La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi

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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
INDICE
1. Teorie della scelta
1.1 Teorie normative e teorie descrittive
1.2 Teoria economica e neurobiologia
2. Il consumatore nell’economia della conoscenza
2.1 Capitale umano in Italia
3. Il consumatore consapevole
4. Le variabili: spazio e tempo, trasparenza, informazione,conoscenza,incertezza,fiducia,
emozioni impiegate nelle azioni
5. Fattori che influenzano i processi di scelta
5.1 Apprendimento negli ambienti digitali
6. Caratteristiche dell’ambiente informativo nel quale il decisore opera
6.1 Accessibilità dell’informazione, facilità di elaborazione e conoscenza
7. Analisi economica del bene informazione
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Bibliografia
1. Marketing di R. A. Kerin, S. W. Hartley, W. Rudelius, L. Pellegrini, sec. ed. McGrawHill(2010)
2. Microeconomia di F. Delbono, S. Zamagni, Il Mulino (1999)
3. Microeconomia di P. Krugman, R. Wells, Zanichelli (2006)
4. Economia della conoscenza di E. Rullani, Carocci (2004)
5. Economia del software e tecnologie dell’informazione e della comunicazione, F.
Angeli(2003)
6. Neuroeconomia di C. Schmidt, Codice edizioni(2013)
7. Strategie della scelta di A. Oliverio, Editori Laterza (2007)
8. Mente ed economia a cura di A. Antonietti, M. Balconi, Il Mulino(2008)
9. La ragione sociale di L. Arnaudo, Luiss Un. Press (2012)
10. I processi decisionali a cura di R. Misuraca, B. Fasolo, M. Cardaci, Il Mulino (2007)
11. Intangibles di B. Lev, Etas (2003)
12. Il mercato siamo noi di L. Becchetti, ed. B. Mondadori (2012)
13. Il voto nel portafoglio di L. Becchetti con M. De Sisto e A. Zoratti, ed. Il Margine (2008)
14. Conoscere per decidere di E. Giovannini (2012)
15. Proprietà condivisa e open source di L. Pilotti, A. Ganzaroli, ed. F. Angeli (2009)
16. La conoscenza on line: logiche e strumenti di S. Monaci, ed. Carocci (2008)
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1.Teorie della scelta
Nelle scienze sociali si riconoscono due approcci teorici circa la questione della razionalità
dell’azione e della decisione, le teoria normative e le teorie descrittive.
1.1 Teorie normative e teorie descrittive. Le teorie normative affondano le radici nella storia del
pensiero economico di nomi celebri come A. Smith e J. Stuart Mill. Esse indicano quali sono i
criteri che un individuo dovrebbe seguire per essere razionale ed è una razionalità descritta con
modelli logico-matematici. E’ una rappresentazione astratta del comportamento degli esseri
umani e, in base ad essa, l’individuo dispone di:
a)un’informazione perfetta circa le alternative di scelta e le loro conseguenze
b)possiede una capacità cognitiva adeguata a valutare e a mettere a confronto le diverse
opzioni, a ordinare dalla migliore alla peggiore, a selezionare l’azione migliore sulla base di un
calcolo razionale che massimizza i benefici e minimizza i costi.
Questa visione della razionalità è associata al criterio di massimizzazione dell’utilità di J.
Bentham. Secondo l’approccio economico neoclassico l’individuo, tra diverse alternative,
sceglie quella che massimizza la sua utilità. Le preferenze individuali sono descritte con una
funzione di utilità e alcuni economisti e matematici, come J. Von Neuman e O. Morgerstern,
hanno esteso il modello a situazioni caratterizzate da rischio ed incertezza in cui ad ogni azione
possono essere associate più conseguenze, in base ad una distribuzione di probabilità
esogenamente data.
L’analisi economica opera un’accurata distinzione tra le scelte in situazioni di incertezza e
quelle compiute in situazioni di certezza. Per l’economista non esiste il rischio legato alle lacune
delle informazioni perché sono indipendenti dalla scelta; l’unico rischio contemplato riguarda
l’incertezza che accompagna le conseguenze oggettive e dirette della scelta.
I modelli normativi della scelta sono stati strumenti appropriati e utili per analizzare il
comportamento decisionale in numerose situazioni ma presentano dei limiti teorici ed empirici
nell’analisi di un’ampia gamma di decisioni reali.
L’economista F. Von Hayek ha criticato l’assunto in base al quale l’individuo disponga di una
informazione e conoscenza perfetta mentre in realtà le conoscenze sono parziali e disperse. H.
Simon ha analizzato il comportamento decisionale degli individui all’interno delle organizzazioni
ed ha evidenziato che la scelta effettuata da un individuo non rispetta gli assiomi dell’approccio
logico. Quindi un individuo non si attiene ai criteri imposti dalle teorie normative e nelle sue
scelte ha i limiti imposti dal sistema cognitivo umano e quelli imposti dalle organizzazioni. Simon
ha scritto numerosi articoli sulla razionalità limitata, al centro dell’economia comportamentale,
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abbandonando alcuni assunti della teoria dell’utilità secondo la quale gli individui massimizzano
la loro funzione di utilità sotto i vincoli dati di bilancio, di scelte limitate ecc.
Nell’economia di mercato il tema della razionalità limitata degli agenti è stato anche studiato a
proposito degli accordi, mutuamente vantaggiosi, che prendono la forma di contratti. Nelle
transazioni effettive, risulta non semplice rispettare tutte le condizioni necessarie perché un
contratto possa dirsi completo. Tre sono le condizioni necessarie:
° ciascuna delle parti in causa deve essere in grado di prevedere, con esattezza, tutte le
occorrenze future che discenderanno dalla esecuzione del contratto
° al momento del contratto ciascuna parte deve poter anticipare la via ottimale di risposta
all’emergenza delle occorrenze
° le parti in causa devono essere certe di voler dare esecuzione alle obbligazioni contrattuali,
senza riserve mentali
La limitata capacità previsiva, l’imprecisione del linguaggio, i costi delle soluzioni e i costi legati
alla redazione, implicano che non tutte le circostanze possano essere valutate. Gli agenti
operano quindi con razionalità limitata. In un mondo di contrattazioni costose e incomplete è di
cruciale importanza la fiducia e la reputazione, risorse intangibili nelle relazioni economiche.
Come la letteratura ha chiarito, la reputazione di un soggetto è l’opinione che gli altri soggetti
hanno dell’agente in esame, per il quale la reputazione è un bene capitale e, in quanto tale,
richiede investimenti e produce effetti duraturi. La fiducia, creata e mantenuta, favorisce le
opportunità per accordi futuri.
Una teoria alternativa della scelta è quella elaborata da D. Kahneman e A. Tversky. La loro
ricerca, nell’ambito della psicologia cognitiva, ha costretto molti economisti a prendere atto che
il decisore mostra incoerenza nelle preferenze e limiti nella capacità cognitiva. Questo filone di
ricerca è noto come teoria della decisione comportamentale ed è l’approccio riconducibile alle
teorie descrittive che sono orientate alla descrizione dei comportamenti e delle decisioni reali.
Queste teorie fanno ricorso a metodi sperimentali e individuano alcune variabili per isolarne gli
effetti sul piano cognitivo e comportamentale. Fattori socio-cognitivi possono causare
valutazioni e decisioni incoerenti e raramente gli individui dispongono della conoscenza perfetta
e della coerenza imposti dalla razionalità normativa. Proprio la ricerca sperimentale in questo
ambito ha permesso di comprendere come la razionalità sia limitata e quali meccanismi
producono giudizi, preferenze e decisioni effettive dell’individuo.
Gli studi di ricerca sperimentale sulle decisioni economiche hanno portato a definire una serie di
comportamenti che sembrano irrazionali dal punto di vista economico ma che sono
comprensibili se si considera il modo in cui le persone ragionano ed utilizzano le informazioni.
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Tra questi comportamenti studiati c’è “l’effetto dotazione” (Anomalies: the endowment effect,
loss avversion, and status quo bias di D. Kahneman, J.L. Knetsch, R.H. Thaler, 1990). Questo
effetto è la tendenza delle persone a dare un valore diverso agli oggetti che possiedono rispetto
a quelli che non possiedono e a quelli che desiderano comprare. La ricerca ha dimostrato che
questo comportamento non è una strategia consapevole messa in atto da venditori e compratori
ma una reazione psicologica automatica dovuta al fatto di possedere l’oggetto. Un esperimento
ha dimostrato che anche un oggetto, consegnato ai partecipanti pochi minuti prima e quindi non
legato da questioni affettive o dal ricordo di particolari esperienze vissute utilizzando
quell’oggetto, induce ad un’esperienza di “minimo possesso” per cui chi l’ha ricevuto chiede un
prezzo superiore a quello che sono disposti a pagare coloro che non l’hanno ricevuto. Ciò
dipenderebbe da un’incapacità di considerare correttamente sia “il costo opportunità” del bene
posseduto, sia i costi vivi da affrontare per acquistare
un nuovo bene. Questo effetto si
ricollega a quello definito dello “status quo”, ossia la preferenza psicologica dei soggetti a
rimanere nella condizione in cui si trovano perché percepiscono maggiormente gli svantaggi
derivanti dall’abbandono di tale condizione piuttosto che i vantaggi derivanti dalla nuova
situazione.
Sia l’effetto dotazione che l’errore di status quo sono spiegabili con l’avversione al rischio, in
linea quindi con gli effetti rilevati originariamente da A. Tversky e D. Kahneman nell’economia
comportamentale. I soggetti decisori hanno manifestato in concreto preferenze verso scelte che
evitano perdite rispetto all’acquisizione di guadagni.
Fig. 1 Valore psicologico dei guadagni e delle perdite (fonte: Pensieri lenti e veloci di D.
Kahneman)
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La forma di S (approssimata nel grafico) rappresenta una sensibilità decrescente sia per i
guadagni, sia per le perdite. Le due curve della S non sono simmetriche; la risposta alle perdite
è più forte della risposta ai guadagni corrispondenti. Molte delle opzioni cui ci si trova di fronte
nella vita sono miste: vi è un rischio di perdita e un’opportunità di guadagno. Per compiere la
scelta se accettare o rifiutare l’opzione di rischio è necessario confrontare il beneficio
psicologico di vincere una determinata somma di denaro con il costo psicologico di perdere una
determinata somma di denaro. La figura 1 mostra un brusco cambiamento della pendenza della
funzione del valore là dove i guadagni si trasformano in perdite perché, anche quando la
quantità che si rischia di perdere è minima rispetto alla propria ricchezza, vi è notevole
avversione alla perdita.
Questa teoria è in competizione con la teoria dell’utilità attesa e prevede osservazioni che la
teoria dell’utilità attesa non è in grado di spiegare, in particolare il punto di riferimento (dove
cambia la pendenza della curva) e l’avversione alla perdita. Il punto di riferimento è definito
“livello di adattamento”; i risultati al di sopra del punto di riferimento sono guadagni, al di sotto i
risultati sono perdite. Per i risultati finanziari il punto di riferimento è lo status quo, mentre in altri
campi è il risultato che ci si aspetta o quello cui si ritiene di avere diritto. Nella teoria dell’utilità
attesa, l’utilità di un guadagno è valutata confrontando le utilità di due stati di ricchezza e non
c’è distinzione tra guadagni e perdite. Non rappresenta il fatto che la disutilità di perdere una
certa somma sia più grande dell’utilità di vincere la stessa somma.
In genere l’avversione alla perdita favorisce la stabilità e sfavorisce il cambiamento.
Le conclusioni della ricerca di D. Kahneman, J.L. Knetsch, R.H. Thaler sono, citando le loro
parole: “l’importante nozione di un ordine di preferenze deve essere abbandonato a favore di un
ordine di preferenze dipendente dal corrente livello di riferimento. Una versione rivista della
teoria delle preferenze dovrebbe assegnare un ruolo di rilievo alla teoria dello status quo,
abbandonando alcune assunzioni standard in tema di stabilità, simmetria e reversibilità che
sono risultate false.”
Sempre riconducibile al campo di studi della teoria della decisione, R.H. Thaler (1985, 2010) ha
impostato un ibrido di microeconomia e di psicologia cognitiva. Il consumatore, nel momento
decisionale, effettua una sorta di contabilità mentale. Vari studi hanno evidenziato che le
persone tendono a creare differenti budget per le spese, categorizzando la propria ricchezza e il
proprio reddito. Nel modello basato sulla contabilità mentale la massimizzazione dell’utilità non
è rispetto ad un vincolo di bilancio ma rispetto a numerosi vincoli di budget, ciascuno associato
ad una differente tipologia di consumi. Anche questa è un’anomalia rispetto alla teoria della
razionalità standard.
Anche attraverso il lavoro di altri economisti come G. Becker, M. Olson, l’approccio
dell’economia alla teoria della decisione si è affermato nelle scienze sociali e si colloca nel
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paradigma dell’individualismo metodologico. L’unità di osservazione è l’individuo, dotato di
ragione, che prende decisioni in base a preferenze, valori e non è ostacolato da determinismi
sociali.
In particolare M. Olson mostrò come “il dilemma dei beni pubblici” valesse per qualsiasi
interesse o obiettivo di gruppo. Secondo tale dilemma la realizzazione e la manutenzione dei
beni pubblici, in quanto beni non escludibili e non rivali come la difesa, la tutela dell’ordine
pubblico ecc., non possono essere assicurati da contributi volontari perché un individuo
economicamente razionale non contribuisce volontariamente di tasca propria alla realizzazione
di tali beni in quanto preferisce comportarsi da free rider e usufruirne senza pagare i costi. Così
per qualsiasi interesse caratterizzato dalla non-esclusione, gli individui razionali e mossi
dall’interesse proprio non mettono in atto un’azione collettiva tendente alla realizzazione di un
bene collettivo. L’esempio usato di frequente è quello del giardino pubblico: ogni individuo sa
che potrà usufruirne, sia che vi contribuisca, sia che non vi contribuisca. In base alla razionalità
economica, basata sulla massimizzazione dei benefici e la minimizzazione dei costi, gli individui
non partecipano ad un’azione collettiva per realizzare beni di cui possono comunque usufruire.
L’interesse collettivo si realizza così solo con la tassazione o con incentivi selettivi.
Questo tipo di ragionamento è un po’ estremo perché nella realtà esistono situazioni,
fortunatamente, in cui gli individui agiscono spontaneamente per la realizzazione di un interesse
collettivo, anche nel caso in cui il loro comportamento non sia economicamente razionale.
Comunque, a livello collettivo, nella maggior parte delle situazioni, l’aggregazione di
ragionamenti e comportamenti individualmente razionali dà luogo a situazioni svantaggiose per
tutti. La razionalità individuale e la razionalità sociale possono inoltre essere in contraddizione.
Nell’ambito delle teorie decisionali normative sono state analizzate le condizioni per cui i singoli
delegano il potere ad un’istituzione collettiva, la quale dovrebbe garantire la scelta collettiva
ottimale.
Soprattutto dagli anni 2000-2002, la ricerca si è rivolta a considerare modelli più realistici dei
processi razionali di decisione individuale. Alcuni neuro scienziati ed economisti sostengono
che la teoria economica normativa non considera l’importante ruolo dei fattori emotivi ed affettivi
nel processo decisionale. Molte volte gli individui ricorrono a scorciatoie cognitive, in modo più o
meno cosciente, nel trattare l’informazione per ridurre la complessità nella soluzione dei
problemi. Queste regole, dette euristiche, si basano su esperienze pratiche, dirette o indirette, e
sono utili per economizzare risorse, tempo, capacità cognitive umane e riguardano numerosi
aspetti della vita quotidiana. L’aspetto critico è che possono spesso far cadere la mente umana
in bias percettivi e valutativi.
1.2 Teoria economica e neurobiologia. La teoria economica della scelta razionale fa rientrare le
azioni degli individui nell’ambito cognitivo. La neurobiologia evidenzia che è restrittivo collocare
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le decisioni e le scelte economiche nell’ambito di applicazione della teoria rigorosamente logica.
Dalle analisi comportamentali risulta che la decisione coinvolge i sistemi neurali sia coscienti
che automatici. L’azione di scegliere rientra in alcuni, o addirittura tutti, i quadranti della tabella
1.
Funzione
Cognitiva
Emotiva
II
I
Controllati
Stati mentali coscienti
Decisione economica
Processi
III
IV
Reazione/riflesso (stimolo/risposta)
Stati mentali incoscienti
Automatici
Tabella 1
Questo
schema
interpretativo
è
Fonte: Neuroeconomia di C. Schmidt
comune
per
le
neuroscienze
e
per
l’economia
comportamentale. La teoria economica classica della scelta razionale rientra esclusivamente
nel primo quadrante, quello dei sistemi cognitivi con controllo consapevole. Le neuroscienze
hanno dimostrato l’esistenza di molteplici interferenze tra “il piano cognitivo” e quello “emotivo”,
come pure tra i “sistemi controllati” e quelli “automatici.”
Ci sono modelli ideati da economisti e modelli ideati da neurobiologi. La teoria economica si
basa su un individuo normale e non tiene conto delle differenze comportamentali. Non c’è
quindi un’interpretazione economica e una neurale concordi sui risultati osservati.
Dal punto di vista comportamentale, nella maggior parte delle volte, le nostre scelte sono
guidate dal prezzo, dalla nuova confezione o dalla semplice abitudine. Cercare un prodotto che
si è già comprato in precedenza, nel caso si sia raggiunto un livello sufficiente di soddisfazione,
è abitudine. Anche se la gamma di prodotti è cambiata, non ci si accorge perché non si cerca.
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E’ un’inerzia cognitiva, ma anche una scorciatoia cognitiva che ci aiuta a prendere le decisioni
con prontezza e più facilmente ma limita l’ambito di ciò che cerchiamo.
L’automatismo della routine consolidata dalla lunga pratica si interrompe solo catturando
l’attenzione, con le informazioni essenziali, proprio nel momento in cui ne abbiamo bisogno. Il
passaggio ad uno stadio di consapevolezza attiva permette di imparare cose nuove e, quindi, di
fare scelte nuove. Affinchè le informazioni penetrino nella nostra mente è necessario un livello
di attenzione attiva che ci predisponga a migliorare la nostra esperienza.
2. Il consumatore nell’economia della conoscenza (E. Rullani,2004)
Nell’economia della conoscenza c’è un’importante specificità che cambia il ruolo del potere: la
conoscenza è una risorsa condivisibile e si può avere senza escludere o danneggiare altri.
Producendo conoscenza sono massimi i vantaggi della cooperazione ma deve esserci la giusta
cornice istituzionale e relazionale che permette di farli fruttare. Il gioco non è a somma zero e
l’inclusione di qualcuno non significa escludere qualcun’ altro o ridurre il reddito di quelli che già
ci sono.
Una dimensione importante della conoscenza è il tempo. Per mantenere la validità della
conoscenza nel corso del tempo bisogna continuamente aggiornarla, adattarla, re-inventarla,
sostenendo dei costi. Ha quindi una struttura di costi e di rendimenti iscritta nel tempo. Il suo
valore declina man mano che avanza il suo ciclo di vita. Le economie sono sempre più basate
su conoscenze suscettibili di decadimento antropico. Il ciclo di vita di prodotti e servizi che
incorporano nuova conoscenza si è accorciato e i nuovi prodotti e servizi devono essere
sostenuti da rilevanti investimenti (pubblicità, servizi al cliente, promozioni etc.) per la
penetrazione sul mercato. L’innovatore ha un periodo di tempo sempre più ridotto per sfruttare
la sua rendita monopolistica e, quindi, si avvale anche di linee esterne, es. dal fornitore, al
consulente, al consumatore finale, per sviluppare, nel più breve tempo possibile, il potenziale
applicativo delle conoscenze possedute.
Nell’economia della conoscenza i soggetti economici formano le loro preferenze e assegnano
valore (utilità) alle esperienze possibili non come individui astratti, com’è nella tradizione del
pensiero economico, ma in un contesto. La conoscenza viene prodotta e usata non da individui
isolati ma da persone che vivono in reti interpersonali. Le persone non sono più solo contenitori
di lavoro (individui lavoratori) o di potere d’acquisto (individui consumatori), ma cellule
dell’organismo sociale della conoscenza. Essi partecipano alla produzione e al consumo sociale
di conoscenza e diventano elementi attivi dei rapporti interpersonali a cui partecipano.
Nella prima modernità la conoscenza era incorporata o nelle macchine o nei circuiti
organizzativi, luoghi entrambi con precisi confini. In seguito il ruolo del consumatore è quello di
partecipare ai flussi cognitivi che danno valore al prodotto e al suo consumo e non può delegare
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ad altri l’interpretazione dei suoi bisogni. Torna ad essere protagonista intelligente delle
conoscenze e dei processi che lo riguardano e, così facendo, ri-personalizza e ri-socializza il
consumo. Le capacità inespresse e latenti sono giacimenti di valore, possono essere intercettati
dai produttori e messe in produzione di valore.
Un consumatore intelligente, desideroso di sperimentare e disposto a premiare le esperienze
che rispondano ai suoi desideri, è una risorsa fondamentale per la produzione di valore. Un
prodotto alimentare biologico, ad esempio, non sarà comprato grazie ad uno spot pubblicitario
ma perchè ha preso forma tra i consumatori una cultura dell’alimentazione sana. Il fornitore
apprezzerà l’esperienza proposta dal produttore e sarà disposto a pagarla ed ad arricchirla con
il proprio contributo di idee. E’ un ruolo creativo del consumo in cui il produttore può stabilire un
rapporto con certi segmenti del consumo.
Questo sistema è stato pensato per i territori che sono catalizzatori di esternalità, ma può
essere creato in qualsiasi luogo che rappresenti un contesto per sviluppare una propria identità
e dia modo alle persone di partecipare a forme collettive di apprendimento e scoperta.
2.1 Capitale umano in Italia. Nel nostro Paese è necessario l’intervento e il contributo di tutti gli
agenti del sistema economico: il settore pubblico, le imprese, i lavoratori. La situazione italiana
è di grave ritardo nei livelli di istruzione e di apprendimento. Gli economisti attribuiscono alla
produttività totale dei fattori, che dipende sia dal capitale umano e dalla capacità d’innovazione
e organizzazione delle imprese, oltre che dal contesto istituzionale, la causa della nostra fase
recessiva Citando le parole del Governatore della Banca d’Italia, Bari 29/03/14:”i risultati
dell’indagine PIACC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies),
pubblicata dall’OCSE nel 2013, evidenziano per l’Italia un grado elevato di ”analfabetismo
funzionale”, ovvero una diffusa carenza di quelle competenze di lettura e comprensione, logiche
ed analitiche, che rispondono alle moderne esigenze di vita e di lavoro. Il 70 per cento degli
adulti italiani non è in grado di comprendere adeguatamente testi lunghi e articolati, siamo ultimi
a fronte di una media del 49 per cento tra i paesi partecipanti, e una quota analoga non è in
grado di utilizzare ed elaborare adeguatamente informazioni matematiche, contro il 52 per
cento degli altri paesi.” Sempre nello stesso intervento il Governatore descrive gli interventi
necessari al miglioramento della qualità del capitale umano, a partire dal sistema di istruzione e
dal sistema produttivo. Famiglie ed imprese investono meno che negli altri paesi in capitale
umano ma non si tratta solo di rimuovere gli ostacoli all’investimento in capitale umano e
recuperare i ritardi accumulati nell’adozione di nuove tecnologie; sono necessari comportamenti
e politiche volti a stimolare gli investimenti fissi e a innalzare le frontiere della conoscenza e
della tecnologia.
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3. Il consumatore consapevole
Il ruolo del consumatore-utente è cambiato. Se diventa più informato e capace di scelte proprie
e consapevoli, condividendo conoscenze, informazioni e pratiche in specifiche comunità,
innesta il cambiamento. Non più attore passivo del mercato, “preda” da conquistare, ma
consumatore-utente che cerca, crea e acquisisce nuovo valore attraverso processi cognitivi di
interazione e di esperienza in luoghi virtuali.
Innumerevoli sondaggi, condotti in diversi Paesi europei, dicono che, a parità di altre
caratteristiche, una quota di consumatori è disposta a pagare un sovrappiù per i prodotti
socialmente responsabili rispetto a quelli tradizionali. Inoltre, alcuni esperimenti dimostrano che
i consumatori non sono al 100% miopemente autointeressati ma traggono giovamento e
soddisfazione dalla presenza di elementi di responsabilità sociale e ambientale, contenuti nei
prodotti che acquistano. Questo tipo di consumatori rientra nella visione del consumo come atto
simbolico che può aumentare la nostra felicità se attraverso di esso creiamo ponti e legami. Si
trasforma un atto routinario e senza significato della nostra vita in qualcosa che contribuisce alla
nostra felicità e promuove quella altrui.
Proviamo a mettere in discussione l’approccio tradizionale dell’utilitarismo in economia,
approccio consequenzialista che stabilisce il grado di soddisfazione dell’individuo sulla base
dei risultati ottenuti e non anche delle circostanze e dell’azione che hanno portato a tali risultati.
Gli studi sulla felicità confermano che nella vita reale lo svolgimento dell’azione, il
coinvolgimento di altre persone nell’azione stessa, le difficoltà incontrate e superate durante lo
svolgimento, sono le cose che contano. Il risultato dipende dunque anche dal processo, cioè
dalla partecipazione o meno ad esso di coloro che possono decidere, e la partecipazione
aumenta la soddisfazione personale. Molti degli studi sono stati condotti per stabilire il livello di
soddisfazione in una democrazia partecipativa ma l’importanza del processo, rispetto al valore
del risultato finale, ha implicazioni più vaste.
Comunque, anche senza arrivare alla felicità, si può osservare ormai facilmente che i problemi
ambientali hanno avuto una tale accelerazione da indurre il consumatore a comportamenti con
forme di autointeresse lungimirante. Tali comportamenti si compiono con il proposito di
migliorare le proprie condizioni, perché le catastrofi ambientali creano elementi di vulnerabilità
per il nostro benessere, e di migliorare lo scenario economico in modo sostenibile perché il
nostro comportamento può avere impatto positivo sulla nostra salute, può ridurre l’inquinamento
e le emissioni nocive.
In modo bipartisan alcuni economisti ( L. Zingales, L. Becchetti) suggeriscono una prospettiva
d’azione di pressione dal basso: se una quota consistente di cittadini (es. 50%) decide di votare
con il proprio portafoglio, cioè di sostituire atti di consumo tradizionali con atti di consumo e
risparmio socialmente responsabili, il mondo è già cambiato. I cittadini quando scelgono un
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prodotto dovrebbero prendere la loro decisione di acquisto sulla base del rating dell’impresa
che lo vende in termini di attenzione al sociale e all’ambiente. Nei criteri standard del rating
sociale ci sono la partecipazione dei lavoratori alle decisioni e agli utili dell’impresa, la sicurezza
sul lavoro, le tutele pensionistiche e la conciliazione dei tempi casa-lavoro. Dunque, un cittadino
che preferisce un prodotto con un alto rating sociale persegue in modo lungimirante il proprio
interesse perché sta premiando un’impresa in grado di tutelare la dignità e il benessere dei
lavoratori. Le imprese sarebbero liberate, cioè riceverebbero un importante incentivo a
competere in termini di responsabilità sociale e ambientale per poter conquistare una quota di
mercato rappresentata da consumatori consapevoli. Per raggiungere, però, il consumatore
consapevole e responsabile, l’impresa deve spostare il focus dalla tradizionale competenza ad
accrescere le vendite verso competenze più complesse, volte a supportare l’accesso alle
conoscenze sviluppate dai consumatori-utenti e dalle relative comunità di riferimento. E’ un
processo di innovazione legato allo spazio di esperienza co-generata dall’interazione con i
consumatori-utenti.
Certamente la consapevolezza del consumatore passa anche attraverso la rete. L’impatto di
internet è stato notevole perché ha eliminato i vincoli fisici legati alla scarsità dello spazio
espositivo. Nei punti di vendita tradizionali lo spazio espositivo è allocato in base alla redditività
attesa per metro quadrato. Solo i prodotti di maggior richiamo trovano spazio, mentre gli altri
rimangono nei magazzini. Inoltre, la specializzazione tiene conto delle caratteristiche del bacino
di utenza nell’area geografica entro cui il punto vendita opera. Il peso di entrambi questi vincoli
diminuisce nel caso dei punti vendita virtuali che dispongono, da una parte, di tutto lo spazio
espositivo che desiderano, e, dall’altra, di pochi vincoli fisici all’accessibilità. La rete ha quindi
consentito di ampliare l’offerta e di farla conoscere al consumatore.
Alcuni economisti (Rochet e Tirole, 2006) hanno già scritto del ruolo dinamico delle piattaforme
bilaterali, finora utilizzate principalmente per le carte di credito e i videogames. Queste
piattaforme hanno la necessità di attrarre in modo congiunto i due lati del mercato, portarli
all’interazione , derivarne una profittabilità che dovrà tener conto anche delle remunerazioni
relative tra le due parti. Il modello del business della piattaforma è semplice: abbassare il costo
delle transazioni (nel caso delle carte di credito) nell’interesse di commercianti e consumatori,
fare da garanzia e incentivo nel caso degli sviluppatori di videogames. Un altro esempio è
eBay, dove una piattaforma agisce come leva di comunità che co-crea valore e riversa nel
sistema per diffusione.
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
4. Le variabili : spazio e tempo, trasparenza, informazione, conoscenza,
incertezza, fiducia, emozioni impiegate nelle azioni.
a.)Spazio e tempo. Nella società dello sviluppo sostenibile e dell’economia della conoscenza,
teoria ormai riconosciute nelle dichiarazioni universali, ogni azione micro e macro, ogni
processo, ogni organizzazione genera tanto più valore nella sua trasformazione quanto più
migliora il rapporto costi/benefici e riduce il tempo.
Le forme nello spazio-tempo del luogo di interazione e di esperienza tra consumatori-utenti e tra
consumatori-utenti e imprese, definiscono la natura del valore che viene co-creato dal
consumatore e dalle comunità.
La marca, finora strumento d’impresa per la promozione dei propri prodotti, si evolve e diventa
contenitore-segnalatore di esperienza e di valore.
Molte volte la presentazione dell’informazione sui prodotti mediante le etichette non facilita la
comparazione analitica e incoraggia l’utilizzo di euristiche basate sul semplice riconoscimento di
marche note.
La marca ha, infatti, un ruolo importante nell’aiutare il consumatore a strutturare e memorizzare
l’informazione che gli viene dal mercato. Riconoscere un prodotto di marca consente di
riacquistare un prodotto di cui si è stati soddisfatti o di non farlo nel caso opposto. Anche dal
punto di vista dell’impresa basata sul web la marca ha un’importanza fondamentale. Queste
imprese hanno in genere costi operativi più bassi, rispetto ai retailer tradizionali, ma i costi di
distribuzione e di marketing possono essere più alti. Attrarre molti visitatori al proprio sito può
essere costoso, considerato che alcune ricerche dimostrano la tendenza di alcuni segmenti di
popolazione a visitare sempre i 10-12 siti preferiti, senza perdere tempo a compiere ulteriori
ricerche.
La marca è qualunque parola, dispositivo (disegno, suono, forma, colore) o una loro
combinazione, usati per distinguere i prodotti o i servizi di un venditore da quelli di un altro.
La matrice di Assael associa il livello di coinvolgimento nel comportamento di acquisto al grado
di differenza percepita tra le marche. Il coinvolgimento è il grado di attivazione emotiva e
cognitiva del consumatore nel corso del processo di acquisto, dovuto al significato personale,
economico, sociale che il consumatore attribuisce all’acquisto in corso.
14
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
A
alta
ricerca della varietà
B
comportamento
di
acquisto
complesso
differenza
percepita tra le marche
C
bassa
routine
basso
D
riduzione della dissonanza
alto
livello di coinvolgimento
Fig. 2
Matrice di Assael (fonte:Marketing, Mc Graw-Hill 2010)
Il livello di coinvolgimento elevato si ha quando ciò che si intende acquistare:
1.ha un costo elevato
2.può avere importanti conseguenze a livello personale
3.può influenzare la propria immagine sociale
A. Ricerca della varietà: chi acquista ha le idee precise sul prodotto e le marche
ma effettua una scelta senza riflettere molto, sia per il coinvolgimento limitato, sia
perché non effettua una preliminare valutazione. L’acquisto di una nuova marca
avviene per curiosità o per volontà di sperimentare un’alternativa.
B. Comportamento di acquisto complesso: c’è un alto livello di coinvolgimento
e le differenze percepite tra le diverse marche sono significative. Il processo di
acquisto è caratterizzato da un percorso di apprendimento cognitivo complesso, al
termine del quale il consumatore può effettuare un acquisto coerente con i propri
bisogni e le risorse a disposizione.
C. Routine: sia il coinvolgimento del consumatore, sia le differenze di marca, sono
basse. I consumatori non ricercano informazioni in modo approfondito perché la
decisione non è attenta e ponderata. La scelta avviene tipicamente in funzione della
familiarità del nome o del packaging. Collegando questi prodotti a immagini di
status o a stili/tendenze sociali si trasformano beni a basso coinvolgimento in beni
ad alto coinvolgimento.
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
D. Riduzione della dissonanza: il coinvolgimento del consumatore è elevato,
trattandosi di beni ad alto valore unitario, ad acquisto saltuario e difficoltoso. Le
alternative di marca sono abbastanza simili per cui l’acquisto è legato al prezzo, alla
fiducia, alla localizzazione del negozio. Dopo l’acquisto il consumatore può entrare
in uno stato di dissonanza se notasse elementi poco convincenti nel bene
acquistato e ricerca informazioni atte a confermare la bontà della sua decisione.
Il produttore, per identificare e distinguere i suoi prodotti da quelli fabbricati da altri soggetti, può
registrare legalmente la marca per averne l’uso esclusivo. Questi meccanismi che tutelano la
creazione di valore del brand sono i marchi registrati.
Il marchio commerciale e conoscenza (E. Rullani, 2004). Il marchio commerciale
è un diritto di proprietà, come il copyright o il brevetto, sulle conoscenze che il produttore cede
all’acquirente, un diritto che impedisce all’acquirente di copiare senza autorizzazione la
conoscenza acquistata.
La limitazione d’uso all’acquirente che non può rivenderla ad altri, magari a prezzi più bassi,
serve a bloccare il processo di abbattimento del prezzo per il quale il prezzo scenderebbe a
zero. Tutti vorrebbero rivendere la conoscenza altrui, nessuno vorrebbe produrla e dato che la
sola riproduzione costa niente o molto poco, ci sarebbe un eccesso di offerta.
La riduzione del prezzo unitario vicino allo zero porta alla massimizzazione della diffusione delle
conoscenze disponibili ossia il massimo beneficio sociale. La diffusione socializza la
conoscenza e la sottrae al circuito ristretto di chi l’ha prodotta e utilizzata per primo. Se si
rallenta il processo diffusivo per estrarre tutta la rendita possibile, si riduce il valore producibile
dalla moltiplicazione degli usi.
La strategia di far pagare ad un’élite un prezzo più elevato, per qualche anno, e poi abbassare il
prezzo quando il prodotto è maturo è ormai meno sicura perché si corre il rischio che qualcuno
identifichi la quota di mercato non soddisfatta, pregiudicando così i ricavi futuri.
Se la moltiplicazione degli usi è più importate della rendita, come ad esempio nella scienza, la
conoscenza è assegnata a qualche circuito di produzione e diffusione di natura pubblica,
rinunciando ad estrarre una rendita dal valore che viene creato dal suo impiego diffuso.
A volte la moltiplicazione dell’uso è stata un successo ma toglie valore alle cose che moltiplica
perché le rende banali e toglie valore unitario alle idee. Le cose e i servizi che incorporano
conoscenza sono funzionali e standardizzati, rispondono ai bisogni ma sono poveri di
significato.
16
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
La conoscenza è comunque l’unica risorsa che può essere moltiplicata con la condivisione, più
viene condivisa più diventa abbondante e a buon mercato. Gli individui della società utilizzano
la condivisione della conoscenza per aumentare le loro possibilità di esperienza e di relazione.
In economia già da tempo il processo cognitivo si sviluppa nella filiera cognitiva, ossia dalla
catena di persone e di imprese che contribuisce a fornire agli utilizzatori le conoscenze utili. I
membri della filiera possono condividere le conoscenze consentendo l’accesso ad un database
a chiunque ritenga di averne bisogno.
Per le aziende on line, grazie alla registrazione dei dati di accesso al sito, la fedeltà è un
indicatore della propensione a effettuare visite ripetitive da parte degli utilizzatori della rete.
Questo parametro riflette una caratteristica importante del valore dei marchi: in genere, più
elevato è il numero delle visite ripetitive, più elevato è il valore della marca.
Un altro indicatore di traffico è la vischiosità che specifica la profondità con cui viene utilizzato il
sito delle aziende. E’ un aspetto della relazione con i clienti che si traduce nel numero medio di
pagine web visitate da una persona e del tempo trascorso dal navigatore sul sito. Questo
indicatore è importante per gli inserzionisti pubblicitari che tengono conto di quanto siano
prolungate le visite su un sito.
b.)Trasparenza. La rete internet cambia la struttura economica di molte attività, cambia il modo
in cui le imprese si strutturano e cambia il comportamento di acquisto del consumatore.
I consumatori assumono maggiore potere di controllo nel processo di acquisto. Internet
permette di confrontare rapidamente e comodamente qualità e prezzi di prodotti/ servizi. Esiste,
però attualmente, un punto debole caratterizzato dalla mole di informazioni disponibili e dai
formati in cui sono prodotte. Se si aggiunge la non sempre chiara autorevolezza delle fonti, si
individua una necessità a proposito dei sistemi di ricerca e confronto automatizzati, attualmente
ancora poco soddisfacenti.
c.)Informazione. La principale barriera alla consapevolezza è la mancanza di informazione.
Nei più recenti testi di microeconomia l’informazione è stata considerata come bene economico
che influisce sui costi di transazione e sui costi interni di organizzazione perché nella realtà è
imperfetta e asimmetrica.
Non sempre, come consumatori, abbiamo modo di conoscere i danni o i benefici che un
prodotto può arrecare e di lasciarci orientare da queste informazioni nelle preferenze. I
venditori, molte volte, hanno ben pochi motivi per condividere le informazioni che aiuterebbero i
compratori a valutare il prodotto in base al suo impatto ambientale. La disponibilità
dell’informazione, al momento dell’acquisto, fa operare scelte che sposterebbero quote di
mercato in base all’impatto ambientale, oltre che al prezzo e alla qualità delle merci. Scegliendo
prodotti più sicuri, ecosostenibili e socialmente più accettabili, i consumatori assumono un ruolo
17
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
attivo. Anche quando disponibile l’informazione ha, però, un suo prezzo: il costo della ricerca
quantificabile in termini di tempo, sforzi e capacità cognitive richieste. Inoltre, come nota
l’economista Stigler, “per la maggior parte delle persone l’assimilazione delle informazioni non è
un compito facile e piacevole”. Le persone tendono a comportarsi in modo “razionalmente
disattento”, affidandosi a delle scorciatoie mentali.
Alcuni studi dimostrano che la mente è incapace di analizzare tutte le informazioni utili per
compiere correttamente le scelte necessarie. Inoltre, quando si valuta i pro e i contro di una
scelta, entrano in campo informazioni ausiliarie, che sono già nella nostra mente, memorizzate
perché ripetute dai mezzi di comunicazione. Nel valutare l’esito di una nostra scelta, non ci si
riferisce ad una scala astratta e assoluta ma valutiamo i cambiamenti in termini di guadagni e di
perdite rispetto alla situazione attuale. Di conseguenza recepiamo informazioni e opinioni
coerenti con ciò di cui siamo convinti e non valutiamo l’ipotesi contraria.
Alcune caratteristiche dell’informazione sfuggono alle categorie sulle quali si esercitano le leggi
e le regole dell’economia. In primo luogo, in molti casi, sono la familiarità e la reputazione a
dare più valore all’informazione. Due meccanismi operano in tale senso: la creazione di
standard di fatto, allorchè più persone utilizzano la stessa base dati o paradigma scientifico, e
l’autorevolezza della fonte mediante la quale viene attribuito valore maggiore, in una situazione
di sovrabbondanza, all’informazione pertinente e di qualità. Il primo meccanismo fa aumentare
l’importanza di una rete in ragione del numero di interconnessioni possibili e
il secondo
determina la diffusione. Normalmente l’informazione viene trasmessa come un virus: all’inizio
raggiunge solo alcuni che la trasmettano ad altri. Ma, come nel caso del virus, molto
difficilmente chi è alla fine della catena riceve l’informazione originaria. Le nuove forme
comunicative, come i social network, amplificano enormemente le possibilità, anche per i non
esperti, di trasmettere ad altri informazioni, sia quelle corrette sia quelle modificate.
Nella teoria economica la trasparenza trae la propria forza dal fatto che offre informazioni in
grado di cambiare le scelte dei consumatori, spingendo le imprese ad allineare le loro pratiche
alle priorità dell’opinione pubblica. In un mercato di questo tipo i prodotti ecosostenibili sono
ricompensati da maggiori vendite, a discapito degli opportunisti che giocano al ribasso.
Il mercato è, però, ancora disseminato di buchi neri. E’ necessario migliorare il mercato con la
trasparenza, quella chiarezza assoluta che è imperativa nei rendiconti delle imprese.
Nei casi classici studiati in economia a proposito di asimmetrie e imperfezioni informative, il
cliente non conosce la qualità del prodotto che vuole acquistare come la conosce il venditore, e
non conosce il venditore in modo tale da potersene fidare fino in fondo. Se una parte della
relazione contrattuale conosce tutto ciò che conosce l’altra parte, i problemi di allocazione delle
risorse sarebbero semplici da risolvere. Se i consumatori avessero informazioni complete e
accurate sul prezzo e sulle caratteristiche del prodotto di ciascun venditore, saprebbero se un
18
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
prezzo è basso per scarsa qualità o perché è un buon affare. Ma l’informazione asimmetrica
comporta che una parte non può ottenere gratuitamente l’informazione che è disponibile
all’altra. Inoltre, una volta prodotta, l’informazione non è scarsa in senso economico e ciò rende
difficile attribuire al produttore di informazione definiti diritti di proprietà. Solitamente è molto più
conveniente riprodurre l’informazione che produrla ex novo. I brevetti e i copyrights sono stati
creati per creare la scarsità necessaria per incentivare la produzione di informazione ex novo.
Il marchio riduce le asimmetrie informative. Esso è un nome, di proprietà di un’impresa, che
distingue la propria linea di prodotti da quelli di altri concorrenti. Il marchio sfavorisce però le
aziende di piccole dimensioni perché è un costo tendenzialmente fisso. Ad esso è riconosciuto
una percentuale sul valore del prodotto e il fine è di apporre un bollino o effettuare una
certificazione di qualità etica nei confronti dell’impresa. In molti casi il marchio è la risorsa più
importante di cui dispone l’impresa e, normalmente, le imprese difendono il loro marchio,
citando in giudizio chiunque ne faccia un uso non autorizzato.
L’utilità sociale del marchio è controversa. Molte volte i consumatori spesso pagano di più per i
prodotti di marca nei supermercati, anche se gli esperti ci assicurano che i prodotti confezionati
e venduti da uno specifico distributore, o catena, sono di qualità altrettanto elevata e meno
costosi.
c.1)
Marchio Ecolabel. Il marchio di qualità ecologica UE,
posto nel 2013 su oltre 18.380 prodotti/servizi venduti sul mercato europeo, informa i clienti che
il prodotto rispetta criteri ecologici rigorosi, è riconosciuto in tutti i Paesi dell’UE e migliora la
reputazione dell’azienda perché ne evidenzia la responsabilità sociale. Ecolabel è un sistema
volontario di etichettatura ecologica dei prodotti ed ha lo scopo di promuovere la progettazione,
la produzione, la commercializzazione e l’uso dei prodotti con minore impatto ambientale
durante l’intero ciclo di vita dei prodotti. I criteri di valutazione dell’impatto ambientale
riguardano aspetti come il consumo di energia, l’inquinamento idrico, atmosferico, acustico, del
suolo e la gestione dei rifiuti. I punti di forza del marchio sono che è diffuso in tutta l’Unione
Europea e nel fatto che il rispetto dei criteri ecologici viene attestato da organismi pubblici
indipendenti.
Il marchio Ecolabel si applica potenzialmente a tutti i beni di consumo, con esclusione di
alimenti, bevande, medicinali, e ai servizi. Per apporre il marchio è necessario però che il
19
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
prodotto rientri in una categoria per la quale sono stati stabiliti i criteri ecologici della
Commissione Europea con apposita decisione.
La Commissione europea ha concentrato l’attenzione sulle categorie di prodotto dove ci si può
attendere un elevato miglioramento ambientale. Il marchio, l’ecodesign e le metodologie di
analisi del ciclo di vita sono gli strumenti e le misure chiave delle politiche europee. L’approccio
integrato, adottato dalla Commissione Europea con la strategia COM 2008/397 per la
produzione e il consumo sostenibili, prevede che l’etichettatura con marchio ambientale informi
il consumatore sul contenuto ambientale dei prodotti e stimoli un’offerta di prodotti qualificati. Le
aziende dovrebbero essere stimolate a ricercare e sviluppare soluzioni innovative ed
ecocompatibili da proporre al mercato, associando al valore del prodotto la specifica
componente ambientale.
Nei tre grafici estratti dal sito di Ispra Ambiente è evidenziato un trend positivo di crescita nel
tempo (1998-2013), soprattutto per il servizio di ricettività turistica, con una ripartizione
geografica che mostra una prevalenza di licenze in Trentino Alto-Adige, Puglia e Toscana.
Figura 3: trend 1998-2013 (fonte Ispra Ambiente)
20
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Figura 4: ripartizione per gruppi di prodotti (fonte Ispra Ambiente)
Figura 5: distribuzione per regione (fonte Ispra Ambiente)
21
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Il marchio Ecolabel può essere riportato sull’etichetta energetica. Quindi per lavatrici,
lavastoviglie, frigoriferi, televisori il marchio UE di qualità ecologica può essere riportato
sull’etichetta energetica.
Tra i prodotti etichettati Ecolabel ci sono anche le lampade elettriche. L’etichettatura garantisce
la durata tra 5 e 9 anni, il consumo 5 volte meno delle lampade incandescenti, il contenuto di
poco mercurio, l’involucro costituito dal 60% di materiale riciclato, la luminosità inferiore del 1030% dopo i 5 – 9 anni.
Da ricerche condotte nel 2005 in ambito europeo “The Future of eco-labelling”, Greenleaf,
London, era emerso che i consumatori non avevano familiarità con il simbolo raffigurante il
marchio e, quand’anche lo riconoscessero, non erano pienamente a conoscenza del suo
significato. Dimostravano molta più dimestichezza con i marchi nazionali, es. il 60% dei
consumatori tedeschi conosceva il marchio Blue Angel.
La Commissione Europea ha lanciato campagne di promozione e sensibilizzazione nei vari
Paesi europei ed ha promosso l’uso del marchio anche nei paesi in via di sviluppo con progetti
dimostrativi come “Enabling developing countries to seize Ecolabel opportunities”. Nel 2012 i
coordinatori del progetto hanno osservato che “il progetto ha dato grande impulso ai marchi di
qualità ecologica in tutti i Paesi e ha reso evidenti i vantaggi che le imprese possono trarre dai
sistemi di etichettatura ambientale basati sull’analisi del ciclo di vita.” I governi di Brasile,
Messico, Cina e SudAfrica hanno rafforzato le politiche che incoraggiano le aziende a fornire
informazioni ambientali credibili e verificabili sui loro prodotti. La promozione del marchio è
diventata strumento politico basato sul mercato.
Per quanto riguarda l’efficacia di strumenti come l’etichettatura con marchio servono dati e
ricerche omogenee. Servirebbe inoltre l’informazione sulla quantità di prodotti a maggiore
impatto ambientale che sono stati sostituiti da quelli con etichetta ecologica.
d.) Conoscenza e valore. I modelli di socializzazione più diffusi non hanno puntato ad
un’economia del valore. L’asset principale per la produzione di valore è la conoscenza.
Nell’agenda europea l’economia della conoscenza è la sola in grado di realizzare una crescita
economica sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
Nella società della conoscenza (digitale, interattiva, pervasiva) la produzione di valore cambia,
la natura del lavoro e della produzione è strettamente legata alla dimensione digitale, occorre
un nuovo approccio per vedere e riconoscere i beni comuni, cambia il contesto relazionale. La
rete digitale diventa un sistema di comunicazione e di conoscenza per la sua natura interattiva,
per la pervasività e la tracciabilità del mondo digitale. La dimensione cognitiva del lavoro
diventa centrale nella produzione di valore, entra in gioco la centralità delle persone e il
consumatore partecipa direttamente alla definizione del prodotto.
22
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Nell’era digitale, nella società della conoscenza, il vero capitale è costituito dalle persone e
dalla loro qualità, fatta di esperienza, impegno, idee e modalità relazionali. Viene posto al
centro la persona, non più consumatore passivo ma consumatore-produttore, facendo leva sulle
intuizioni progettuali dello stesso utilizzatore. Ad esempio per vincere la paura implicita della
tecnologia, gli stessi utilizzatori possono partecipare alla progettazione delle interfacce con
l’obiettivo di trasformare gli oggetti in qualcosa di sempre più amichevole e più familiare. Tutto
ciò richiede anche nuove metodologie di indagine per identificare i bisogni del consumatore.
Quest’ultima è una delle dimensioni dell’innovazione efficace e sostenibile, poco frequentate dai
media e dagli evangelisti dell’innovazione, fatta di prodotti e servizi che cambiano in meglio la
nostra vita e rendono le imprese più competitive. E’ un processo culturale e comunicativo in cui
la rete è l’interfaccia con natura di archivio e di medium di comunicazione. L’architettura aperta
e orizzontale del World Wide Web produce un effetto moltiplicativo della produzione cognitiva.
Pensare in termini di rete diventa imprescindibile per ogni processo culturale. Le interfacce
grafiche, il software user friendly, l’abbassamento dei costi e la diffusione della banda larga
spinge gli utenti a familiarizzare con le potenzialità delle reti al punto che la quantità di
informazioni prodotte dagli utenti è superiore a quella generata dai grandi network.
Certamente il world wide web è l’osservatorio per analizzare i processi sociali di alcune fasce di
popolazione ed è vettore per lo sviluppo di nuove logiche di produzione e lavoro, informazione e
conoscenza secondo uno schema che a volte contrappone chi è all’interno dello spazio dei
flussi e chi invece ne rimane fuori.
L’attuale evoluzione di internet verso il web, con lo sviluppo di reti sociali di comunicazione tra
persone che generano contenuti interagenti tra loro, sta trasformando i flussi comunicativi ed
aumentando la complessità del contesto in cui si opera a causa della crescita esponenziale di
dati e informazioni. Nella rete prevalgono tre fattori partecipativi: open, free, peer. Tutti i
partecipanti alla rete possono generare e trasmettere contenuti. L’informazione pertinente al
bisogno conoscitivo e arricchita in modo da consentire l’impiego per assumere decisioni,
riducendo l’incertezza e la complessità, si trasforma in conoscenza.
La transizione è dal dato (rappresentazione del fenomeno), all’informazione (comprensione del
dato
attraverso
l’interazione
sociale
e
attribuzione
di
significato),
alla
conoscenza
(riconoscimento di valore all’informazione, in funzione del soddisfacimento di un bisogno ed
eventualmente dell’assunzione di una decisione). Inoltre la prospettiva che si è aperta è che nel
passaggio dall’informazione alla conoscenza risiede la possibilità di riutilizzarla in contesti
decisionali ed operativi diversi.
La precisione del dato giusto al momento giusto e la velocità sono tuttavia l’effetto della
digitalizzazione, della convergenza verso i formati della rete e dell’organizzazione dei contenuti.
La diffusione ad esempio dei wiki aziendali, con forme di controllo per evitare gli abusi del
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
sistema come l’accesso vincolato di username e password e/o vincolo dell’uso interno alla
comunità del materiale, in cui gli utenti consumatori possono creare e pubblicare in modo
semplice e collaborativo documenti sui prodotti con la logica del work in progress, sviluppa la
partecipazione. Per incentivare questa forma di partecipazione si possono mettere in palio
premi e buoni sconto.
I dati dell’anno scorso dicono che in Italia ci sono circa 16 milioni di consumatori on line per 14
miliardi di euro. Questi consumatori sono più predisposti al sistema wiki ma il processo deve
arrivare a coinvolgere la massa dei consumatori, con libertà di partecipazione.
d.1)Strategia open source. La promozione dell’interazione e della combinazione di un’ampia
varietà di risorse è già presente nella strategia open source, strategia che risponde meglio alla
sostenibilità in ambienti complessi. Questa strategia ha messo in evidenza come sia possibile
generare valore, a partire da una maggiore condivisione della base di conoscenza, nel caso
dello sviluppo software e in settori a maggiore intensità di capitale come le biotecnologie.
I dati empirici dimostrano che queste comunità, nei casi di maggior successo come Linux,
Open Office e Apache, sono molto popolate e i prodotti sono di indiscussa qualità. Il caso
dell’open source ha dimostrato come sia possibile fare leva sulla creatività diffusa e sulla
maggiore condivisione di conoscenza per produrre beni di qualità comparabile o superiore a
quella di mercato. Questo modello ha ridefinito i modi di creazione del valore:
1. ampia disponibilità di capitale umano evoluto
2. digitalizzazione dei mezzi di produzione e di distribuzione, maggiore suddivisione tecnica del
lavoro cognitivo
3. disponibilità di una rete globale di coordinamento
Allargare la base creativa, riducendo le barriere di ingresso, e distribuire maggiormente il
processo innovativo ha stimolato molte persone a mettere a disposizione il proprio talento per
produrre un bene comune. L’ipotesi è che nell’interazione ci sia un potenziale creativo
enormemente superiore rispetto a quello producibile da ciascuna delle parti singolarmente
prese.
Il bene conoscenza, impiegato nel processo innovativo da parte delle imprese, ha due
peculiarità: 1)è esposto al rischio del free riding e la tutela della proprietà intellettuale ha avuto
la funzione di ridurre il peso di questo rischio; 2) è un bene esperienza il cui valore può essere
determinato solo con l’esperienza d’uso, quando cioè non c’è alcuna convenienza a pagarlo.
Entrambi questi fattori hanno generato elevati costi di transazione per sostenere la produzione
di fiducia.
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Il modello open source non garantisce a nessuno il controllo esclusivo sulle risorse e, al posto
della competizione per il controllo in cui tutti gli attori competono per l’accesso ad un insieme di
risorse scarse, si innesca la competizione di tipo win-win per l’opportunità di internalizzare
parte delle esternalità prodotte dall’interazione all’interno della rete. Le esternalità di rete sono
una caratteristica economica della rete internet ed è studiata come fonte di beneficio sociale:
chi accede a internet non solo beneficia se stesso ma anche gli altri perché, aumentando la
dimensione della rete, rende disponibili per tutti delle possibilità di collegamento in più. La
dimensione ed estensione di queste esternalità è tanto più grande nel caso della conoscenza,
una risorsa per natura non scarsa il cui valore aumenta con l’esperienza d’uso
Nella logica open source ciascuno di noi è un reporter, un blogger, un autore, e può introdurre
nuovi dati, valutare, inserire ciò che ha appreso circa un prodotto, un processo o una
compagnia. Il consumatore attento vuole informazioni complete ed accurate e una via per
trovarle è certamente, in questo momento, di allargare la partecipazione e le fonti di
provenienza.
Naturalmente rimane il ruolo delle istituzioni che, oltre ad occuparsi di sviluppo delle
competenze, devono contribuire a creare la domanda di innovazione.
L’ipotesi alla base della grande maggioranza dei modelli economici è che i consumatori operino
in modo da massimizzare la loro soddisfazione (detta “utilità”), mentre le imprese operino in
modo da massimizzare il loro profitto. Se al posto di questa prospettiva si adotta una
prospettiva superiore entro la quale valutare la qualità della vita, l’approccio dello sviluppo
umano associato principalmente ad Amartya Sen, gli elementi più importanti nella qualità della
vita delle persone sono una pluralità, qualitativamente distinti: salute, integrità fisica, istruzione
ecc. Nella visione che il bene fondamentale della società consista nella promozione, per le
rispettive popolazioni, di un insieme di opportunità, o libertà sostanziali, che le persone possono
poi mettere in pratica o meno, la scelta rimane comunque la loro, non si tiene conto solo del
benessere totale o medio bensì quali siano le opportunità disponibili per ciascuno.
Lasciando da parte le scelte politiche che portano a questo approccio, il cambiamento può
essere iniziato
anche
dal
basso,
partecipando
ai
processi che possono facilitare
l’apprendimento. Il valore dell’apprendimento è nel sottostante di ogni nostra azione perché
l’agire consente di acquisire, lasciare traccia, accumulare esperienza e conoscenza e, ancora,
consente in una certa misura di capire il rapporto causa-effetto.
La neo-corteccia del cervello umano si è evoluta come il nostro sistema neurale. Ciò che i
circuiti insiti nel nostro cervello non sono in grado di aiutarci a comprendere può essere
scoperto, compreso e riordinato dalla neo-corteccia. Possiamo apprendere le conseguenze di
25
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
ciò che facciamo e come affrontarle, possiamo sapere che certi elementi presenti nell’aria e nei
cibi, senza che possiamo vederle o sentire il gusto, sono pericolosi.
Ogni azione in sé non produce un singolo risultato, ma produce una pluralità di risultati, alcuni
visibili e tangibili per sé e altri intangibili, dilazionati nel tempo e per molti destinatari. Su questi
secondi si costruisce il valore perché sono i risultati invisibili che nel tempo sostengono quelli
visibili.
Un altro principio della costruzione del valore sostiene che si ottiene valore se si fanno
convergere gli opposti, es. fare sviluppo e razionalizzazione insieme, un’economia di scala ma
anche un’economia di scopo. Stesso discorso per la persona nelle scelte dell’esistenza
quotidiana se combina l’emotivo e il razionale.
e.) Incertezza. Il consumatore, soprattutto per i prodotti e i servizi derivanti da innovazioni
scientifiche, non acquisisce direttamente le informazioni necessarie a conoscere il prodotto. Le
modalità di acquisizione sono mediate da attori come le fonti di informazione, le imprese
multinazionali, gli scienziati. E’ una forma di asimmetria informativa, per la quale il consumatore
deve effettuare una valutazione del rischio associato, in base alla propria personale
propensione.
I processi decisionali sono processi complessi in cui ad una convinzione originaria, negativa o
positiva, il consumatore associa considerazioni di tipo cognitivo. La teoria del comportamento
pianificato attribuisce una certa rilevanza all’influenza di amici, parenti, conoscenti sulla
decisione del consumatore. L’influenza si manifesta con le informazioni che gli possono
comunicare e attraverso le quali svilupperà un’opinione sull’eventuale scelta di acquisto. La sua
decisione sarà tanto più influenzata quanto più considera importanti le opinioni della cerchia di
persone con le quali si relaziona. Il consumatore molte volte ha, quindi, un’inclinazione già
evidente che può essere corroborata dalla ricerca di conoscenza approfondita di arricchimento
dell’opinione.
f.) Fiducia. La fiducia ha un ruolo importante nel processo decisionale. Si conoscono diverse
definizioni di fiducia. Tra le più citate ci sono: “confine fino a cui una persona crede che gli altri
non agiranno al fine di sfruttare le sue vulnerabilità”, di Marrow (2003); “alternativa funzionale al
ragionamento razionale al fine di ridurre la complessità della scelta” di Lewiss e Weigert (1985).
La fiducia del consumatore può essere indirizzata verso istituzioni, verso specifici individui,
verso qualsiasi fonte che veicola l’informazione e la conoscenza sul tema. Un’attività del
marketing è quella di conoscere in quali fonti il consumatore ripone fiducia e per quali motivi.
Livello di competenza e affidabilità della fonte sono le caratteristiche principali della fiducia.
g.) Emozioni impiegate nelle azioni. Le nostre decisioni di acquisto sono guidate da
sensazioni provocate da tutto ciò che ci sta immediatamente intorno, mentre ciò che abbiamo
26
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
sentito o letto sul surriscaldamento globale e sulle campagne ecologiche giace sperduto nei
recessi della mente.
Il processo decisionale di acquisto di un bene o di un servizio è stato già molto analizzato in
ogni sua fase nello studio del marketing. Un ruolo importante è stato attribuito ai fattori che
influenzano il comportamento del consumatore. Le influenze che agiscono principalmente sul
processo decisionale sono di tipo psicologico, situazionale, socio-culturale, di marketing mix.
5. Fattori che influenzano i processi di scelta
Esperimenti condotti nel campo della psicologia del pensiero hanno definitivamente dimostrato
che raramente i giudizi decisionali delle persone seguono i criteri normativi del calcolo
puramente razionale delle informazioni disponibili.
La mente umana, specialmente quando lavora su molte variabili, mette in atto le cosiddette
euristiche cioè delle scorciatoie cognitive. Anche quando l’informazione è carente, gli individui si
lasciano guidare dalle proprie immagini mentali.
E’ stata studiata la dimensione emozionale nel decision making: diversi studi hanno dimostrato
che il solo raziocinio non è sufficiente a spiegare in modo esaustivo i processi alla base delle
scelte. I modelli normativi non tengono conto che gli individui dispongono di risorse cognitive
limitate e che, pertanto, tendono a semplificare problemi e situazioni decisionali complesse.
Secondo gli studiosi già citati D. Kahneman e A. Twersky, le esperienze passate, il contesto,
l’incompletezza informativa del contesto reale influenzano le nostre decisioni. L’informazione di
cui si dispone al momento della scelta può essere processata in modo analitico, cioè razionale
e più lento, oppure in modo esperienziale cioè intuitivo, automatico e piuttosto rapido. La
modalità esperienziale è quella più efficiente per fronteggiare le situazioni più complesse.
Il processo decisionale di acquisto di un bene o di un servizio è stato già molto analizzato in
ogni sua fase nello studio del marketing. Un ruolo importante è stato attribuito ai fattori che
influenzano il comportamento del consumatore. Le influenze che agiscono principalmente sul
processo decisionale sono di tipo psicologico, situazionale, socio-culturale, di marketing mix.
27
La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Influenze del marketing mix
*Prodotto
*Prezzo
*Promozione
*Punto di vendita
Influenze psicologiche
*Motivazione
*Personalità
*Percezione
*Apprendimento
*Valori,credenze e
atteggiamenti
*Stile di vita
Processo decisionale di
acquisto del consumatore
Prodotto
Percezione del problema
Ricerca di informazioni
Valutazione delle alternative
Influenze socio-culturali
*Influenza personale
*Gruppo di riferimento
*Famiglia
*Classe sociale
*Cultura
*Subcultura
Decisione di acquisto
Comportamento
postacquisto
Influenze situazionali
*Finalità dell’acquisto
*Ambiente sociale
*Ambiente fisico
*Fattore tempo
*Situazione antecedente
Fig. 6
Influenze che agiscono sul processo decisionale d’acquisto del consumatore (fonte: Marketing,
McGraw-Hill (2010)
Influenze psicologiche
I concetti di motivazione e personalità sono correlati. La motivazione è lo stimolo che spinge il
Prodotto
consumatore ad agire per soddisfare un particolare bisogno e la personalità è la dimensione
psicologica di un individuo che ne determina la regolarità dei comportamenti di risposta a
situazioni simili nel corso del tempo. L’analisi interculturale suggerisce che gli individui
presentano caratteristiche peculiari in base alla loro nazionalità o che, in ogni caso, la loro
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
personalità è caratterizzata da un insieme di fattori comuni fra i membri di uno stesso Paese o
di una stessa società.
L’individuo seleziona, organizza e interpreta le informazioni contenute negli stimoli cui è
sottoposto per crearsi una raffigurazione del mondo. Questo processo di percezione può avere
delle distorsioni per l’enorme quantità di stimoli; pertanto l’individuo ottimizza le sue risorse di
attenzione e seleziona le informazioni cui prestare attenzione, valutando se è il caso di
comprenderle e memorizzarle.
I consumatori apprendono attraverso l’esperienza e attraverso processi mentali come il
ragionamento e il problem solving. L’apprendimento comportamentale tende ad indirizzare il
consumatore verso prodotti della stessa marca di cui è rimasto soddisfatto precedentemente e
quindi è disposto a reiterare l’esperienza. L’apprendimento cognitivo comporta la creazione di
connessioni tra più idee oppure l’osservazione delle conseguenze del comportamento di altri
individui per adeguare il proprio.
Per quanto riguarda valori, credenze e atteggiamenti, le aziende spendono risorse per formare
e variare l’atteggiamento dei consumatori verso i prodotti e le marche. Il marketing prende in
considerazione tutte le specificità dei valori e si concentra soprattutto su quelli personali per
orientare l’atteggiamento del consumatore. Per esempio un consumatore parsimonioso darà
grande importanza, nell’acquisto di un’automobile, al consumo di carburante.
Infine lo stile di vita è il modello che l’individuo adotta nell’interazione con l’ambiente e
comprende il tempo e le risorse a sua disposizione. Esistono diversi modelli di classificazione
per profili basati su opinioni, atteggiamenti, interessi e caratteristiche socio-demografiche.
Influenze situazionali
Tra le variabili situazionali elencate in Fig. 2 certamente il fattore tempo incide notevolmente,
come pure l’ambiente fisico e l’ambiente sociale. Il tempo che il consumatore ha a disposizione
influisce sul luogo di acquisto e sul prodotto. Le persone presenti al momento dell’acquisto
possono influire sulla decisione stessa e l’atmosfera, l’affollamento, la musica possono alterare
il modo in cui si prende la decisione. L’ambiente luminoso suscita, ad esempio, sensazioni di
allegria e benessere.
5.1 Apprendimento negli ambienti digitali
In generale la disponibilità del mezzo informatico abilita e stimola i processi di apprendimento
da interazione: capacità di assorbire informazioni e conoscenza prodotte all’interno di un
circuito, capacità di ricombinare le conoscenze esistenti, capacità di coordinare e trasferire
conoscenze. Tutto ciò dà impulso ai processi di creazione di conoscenza e cioè di innovazione.
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Così le tecnologie ICT non sono più viste come semplici strumenti di calcolo, elaborazione e
connessione ma come una infrastruttura che consente di ridurre i costi di accesso al sapere, di
aumentare la velocità di acquisizione, diffusione e replicazione e, soprattutto, di sviluppare
nuove geometrie di flussi di comunicazione e relazioni nei processi di creazione del valore. Dal
punto di vista aziendale, l’introduzione di esse nei processi aziendali consente l’abbattimento
dei costi di coordinamento fra soggetti ed attività, favorendo lo sfruttamento delle
complementarità esistenti fra gli stessi, riducono costi e tempi e possono servire ad agire sulla
ridondanza informativa. Si ritiene che aumentino l’efficienza gestionale delle imprese. Inoltre i
vantaggi competitivi della multicanalità saranno sempre più manifesti. L’attivazione di un nuovo
canale di contatto con la clientela offre molte opportunità.
Tra i fattori relativi alle influenze psicologiche è già stato citato l’apprendimento. Negli ambienti
digitali è stato studiato che l’abilità di utilizzo del sistema e i processi di apprendimento
influenzano la scelta.
Dal punto di vista dell’impresa, le prime aziende ad adottare l’e commerce sono state quelle che
già avevano esperienza nell’utilizzazione dei mezzi informatici e nel trattare a distanza con i
clienti. Per arrivare a utilizzare internet in modo efficace è necessario superare una curva di
apprendimento.
Alcuni studiosi (Johnson,Bellman e Lohse, 2003) hanno osservato che la funzione potenza
descrive sia la relazione tra la pratica e la prestazione in molti domini, sia la relazione tra il
numero di visite ad uno specifico sito web e la durata della singola visita.
ª
T = BN –
Dove
T = tempo necessario
N = numero di prove
B = tempo della prestazione nella prima prova (parametro)
ª = tasso di apprendimento (parametro)
Il tempo trascorso presso un certo sito diminuisce in funzione del numero di visite allo stesso.
I costi di transizione ad un nuovo sistema potrebbero aumentare in funzione della pratica con il
sistema abituale; possono essere ridotti se è possibile applicare, anche al nuovo ambiente, la
conoscenza precedentemente acquisita.
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
6. Caratteristiche dell’ambiente informativo nel quale il decisore opera.
Oltre alle influenze situazionali appena descritte, vi sono altre caratteristiche che hanno spesso
un ruolo nel processo di acquisto e che riguardano l’ambiente informativo.
Le caratteristiche principali sono l’organizzazione dell’informazione, le funzionalità
interattive, l’interfaccia.
Le
dimensioni
dell’organizzazione
dell’informazione
sono:
modalità
di
presentazione, forma, ordine di presentazione, sforzo, tempo, accuratezza.
La ricerca sulle strategie decisionali ha condotto studi sperimentali sull’effetto delle modalità di
presentazione dell’informazione sulla scelta. Le varianti più comuni sono: 1) la lista per
alternativa, come i cataloghi di viaggio o i siti web di scelta dell’hotel, in cui ogni alternativa è
descritta singolarmente; 2) la lista per attributo, in cui ogni elemento della lista presenta
l’informazione su tutte le alternative per uno specifico attributo. L’attributo può avere forma
numerica oppure grafica con simboli visivi o icone; 3) le matrici alternative per attributo,
utilizzate dalle Associazioni dei consumatori, in cui l’informazione è disposta in tabelle in cui
nelle righe sono collocate le alternative e nelle colonne gli attributi, o viceversa. L’ordine delle
righe e delle colonne può variare.
L’organizzazione delle informazioni ha pesanti effetti sui processi di acquisizione delle
informazioni. Secondo alcuni l’organizzazione dell’informativa display, cioè organizzazione,
forma, ordine, incidono sulla selezione delle strategie che il decisore utilizzerà per scegliere.
Alcuni esperimenti hanno dimostrato che le persone non sono molto abili nell’anticipare lo
sforzo e l’accuratezza necessari per scegliere ma tendono di più ad apprendere dall’esperienza
e dal feedback su sforzo e accuratezza.
Inoltre alcune analisi di sequenza di acquisizione di informazione, strutturata per alternativa o
per
attributo,
hanno
supportato
l’ipotesi
secondo
cui
l’acquisizione
è
guidata
dall’organizzazione: se l’informazione è organizzata ad esempio per marche, il decisore
procede per alternativa. Se l’organizzazione dell’informazione non favorisce l’applicazione di
una strategia di scelta, il decisore applica l’euristica, con incremento dello sforzo cognitivo, o
trova una strategia compatibile con l’organizzazione delle informazioni, con diminuzione
dell’accuratezza.
Il decisore quindi acquisisce l’informazione seguendo in prevalenza la direzione suggerita
dall’organizzazione ma anche applicando una strategia di scelta. Alcuni ricercatori hanno
dimostrato che la scelta è facilitata se l’organizzazione delle informazioni è compatibile con la
strategia scelta dal decisore. I decisori tendono ad acquisire l’informazione seguendo una
direzione compatibile con l’organizzazione del display.
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
Il tempo richiesto dipende dalla strategia di scelta utilizzata dal decisore perché se è
incompatibile con l’organizzazione delle informazioni ma ritenuta dal decisore più accurata,
allora la scelta richiederà più tempo.
Nel caso delle tabelle o matrici, tipo di organizzazione particolarmente versatile ma raro, ad
eccezione di alcuni ambienti digitali, il decisore può seguire la direzione di acquisizione che
preferisce.
La forma delle informazioni, valori numerici o etichette verbali, può ridurre lo sforzo cognitivo: la
forma numerica consente al decisore di mettere in atto strategie accurate e con minor sforzo
cognitivo. Le etichette verbali non comunicano in un tale modo intuitivo l’informazione che il
decisore possa ricodificare in scala numerica i valori.
Anche la scala di valori può influenzare il processo di scelta. Le scala tipiche normalmente
utilizzate per descrivere i valori, come ad esempio il consumo di un’autovettura in Km per litro,
consentono scelte più rapide rispetto alle scale comuni cioè es. scale numeriche da 1 a 10. La
tipicità della scala facilita l’utilizzo della conoscenza disponibile sul problema decisionale, senza
trasformazioni o interpretazioni dell’informazione presentata, e incoraggia l’impiego di strategie
più semplici basate sugli attributi.
Se l’informazione è incompleta, i decisori tendono a svalutare le opzioni non complete o a
scartarle, meno frequentemente a fare inferenze.
Per quanto riguarda la strutturazione dell’informazione, se l’ordine di presentazione è
sequenziale il decisore deve memorizzare l’informazione per effettuare comparazioni, mentre
nella presentazione simultanea tutta l’informazione, visualizzata contemporaneamente sul foglio
o sullo schermo del computer, è accessibile solo spostando l’attenzione. Gli studi disponibili
dimostrano che l’ordine di presentazione dell’informazione incide sul tempo di risposta, minore
nelle presentazioni simultanee non disposte in ordine casuale.
Una delle dimensioni dell’organizzazione dell’informazione è la facilità di elaborazione e
conoscenza. La facilità di confronto in modo agevole e senza eccessivo sforzo, unitamente alla
sufficiente conoscenza da parte del decisore circa l’importanza delle caratteristiche del prodotto
da acquistare, si sono dimostrate influenti sulla selezione dell’informazione e sulle strategie di
acquisizione.
Le funzionalità interattive sono peculiari degli ambienti digitali. Il decisore può specificare
le caratteristiche delle opzioni da esaminare in modo da diminuire le alternative. Non tutti gli
ambienti digitali sono progettati sulla base di un’analisi razionale dei processi di scelta e
tenendo conto delle limitazioni cognitive degli utenti. In alcuni casi di presentazione simultanea,
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
l’informazione non è comunque strutturata in modo da consentire un esame delle varie opzioni
con confronto.
L’interfaccia utente. Le caratteristiche dell’interfaccia, come le funzionalità di ricerca e di
navigazione o la strutturazione dei contenuti informativi, e gli aspetti, come le etichette verbali
dei link, sembrano avere un impatto rilevante sulle vendite. Per reperire le informazioni
necessarie per fare una scelta serve uno sforzo cognitivo e la progettazione degli aspetti
dell’interfaccia influisce su di esso. E’ dimostrato, da evidenze sperimentali, che anche
manipolando aspetti secondari, come lo sfondo di una pagina web introduttiva, si può
accrescere l’importanza di un attributo nella scelta on line. Il decisore è esposto ad uno stimolo
associato ad un particolare attributo (come il simbolo di una banconota aumenta l’importanza
dell’attributo prezzo) e questo attributo riceve maggiore peso nella successiva valutazione.
6.1 Accessibilità dell’informazione, facilità di elaborazione e conoscenza.
Per essere utilizzata l’informazione deve essere accessibile e facilmente elaborabile, senza
eccessivo sforzo. La facilità di confronto, rispetto agli attributi, è legata alla presentazione
dell’informazione.
Nonostante la facilità dell’elaborazione, il decisore potrebbe ignorare un’informazione
importante perché non ha sufficiente conoscenza per comprendere che è importante e in quale
modo va utilizzata nella scelta. Alcuni studi hanno dimostrato ad esempio che molti consumatori
non comprendono l’utilità dell’informazione sul prezzo unitario. Entrano in campo altre
dimensioni di valutazione dei prodotti, come l’attaccamento alla marca e/o la qualità percepita, e
anche quando il prezzo unitario è accessibile e facilmente elaborabile, non c’è un sicuro
spostamento verso prodotti più economici.
7. Analisi economica del bene di informazione
L’informazione, intesa come contenuti, rappresenta un bene che, in quanto tale, viene sempre
di più scambiato e venduto. Il bene di informazione è quindi un prodotto il cui valore non
dipende dalle sue caratteristiche fisiche ma dall’informazione che contiene. Nuove sfide
nell’economia di mercato sono create dall’aumento dell’importanza nel tempo dei beni di
informazione con le loro caratteristiche di poter essere digitalizzati e, quindi, trasmessa on-line
ad un costo praticamente nullo.
La crescita e la diffusione delle ICT e della rete internet ha stimolato fortemente la produzione
e la distribuzione di informazione e contenuti. Nell’economia di internet è normalmente utilizzata
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
la distinzione di ICT come prodotto, quali quelli hardware e software, e ICT come strumento,
come le piattaforme del commercio elettronico o quelle delle carte di credito. Come la società
debba gestire la produzione, la vendita e la distribuzione dei beni di informazione, non è ancora
definitivamente stabilito.
7.1 Economie di scala. La struttura di costo dei beni di informazione è caratterizzata da elevati
costi fissi e da costi marginali trascurabili. Il costo marginale di produrre una unità addizionale di
un bene di informazione è molto bassa, mentre produrre la prima copia di un bene di
informazione può richiedere notevoli investimenti in attività di ricerca e sviluppo. Per esempio,
produrre una complessa applicazione informatica può richiedere migliaia di ore lavoro di
programmatori competenti, con un’adeguata remunerazione, e questi costi sono indipendenti
dalle copie vendute.
I diritti di proprietà sull’informazione contenuta nel bene permette al produttore di ottenere un
ricavo e quindi incentiva a sostenere il costo di produzione. Gli strumenti legali che conferiscono
i diritti di proprietà sul sapere prodotto sono il brevetto e il copyright. La legge sui diritti di
proprietà conferisce agli inventori un monopolio temporaneo per permettere loro di recuperare il
costo dell’invenzione. La durata del monopolio temporaneo non può essere calcolata caso per
caso e quindi il sistema è imperfetto: alcuni monopoli hanno durata più lunga del necessario
mentre alcune potenziali invenzioni non hanno luogo perché i diritti di proprietà non durano
abbastanza a lungo. L’efficacia di questi strumenti dipende molto dalle caratteristiche del
prodotto e dal settore.
Torna a riproporsi anche la risorsa intangibile reputazione e il marchio. Nel caso in cui
l’innovazione non possa essere brevettata, l’impresa innovatrice può creare una posizione
temporanea di monopolio ricorrendo al “vantaggio della prima mossa”. Se i consumatori
riconoscono l’importanza della reputazione, la prima impresa a entrare in un mercato può
affermare la riconoscibilità del marchio.
Nei settori ad alta tecnologia, caratterizzati da esternalità di network, la prima impresa che entra
nel settore può avere un notevole vantaggio. I beni coinvolti formano una rete di comunicazione
tale per cui il valore di un bene per l’individuo è tanto maggiore quante più persone possiedono
o usano lo stesso bene. La domanda cresce quanto più un prodotto è stato venduto ed è diffuso
tra i consumatori. In letteratura gli effetti rete sono anche indicati con il termine economia di
scala dal lato della domanda. Contrariamente alle economie di scala dal lato della produzione,
con le economie dal lato della domanda al crescere della scala produttiva non è il costo medio a
decrescere ma il ricavo medio, cioè il prezzo, ad aumentare.
Se il bene è caratterizzato da esternalità di network, è probabile che sia soggetto anche a un
feedback positivo. Sia le esternalità che i feed back sono molto importanti per i beni
d’informazione. I network decollano quando hanno raggiunto la massa critica. Raggiungere la
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La consapevolezza del consumatore e il ruolo di alcuni elementi intangibili nel processo decisionale
massa critica di adottatori significa innescare un processo virtuoso basato sugli effetti di rete,
tale per cui da domanda si genera nuova domanda.
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