Equazioni differenziali

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Equazioni differenziali
1
Equazioni differenziali
Un’equazione del tipo
F (t, y, y ′, . . . , y (n)) = 0
(1)
con una funzione incognita y dipendente dalla variabile indipendente t, assieme alle sue
derivate fino all’ordine n, viene detta equazione differenziale di ordine n.
Definizione 1.1. La funzione u è soluzione di (1) nell’intervallo I ⊂ R se u : I 7→ R è
derivabile n volte in I e soddisfa
F (t, u(t), u′(t), . . . , u(n) (t)) = 0,
∀t ∈ I.
Osserviamo che un’equazione differenziale può non avere alcuna soluzione. Ad esempio
l’equazione
F = 1 + (y ′)2 = 0
non ha alcuna soluzione (reale). Quando ammette soluzione, un’equazione differenziale di
ordine n ha infinite soluzioni dipendenti da n costanti arbitrarie. Ad esempio, se n = 1
l’equazione
F (t, y, y ′) = y ′ (t) − g(t) = 0,
con g funzione integrabile in R, ammette le infinite soluzioni
Z
y(t) = g(t) dt + c c ∈ R,
dipendenti dalla costante arbitraria c. Si parla in tal caso di una famiglia di soluzioni. Consideriamo ora il caso n = 1. Per determinare una specifica soluzione all’interno di una famiglia
di soluzioni bisogna assegnare una condizione che permetta di fissare la costante arbitraria.
Molte equazioni differenziali descrivono l’evoluzione temporale di un sistema, di un fenomeno
della fisica, chimica, biologia,. . . È allora ragionevole supporre di conoscere le condizioni del
sistema in un istante iniziale. Questa può essere la condizione specifica. In tal caso si ha il
problema di Cauchy
 ′
 y (t) = f (t, y(t)) t ∈ I,
(2)

y(t0 ) = y0 ,
con t0 ∈ I e y0 ∈ R costante assegnata. Quando, come in (2), l’equazione differenziale è
scritta con la derivata di ordine massimo uguale a tutto il resto, si dice che l’equazione è
scritta in forma normale.
1
Nel corso di questa sezione vogliamo accennare ai seguenti problemi:
• esistenza, unicità e calcolo della soluzione di un’equazione differenziale;
• prolungamento massimale della soluzione;
• comportamento asintotico e stabilità della soluzione.
Il seguente teorema dà condizioni sufficienti per l’esistenza e l’unicità della soluzione.
Teorema 1.2. Siano a, b, c, d ∈ R con a < b e c < d e sia A =]a, b[×]c, d[. Sia f : A 7→ R
∂f
continua per ogni (t, y) ∈ A con la derivata parziale
(t, y) continua in A. Allora per
∂y
ogni punto (t0 , y0 ) ∈ A, ∃ δ > 0 tale che ∃ u : [t0 − δ, t0 + δ] 7→ R soluzione del problema
di Cauchy (2). Questa soluzione è unica, cioè ogni altra soluzione definita nello stesso
intervallo [t0 − δ, t0 + δ] coincide con u.
Osserviamo che, se u = u(t) è soluzione, u(t) derivabile implica u(t) continua. Essendo f
continua per ipotesi, dall’equazione differenziale si ricava u′ (t) = f (t, u(t)) continua e dunque
u(t) di classe C 1 .
Esempio 1.1. Sia
′
y (t) =
√
p
y(t) − 1
,
t
y ≥ 1,
t 6= 0.
y−1
La funzione f (t, y) =
, definita in A = {t ∈ R : t 6= 0} × {y ∈ R : y ≥ 1}, è continua
t
1
∂f
(t, y) = √
in A e
è continua in {t ∈ R : t 6= 0} × {y ∈ R : y > 1}. In virtù del
∂y
2t y − 1
teorema precedente, per ogni (t0 , y0 ) ∈ R2 con t0 6= 0 e y0 > 1, esiste un’unica soluzione
definita in [t0 − δ, t0 + δ], con δ > 0 costante reale opportuna.
Esempio 1.2. Nel caso di un’equazione differenziale lineare del primo ordine
y ′(t) = a(t)y(t) + b(t),
basta richiedere a(t) e b(t) ∈ C 0 (]a, b[), con a < b ∈ R. Allora f (t, y) = a(t)y + b(t) e
∂f
(t, y) = a(t) sono funzioni continue in ]a, b[×R.
∂y
1.1
Unicità della soluzione
La mancanza dell’unicità della soluzione del problema di Cauchy significa che ci sono più
soluzioni che soddisfano la stessa condizione iniziale e sono definite sullo stesso intervallo. In
questo caso i grafici delle soluzioni si intersecano nel punto comune (t0 , y0 ). Per esempio, il
problema di Cauchy
y ′ (t) = y(t)2/3 ,
y(0) = 0,
ammette come soluzioni y1 (t) = 0 per ogni t ∈ R e anche le funzioni

t < t1 ,

 0
!3
y(t) =
t − t1

t ≥ t1 ,

3
2
per ogni t1 ≥ 0. Osserviamo che ci sono infinite soluzioni, i cui grafici sono
∂f
2
= y −1/3 è continua per y 6= 0,
∂y
3
ma non definita in y = 0 e illimitata in ogni intorno di y = 0.
Al contrario, in caso di unicità i grafici di soluzioni diverse (corrispondenti a valori iniziali
diversi) non possono intersecarsi in nessun punto.
In questo caso le ipotesi del teorema non valgono. Infatti,
1.2
Dinamica delle popolazioni: il modello di Malthus
Il modello di Malthus (1798) descrive l’evoluzione temporale di una popolazione isolata in
cui gli unici fattori di evoluzione sono la fertilità e la mortalità. Indichiamo con N(t) ≥ 0 il
numero di individui presenti al tempo t, con λ il numero di neonati per individuo per unità
di tempo e con µ il numero di morti per individuo per unità di tempo. Supponiamo λ e µ
costanti in t. Allora la variazione di individui nel tempo h è
N(t + h) − N(t) = λN(t)h − µN(t)h.
Al limite per h → 0, si ha
′
N (t) = (λ − µ)N(t).
′
N
ǫ = λ−µ rappresenta il potenziale biologico. Se è costante, il tasso relativo di crescita
=ǫ
N
è costante nel tempo. L’equazione differenziale che descrive questo modello è un’equazione
d
lineare del primo ordine. Se N 6= 0, si ha log|N(t)| = ǫ, da cui log|N(t)| = ǫt + c1 , con
dt
c1 ∈ R. Si ottiene cosı̀
N(t) = eǫt+c1 = c eǫt .
Se N(0) = N0 , si trova c = N0 , da cui
N(t) = N0 eǫt ,
3
che vale anche se N(t) = 0, per N0 = 0. Dunque
ǫ>0
N0
La soluzione N(t) → +∞ per t → +∞.
ǫ<0
N0
La soluzione N(t) → 0 per t → +∞.
ǫ=0
N0
4
Essendo f (t, N) = ǫN, per il teorema di esistenza ed unicità della soluzione, per ogni dato
iniziale troviamo la corrispondente soluzione. Osserviamo che la funzione identicamente
nulla è soluzione. Allora, grazie all’unicità, se N0 6= 0 deve essere N(t) 6= 0 per ogni t. Per
lo stesso motivo, se vale N0 > 0 deve essere N(t) > 0, se vale N0 < 0 deve essere N(t) < 0.
1.3
Modello logistico. Studio qualitativo
All’aumentare della popolazione diminuiscono le risorse e dunque cala il tasso di crescita
(diminuzione della fertilità, aumento di mortalità). Nel 1845 Verhulst propose un modello in
cui il tasso relativo di crescita decresce linearmente con N. L’equazione che descrive questo
fenomeno è
!
N(t)
N ′ (t) = ǫN(t) 1 −
,
(3)
k
con ǫ > 0 e k > 0.
E’ possibile ricavare informazioni di tipo qualitativo sull’andamento delle soluzioni direttamente dall’equazione differenziale, senza conoscerne l’espressione esplicita. A tale proposito,
osserviamo quanto segue.
L’equazione precedente è un esempio di equazione logistica y ′(t) = ay(t)(1 − by(t)), con
a, b > 0. Si tratta di un’equazione non lineare a variabili separabili, cioè del tipo
y ′(t) = f (t)g(y).
Ricordiamo che queste equazioni ammettono anche le soluzioni stazionarie del tipo y(t) = ỹ
con ỹ ∈ R tale che g(ỹ) = 0. Nel caso di (3), sono soluzioni stazionarie le funzioni costanti
N(t) = 0 e N(t) = k. Inoltre:
• se il dato iniziale soddisfa 0 < N0 < k, allora per l’unicità si trova 0 < N(t) < k; da (3)
segue N ′ (t) > 0 per ogni t;
• se N0 > k, allora N(t) > k con N ′ (t) < 0 per ogni t;
• se N0 < 0, allora N(t) < 0 con N ′ (t) < 0 per ogni t.
Essendo poi
2
ǫ
′
′
′′
′
N (t) = ǫN (t) − 2 N(t)N (t) = ǫN (t) 1 − N(t) ,
k
k
si trova che
2
′
′′
• se N(t) > k, allora 1 − N(t) < −1. Poiché N (t) < 0, si ha che N (t) > 0, ossia la
k
′
funzione N(t) è convessa e dunque N (t) crescente;
′′
′
• se N(t) < 0, allora N (t) < 0 e dunque N(t) è concava e N (t) decrescente;
• se 0 < N(t) < k, si ha N ′ (t) > 0 e dunque il segno di N ′′ (t) è lo stesso di 1 − 2N(t)/k. Se
N(t) = k/2 allora N ′′ (t) = 0. Inoltre N ′′ (t) > 0 (risp. N ′′ (t) < 0) se e solo se N(t) < k/2
(risp. N(t) > k/2). Perciò i punti della retta N = k/2 sono punti di flesso, al di sopra N ′ (t)
è decrescente (N(t) concava) e al di sotto N ′ (t) è crescente (N(t) convessa). Nei punti di
flesso la pendenza della retta tangente è
N ′ (t) = ǫ
k
k/2 ǫk
1−
= ,
2
k
4
5
la stessa per ogni soluzione.
Determiniamo ora le soluzioni non stazionarie, assumendo perciò NZ 6= 0 e N 6= k. Scriv′
N
1
! = ǫ, da cui integrando otteniamo
! dN =
iamo (3) nella forma N
N
N 1−
N 1−
k
k
1
1
1
! =
ǫt + c, con c costante reale. Inoltre, essendo
+ , otteniamo
k−N
N
N
N 1−
k
N log
= ǫt + c, da cui
k − N N ǫt+c
= e .
k − N Per eliminare il valore assoluto distinguiamo ora i seguenti casi:
• se 0 < N0 < k, allora
N0 ǫt
e
k
k − N0
N(t) =
.
N0 ǫt
1+
e
k − N0
Dunque la soluzione è data da
N(t) =
• se N0 > k, allora
kN0 eǫt
→k
k + N0 (eǫt − 1)
per t → +∞.
N0 ǫt
e
N0 − k
.
N(t) =
N0 ǫt
e −1
N0 − k
k
Ne segue che, come prima,
N(t) =
kN0 eǫt
→k
N0 (eǫt − 1) + k
per t → +∞.
Osserviamo che la soluzione N(t) = k è asintoticamente stabile: i.e.
∃ ǫ0 > 0 : ∀ N0 con |N0 − k| < ǫ0 , la soluzione N(t) con N(0) = N0 ha lim N(t) = k.
t+∞
Nel caso specifico del modello il valore k è detto capacità dell’ambiente.
• se N0 < 0, la soluzione è data ancora da
N(t) =
kN0 eǫt
.
N0 (eǫt − 1) + k
6
k
y
Per studiare questo caso, sostituiamo N < 0 con −y, dove y > 0. Otteniamo y ′ = ǫy 1 + .
k
Scegliendo per comodità ǫ = k = 1, si ha y ′ = y(1 + y) che ammette un’unica soluzione per
ogni dato iniziale (t0 , y0 ). La soluzione con dato iniziale (0, y0) è
y(t) =
y0 et
et
=
.
1 + y0
1 + y0 − y0 et
− et
y0
1
Se t → t⋆ = ln 1 +
, allora la soluzione y(t) → +∞.
y0
Continuando a prolungare (ad esempio verso destra, per tempi crescenti) la soluzione
dell’equazione generale (2) per mezzo del teorema di esistenza, la soluzione risulta definita
su un intervallo massimale (destro) di esistenza [0, Tmax [, con
Tmax = sup{τ : la soluzione esiste in [0, τ ]}.
Osserviamo che l’unicità della soluzione permette di raccordare le soluzioni negli intervalli
comuni, cioè consente il prolugamento della soluzione.
Se Tmax = +∞ la soluzione si dice indefinitamente prolungabile a destra. Se invece Tmax <
−
+∞, allora |y(t)| → +∞ per t → Tmax
, e si parla in tal caso di catastrofe in tempo finito.
In maniera analoga si può prolungare la soluzione a sinistra, per valori negativi di t, e la
soluzione risulta definita su un intervallo massimale (sinistro) di esistenza ]Tmin , 0].
Teorema 1.3 (Esistenza globale in un intervallo prefissato). Siano a < b ∈ R e sia f :
[a, b] × R 7→ R. Supponiamo che in ]a, b[×R valgano le ipotesi del Teorema 1.2 di esistenza
7
e unicità e che esistano due costanti non negative K1 e K2 tali che
|f (t, y)| ≤ K1 + K2 |y| ∀ t ∈ [a, b], ∀ y ∈ R.
(4)
Allora ∀ (t0 , y0) ∈]a, b[×R, la corrispondente soluzione del problema di Cauchy (2) è definita
in tutto [a, b].
Osserviamo che se b si può scegliere arbitrariamente grande, allora la soluzione è prolungabile a [a, +∞[. Se anche a può essere scelto arbitrariamente, la soluzione risulta prolungabile
a tutto R. Osserviamo anche che la maggiorazione nel teorema consente una crescita di f al
più lineare in y.
Esempio 1.3. Consideriamo il seguente problema di Cauchy
′
y (t) = arctg(ty),
y(0) = α ∈ R.
La funzione f (t, y) = arctg(ty) ∈ C ∞ (R2 ) e f (t, y)≤ π/2 per ogni (t, y) ∈ R2 . Per il
teorema precedente (con K1 = π/2, K2 = 0), l’esistenza è globale su tutto R. Inoltre, se il
dato iniziale è α = 0, la soluzione è identicamente nulla: y(t) = 0 per ogni t ∈ R.
Sia ora α > 0. Posto ψ(t) = y(−t), si ha ψ ′ (t) = −y ′ (−t), da cui
′
ψ (t) = −arctg((−t)y(−t)) = arctg(tψ(t))
ψ(0) = α ∈ R.
Ne segue che anche ψ è soluzione dello stesso problema. L’unicità implica allora che y(t) =
ψ(t) = y(−t), ossia y è una funzione pari. Inoltre y ′ (0) = 0. Essendo α > 0, dall’unicità
della soluzione segue che y(t) > 0 per ogni t ∈ R. Inoltre y ′(t) > 0 per t > 0 e y ′ (t) < 0
per t < 0. Perciò la retta t = 0 è una linea di minimi assoluti per le soluzioni. La derivata
ty ′
′′
> 0 per ogni t 6= 0, da cui la soluzione y(t) è convessa. Per la
seconda y =
1 + (ty)2
π
monotonia esiste lim y(t) = l ≤ +∞ ed esiste lim y ′ (t) = lim arctg(ty) = . Ne
t→+∞
t→+∞
t→+∞
2
segue che lim y(t) = +∞. La funzione y(t) potrebbe dunque avere un asintoto obliquo.
t→+∞
Calcoliamo
y(t)
π
= lim y ′(t) = .
t→+∞ t
t→+∞
2
lim
Infine, calcoliamo
!
!
!
Z t
Z +∞
π
π
π
lim y(t) − t = lim α +
arctg(ξy(ξ)) dξ − t = α +
arctg(ξy(ξ)) −
dξ.
t→+∞
t→+∞
2
2
2
0
0
Vale l’uguaglianza
arctg(ξy(ξ)) −
π
1
= −arctg
2
ξy(ξ)
(dedotta da arctg(x) + arctg(1/x) = π/2 ∀x 6= 0). Poiché
Z +∞
1
arctg
dξ
ξy(ξ)
0
8
1
π
è convergente in quanto, per ξ → 0+ , arctg
→ , mentre per ξ → +∞ si comporta
ξy(ξ)
2
come
Z +∞
1
dξ,
ξ2
si ha
q =α+
Z
+∞
0
π
arctg(ξy(ξ)) −
2
!
dξ < +∞.
La retta y = π2 t + q è l’asintoto per t → +∞. Per simmetria, la funzione y(t) ha anche
l’asintoto obliquo y = − π2 t + q per t → −∞.
α
0
Osservazione. Anche se la stima (4) può non essere vera in generale, grazie ad informazioni
aggiuntive sulla soluzione, talvolta essa può essere verificata sulle soluzioni. Anche in questo
caso si ottiene l’esistenza globale della soluzione. Vale cioè il seguente risultato.
Siano a < b ∈ R e sia f : [a, b] × R 7→ R. Supponiamo che in ]a, b[×R valgano le ipotesi
del Teorema 1.2 di esistenza e unicità. Dati (t0 , y0 ) ∈]a, b[×R sia y(t) la corrispondente
soluzione del problema di Cauchy (2). Se esistono due costanti non negative K1 e K2 tali
che
|f (t, y(t))| ≤ K1 + K2 |y(t)| ∀ t ∈]Tmin , Tmax [,
allora y(t) è definita in tutto [a, b].
Esempio 1.4. Consideriamo l’equazione differenziale (3). In questo caso la stima (4) non
è valida perché la funzione ǫN(1 − N/k) ha crescita quadratica. Se il dato iniziale soddisfa
0 < N0 < k, allora la corrispondente soluzione soddisfa 0 < N(t) < k e vale la stima
ǫN(t) 1 − N(t) ≤ ǫN(t).
k
Perciò la soluzione N(t) è definita su tutto R.
9
1.4
Equazioni differenziali lineari di ordine n
Un’equazione differenziale lineare di ordine n in forma normale è un’equazione del tipo
y (n) + a1 (t)y (n−1) + a2 (t)y (n−2) + . . . an (t)y = f (t),
(5)
con a1 (t), . . . , an (t), f (t) funzioni assegnate. La soluzione di (5) dipende da n costanti
arbitrarie. Per determinarle diamo n condizioni. Se tali condizioni sono del tipo
y(t0 ) = y0 ,
y ′ (t0 ) = y1 ,
...,
y (n−1) (t0 ) = yn−1
si ha un problema di Cauchy.
Teorema 1.4. Se le funzioni a1 (t), . . . , an (t) e f (t) sono continue in I ⊂ R, allora per ogni
(t0 , y0 , y1, . . . , yn−1) ∈ I × Rn esiste una sola soluzione y = y(t) del problema di Cauchy
definita su tutto I. Inoltre y ∈ C n (I).
Osserviamo che la soluzione si trova assegnando le condizioni iniziali all’integrale generale.
Studiamo ora la struttura delle soluzioni di (5). Poniamo per brevità
L(t)y = y (n) + a1 (t)y (n−1) + · · · + an (t)y
e accanto a (5) consideriamo anche l’equazione omogenea associata
L(t)y = 0.
(6)
Vale il seguente risultato.
Teorema 1.5. L’operatore L(t) è un operatore lineare, cioè date due funzioni y1 (t) e y2 (t)
di classe C n (I), si ha che
L(t)(λy1 (t) + µy2 (t)) = λL(t)y1 (t) + µL(t)y2 (t),
∀ λ, µ ∈ R.
In particolare, se y1 (t) è soluzione di (5) e y0 (t) lo è di (6), allora y1 (t) + y0 (t) lo è di (5).
Date due soluzioni y1 (t) e y2 (t) di (5), si ha che y1 (t) − y2 (t) lo è di (6).
Dal teorema precedente si ha che la generica soluzione di (5) è somma di una qualsiasi
soluzione particolare di (5) e della generica soluzione di (6), cioè
soluzione generale di (5) = soluzione particolare di (5) + soluzione generale di (6).
Risulta perciò necessario studiare le soluzioni di (6). Osserviamo quanto segue. Se y1 (t)
e y2 (t) sono soluzioni di (6), lo è anche ogni loro combinazione lineare. L’insieme delle
soluzioni di (6) è uno spazio vettoriale V. Si dimostra che per un’equazione lineare di ordine
n la dimensione dello spazio vettoriale V è esattamente n. Perciò ogni soluzione si potrà
scrivere come combinazione lineare di n soluzioni linearmente indipendenti.
Definizione 1.6. Le funzioni y1 (t), y2(t), . . . , ym (t) sono linearmente indipendenti su I se
non esistono c1 , c2 , . . . , cm costanti non tutte nulle tali che
c1 y1 (t) + c2 y2 (t) + . . . cm ym (t) = 0 ∀ t ∈ R.
10
Nel caso in cui n = 3, tre soluzioni
determinante wronskiano
W (t) := sono linearmente indipendenti su I se e solo se il
y1 (t) y2 (t) y3 (t) y1′ (t) y2′ (t) y3′ (t) y1′′ (t) y2′′(t) y3′′ (t) è diverso da 0 per ogni t ∈ I. Si dimostra che
W ′ (t) = −a1 (t)W (t)
da cui
−
W (t) = W (t0 )e
Rt
t0
a1 (s)ds
per ogni t, t0 . Perciò è sufficiente provare W (t0 ) 6= 0 per un solo t0 ∈ I. Con ovvie varianti, il
determinante wronskiano può essere usato per verificare l’indipendenza lineare di n soluzioni
di un’equazione di ordine n, per ogni n.
Teorema 1.7. Date n soluzioni y1 (t), y2 (t), . . . , yn (t) di (6) linearmente indipendenti su I,
ogni altra soluzione di (6) si può scrivere come combinazione lineare di queste:
y(t) = c1 y1 (t) + c2 y2 (t) + · · · + cn yn (t)
per opportune costanti c1 , c2 , . . . , cn ∈ C.
Esempio 1.5. Consideriamo l’equazione differenziale
y ′′′ + 2y ′′ − y ′ − 2y = 0.
(7)
L’equazione
λ3 + 2λ2 − λ − 2 = 0
si dice equazione caratteristica associata all’equazione differenziale (7). Essa ammette come
radici, dette radici caratteristiche,
λ = −2,
λ = −1,
λ = 1.
Corrispondentemente a queste, consideriamo le funzioni
y1 (t) = e−2t ,
y2 (t) = et ,
y3 (t) = e−t .
Esse sono soluzioni dell’equazione (7). Calcoliamo il determinante wronskiano
−2t
e
et e−t W (t) = −2e−2t et −e−t =
4e−2t et e−t 1 1 1 −2t t −t = e e e −2 1 −1 = −6e−2t 6= 0, ∀ t ∈ R.
4 1 1 Poiché le funzioni y1 (t) = e−2t , y2 (t) = et , y3 (t) = e−t sono linearmente indipendenti, ogni
altra soluzione di (7) è combinazione lineare di queste tre.
11
Esempio 1.6. L’equazione singolare in t = 0
t3 z ′′′ − 3t2 z ′′ + 6tz ′ − 6z = 0,
t>0
ha le tre soluzioni particolari t, t2 e t3 . Essendo
t t2 t3 2
W (t) = 1 2t 3t = 2t3 6= 0 ∀ t 6= 0,
0 2 6t (8)
esse sono linearmente indipendenti per t > 0. Ne segue quindi che ogni altra soluzione di (8)
è del tipo
z(t) = c1 t + c2 t2 + c3 t3 .
12