somministrato

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somministrato
L A V O R O
ROBERTO LOMBARDI , VINCENZO PEPICIELLO
LA SOMMINISTRAZIONE
DI LAVORO
ISTRUZIONI PER L’USO
L’UTILIZZATORE
IL SOMMINISTRATORE: LE AGENZIE PER IL LAVORO
IL LAVORATORE “SOMMINISTRATO”
IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE
A TEMPO DETERMINATO E A TEMPO INDETERMINATO
LA FORMA
IL RAPPORTO DI LAVORO TRA AGENZIA E LAVORATORE
LE SANZIONI
FOCUS
Roberto Lombardi, Vincenzo Pepiciello
La somministrazione di lavoro
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inesattezze.
ISBN 978-88-6279-096-3
prima pubblicazione giugno 2013
Indice
1. La somministrazione di lavoro: definizione e storia
1.1 Premessa
1.2 Evoluzione storica
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2. Lo schema trilaterale del rapporto contrattuale
2.1 Premessa
2.2 L’utilizzatore
2.3 Il somministratore: le agenzie per il lavoro
2.4 Il lavoratore somministrato
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3. Il contratto di somministrazione a tempo determinato
3.1 Premessa
3.2 La acausalità della somministrazione a tempo determinato
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4. “Staff leasing”: il contratto di somministrazione a tempo indeterminato
4.1 Analisi della fattispecie
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5. Forma del contratto di somministrazione
5.1 Il contenuto minimo del contratto e la forma scritta ad substantiam
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6. La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
6.1 Premessa
6.2 Il periodo di prova
6.3 La risoluzione del rapporto di lavoro
6.4 La retribuzione
6.4.1 La contrattazione nazionale
6.4.2 La contrattazione aziendale
6.4.3 Il pagamento e la consegna della busta paga
6.5 Sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro
6.6 La tutela assicurativa antinfortunistica
6.7 Il trattamento economico in caso di infortunio
6.8 Il periodo di comporto
6.9 Il trattamento economico del lavoratore in somministrazione durante il periodo di malattia
6.10 I diritti sindacali
6.10.1
I diritti di riunione
6.10.2
Il sistema di rappresentanza sindacale
6.10.3
L’informazione ai lavoratori
6.11 La tutela della maternità
6.12 I congedi parentali
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7. Sistema sanzionatorio
7.1 Premessa
7.2 La somministrazione abusiva e l’utilizzazione illecita
7.3 La somministrazione fraudolenta
7.4 La somministrazione irregolare
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Capitolo 1 – La somministrazione di lavoro: definizione e storia
 1.
La somministrazione di lavoro: definizione e storia
 1.1 Premessa
La somministrazione di lavoro può essere definita come la fornitura professionale di manodopera dall’agenzia
autorizzata all’impresa richiedente, per il soddisfacimento di esigenze produttive dell’impresa stessa.
La somministrazione di lavoro è un istituto che ben rappresenta la più complessiva riforma che ha interessato il
nostro sistema all’interno del mercato del lavoro. Negli ultimi anni si è passati dal monopolio pubblico del collocamento, con relativa chiamata numerica, a un modello che liberalizza totalmente l’avviamento al lavoro, riconoscendo e autorizzando i privati a divenire essi stessi collocatori all’impiego.
Il nostro sistema giuslavoristico, adeguandosi alle spinte di modernizzazione mosse dall’Unione Europea e alla
nuova dimensione dei mercati, si è dunque quasi totalmente rinnovato. L’impatto che tali riforme hanno avuto
nel nostro Paese ha costituito uno fra i fattori più incisivi e interessanti per il cambiamento della nostra dimensione sociale e ha altresì influenzato tutto il sistema di relazioni industriali, incidendo sulla contrattazione e più in
generale sull’esistente sistema dei diritti del lavoro.
Con la somministrazione si perfeziona un rapporto trilaterale tra l’impresa utilizzatrice (che può appartenere a
qualsiasi ramo di attività), il prestatore di lavoro e la società di somministrazione.
 1.2 Evoluzione storica
Nel mercato del lavoro italiano la disciplina della mediazione tra domanda e offerta di lavoro, intendendo come
tale l’insieme delle norme che disciplinano la mediazione tra imprese e potenziali lavoratori per la costituzione dei
rapporti di lavoro e le modalità di assunzione degli stessi, prevedeva l’assoluta ed esclusiva competenza dello
Stato e il conseguente divieto a operare per qualsiasi soggetto privato. Tale impostazione era finalizzata al perseguimento dell’obiettivo dell’effettività del diritto al lavoro, previsto dall’art. 4 della Costituzione, secondo cui
«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». La promozione statale dell’effettività del diritto al lavoro attraverso il controllo del collocamento
avrebbe, secondo le impostazioni prevalenti fino agli inizi degli anni Novanta, generato equità nella distribuzione
dei posti di lavoro a tutela.
In particolare, la legge 23 ottobre del 1960, n. 1369 nasceva con lo scopo di combattere un fenomeno di sfruttamento della manodopera, il “caporalato”, con il quale uno pseudo-appaltatore si interponeva tra il vero datore
e il lavoratore, in modo che il datore non dovesse assumersi le responsabilità del rapporto di lavoro.
L’organizzazione e la gestione pubblica del collocamento si sono manifestati con il tempo del tutto inefficienti,
dato che la maggior parte dei rapporti di lavoro si instaurava al di fuori degli uffici di collocamento.
Nel corso del tempo, inoltre, è emersa una sempre più forte esigenza per le imprese di operare nell’ottica del
decentramento produttivo, seguendo logiche di matrice internazionale dell’outsorcing, secondo cui l’impresa
dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi estranei al core business della
stessa.
A partire dagli anni Novanta si è dato luogo a una significativa riforma della disciplina della mediazione. Attraverso una lunga evoluzione normativa, il modello esclusivamente pubblicistico della mediazione è stato soppresso
e la relativa disciplina è stata completamente rinnovata, sia dal punto di vista strutturale, sia da quello gestionale.
Con la cd. legge Treu 196/1997, venne infatti introdotto il lavoro interinale, che rappresentò la massima espressione della flessibilità nel mercato del lavoro italiano. Tale istituto consentiva l’impiego temporaneo di manodopera per esigenze di produzione straordinarie, senza che l’imprenditore dovesse assumere i lavoratori; questi
infatti potevano essere affittati, per un determinato periodo di tempo, da un’agenzia.
Tale norma ha introdotto, per la prima volta, nel mercato del lavoro italiano, una nuova figura di mediatore, questa volta privato: l’agenzia interinale. Era infatti previsto che l’attività di fornitura di lavoro temporaneo potesse
essere esercitata soltanto dalle agenzie interinali, ossia società iscritte in un apposito albo, istituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.
Tuttavia, la disciplina delle Legge Treu, eccessivamente rigida, ha limitato l’operatività delle agenzie di fornitura. Il
Legislatore, quindi, con la riforma del mercato del lavoro del 2003 (d.lgs. 276/2003, decreto attuativo della legge
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Capitolo 1 – La somministrazione di lavoro: definizione e storia
Biagi) ne ha disposto l’abrogazione, prevedendo una nuova disciplina della fornitura del lavoro, basata sui seguenti principi:
 legittimità generale della somministrazione di manodopera purché svolta da soggetti autorizzati;
 ammissibilità della somministrazione anche a tempo indeterminato, oltre che a termine.
Con la disciplina del d.lgs. 276/2003, la somministrazione di lavoro si è concretizzata in un contratto tra impresa
di somministrazione e lavoratore a tempo determinato o a tempo indeterminato.
Sul punto interviene anche la circolare del Ministero del Lavoro n. 7/2005, che chiarisce che la somministrazione
di lavoro è posta in essere attraverso la stipulazione di due contratti, distinti ma tra loro collegati: il contratto di
somministrazione di lavoro, concluso tra somministratore e utilizzatore, e il contratto di lavoro concluso tra
somministratore e lavoratore. A differenza del precedente regime, di cui all’art. 1 della l. 196/1997, il contratto di
somministrazione può essere non solo a tempo determinato ma anche a tempo indeterminato, dando così luogo a quella forma di fornitura di lavoro denominata staff leasing.
La somministrazione a tempo indeterminato, soppressa dalla l. 247/2007 e da ultimo nuovamente reintrodotta
dalla legge finanziaria del 2010, consiste nella fornitura di manodopera a tempo indeterminato, dall’agenzia
all’impresa utilizzatrice. Tale tipologia è ammessa solo per lo svolgimento di determinate attività e per i casi previsti dalla legge Biagi.
I vantaggi del decentramento produttivo per le imprese attraverso la somministrazione si esplicano da un lato
con il contenimento del costo del lavoro, e dall’altro con una maggiore flessibilità della struttura aziendale, capace in tale modo di rispondere al meglio alle esigenze del mercato economico di riferimento.
Legge 23 ottobre 1960, n. 136:
divieto assoluto di interposizione di manodopera
Legge Treu del 1997, n. 196:
introduce il lavoro interinale (solo fornitura a tempo determinato)
D.lgs. 276/2003:
 legittimità generale della somministrazione di manodopera purché svolta da soggetti autorizzati;
 ammissibilità della somministrazione anche a tempo indeterminato, oltre che a termine.
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Capitolo 2 – Lo schema trilaterale del rapporto contrattuale
 2. Lo schema trilaterale del rapporto contrattuale
 2.1 Premessa
La somministrazione di lavoro rappresenta uno fra gli strumenti più attraenti per le imprese italiane e, nel contempo, la diffusione di tale forma contrattuale agevola le occasioni d’incontro tra domanda e offerta di lavoro,
favorendo il raggiungimento dei più alti livelli occupazionali.
Tale strumento si estrinseca in due differenti tipologie contrattuali, chiaramente connesse l’una all’altra:
 il contratto di natura commerciale, stipulato tra l’agenzia di somministrazione e l’impresa utilizzatrice;
 il contratto di lavoro subordinato tra l’agenzia di somministrazione e il lavoratore.
Il rapporto di lavoro del lavoratore somministrato viene infatti gestito, dal punto di vista economico-normativo,
dall’agenzia di somministrazione e, dal punto di vista tecnico-produttivo, dall’impresa utilizzatrice. Il lavoratore
rimane sostanzialmente terzo rispetto al contratto commerciale, mentre l’impresa rimane estranea al rapporto di
lavoro subordinato.
La disciplina normativa della somministrazione è, come già anticipato, contenuta nel d.lgs. 276/2003, art. 20,
modificato dal d.lgs. 2 marzo 2012, n. 24.
La definizione normativa del contratto di somministrazione è contenuta nel d.lgs. 276/2003, art. 2, c. 1, lett. a),
che definisce la somministrazione di lavoro quale «la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell’articolo 20».
L’art. 20 del richiamato decreto, nel delineare le condizioni di liceità del contratto, ne delimita l’ambito di applicazione soggettivo. Il contratto di somministrazione infatti è quello «concluso da ogni soggetto, di seguito denomi-
nato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato ai
sensi delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5».
Il Legislatore aggiunge inoltre che «per tutta la durata della missione i lavoratori svolgono la propria attività
nell’interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore».
La definizione di missione è fornita dal d.lgs. 24/2012, art. 2, c. 1, lett. b), del secondo cui è rappresentata dal
«periodo durante il quale, nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro, il lavoratore dipendente da
un’agenzia di somministrazione di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), è messo a disposizione di un utilizzatore di cui all’articolo 20, comma 1, e opera sotto il controllo e la direzione dello stesso».
Lo schema negoziale trilaterale fornito dalle norme in esame ci consente quindi di poter ben delineare le differenti posizioni contrattuali delle figure coinvolte nella fattispecie in esame:
 l’utilizzatore, il soggetto che beneficia dell’attività lavorativa del prestatore di lavoro, oggetto della somministrazione;
 l’agenzia di somministrazione espressamente autorizzata alla mediazione e iscritta e accreditata in appositi albi presso il Ministero del Lavoro;
 il lavoratore cd. “somministrato”, assunto dall’agenzia di lavoro per svolgere attività lavorativa presso
l’utilizzatore.
UTILIZZATORE
AGENZIA DI SOMMINISTRAZIONE
LAVORATORE SOMMINISTRATO
Passiamo quindi all’analisi delle posizioni giuridiche degli attori coinvolti nel contratto di somministrazione.
 2.2 L’utilizzatore
Con il termine “utilizzatore” – denominazione utilizzata dal Legislatore nel d.lgs. 276/2003 – si intende qualunque
datore di lavoro che richiede e utilizza i lavoratori somministrati.
La figura dell’utilizzatore, così come indicato dal d.lgs. 276/2003, art. 20, non presuppone alcuna qualifica soggettiva particolare; può quindi essere “utilizzatore” ogni tipologia di richiedente, organizzato sotto forma di impresa, associazione o anche imprenditori individuali.
L’utilizzatore può inoltre appartenere a qualsiasi settore produttivo, senza alcuna limitazione; nel caso in cui il richiedente sia la Pubblica Amministrazione, essa potrà stipulare soltanto contratti di somministrazione a tempo
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Capitolo 2 – Lo schema trilaterale del rapporto contrattuale
determinato. Tale principio è confermato dalla citata circolare del Ministero del Lavoro n. 7 del 2005, che sul
punto recita: «L’utilizzatore può essere un soggetto privato o anche una Pubblica Amministrazione, ma in
quest’ultimo caso il contratto di somministrazione può essere stipulato unicamente a tempo determinato. Questo significa che per il ricorso alla somministrazione di lavoro non è necessaria la qualifica di imprenditore».
L’utilizzatore può essere anche un privato cittadino non imprenditore; in tal caso, la circolare riconosce espressamente le agevolazioni contributive previste dalla legge, come di seguito indicato: «In taluni casi, peraltro, il Le-
gislatore prevede particolari agevolazioni quando l’utilizzatore non sia imprenditore come nel caso di somministrazione di personale domestico per l’assistenza alla persona o al nucleo familiare. In queste ipotesi continua a
trovare applicazione il particolare regime contributivo di cui all’art. 117 della legge n. 388 del 2000, là dove prevede che, per questo tipo di attività, i contributi previdenziali e assicurativi sono dovuti secondo le misure previste dall’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1403 del 1971 e successive modificazioni (v. la circolare I.N.P.S. del 9 maggio 2002, n. 89, a cui si rinvia per la determinazione delle modalità operative e dei termini di versamento)».
Unici limiti soggettivi per l’utilizzatore al ricorso al contratto di somministrazione sono previsti per:
 le aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi prevista dalla legge sulla sicurezza nei posti di lavoro;
 le aziende nelle cui unità produttive, salva diversa disposizione degli accordi sindacali, si sia proceduto,
entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio
1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni a cui si riferisce il contratto di
somministrazione, ovvero di quelle nelle cui unità produttive sia operante una sospensione dei rapporti o
una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni a cui si riferisce il contratto di somministrazione.
La finalità di tale libera ammissibilità del contratto di somministrazione per ogni tipologia di settore produttivo,
appare quindi evidente, rappresenta il tentativo da parte del Legislatore di ampliare al massimo le possibilità
d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel tentativo di ricercare il massimo livello occupazionale per il mercato del lavoro italiano.
Utilizzatore



È qualunque datore di lavoro che richieda e utilizzi i lavoratori somministrati;
può appartenere a qualsiasi settore produttivo, senza alcuna limitazione. Nel caso in cui il richiedente sia la Pubblica
Amministrazione, essa potrà stipulare soltanto contratti di somministrazione a tempo determinato;
ha limiti soggettivi derivanti dal suo status (aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi, o che, nei sei
mesi precedenti, abbiano proceduto a licenziamenti collettivi).
 2.3 Il somministratore: le agenzie per il lavoro
Le agenzie per il lavoro sono gli enti autorizzati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a offrire i servizi
relativi alla domanda e all’offerta di lavoro.
Le agenzie devono operare in un regime di autorizzazione, che è il provvedimento mediante il quale lo Stato abilita le stesse allo svolgimento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione, e supporto
alla ricollocazione professionale.
Il d.lgs. 276/2003 ridisegna completamente la procedura di autorizzazione da parte dello Stato per le agenzie
per il lavoro, abrogando completamente le precedenti agenzie di lavoro interinale, di cui alla legge 24 giugno
1997, n. 196, relativa al cosiddetto Pacchetto Treu.
Le attività di competenza delle agenzie per il lavoro devono essere svolte nell’ambito di un sistema coordinato
con la Borsa continua nazionale del lavoro, uno strumento telematico di collegamento e raccordo tra pubblico e
privato per il collocamento dei lavoratori – completamente liberalizzato con la soppressione dei vecchi Uffici di
collocamento e delle relative liste di collocamento – al fine di garantire un mercato del lavoro aperto e concorrenziale.
È inoltre previsto un procedimento di accreditamento da parte delle Regioni, ex d.lgs. 276/2003, art. 7, che
consente alle agenzie di partecipare alla rete regionale dei Servizi per l’impiego.
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Capitolo 2 – Lo schema trilaterale del rapporto contrattuale
Le agenzie per il lavoro devono iscriversi all’Albo informatico, diviso in cinque sezioni in base all’attività svolta. Le
agenzie, in particolare, si suddividono nelle seguenti tipologie:
 agenzie di somministrazione di tipo “generalista”: svolgono attività di somministrazione di manodopera, di
intermediazione, ricerca e selezione del personale, attività di supporto alla ricollocazione professionale;
 agenzie di somministrazione di tipo “specialista”: sono abilitate alla somministrazione di manodopera
per una sola delle attività nel d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 20;
 agenzie di intermediazione: offrono attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, quali raccolta
dei curricula, preselezione, promozione e gestione dell’incontro tra domanda e offerta, formazione;
 agenzie di ricerca e selezione del personale: svolgono attività di consulenza finalizzata all’individuazione
di candidature idonee a ricoprire posizioni lavorative su specifico incarico del committente;
 agenzie di supporto alla ricollocazione professionale: effettuano l’attività su specifico incarico
dell’organizzazione committente.
L’obiettivo dell’istituzione delle agenzie per il lavoro è quello di realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti che garantiscano la trasparenza del mercato e offrano nuove opportunità di inserimento professionale ai
disoccupati e a quanti in cerca di una prima occupazione, con particolare riferimento alle fasce deboli.
Per quanto concerne, nello specifico, la somministrazione di lavoro, l’attività delle agenzie consiste nel mettere a
disposizione di soggetti terzi (utilizzatori) la prestazione di lavoro subordinato di lavoratori direttamente assunti
dal somministratore. Il lavoratore è quindi a tutti gli effetti dipendente dell’agenzia di somministrazione, ma lavora
presso un altro soggetto da cui riceve le direttive per lo svolgimento della propria attività.
Per essere autorizzate, le agenzie devono possedere alcuni requisiti:
 sede nel territorio italiano o di un altro Stato membro dell’Unione Europea;
 disponibilità di uffici idonei allo svolgimento dell’attività;
 adeguate competenze professionali degli operatori;
 rispetto delle disposizioni sulla tutela del diritto del lavoratore alla diffusione dei propri dati;
 assenza di condanne penali per amministratori, direttori generali, dirigenti con rappresentanza e soci
accomandatari;
 interconnessione con la Borsa continua del lavoro, attraverso il raccordo con uno o più nodi e l’invio alle
autorità competenti delle informazioni rilevanti per il mercato del lavoro
 requisiti giuridici e finanziari di cui all’articolo 5 del d.lgs. 276/2003.
L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in via provvisoria, contestualmente
all’iscrizione all’Albo informatico. Il decreto legislativo 276/2003, all’articolo 4, precisa che, decorsi due anni e su
richiesta dell’agenzia autorizzata provvisoriamente, il Ministero del Lavoro rilascia l’autorizzazione a tempo indeterminato, entro i novanta giorni successivi, dopo avere verificato il corretto andamento dell’attività svolta.
In attesa del rilascio – o del rifiuto – dell’autorizzazione a tempo indeterminato, la circolare ministeriale n.
20/2007 prevede la proroga dell’autorizzazione provvisoria.
In base a quanto stabilito con la circolare ministeriale n. 20/2007, per le agenzie di somministrazione e intermediazione, una volta concessa l’autorizzazione a tempo indeterminato, ogni due anni viene svolta la verifica della
prevalenza dell’oggetto sociale, anche se non esclusivo, sulla base dei dati di contabilità analitica che devono
essere desumibili da ogni unità operativa, ovvero l’attività oggetto dell’autorizzazione deve riguardare almeno il
50,1 per cento delle attività dell’agenzia svolte nell’arco dei ventiquattro mesi.
Con specifico riguardo all’attività di somministrazione nell’ambito di prestazioni transnazionali di servizi, così come disciplinata dal decreto legislativo 72/2000, attuativo della direttiva 97/91/C.E., si evidenzia, ai sensi dell’art.
4, che le imprese di somministrazione stabilite in uno Stato membro dell’U.E. possono operare senza che sia
necessario rilasciare alle stesse un’autorizzazione ove dimostrino di operare in forza di un provvedimento equivalente rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro. Con l’abrogazione del comma 3 dell’articolo
in esame non è inoltre più previsto il rilascio, ai predetti fini, di una attestazione di equivalenza da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
 2.4 Il lavoratore somministrato
L’ultimo soggetto interessato allo schema contrattuale della somministrazione è il lavoratore somministrato.
Come già anticipato, il lavoratore è soggetto terzo rispetto al contratto, di natura commerciale, stipulato tra
l’utilizzatore e l’agenzia di somministrazione. Tale terzietà vale sul piano giuridico-formale, ma ne è naturalmente
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Capitolo 2 – Lo schema trilaterale del rapporto contrattuale
parte in senso sostanziale, poiché è il contratto stesso di somministrazione che ne definisce le prestazioni, la
mansione, l’inquadramento, etc…
Nel sistema delle relazioni giuridiche tra le parti interessate, comunque, assume una connotazione primaria il
rapporto di lavoro stipulato tra il lavoratore e l’agenzia di somministrazione, che, come già indicato, può essere a
tempo determinato o a tempo indeterminato.
In caso di somministrazione a tempo indeterminato i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro
sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali (d.lgs.
276/2003, art. 22, c. 1). In tal caso al lavoratore spetta un’indennità mensile di disponibilità a carico dell’agenzia
di somministrazione, corrisposta per i periodi nei quali il lavoratore stesso rimane in attesa di assegnazione. La
misura di tale indennità è stabilita dal contratto collettivo applicabile al somministratore e comunque non è inferiore alla misura prevista, ovvero è aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. La predetta misura è proporzionalmente ridotta in caso di assegnazione ad attività lavorativa a tempo parziale anche presso il somministratore.
L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo ed è dovuta al
lavoratore, salvo che esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto di lavoro (d.lgs.
276/2003, art. 20, c. 2).
In caso di somministrazione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro
è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni
caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e 4 (d.lgs. 276/2003, art. 22, c. 2). In sostanza, non trova applicazione nel rapporto tra agenzia e lavoratore, vista la peculiarità della somministrazione, il
regime dei limiti delle proroghe dei contratti a tempo determinato (trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendenti dalle interruzioni del rapporto tra un contratto e l’altro).
Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.
Da ultimo, è necessario sottolineare che il lavoratore somministrato non deve essere computato
nell’applicazione delle normative di legge o di CCNL (d.lgs. 276/2003, art. 22, c. 5), fatta eccezione per quelle
relative alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro.
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Capitolo 3 – Il contratto di somministrazione a tempo determinato
 3. Il contratto di somministrazione a tempo determinato
 3.1 Premessa
La somministrazione di lavoro a termine o a tempo determinato è ammessa se vi sono ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore (d.lgs. 276/2003,
art. 20, c. 4). Le suddette ragioni, esattamente e precisamente specificate (sono le stesse che il Legislatore ha
indicato con riferimento al ricorso al contratto a tempo determinato ex d.lgs. 368/2001), obbligano
l’imprenditore/utilizzatore che vuole avvalersi di lavoratori somministrati dipendenti regolari dell’agenzia di somministrazione a motivare puntualmente il contratto, sulla base delle sue effettive esigenze.
Riepilogando, quindi, le causali lecite per la stipulazione di un contratto di somministrazione a termine risultano
essere:
 tecniche, come per esempio l’esigenza sorta da situazioni contingenti di disporre di personale con qualifiche e specializzazioni diverse da quelle normalmente possedute dall’organico dell’azienda;
 produttive e organizzative, come per esempio l’esigenza di fare fronte a situazioni o richieste del mercato, al di sopra della media;
 sostitutive, quando vi sono lavoratori assenti per qualsiasi motivo, con diritto alla conservazione del posto di lavoro, e contestualmente il datore di lavoro abbia la necessità di avere a disposizione l’intero organico aziendale.
Tali causali non devono ricorrere necessariamente tutte insieme, ma possono sussistere anche separatamente.
Sull’applicazione dell’apposizione del termine al contratto di somministrazione, la circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 22 febbraio 2005, n. 7, chiarisce che «rispetto alla somministrazione a tempo
determinato il termine della somministrazione non dipende dalla necessità di soddisfare una esigenza temporanea o straordinaria dell’utilizzatore. Più semplicemente il termine costituisce la dimensione in cui deve essere
misurata la ragionevolezza delle esigenze tecniche, organizzative, produttive o sostitutive poste a fondamento della stipulazione del contratto di somministrazione. Si potrà, pertanto, fare ricorso alla somministrazione a tempo determinato in tutte le circostanze, individuate dall’utilizzatore sulla base di criteri di normalità
tecnico-organizzativa ovvero per ipotesi sostitutive, nelle quali non si potrà esigere, necessariamente,
l’assunzione diretta dei lavoratori alle dipendenze dell’utilizzatore e nelle quali, quindi, il ricorso alla somministrazione di lavoro non assume la finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo. Diversamente, infatti, la somministrazione poterebbe integrare una ipotesi di somministrazione fraudolenta ai sensi dell’art.
28 del decreto legislativo n. 276 del 2003».
Schematizzando l’iter filologico espresso dal Ministero, quindi:
L’apposizione del termine


È indipendente dall’esigenza temporanea
È la dimensione in cui deve essere misurata la ragionevolezza delle esigenze
tecniche, organizzative, produttive o sostitutive
In relazione all’“ordinaria attività” dell’impresa utilizzatrice, si deve fare riferimento alle mansioni tipiche e non eccezionali, che devono essere svolte all’interno dell’azienda, sebbene a cadenza periodica o comunque temporale (ad esempio, per fare fronte a picchi produttivi temporanei o per sostituire lavoratori assenti).
La l. 196/1997, art. 1, c. 1, disponeva che il contratto di fornitura di lavoro temporaneo poteva essere stipulato
solo per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo. Gli artt. 20 e ss. del d.lgs 276/2003, viceversa,
non contengono alcun riferimento esplicito al necessario carattere temporaneo delle esigenze che giustificano il
ricorso al lavoro somministrato, precisando anzi che «la somministrazione a tempo determinato è ammessa a
fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo, o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività
dell’utilizzatore». Il riferimento anche all’ordinaria attività dell’utilizzatore rende palese l’intento di superare il limite
della necessaria temporaneità.
L’attività ordinaria qualifica non solo l’abitualità dell’attività lavorativa per cui si intende richiedere la fornitura di
lavoro, ma anche la stabilità della stessa attività, confermando quindi il superamento della temporaneità richiesto
dalla previgente disciplina. Al fine di evitare una sproporzionata estensione interpretativa della norma, che po-
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Capitolo 3 – Il contratto di somministrazione a tempo determinato
trebbe portare a utilizzi distorti della somministrazione a tempo determinato (negli effetti, considerandola come
somministrazione a tempo indeterminato, abitualità = continuatività), a parere dello scrivente il concetto di ordinaria attività deve essere ricondotto alla abitualità delle mansioni e alla loro non necessaria eccezionalità.
Con riferimento alle ragioni di carattere sostitutivo, stante il divieto anche per tale fattispecie (come previsto per il
contratto a termine) delle sostituzioni di lavoratori in sciopero, la circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 22 febbraio 2005, n. 7, ha precisato, «[…] conformemente a quanto già chiarito con la circolare
n. 42 del 2002 in materia di lavoro a tempo determinato, che l’ampiezza della formula utilizzata legittima
l’apposizione di un termine alla somministrazione indipendentemente dal fatto che il personale da sostituire si sia
assentato per ragioni imprevedibili e non programmabili e che il sostituito abbia un diritto legale e non convenzionale alla conservazione del posto di lavoro. In queste ipotesi la ragione di carattere sostitutivo è integrata anche nel caso in cui la sostituzione non operi direttamente rispetto a un lavoratore assente, ma piuttosto rispetto
ad un lavoratore sostituito a sua volta destinato alla sostituzione di un lavoratore assente (cd. ragione sostitutiva
per scorrimento), fermo restando l’obbligo di individuare in sede di apposizione del termine il riferimento adottato
per la determinazione o la determinabilità del termine. Non è di contro possibile riportare a una ragione di carattere sostitutivo la sostituzione di una quota statistica di lavoratori assenti. Questa ipotesi ove ricorrente in modo
specifico nella singola organizzazione dell’utilizzatore integra piuttosto una esigenza di carattere organizzativo e
come tale soggetta agli eventuali limiti di contingentamento previsti dalla contrattazione collettiva ai sensi dell’art.
10 del decreto legislativo n. 368 del 2001, espressamente richiamato dall’art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003».
Il contratto di somministrazione a tempo determinato può essere stipulato soltanto dalle agenzie di somministrazione che sono iscritte alla prima sezione dell’Albo informatico delle agenzie, cioè le agenzie definite “generaliste”
che, ai sensi del d.lgs. 276/2003, art. 4, possono svolgere qualsiasi forma di somministrazione, sia a termine sia a
tempo indeterminato (circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 22 febbraio 2005, n. 7).
Circa i limiti quantitativi di ricorso e utilizzazione della somministrazione a tempo determinato, questi sono individuati, anche in misura non uniforme, dai CCNL stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi
(d.lgs. 276/2003, art. 20, comma 4), riconoscendo quindi la fondamentale rilevanza, tipica della legge Biagi, alla
centralità normativa della contrattazione collettiva.
Tali limiti quantitativi non operano in ipotesi di:
a) fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, anche
in misura non uniforme, con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
b) ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell’elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni;
c) l’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodo dell’anno;
d) specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
e) contratti a tempo determinato stipulati a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage, allo scopo di facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, ovvero stipulati con lavoratori di età superiore ai cinquantacinque
anni, o conclusi quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo, aventi carattere straordinario o occasionale;
f) contratti a tempo determinato non rientranti nelle tipologie di cui sopra, di durata non superiore ai sette mesi,
compresa la eventuale proroga, ovvero non superiore alla maggiore durata definita dalla contrattazione collettiva
con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. La esenzione non si applica a singoli contratti stipulati per le durate suddette per lo svolgimento di prestazioni di lavoro che siano identiche a quelle che hanno formato oggetto di altro contratto a termine avente le medesime caratteristiche e scaduto da meno di sei mesi.
La circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 22 febbraio 2005, n. 7, interviene anche a chiarire il rapporto tra le diverse fonti normative: la contrattazione collettiva e le clausole generali previste dalla legge
Biagi. Sostiene infatti in Ministero: «In presenza di una ragione oggettiva come indicata all’art. 20, comma 4, del
decreto legislativo n. 276 del 2003 sarà dunque sempre possibile la stipulazione di un contratto di somministrazione di lavoro anche nelle ipotesi in cui i contratti collettivi si siano limitati, per il settore di riferimento, a normare
ed esplicitare sole le ipotesi temporanee che consentono la somministrazione a tempo determinato. Né può valere in contrario richiamare l’art. 21, comma 2, ai sensi del quale le parti, nell’indicare gli elementi che devono
essere contenuti nel contratto di somministrazione, devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi. Tale disposizione infatti fa chiaramente riferimento a ciò che i contratti collettivi possono regolamentare e
dunque non alle ragioni oggettive a fronte delle quali è ammissibile la somministrazione; tali ragioni sono espres8
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Capitolo 3 – Il contratto di somministrazione a tempo determinato
samente previste dal comma 4 del citato art. 20 che, al riguardo, demanda alla contrattazione esclusivamente
l’individuazione di limiti quantitativi all’utilizzazione della somministrazione a tempo determinato».
Decisivo, «nel singolo contratto di somministrazione, sarà il rinvio alla clausola generale di cui all’art. 20, comma
4, del decreto legislativo n. 276 del 2003 che, nella gerarchia delle fonti, occupa una posizione sovraordinata
rispetto a una clausola contenuta in un contratto collettivo di natura privatistica».
 3.2 La acausalità della somministrazione a tempo determinato
Come già affermato, la somministrazione di lavoro è ormai riconosciuta come un fondamentale strumento
dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e una modalità d’ingresso nel mercato, anche grazie al know how
fornito ai lavoratori nel corso del rapporto di lavoro. Essa, inoltre, costituisce uno strumento per il reinserimento
dei lavoratori nel mercato del lavoro; proprio a tale scopo, sono state introdotte nel corso degli ultimi anni diverse deroghe alla regola di necessaria causalità della somministrazione a tempo determinato, con particolare riguardo all’assunzione di lavoratori disoccupati e/o percettori di sussidi di disoccupazione.
A seguito della crisi economica e dell’aumento esponenziale dei lavoratori disoccupati, la legge finanziaria per il
2010 (l. 23 dicembre 2009, n. 191) ha introdotto la prima deroga alle causali di ricorso alla somministrazione a
tempo determinato (d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 20, c. 5-bis) in caso di assunzione di lavoratori in
mobilità (ai sensi della l. 23 luglio 1991, n. 223, art. 8, c. 2) da parte dell’agenzia di somministrazione, per promuoverne il reinserimento.
Ulteriori ipotesi di acausalità della somministrazione sono state disciplinate dal decreto legislativo 2 marzo 2012,
n. 24, che ha riformato l’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, introducendo i commi 5ter e 5-quater.
Come in precedenza, l’obiettivo della deroga è di fornire impulso all’utilizzo della somministrazione come strumento di reinserimento dei lavoratori disoccupati da lungo periodo nel mercato del lavoro. La novità normativa
prevede l’acausalità della somministrazione, in caso di invio in missione di:
a) lavoratori disoccupati percettori, da almeno sei mesi, dell’indennità di disoccupazione (ora ASpI);
b) lavoratori beneficiari, da almeno sei mesi, di ammortizzatori sociali (diversi dall’ASpI), anche in deroga;
c) lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati”, ai sensi dei numeri 18) e 19) del regolamento CE 6 agosto 2008,
n. 800, art. 2. I “lavoratori svantaggiati” sono definiti dal decreto del Ministero del Lavoro del 20 marzo 2013, che
ha definito come ai fini dell’articolo 20, comma 5-ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276:
- «chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi» ovvero coloro che negli ultimi sei
mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato della durata
di almeno sei mesi ovvero coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa di natura autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione;
- «chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale» ovvero coloro che non abbiano conseguito un titolo di studio di istruzione secondaria superiore, rientrante nel livello terzo della classificazione internazionale sui livelli d’istruzione;
- «chi è occupato in uno dei settori economici dove c’è un tasso di disparità uomo-donna che supera di
almeno il 25% la disparità media uomo-donna, in tutti i settori economici italiani», ovvero coloro che sono occupati in settori economici in cui sia riscontrato il richiamato differenziale nella misura di almeno il
25 per cento, secondo l’annuale Rilevazione continua sulle forze di lavoro dell’Istat, e che appartengono
al genere sottorappresentato.
Sono, inoltre, considerati “lavoratori molto svantaggiati”, i lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi, secondo la
definizione dell’articolo 2, numero 19), del regolamento CE 800/2008, del 6 agosto 2008.
Con l’emanazione del decreto per l’individuazione dei “lavoratori svantaggiati”, la somministrazione dovrebbe
potere svolgere appieno il ruolo di “politica attiva” nel supporto al reinserimento dei lavoratori più difficilmente
occupabili nel mercato del lavoro. Ciò sarà di più facile realizzazione quando l’economia riprenderà una crescita.
Se le ipotesi di acausalità della somministrazione fino a ora descritte possono essere definite “soggettive”, dipendenti cioè dal tipo di lavoratore inviato in missione, la Legge ha previsto ipotesi in cui risulta possibile individuare
tipologie “oggettive” di acausalità della somministrazione, indipendenti dalle qualità soggettive del lavoratore.
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Capitolo 3 – Il contratto di somministrazione a tempo determinato
Tali ulteriori ipotesi possono essere introdotte dalla contrattazione collettiva, secondo quanto previsto dal comma 5-quater dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, introdotto dal decreto legislativo
2 marzo 2012, n. 24.
Nello specifico, i casi in cui sia possibile derogare alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo per il ricorso alla somministrazione a tempo determinato possono essere individuati da contratti collettivi
nazionali, territoriali e aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei
lavoratori e dei datori di lavoro applicabili agli utilizzatori.
La contrattazione collettiva si è dimostrata, finora, riluttante all’esercizio della facoltà concessa dalla normativa.
Il CCNL metalmeccanici ha previsto che la somministrazione acausale sia ammessa per un numero di lavoratori
pari a quello dei lavoratori somministrati successivamente assunti a tempo indeterminato (cd.“stabilizzati”)
dall’azienda utilizzatrice nei 3 anni precedenti. Entrano nel computo dei lavoratori “stabilizzati” anche i lavoratori
a cui sia stata fatta una proposta scritta di assunzione, ma che l’abbiano rifiutata. È tuttavia possibile la somministrazione acausale a tempo determinato fino a 3 lavoratori per anno solare, se l’azienda occupa lavoratori a
tempo indeterminato in numero almeno doppio ai lavoratori in somministrazione. Il CCNL riconosce inoltre altre
casistiche soggettive di acausalità, oltre a quelle delineate dalla legge, ammettendo la somministrazione “esente
da motivazione” in caso di utilizzo di:
a) lavoratori che possono accedere al collocamento obbligatorio;
b) lavoratori con una invalidità certificata di almeno il 20%;
c) persone condannate ammesse al regime di semilibertà oppure in uscita o usciti da istituti di pena.
La principale tipologia “oggettiva” di ricorso acausale alla somministrazione a tempo determinato è stata introdotta dalla legge Fornero (l. 28 giugno 2012, n. 92), con l’inserimento del comma 1-bis all’articolo 1 del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368. Si tratta delle ipotesi in cui si concluda un primo contratto tra il datore di
lavoro e il lavoratore e che il contratto abbia una durata non superiore a dodici mesi, non prorogabili.
Allo stesso modo, è previsto che l’eccezione all’obbligo delle causali sia applicabile anche nel caso di prima
missione di un lavoratore presso un utilizzatore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato. In tale casistica, non è il contratto di lavoro a tempo determinato a essere acausale, ma la somministrazione stessa.
La circolare del Ministero del Lavoro n. 18/2012 è intervenuta a fornire le prime istruzioni operative
sull’applicazione di tali disposizioni.
In particolare, chiarisce il Ministero, che «la formulazione si riferisce al “primo rapporto a tempo determinato” tra
lavoratore e datore di lavoro/utilizzatore, per lo svolgimento “di qualunque tipo di mansione”. Proprio il riferimento al “rapporto” e alla irrilevanza della mansione cui è adibito il lavoratore porta a ritenere che la deroga al causalone possa trovare applicazione una e una sola volta tra due medesimi soggetti stipulanti il contratto a tempo
determinato. In altre parole, il causalone sarebbe quindi richiesto nel caso in cui il lavoratore venga assunto a
tempo determinato o inviato in missione presso un datore di lavoro/utilizzatore con cui ha intrattenuto già un
primo rapporto lavorativo di natura subordinata. Inoltre, il primo rapporto a tempo determinato, in relazione al
quale non è richiesta l’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, non
può avere una durata superiore a 12 mesi. Se ad esempio il primo rapporto ha una durata di soli 3 mesi, in caso
di successiva assunzione a tempo determinato, occorrerà indicare le ragioni che lo giustificano. In tal senso,
pertanto, il periodo di 12 mesi non costituisce una “franchigia” – o comunque un periodo in qualche modo frazionabile – nell’ambito della quale si è sempre esonerati dalla individuazione del causalone. Peraltro si ricorda
che il primo rapporto a termine “acausale” non è in nessun caso prorogabile, nemmeno qualora lo stesso abbia
avuto una durata inferiore ai 12 mesi e sino a tale durata massima. Resta invece applicabile anche in tale ipotesi
la previsione di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. 368/2001 (peraltro anch’essa modificata dalla l. 92/2012) secondo la quale, solo al superamento di un periodo di 30 o 50 giorni dalla scadenza del contratto, lo stesso “si
considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini”».
Il Ministero sottolinea che il periodo di dodici mesi non possa considerarsi una franchigia, né che possa essere
frazionato in una pluralità di rapporti di durata inferiore fino al raggiungimento dei dodici mesi.
Il Ministero chiarisce inoltre la ratio dell’acausalità, che, infatti, risulta finalizzata «ad una miglior verifica delle atti-
tudini e capacità professionali del lavoratore in relazione all’inserimento nello specifico contesto lavorativo; pertanto non appare coerente con la ratio normativa estendere il regime semplificato in relazione a rapporti in qualche modo già “sperimentati”. Ciò a maggior ragione vale per la stipula di contratti a tempo determinato con lo
stesso datore di lavoro con cui si è intrattenuto un precedente rapporto a tempo indeterminato».
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Capitolo 3 – Il contratto di somministrazione a tempo determinato
La normativa prevede, inoltre, un rinvio alla contrattazione collettiva per la definizione di tipologie di acausalità
alternative a quelle definite dalla legge. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e
dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta
a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata (dai contratti nazionali) ai livelli decentrati, che non
siano richieste le causali di ricorso al lavoro o alla somministrazione a tempo determinato, nel caso in cui
l’assunzione o la missione avvengano nell’ambito di:
a) un processo organizzativo determinato dall’avvio di una nuova attività;
b) un lancio di un nuovo prodotto o servizio innovativo;
c) un’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico;
d) una fase supplementare di un progetto di ricerca e sviluppo;
e) un rinnovo di una commessa consistente.
In questi casi, non sono previsti limiti di durata del contratto di lavoro a tempo determinato o della prima missione. Inoltre, i lavoratori assunti sulla base di tale ipotesi acausale non devono superare il 6% del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva.
La citata circolare del Ministero del Lavoro n. 18/2012 è intervenuta sulla gerarchia di contrattazione a cui è demandabile l’applicazione della deroga in esame.
Sostiene, infatti, il Ministero: «Va anzitutto rilevato che la contrattazione collettiva abilitata ad intervenire è quella
posta in essere dalle parti sociali comparativamente più rappresentative, in secondo luogo si afferma che
l’intervento può avvenire:
- in via diretta a livello interconfederale o di categoria;
- ovvero in via delegata ai livelli decentrati.
Questa seconda ipotesi sancisce esplicitamente una gerarchia tra i diversi livelli di contrattazione, dopo che l’art.
8 del d.l. 138/2011 (conv. dalla l. 148/2011) aveva invece previsto la possibilità, da parte della contrattazione
collettiva anche aziendale, di introdurre discipline derogatorie alle previsioni di legge e dei contratti nazionali su
determinate materie. Stando ai consueti criteri interpretativi si ritiene pertanto esclusa la possibilità, da parte della contrattazione collettiva decentrata, di introdurre una disciplina diversa da quella già prevista dal Legislatore
se non espressamente delegata a livello interconfederale o di categoria».
Il margine di discrezionalità della contrattazione collettiva nell’individuare ipotesi di acausalità, determinata ai
sensi del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, c. 1-bis, è tuttavia molto limitato. Si deve, infatti, sottolineare
che la facoltà di intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 20,
c. 5-quater, sia molto più ampia, in quanto il rinvio è generico e la contrattazione collettiva ha facoltà di individuare ipotesi di acausalità senza limitazione a un ambito specifico, come invece previsto dal novellato d.lgs. 6
settembre 2001, n. 368.
L’introduzione della acausalità oggettiva da parte della riforma Fornero ha determinato un’ulteriore equivalenza
tra la somministrazione a tempo determinato e il lavoro a termine. Infatti, l’acausalità della prima missione
nell’ambito della somministrazione a tempo determinato da un lato può aiutare nell’immediata attivazione delle
agenzie per il lavoro e ridurre i margini di contenzioso, dall’altro lato potrebbe però sminuire e svilire il ruolo delle
agenzie quali operatori polifunzionali e qualificati del mercato del lavoro, riducendole a semplici fornitrici di flessibilità numerica.
Inoltre, l’acausalità del primo contratto e della prima missione non è funzionale al conseguimento degli obiettivi
della riforma del lavoro, specie dell’incentivazione della stabilizzazione dei lavoratori, ma induce i datori di lavoro
ad assumere comportamenti che portano al risultato opposto. Infatti, le aziende sono così indotte ad adottare
lecitamente prassi volte a un ricambio continuo dei lavoratori, proprio perché possono assumere lavoratori per
12 mesi senza dovere esplicitare una causale, oltretutto mettendosi al riparo da possibili contenziosi.
Vengono inoltre forniti alcuni chiarimenti anche in riferimento al periodo massimo di occupazione. Il d.lgs.
368/2001, art. 5, comma 4-bis, stabilisce che, qualora a causa di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti, il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione tra
un contratto e l’altro, il rapporto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza del predetto termine.
La novità della riforma sta nel computo del periodo massimo di 36 mesi. È infatti previsto che, a tal fine, «si tiene
altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi
del comma 1-bis dell’articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato».
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Capitolo 3 – Il contratto di somministrazione a tempo determinato
La norma vuole evidentemente evitare che, attraverso il ricorso alla somministrazione di lavoro, si possano aggirare i limiti all’impiego dello stesso lavoratore con mansioni equivalenti; in tal modo, pertanto, nel limite dei 36
mesi andranno computati anche i periodi di occupazione – sempre con mansioni equivalenti – legati a una
somministrazione a tempo determinato. Ne consegue pertanto che i datori di lavoro dovranno tenere conto, ai
fini dell’indicato limite di 36 mesi, dei periodi di lavoro svolti in forza di contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati a fare data dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della legge). Si ricorda, in ogni caso,
che il periodo massimo di 36 mesi, peraltro derogabile dalla contrattazione collettiva, rappresenta un limite alla
stipulazione di contratti a tempo determinato e non al ricorso alla somministrazione di lavoro. Ne consegue che,
raggiunto tale limite, il datore di lavoro potrà comunque ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore anche successivamente al raggiungimento dei 36 mesi.
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Capitolo 4 – “Staff leasing”: il contratto di somministrazione a tempo indeterminato
 4. “Staff
leasing”: il contratto di somministrazione a
tempo indeterminato
 4.1 Analisi della fattispecie
Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato rappresenta la fornitura a tempo indeterminato di manodopera, effettuata professionalmente da parte di una agenzia di somministrazione autorizzata, a favore di un utilizzatore.
Come per la somministrazione a tempo determinato, si realizza uno schema trilaterale, in cui i soggetti coinvolti
sono:
 l’agenzia somministratrice di lavoro, autorizzata ai sensi del d.lgs. 276/2003, art. 4, da cui dipende il lavoratore;
 il lavoratore, dipendente dall’agenzia somministratrice, inviato in missione presso l’utilizzatore e inserito
nella sua organizzazione;
 l’utilizzatore, che usufruisce della prestazione lavorativa ed esercita il potere di direzione e di controllo
sul lavoratore.
La fornitura è disciplinata da un contratto di somministrazione (contratto di natura commerciale) a tempo indeterminato tra il somministratore e l’utilizzatore ed è attuabile solo nei casi tassativamente previsti dalla legge o
dai contratti collettivi.
I lavoratori somministrati in staff leasing sono generalmente legati all’agenzia di somministrazione con un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato rappresenta per le aziende una diversa forma organizzativa e gestionale, caratterizzata non solo da flessibilità occupazionale, ma anche dalla modernizzazione dei processi basati sull’integrazione tra imprese, coordinate da operatori polifunzionali e altamente qualificati, quali sono
le agenzie per il lavoro. Essa consente alle imprese di utilizzare forza-lavoro particolarmente qualificata, senza
sostenere tutti gli oneri derivanti dall’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato, con il vantaggio di esercitare
direttamente il potere di direzione e di controllo e quindi di organizzare efficacemente la prestazione dei lavoratori in somministrazione. Si tratta, infatti, di un modello organizzativo di internalizzazione di personale, piuttosto
che di esternalizzazione di attività.
Non sussistono particolari limitazioni per quanto riguarda i lavoratori che possono essere assunti e inviati in
somministrazione. L’unico limite riferito all’utilizzatore è previsto per la Pubblica Amministrazione che, ai sensi del
d.lgs. 276/2003, art. 86, c. 9, non può stipulare contratti di somministrazione a tempo indeterminato. Tuttavia,
la legge 191/2009, introducendo nuove ipotesi di ricorso alla somministrazione a tempo indeterminato, ha incluso espressamente «l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di sostegno alla famiglia, in tutti i
settori produttivi, pubblici e privati», quindi anche nella Pubblica Amministrazione, e solo nel caso specifico.
Il Legislatore della riforma Biagi non abbandona comunque la necessaria cautela all’utilizzo di tale fattispecie,
ponendo vincoli rigidi a tale tipologia di somministrazione. L’art. 20, comma 3, delinea chiaramente le casistiche
in cui risulta possibile inviare lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato per le ipotesi tassative di seguito elencate:
a) servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e la manutenzione di reti
intranet ed extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;
b) servizi di pulizia, custodia, portineria;
c) servizi da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;
d) gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;
e) attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;
f) attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;
g) gestione di call center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento C.E. 1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;
h) costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all’edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi
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Capitolo 4 – “Staff leasing”: il contratto di somministrazione a tempo indeterminato
successive di lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente utilizzata nell’impresa;
i) tutti i casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative;
i-bis) tutti i settori produttivi, pubblici e privati, per l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di
sostegno alla famiglia.
La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è possibile per tutte le professionalità necessarie per la
gestione delle attività o dei servizi, per cui è ammesso il ricorso allo staff leasing (circolare n. 7 del 2005).
La lista definita dall’art. 20 contiene quella serie di prestazioni, di carattere endoaziendale, caratterizzate da uno
svolgersi delle stesse in strutture o con mezzi messi a disposizione dall’utilizzatore, che hanno creato, in passato, forti criticità interpretative ai fini dell’applicazione della legge 1369/1960.
La finalità del Legislatore è quindi di eliminare ogni potenziale controversia interpretativa della disciplina in esame, che aveva portato in passato a conseguenze penalmente rilevanti per gli imprenditori per il reato di interposizione illecita di manodopera, ad esempio nei casi dei call center, o di attività di marketing, analisi di mercato,
organizzazione della funzione commerciale.
Si segnala che, in merito all’attività svolta dai lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato, la giurisprudenza si è espressa in maniera non univoca sulla compatibilità dello staff leasing con servizi che rappresentano
l’attività principale dell’utilizzatore. Il Tribunale di Torino, con la sentenza del 3 luglio 2010, n. 2246, ha considerato l’utilizzo dello staff leasing compatibile con attività attinenti il core business dell’utilizzatore; in senso contrario, sempre presso il Tribunale di Torino, con la sentenza del 26 luglio 201, n. 2130, la Corte ha affermato la
compatibilità dell’istituto con attività meramente accessorie rispetto all’oggetto principale dell’utilizzatore.
Il ricorso allo staff leasing può essere acausale quando abbia a oggetto l’assunzione di lavoratori in mobilità ex l.
223/1991, art. 8, c. 2 (d.lgs. 276/2003, art. 20, c. 5-bis). Ciò significa che non è vincolato ai casi tassativamente
previsti dal c. 3 dell’art. 20 del d.lgs. 276/2003, sopra elencati, ma è sempre possibile, per ogni tipologia di attività.
L’agenzia, quale datore di lavoro, è tenuta agli adempimenti connessi all’instaurazione, allo svolgimento e alla
conclusione del rapporto di lavoro.
Al contratto di lavoro stipulato tra agenzia e lavoratore si applica, in caso di tempo indeterminato, la disciplina
generale dei rapporti di lavoro prevista da codice civile e dalle leggi speciali; nel caso di rapporto di lavoro a
tempo determinato, la disciplina è quella di cui al d.lgs. 368/2001.
È fatto divieto alle agenzie di somministrazione di lavoro di esigere o comunque percepire, direttamente o indirettamente, compensi dal lavoratore.
Sono lecite, nell’ambito dello staff leasing, clausole di fidelizzazione da parte dell’agenzia nei confronti del lavoratore somministrato, che limitano, anche indirettamente, la possibilità di assunzione da parte dell’utilizzatore.
Il lavoratore ha diritto a un trattamento economico complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari
livello dell’impresa utilizzatrice (principio di parità di trattamento), salvo la somministrazione sia prevista all’interno
dei programmi di politica attiva, di cui al d.lgs. 276/2003, all’art. 13. I contratti collettivi applicati dall’utilizzatore
stabiliscono le modalità e i criteri per la determinazione e la corresponsione delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati all’andamento economico dell’impresa (per es., premi di produttività, etc…).
Per tutta la durata della somministrazione, i lavoratori svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’impresa utilizzatrice; invece, l’esercizio del potere disciplinare è attribuito all’agenzia, a cui
l’impresa utilizzatrice comunica le mancanze del lavoratore.
Il lavoratore in somministrazione non è computato nell’organico dell’impresa utilizzatrice ai fini dell’applicazione
di norme di legge e di contratto collettivo, a esclusione di quelle che riguardano l’igiene e la sicurezza sul lavoro.
I lavoratori in somministrazione possono accedere a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionali, organizzati dalle agenzie di somministrazione e finanziati dai Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito
(d.lgs. 276/2003, art. 12). Possono inoltre essere destinatari di forme di integrazione e sostegno del reddito,
sempre finanziati dai Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito.
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Capitolo 5 – Forma del contratto di somministrazione
 5. Forma del contratto di somministrazione
 5.1 Il contenuto minimo del contratto e la forma scritta ad substantiam
Il contratto di somministrazione rientra nella tipologia dei contratti sinallagmatici, il cui elemento costitutivo implicito (come per tutti i contratti a obbligazioni corrispettive), è l’obbligazione assunta dalle parti di eseguire una
prestazione in favore delle altre parti contraenti, esclusivamente in quanto le altre a loro volta assumono
l’obbligazione di eseguire una prestazione in suo favore.
La corrispettività consiste dunque in un rapporto di condizionalità reciproca tra le prestazioni. L’elemento in oggetto rappresenta il punto di equilibrio raggiunto dalle parti in sede di formazione del negozio giuridico, nella
congiunta volontà di scambiarsi diritti e obbligazioni attraverso lo scambio di una prestazione con una controprestazione.
Nella somministrazione, il somministratore si obbliga verso un corrispettivo economico a fornire prestatori di lavoro all’utilizzatore perché questi svolgano attività lavorativa. L’utilizzatore esercita il potere direttivo, organizzativo e di controllo nei confronti dei prestatori inviati in missione dal somministratore.
Il contratto di somministrazione di lavoro deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità (forma scritta ad
substantiam, d.lgs. 276/2003, art. 21, c. 1). La previsione in esame, tipicamente formalistica, ha lo scopo di fornire garanzia sia al contratto commerciale che al contratto di lavoro.
La stessa norma prevede espressamente che, in mancanza di forma scritta, il contratto è nullo e il lavoratore
deve essere considerato dipendente dell’utilizzatore.
La norma già citata indica anche il contenuto minimo e necessario del contratto. Più precisamente, il contratto
di somministrazione deve indicare, per iscritto, i seguenti elementi:
 gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore. Come già indicato, solo le agenzie iscritte allo speciale Albo tenuto presso il Ministero del Lavoro e autorizzate dallo stesso all’attività di somministrazione possono lecitamente stipulare contratti di somministrazione;
 il numero dei lavoratori da somministrare. Tale elemento ha valenza ai fini del controllo sindacale, di cui
si dirà in seguito;
 i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo. Si rimanda, sul punto, a
quanto già ampiamente evidenziato;
 l’indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di
prevenzione adottate. La disposizione rende evidente che, in primo luogo, l’obbligo di erogare
l’informazione, la formazione e l’addestramento professionali è, in linea di principio e secondo diritto, a
carico del somministratore. Il contratto di somministrazione può, peraltro, prevedere che l’obbligo di
formazione e addestramento sia eventualmente adempiuto dall’utilizzatore, surrogando in ciò il somministratore, purché ne venga data idonea menzione nel contratto con il lavoratore. Se l’obbligo non viene
riferito, nel contratto di somministrazione, come posto a carico dell’utilizzatore, i mancati informazioneformazione e addestramento del lavoratore somministrato configureranno una contravvenzione penalmente rilevante, a carico del somministratore;
 i costi della sicurezza. Per effetto del d.lgs. 81/2008, c. 5, art. 26, nel contratto d’appalto, di subappalto
e di somministrazione di beni (e servizi non essenziali), dovranno essere specificatamente indicati, a pena di nullità, ex art. 1418, c.c., i costi relativi alla sicurezza del lavoro, con particolare riferimento a quelli
connessi allo specifico appalto. I costi della sicurezza del lavoro da indicare contrattualmente, sono
quelli relativi alle misure di cooperazione e coordinamento conseguenti all’elaborazione del documento
unico di valutazione dei rischi e finalizzati all’eliminazione o riduzione delle interferenze lavorative proprie
delle opere o dei servizi o, comunque, quelli relativi a particolari misure che, rendendosi necessarie solo
per i lavori interni oggetto dell’appalto (del subappalto e della somministrazione di beni e servizi non essenziali), ne impongono la deduzione contrattuale, essendo diversi in conseguenza della tipologia dei lavori e, quindi, variabili da appalto ad appalto;
 la data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione (in caso di somministrazione a
tempo determinato). Anche in tal caso si rimanda sul punto a quanto già ampiamente evidenziato;
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Capitolo 5 – Forma del contratto di somministrazione

le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento. Nell’ottica del principio di parità
di trattamento, ai sensi dell’art. 23, il lavoratore in somministrazione deve essere inquadrato nel livello o
nella categoria prevista dal CCNL applicato dall’impresa utilizzatrice per le mansioni attribuitegli;
 il luogo, l’orario e il trattamento economico e normativo delle prestazioni lavorative;
 l’assunzione da parte del somministratore della obbligazione del pagamento diretto al lavoratore del
trattamento economico, nonché del versamento dei contributi previdenziali;
 l’assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali effettivamente sostenuti in favore dei prestatori di lavoro;
 l’assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di comunicare al somministratore i trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili;
 l’assunzione da parte dell’utilizzatore, in caso di inadempimento del somministratore, dell’obbligo di pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico nonché del versamento dei contributi previdenziali, fatto salvo il diritto di rivalsa del somministratore.
Il già citato art. 21 dispone anche che tutte le informazioni sopra indicate, nonché la data di inizio e la durata
prevedibile dell’attività lavorativa presso l’utilizzatore, devono essere comunicate per iscritto al lavoratore, da
parte del somministratore al momento della stipulazione del contratto di lavoro, ovvero nel momento in cui il lavoratore sia inviato presso l’utilizzatore. Il d.lgs. 276/2003, art. 27, precisa che in mancanza di uno degli elementi «di cui agli articoli 20 e 21, c. 1, lettere a), b), c), d) ed e)», il lavoratore può chiedere al Giudice la costituzione
di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore, con effetto dall’inizio della somministrazione. In ogni caso deve essere integrato laddove i contratti collettivi prevedano elementi ulteriori.
Tutte le informazioni indicate, nonché la data di inizio dell’attività lavorativa presso l’utilizzatore, devono essere
comunicate per iscritto al lavoratore da parte del somministratore, nel momento della stipulazione del contratto
di lavoro ovvero dell’invio presso l’utilizzatore. Tali previsioni, espressamente previste dal d.lgs. 276/2003, art.
21, sono poste a tutela dei lavoratori; in mancanza di forma scritta, il contratto di somministrazione è nullo e i
lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Nel contratto, inoltre, le parti devono recepire le indicazioni normative e retributive contenute nei contratti collettivi. Ogni contratto concernente l’impiego della manodopera, anche mediante il ricorso alla somministrazione di
lavoro, può essere sottoposto al vaglio delle competenti commissioni di certificazione. Risulta certificabile non
solo il rapporto fra agenzia per il lavoro e lavoratore, ma anche il contratto commerciale fra somministratore e
utilizzatore. La somministrazione di lavoro, complessivamente intesa, rientra, infatti, nell’ambito di applicazione
dell’istituto secondo quanto previsto dal d.lgs. 276/2003, art. 75 (come modificato dal cd. “Collegato Lavoro”,
legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 30), non rilevando che il contratto fra agenzia e utilizzatore sia un contratto
di tipo commerciale e non un contratto di lavoro. La procedura di certificazione del contratto (commerciale) di
somministrazione non costituisce però un valido accertamento della sussistenza dei presupposti soggettivi per
operare; la sussistenza di tali requisiti è riscontrabile in virtù dell’iscrizione dell’agenzia all’Albo, di cui al d.lgs.
276/2003, art. 4, e quindi non trova alcuna giustificazione, limitatamente a questo profilo, il ricorso alla certificazione del contratto (Min. Lav., nota 81/2009).
Inoltre, l’impresa utilizzatrice ha alcuni obblighi precisi: è tenuta a informare il lavoratore se le mansioni assegnate comportano rischi specifici, è tenuta a tutti gli obblighi di protezione, risponde in solido con l’azienda fornitrice
degli obblighi retributivi e contributivi.
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
 6. La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di
somministrazione e lavoratore
 6.1 Premessa
La durata del contratto di somministrazione (stipulato tra agenzia di somministrazione e impresa utilizzatrice) influenza il rapporto di lavoro che viene a instaurarsi tra agenzia di somministrazione e lavoratore:
 in caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato o a termine (tra agenzia di somministrazione
e impresa utilizzatrice), il rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore segue la disciplina di cui al d.lgs. 368/2001 – che regola la fattispecie del lavoro a tempo determinato – per quanto
compatibile e in ogni caso con esclusione delle disposizioni dettate in tema di proroga e di successione
di più contratti a termine (d.lgs. 276/2003, art. 22, c. 1).
 in caso di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (tra agenzia di somministrazione e impresa
utilizzatrice), il rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore è soggetto per legge alla
disciplina generale dei rapporti di lavoro subordinato, di cui al codice civile e alle leggi speciali
(d.lgs. 276/2003, art. 22, c. 1).
La disciplina del rapporto tra agenzia e lavoratore somministrato è definita dai contratti collettivi nazionali e
aziendali in uso nell’impresa utilizzatrice, per quanto attiene:
 alla retribuzione;
 alla disciplina dell’orario di lavoro;
 al numero di giornate di ferie e di permesso;
 al diritto a usufruire della mensa e dei servizi sociali e assistenziali presenti in azienda.
La disciplina del rapporto tra agenzia e lavoratore somministrato è definita dal contratto collettivo nazionale delle
agenzie per il lavoro per quanto attiene:
 al tipo di assunzione (a tempo determinato o indeterminato);
 alla classificazione del personale e all’inquadramento contrattuale;
 al trattamento retributivo spettante;
 al periodo di prova e di preavviso;
 all’interruzione della missione;
 al sistema delle proroghe;
 alla risoluzione del rapporto e al recesso;
 al trattamento di malattia e infortunio;
 alla maternità e ai congedi parentali;
 ai diritti sindacali.
La disciplina risulta, quindi, ripartita tra fonti legali e contrattuali; in particolare, il CCNL delle agenzie di somministrazione disciplina l’instaurazione, lo svolgimento e la cessazione del rapporto di lavoro con l’agenzia per il lavoro.
 6.2 Il periodo di prova
Per il periodo di prova, il CCNL per le agenzie di somministrazione distingue tra contratto a tempo indeterminato
e a tempo determinato.
Per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato con l’agenzia di somministrazione, sono previsti:
 6 mesi di calendario per i lavoratori del gruppo A (lavoratori di elevato contenuto professionale, quali dirigenti, quadri e impiegati direttivi);
 50 giorni di servizio effettivo per i lavoratori del gruppo B (lavoratori di concetto, operai specializzati e/o
corrispondenti alle categorie intermedie con contenuti professionali caratterizzati da autonomia operativa, ma non decisionale, e da un elevato livello di conoscenze tecnico-pratiche);
 30 giorni di servizio effettivo per i lavoratori del gruppo C (lavoratori qualificati e d’ordine, che eseguono
il lavoro sotto la guida e il controllo di altri).
Per i rapporti di lavoro a tempo determinato con l’agenzia di somministrazione, è previsto un periodo di prova
per ogni singola missione. Nel caso di successive missioni presso lo stesso utilizzatore e con le medesime man© Cesi Multimedia
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
sioni, intervenute entro i dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro precedente, non è consentito apporre il periodo di prova. La durata del periodo di prova è di 1 giorno per ogni 15 giorni di calendario. In ogni caso, il periodo di prova non può essere inferiore a 1 giorno e superiore a 11, per missioni fino a sei mesi, e a 13
giorni, per quelle superiori a sei mesi.
Sia in caso di contratto a tempo indeterminato, sia in caso di contratto a tempo determinato, la pattuizione del
periodo di prova deve risultare da atto scritto.
 6.3 La risoluzione del rapporto di lavoro
In caso di assunzione del lavoratore a tempo determinato, il contratto di lavoro si risolve alla scadenza del termine o prima della scadenza del termine, qualora sussistano i presupposti per il licenziamento per giusta causa.
In caso di assunzione del lavoratore a tempo indeterminato, se viene meno la missione presso l’impresa utilizzatrice, il lavoratore è posto in disponibilità o rimane alle dipendenze dell’agenzia di somministrazione, salvo che
esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto, secondo quanto statuito dal d.lgs.
276/2003, art. 20, c. 2 (circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 22 febbraio 2005, n. 7).
Nel caso in cui la missione si interrompa prima della scadenza prefissata, per cause diverse dalla giusta causa o
dal mancato superamento del periodo di prova, il lavoratore in somministrazione:
 può essere impiegato in un’altra missione, nella stessa area professionale in cui è stato precedentemente impiegato;
 può partecipare a interventi formativi nell’ambito di programmi aziendali o programmi dell’Ente bilaterale
della zona di residenza;
 può essere utilizzato per prestazioni lavorative presso l’agenzia di somministrazione, in mansioni a lui
compatibili per attività e professionalità.
Nel caso di recesso del lavoratore assunto a tempo indeterminato, lo stesso è tenuto a rispettare i seguenti termini di preavviso, che decorrono dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese:
a) Fino a cinque anni di servizio compiuto:
- Gruppo A: 60 giorni di calendario;
- Gruppo B: 30 giorni di calendario;
- Gruppo C: 20 giorni di calendario.
b) Oltre cinque anni e fino a dieci anni di servizio:
- Gruppo A: 90 giorni di calendario;
- Gruppo B: 45 giorni di calendario;
- Gruppo C: 30 giorni di calendario.
c) Oltre dieci anni di servizio compiuti:
- Gruppo A: 120 giorni di calendario;
- Gruppo B: 60 giorni di calendario;
- Gruppo C: 45 giorni di calendario.
In caso di mancato preavviso, al lavoratore è corrisposta una indennità equivalente a un importo giornaliero, ottenuto dividendo la somma delle retribuzioni e dell’indennità di disponibilità degli ultimi 12 mesi per 365 giorni, e
moltiplicando il risultato per i giorni di preavviso spettanti, secondo quanto sopra indicato
In caso di risoluzione anticipata del rapporto a tempo determinato, da parte del lavoratore, rispetto alla data di
scadenza prevista nel contratto iniziale o nelle successive proroghe, è stabilita una penalità di risoluzione in capo
allo stesso; tale penalità è calcolata in 1 giorno ogni 15 di missione residua non ancora effettuata, per un massimo di 7 giorni per il gruppo C, di 10 giorni per il gruppo B e di 20 giorni per il gruppo A. Tale disposizione non
si applica alle risoluzioni che si verificano nei primi 15 giorni del rapporto di lavoro. In caso di comunicazione
preventiva del recesso anticipato, in misura pari al numero di giornate di penale imputabili, la stessa non viene
applicata.
 6.4 La retribuzione
Sotto il profilo legislativo, vige il principio di parità di trattamento, secondo cui il lavoratore in somministrazione
ha diritto a un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello corrisposto ai lavo-
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
ratori dipendenti di uguale livello dell’impresa utilizzatrice, a parità di mansioni svolte (d.lgs. 276/2003, art. 23,
comma 1).
Ciò vuol dire che il lavoratore in somministrazione ha diritto non solo alla stessa retribuzione dei dipendenti
dell’impresa utilizzatrice, ma anche agli stessi trattamenti “normativi”, con riferimento cioè a quanto previsto dai
contratti collettivi – nazionali e aziendali – e dalle prassi in uso.
Si precisa che, stando alla lettera della legge, il Legislatore ha stabilito che il trattamento economico normativo
non deve essere “complessivamente” inferiore: ciò significa che non deve essere necessariamente identico a
quello dei lavoratori dipendenti, ma che l’obbligo di parità di trattamento può considerarsi rispettato anche nel
caso in cui non si verifichi una perfetta simmetria tra i due trattamenti, con esclusivo riferimento a singoli profili
del rapporto di lavoro, come, ad esempio, erogazioni economiche inerenti ai premi di anzianità.
L’unica deroga prevista espressamente dalla legge all’obbligo di parità di trattamento riguarda i cosiddetti “lavoratori svantaggiati”, cioè quelli che hanno difficoltà a entrare o a rientrare nel mercato del lavoro. Infatti, ai sensi
delle norme introdotte dal d.lgs. 276/2003, le agenzie di somministrazione, prevedendo uno specifico piano individuale di inserimento e reinserimento del lavoratore nel mercato del lavoro, nell’ambito di programmi di formazione e riqualificazione professionale realizzati dalla stessa agenzia di somministrazione, in concorso con Regioni, Province ed Enti locali, possono assumere tali lavoratori e inviarli in missione senza però garantire loro un
eguale trattamento economico rispetto ai dipendenti delle imprese ove andranno a lavorare.
Il soggetto su cui grava l’obbligo di retribuzione del lavoratore in somministrazione è l’agenzia di somministrazione; infatti, l’assunzione dell’obbligo retributivo da parte dell’agenzia di somministrazione costituisce uno degli elementi essenziali del contratto di somministrazione stipulato tra agenzia di somministrazione e impresa utilizzatrice, ex d.lgs. 276/2003, art. 21, c. 1, lett. h). Tuttavia, è correlato al principio di parità di trattamento il principio
di solidarietà, in virtù del quale l’impresa utilizzatrice è obbligata, in solido con l’agenzia di somministrazione, a
corrispondere ai lavoratori in somministrazione i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali (d.lgs. 276/2003,
art. 23, c. 3).
Pertanto, l’impresa utilizzatrice, nel caso in cui l’agenzia del lavoro non corrisponda ai lavoratori la retribuzione a
cui hanno diritto, ha l’obbligo del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico e dei contributi
previdenziali, salvo il diritto di rivalsa nei confronti dell’agenzia di somministrazione.
Ai fini di una concreta applicazione del principio di parità di trattamento e di garantire realmente al lavoratore in
somministrazione un trattamento economico normativo non inferiore a quello dei lavoratori dipendenti
dell’impresa utilizzatrice, il Legislatore ha posto in capo all’impresa utilizzatrice l’obbligo di informare l’agenzia di
somministrazione in merito ai trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili e l’obbligo di rimborsare
all’agenzia di somministrazione gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore dei
prestatori di lavoro. Ciò comporta, in termini pratici, che l’impresa utilizzatrice ha l’obbligo di comunicare
all’agenzia di somministrazione la contrattazione aziendale applicabile ai propri dipendenti e di rimborsare tutti i
trattamenti contrattuali conseguentemente erogati da questa ai lavoratori in somministrazione.
Il lavoratore in somministrazione, per la disciplina del proprio rapporto di lavoro, deve fare riferimento a due contratti collettivi nazionali, quello dell’impresa utilizzatrice e quello dell’agenzia di somministrazione, oltre agli accordi aziendali dell’impresa utilizzatrice.
Sotto il profilo contrattuale, il trattamento economico del lavoratore in somministrazione:
 è disciplinato dal contratto di lavoro che il lavoratore stipula con l’agenzia di somministrazione;
 deve tenere conto di quanto stabilito dal CCNL dell’agenzia, suo datore di lavoro “formale” (contratto
collettivo nazionale per il lavoro temporaneo del 23 settembre 2002);
 deve tenere conto di quanto previsto dal CCNL applicato nell’impresa utilizzatrice, suo datore di lavoro
“di fatto”;
 deve tenere conto dei trattamenti economici collettivi definiti a livello aziendale a favore dei dipendenti
dell’impresa utilizzatrice.
 6.4.1 La contrattazione nazionale
Il contratto collettivo nazionale per il lavoro, analogamente a quanto previsto dalla legge, prevede che il trattamento economico del lavoratore in somministrazione non debba essere inferiore a quello dei dipendenti
dell’impresa utilizzatrice di pari livello, secondo la contrattazione collettiva applicata alla stessa.
Ciò significa che ai lavoratori in somministrazione spetta ogni trattamento economico previsto da accordi sindacali di qualsiasi genere, compresi gli accordi aziendali, a parità di inquadramento professionale.
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
Il CCNL per i dipendenti delle agenzie per il lavoro ha stabilito che la retribuzione del lavoratore in somministrazione deve essere liquidata ogni mese, sulla base delle ore lavorate e di quelle contrattualmente dovute nel corso di ciascun mese dell’anno e che il coefficiente divisore orario utilizzato è quello del CCNL applicato
dall’impresa utilizzatrice.
 6.4.2 La contrattazione aziendale
Con riferimento alla contrattazione aziendale, va rilevato che le clausole inserite negli accordi aziendali – al fine di
consentire l’estensione ai lavoratori somministrati degli importi economici spettanti ai dipendenti dell’impresa utilizzatrice di pari livello e svolgenti analoghe mansioni – sono diverse e dipendono dalle scelte gestionali/aziendali
fatte dalle imprese e condivise dalle organizzazioni sindacali.
Al riguardo, è opportuno sottolineare che, nella prassi, può capitare che vengano inserite negli accordi aziendali
alcune clausole contrattuali finalizzate a escludere l’erogazione di uno o più importi retributivi ai lavoratori in
somministrazione, sul presupposto che le erogazioni in questione non sono compatibili con la natura temporanea della somministrazione di lavoro e sul rilievo che non sussiste l’equivalenza di mansioni richiesta ex d.lgs.
276/2003, art. 23, c.1.
Nelle realtà aziendali è, poi, possibile che alcune clausole contrattuali prevedano il differimento dell’erogazione ai
lavoratori in somministrazione degli importi previsti dalla contrattazione aziendale al momento dell’eventuale assunzione del lavoratore alle dipendenze dell’impresa utilizzatrice, al termine del periodo di somministrazione. In
maniera analoga, si possono trovare nella prassi clausole che prevedono l’aumento dei trattamenti retributivi
spettanti ai lavoratori in somministrazione, in corrispondenza alla durata temporale della missione presso
l’impresa utilizzatrice. In tal caso, ci possono essere scaglioni legati a intervalli temporali definiti di svolgimento
del rapporto di somministrazione presso l’impresa (per es., settimane, mesi) oppure scaglioni legati alle eventuali
proroghe del contratto di lavoro.
 6.4.3 Il pagamento e la consegna della busta paga
All’atto del pagamento della retribuzione, al lavoratore in somministrazione deve essere consegnata la busta paga o un prospetto equivalente, che è mensile.
Il pagamento e la consegna della busta paga devono avvenire tra il giorno 13 e il giorno 15 del mese successivo, presso le filiali dell’agenzia di somministrazione.
La busta paga deve contenere:
 la ragione sociale e il numero di iscrizione all’Albo dell’agenzia di somministrazione;
 il nome, il cognome e il codice fiscale del lavoratore;
 il mese a cui la retribuzione si riferisce;
 le singole voci retributive, nonché le trattenute;
 le ore di assemblea maturate e fruite nell’anno solare.
Nella busta paga i periodi orari e gli importi maturati devono essere indicati con chiarezza e qualora ci sia una
contestazione su uno o più elementi della retribuzione, sia in pendenza del rapporto di lavoro sia dopo
l’estinzione dello stesso, al lavoratore in somministrazione deve essere corrisposta la parte di retribuzione non
contestata.
Nella busta paga relativa alla retribuzione mensile non vengono erogati:
 i ratei di ferie maturate e non godute;
 i ratei di ROL (riduzione dell’orario di lavoro) maturata e non goduta;
 i ratei di festività soppresse;
 i ratei di tredicesima e quattordicesima maturate;
 i ratei di TFR (trattamento di fine rapporto) maturato.
Il contratto collettivo nazionale per il lavoro prevede che la maturazione dei suddetti ratei, a eccezione del TFR,
avvenga in proporzione alle ore lavorate (e non a quelle contrattualmente dovute).
La liquidazione dei ratei di tredicesima, ferie, permessi non goduti, relativi all’intera missione, avverrà alle normali
scadenze previste dall’impresa utilizzatrice o alla cessazione del rapporto di lavoro, se quest’ultimo è antecedente alle suddette scadenze.
Con riferimento alle ferie, qualora il lavoratore sia inviato in missione presso l’impresa utilizzatrice per un periodo
superiore ai 6 mesi, l’agenzia di somministrazione, su richiesta del lavoratore e compatibilmente con le esigenze
dell’impresa utilizzatrice, deve determinare il periodo di godimento delle ferie.
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
Ai lavoratori in somministrazione spettano anche le erogazioni economiche correlate ai premi di risultato nei modi e secondo i criteri stabiliti dal CCNL applicato dall’impresa utilizzatrice (d.lgs. 276/2003, art. 23, c. 4). Tuttavia, in concreto e in mancanza di specifiche previsioni contrattuali, i premi di risultato sovente non sono corrisposti ai lavoratori in somministrazione o sono corrisposti solo se i relativi sistemi di calcolo sono compatibili con
il tempo di permanenza del lavoratore in somministrazione nell’impresa utilizzatrice. Per tale ragione e per evitare
anche possibili contenziosi dei lavoratori dipendenti dell’impresa utilizzatrice, che vedrebbero ridotto l’importo
che spetta loro qualora il premio complessivo fosse ripartito anche tra i lavoratori in somministrazione, sarebbe
opportuno che la contrattazione collettiva individuasse specifiche modalità e sistemi di calcolo in base ai quali
corrispondere i premi di risultato anche ai lavoratori in somministrazione.
 6.5 Sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro
L’agenzia di somministrazione ha l’obbligo di:
 informare i lavoratori in somministrazione sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale (cd. obblighi di informazione generali);
 addestrare i lavoratori in somministrazione all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento
dell’attività lavorativa.
Nel contratto di somministrazione, si può derogare a quanto statuito dalla legge e prevedere che sia l’impresa
utilizzatrice a dovere adempiere l’obbligo di addestrare i lavoratori in somministrazione all’uso delle attrezzature
di lavoro. Ciò sembra avere una maggiore logica, poiché l’impresa utilizzatrice ha una maggiore conoscenza
delle attrezzature e dei macchinari in uso presso di sé. È necessario, però, che sia fatta menzione di tale deroga
nel contratto stipulato con il lavoratore in somministrazione.
L’impresa utilizzatrice ha l’obbligo di:
 informare i lavoratori in somministrazione ove le mansioni a cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano
una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici (cd. obblighi di informazione specifici);
 adempiere anche nei confronti dei lavoratori in somministrazione a tutti gli obblighi di protezione previsti
nei confronti dei lavoratori dipendenti dell’impresa. Ne deriva che è attribuita all’impresa utilizzatrice la
responsabilità relativa agli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dal contratto collettivo;
 effettuare la sorveglianza sanitaria (sottoporre i lavoratori in somministrazione a visite preventive e periodiche);
 comunicare il superamento delle 48 ore settimanali.
Nel contratto di somministrazione di lavoro devono essere indicati eventuali rischi per l’integrità e la salute dei
lavoratori e le misure di protezione adottate. Tale indicazione deve essere poi oggetto di comunicazione al lavoratore.
NB: non possono ricorrere alla somministrazione le imprese che non hanno effettuato la valutazione dei
rischi.
Ai fini della sicurezza sul lavoro, il lavoratore in somministrazione è computato nell’organico aziendale
dell’impresa utilizzatrice.
 6.6 La tutela assicurativa antinfortunistica
L’agenzia di somministrazione deve assicurare i lavoratori in somministrazione all’INAIL contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali.
Per legge e da contratto tutti gli oneri previdenziali, assicurativi e assistenziali sono a carico dell’agenzia di somministrazione.
 6.7 Il trattamento economico in caso di infortunio
In caso di infortunio, l’agenzia di somministrazione deve corrispondere al lavoratore in somministrazione l’intera
quota giornaliera della retribuzione per la giornata in cui avviene l’infortunio.
In caso di inabilità temporanea assoluta, dal giorno successivo a quello in cui è avvenuto l’infortunio, l’INAIL erogherà l’indennità di inabilità temporanea che l’agenzia di somministrazione dovrà integrare – per tutta la durata
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
stabilita del contratto – sino a raggiungere il 100% della retribuzione netta che il lavoratore avrebbe avuto in caso di normale svolgimento dell’attività lavorativa.
L’integrazione a carico dell’agenzia di somministrazione non è dovuta se l’INAIL, per qualsiasi motivo, non corrisponde l’indennità prevista dalla legge.
 6.8 Il periodo di comporto
In caso di infortunio sul lavoro, il lavoratore in somministrazione, nei limiti della scadenza del contratto, ha diritto
alla conservazione del suo posto di lavoro per un periodo massimo di 180 giorni nell’anno solare (cd. periodo di
comporto); pertanto, se il lavoratore si assenta per infortunio per un periodo maggiore di 180 giorni potrebbe
essere licenziato. Se però ha la necessità di prolungare la sua assenza oltre 180 giorni, ha la possibilità di conservare il suo posto per un ulteriore periodo che non deve essere comunque superiore ai 120 giorni e che non
sarà retribuito (viene infatti considerato come periodo di aspettativa senza retribuzione). Per potere usufruire di
quest’ulteriore periodo di conservazione del posto di lavoro, deve fare una richiesta scritta e presentare i relativi
certificati medici.
Se non è in prova, il lavoratore in somministrazione, nei limiti della scadenza del contratto, ha diritto alla conservazione del suo posto di lavoro per un periodo massimo di 180 giorni nell’anno solare (cd. periodo di comporto);
perciò, se il lavoratore si assenta per malattia per un periodo maggiore di 180 giorni potrebbe essere licenziato.
Tuttavia, se ha bisogno di prolungare la sua assenza oltre 180 giorni, ha la possibilità di conservare il suo posto
per un ulteriore periodo, che non deve essere comunque superiore ai 120 giorni e che non sarà retribuito (è infatti considerato come periodo di aspettativa senza retribuzione). Anche in questo caso, per potere usufruire
dell’ulteriore periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore deve produrre una richiesta scritta e presentare i relativi certificati medici.
 6.9 Il trattamento economico del lavoratore in somministrazione durante il periodo di malattia
Durante la malattia, il lavoratore in somministrazione non in prova ha diritto all’indennità di malattia erogata
dall’INPS e all’integrazione della suddetta indennità erogata dall’agenzia di somministrazione, in modo tale che
al lavoratore in somministrazione spetti il trattamento economico di seguito descritto:
 Lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato. Per i primi 3 giorni di malattia, al
lavoratore spetta il 100% della normale retribuzione netta giornaliera (totalmente a carico dell’agenzia di
somministrazione). Dal 4° al 20° giorno, invece, al lavoratore spetta un’indennità pari al 75% della normale retribuzione giornaliera netta. Dal 21° giorno in poi, il lavoratore ha diritto al 100% della normale retribuzione giornaliera netta. Se il contratto scade quando il lavoratore è in malattia, all’avvenuta scadenza viene meno anche il relativo trattamento.
 Lavoratori con contratto di somministrazione a tempo indeterminato. Con riferimento ai periodi di
malattia intercorsi durante la missione, per i primi 3 giorni di malattia, al lavoratore spetta il 100% della
normale retribuzione netta giornaliera (totalmente a carico dell’agenzia di somministrazione). Dal 4° al
20° giorno, invece, al lavoratore spetta un’indennità pari al 75% della normale retribuzione giornaliera
netta. Dal 21° giorno in poi, il lavoratore ha diritto al 100% della normale retribuzione giornaliera netta.
Superati i termini di scadenza della missione e perdurando la malattia, il lavoratore – nei limiti della conservazione del posto di lavoro – ha diritto all’indennità di disponibilità contrattualmente prevista.
 6.10 I diritti sindacali
I lavoratori in somministrazione hanno gli stessi diritti sindacali dei lavoratori dipendenti (diritti previsti dallo Statuto dei lavoratori).
I lavoratori in somministrazione hanno diritto a esercitare presso l’impresa utilizzatrice, per tutta la durata della
somministrazione, i diritti di libertà e di attività sindacale nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
I lavoratori in somministrazione che dipendono da una stessa agenzia di somministrazione ma che operano
presso diverse imprese utilizzatrici hanno anche uno specifico diritto di riunione, da esercitare secondo la normativa vigente e con le modalità specifiche determinate dalla contrattazione collettiva.
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
 6.10.1 I diritti di riunione
I lavoratori temporanei hanno diritto a riunirsi, durante l’orario di lavoro, per la trattazione di problemi di ordine
sindacale dentro le sedi delle agenzie di somministrazione o presso locali, anche dell’impresa utilizzatrice, idonei
sia sul piano logistico sia per la distanza dal luogo di lavoro, messi a loro disposizione a tale scopo. In questo
caso, le agenzie di somministrazione devono richiedere preventivamente all’impresa utilizzatrice di mettere a disposizione locali aziendali per lo svolgimento della riunione dei lavoratori in somministrazione.
Le riunioni presso le agenzie di somministrazione sono comunicate, per iscritto, alla Direzione aziendale con un
preavviso di 5 giorni lavorativi, indicando l’ordine del giorno e i nominativi dei dirigenti sindacali partecipanti.
Per la partecipazione alle assemblee sindacali, i lavoratori in somministrazione hanno diritto annualmente ad appositi permessi retribuiti in maniera proporzionale alle ore di missione cumulativamente prestate nel periodo
presso la stessa agenzia di somministrazione.
 6.10.2 Il sistema di rappresentanza sindacale
Il contratto collettivo ha previsto un sistema di rappresentanza sindacale specifico per i lavoratori in somministrazione; tale sistema si articola su due figure:
 delegati territoriali, nominati dalle singole organizzazioni sindacali firmatarie del presente CCNL;
 rappresentanti aziendali, eletti direttamente dai lavoratori in somministrazione operanti in una impresa utilizzatrice.
Il delegato sindacale viene nominato dalle singole organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL a livello regionale
o provinciale. Ha il compito di intervenire nei confronti delle imprese di fornitura per l’applicazione dei contratti e
delle norme in materia di lavoro, e per l’applicazione dei diritti sindacali in generale, nell’ambito di un territorio
provinciale, interprovinciale o regionale definito.
Nelle aziende utilizzatrici che impiegano almeno 30 prestatori di lavoro somministrato contemporaneamente per
più di 3 mesi, anche di imprese fornitrici diverse, le organizzazioni sindacali firmatarie possono organizzare elezioni di rappresentanti dei lavoratori somministrati nella misura di 1 rappresentante per ogni 30 prestatori di lavoro somministrato. A tal fine, le imprese fornitrici erogano alle organizzazioni sindacali firmatarie del presente CCNL
informazioni di ordine provinciale sul numero delle aziende utilizzatrici in cui si è verificata la situazione di presenza
contemporanea di almeno 30 lavoratori temporanei per più di tre mesi. I rappresentanti aziendali eletti possono
fruire, per l’esercizio del proprio mandato, di un monte ore di permessi retribuiti pari a un massimo di 10 ore
mensili – non cumulabili con le ore di permesso maturate nei mesi successivi – oltre alle ore di permesso per le
trattative sindacali. Il rappresentante che svolge il proprio mandato sindacale durante la missione, informa preventivamente l’impresa fornitrice, permettendo le sostituzioni, al fine di non pregiudicare il contratto di fornitura.
Salvo casi di urgenza, l’informazione all’impresa fornitrice deve avvenire tre giorni prima della data di inizio della
fruizione dei permessi.
 6.10.3 L’informazione ai lavoratori
Per la rappresentanza sindacale, le imprese fornitrici mettono a disposizione delle bacheche per l’informazione
di tipo sindacale, in ogni sede e filiale, in un luogo visibile e accessibile.
 6.11 La tutela della maternità
In caso di maternità, le lavoratrici in somministrazione hanno gli stessi diritti delle lavoratrici subordinate dipendenti dell’impresa utilizzatrice, compatibilmente con la durata della missione. Tali diritti sono previsti dalla legge
(T.U. per la tutela ed il sostegno della maternità e della paternità – d.lgs. 151/2001) e sono:
 la lavoratrice non può essere licenziata prima della scadenza del contratto, nonché fino al compimento
di un anno di età del bambino, qualora questo periodo rientri nella durata della missione A tal fine, è bene che la lavoratrice invii il certificato medico che attesti la sua gravidanza all’agenzia di somministrazione. Pur se non può essere licenziata perché in stato interessante, la lavoratrice può essere licenziata per
giusta causa qualora si verifichi una causa talmente grave da non consentire la prosecuzione, neanche
provvisoria, del rapporto di lavoro (per es., quando viene meno la fiducia che il datore di lavoro ha nel
lavoratore oppure qualora si verifichino atti di violenza da parte del lavoratore nei confronti dei colleghi,
anche fuori dai locali dell’impresa);
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Capitolo 6 – La disciplina del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore
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sussiste il divieto di adibire le donne al lavoro notturno (dalle ore 24 alle 6) dall’accertamento dello stato
di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino;
è previsto il diritto alla conservazione del posto di lavoro;
il diritto all’astensione obbligatoria dal lavoro (cd. congedo di maternità), in cui è fatto divieto di adibire le
donne in gravidanza al lavoro. Il periodo di astensione obbligatoria dura 5 mesi e, in genere, anche
compatibilmente con la durata della missione, va dai 2 mesi prima della presunta data del parto ai 3
mesi dopo il parto. È possibile comunque assentarsi anche 1 mese prima dalla presunta data del parto
e poi usufruire di un periodo di astensione obbligatoria di 4 mesi dopo il parto. L’astensione obbligatoria
è, invece, anticipata a 3 mesi dalla presunta data del parto, se la lavoratrice è adibita a mansioni che, in
relazione all’avanzato stato di gravidanza, risultano gravose o pregiudizievoli; l’astensione obbligatoria è
anticipata anche quando ci sono gravi complicanze della gravidanza e quando non è possibile adibire la
lavoratrice a mansioni non pregiudizievoli per la salute sua e del bambino. Anche al padre lavoratore è
riconosciuto il congedo di paternità, ovvero il diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave
infermità della madre del bambino, di abbandono o di affidamento esclusivo del bambino al padre;
sino al settimo mese dopo il parto, la lavoratrice non può essere adibita al trasporto e al sollevamento di
pesi, a lavori faticosi, pericolosi e insalubri. Pertanto, se la lavoratrice è adibita a una di queste mansioni,
ha diritto che le venga assegnata una diversa mansione. Se l’agenzia di somministrazione non può inviarla in nessun’altra missione, la lavoratrice ha diritto all’anticipazione dell’astensione obbligatoria. Per
potere esercitare questo suo diritto, la lavoratrice dovrà rivolgersi alla Direzione territoriale del lavoro,
che emanerà il provvedimento di astensione anticipata;
per tutto il periodo di astensione, alla lavoratrice spetta un’indennità giornaliera erogata dall’INPS, pari
all’80% della retribuzione.
 6.12 I congedi parentali
Durante il primo anno di vita del bambino, la lavoratrice ha diritto a due periodi di riposo giornalieri della durata di
un’ora ciascuno, anche cumulabili durante la giornata e goduti in un’unica soluzione. Se, però, l’orario di lavoro
è inferiore alle 6 ore, ha diritto solo a un’ora di riposo. Queste ore sono considerate a tutti gli effetti ore lavorative
e, pertanto, la lavoratrice percepisce per esse l’intera retribuzione. Durante tali periodi, la lavoratrice può uscire
dall’azienda (cd. permessi per allattamento);
In caso di malattia del bambino, la lavoratrice (madre) o il lavoratore (padre), alternativamente, hanno diritto a un
congedo per malattia del figlio e possono assentarsi dal lavoro, senza però avere diritto alla retribuzione.
Ai fini della fruizione del congedo, il lavoratore o la lavoratrice devono presentare all’agenzia di somministrazione
un certificato attestante la malattia del bambino, rilasciato dal medico del SSN o da un medico convenzionato.
Per i figli di età inferiore a 3 anni, il lavoratore o la lavoratrice possono assentarsi alternativamente per tutta la durata della malattia di ciascun figlio; per i figli di età compresa tra 3 e 8 anni, il lavoratore e la lavoratrice possono
assentarsi nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno per ciascuno alternativamente e per ogni figlio.
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Capitolo 7 – Sistema sanzionatorio
 7. Sistema sanzionatorio
 7.1 Premessa
Nel confermare il principio di divieto di interposizione di manodopera, se non per il tramite di un’agenzia per il
lavoro appositamente autorizzata, la riforma Biagi introduce la fattispecie di somministrazione illegittima, con
conseguenze penali e amministrative per il soggetto che utilizza forza lavoro esterna nei termini non previsti dalla
normativa.
Vengono di seguito esaminate le fattispecie sanzionatorie che disciplinano tali situazioni patologiche.
 7.2 La somministrazione abusiva e l’utilizzazione illecita
Il d.lgs. 276/2003, art. 18, cc. 1 e 2, prevede due diverse figure di reato, di tipo contravvenzionale:
 La somministrazione abusiva, commessa dal somministratore in assenza di specifica autorizzazione.
Recita così il citato articolo: «L’esercizio non autorizzato delle attività di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b) (somministrazione) è punito con la pena dell’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro». La norma prevede, inoltre: «Se vi è sfruttamento dei minori la pena è
dell’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo».
 Il reato di utilizzazione illecita, commesso dall’utilizzatore che adopera lavoratori somministrati da parte
di un soggetto non autorizzato. Recita così il citato articolo: «Nei confronti dell’utilizzatore che ricorra alla
somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 4, comma 1,
lettera a), ovvero da parte di soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), o comunque al di fuori dei limiti ivi previsti, si applica la pena dell’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione». Anche in tal caso, la norma prevede che «se vi è sfruttamento dei
minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo».
La somministrazione illecita costituisce quindi un’ipotesi di reato e si verifica nei casi in cui il contratto sia concluso in assenza dell’autorizzazione rilasciata dal Ministero al somministratore. Il reato colpisce anche
l’utilizzatore, che è il soggetto comunque interessato alle prestazioni lavorative e che ha il potere-dovere di verificare l’esistenza di tale autorizzazione in capo al somministratore, prima di concludere un contratto di somministrazione di lavoro. A tutela delle fasce lavorative più deboli, la sanzione viene incrementata nei casi di sfruttamento di minori, allorché impiegati in una somministrazione non autorizzata siano minori non occupabili, ovvero
che non hanno compiuto il quindicesimo anno di età o che comunque sono ancora soggetti all’obbligo scolastico. Come detto, la pena prevista, sia per il somministratore che per l’utilizzatore, consiste nell’arresto fino a 18
mesi e nell’ammenda di base aumentata fino al sestuplo. In caso di condanna è disposta la confisca del mezzo
eventualmente utilizzato.
Per tale tipologia di reato è inoltre prevista la prescrizione obbligatoria, disciplinata dal d.lgs. 124/2004, art. 15;
nella sola ipotesi base (non per l’ipotesi aggravata di utilizzo di minori), il personale ispettivo provvede a prescrivere la cessazione del comportamento illegale – l’immediata cessazione della fornitura di manodopera e del relativo utilizzo. Per l’utilizzatore è inoltre previsto, in caso di contratto nullo, l’ordine di assunzione diretta dei lavoratori alle proprie dipendenze. Per entrambi i soggetti, in caso di prescrizione obbligatoria, è prevista una sanzione
pari a 12,50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.
Entrambi i soggetti possono essere ammessi, nei casi non aggravati, all’oblazione di cui all’art. 162, c.p. (sanzione pari a 16,66 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione).
 7.3 La somministrazione fraudolenta
L’articolo 28 del d.lgs. 276/2003 disciplina invece le ipotesi di somministrazione fraudolenta, che è quella effettuata «con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo». In questo caso,
l’ammenda (prevista per entrambe le parti del contratto, somministrazione e utilizzatore) è pari a 20 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata lavorativa (d.lgs. 276/2003, art. 18). Anche in caso di somministrazione fraudolenta, laddove il contratto non rispetti condizioni e limiti di cui agli articoli 20 e 21, lettere a), b), c), d)
ed e) del d.lgs. 276/2003, il lavoratore potrà chiedere in giudizio la costituzione di un rapporto di lavoro alle di© Cesi Multimedia
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Capitolo 7 – Sistema sanzionatorio
pendenze dell’utilizzatore. Al fine di evitare possibili speculazioni ai danni dei lavoratori, il d.lgs. 276/2003, art.
18, c. 4 prevede, per chi esiga o comunque percepisca compensi da parte del lavoratore per avviarlo a prestazioni di lavoro oggetto di somministrazione, la pena alternativa dell’arresto non superiore a un anno o
dell’ammenda da 2.500 a 6.000 euro. In questo caso, nell’ipotesi in cui il soggetto che compie l’illecito sia il
somministratore, è prevista anche la cancellazione dall’Albo.
Il somministratore può essere ammesso alla prescrizione obbligatoria di cui al d.lgs. 124/2004, art. 15, applicabile dal personale ispettivo, con il pagamento di un quarto dell’ammenda calcolata per ogni lavoratore e per
giornata di lavoro, restando inteso che operativamente l’oggetto della prescrizione nei confronti del somministratore abusivo sarà costituito dalla cessazione immediata della fornitura di manodopera. Per l’utilizzatore fraudolento, invece, è previsto l’ordine di provvedere ad assumere regolarmente i lavoratori illecitamente occupati alle
proprie dipendenze. Per entrambi i soggetti, in caso di prescrizione obbligatoria, è prevista una sanzione pari a
5,00 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.
Infine, si sottolinea che il somministratore abusivo potrà essere ammesso all’oblazione di cui all’art. 162, c.p.
 7.4 La somministrazione irregolare
È considerata irregolare la somministrazione che avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni dettate dal d.lgs.
276/2003, art. 20, e che non contenga nel relativo contratto:
 gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore;
 il numero dei lavoratori da somministrare;
 le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 20;
 l’indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di
prevenzione adottate;
 la data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione.
In questi casi, il contratto di somministrazione è nullo. I lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore e, con ricorso giudiziale, possono richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro, con effetto dall’inizio della somministrazione.
Il controllo giudiziale non può, comunque, sindacare nel merito le valutazioni e le scelte tecniche, organizzative o
produttive dell’utilizzatore, ma può riguardare solamente l’accertamento dell’esistenza delle ragioni che giustificano o escludono la somministrazione.
La somministrazione irregolare che, in base alla gravità della risposta sanzionatoria, rappresenta la violazione
minore, si verifica allorquando la somministrazione avvenga «al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt.
20 e 21, lett. a), b), c), d) ed e)» (d.lgs. 276/2003, art. 27, c. 1).
Per quanto riguarda l’articolo 21 del d.lgs. 276/2003, si tratta della forma scritta e dei requisiti sopra analizzati.
L’articolo 20 del d.lgs. 276/2003, invece, come evidenziato, enuncia le condizioni di liceità della somminstrazione di lavoro. Oltre alla necessità che sia presente l’autorizzazione ministeriale in capo al soggetto somministratore (art. 20, c. 1), occorre che siano indicati sia i settori specifici nei quali è ammessa la somministrazione a tempo indeterminato (art. 20, c. 3), sia le ragioni per le quali è ammessa quella a termine (art. 20, c. 4), sia le ipotesi
nelle quali l’istituto è vietato (art. 20, c. 5).
Il contratto di somministrazione di lavoro non può essere stipulato (somministrazione vietata) in caso di:
 sostituzione di lavoratori in sciopero (divieto assoluto);
 sostituzione di personale occupato nelle stesse mansioni, soggetto a licenziamento collettivo attuato nei
precedenti sei mesi (divieto relativo);
 sostituzione di lavoratori sospesi dalle loro mansioni o obbligati a riduzioni d’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale (divieto relativo);
 imprese che non abbiano operato la valutazione dei rischi, ai sensi del d.lgs. 626/1994, art. 4 (divieto
assoluto).
Mentre i divieti assoluti sono insanabili, per i divieti relativi la norma prevede un’eventuale ammissibilità, affermando che il divieto opera «salva diversa disposizione degli accordi sindacali» (d.lgs. 276/2003, art. 20, c. 5,
lett. b)).
Quando il contratto di somministrazione venga concluso «al di fuori dei limiti e delle condizioni» appena illustrati
si configurerà l’ipotesi di somministrazione irregolare.
Le conseguenze di tale illiceità sono di due tipi.
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Capitolo 7 – Sistema sanzionatorio
Un primo tipo opera sul piano delle sanzioni: in base all’articolo 18, comma 3, sia il somministratore, sia
l’utilizzatore, saranno soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.250 euro. La stessa sanzione
è prevista per il solo somministratore ove questi non comunichi per iscritto al lavoratore, all’atto della stipulazione del contratto ovvero del suo invio presso l’utilizzatore, le informazioni contenute nel contratto stesso, nonché
la data di inizio e la durata dell’attività lavorativa presso l’utilizzatore.
Più rilevante è l’altro tipo di conseguenza, che opera, invece, sul piano del diritto del lavoro. Ai sensi del d.lgs.
276/2003, art. 27, c. 1, nei casi di somministrazione irregolare, «il lavoratore può chiedere, mediante ricorso
giudiziale a norma dell’articolo 414, c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione».
In questo caso, per quanto riguarda i contributi e la retribuzione dovuti, i pagamenti già effettuati dal somministratore valgono a liberare l’utilizzatore fino alla concorrenza delle somme versate. Inoltre, gli atti compiuti dal
somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto si intendono compiuti dall’utilizzatore (d.lgs.
276/2003, art. 27, c. 2).
La norma precisa che «ai fini della valutazione delle ragioni di cui all’articolo 20, commi 3 e 4, che consentono la
somministrazione di lavoro (si tratta dei settori in cui è ammessa la somministrazione a tempo indeterminato e
delle ragioni per le quali è ammessa quella a termine), il controllo giudiziale è limitato esclusivamente
all’accertamento della esistenza delle ragioni che la giustificano» (d.lgs. 276/2003, art. 27, c. 3). Questa previsione può avere un senso in relazione al richiamo del comma 4 dell’art. 20 del d.lgs. 276/2003 (ragioni che consentono la somministrazione a termine) mentre meno chiaro risulta il richiamo al comma 3 dello stesso articolo
(settori di ammissibilità della somministrazione a tempo indeterminato), poiché, ove la somministrazione riguardi
un settore non previsto ex lege e/o dalla futura contrattazione, non si possono ravvisare «ragioni che giustifichino» detto comportamento.
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