Sentenza della Corte di Appello di Trento del 15 marzo 2010
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Sentenza della Corte di Appello di Trento del 15 marzo 2010
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Trento, in funzione di magistrato del lavoro, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Signori Magistrati: DOTT. FABIO MAIONE PRESIDENTE REL. DOTT. MARIA GRAZIA ZATTONI CONSIGLIERE DOTT. IOLANDA CONSIGLIERE RICCHI ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello per le controversie di lavoro iscritta a ruolo in data 11/11/2009 al n. R.G. …/2009, promossa con ricorso in appello ex art. 433 c.p.c. di data 30.10.2009 DA P. N., rappresentata e difesa dall'Avv. A. F. e S. G. di Trento, con domicilio eletto presso quest’ultima, giusta delega a margine del ricorso ex art. 414 c.p.c. di prime cure. APPELLANTE CONTRO P. I. S.p.A., con sede in Roma, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. S. T., Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 1 del foro di Milano, ed elettivamente domiciliata in Trento presso lo studio dell’avv. B. F., giusta procura notarile in atti APPELLATA – APPELLANTE INCIDENTALE. OGGETTO: RISARCIMENTO DANNI: ALTRE IPOTESI. Appello avverso la sentenza definitiva n. 87/09, in data 17/04 09/06/2009, del Tribunale di Trento, sez. Lav.. Causa ritenuta in decisione sulla base delle seguenti CONCLUSIONI DI PARTE APPELLANTE: ( da ricorso in appello ex art. 433 c.p.c.): Piaccia all’Ill.ma Corte d’Appello di Trento, Sezione Lavoro, ogni contraria istanza reietta, in parziale riforma della sentenza n. 87/09 d.d. 17.04.2009, del Tribunale di Trento, Sezione Lavoro, depositata in Cancelleria in data 09.06.2009, Nel merito Condannare la società P. I. S.p.a. alla reintegra e/o al ripristino della funzionalità del rapporto di lavoro intercorrente tra la ricezione dell’offerta formale della prestazione lavorativa effettuata dalla ricorrente in data 28.04.2005 e l’effettivo ripristino del rapporto ed al pagamento delle retribuzioni non percepite nel periodo intercorrente tra la ricezione dell’offerta formale e l’effettivo ripristino del rapporto di lavoro, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria come per legge. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 2 In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa anche di primo grado. In ogni caso, interessi e rivalutazione monetaria su tutte le somme richieste dalle singole scadenze al saldo; spese diritti ed onorari rifusi. DI PARTE APPELLATA – APPELLANTE INCIDENTALE: (da memoria difensiva con appello incidentale): Nel merito, Respingere l’appello avversario e confermare la sentenza del Tribunale di Trento, sezione Lavoro, n. 87/2009, resa inter partes in data 17 aprile 2009, pubblicata in data 9 giugno 2009, non notificata; Condannare l’appellante alla rifusione delle spese del grado di giudizio; In via incidentale In riforma del primo capo di sentenza, accertare e dichiarare la legittimità dell’apposizione del termine apposto al contratto intercorso tra P. I. s.p.a. e la signora P. in data 9 giugno 1999 e decorrenza 10 giugno 1999 e, per l’effetto, respingere tutte le domande svolte dalla ricorrente nei confronti di P. I. s.p.a. con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio, in quanto infondate e, in parte, prescritte; In via incidentale subordinata Per l’ipotesi in cui codesto Ill.mo Tribunale ritenesse fondata la domanda avversaria e condannasse P. I. s.p.a., Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 previa 3 ricostituzione/reintegrazione/ripristino del rapporto di lavoro come richiesto, al pagamento delle retribuzioni non percepite, si chiede che la quantificazione dell’eventuale danno tenga conto di quanto percepito come reddito da lavoro dalla signora P. dopo la cessazione del rapporto, come risulta dalla documentazione avversaria prodotta agli atti e di ogni altro reddito da lavoro che dovesse risultare percepito all’esito dell’istruttoria e del comportamento tenuto dalla ricorrente ex art. 1227 cod. civ., nella misura ritenuta di giustizia; In via incidentale e ulteriormente subordinata, per l’ipotesi in cui codesta Ecc.ma Corte ritenesse fondata la domanda avversaria e condannasse P. I. s.p.a., previa ricostituzione del rapporto di lavoro come richiesto accertare e dichiarare che, in forza dello jus superveniens, la lavoratrice ha diritto ad una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto e non al pagamento delle retribuzioni dalla data di messa in mora sino alla riammissione in servizio. In ogni caso Condannare l’appellante alla rifusione delle spese del grado; In via istruttoria, Si ripropongono tutte le istanze, deduzioni ed opposizioni offerte nel primo grado di giudizio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 4 N. P. con ricorso depositato il 05/05/2008 adiva il Tribunale di Trento, in funzione di giudice del lavoro, facendo presente di aver svolto attività lavorativa alle dipendenze della P. I. S.p.A. in forza di reiterati contratti a tempo determinato (l’ultimo dei quali scaduto il 31/08/1999); chiedeva, quindi, che fosse accertata la nullità del termine apposto ai suddetti contratti con conseguente riconoscimento dell’esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato; e che, inoltre, venisse ordinato alla P. I. s.p.a. di ripristinare il rapporto stesso, con condanna della convenuta al pagamento delle retribuzioni perdute e dei relativi accessori. Resisteva a dette pretese, contestandole, la società convenuta, eccependo in primo luogo lo scioglimento per mutuo consenso del rapporto di lavoro. Procedutosi alla rituale istruzione anche a mezzo di acquisizione di documenti, il Tribunale adito con sentenza n. 87/09 accoglieva la domanda della ricorrente limitatamente alla parte in cui era stata contestata la legittimità del termine di scadenza apposto al contratto, respingendo invece le ulteriori richieste della lavoratrice. Avverso tale sentenza la P. proponeva tempestivo gravame con ricorso depositato in data 11/11/2009, spiegando le conclusioni riportate in epigrafe. Resisteva all’impugnazione, chiedendone la reiezione, la P. I. S.p.A., costituitasi con memoria difensiva depositata in data 01/04/2010, Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 5 con cui proponeva anche appello incidentale al fine di sentire affermare la legittimità del contratto a termine intercorso tra le parti e, in subordine, per sentire ridurre il quantum debeatur. All’udienza del 12.04.2010, a seguito di discussione orale delle parti, la causa era decisa come da separato dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Sullo scioglimento dei rapporti di lavoro per mutuo consenso ex art. 1372 cod. civ. Dopo avere affermato la nullità dell’apposizione del termine al contratto di cui trattasi e la conseguente conversione del rapporto in altro a tempo indeterminato, il Tribunale ha negato la possibilità di ripristinare il rapporto di lavoro e di condannare il datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni, osservando che esso, come si sarebbe potuto dedurre dal comportamento delle parti, si era sciolto per mutuo consenso. La questione di diritto consistente nella rilevanza di fatti concludenti ai fini dello scioglimento del rapporto di lavoro a tempo determinato per mutuo tacito consenso è, come noto, stata ripetutamente portata all’attenzione dei giudici di merito e della Suprema Corte, anche in relazione a casi specifici analoghi alla fattispecie in esame. Il Tribunale di Trento, in particolare, si era sin qui espresso sulla questione in maniera opposta rispetto alla decisione oggi gravata e questa Corte ha di recente confermato tale precedente orientamento. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 6 Si impone, dunque, una rimeditazione della questione stessa. Si tratta, evidentemente, di chiarire in cosa possano concretamente essere individuati i suddetti fatti concludenti, interpretazione certamente delicata allorquando si tratta, come avviene nel caso in esame, di valutare condotte dei lavoratori in danno di essi medesimi. Orbene, hanno osservato il primo giudice e la società appellata che nel caso concreto i due contratti a termine in discussione avevano avuto una durata estremamente contenuta, non avendo mai superato i tre mesi di durata complessiva; che la ricorrente aveva atteso oltre cinque anni prima di radicare il contenzioso nei suoi confronti; che nelle more la ricorrente aveva instaurato altri rapporti di lavoro, ricevendo una retribuzione; che tale inerzia sarebbe idonea a configurare il disinteresse della P. (e della appellata) alla ripresa del rapporto di lavoro con P. I.; che non potrebbe concepirsi l’assoggettamento del datore di lavoro per un tempo estremamente lungo ed imprecisato al diritto potestativo dell'ex dipendente di far valere la pretesa illegittimità del contratto a termine suddetto, onde ottenere un lauto risarcimento del danno ed il ripristino del rapporto di lavoro cessato molto tempo prima; che diversi precedenti giurisprudenziali, sulla base delle riferite argomentazioni, hanno affermato lo scioglimento contratto per mutuo tacito consenso delle parti. Ritiene questa Corte di dover sottolineare la risalenza nel tempo dei riferiti precedenti. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 7 La Suprema Corte, infatti, proprio in fattispecie riguardante la P. I. S.p.A., ha più di recente statuito che “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell'illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva considerato la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso)” (così Cass.civ., Sez. lav., n. 20390 del 28/09/2007; nello stesso senso v. Cass.civ., sez. lav., n. 23554/04). Ed ancora più recentemente la Suprema Corte (v. Sez. L, Sentenza n. 26935 del 10/11/2008) ha ribadito in un caso del tutto simile il suo pensiero: “Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 8 sul presupposto dell'illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinchè possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva considerato la mera inerzia del lavoratore, per un periodo di oltre tre anni dopo la scadenza, insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso)”. In sostanza, ritiene questa Corte d’Appello che, in una situazione quale quella in esame, per la configurabilità di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso sia necessario l’accertamento di una volontà delle parti (di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo) che emerga in maniera chiara e certa. Orbene, il lasso di tempo (di oltre cinque anni) trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché la ricerca ed il conseguimento di diversi posti di lavoro non sembra che possano Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 9 essere di per sé ritenuti significativi di una siffatta volontà se sol si consideri la scarsa chiarezza della normativa vigente (tanto che dalla sua interpretazione sono scaturiti orientamenti giurisprudenziali assai difformi) ed il conseguente stato soggettivo della lavoratrice la quale, evidentemente, in detta incertezza, ha presumibilmente continuato a sperare in altre nuove assunzioni, anche a tempo determinato; e, successivamente, si è col tempo venuta a trovare, nell’attesa di un chiarimento normativo e/o giurisprudenziale della situazione, nell’ovvia necessità di ricercare un’altra occupazione. Detta condotta, di speranzosa attesa da un lato e di ricerca dall’altro dei necessari mezzi di sopravvivenza, è stata in sostanza per l’appellante l’unica possibile e non può dirsi quindi, con logica sicurezza, che il mero ritardo con cui la ricorrente ha intrapreso la via della rivendicazione dei propri diritti e l’ottenimento nel frattempo di altri lavori costituisca di per sé elemento idoneo a perfezionare quella chiara ed evidente volontà di recesso di cui la Suprema Corte ha parlato nelle sentenze sopra ricordate. Tanto più che, guardando la vicenda sotto diverso profilo, se la lavoratrice, scaduto il termine, abbia ritenuto legittimamente cessato il contratto, la sua convinzione, ricavabile dalla mancata immediata richiesta di riassunzione, sarebbe stato frutto dell’erronea valutazione in ordine alla legittimità del termine scaduto; mentre, una volta divenuto di pubblico dominio il contenzioso apertosi su tale ultima questione, non può presumersi alla luce della semplice inerzia della Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 10 lavoratrice il suo consenso alla cessazione di un contratto che avrebbe ipoteticamente essere considerato trasformato in un altro a tempo indeterminato: ed infatti, nei limiti del lasso di tempo necessario al maturare della prescrizione, la lavoratrice ben avrebbe potuto attendere il sopravvenire di un chiarimento legislativo o giurisprudenziale sulla legittimità o meno del termine in questione, per poi agire a tutela dei propri diritti. La doglianza dell’appellante, pertanto, merita accoglimento. Sull’appello incidentale La conclusione di cui sopra rende necessario l’esame del gravame incidentale, volto in primo luogo a contrastare la decisione del Tribunale in ordine alla legittimità del termine del contratto. Preliminarmente va ricordato che al momento dell’assunzione dell’appellata era pacificamente in atto un’imponente e gravosa fase di riorganizzazione e ristrutturazione dell’ente pubblico P. in società per azioni che, avendo anche investito l’offerta di plurimi nuovi servizi (quale la Posta prioritaria, il Bancoposta, la raccolta e ridistribuzione delle stampe, il consorzio logistico pacchi, il sistema di consegna ad areola, il servizio on line ecc.), aveva richiesto una profonda revisione dell’utilizzo del personale dipendente e la necessità, peraltro temporanea, di assunzioni a tempo determinato. Va anche sottolineato, a questo punto, che tutte le circostanze allegate dalla società P. I. in ordine alla menzionata ristrutturazione della attività aziendale, alla offerta di nuovi servizi ed alla Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 11 riorganizzazione dei processi di produzione dei servizi, alla dislocazione delle attività ed alla distribuzione del personale sul territorio non sono oggetto di contestazione e, comunque, sono state ampiamente provate da tutti i documenti prodotti e per buona parte sono quasi fatto notorio (dall’impegno nel settore finanziario, al BancoPosta, dalle innovazioni nelle tipologie di spedizione e recapito della corrispondenza ecc.). E’ poi stato ampiamente provato dai verbali di riunione e dagli accordi sindacali che la dislocazione del personale sul territorio era all’epoca completamente irrazionale e che l’esigenza aziendale di fare cessare le “assegnazioni temporanee” nelle regioni meridionali per spostare il personale nelle regioni del nord, dove vi erano vuoti di organico, aveva incontrato molte resistenze anche da parte sindacale, con un notevole rallentamento di questa riorganizzazione delle risorse (v. accordo 13 gennaio 1999) e con la conseguenza di una continua necessità, in attesa dei trasferimenti, di colmare temporaneamente questi vuoti (in particolare per quanto riguarda le mansioni di recapito e sportelleria). Ciò chiarito, va qui richiamato, quale rilevante ai fini della decisione, l'art. 23 della legge n. 26 del 1987, norma che ha introdotto ulteriori possibilità -rispetto alla disciplina generale della legge n. 230 del 1962- di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, lasciando piena autonomia alle parti collettive nell'individuazione delle stesse ipotesi, così disponendo: "L'apposizione di un termine alla durata Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 12 del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230 …., è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale". Proprio in considerazione di tale normativa, e nell'esercizio di tale facoltà, il C.C.N.L. 26 novembre 1994 per i dipendenti delle P. aveva previsto alcune specifiche ipotesi in cui poter ricorrere a contratti a termine (quali gli incrementi di attività in dipendenza di eventi eccezionali od esigenze produttive particolari ovvero le sopravvenute punte di intensa attività aziendale); successivamente, con l'accordo sindacale dd. 25 settembre 1997, era stata introdotta una ulteriore ipotesi legittimante le assunzioni a termine, quella della presenza di: "esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell'Ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell'attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane", pattuizione che si inquadrava nel contesto della privatizzazione in atto dell'Amministrazione delle P. e delle Telecomunicazioni, già trasformata in Ente Pubblico Economico. Ed ancora, con accordo attuativo stipulato lo stesso giorno, la parti avevano concordato la possibilità di procedere all’assunzione di Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 13 personale straordinario con contratto a tempo indeterminato, convenendo quanto segue: "in relazione all'art. 8 del CCNL così come integrato con accordo 25.9. 97, le parti si danno atto che, fino al 31 gennaio 1998, l'impresa si trova nella situazione di cui al punto che precede, dovendo affrontare il processo di trasformazione della sua natura giuridica con conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di realizzazione". Con successivo accordo del 16 gennaio 1998, in prossimità dunque del 31/01/1998 richiamato dall’accordo appena citato (data che era stata ritenuta coincidente con la fine del processo di riorganizzazione dell’Ente), le parti, dato atto del persistere della necessità di far fronte alle esigenze create dal processo di ristrutturazione aziendale, non ancora ultimato, avevano esteso la possibilità di procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30 aprile 1998, mentre da ultimo, con successivo accordo del 27 aprile 1998, le parti avevano pattuito la proroga di 30 giorni dei rapporti di lavoro a termine in scadenza al 30-4-1998. Benché la trasformazione in S.p.A. delle antiche P. fosse stata perfezionata già nel febbraio 1998, tuttavia, il processo di ristrutturazione a cui si è fatto cenno era dunque continuato anche successivamente, con la conseguente esigenza di disporre assunzioni a tempo limitato. Tanto che ancora il 18 gennaio 2001, una settimana dopo la stipula di un nuovo C.C.N.L., le parti avevano ritenuto opportuno concordare quanto segue: "…con specifico riferimento ai Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 14 contratti a tempo determinato stipulati da P. I. S.p.A. a decorrere dal 1 luglio 1997 fino alla sottoscrizione del C.C.N.L. 11-1-2001, la società ribadisce che i contratti medesimi, disposti secondo quanto previsto dall'art. 8 del C. C.N.L. 26-11-1994, così come modificato dall'accordo del 25 settembre 1997, si sono resi necessari in conseguenza di avviati processi di riorganizzazione e di ristrutturazione aziendale finalizzati alla realizzazione degli obiettivi e degli interessi strategici di cui al piano d'Impresa. Le OO.SS. nel dare atto di quanto sopra, convengono anche che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia definita dal C.C.N.L. 11-1-2001". Orbene, in siffatta situazione di fatto e di diritto, la giurisprudenza prevalente ha ritenuto che l’azienda da un lato e le rappresentanze dei lavoratori dall’altro abbiano inteso porre un limite temporale alla concreta possibilità di fare ricorso all’assunzione di dipendenti a tempo determinato per le ragioni indicate negli accordi sopra ricordati, limite da individuare nella data del 30 aprile 1998; con la conseguenza che le apposizioni di un termine alle assunzioni successive a tale data sarebbero da ritenere nulle (con conseguente conversione ex tunc di quei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato), risultando prive del necessario strumento derogatorio, e cioè la norma collettiva richiamata dall’art. 23 legge n. 56/1987 ricordato in premessa. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 15 Pertanto, scaduto il termine del 30 aprile 1998, fissato concordemente dalle parti con l’accordo sopra richiamato, dal tenore univoco ed evidente, le successive assunzioni a tempo determinato delle ricorrenti non avrebbero più potuto essere giustificate con le ricordate esigenze di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, essendo cessata appunto la portata derogatoria introdotta dall’originaria pattuizione collettiva adottata in ossequio all’art. 23 legge n. 56/1987. Siffatta ratio decidendi è stata aspramente censurata dalla società appellante (in via incidentale) secondo cui, invece, le parti non avrebbero mai inteso porre un limite temporale all’accordo del 25/09/1997, essendosi limitate in tutte le contrattazioni successive a riconoscere l’esistenza delle condizioni di fatto legittimanti il ricorso all’assunzione di lavoratori a tempo determinato. L’appellante società ha ricordato l’orientamento della Suprema Corte (vedi da ultimo Cass. Sez. Lav. 10143/05, 6029/05, 4862/05, 14011/2004) assolutamente favorevole alla piena validità della disciplina derogatoria introdotta con l’accordo integrativo del 25.9.1997, attuativo dell’art. 8 C.C.N.L. 1994 delle P. Secondo tale diverso filone giurisprudenziale “la riserva all’autonomia collettiva dell’individuazione di ipotesi di contratto a termine, ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge, ha inteso creare un diverso sistema di controllo sulle modalità di utilizzazione dello strumento contrattuale, parallelo e alternativo, per cui, Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 16 accanto all’area originaria del contratto a temine per esigenze organizzative qualitativamente straordinarie, è stata prevista la possibilità di prevedere un’area di impiego normale e ricorrente di tipo contrattuale, del quale risulta in parte modificata la funzione economico-sociale, restando la tutela del lavoratore affidata non più alle previsioni di norme inderogabili, generali e astratte, ma allo strumento negoziale collettivo” (così Cass. 6029/05 cit.). Pur trattandosi, quindi, di una sorta di delega in bianco ad individuare pattiziamente nuove ed ulteriori ipotesi di contratto a termine, anche totalmente disomogenee rispetto a quelle già previste per legge (cfr. Cass. 14011/2004), la garanzia data dall’inserimento della norma nel sistema sopra delineato sarebbe da ritenersi sufficiente, avendo la Suprema Corte definitivamente chiarito che non è esatto ritenere che “la norma contrattuale debba naturalmente avere, di per sé, una efficacia temporale limitata perché l’autonomia sindacale non trova limiti nella legge per quanto riguarda la tipologia e l’ambito temporale di operatività delle nuove ipotesi di contratto a termine da introdurre” (così Cass. 6029/05 cit.). Sicché, non essendo la fissazione di un termine di efficacia dell’accordo connaturata ed essenziale al tipo di deroga delineata in via pattizia, non potrebbero essere condivise le contestazioni relative alla sopravvenuta inefficacia dell’accordo integrativo per spirare dei termini apposti dalle parti. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 17 Ha rimarcato ancora l’appellante in via incidentale la molteplicità degli accordi e delle dichiarazioni intermedie fra le parti in relazione alle assunzioni a termine intervenute dalla data di stipulazione dell’accordo integrativo 25.9.97 alla data del 18.1.01, quando è stato nuovamente dato atto, come sopra ricordato, che le esigenze di cui all’accordo medesimo sono state presenti e costanti per tutto il periodo e erano a quella data ancora sussistenti. Ed ha anche sottolineato che l’accordo iniziale non conteneva alcun termine, come esattamente doveva essere per le considerazioni che precedono, mentre quello successivamente richiamato, dato il tenore letterale puramente dichiarativo o al più ricognitivo delle dichiarazioni in cui si dava atto del persistere del processo di riorganizzazione, non avrebbe avuto il significato preteso dalla ricorrente, di scadenza dell’efficacia della normativa dichiarazioni successive derogatoria. (denominate Ed “accordo infatti attuativo nelle per assunzioni con contratto a termine”) era stata sempre usata la formula del “darsi atto” della sussistenza delle condizioni previste dall’accordo integrativo e nel contempo era stata aggiunta la previsione di un termine entro il quale si sarebbe potuto procedere alle assunzioni a tempo determinato, termine via via progressivamente “prorogato”. Infine, con l’“Addendum all’art. 7” (che riguarda i contratti part-time) nelle ultime due righe viene disposta la proroga dell’accordo 25.9.97 al 31.12.98. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 18 Non vi è dubbio che i rilievi della società appellante (in via incidentale) siano meritevoli della massima attenzione e non è certo casuale se parte della giurisprudenza di merito e di legittimità (v. le massime sopra citate) abbiano recepito la riportata interpretazione. Tuttavia, ritiene questa Corte di doversi uniformare all’orientamento prevalente della Corte di Cassazione la quale (si veda, ex multis, Cass.civ., Sez. Lav., n. 18383 del 23/08/2006 secondo cui, in caso di stipula del contratto a termine dopo il superamento della data fissata nell'accordo, va dichiarata la nullità delle clausola di apposizione del termine; nonché la recente sentenza n. 20390 del 28/09/2007, la quale ha affermato: “… con numerose sentenze questa Corte Suprema (cfr., ex plurimis, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378), decidendo su fattispecie sostanzialmente identiche a quella in esame, ha confermato le sentenze dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto a contratti stipulati, in base alla previsione dell'accordo integrativo del 25 settembre 1997 sopra richiamato (esigenze ristrutturazione richiamato quanto eccezionali, ..), già dopo in conseguenti il precedenza 30 alla fase aprile affermato di 1998; circa la configurabilità, in relazione alla L. n. 56 del 1987, art. 23, di una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati nell'individuazione di nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, e premesso altresì che in forza della sopra citata delega in bianco le parti sindacali hanno individuato, Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 19 quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25 settembre 1997, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto corretta l'interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data 16 gennaio 1998, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31 gennaio 1998 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30 aprile 1998), della situazione di cui al citato accordo integrativo, con la conseguenza che, per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione, l'impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo determinato; da ciò deriva che deve escludersi la legittimità dei contratti a termine stipulati dopo il 30 aprile 1998 in quanto privi di presupposto normativo”), ha ripetutamente affermato che, avuto riguardo all'interpretazione dell'accordo integrativo del c.c.n.l. del 25 settembre 1997 relativo all'assunzione a termine di dipendenti postali, il termine di scadenza dell'efficacia dell'autorizzazione alla stipulazione di contratti a termine, sebbene non contenuto nella pattuizione originaria, è stato effettivamente e validamente fissato con gli accordi sindacali attuativi, in connessione con la durata delle esigenze aziendali. Né tale conclusione pare possa essere messa in dubbio dalla dichiarazione ultima del 18/01/2001 (già menzionata) alla quale Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 20 certo non potrebbe essere attribuito alcun effetto interpretativo retroattivo con efficacia sanante, in difetto della prova della validità ed efficacia della disciplina contrattuale al momento della stipulazione di singoli contratti a termine (in tal senso si è espressa ripetutamente la Suprema Corte). Si deve quindi ritenere dalla lettera dell’accordo sindacale concluso in prossimità della data di privatizzazione dell’Ente che sia stata concordemente espressa dalle parti, probabilmente alla luce di valutazioni eccessivamente ottimistiche, la volontà di apporre un termine finale alla possibilità di assunzioni a termine; e che successivamente, preso atto, invece, del persistere di quello stato di necessità cui le “esigenze eccezionali” avevano in passato fatto riferimento, le parti abbiano ritenuto opportuno reintrodurre, con l’accordo sindacale del gennaio del 2001, la prassi delle assunzioni a tempo determinato. Certamente questo modus operandi non può che lasciare perplessi giacché, essendo l’ipotesi di assunzione a termine di cui si discute correlata a un processo di trasformazione molto complesso e difficile, non appare logico che si sia voluto introdurla per periodi di tempo così limitati (di volta in volta quattro mesi, due mesi, un mese ecc.); così come suscita perplessità il fatto che le c.d. proroghe siano intervenute quando il termine precedente era abbondantemente scaduto. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 21 Tuttavia, come ha ricordato la Suprema Corte in un caso del tutto analogo, “nell'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di diritto comune si deve fare innanzitutto riferimento al significato letterale delle espressioni usate e, quando esso risulti univoco, è precluso il ricorso a ulteriori criteri interpretativi, i quali esplicano solo una funzione sussidiaria e complementare nel caso in cui il contenuto del contratto si presti a interpretazioni contrastanti” (Cass.civ., Sez. L, n. 1552 del 26/01/2006). Sicché la sentenza gravata merita sul punto piena conferma. Peraltro, la pretesa della società appellante in via incidentale va rigettata anche sotto un ulteriore, diverso, autonomo e di per sé sufficiente profilo. Questa Corte ha già avuto modo di sottolineare, in ciò confortata dalle più recenti pronunzie della Suprema Corte (vedi in particolare le sentenze n. 6029/2005 e n. 4862/05), che l’effetto derogatorio nei confronti della L.230/1962 previsto dall’art. 23 citato si arresta all’art. 1 della legge del 1962, sicché non ne risulta intaccato il principio dell’onere probatorio a carico del datore di lavoro previsto dall’art.3 di detta legge (vedi anche Cass. Sez. Lav. n. 15297/04, n. 8366/2003, n. 3843/2000 e n. 7519/1998), prova che deve essere rigorosa in quanto altrimenti verrebbe impedito qualsiasi controllo tra le ragioni della stipulazione del termine e le ragioni sottese alla previsione astratta dell’ammissibilità della stipulazione stessa, il che si porrebbe in netto contrasto con il dettato legislativo. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 22 Orbene, P. I. s.p.a. ha omesso di provare tali circostanze in relazione allo specifico contratto stipulato con la dipendente oggi appellante o quanto meno sulla concreta situazione della filiale alla quale essa era stata addetta. In realtà, la società convenuta ben avrebbe potuto dimostrare il proprio assunto in relazione alla ricorrente, dovendosi guardare alla piccola realtà locale e non al quadro nazionale; ma una prova di tal genere neppure è stata allegata (quella richiesta in primo grado, invece, aveva ad oggetto solamente l’esistenza del processo generale di ristrutturazione dell’Ente). Ne consegue che non avendo la società P. provato e neppure offerto di provare che presso gli uffici postali dove venne assunta la ricorrente con il primo contratto esistevano quelle situazioni che legittimavano l’apposizione di un termine (e non viceversa semplici carenze strutturali da coprire con lavoratori da assumere a tempo indeterminato), l’appello incidentale deve essere comunque respinto. Sul quantum debeatur Come già esposto in narrativa il Tribunale non ha svolto l’istruzione della causa (neppure allo scopo di quantificare l’eventuale aliunde perceptum da parte della ricorrente in dipendenza di attività lavorative svolte successivamente alla cessazione del contratto). Si rende quindi necessario demandare la questione relativa al quantum debeatur alla presecuzione del giudizio, come da separata ordinanza. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 23 P.Q.M. Non definitivamente pronunziando, in parziale riforma della sentenza n. 87/09, in data 17/04 - 09/06/2009, del Tribunale di Trento, sez. Lav., impugnata in via principale da P. N. ed in via incidentale da P. i. S.p.A., accerta e dichiara che tra le parti intercorre un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 10/06/1999, cioè dal contratto contenente la previsione del termine dichiarato nullo dal primo giudice. Dispone la prosecuzione del giudizio per l’accertamento del quantum debeatur, come da separata ordinanza. Trento, lì 15 marzo 2010 IL CANCELLIERE (RENATO UDERZO) IL PRESIDENTE EST. (DOTT. FABIO MAIONE) Depositata in Cancelleria il Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 24