio 2010) di eseguire 15.410
procedure in sedazione (EGDS 7.250, colonscopie 7.540,
ERCP 620) in pazienti di età compresa tra 11 e 99 anni
(età media: 62.5), portando a termine tutte le procedure
programmate in giornata. Questo tipo di organizzazione
ha determinato elevato grado di soddisfazione dei pazienti
e notevole risparmio di tempo sulle procedure in urgenza
dato che l’anestesista era sempre a disposizione evitando quel lasso di tempo della chiamata e dell’arrivo dello
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una sedazione profonda, gestita nei tempi e nelle modalità della somministrazione dal personale anestesista. La
somministrazione del propofol è stata effettuata in piccoli
boli refratti con un dosaggio titolato sulla base del peso
corporeo del paziente, della risposta alla sedazione, della
procedura endoscopica da eseguire e del grado di ansia
del paziente e della comorbidità presente. Sono stati utilizzati in sostituzione farmaci sedativi anestetici, come il
midazolam, fentanyl e remifantil.
Questo lavoro quotidiano d’équipe tra endoscopisti e
anestesisti, ha consentito di eseguire procedure endoscopiche in pazienti con frequenti comorbidità: cardiovascolare (46%) e respiratoria (15%), renali (5%). Il 40%
dei pazienti ha concomitanti comorbidità. La distribuzione delle classi ASA è stato il seguente: ASA I 33%,
ASA II 41%, ASA III 17%, ASA IV 9%.
Il 2% dei pazienti hanno presentato episodi di desaturazione con SpO2< 90%, prontamente regrediti, e solo
lo 0.3% dei pazienti con SpO2<85%, per cui è stata
necessaria assistenza ventilatoria. Si sono verificati 2
casi di inalazione di contenuto gastrico (0.01%), Più
frequenti sono stati gli effetti indesiderati circolatori (4
%) (PAS<90 mmHg). Non si sono verificati episodi di
insufficienza respiratoria tali da richiedere intubazione
orotracheale, nè episodi di morte.
Conclusioni
La nostra esperienza ha confermato che se al paziente viene chiesto di scegliere se eseguire una procedura invasiva con sedazione o senza, sceglie senza
dubbio, nella quasi totalità dei casi, la sedazione. Negli USA infatti il 98% delle procedure endoscopiche
vengono eseguite in sedazione profonda, in Europa
solo il 53% delle indagini vengono eseguite con l’ausilio della sedazione cosciente, il 30% in sedazione
profonda (19-20).
Nel nostro centro la quasi totalità dei pazienti, che
esprimono il consenso alla sedazione, riceve una sedazione profonda, anche se modulata in base alle esigenze della procedura e alle condizioni cliniche.
Una recente metaanalisi di tre studi compiuti su esami
endoscopici di routine, ha mostrato che l’incidenza di
eventi avversi, la soddisfazione dell’operatore e il confort del paziente non sono dissimili se a somministrare
la sedazione sia un anestesista o un endoscopista.
Nel nostro centro, la figura dell’anestesista è diventata
un elemento integrante nella pratica endoscopica e
sebbene, questo possa essere considerato dispendioso, garantisce al paziente la sua sicurezza come
priorità fondamentale. Inoltre, l’utilizzo della sedazione profonda influenza positivamente anche la qualità
della prestazioni endoscopiche (riscontro e resezione
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specialista. Il nostro servizio è costituito, al momento, da 3
sale dove si eseguono esami in contemporanea; ciascuna
di queste possiede una pre-sala per il colloquio ed una
sala risveglio/recupero del paziente.
La pre-sala è un ambiente fondamentale: è qui che il paziente conosce l’anestesista e l’endoscopista, esegue
una valutazione preanestesiologica (secondo i criteri ASA)
e contestualmente acconsente in forma scritta all’indagine
endoscopica e all’eventuale sedazione. Nel nostro centro l’anestesista ha una propria scheda anestesiologica di
sedazione per esame endoscopico, che viene archiviata
nella cartella del paziente. L’inquadramento del paziente
avviene in un tempo precedente all’esame endoscopico
(ovviamente nelle indagini in elezione), quando il medico
endoscopista esegue una visita preliminare per raccogliere l’anamnesi, inquadrare il paziente dal punto di vista
clinico per valutarne il rischio periprocedurale (indagando
su rischio infettivo, allergie, eventuali comorbità, abitudini
voluttuarie, precedenti interventi chirurgici, eventuali eventi avversi ad anestesia/sedazione, terapia farmacologia,
utilizzo di anticoagulanti, antiaggreganti), stabilire l’indicazione all’esame con un criterio di priorità procedendo alla
successiva calendarizzazione dell’esame stesso, tramite
l’ausilio del personale infermieristico.
Ogni sala è attrezzata con una fonte di ossigeno, un sistema di aspirazione, aspiratore, un monitor ECG a 5 derivazioni e per il monitoraggio di SpO2, NIBP e del respiro, un
pulsossimetro, un defibrillatore, ed un carrello di anestesia
contenente i farmaci ed i presidi per l’emergenza rianimatoria (laringoscopio con lame di varia misura, tubi orotracheali cuffiati, farmaci della sedazione, farmaci antagonisti,
farmaci per le emergenze respiratorie, cardiocircolatorie,
allergiche, maschere facciali per assistenza ventilatoria,
va e vieni, pallone di Ambu, cannule orali Guedel di varie
misure). Abbiamo a disposizione anche un ventilatore, un
apparecchio BIS e pompe infusionali. In ogni sala viene
rispettata la privacy del paziente attraverso un piccolo
spogliatoio dove si prepara all’esame; una volta pronto
sul lettino endoscopico, il paziente viene monitorizzato,
viene posizionato un agocannula e si da inizio alla procedura, previa sedazione titolata sul paziente, mantenendo un continuo contatto verbale con il paziente e fino al
raggiungimento del livello desiderato di sedazione. A fine
procedura, il paziente rimane monitorizzato sul lettino fino
al risveglio e quando è in grado con l’ausilio del personale
paramedico passa dal lettino alla poltrona dotata di rotelle
con cui viene condotto nella vicina sala risveglio (16).
L’anestesista compila il Ramsay Score a circa ogni 5-10
minuti dopo la procedura ed alla dimissione, attraverso
cui stabilisce i criteri di dimissibilità. Il paziente ambulatoriale viene dimesso sempre con accompagnatore
con l’indicazione a non guidare, il paziente ricoverato
viene rimandato in reparto dopo almeno un’ora.
Il 95% dei pazienti ha eseguito l’esame endoscopico con
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di lesioni adenomatose nelle colonscopie di screening, di aree precancerose alle indagini del tratto GI
superiore, incannulamento della papilla, emostasi e
altre procedure operative) sebbene non ci siano dati
sufficienti che validino l’utilizzo sistematico della sedazione profonda mediante propofol, come unico ausilio
a garantire un’endoscopia di qualità.
Quindi, in accordo con quanto conclude Cohen LB in
un recente editoriale, possiamo affermare che sono
necessari dei trials clinici randomizzati che mettano a
confronto la sedazione “tradizionale” e la sedazione
anestesista-assistita, al fine di meglio comprendere
l’impatto della sedazione assistita dall’anestesista sulla qualità dell’endoscopia e sul rischio di eventi avversi
correlabili alla sedazione (21).
Corrispondenza
Marcello Ingrosso
Unità Operativa Complessa
di Endoscopia Digestiva
Dipartimento di Oncologia
Università Cattolica del Sacro Cuore
Viale Agostino Gemelli, 1 - 86100 Campobasso
Tel. + 39 0874 312321
Fax + 39 0874 312324
e-mail: [email protected]
Bibliografia essenziale
Stefania Marangi et al > Quale professionalità per gestire la sedazione
300
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dell’endoscopista: progettare, realizzare, organizzare e gestire
2003. Available from: hptt://www.endoscopiadigestiva.it/
endoscopiadigestiva/contents%5Clibrobianco%5CORGANIZZAZI
ONE_1_03.pdf
20.McQuaid KR. A systematic review and meta-analysis of
randomized, controlled trials of moderate sedation for routine
Endoscopic procedures. Gastrointest Endosc 2008;67:910-923.
21.Cohen LB. Redefining quality in endocopic sedation. Dig Dis Sci
2010;55:2425-2427.
RINNOVO E PRIMA QUOTA SIED
XVII CONGRESSO NAZIONALE DELLE MALATTIE DIGESTIVE
5 MARZO – 9 MARZO 2011
CARO ASSOCIATO, ti ricordo che i Soci SIED che regolarizzeranno la propria posizione economica con il pagamento delle quote
fino al 2010 entro il 31 dicembre 2010, AVRANNO DIRITTO ALLA RIDUZIONE DELLA QUOTA DI ISCRIZIONE
al Congresso Nazionale FISMAD Torino 2011 usufruendo della quota di iscrizione “simbolica”
PARI AD
EURO 100,00.
ANCHE I NUOVI SOCi, previo pagamento della prima quota di iscrizione entro il 31 dicembre 2010,
avranno diritto ad una RIDUZIONE sulla quota di iscrizione al CONGRESSO.
La Segreteria Tecnica Nazionale è a disposizione dei Soci SIED
per ulteriori chiarimenti
[email protected]