Vasi da riempire o fuochi da suscitare?

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Vasi da riempire o fuochi da suscitare?
numero 23
ottobre 2010
Vasi da riempire o fuochi da suscitare?
di HERBERT S. WILF
L’articolo è apparso in Notices of the American
Mathematical Society, June-July 2010, Vol. 57,
Issue 06 (Doceamus: On buckets and fires, Wilf,
H. S.). La versione originale dell’articolo è disponibile all’indirizzo url:
www.ams.org/notices/201006/rtx10060075
0p.pdf
Sono grato per l’opportunità di rivedere i miei preconcetti sull’insegnamento della matematica in tutto il mondo.
Per molti anni sono stato a guardare mentre commissioni,
progetti o individui hanno discusso le loro idee riguardo
ai curricula scolastici per le scuole elementari, le medie
inferiori e superiori, per le università. Più di una volta ho
associato mentalmente queste discussioni con varie diete.
Vi andrebbe il piano didattico della Atkins o quello della
South Beach? Un piatto ipocalorico o uno iperproteico? Il
piano didattico del giorno è un obiettivo altamente variabile e tutti sono d’accordo nel sostenere che la situazione
sta diventando sempre più disastrosa. Diciamo che i nostri
studenti non imparano la matematica. Siamo preoccupati
perché non seguiamo il modello della Cina o della Corea
e stiamo a discutere se sia una cosa positiva o negativa. Ci
affanniamo a pensare che dovremmo proibire le calcolatrici in classe, o forse che le dovremmo usare, ma certamente dovremmo pensarci molto bene.
Nel corso degli anni mi sono convinto sempre più che le
discussioni curricolari oscillino tra l’irrilevante e il marginale. Molto più importante di cosa viene insegnato agli
studenti, almeno fino a che non hanno scelto un argomento in cui laurearsi, è chi insegna loro e come lo fa, dato
che l’insegnamento è soprattutto un processo di scambio
tra esseri umani. Non basta, infatti, mettere sul tavolo le
prelibatezze per stimolare l’appetito degli studenti.
Una frase (forse pronunciata per la prima volta da Plutarco) dice che “L’anima non è un vaso da riempire, ma un
fuoco da suscitare”. Il compito dell’insegnante è quello di
accendere quel fuoco – a prescindere dal fatto che lo studente sia alle prese con le tabelline o con le equazioni di
secondo grado. L’argomento fa da carburante ed è l’insegnante che lo incendia.
I primi anni di insegnamento di uno studente sono quelli
in cui le qualità umane dell’insegnante sono le più importanti. Quando lo studente finisce la scuola secondaria e va
all’università, ci sembra ragionevole che il curriculum
degli studi diventi più importante. Pertanto, le mie osservazioni si applicano di più alla scuola secondaria che all’università.
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l’angolo del direttore
Herbert S. Wilf
(1931) È un matematico americano specializzato in combinatoria e teoria dei grafi. È stato
professore di Analisi e calcolo combinatorio
all’Università della Pennsylvania ed è uno dei
fondatori della rivista on line The Electronic
Journal of Combinatorics. È autore di numerosi
libri e articoli di ricerca.
Ho incontrato molti studenti universitari che fin dai primi
anni erano decisamente orientati verso degli indirizzi precisi, medicina, legge o informatica che fossero. A tutti ho
dato lo stesso consiglio: “Andateci piano. Vi trovate in una
delle università più grandi del mondo. Potete studiare medicina più avanti. Per ora, perché non provate con archeo-
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logia, sanscrito, educazione artistica, matematica, etc.,
che vengono ampiamente insegnate in quest’ateneo? Fate
le vostre scelte in base a chi insegnerà i corsi. Iscrivetevi ai
corsi dati da insegnanti sopraffini. Non badate a ciò che
insegnano: ascoltateli, rifletteteci su e apprezzateli”.
Per migliorare la qualità dell’insegnamento della matematica, dobbiamo migliorare le capacità degli insegnanti di essere fonte di ispirazione per gli studenti. Dobbiamo impegnarci a eseguire cambiamenti sostanziali nei nostri curricula e
non semplicemente a cambiare le virgole.
Come fare?
Primum non nocere: innanzitutto, non provocare danni.
Molto spesso vengono danneggiati giovani studenti che
hanno poca fiducia nelle loro capacità matematiche.
Qualche volta, gli insegnanti che in prima persona si sentono in difficoltà finiscono per far sentire peggio gli studenti in modo che loro stessi, gli insegnanti, si sentano
meglio. Risolvere questo problema significa accertarsi che
coloro che insegnano matematica conoscano la matematica. In linea di massima, l’insegnante dovrebbe saperne
abbastanza da rispondere sensatamente alla domanda
fatta da uno studente, per poi rispondere a un’altra domanda da parte di un altro studente e infine per chiarire
un eventuale approfondimento richiesto da un terzo studente. Avere una conoscenza che scende in profondità dà
sicurezza all’insegnante, costituisce un’assicurazione contro il rischio di schivare le domande di studenti intelligenti, e conduce verso l’accensione di quel fuoco di cui si
parlava prima.
Volete un buon insegnante di matematica? Fate in modo
che conosca una grande varietà di matematica.
Quando qualcuno scopre il mio mestiere, spesso comincia a
dire: “Come andavo male in matematica…” Ne parliamo per
un po’ e ne viene fuori che un insegnante delle elementari o
delle medie inferiori “lo ha fatto sentire stupido”, magari in
pubblico. In questo modo, il suo interesse per la materia si è
definitivamente spento. È molto difficile superare il fatto di
essere stati umiliati in pubblico.
Ecco alcuni esempi di risposte che gli insegnanti potrebbero dare agli studenti e che hanno l’effetto di ridurre
l’autostima e di scoraggiarli dal fare altre domande.
“Basta sostituire…” [Basta?]
“Dov’eri quando ho spiegato che…?”
“Ne ho parlato lo scorso mercoledì, dicendo che…”
“Ciò è una conseguenza banale…”
Vi siete fatti un’idea, no?
Per ispirare uno studente, l’insegnante deve essere lui
stesso un esempio del tipo di persona che lo studente
vorrebbe diventare.
Alla maggior parte di noi piacerebbe essere contenti del
proprio lavoro. Un insegnante che stimola i ragazzi deve
essere contento del proprio lavoro. Visto che si parla di
matematica, all’insegnante deve piacere la matematica. Se
ciò non succede, gli studenti se ne accorgono in un nanosecondo e non dimostrano più alcun interesse per l’insegnante e per la matematica. Siamo così giunti alla seguente domanda: come possiamo aumentare il numero di studenti a cui piace la matematica? Domanda breve, ma
tosta. Non scoraggiamoci però e lavoriamoci su.
Forse la qualità di essere d’ispirazione può essere insegnata entro certi limiti e non è trasmessa geneticamente.
Foto di Alessandra Brena
Forse per la preparazione degli insegnanti possiamo richiedere che essa preveda anche lo studio di argomenti
completamente nuovi; non foss’altro che per mostrare ai
futuri docenti le difficoltà che si incontrano nell’apprendere qualcosa di nuovo. In questo modo c’è qualche probabilità che gli insegnanti provino una maggior empatia
con i propri studenti quando questi sono alle prese con le
difficoltà dell’argomento.
La qualità del nostro sistema educativo migliorerà quando
avremo un maggior numero di insegnanti più competenti
e più contenti di fare e di parlare di matematica. Nulla di
nuovo e di originale in questo. D’altra parte, queste ovvie
verità mi hanno impressionato profondamente e spero ardentemente che si possa lavorare insieme per creare un sistema educativo che sia di ispirazione ai nostri figli. Se lo
meritano!!
Traduzione a cura di Gilberto Bini
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