per voce offesa - Comune di savigliano

Transcript

per voce offesa - Comune di savigliano
 PER VOCE OFFESA Drammaturgia originale e regia di Silvia Venturini Con Cristiana Soci e con la partecipazione di Paola Sibille. Produzione Voci Erranti Onlus e Teatro Milanollo di Savigliano. Con il sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Savigliano. Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra. (Gianni Rodari) Come ricordare la Storia in una storia? Come affrontare una biografia così ricca e così devastata? Come e cosa riassumere della complessità? Come e cosa rappresentare dell’orrore e renderne percettibili i residui latenti? Come restare fedeli ad una voce che ha scelto la testimonianza e la trasmissione come missione? Come raccontare e per chi? Queste sono state le prime e principali domande sorte nell’affrontare un lavoro di messa in scena sull’esperienza di vita di Lidia Beccaria Rolfi. La prima esigenza era la documentazione, la comprensione di un contesto, di un’epoca, certo studiata sui banchi di scuola, ma in realtà già lontana dal nostro presente di trentenni. Oltre ai libri di storia, sapevo di aver bisogno di un confronto con qualcuno che quell’epoca l’avesse vissuta. A Saluzzo mi si è offerto l’incontro con Paola Sibille, ex partigiana, poi amica di Lidia, che ha generosamente aperto le porte a me e al progetto. La prima cosa che mi ha colpita è stata la sua intensa vitalità, sostenuta da un assoluto coraggio nei confronti della vita, pur restando sempre in una cordiale semplicità di anziana signora vissuta in provincia, lontana da ogni forma di indottrinamento ideologico ed eroiche rivendicazioni. Un altro contrasto con i suoi toni dimessi sta nella rara lucidità di analisi non solo del passato, ma anche dei processi evolutivi che dalla Storia ci riportano all’oggi e, con essi, l’emergere di una preoccupazione riguardo alla dispersione dell’esperienza passata, soprattutto riguardo ad una allora necessaria presa di coscienza, ormai in via di estinzione, delle responsabilità individuali e del potenziale di azione del singolo. Necessità di trasmettere non solo i fatti dunque, ma i processi ed i residui che restarono e restano attivi o latenti nella nostra società attuale. Nasce così l’idea di privilegiare la forma del racconto come trasmissione di esperienza. In scena tre generazioni per linea femminile.
In avanscena un piccolo estratto di salotto antico, uno scrittoio pieno di libri ed archivi, una signora anziana che sfoglia documenti e fotografie pensosa…arriva una ragazzina dal pubblico: “Che fai?” “Ricordo…” “E tutti quei libri?” “La mia Storia…” “Me la racconti una storia?” L’anziana signora sorride, si siede, prende un libro e legge. Potrebbe essere una nonnina o una zia anziana che racconta una storia alla nipotina per farla addormentare…ma quella che racconta non è solo una storia, ma la Storia, quella che sgorga dai libri, dagli archivi e dalla sua viva memoria. Il suo racconto prenderà vita alle sue spalle, generando un quadro dalle tinte oniriche in cui, tra un girotondo di sagome, entra canticchiando allegra una ragazza. È la giovane Lidia nel mondo della sua adolescenza. Il susseguirsi degli eventi e delle tappe della vita di Lidia, la piccola italiana, la staffetta, le leggi disumanizzanti del lager e il massacro tramite lavoro, le voci del ritorno, le nuove leggi della nuova Italia libera, saranno dunque introdotte dalla voce narrante, per poi animarsi nel quadro delle sagome che diventano via via familiari, amici, nemici, ombre, ma comunque sempre presenti come quadro di riferimento, ma anche come recinto e confine. Le loro voci informano, ordinano, consigliano, criticano…in ogni modo sempre influenzano, condizionano e determinano. La soluzione sarà nella riappropriazione di un’identità auto‐determinata e nella scelta della testimonianza come trasmissione. Nella prospettiva attuale, la chiusa è un commento di ragazzina, raccolto da Paola nel primo incontro da lei tenuto nelle scuole: “Ma ci fosse un mondo, un mondo senza assassini… senza guerre, senza niente… solo…la felicità.” Silvia Venturini per Voci Erranti