1 TRIBUNALE DI ROVERETO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME

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1 TRIBUNALE DI ROVERETO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME
TRIBUNALE DI ROVERETO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro ha
pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa con ricorso depositato il
10.6.2009 sub nr. 68/2009 R.G.C. da:
B. dott.ssa C. rappresentata e difesa dall’avv. M. P. del Foro di Trento giusta
delega a margine del ricorso
RICORRENTE
contro
G. R. S.R.L. rappresentata e difesa dall’avv. L. S. S. del Foro di Rovereto giusta
delega a margine della memoria difensiva
CONVENUTA
In punto: controversia di lavoro
CONCLUSIONI
Ricorrente: “IN VIA PRINCIPALE:
- accertare e dichiarare che la lettera di licenziamento dd. 10 giugno 2008 è stata
sottoscritta dal solo Presidente del Consiglio di Amministrazione e non anche
dall'Amministratore Delegato così come previsto dall'assemblea dei soci in
merito ai poteri di rappresentanza degli amministratori e che non essendo
intervenuta alcuna ratifica, dichiarare conseguentemente la nullità e/o
l'annullabilità e/o l'inefficacia della stessa ordinando, conseguentemente, il
ripristino del rapporto di lavoro nelle mansioni e nella retribuzione e nella
posizione contributiva, nonché dei vari emolumenti spettanti, sino ad un valido
evento interruttivo;
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ovvero in via subordinata
- accertare e dichiarare che la G. R. s.r.l. ha intimato il licenziamento alla
lavoratrice con decorrenza dalla sua ricezione e che more tempore è intervenuta
l'assenza per malattia della ricorrente e, per l'effetto, dichiarare lo stesso nullo
ed inefficace, ordinando, conseguentemente, il ripristino del rapporto di lavoro
nelle mansioni e nella retribuzione e nella posizione contributiva, nonché dei
vari emolumenti spettanti, sino ad un valido evento interruttivo;
ovvero in via ulteriormente subordinata
- accertare e dichiarare non interrotto il rapporto di lavoro e/o novato tra ,la
ricorrente e la convenuta in quanto successivamente alla data di spedizione
della lettera di licenziamento la B. ha continuato a prestare la propria attività
lavorativa in azienda incontrando esponenti del Cd.A e colleghi comunicando
poi la propria assenza per ferie, prestazione lavorativa accettata senza riserve
dalla società convenuta;
SEMPRE IN VIA PRINCIPALE SUBORDINATA
-accertare e dichiarare che il licenziamento intimato alla lavoratrice dalla G. R.
s.r.l. è ingiustificato e non sorretto da giusta causa o giustificato motivo e, per
l'effetto, voglia condannare la società, in per sona del legale rappresentante in
carica, a corrispondere a titolo di risarcimento del danno una somma pari al
corrispettivo di diciotto mesi di preavviso, o quella diversa misura ritenuta di
giustizia, con indennità da svalutazione monetaria ed interessi legali sulla
somma rivalutata dal dì di scadenza di ogni singola obbligazione sino al saldo
effettivo;
ULTERIORMENTE IN VIA PRINCIPALE
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-accertare e dichiarare l'esatta e complessiva retribuzione corrisposta dalla
società resistente all'impiegato meglio retribuito, che dovrebbe essere la
dipendente B. H., sia direttamente che indirettamente, e, per l'effetto,
rideterminare ai sensi dell'arto 4 C.C.N.L. la retribuzione spettante alla dr.ssa C.
B. sia nella sua entità sia nella sua decorrenza nel la data accertata in corso di
causa;
-accertare e dichiarare che la G. R. s.r.l. ha posto in essere per il tramite del
proprio Amministratore Delegato e legale rappresentante in carica M. D.,
personalmente e/o tramite altri dipendenti e/o collaboratori, condotte di
mobbing e per l'effetto condannare la G.- D. R. s.r.l., in persona del legale
rappresentante in carica, a risarcire alla dr.ssa C. B. il danno tutto conseguente,
nella misura,ritenuta di giustizia, da liquidare se del caso in via equitativa, con
indennità da svalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata
dal dì di scadenza di ogni singola obbligazione sino al saldo effettivo;
IN OGNI CASO
rideterminare le somme tutte spettanti alla ricorrente dr.ssa C. B., in ragione
dell'accoglimento delle domande sopra formulate ed in ogni caso in quanto
spettanti in ragione dei vizi del licenziamento e/o dell'insussistenza di giusta
causa e/o giustificato motivo, per differenze retributive, per adeguamento alla
retribuzione dell'impiegato meglio retribuito, siccome corrisposte in misura
inferiore rispetto al disposto del C.C.N.L., nella misura accertata in corso di
causa e ritenuta spettante, con indennità da svalutazione monetaria ed interessi
legali sulla somma rivalutata dal dì di scadenza di ogni singola obbligazione
sino al saldo effettivo;
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-con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa con IVA e CNP A in misura di
legge”.
Convenuta: “ogni contraria istanza ed eccezione reietta, con richiamo ai motivi
tutti . dedotti in narrativa ancorché qui non specificamente riprodotti:
quanto
alla
domanda
di
inefficacia/annullabilità/annullamento.
del
licenziamento principalmente: rigettarsi la domanda perchè infondata quanto
all'asserito difetto di potere in capo al Presidente A. S., infondata e non
supportata da prove e/o richiesta di prove ammissibili, sia quanto al preteso.
effetto sospensivo per pendenza di malattia previo accertamento e declaratoria
che la lettera di licenziamento è da ritenersi ricevuta in data 23 giugno 2008 e
comunque conosciuta e conoscibile in data precedente all' affermata insorgenza
della malattia, sia per inesistenza di malattia, comunque di malattia impeditiva
del lavoro, sia per. difetto di comportamenti in capo alla convenuta qualificabili
come di rinuncia al licenziamento, infondata anche atteso il ricevimento della
indennità sostitutiva del preavviso,
In via subordinata: previo accertamento e dichiarazione che gli effetti del
licenziamento, per la ipotesi di malattia incompatibile con il prosieguo della
attività lavorativa, se accertata la incompatibilità, sono differiti al 17 ottobre
2008, o in estremo denegato subordine al 23 giugno 2009 in ragione del
maturato comporto, rigettarsi ogni altra domanda,.
Sulla mancanza di motivazione e infondatezza del licenziamento: rigettarsi la
domanda perché infondata.
Sulla richiesta di adeguamento della retribuzione: quanto all'adeguamento
in relazione a posizione di dipendente meglio retribuito: perché infondata,
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quanto alla indennità sostitutiva delle ferie: perché non oggetto di conclusioni
e comunque non provata la mancata fruizione e comunque non dovuta,
quanto a differenze per trattamenti previsti da nuovi contratti nazionale e
integrativo, per difetto di specificazione degli elementi della domanda , per
difetto di prova o offerta di prova comunque per infondatezza.
sulla domanda di risarcimento danni da mobbing: per infondatezza
comunque per difetto di offerta di prove ammissibili.
Con vittoria di spese diritti ed onorari”.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 10 giugno 2009 B. C. - premesso di essere stata assunta
dalla G. R. S.r.l. a partire dal 1 febbraio 2005 con qualifica di dirigente e con
mansioni di responsabile delle pubbliche relazioni e gestioni aziendali in
genere, con rapporto diretto con l'amministratore delegato della società; di
avere svolto il lavoro regolarmente sino all'estate del 2007, quando (in
concomitanza con il cambio di A.D.) sono iniziate da parte della convenuta
condotte gravemente lesive della sua posizione economica e morale; di essere
stata licenziata in data 10 giugno 2008 con lettera ricevuta solo in data 8 luglio
2008 quando si trovava in malattia - conveniva in giudizio innanzi a questo
Tribunale la G. R. per sentire accertare:
1) la nullità e/o inesistenza e/o inefficacia della risoluzione del rapporto di
lavoro:
a)
per carenza dei poteri in capo al presidente del consiglio di
amministrazione dott. S. che aveva sottoscritto la lettera di
licenziamento;
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b)
per essere la lettera di licenziamento stata ricevuta solo in data 8
luglio 2008 allorquando essa ricorrente si trovava in malattia e
dopo che la stessa aveva prestato attività lavorativa anche dopo il
23 giugno 2008, data in cui la G. R. aveva ritenuto cessato il
rapporto di lavoro;
2) l'insussistenza di una giusta causa e o di un giustificato motivo di
licenziamento;
3) che, ai sensi dell'art. 4 C.C.N.L. di settore, la sua retribuzione non poteva
essere inferiore a quella della dipendente H.;
4) la natura mobbizzante della condotta posta in essere dalla convenuta a
decorrere dall'estate 2007:
5) l'erroneo conteggio delle spettanze dovute.
Nel costituirsi in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso la convenuta
evidenziava la piena validità del licenziamento tenuto conto del fatto che il
presidente del consiglio di amministrazione ben aveva il potere di procedere in
via disgiunta all'estinzione del rapporto di lavoro; sottolineava come la lettera
di licenziamento fosse pervenuta al domicilio della ricorrente già in data 16
giugno 2008; osservava come il licenziamento fosse ampiamente giustificato
avuto riguardo al fatto che le motivazioni contenute nella relativa lettera
davano conto sia del venir meno dei compiti della dott.ssa B. e dell'assunzione
in capo all'amministratore delegato D. delle residue funzioni; rilevava come la
pretesa attorea di adeguare la sua retribuzione a quella del dipendente
maggiormente retribuito H. forse infondata tenuto conto del fatto che
quest'ultima a decorrere dall'estate 2007 aveva assunto ulteriori compiti relativi
alla neo costituita G. I. G. e come non potesse in ogni caso tenersi conto di
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quanto percepito dalla medesima in qualità di socia; negava di aver posto in
essere vessazioni nei confronti della ricorrente; contestava che fossero
intervenuti errori nel conteggio delle spettanze.
Esaurito senza esito il prescritto tentativo di conciliazione, venivano sentiti
numerosi testi sui capitoli di prova articolati dalle parti ed ammessi dal Giudice
e veniva disposta C.T.U. medico-legale a mezzo del dott. E. M. di Rovereto.
All'odierna udienza, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe e trascritte,
la causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente e veniva
depositata sentenza.
***
Per esigenze di chiarezza espositiva vengono esaminate separatamente le
singole domande versate in causa dalla ricorrente seguendo lo stesso ordine
dell'atto introduttivo.
1) pretesa nullità e/o inesistenza e/o inefficacia della risoluzione del
rapporto di lavoro:
a) per carenza dei poteri in capo al presidente del consiglio di amministrazione
dott. S. che ha sottoscritto la lettera di licenziamento;
La ricorrente lamenta che la lettera di licenziamento di 13 giugno 2008 è stata
sottoscritta dal solo presidente del consiglio di amministratore dtt. S. era in
aperto spregio dei poteri che l'assemblea dei soci del 9 maggio 2007 gli aveva
concesso.
L’assunto è infondato, non emergendo minimamente dal citato verbale di
assemblea dei soci (doc. 21 parte ricorrente) che i consiglieri S. e D. dovessero
effettuare il licenziamento dei dipendenti in via congiunta tra loro, dal
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momento che la clausola relativa ai lavoratori si limita a fare riferimento alle
seguenti attività: “ assumere personale di manodopera, impiegati e dirigenti,
fissare le retribuzioni, le mansioni ed i compiti, determinando le eventuali
cauzioni, operazioni tutte queste effettuabili a condizione che le stesse
preventivamente risultino rientrare nel budget deliberato dal C.d.A.”.
Non essendo compreso tra queste voci il licenziamento dei dipendenti, deve
ritenersi che ad esso potesse provvedersi anche in via disgiunta e ciò appare
anche comprensibile posto che il licenziamento - a differenza dell'assunzione non comporta in via normale spese a carico della società.
b) per essere la lettera di licenziamento stata ricevuta solo in data 8 luglio 2008
allorquando la ricorrente si trovava in malattia e dopo che la stessa aveva
prestato attività lavorativa anche dopo il 23 giugno 2008, data in cui la G. R.
aveva ritenuto cessato il rapporto di lavoro.
La ricorrente lamenta che il licenziamento sarebbe inefficace avendo ricevuto la
relativa lettera in data 8 luglio 2008, quando si trovava assente per malattia, ed
avendo in ogni caso proseguito il lavoro senza alcuna contestazione da parte
della lettrice di lavoro anche dopo il 23 giugno 2008 indicato da quest'ultima
quale data di estinzione del rapporto.
Anche questo assunto è privo di pregio.
Dalla comunicazione del responsabile CPD di Trento prodotta dalla convenuta
sub doc. 3 e dalla testimonianza del medesimo emerge come la raccomandata
del 13 giugno 2008 inviata alla B. sia stata "avvisata al destinatario dal
portalettere di zona in data 16 06 2008”.
Nessun dubbio può sorgere circa il fatto che l'avviso in questione sia stato
effettivamente inserito nella casella postale della ricorrente dal momento che -
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in caso contrario - il marito non avrebbe potuto provvedere al ritiro della
raccomandata il successivo 8 luglio.
La circostanza che la ricorrente abbia atteso un numero così significativo di
giorni prima di attivarsi per il ritiro è addebitabile esclusivamente ad una sua
libera scelta e, come tale, non può comportare alcun nocumento alla convenuta,
la quale aveva fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per far pervenire
tempestivamente la comunicazione al domicilio della dipendente.
Né argomenti a vantaggio della tesi attorea possono trarsi dal fatto che la stessa
non è stata estromessa dal posto di lavoro dopo il 23 giugno 2008, dal momento
che a quella data la convenuta non poteva ancora avere la certezza che la
raccomandata fosse giunta al domicilio della dott.ssa B..
2) Pretesa ingiustificatezza del licenziamento.
Parte ricorrente sostiene che il licenziamento sia stato intimato senza la
sussistenza di giusta casa e/o di giustificato motivo, non essendo affatto
sufficienti le scarne e contraddittorie motivazioni addotte dalla società. Chiede,
quindi, la condanna della convenuta al pagamento di un'ulteriore indennità da
commisurarsi tra un minimo pari al periodo di preavviso spettante in base
all'anzianità di servizio ed un massimo di 18 mensilità.
In proposito giova in primo luogo richiamare il consolidato insegnamento della
S.C. secondo cui “considerata la particolare configurazione del rapporto di
lavoro dirigenziale, la nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente
non si identifica con quella di giusta causa o giustificato motivo del
licenziamento ex art. 1 della legge n. 604 del 1966; conseguentemente, fatti o
condotte non integranti una giusta causa o un giustificato motivo di
licenziamento con riguardo ai generali rapporti di lavoro subordinato ben
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possono giustificare il licenziamento, per cui, ai fini della giustificatezza del
medesimo, può rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del
diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore, nel cui ambito rientra
l'ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente” (si confronti, ad es., Sez. L, sent.
17039 del 19/08/2005).
La dott.ssa B. era stata assunta con la qualifica di dirigente al fine di svolgere le
mansioni “di responsabile di pubbliche relazioni e gestioni aziendali in genere,
compito che sarà da lei svolto alle dirette dipendenze dell'amministratore
delegato” (si veda lettera di assunzione del 1 febbraio 2005, doc. 1 parte
ricorrente).
La lettera di licenziamento del 10 giugno 2008 afferma che le mansioni affidate
alla ricorrente sono venute da tempo a mancare, principalmente in
considerazione del fatto che esse avevano una loro ragion d’essere fintantoché
era presente l’amministratore delegato dottor Bernardi, il quale poteva essere
presente in sede solo in modo saltuario ed aveva necessità di sfruttare le
conoscenze del territorio della dott.ssa B.
Tali esigenze non ricorrevano, invece, sempre secondo la lettera di
licenziamento, con riferimento al nuovo A.D. rag. D., il quale “ sia per le sue
conoscenze competenze specifiche, ma anche per essere in loco, si occupa e si
può occupare non solo della gestione amministrativa, ma anche farsi carico e
pertanto assumere direttamente nella suindicata qualità le mansioni già da Lei
svolte e quindi intrattenere quelle residue e
ridotte relazioni, se ancora
necessarie ed utili, con le istituzioni pubbliche e private e comunque occuparsi
di ogni qualsiasi questione necessaria una gestione in loco della società, anche
in considerazione del ridotto ruolo della sede”.
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Si tratta, quindi, di stabilire se all'esito dell'istruttoria le addotte motivazioni
siano risultate fondate ovvero se, al contrario, essi si siano dimostrate arbitrarie.
A parere di questo Giudice si impone la prima soluzione.
In punto di fatto è certo che il dottor B. interveniva solo saltuariamente in
Trentino e che, essendo a Milano, aveva bisogno di sfruttare le particolari
conoscenze e relazioni della ricorrente sul territorio e della quale ella stessa ha
parlato sia nell'interrogatorio libero, che in svariate comunicazioni alla
convenuta.
Parimenti certo è che tra la B. e l'amministratore delegato B. esisteva un forte
rapporto di fiducia, rapporto di fiducia che - con altrettanta certezza - non
sussisteva tra la medesima ed il nuovo amministratore delegato rag. D..
Ampiamente provato in causa è stato, altresì, il fatto che l’impegno che ha
caratterizzato in via pressoché esclusiva la prima fase del rapporto lavorativo
dirigenziale della B. è stato quello finalizzato all’ottenimento di un contributo
da parte della Provincia in relazione ad un progetto di ricerca innovativo nel
settore geologico, il quale ha comportato l’attivazione da parte della B. di una
fitta rete di relazioni personali principalmente con esponenti riferibili all’ambito
della Provincia e dell’Università.
Tale contributo non è, poi, stato ottenuto, probabilmente più per scelta della
convenuta – che ha preferito non far trapelare all’esterno i segreti del brevetto –
che per demerito della ricorrente (si confronti, sul punto, l’illuminante
interrogatorio libero del legale rappresentante della convenuta S.).
Qui non si tratta, peraltro, di stabilire se il mancato riconoscimento del
contributo sia dipeso dall’una o dall’altra parte, ma di prendere atto che la
convenuta – in forza di una sua libera scelta imprenditoriale certamente non
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sindacabile in sede giudiziaria – ha preferito proseguire nella sua attività
contando solo sulle sue forze e non condividendo con l’Università di Trento le
conoscenze tecniche che possedeva in via autonoma.
Avuto riguardo al fatto che l’attività finalizzata all’ottenimento del contributo si
era esaurita (più o meno in concomitanza con la cessazione dell’incarico di A.D.
del dott. B.) e che le mansioni della ricorrente dovevano svolgersi a diretto
contatto dell'A.D., appare chiaro come la già descritta mancanza di sintonia tra
il nuovo A.D. D. e la dott.ssa B. e la conoscenza dell’ambiente economico
trentino che il D. – a differenza del B. – certamente aveva, ha fatto venire meno
le ragioni di una prosecuzione del rapporto di lavoro.
Al riguardo va rimarcato che il principio di correttezza e buona fede, che
costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve
essere coordinato con quello di iniziativa economica, garantito dall'art. 41 Cost.,
che verrebbe nella sostanza frustrato ove si impedisse all'imprenditore, a fronte
di razionali e non arbitrarie situazioni, di scegliere discrezionalmente le persone
idonee a collaborare con lui ai più alti livelli della gestione dell'impresa e, allo
stesso modo, di non avvalersi di dirigenti collaboratori di precedenti
amministratori delegati nel caso in cui - per la conoscenza del territorio, per la
presenza in loco e per il venir meno del progetto che costituiva la principale
ragione di assunzione della ricorrente - le relative funzioni non risultino più di
alcuna utilità al perseguimento degli interessi aziendali.
Il fatto, poi, che il licenziamento della ricorrente sia stato intimato svariati mesi
dopo il cambio di amministratore delegato trova la sua più ragionevole
spiegazione nella particolare – e, per certi versi, anomala - situazione personale
della B. che, al contempo, è moglie di un dirigente di primo piano della Banca
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di Trento e Bolzano e comproprietaria degli uffici che erano stati dati in
locazione a G..
In proposito non appare certamente pretestuoso quanto riferito dal rag. D., e
cioè che la convenuta – prima di procedere al licenziamento della ricorrente - ha
cercato a lungo un accordo transattivo che le consentisse di non “mettersi
contro” un esponente importante dell’ambiente economico trentino quale l’avv.
Z. (responsabile della funzione legale e contenzioso della B. da oltre vent’anni:
si veda sua testimonianza).
Al contrario risultano del tutto formalistiche le precisazioni del marito della
ricorrente secondo cui egli non avrebbe mai trattato la posizione della
convenuta (dal momento che si occupava “solo delle pratiche in sofferenza e
non di quelle aventi ad oggetto clienti in bonis”) o che gli affidamenti con B. di
cui godeva G. erano in realtà seguiti da C. (di cui il D. era stato prima
presidente e poi membro del collegio sindacale).
Appare, invero, di tutta evidenza come in un ambiente piccolo come quello
trentino una società non certamente in buone acque come quella convenuta
(sottoposta in pendenza di giudizio a concordato preventivo: si veda doc. 37 G.)
avesse ogni interesse a non scontentare un istituto bancario di preminente
rilievo provinciale quale la Banca di Trento e Bolzano e, per esso, il suo
dirigente di rilievo avv. Z..
Deve ribadirsi, in ragione di quanto sin qui esposto, che le motivazioni addotte
da G. per il licenziamento della ricorrente non sono affatto pretestuose e,
conseguentemente, che la giustificatezza dell’intimato licenziamento esclude
l’obbligo di corrispondere l’indennità prevista allo scopo dalla contrattazione
collettiva.
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3) pretesa attorea di adeguare la sua retribuzione a quella del dipendente
maggiormente retribuito H.
La ricorrente chiede che la sua retribuzione venga adeguata, ai sensi dell'art. 4
del C.C.N.L. di settore, a quella del dipendente maggiormente retribuito B. H..
Il 5° comma del menzionato articolo prevede che “la retribuzione globale del
dirigente non potrà essere inferiore alla retribuzione del quadro o
dell'impiegato meglio retribuito appartenente alla stessa azienda. Restano
comunque escluse da qualsiasi confronto o rapporto le retribuzioni dei
produttori e dei viaggiatori, nonché del personale di alta o particolare
specializzazione”.
Dalle buste paga prodotte dalla convenuta emerge come fino al luglio del 2007
la retribuzione della H. sia rimasta inferiore a quella della B. e come, a partire
dal successivo mese di agosto, vi sia stato un significativo incremento della
medesima.
La teste U. ha, peraltro, attraverso la conferma del cap. 31 di parte convenuta,
riferito che a decorrere da quell’epoca la H. – moglie del socio e responsabile
tecnico Rode e socia anch’ella – si era vista attribuire nuove mansioni a favore
della neo costituita G. I. G., interamente controllata dalla convenuta G. R..
Ne consegue che la retribuzione della H. post luglio 2007 non può essere presa
come punto di riferimento ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 4, comma 5
c.c.n.l., ricadendosi pienamente nell’eccezione prevista dall’ultima parte della
norma, atteso anche che le mansioni ulteriori attribuite alla H. implicavano la
conoscenza della lingua tedesca avendo la società sede ad Amburgo (si veda
testimonianza D.).
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A maggior ragione non sono utili al raffronto in questione gli emolumenti
percepiti dalla H. quale socia di G., esulando tale fattispecie alla radice dalla
previsione contrattuale dell’art. 4.
4) preteso mobbing.
Parte ricorrente sostiene di essere stata “mobbizzata” dalla convenuta
attraverso plurime condotte vessatorie poste in essere a decorrere dall’avvento
del nuovo A.D. D. (estate del 2007).
Le condotte in questione si sarebbero principalmente estrinsecate attraverso:
• il continuo cambio di postazioni di lavoro;
• la richiesta di chiarimento del contenuto delle mansioni con lettera dd.
6.8.2007;
• la sottrazione di strumenti di lavoro;
• il mancato invito alle riunioni aziendali;
• la mancata consegna delle chiavi del nuovo ufficio di Rovereto
Le condotte in questione hanno trovato parziale conferma nell’ampia istruttoria
testimoniale.
Deve escludersi che la lettera del 6.8.2007 concreti una condotta vessatoria, dal
momento che la richiesta di chiarimento circa le mansioni effettivamente svolte
alla sola dirigente e non agli altri dipendenti ben si giustifica in ragione del
diverso contenuto delle relative funzioni ed alla nebulosità dell’incarico di
“pubbliche relazioni” contenuto nel contratto di assunzione.
Parimenti va escluso che il mancato invito alle riunioni aziendali trovi
spiegazione nella volontà di emarginare la B., visto e considerato che la teste M.
– che certamente non può essere tacciata di faziosità contro la ricorrente avendo
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sottolineato di essere sua amica – ha riferito che “anche quando era A.D. il B. la
B.era l’unica componente dell’ufficio a non partecipare alle riunioni”.
Più controverse appaiono, invece, le circostanze relative al ripetuto cambio delle
postazioni di lavoro ed alla mancata immediata messa a disposizione di
strumenti di primaria importanza quali il computer ed il telefono.
Se è ben vero - come afferma parte convenuta - che lo spostamento dell’ufficio
trovava una sua spiegazione nelle mutate esigenze di collocazione dei nuovi
dipendenti o collaboratori, è altrettanto vero che le modalità con cui tale
spostamento è stato effettuato (all’insaputa della B., la quale, al rientro dalle
ferie, ha trovato il suo precedente posto di lavoro occupato dall’U.) non depone
certamente nel senso di una condotta irreprensibile.
Quanto alla messa a disposizione di computer e telefono in occasione dei cambi
d’ufficio, i testi hanno riferito circostanze non univoche, affermandosi da parte
di alcuni che la B. è stata a lungo priva di tali strumenti e negandosi da parte di
altri (forse meno credibili) che ciò sia accaduto.
Quanto, infine, alla mancata consegna delle chiavi relative al nuovo ufficio di
Rovereto, la tesi difensiva di parte convenuta, secondo cui esse non sarebbero
state consegnate atteso che la B. arrivava in ufficio dopo gli altri dipendenti e se
ne andava via prima, appare oggettivamente priva di consistenza, visto e
considerato che non risponde certamente ad un criterio di normalità che un
dirigente debba subordinare il suo ingresso in ufficio alla presenza di qualcuno
che lo faccia entrare.
Deve, quindi, ritenersi che la “reazione disadattativa con ansia ed umore
depresso, in forma lieve, insorta nell’estate del 2008 come conseguenza diretta
di una situazione lavorativa difficile dal punto di vista ambientale” di cui ha
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parlato il C.T.U. dott. M. sia riconducibile alla condotta mobbizzante posta in
essere dalla datrice di lavoro attraverso i descritti comportamenti.
In considerazione della quantificazione del danno in misura pari al 3% operata
dal C.T.U. appare equo riconoscere alla ricorrente – a titolo di danno non
patrimoniale ed in applicazione delle cd. Tabelle di Milano usualmente
utilizzate nei locali uffici – un importo espresso in moneta attuale di € 3.381,
oltre interessi legali dalla data odierna al saldo.
Non si ravvisano gli estremi per disporre sul punto la trasmissione degli atti
alla locale Procura della Repubblica, come richiesto dalla ricorrente, non
apparendo integrato un reato procedibile d’ufficio.
5) erroneo conteggio delle spettanze dovute.
Parte ricorrente sostiene che – oltre al ricalcolo degli emolumenti a suo dire
spettantile, su cui si rimanda a quanto sopra deciso – vi sarebbe stato un errore
nel conteggio delle spettanze in occasione dell’ultima busta paga.
La censura è priva di qualsivoglia specificità e, come tale, non può che essere
rigettata, non essendo, tra l’altro, dato comprendere quale diverso c.c.n.l.
troverebbe applicazione.
Spese di causa.
L’esito della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese del
giudizio e la condanna della convenuta al pagamento delle spese di C.T.U.
nell’importo a suo tempo liquidato.
P.Q.M.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto definitivamente pronunciando,
uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così
provvede:
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Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it
Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011
1. accertata la natura mobbizzante di talune condotte poste in essere nei
confronti della ricorrente nel corso dell’ultimo anno di lavoro,
condanna la convenuta al pagamento in favore della B. dell’importo di
€ 3.381, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo;
2. respinge nel resto il ricorso;
3. dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio e pone a carico di
parte convenuta le spese del C.T.U. dott. M. nell’importo a suo tempo
liquidato.
Così deciso in Rovereto il 30 novembre 2010
Il Giudice
- dott. Michele Cuccaro -
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