Continuare a parlare d`immigrazione come tema
Transcript
Continuare a parlare d`immigrazione come tema
Continuare a parlare d'immigrazione come tema separato dal resto è sempre più un errore. Significa non voler prendere atto come ormai nella nostra città, come nel resto del Paese, l’immigrazione sia ormai uno dei principali agenti di mutamento della società italiana, tanto dal punto di vista demografico che per l’enorme impatto economico e sociale che sta avendo. Roma e la sua area metropolitana ospitano ormai più di mezzo milione di cittadini di origine straniera regolarmente residenti, molti ormai presenti da cosi tanto tempo che definirli ancora immigrati stona con la realtà della loro vita quotidiana e con il loro sentirsi in buona misura cittadini di Roma. Quella di Roma è un' immigrazione storica e variegata con oltre 150 nazionalità presenti e attiva in tutte le attività nevralgiche per l’economia romana, come il commercio, i servizi e l’edilizia. Sempre più questi nostri “nuovi” concittadini hanno radicato le loro vite qui con le loro famiglie, come attestano anche i numeri crescenti di naturalizzazioni e di studenti di origine straniera, presenti nelle nostra scuole. Da quelle dell’infanzia fino alle superiore sono oltre 60.000 i ragazzi frequentanti le nostre scuole secondo l’ultimo rapporto del MIUR. Mezzo milione di cittadini che contribuiscono con il loro lavoro al benessere dell’intera comunità e che ancora oggi però vedono questa loro cittadinanza solo parzialmente riconosciuta. Un elemento di debolezza per tutta la società che deve vedere il nostro Partito impegnato a rimuovere gli ostacoli che ne limitano la cittadinanza piena. Un concetto che va inteso oltre la naturalizzazione che pure resta una grande questione che il PD di Roma deve assumere, sollecitando il Senato affinché l’approvazione della legge sulla cittadinanza per i ragazzi nati o cresciuti in Italia venga approvata al più presto, chiudendo questo capitolo da troppo tempo. Il PD come forza popolare e progressista interpreta correttamente la visione di una società aperta e plurale che già esiste. Una tendenza legata a fattori demografici ed economici che nei prossimi quindici anni cambierà il volto delle nostre città. Una prospettiva che deve trovarci preparati. Per questo diventa centrale il nodo della rappresentanza politica che rispecchi questi mutamenti. In primis il PD quindi si apra, impegnandosi promuovere una classe dirigente nuova consapevole di questi cambiamenti e anche espressione qualificata di questi “romani” che guardano al PD con interesse ma con il timore di essere considerati solo “truppe” da muovere in scontri elettorali senza mai essere poi considerati al momento della costruzione dei gruppi dirigenti. Parimenti è necessario come si accennava formare i nostri quadri alle ragioni storiche ed economiche che determinano l’immigrazione e agli strumenti legislativi esistenti o in discussione che la regolamentano. Questa è una precondizione per affrontare il dibattito su questo tema tanto complesso che ci vede troppo spesso sulla difensiva davanti alla retorica populista fatta di mezze verità e bugie che solo una buona conoscenza dei fatti possono demolire. Rappresentanza che come PD romano possiamo impegnarci a far riconoscere anche per il diritto di voto alle elezioni amministrative. In tal senso in Italia siamo ancora indietro rispetto al principio illuministico “ no taxation without representation”, nonostante il Parlamento italiano abbia ratificato nel 1994 una direttiva europea che prevede l’elettorato passivo e attivo per i cittadini stranieri regolarmente residenti . Una norma di civiltà che rafforzerebbe il senso di cittadinanza piena accrescendo la coesione della nostra comunità. Un' idea di cittadinanza inclusiva e responsabile quindi che aprirebbe nuovi canali di ascolto e incontro nella città, superando le diffidenze spesso generate dalla reciproca non conoscenza e dalla mancanza di opportunità per esprimersi. Una difficoltà questa che in una città come Roma è determinata anche dalla cronica assenza di spazi di socialità, ora più che mai necessari. In tal senso creare percorsi interculturali in spazi pubblici e con la partecipazione diretta dei nuovi cittadini è un'occasione di arricchimento culturale per tutti i romani. Scuole, biblioteche e centri anziani comunali potrebbero già ospitare iniziative di questo tipo. Cosi come si potrebbero creare centri interculturali utilizzando anche altri immobili non utilizzati, come quelli sottratti alle mafie. Una città viva, che fa ricchezza delle differenze culturali e religiose che convivono ormai da anni ma che ancora restano separate in molti ambiti. Una separatezza che genera incomprensioni e paure sulle quali diverse forze politiche speculano senza ritegno. Un paradosso grottesco in una città come Roma sede del Vaticano e di un pontificato che fa del dialogo interreligioso uno dei propri tratti salienti. In Italia purtroppo non esiste ancora una legge sulla libertà religiosa, siamo ancora fermi ai culti ammessi (1929-30) e ad alcuni intese con singole confessioni. A oggi diversi culti restano fuori da ogni accordo nonostante ormai abbiano milioni di seguaci italiani e non. Una questione non banale, che specie a Roma ciclicamente riaffiora per la chiusura di alcuni luoghi di culto sorti spontaneamente, a volte creando disagi ai cittadini in altri casi angusti e poco decorosi per gli stessi fedeli. Una situazione da monitorare coinvolgendo in primis le comunità religiose presenti e dall’altra spingendo come PD romano affinché il Parlamento apra una discussione che porti all'approvazione di una legge sulla libertà religiosa, poiché il veder rispettata la dimensione spirituale del proprio credo contribuisce alla costruzione di quella idea di cittadinanza di cui abbiamo già detto. S'intrecciano quindi grandi temi nazionali e a possibili battaglie più locali, non si tratta però di una forzature per le evidenti ricadute sui territori delle scelte legislative nazionali e per la specificità rappresentata da Roma ne l panorama nazionale, capitale e snodo viario nevralgico nelle rotte che dal Sud del Mediterraneo portano verso il Nord Europa, vera meta di migliaia di persone in fuga da guerre e persecuzioni e che a Roma passano, a volte anche per poche ore. I cosiddetti “transitanti”. Un tipo di immigrazione radicalmente diversa da quella finora descritta e giuridicamente diversa anche da quella rappresentata dai rifugiati. Una condizione che li rende più fragili ed esposti. Si tratta di poche centinaia di persone che però, soprattutto per l’ignavia della attuale giunta capitolina, sono diventati un problema apparentemente insormontabile. Ricordiamo che la precedente giunta, in condizioni analoghe e con numeri assai maggiori era invece riuscita a garantire un'accoglienza dignitosa a queste persone. Quello che il PD di Roma deve chiedere con forza è che la dignità e incolumità di queste persone vengano tutelate. Per questo non basta il lavoro lodevole di tanti cittadini romani che spontaneamente insieme ad associazioni e Ong hanno garantito il minimo essenziale. Serve una regia istituzionale di tutto questo. Una cabina di regia che veda lo Stato nelle sue articolazioni in campo e coordini gli sforzi del terzo settore e del volontariato nella fase di primissima accoglienza. Una cabina di regia in cui ruoli e responsabilità siano chiare e riconosciute, per evitare che sulla pelle di donne, minori e uomini si giochi una partita politica cinica fatta di scarica barile e opportunismo. Sfide importanti e complesse che il PD dovrà affrontare con coraggio e umiltà. Il coraggio di sapere che il tema è ostico, a volte impopolare ma ineludibile e vincente se affrontato con le nostre idee e valori. Umiltà perché siamo consapevoli che dovremo ascoltare con attenzione le realtà che operano in questo settore e che ci chiedono di essere loro interlocutori .