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La Critica Sociologica, 161
CRONACHE E COMMENTI
Storia orale e non solo
Si è tenuto in Roma, il 16 e 17 marzo 2007, il primo convegno della
neonata Associazione Italiana di Storia Orale AISO, presso la Casa della
Memoria e della Storia del Comune di Roma. La dichiarata aspirazione
dell’AISO, nata su impulso della IOHA, la International Oral History Association, è quello di «organizzare una struttura capace di raccogliere, organizzare e mettere in comunicazione le molte realtà di ricerca e di fruizione
delle fonti orali, promosse sia da singoli che da enti, istituti e associazioni,
presenti nel nostro Paese». L’attuale presidente, la storica Gabriella Gribaudi (Univ. Federico II di Napoli) si è subito trovata di fronte al problema
di una massiccia presenza di studiosi, tale da eccedere la capienza dell’aula prevista e della antistante sala presto allestita con televisioni a circuito chiuso. Le due giornate hanno visto avvicendarsi relazioni orali e
videoproiezioni; sotto la dizione «L’occhio parlante» erano infatti raccolti
interessanti video che spaziavano dal Nord al Sud d’Italia (v. Voci di guerra
e di mestieri di Sergio Pelliccioni, Cristina Papa, Giulia Nucci, Paola
Palma, Valeria Perini, con una ricerca su cinque piccoli comuni del Lazio,
ma anche altri su Portella della Ginestra, su Tivoli, ecc.), dalla ricostruzione di antichi mestieri (molto interessante ad es. un filmato riguardante i
Guantai napoletani, di Antonio Caiafa) a quella di momenti significativi
della Seconda guerra mondiale (v. ad es. Le grotte della memoria, di Massimiliano Cera e Luca Ricciardi, ma anche 60 anni. Un viaggio molto personale all’interno di una storia collettiva, di Daria Frezza e Clemente
Bicocchi, con racconti e testimonianze raccolte nella zona di Monte Cassino, ecc.). L’ATAC poi ha presentato un godibile assaggio da una sua
amplissima documentazione (circa 50.000 foto, tutte ordinate e digitalizzate, con schede di accompagno). Una produzione notevole, che non è stato
purtroppo possibile discutere per la mancanza di tempo, così come è stato
impossibile discutere le relazioni, sia di studiosi da tempo noti per gli studi
portati avanti con il ricorso alla narrazione orale (da Alistar Thomson a
Antonella Spanò (Federico II di Napoli), da Sandro Triulzi a Sandro Portelli, fino a Lidia Piccioni) che di più giovani ricercatori: tutti comunque
così motivati da resistere a un caldo opprimente e alla stanchezza determinata dal protrarsi dei tempi previsti.
Alcuni tratti ancora vanno ricordati: il sentimento di partecipazione e
militanza che era dietro alla maggior parte degli interventi; la presenza,
oltre che di storici, di antropologi culturali, di sociologi (la dizione «Storia
Orale» si rivela già da ora piuttosto stretta), ecc. e, quindi, la tendenza a un
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costruttivo confronto tra discipline; l’apporto importante dato da alcune
istituzioni: oltre l’ATAC infatti era presente, tramite Giovanni Contini, la
Sovrintendenza Archivistica Toscana, così come lo erano, con una viva partecipazione, varie associazioni e archivi. Né si può tacere dell’intervento
fondamentale di Massimo Pistacchi, direttore della Discoteca di Stato: un
intervento molto seguito, nonostante si fossero fatte nel frattempo le 14 di
un tardo sabato mattina: Pistacchi ha gettato un serio allarme sui materiali
di base, sulla conservazione quindi delle fonti che sono emerse nelle
ricerche presentate e che rischiano di scomparire nel nulla se non conservate in modo adeguato.
Come di regola accade sempre nelle iniziative in cui entra anche
Sandro Portelli, alcuni momenti hanno reso particolari e uniche queste
giornate: le colazioni in terrazza, con vista sul Gianicolo e la fruizione di
canti della Modigliani e di un ampio coro, la chiacchierata-performance di
Ascanio Celestini, che ha raccontato del suo lavoro di ricercatore, raccoglitore e trasformatore di storie.
Siamo emersi da queste giornate con la convinzione che il lavoro che
stiamo facendo è condiviso, che trova e troverà riscontri. Con la consapevolezza della necessità di tempi più distesi di confronti tra lavori già portati
a termine (per es. su Roma quelli di Portelli e dei suoi collaboratori, quelli
di Lidia Piccioni e dei suoi laureati, quelli di Ferrarotti, miei e dei nostri
collaboratori, ma anche quelli di Luca Ricciardi, Sergio Pelliccioni e tanti
altri) in vista di prodotti più significativi per il futuro. Ma anche con la consapevolezza della necessità di una ulteriore riflessione sull’approccio metodologico, per una sua più robusta fondazione, fruizione e conservazione.
MARIA IMMACOLATA MACIOTI
Linee politiche e ricerche europee in tema di
cittadinanza, identità e immigrazione
Il 27 e 28 Marzo 2007, presso il Consiglio Nazionale dell Ricerche, si è
tenuta una conferenza internazionale dal titolo Cittadinanza, identità e
immigrazione nell’Unione Europea, organizzata dall’APRE, Agenzia per la
Promozione della Ricerca Europea. Il tema affrontato è di grande interesse
ed occupa un ruolo rilevante nel dibattito politico-culturale a livello
europeo ma anche in quello dei singoli paesi dell’Unione Europea, molti
dei quali hanno presentato, nel corso delle due giornate, ricerche empiriche
realizzate negli ultimi anni.
Il fenomeno migratorio nell’UE è di interesse mondiale e necessita
di un approfondimento scientifico, legato evidentemente alla ricerca, per
orientare le scelte politiche: è un tema che richiede competenze di carattere
sociologico, antropologico, giuridico, economico. Dal dibattito emerge
come sia fondamentale investire risorse finanziare per formare i giovani
ricercatori, senza i quali appare arduo indagare temi di questo tipo.
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Mario Alì, Direttore Generale per le Strategie e lo Sviluppo dell'Internazionalizzazione della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MIUR) spiega
come il ruolo del Ministero dell’Università e della Ricerca sia quello di
coordinare, indirizzare e programmare le attività inerenti alla formazione e
alla ricerca. Il nuovo Programma Quadro di ricerca (il VII) attribuisce per
il periodo 2007-2013 risorse importanti alla ricerca socio-economica, con
un budget di 620 milioni di Euro, destinati a progetti di ricerca su tematiche
importanti per l’Europa e per i suoi cittadini. Quattro i programmi: Cooperazione, Idee, Persone, Capacità. Gli obiettivi principali sono affrontare
l’emergenza sociale, la pace nel mondo e promuovere la figura di cittadino
dell’UE. La linea di ricerca dedicata alle principali tendenze sociali finanzierà studi su: l’evoluzione demografica, le migrazioni e l’integrazione, gli
stili di vita, l’occupazione, le famiglie, le disuguaglianze, la criminalità, il
ruolo dell’impresa nella società e la diversità demografica, l’etnicità, il
pluralismo religioso, le interazioni culturali, i temi multiculturali e i temi
connessi alla tutela dei diritti fondamentali ed alla lotta contro ogni tipo di
discriminazione.
Ezio Andreta, Presidente dell’Agenzia per la Promozione della Ricerca
Europea, incentra il suo intervento su una riflessione relativa alla globalizzazione, sottolineando come questa crei fratture con il passato: i concetti di
spazio e di tempo mutano radicalmente, la competitività individuale è sostituita da quella di sistema, in cui la capacità di collaborazione risulta essere
l’elemento fondante. Il luogo migliore per collaborare sembra essere la
rete, in un mondo in cui tutto è mobile, come le persone e i capitali, solo i
territori sono stabili.
Pierre Valette, Capo Unità L2 - Commissione Europea, parla dei tre
concetti fondamentali dell’agenda dell’UE, più importanti oggi che nel passato. Seguire un approccio globale è il primo punto. L’Africa e il mediterraneo necessitano di un’attenzione principale, con particolare riguardo per
il dialogo interculturale. Ma l’agenda di Lisbona obbliga anche a trattare
la dimensione economica e la preoccupazione maggiore è che se non si
agisce in fretta, nei prossimi anni l’Europa avrà poche persone attive a
livello programmatico e l’immigrazione sarà certamente un nodo cruciale
per il mercato del lavoro. Corrado Giustiniani sottolinea che la cittadinanza non è punto d’arrivo ma un percorso composto da più fasi: molto
importante è ovviamente il soggiorno permanente, la carta di soggiorno da
non rinnovare più, poi il diritto di voto attivo e passivo, infine lo status di
cittadino italiano. C’è un disegno di legge di cittadinanza approvato l’anno
scorso, che ad oggi è fermo: quello che cambia è la tempistica per acquisire
la cittadinanza, si passa infatti da dieci a cinque anni di permanenza sul
territorio. Inoltre, il nuovo disegno di legge garantisce la cittadinanza
quando si nasce da genitori sufficientemente integrati. Per quanto riguarda
la carta di soggiorno, l’Italia ha fatto passi avanti mentre per il permesso
di soggiorno, la metà delle domande dell’anno scorso non sono state
ancora esaminate. Paolo Ferrero, Ministro della Solidarietà Sociale, parla
del disegno di legge sulla cittadinanza sottolineando che non è del tutto
fermo ma c’è una discussione nella maggioranza. Infatti, il disegno di legge
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tende a rendere sempre più possibile l’ingresso legale in Italia attraverso le
reti amicali e informali, come ad esempio la famiglia. Ci sono poi misure
efficaci per i minori non accompagnati. Oggi la situazione è che il minore
viene buttato fuori al compimento dei 18 anni e questa è una situazione
disperata perché molti non hanno più famiglia fuori dall’Italia: per questo
si prevede una modifica importante su questo punto. Sono previsti cambiamenti anche per i CPT, che sono una zona d’ombra per quanto riguarda la
trasparenza, quindi la libertà d’ingresso.
Il punto di vista delle amministrazioni locali viene riportato da Raffaella Milano, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma: ci si
misura con l’immigrazione attraverso casi di sofferenza sociale e di emergenza, di povertà e di sfruttamento ed evidenzia quanto sia sbagliato un
approccio solo emergenziale. A Roma solo 7000 imprenditori stranieri, 157
nazionalità diverse nelle scuole tra i bambini, numeri grandi che richiedono interventi non solo sociali ma anche culturali. Politiche formative ed
educative quindi, non solo emergenza. In relazione al voto amministrativo
ciò che interessa è il segnale di partecipazione: abbiamo consiglieri
aggiunti, ma sappiamo che l’obiettivo è giungere al diritto di voto. Tener
d’occhio le emergenze sociali è giusto, imprescindibile, ma non devono
essere considerate come unica proposta di lavoro. La caratteristica della
nostra società è quella di essere e rimanere multietnica: Pier Virgilio
Dastoli, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea sottolinea che
la preoccupazione più alta è nei settori precari della popolazione. L’immigrazione rappresenta un contributo nei nostri paesi e quindi si considera un
errore l’introduzione delle misure relative al periodo transitorio per i paesi
entrati nel 2004.
In relazione al tema della sicurezza Paolo Ferrero sottolinea che la
propensione a delinquere degli immigrati regolari è inferiore alla media
degli italiani, contrariamente a quanto invece viene comunicato dai partiti
della Destra. Molti hanno trovato lavoro e casa realizzando una speranza
per la propria esistenza. La varietà delle provenienze determina frastagliamento che facilita il dialogo. Tra i punti fermi per una integrazione: la
conoscenza fra le persone nel rispetto delle culture è un punto decisivo e la
conoscenza dell’informazione mediatica. L’Italia dei prossimi anni sarà
un’Italia non omogenizzata, è comunque frutto di mille differenziazioni
regionali. Il punto decisivo è evitare che la diversità sia una difesa arroccata della propria identità. La legislazione italiana è in linea con le politiche adottate a livello Europeo, come evidenzia Sandra Pratt, Unità
«Immigrazione e Asilo» della Commissione Europea. È interessante che in
Italia si cerchi di analizzare la situazione limitare l’irregolarità cercando
canali legali. Il lavoro sullo sviluppo della collaborazione tra gli stati
membri e l’asilo in un paese verrà trattato allo stesso modo nei paesi dell’UE: l’obiettivo è quindi quello di promuovere l’accesso legale e scoraggiare quello illegale. Anche l’assessore Milano interviene sull’argomento
dicendo che Roma accoglie il maggior numero di richiedenti asilo e rifugiati. Ad oggi abbiamo una sola commissione che prevedeva 24 mesi di
attesa per esaminare le domande.
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Nella sessione del 28 Marzo, all’interno della tavola rotonda su il
Ruolo dei lavoratori immigrati nell’economia e società italiana, moderata
dalla Gubbini, giornalista de Il Manifesto, la parola passa ai sindacati:
Giuseppe Casucci, Responsabile nazionale per l’immigrazione della UIL si
chiede quale sia la società del futuro. Secondo i demografi, l’arrivo di lavoratori stranieri aumenterà in modo veloce e si tratta di stranieri con provenienze diverse. Il mercato del lavoro sommerso in Italia è fattore di forte
richiamo: aver reso impossibile l’accesso in Italia attraverso canali regolari negli ultimi anni non ha favorito questa situazione. «La Bossi-Fini
rende impossibile l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Il tema della
discriminazione: l’ufficio che se ne occupa (UNAR) ha lavorato bene ma
questo non è sufficiente, deve essere in grado di esprimere pareri, di essere
autonomo».
Dei punti migliorabili della legge parla Piero Soldini, Responsabile
nazionale del dipartimento immigrazione CGIL: «si deve puntare a governare i flussi senza essere legati ad una politica di quote, devono essere
messi a disposizione una gamma più vasta di strumenti d’ingresso».
Quindi, strumenti e servizi nel paese d’origine, compresa la ricerca dell’occupazione. Il ruolo del sindacato è la rappresentanza a livello contrattuale e la tutela dei lavoratori, quindi la proposta di sponsorizzazione per
l’immigrazione sembra inadeguata. Inoltre, la sosta può essere vanificata
se non si tengono d’occhio gli obiettivi. È necessario immaginare una
unica gestione dell’immigrazione, sul modello canadese: creare una
Agenzia Nazionale con i collegamenti adatti al fine di gestire in modo
organico.
Oberdan Ciucci, Responsabile Nazionale per le Politiche Migratorie
della CISL mette in evidenza che ciò che conta realmente riguarda le tutele
dei cittadini italiani e quelle degli immigrati, allo stesso modo. La povertà
unisce entrambi. Giulio Baglione, Responsabile Ufficio Immigrazione,
Confederazione Nazionale Artigiani (CNA) in relazione alla normativa
ricorda che non c’è una proposta del governo ma si è fermi a indiscrezioni.
I tempi per le varie procedure di approvazione di una nuova norma sono
lunghe e le varie problematiche delle imprese gestite da immigrati sono le
stesse di quelle gestite da italiani. L’integrazione non è un fattore virtuoso,
è una cosa reale. Inoltre, Ugo Melchionda (OIM), sottolinea che esiste la
possibilità secondo cui l’immigrazione è un fattore di competitività. Le
inchieste dicono che le imprese chiedono 200 mila posti di lavoro ogni anno
e che l’immigrazione può essere un elemento importante per lo sviluppo.
Mario Morcone, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del
Ministero dell’Interno, dice che il sistema deve essere in grado di dialogare
con le persone. La pubblica amministrazione sta investendo molto,
costruendo reti per lavorare meglio e cercando di rispondere alle varie esigenze. È necessario creare una relazione di fiducia, il che non è certamente
semplice: è necessario creare interconnessioni coerenti, passando da una
visione da breve a lungo termine.
FRANCESCA COLELLA
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Gli incontri organizzati dall’Agenzia per la Promozione della Ricerca
Europea (APRE) presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche di
piazzale Aldo Moro nei giorni del 27 e 28 Marzo hanno avuto come obiettivo principale quello di riflettere sulla cittadinanza, sull’identità e sull’immigrazione nell’Unione Europea, cercando di far convergere gli intenti
della comunità scientifica con quelli della politica, attraverso le analisi di
coloro che fanno la politica, ma anche di coloro che fanno la ricerca. Le
questioni «immigrazioni e cittadinanza» non sono vissute come un problema nella presentazione delle diverse ricerche, ma come un obiettivo da
raggiungere per la crescita dell'Unione Europea. Il professor Enrico
Pugliese, direttore dell’IRPPS, che apre la seconda sessione della mattina
del 27 e introduce alcune ricerche fatte in Europa, sottolinea come sia
necessario trarre profitto dal lavoro di ricerche di tipo trans-nazionale
affinché il confronto internazionale possa fondare i presupposti per superare il provincialismo che spesso caratterizza la ricerca in Italia. Un’azione
di ricerca efficace riesce poi a orientare l’azione politica dei governi se le
proposte di ricerca riescono a farsi linguaggio di mediazione fra le esigenze
dei cittadini e le scelte politiche. La politica, sottolinea Pugliese, rappresenta il contatto con i cittadini e i loro interessi, ma il suo lavoro diventa
efficace quando si basa su dati vicini all'esperienza dei singoli, dati che la
ricerca multidisciplinare e ben pianificata può offrire.
Un esempio di analisi orientato alla condivisione della conoscenza fra
ricercatori e politica è stato presentato da Kareen Kraal dell'International
Migration, Integration and Social Cohesion (IMISCOE) con l’idea di
costruzione di un programma interdisciplinare di ricerca. Nella ricerca
della Kraal, creare le condizioni per mettere in relazione «immigrazione e
coesione sociale» è il presupposto che necessita che vengano formati degli
specialisti giovani (phd) affinché cresca sempre più un sistema di conoscenza pubblico.
L’idea fondamentale di tutti i lavori presentati è quello di non circoscrivere il discorso della ricerca alla sola comunità scientifica, in modo tale
da riuscire a creare relazioni e reti con il maggior numero possibile di
attori internazionali.
Ana Triandafyllidou dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze,
coordinatore del progetto IAPASIS presenta una ricerca che ha come
oggetto gli immigrati che svolgono attività a carattere sociale e risiedono
nel paese di residenza da almeno quindici anni. Un lavoro trans-nazionale,
appunto, le cui interviste sono state condotte, nei venticinque paesi studiati,
da studenti post-laurea non appartenenti all'Unione Europea che però
risiedono nell'Unione. Anche in questo caso ricerca e formazione di specialisti vanno di pari passo.
L’area di studi molto ampia è caratteristica anche del lavoro di indagine che ha presentato Carlo Ruzza (CIVGOV); la ricerca svolta in dieci
paesi ha avuto come oggetto i modi in cui la società civile contribuisce al
processo di partecipazione dei cittadini nella rappresentanza politica a
livello, locale, regionale e comunale.
Alfonso Alfonsi del laboratorio di Scienze della cittadinanza, coordina106
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tore del progetto Skilled Migrants Integrations Assessment Model (SMIAM),
propone un modello che riflette sui migranti qualificati e altamente qualificati, secondo il presupposto che rileva nell’integrazione come processo dialogico, bidirezionale, l’essenza del ragionamento. Anche in questo caso
l’indagine è stata condotta in un’area che interessa otto paesi con l’intento
di costruire un quadro ampio che permetta un’ottica comparativa. Rispetto
della cultura d’origine e opinione del paese ricevente sono i fattori che
determinano il processo di integrazione dialogica.
Nell’arco della giornata la questione immigrazione viene affrontata
anche dal punto di vista delle discriminazioni da Masoud Kamali, coordinatore del progetto The European Dilemma: Istitutional patterns and politcs
of racial discrimination. L’analisi del problema discriminazione viene proposta, in base ai dati emersi nella ricerca, come quel processo che complica
l’integrazione delle politiche dell’Unione, attraendo l’attenzione degli elettori verso l’immigrazione unicamente come un problema. Masoud Kamali
mette in rilievo come l’azione della ricerca possa avere un effetto positivo
qualora i media divulghino le informazioni sui migranti secondo posizioni
non discriminanti.
L’emigrazione si manifesta oggi in modo sempre diverso e mutevole.
Un caso interessante è quello della Turchia, oggi ancora considerata paese
limite dell’Europa e su cui ogni giorno si discute riguardo la possibile
inclusione o meno nell’Unione. La Turchia, ricorda Aykan Erdermir, del
Centro per il Mar Nero dell’università di Ankara, da paese in cui la gente
immigrava ora è paese d'emigrazione; 3,5 milioni di turchi vivono in
Europa. Si tratta di un lavoro di ricerca in corso che si pone come obiettivo
fondamentale quello di prestare particolare attenzione alla liberalizzazione
delle frontiere interne e alla sicurezza delle frontiere esterne.
Gli apporti che la ricerca può offrire all'intervento politico sono
soprattutto quelli che riescono a decifrare il diverso livello di partecipazione a specifici momenti di partecipazione sociale. Donatella Della Porta,
dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze e membro del Comitato
Scientifico del Forum Internazionale ed Europeo di Ricerca sulla Migrazione (Progetto DEMOS), riflette su come trasformazioni nella democrazia
possano partire anche dal basso. I movimenti sociali sono l’oggetto della
ricerca. Nei movimenti no-global di Seattle per esempio, sottolinea Della
Porta, hanno grande rilevanza i temi dell’immigrazione e dei diritti di
immigrati, pur non essendo questi movimenti costituiti da immigrati. Gli
immigrati sono elemento importante di questo tipo di protesta ma sono
poco presenti al loro interno. Questi movimenti si presentano però come
motivo di interazione con le forme di governo, sperimentando nuove
modelli di democrazia. Ciò che di positivo si coglie da questi movimenti,
sottolinea la relatrice, è la forte propensione cosmopolita che li muove,
basata su forme utili alla convivenza secondo proposte condivise.
Ma alla ricerca vengono attribuite anche colpe e critiche. Antonio
Ricci, Punto di Contatto Nazionale Italiano (NCP) per il Network di Migrazione Europea, coordinatore del progetto «L’impatto dell'immigrazione
nella società italiana», sostiene che la ricerca è stata spesso incapace di
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vivere l’esperienza d’indagine in maniera organica, di condividere l’esperienza e la prassi della ricerca. Queste sono pecche della ricerca in
Europa, riporta Ricci, e, soprattutto per ciò che concerne l’Italia, la scarsità di attrezzature, di ricercatori e di strumenti diventa un problema; allo
stesso modo la scarsa conoscenza delle lingue. L’auspicio di Ricci sta nelle
posizione dell’UE, elemento comune che può fare da collettore per la convergenza delle forze verso una unica direzione di ricerca.
La cittadinanza è un punto fondamentale sul quale si è riflettuto, ma
allo stesso modo quello più complesso da affrontare in termini di politiche
comunitarie. Philippe Leclerc (UNHCR) ricorda come i tanti dibattiti sulla
nazionalità vogliono evitare lo stato di apolidia, ma ancora alcuni paesi
dell’UE hanno un numero elevato di persone che non sono cittadini. Questo
induce a considerare cittadini di seconda classe alcune minoranze che
vivono da tanto ormai nei paesi dell’Unione. Leclerc sostiene che le politiche di sostegno all’Unione Europea vadano indirizzate anche in direzione
di un allargamento della cittadinanza come presupposto per una più ampia
partecipazione al vivere civile.
Anche Rainer Baubock dell’Accademia austriaca delle scienze (Istituto
per la ricerca dell’integrazione Europea), che interviene nella seconda sessione della mattina del 28 Marzo intitolata Nazionalità e identità nell'immigrazione riflette in modo comparativo sulla modalità di acquisizione e sulle
cause di perdita della cittadinanza come diritto civile. Rainer Baubock presenta una ricerca dalla quale emergono le diverse implicazioni sui processi
elettorali che derivano dalle restrizioni dei diritti dei cittadini.
Gli interventi della prima sessione della mattina del 28 Marzo hanno
affrontato invece la questione lavoro, studio e vita familiare. In questa sessione vengono proposti discorsi che mediano tra l'immigrazione in quanto
risorsa e l’immigrazione in termine di integrazione.
Giancarlo Blangiardo (Università di Milano-Bicocca/Fondazione
ISMU) presenta un’indagine campionaria che ha come obiettivo gli esiti
della regolarizzazione del 2002 in relazione al lavoro, per le aree individuate come zone obiettivo 1 (6 regioni del sud e 40 province), con l’aggiunta altre 10 province del centro nord.
Per Blangiardo l’irregolarità nel mezzogiorno presenta forti differenze
territoriali (i migranti dell'Est Europa e dell’America latina presentano le
punte più alte) e una distribuzione del reddito evidentemente più bassa,
come pure un’incidenza della disoccupazione abbastanza differenziata.
Carla Collicelli del Centro di politiche e studi sociali (Censis) partner
del progetto INTEGRA, presenta due progetti di ricerca che presuppongono
sensibilità a tematiche sociali di rilievo, spesso poco valutate nelle politiche
internazionali. Il primo, il progetto CHIP (Child Immgration Problem), sui
bambini e sul loro diverso livello d’integrazione in Europa nei paesi di riferimento quali Italia, Belgio, Francia, Grecia e Inghilterra, che si propone di
indagare sulle pratiche di socializzazione, sulla cittadinanza e sui diritti dei
bambini in relazione al rispetto delle culture d’origine. Questo tipo di progetto si inscrive tra quelli di tipo strettamente interventista che, oltre alla
comprensione e conoscenza di casi specifici, propone una serie di strumenti
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concreti per la formazione e l’aggiornamento di insegnanti, operatori scolastici e mediatori culturali, fino all'informazione sui diritti dei migranti.
Anche il secondo progetto, riguardante i richiedenti asilo, il cui problema
vede in Italia ancora forme di solidarietà «spontanee», è orientato all'attuazione di servizi in rete con le partnership locali: orientamenti al lavoro,
corsi di lingua, corsi professionali, stage e tirocini.
Ancora, Giovanna Campani, dell’Università di Firenze, del progetto
The Role of Language in the Mobilisation Process of Ethnic Minorities
(LANGMOB), riflette sull’importante questione della rivendicazione linguistica delle minoranze. La lingua si fa veicolo principale «del far parte» del
vivere civile in un’Europa che si presenta abbastanza eterogenea in termini
di confronto con le minoranze linguistiche. L’idea della relatrice è che per
non continuare ad impostare un modello orientato sulla diaspora linguistica, fondamentale è il ruolo delle comunità al fine del superamento del
modello tradizionale, cercando di far in modo, con accordi bilaterali gestiti dagli stati, di far diventare le lingue minoritarie lingue pubbliche e
condivise.
Un altro intervento è quello di Ettore Recchi, dell’Università di
Firenze, coordinatore del progetto Pioneers of Europès Integration from
below: Mobility and the emergence of European Identity among foreign
National and Foreign Citizens in the EU (PIONEUR), che si differenzia dai
precedenti per l’interesse che pone alla questione della mobilità. Oggetto
dell’indagine sono gli europei mobili (di Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Germania) per la maggior parte di classe medio-alta che si muovono
in una fase della propria vita post-lavorativa, quindi pensionati e, in alcuni
casi pre-pensionati (transnational movers, persone che hanno viaggiato
molto) o, ancora, giovani lavoratori (free movers professional). L’indagine
è orientata allo studio della mobilità secondo parametri specifici che orientano la percezione di sé in quanto cittadini europei sostenitori in maniera
forte dell’integrazione europea.
Chiudono il convegno la prof.ssa Macioti e il professor Pugliese sottolineando la compartecipazione fra la ricerca cross-national e le politiche
sociali, non solo laddove essa va a integrare e completare la politica o viceversa, ma soprattutto nell'interazione dei due processi come espressione
della rappresentanza di esigenze comuni. La risorsa immigrazione può
essere valorizzata quando lo scambio di strumenti da parte degli attori in
causa (ricerca/politica) si fa linguaggio condiviso nella realizzazione di un
programma comunitario aperto al dialogo fra stati.
EMILIO GARDINI
Un viaggio a Galassia Gutenberg
Si è svolta tra venerdì 16 e lunedì 19 marzo a Napoli nella Stazione
Marittima ristrutturata la XVIIIª edizione della storica mostra del libro del
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meridione, Galassia Gutenberg. La stazione si trova nel pieno centro della
città, a piazza Municipio, accanto al famoso Molo Beverello dove attraccano aliscafi e traghetti diretti alle isole del golfo. Un’atmosfera suggestiva, con barche a vela, navi, traghetti e aliscafi in attesa di salpare o in
movimento per le loro destinazioni, in un assolato e caldo fine settimana di
marzo. Organizzata dall’Associazione Galassia Gutenberg con il sostegno
della Regione Campania, in cinquemila metri quadri con una zona dedicata
alla scuola e ai laboratori, nove sale per duecento presentazioni e incontri.
Quarantacinquemila biglietti staccati e un incremento di presenze del venti
per cento rispetto alla scorsa edizione.
Il tema di quest’anno, navigare sull’acqua, nel tempo, nello spazio
fisico e virtuale come anche nel sé, ha come obiettivo quello di rilanciare
l’originaria vocazione mediterranea. Certamente la nuova collocazione
portuale ne costituisce la cornice ideale. Dalle grandi vetrate s’intravedono
il mare e le navi. Nell’ambito degli incontri si è parlato di viaggi nel tempo
con gli strumenti della memoria e dell’autobiografia, ma anche di accelerazione e simultaneità della rete e delle nuove tecnologie. Una navigazione
verso l’altro, il diverso, dentro noi stessi, grazie al racconto e alle conversazioni. Navigando con il taccuino, una sezione di mostre e incontri sull’arte dei carnet de voyage, da cui le moleskine rese celebri dai viaggi di
Bruce Chatwin, ma utilizzate anche da altri intellettuali ed artisti come
Hemingway, Picasso e Van Gogh. Presenti tra altri, il carnettista spagnolo
Enrique Flores con i taccuini dedicati ai viaggi per le isole; l’artista
Giorgio Maria Griffa racconta I fari degli Stevenson. Ferruccio Orioli
mette in mostra i suoi taccuini dedicati ai fari, ed è a lui che si deve l’illustrazione di Galassia Gutenberg 2007, un faro rosso nel cielo azzurro, con
alla base tentacoli che affondano nel mare, di un azzurro più intenso, che
sovrasta il porto di Napoli visto dall’alto. Esposte anche cinquanta moleskine piegate a fisarmonica, compilate e illustrate per «ExtraNapoli», la
città raccontata dagli stranieri noti e meno noti che ci vivono. Descrivono e
raccontano il loro arrivo, la vita in città, i loro percorsi, incontri, desideri, i
cibi, la nostalgia per le terre d’origine, i luoghi preferiti e quelli di cui
hanno paura.
Il bookcrusing un’iniziativa, che prende le mosse dal più conosciuto
bookcrossing (www.bookcrossing-italia.com) per cui i libri vengono abbandonati per poter essere trovati e letti da altri che a loro volta li abbandoneranno. In questo caso i libri salperanno sulle navi da crociera della MSC
Crociere per essere lasciati nelle tante tappe del Mediterraneo. Ogni passeggero potrà prendere in prestito un libro messo a disposizione dai lettori
nella «biblioteca dell’imbarco», punto di raccolta nei giorni della manifestazione, per poi a sua volta abbandonarlo.
Alle nove sale sono stati dati suggestivi nomi di grandi navigatori,
come Vasco de Gama, Bartolomeo Diaz, Amerigo Vespucci, Cristoforo
Colombo ed altri, dove si sono svolte le presentazioni e gli incontri previsti
dal denso programma. In evidenza un omaggio speciale, a cura di Goffredo
Fofi, a Ryszard Kapuscinski, corrispondente dall’estero e di guerra dell’agenzia di stampa polacca, recentemente scomparso, con interventi di Gian110
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franco Bettin e Maria Nadotti. Un incontro sulle scritture migranti con
interventi di Lidia Curti autrice del libro La voce dell’altra. Scritture ibride
tra femminismo e postcoloniale (Meltemi 2006), Goffredo Fofi direttore de
la rivista «Lo Straniero», Serena Gaudino autrice di All’ombra delle due
torri. Il piccolo principe Sansereno (Colonnese 2005), Amara Lakhous,
Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio (e/o 2006), Karim
Metref, Caravan to Baghdad e Tagliato per l’esilio entrambi (Traccediverse
2006)e Igiaba Scego Rhoha (Sinnos 2004) e La nomade che amava Alfred
Hitchcock (Sinnos 2003). Si è parlato dell’esistenza, dell’essenza e della
definizione di quella che viene chiamata «letteratura della migrazione».
Ognuno ha raccontato le proprie esperienze linguistiche e culturali come
migrante e come scrittore dallo scrivere in una lingua diversa da quella
materna, alla riscrittura delle traduzioni. Si è messa in evidenza l’importanza della comunicazione intesa come la messa in comune, la condivisione
di queste storie che possono favorire un più sano e veritiero incontro fra le
culture con sguardi che cercano di andare oltre il senso comune.
Una serie d’incontri sono, inoltre, stati dedicati all’Università e in
particolare all’apprendimento permanente, alle nuove tecnologie e all’editoria universitaria tra manuali e navigazione su Internet. Sono intervenuti il
Ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi e il Ministro delle
Riforme e Innovazioni nella Pubblica Amministrazione Luigi Nicolais, oltre
a numerosi esponenti del mondo dell’editoria, delle istituzioni e dell’università.
Per concludere, vale la pena segnalare l’iniziativa della rivista «Leggere:tutti» che, insieme all’organizzazione di Galassia Gutenberg e grazie a
un accordo con le ferrovie dello stato, ha promosso un treno animato da letture e incontri tra autori e lettori, che da Roma ha portato circa ottocento
persone alla fiera.
BARBARA BECHELLONI
Per Stefano Allievi e non solo
Leggo su «Confronti» (aprile 2007) di una sentenza che condanna Stefano Allievi, stimato collega e noto studioso dell’Islam in Italia, per «diffamazione aggravata a mezzo stampa». La condanna, derivata da una querela di Adel Smith, è a sei mesi oltre a una pena pecuniaria di 3.000 euro.
La questione non può lasciare indifferenti i sociologi della religione né gli
studiosi tutti: Stefano Allievi è da anni un attento osservatore dell’Islam in
Italia, ha sempre indagato con attenzione e rispetto il mondo islamico con
particolare riferimento alle presenze islamiche in Italia, ha dovuto subire
attacchi e fastidi da parte di forze di destra italiane proprio per la sua
apertura nei confronti dell’Islam. Non è certo il solo studioso che ha avanzato riserve (del tutto legittime nell’ambito di uno studio scientifico) sul
personaggio di Adel Smith. Ritenendo che qui sia chiamata in causa la
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libertà di ricerca accademica e la conseguente manifestazione di documentate opinioni, vorrei esprimere all’amico e collega Stefano Allievi tutta la
mia solidarietà, nella speranza che il suo ricorso in appello possa avere
come conseguenza la correzione di una sentenza tanto discutibile e scoraggiante non solo per lui ma per qualsiasi studioso che intenda esprimere un
pacato e fondato parere.
MARIA IMMACOLATA MACIOTI
In morte di Jean Duvignaud e di Jean Baudrillard
T. S. Eliot riteneva che aprile fosse il mese più crudele. Devo apportare
una lieve correzione. Febbraio e marzo 2007 sono stati crudeli — un autentico periodo nero — per le scienze umane francesi. A 87 anni è morto a La
Rochelle Jean Duvignaud, autore noto e apprezzato di studi sulla sociologia del teatro e dell’arte, ma anche di un saggio di grande acutezza sul
«pianeta dei giovani», pianeta sconosciuto che continua a sorprendere e a
inquietare. Era un grande amico, dapprima sposato con l’intelligentissima
critica letteraria Anne Fabre-Luce, aveva una versatilità e un brio che, in
una serata particolarmente felice, potevano dare le vertigini. Gli avevo
dato, come capita fra amici, qualche dispiacere. Invitato a tenere il suo
corso all’Università di Tours, avevo rifiutato. Non mi ero reso conto che, da
parte sua, era la prova di una fiducia e di una ammirazione praticamente
sconfinate. Facemmo pace più tardi, sulla spiaggia di Hammamet in
Tunisia.
A Parigi è venuto a morte, a 77 anni, Jean Baudrillard, semiologo,
sociologo, ma anche scrittore dotato di un virtuosismo verbale e di una felicità nel coniare formule concettuali in tutto degni della migliore saggistica
di Francia, capace di unire rigore linguistico e straordinaria originalità
metaforica e simbolica. Esempio: nell’ultimo nostro incontro alla Sorbona,
discutendo della violenza diffusa specialmente fra i giovani — i bagliori
delle banlieues non erano troppo lontani — Baudrillard dava un saggio
squisito della sua alta acrobazia intellettuale; scorgeva nella violenza un
virus che sta infettando le società tecnicamente progredite, un virus che
dapprima si presenta come innocente provocazione, ma poi dà luogo alla
virulenza la quale non tarda a manifestarsi come pura e semplice violenza,
scontro irrazionale, sopraffazione immotivata, secondo la sequenza vis,
virus, virulenza, violenza.
In Italia Baudrillard era conosciuto da anni, fin da quando presso
Bompiani era apparso il suo Sistema degli oggetti, forse uno dei primi
allarmi, insieme con l’Industria culturale, tradotta dal Mulino, di Edgar
Morin, circa quella che nei primi anni del Novecento Max Weber aveva previsto come la «proletarizzazione dell’anima»; in altre parole, il prevalere
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degli oggetti materiali, ma anche delle comunicazioni manipolative e degli
stimoli emotivi e subliminali, sulla capacità di organizzare razionalmente i
dati dell’esperienza, e quindi di dominarli e piegarli alle esigenze di un
disegno globale. Seguendo un’indicazione solo apparentemente marxistica,
come del resto in Italia aveva tentato Ferruccio Rossi Landi con la linguistica concepita come un mercato di produzione e di consumo delle parole,
Baudrillard, ancor prima dell’Ordine del discorso di Michel Foucault,
aveva pubblicato una ingegnosa, se pur non sempre persuasiva, «politica
economica dei segni». La conferma più certa e riconosciuta della sua originalità doveva, tuttavia, offrirla nel «diario simbolico d’America», in parte
intessuto di cronache, ma specialmente ricco di intuizioni che addirittura
richiamano, più che il farraginoso American Vertigo di Bernard-Henri
Levy, il classico Alexis de Tocqueville, La democrazia in America, per non
citare l’antropologia e l’autobiografia onirica, per così dire, di Michel
Leiris.
FRANCO FERRAROTTI
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