pH Il fattore dimenticato della nutrizione

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pH Il fattore dimenticato della nutrizione
pH
Il fattore dimenticato della nutrizione
di Claudio Tozzi
(Autore del bestseller "La Scienza del Natural Body Building - metodo BIIO")
Come perdere grasso, stimolare l’ormone della crescita, aumentare i muscoli, togliere la
cellulite, prevenire diabete/malattie cardiovascolari e rallentare l’invecchiamento
semplicemente mangiando più cibi e acqua alcalini.
Un completo dossier sull’equilibrio acido-base, colpevolmente trascurato dalla medicina
ufficiale, che stravolgerà per sempre la vostra vita, il vostro allenamento e la vostra
alimentazione.
Da parecchi anni, la mia filosofia alimentare è quella derivata dallo studio
dell’alimentazione preistorica, cioè principalmente quella che l’uomo ha attuato
soprattutto da 2,4 milioni di anni a circa 10.000 anni fa, prima dell’introduzione
dell’agricoltura.
In pratica sono convinto che il nostro corpo sia settato geneticamente sulle abitudini
alimentari di caccia-raccolta seguite per milioni di anni, che poche decine di secoli di
agricoltura a cereali non hanno potuto cambiare, anzi !
Non a caso, le strategie alimentari che consiglio sempre, come Zona, Metabolica,
Gruppo Sanguigno, ABCDE e PaleoDiet, sia pure differenti tra di loro, seguono in fin
dei conti la stessa strada.
Con questo articolo aggiungo un nuovo tassello a questo mosaico che ritengo
fondamentale nel rapporto cibo/preistoria, e cioè l’equilibrio acido/base che il
nostro corpo deve avere per essere al massimo dell’efficienza.
Una prospettiva sempre colpevolmente trascurata dalla nutrizione ufficiale, che
invece potrebbe essere il vero anello mancante al raggiungimento della salute
ottimale, della lotta all’invecchiamento e al raggiungimento della perfetta
performance sportiva e forma fisica.
Non voglio tediarvi con complicate spiegazioni chimiche e infatti non lo farò, ma
sappiate che il nostro sangue deve avere un pH compreso tra 7,3 e 7,45.
Il pH è un valore che riflette il grado di acidità (o di basicità) di una soluzione.
Le sostanze sono definite acidi quando in soluzione tendono a liberare ioni idrogeno
(H+, cioè dei protoni, particelle dotate di carica elettrica positiva), mentre vengono
dette basi (o alcali) le sostanze che assumono gli ioni H+.
La scala del pH varia da 0 a 14, con 7 che rappresenta una soluzione neutra, mentre
via via che si va al di sotto del 7 la soluzione è sempre più acida, mentre al di sopra è
via via più alcalina.
L’organismo ha una ben precisa necessità di mantenere il pH entro limiti molto
stretti, perché i metabolismi sono regolati da enzimi che a loro volta sono dipendenti
dal pH. In pratica quando ingeriamo dei cibi o dei liquidi, a seconda se siano acidi o
alcalini, il nostro organismo reagisce a livello chimico per ristabilire l’equilibrio del
pH non solo per il sangue, ma anche in altri organi, sia pure con valori diversi.
Ma è qui che nasce il problema, perché questi valori sono stati settati durante i
milioni di anni di evoluzione in cui i nostri progenitori hanno consumato buone
quantità di frutta e verdura fresca, che essendo alcalini, riuscivano ampiamente a
compensare la componente acida che era data dalla carne e dal pesce.
Attualmente, invece, da cosa è composta la nostra dieta occidentale? Pane, pasta, riso,
formaggio, legumi e sale, tutti alimenti acidi, che si aggiungono a carne e pesce
sempre e solo acidi !
Per esempio, se mangiamo fuori casa un panino con prosciutto/formaggio/insalata,
accompagnato da una lattina di coca-cola (che può essere un tipico pranzo di un
lavoratore occidentale fuori casa), praticamente è un disastro di equilibrio acidobase. Il pane, il prosciutto, il formaggio sono acidi, il sale che contengono acidifica
ancora di più, la coca-cola è acidissima e la misera foglia di insalata alcalina viene
annientata per KO alla prima ripresa.
Quasi tutto il cibo che costituisce la dieta occidentale è acido; questo comporta
un eccesso di acidi nell'organismo e alla lunga può portare ritardi nello sviluppo
dei bambini, osteoporosi, perdita di massa muscolare, colesterolo, formazione di
calcoli renali, e molte altre conseguenze.
In pratica, nella classica dieta occidentale il 95% del cibo che ingeriamo è
acido e, secondo uno studio dell’Università della California, questa situazione alla
lunga può creare la cosiddetta acidosi metabolica cronica, che è riconosciuta
clinicamente, con effetti deleteri sul corpo, compresi ritardi nello sviluppo dei
bambini, perdita di massa muscolare e osteoporosi negli adulti, formazione di
calcoli renali e tantissimi altri problemi, probabilmente, che nemmeno immaginate
lontanamente.
Un articolo di Charles Poliquin su Olympian’s news (“Massimizzare il progresso con
l’acido cloridrico” – nov-dic.2006) poneva l’accento sulla cosiddetta ipocloridria,
cioè la carenza dell’acido cloridrico nello stomaco, che non permette la corretta
utilizzazione dei nutrienti e quindi anche della crescita muscolare.
Il canadese scriveva che negli Stati Uniti il 40-50% della popolazione soffre di
carenza di acido cloridrico, e di non aver visto un solo uomo sopra il 40 anni con
livelli normali di questa sostanza.
Alla luce dell’equilibrio acido-base questa incredibile situazione è spiegabile con il
fatto che il nostro corpo contrasta l’eccesso acido con delle sostanze alcaline dette
bicarbonati.
Il problema è che noi nasciamo con un alto tasso di elementi alcalini nel corpo ma
proprio a partire dai 40-45 anni i bicarbonati nel sangue cominciano a declinare, fino
ad arrivare a una perdita del 18% intorno ai 90 anni.
Il pH dello stomaco si deve mantenere attorno a 4 e quando il valore è più alto, per
compensare, l’organismo normalmente immette i bicarbonati, ma se questi sono più
bassi a causa dell’età, l’alcalinizzazione sarà compromessa e con essa la produzione
di acido cloridrico.
Quindi, se ci alimentiamo con troppi cibi acidi per tutta la vita, cioè con un
carico acido sovrafisiologico rispetto alla nostra storia evolutiva, questo può
portare alla perdita di massa muscolare/ossea e ad un abbassamento della
secrezione di ormone della crescita.
In pratica la stragrande maggioranza degli esseri umani starebbe soffrendo delle
conseguenze di una cronica acidosi metabolica indotta dalla dieta.
Il gruppo di lavoro della dottoressa Lynda Frassetto (Prof.ssa associata di clinica
medica, divisione di nefrologia, Università della California, S. Francisco, USA) ha
dimostrato che le diete acide contemporanee effettivamente producono un’acidosi
metabolica sistematica di basso grado nei soggetti adulti in buona salute e che il
grado dell’acidosi aumenta con l’età, rispetto al normale declino che si ha con
l’avanzare degli anni.
IL PROBLEMA DELLE SCORIE ACIDE
Non è finita qui, perché quando il nostro organismo non riesce a smaltire gli acidi, li
deposita dappertutto in molte forme, come acne e cellulite per esempio.
Per provare questa teoria ho fatto un piccolo esperimento con un mio collaboratore,
che aveva una forma importante e abbastanza diffusa di acne sulla schiena.
Gli ho fatto fare un bagno caldo basico, cioè facendogli aggiungere 100 grammi di
bicarbonato di sodio nella vasca piena, a circa 36-37 gradi, che ha permesso di
raggiungere un pH di circa 8,5 (simile a quello dell’acqua di mare).
Se veramente la sua acne era soltanto un deposito di acido, l’acqua alcalina calda
doveva forzatamente sciogliere l’accumulo ed eliminare così il problema.
Mi ha riferito che si è immerso nell’acqua e che dopo un quarto d’ora è dovuto uscire
perché si sentiva debolissimo, ma sulla schiena l’acne era quasi totalmente scomparsa
! Quello che non sono riusciti a fare anni di costose creme antiacne, è stato risolto in
15 minuti con una spesa di circa 10 centesimi di euro.
Il suo malessere era dovuto al fatto che l’acqua calda alcalina (quando laviamo i piatti
lo sporco si elimina meglio con l’acqua fredda o calda ?) aveva sciolto gli acidi
nell’organismo, che si sono poi riversati nel sangue.
Non a caso molte acque e fanghi termali sono alcalini.
Per cui, acne e cellulite possono essere causate da un eccesso di acidosi.
LATTE (E DERIVATI) PER LE OSSA… O NO?
L’incredibile è che se l’importanza dell’equilibrio acido-base fosse confermata su
queste basi, per esempio l’osteoporosi non sarebbe causata dal ridotto apporto di
latte e derivati ma, essendo cibi acidi, sarebbe addirittura una concausa stessa
della demineralizzazione ossea.
Latte e formaggi aggravano l'osteoporosi poiché sono acidi.
Questo perché, sempre secondo l’Università della California, non è affatto la carenza
di calcio che indebolisce il tessuto osseo degli anziani e delle donne in post
menopausa, ma invece è sempre l’alimentazione oggi più praticata: quella appunto
ricca di pane, di cereali, di proteine, latte e derivati e povera di frutta e verdura.
È una dieta talmente acidificante che corrode, in senso stretto della parola, i
tessuti, soprattutto muscoli e ossa.
Questa teoria nacque negli anni venti quando ci si accorse che i pazienti con
insufficienza renale tendevano facilmente a perdere densità ossea.
Tuttavia quando i medici prescrivevano loro alte dosi di bicarbonato, per cercare di
alleviare il dolore e l’acidità di stomaco derivanti dall’insufficienza renale, le loro
ossa gradualmente tendevano a ricostruirsi. Solo molto dopo, nel 1968, uno studio
dell’università di Harvard confermò che effettivamente l’alimentazione moderna
produceva troppi acidi che compromettevano la salute delle ossa.
Ma quali sono i meccanismi intimi del perché accade tutto questo, e come dobbiamo
comportarci ?
Come ho scritto all’inizio, il nostro corpo deve forzatamente mantenere il
propriopH sul valore di 7,3-7,45, cioè a dire neutro, con leggera prevalenza basica.
Ora, i reni scaricano sì nelle urine l’acido in eccesso, ma quando (soprattutto a causa
dell’alimentazione) il valore si abbassa al di sotto di 7,38, l’organismo è costretto a
rispondere in maniera più radicale e sottrae bicarbonato di calcio, fosfati e
ammoniaca alle ossa, per neutralizzare gli acidi e tornare in equilibrio.
In sostanza, le diete che producono acidi in eccesso possono provocare ogni
giorno il “prelievo” di 60 milligrammi di bicarbonato di calcio dallo scheletro.
Che significa perdere, in una decina d’anni, il 15% della propria massa ossea,
provocando così, l’osteoporosi.
La cosa incredibile è che i prodotti in assoluto più pericolosi, da questo punto di vista,
sarebbero proprio i formaggi più gustosi e rinomati come il parmigiano reggiano e i
grana in generale.
Secondo l’Istituto di Ricerca sulla Nutrizione Infantile di Dortmund, questo accade
perché si tratta di latticini per la cui produzione vengono proprio sottratti quei liquidi
che contengono le sostanze basiche che, in teoria almeno, contrastano ed equilibrano
quelle acide.
ACIDOSI E PERDITA DI MASSA MUSCOLARE
Ma l’alimentazione troppo acida può compromettere anche i nostri amati muscoli,
costruiti magari con anni di sacrifici e privazioni.
Questo perché l’acidosi accelera la perdita della glutammina, che può inficiare le
prestazioni in allenamento con un’ampia varietà di meccanismi.
Più acido è espulso con l’urina e più la massa muscolare perde glutammina.
Alla lunga questo processo depaupera il vostro patrimonio di massa muscolare e può
compromettere le performance sportive.
Non a caso una delle conseguenze più gravi dell’invecchiamento è la sarcopenia, che
è un termine coniato nel 1988 da Irwin Rosenberg dell’Università di Boston per
definire la perdita di massa e funzione muscolare con l’età.
Il muscolo è uno dei più importanti consumatori d’energia dell’organismo, non solo
perché rappresenta il 40% circa del peso corporeo ma anche per la capacità di
incremento del metabolismo.
Però a partire da un’età intorno ai 40/45 anni e con un incremento via via più alto,
perde la capacità di produrre e consumare energia agli stessi livelli di prima; questa
situazione è, sicuramente, il più importante fattore di accumulo di grasso corporeo in
eccesso. Senza contare gli effetti negativi anche sulla mobilità e sulla funzione
respiratoria; in pratica sulle capacità del soggetto anziano di gestire una vita
indipendente.
Questo è il perché ognuno di noi è destinato a perdere circa il 40% della sua massa
muscolare (la diminuzione è più evidente nei maschi che nelle femmine) con il
passaggio dell’età da 20 a 80 anni.
Per esempio, tutto questo porta a far sì che il 40% delle donne tra i 55-64, il 45% tra i
65-74 e il 65% tra i 75-84 anni non sia più in grado di sollevare un peso di 4-5 kg.
L'acidosi depaupera il patrimonio di massa muscolare, che perde così parte
della sua capacità di produrre e consumare energia. Questo costituisce il più
importante fattore di accumulo di grasso corporeo in eccesso.
Per evitare tutto questo sfacelo, occorre alimentarsi con un maggior equilibrio acidobase, e assumere cibi e acqua alcalini ,e magari degli integratori di glutammina, in
modo da incrementare l’ormone della crescita e limitare quindi questa “aminorragia”
che porta al decadimento fisico, come del resto è stato sperimentato in malati cronici.
Inoltre, come l’alanina, la glutammina può essere convertita in glucosio nel fegato e
può fornire una fonte supplementare di carboidrati durante un allenamento strenuo.
Quindi, livelli bassi di glutammina nel sangue sono un sintomo di overtraining ed
aumentano la probabilità di infezioni e di malattie respiratorie.
La maggior parte degli atleti di mezzofondo e fondo (800-1.500 m, 5.000-10.000
m) consuma soprattutto cibi come pasta, pane e riso (“perché sono la benzina
dei muscoli” loro dicono e infatti hanno ragione: li brucia !), tutti cibi acidi, che
compromettono seriamente le loro riserve della glutammina.
Del resto i maratoneti, obiettivamente, non sembrano esattamente l’emblema
della salute, letteralmente corrosi dagli acidi, magrissimi e emaciati, senza
l’ombra di muscoli tonici.
ALIMENTAZIONE MODERNA, IPERPROTEICA E BODYBUILDER
L’osteoporosi e la perdita di massa magra possono essere causate anche dal
consumo troppo elevato di carne, un’attività che riguarda moltissimo il mondo
del body building agonistico e non.
La carne, come del resto anche il formaggio e i cereali, è un cibo ricco di fosforo, che
il corpo trasforma in acido fosforico.
Negli ultimi quarant’anni l’assunzione di proteine produttrici di acido è aumentata del
50% nella popolazione normale, e molto di più nei bodybuilder.
Ma prima che vi venga un ictus pensando a quanto manzo/pollo/tacchino avete
mangiato, cercate di tranquillizzarvi subito.
Infatti il problema non risiede nella carne in sé, visto che anche i nostri antenati ne
mangiavano una enorme quantità, ma ovviamente veniva controbilanciata con
quantità altrettanto grandi di frutta e verdura, cosa che invece ai nostri giorni nei
paesi industrializzati generalmente tendiamo a non fare.
I bodybuilder per esempio utilizzano per lo più il riso, oppure (specialmente negli
USA, anche se si sta diffondendo anche da noi) avena, che sono dei cereali e quindi
sempre acidi.
Per esempio, l’acidosi che deriva da 100 grammi di manzo potrà essere compensata
da 125 grammi di cavolo o rapa, 800 grammi di piselli freschi e 200 grammi di
cavolfiore; quantità molto alte, lontane dal 90% della dieta media occidentale, ma che
nella preistoria erano comuni, visto che esistevano solo quei cibi e c’era poco da
scegliere.
Negli ultimi quarant’anni l’assunzione di proteine produttrici di acido è aumentata del
50% nella popolazione normale, e molto di più nei bodybuilder.
IL FATTORE DIMENTICATO: IL pH DELL’ACQUA PREISTORICA
La domanda nasce spontanea, e cioè se anche i liquidi troppo acidi possono dare
problemi.
Se andiamo a scavare nella nostra storia evolutiva scopriamo che gran parte
dell’evoluzione umana si è svolta attorno ai laghi della Rift Valley, specialmente in
uno in particolare: il Turkana.
Attorno a queste acque sono stati ritrovati i fossili di ben 6 tipi dei nostri antenati, tra
cui l’Homo Ergaster che sarebbe poi diventato Homo Sapiens, l’attuale e unica specie
umana.
Gran parte dell’evoluzione umana si è svolta attorno ai laghi della Rift Valley,
specialmente il Turkana, molto alcalino, con un pH di circa 9,5-9,7.
Anche i laghi vicini ad esso sono fortemente alcalini.
Ebbene, il Turkana è il lago alcalino più grande del mondo, a causa di un pH di circa
9,5-9,7, in cui ci siamo abbeverati (era, ed è tuttora, potabile, anche se l’acqua basica
non è buonissima) per milioni di anni. Un tempo immemorabile, che ha scolpito nei
nostri geni, e quindi nella chimica del nostro organismo, la richiesta del nostro corpo
di soli liquidi basici, in particolare l'acqua, per ottimizzare tutte le funzioni corporee.
Tra l’altro anche altri laghi della Rift Valley sono alcalini, come il Malawi (pH 8,28,9) e il Tanganika (pH 8,0-9,0) quindi non c’è possibilità di errore, anche perché il
pH più alto è proprio in superficie (dove ovviamente ci si abbevera), perché
l’anidride carbonica presente tende ad essere eliminata dal rimescolamento delle
acque.
Anche ai nostri giorni, la tribù degli Hadzabe in Tanzania, una delle ultime
popolazioni di cacciatori-raccoglitori rimaste nella Rift Valley (e anche nel mondo),
si disseta nel lago Eyasi, fortemente alcalino (9,4).
Niente vino o birra acidi, perché molti nostri progenitori pre-agricoltura erano
nomadi, quindi raramente si accampavano in un singolo posto abbastanza a lungo da
permettere la fermentazione dei frutti o altre parti di piante ricche di carboidrati in
etanolo o acido acetico (aceto), senza contare che ovviamente non distillavano
bevande altamente alcoliche.
Solo 10.000 anni fa (ma in certe zone dell’Europa meno di 6.000 e in certe zone del
mondo mai) l’agricoltura ha favorito la stanzialità e quindi l’uso di bevande alcoliche.
Un lasso relativamente breve per incidere sul nostro DNA, e infatti in genere il nostro
organismo reagisce molto male all’assunzione (a volte anche moderata) di alcool.
Ne è prova schiacciante il fatto che, per esempio, in Europa, circa un giovane su
quattro, di età compresa tra 15 e 29 anni, muore a causa dell’alcool, che rappresenta il
primo fattore di rischio di invalidità, mortalità prematura e malattia cronica tra i
giovani.
In Italia ogni anno un numero di persone compreso fra 17.000 e 42.000 muore per
cause alcol-correlate. In particolare sono legate all’alcol il 30-50% delle morti per
incidente stradale.
Quasi tutte le bevande, alcoliche e non, sono fortemente acide, e quindi se si
utilizzano abitualmente o addirittura se ne abusa, come purtroppo molte volte
succede, sommano la loro altissima acidità a quella del cibo, peggiorando
ulteriormente la nostra situazione di equilibrio acido-base.
Nell’ambito della fascia di età tra i 15 e i 24 anni, l’incidente stradale ha
rappresentato la causa del 46,2% del totale dei decessi rilevati nel 2002, con un dato
in aumento rispetto al 44,1% rilevato nel 2000. Inoltre, per i decessi da cirrosi
epatica, il 47,7 % per i maschi e il 40,7 % per le donne sono attribuibili all’alcool.
La Coca-cola, anch’essa acida, fu formulata solo nel 1886 a Atlanta, negli Stati Uniti
(nella prima versione conteneva anche estratti di coca, da qui il nome) e ancora più
recenti sono tutte le altre bevande come Fanta, Sprite, ecc: tutte molto acide.
Pongo l’accento specialmente sulla coca-light che è usata a ettolitri dai bodybuilder
agonisti di tutto il mondo per le sue capacità diuretiche con carico calorico irrisorio.
Se, per esempio, immergiamo un dente nella Coca-cola, si vedrà dal vivo quello che
abitualmente fanno le sostanze acide di nascosto all’interno del nostro organismo:
piano piano osserveremmo l’estrazione di fosfato e bicarbonato di calcio con la
conseguente completa disgregazione del dente.
Il collegamento tra Coca-cola e osteoporosi veramente era già stato notato, ma
alcuni studi (pubblicati anche su Olympian’s di maggio-giugno 2007) lo avevano
smentito.
In realtà era sbagliata la prospettiva, in quanto tra la comunità scientifica si pensa che
il problema sia solo il fosforo contenuto in queste bevande, ma in realtà
èl’acidificazione continua che provoca il consumo giornaliero di coca cola/pepsi
cola/fanta e altre bibite gassate, che assieme agli altri cibi acidi possono portare
oltre all’osteoporosi, anche a problemi cardiovascolari e diabete.
Lo so, potrebbero sembrare affermazioni un po’ forti, quasi pseudo-beppe-grillesche,
da chi odia le multinazionali del soft-drink, ma posso dirvi che tutto questo proprio
recentemente è stato certificato da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista
americana Circulation.
Nel luglio del 2007 il Dott. Ravi Dhingra e colleghi del Medical Center di Boston
hanno pubblicato le conclusioni di una ricerca durata quattro anni su un campione di
9.000 persone di mezza età, che hanno sottoposto a osservazione e a esami clinici per
tre volte: all’inizio, a metà e alla fine dello studio.
I dati che hanno raccolto sono oltremodo significativi.
In una “istantanea” scattata proprio all’inizio del periodo di studio, è risultato chele
persone abituate a consumare una o più bibite soft al giorno presentavano una
prevalenza della Sindrome Metabolica del 48% superiore a quella dei loro
coetanei che ne bevevano meno di una.
La Sindrome Metabolica, lo ricordo, è una pericolosa associazione di pressione alta,
obesità, livelli elevati di trigliceridi/colesterolo e di glucosio a digiuno, elementi
precursori di futuri problemi cardiovascolari e di diabete.
In particolare, viene definita “a rischio” Sindrome Metabolica la condizione di
pazienti che presentino associati tre o più dei seguenti sintomi:
- indice di massa corporea (rapporto esistente tra altezza e peso) superiore a 30;
- girovita superiore a 102 cm per gli uomini e a 88 cm per le donne;
- ipertensione arteriosa superiore a 130 (massima) e 90 (minima);
- glicemia a digiuno superiore a 110 mg/dl;
- colesterolemia superiore a 200 mg/dl;
- trigliceridi superiori a 150 mg/dl.
Nell’osservazione sul lungo periodo è inoltre risultato che, tra le persone che non
presentavano la Sindrome Metabolica all’inizio dello studio, quelle che consumavano
una o più bibite soft al giorno avevano un rischio di svilupparla nei quattro anni
successivi del 44% più alto di quello del gruppo che potremmo definire dei “non
bevitori” o dei “bevitori non abituali”.
I ricercatori americani non hanno pubblicato anche le loro opinioni del perché, ma la
cosa non è particolarmente sorprendente dal punto di vista dell’equilibrio acido-base
in quanto, per esempio, la Coca-Cola contiene acido fosforico in una
concentrazione di 325 mg/litro, che le conferisce un valore di pH di circa 2,5 che
è compreso tra quello dell’acido gastrico (pH =1,5) e quello dell’aceto (pH = 3,0).
La coca-cola è fortemente acida, con un pH di 2,5. E' quindi fortemente
acidificante.
In generale tutte le bibite sono acidificanti, anche quelle senza zucchero.
Va bene, ma non eravamo rimasti all’osteoporosi?
Cosa c’entrano i problemi cardiovascolari e il diabete con il pH ?
Andiamo per ordine… non ci sono certezze assolute in questo campo, ma andiamo ad
analizzare le ipotesi su cui si fondano gli studiosi dell’equilibrio acido-base in
rapporto alla singole problematiche della Sindrome Metabolica.
IPERTENSIONE
(detta anche “il killer silenzioso”, per la capacità di portare a problemi cardiovascolari senza avere dei sintomi particolari).
Il sangue che ha un pH più alto contiene molto ossigeno e inoltre è meno viscoso
(permette cioè di scorrere con minore resistenza sulle pareti vascolari) e quindi il
cuore non si deve sforzare nel suo lavoro, non deve pompare eccessivamente.
Se il sangue è più alcalino:
- contiene più ossigeno;
- è meno viscoso.
Ciò permette al cuore di non doversi sforzare eccessivamente per pompare il sangue.
E' possibile che gli ioni calcio presenti nell'acqua alcalina ionizzata rimuovano le
placche e il colesterolo accumulati sulle pareti arteriose, rendendo così più facile
il flusso sanguigno.
DIABETE
Il nostro organismo, per poter svolgere le sue normali funzioni, dalla sopravvivenza
di tutte le sue cellule all’attività fisica, necessita di energia, che viene fornita dalla
combustione di uno specifico carburante che è il glucosio.
Il glucosio, per poter essere utilizzato, ha bisogno dell’insulina che, come una chiave,
apre la porta delle cellule, consentendo al glucosio di entrarvi.
Se noi ingeriamo glucosio in eccesso rispetto ai bisogni, questo viene depositato nel
fegato come glicogeno e nelle cellule adipose sotto forma di trigliceridi: queste
costituiscono le riserve di carburante cui attingere in caso di digiuno.
Compito del pancreas, tramite l’azione dell’insulina, è quello di regolare il livello di
glucosio nel sangue.
Il pancreas delle persone non diabetiche, infatti, produce insulina giorno e notte (in
maggiore quantità però subito dopo i pasti), per mantenere i valori della glicemia a
livelli quasi costanti.
Avere il diabete significa che non viene prodotta una quantità sufficiente di insulina a
soddisfare le necessità dell’organismo, oppure che l’insulina prodotta non agisce in
maniera soddisfacente.
Il risultato in ogni caso è il conseguente incremento dei livelli di glucosio nel sangue
(iperglicemia).
Dal punto dell’acido-base, questa regolazione sbagliata dei livelli di insulina è
dovuta proprio ad una carenza di ioni calcio, alcalinizzanti, che conduce
progressivamente ad una corrosione acida delle isole di Langerhans, il gruppo di
cellule deputate proprio alla produzione di insulina.
Non solo ! L’eccessiva acidità del sangue permette il deposito di scorie
all’interno dei vasi sanguigni, impedendo un corretto lavoro del pancreas.
Questo ovviamente vale per chi ha il diabete di tipo II, quello che sopravviene dopo i
40 anni, in quanto in quello di tipo I il pancreas è danneggiato già dall’infanzia.
Il diabete di tipo II si può provare a migliorarlo alimentandosi con cibi più alcalini
e bevendo acqua alcalina ionizzata.
COLESTEROLO ALTO
L’eccesso di acidità nel nostro organismo spiegherebbe anche quello che è
considerato uno dei più grandi problemi della civiltà occidentale: l’eccesso del
livello di colesterolo nel sangue.
Come abbiamo visto, il sangue acido tende a legare a sé il calcio dello scheletro
per neutralizzare il pH troppo basso, ma il minerale dalle ossa può essere prelevato
solo molto lentamente, soprattutto in certi casi di acidità acuta che potrebbero essere
fatali.
Quindi c’è bisogno di depositi di calcio più vicini e soprattutto disponibili a cedere il
minerale in maniera più veloce, come per esempio le pareti dei vasi sanguigni.
Ma quando il calcio delle pareti vascolari viene utilizzato, viene rimpiazzato dal
colesterolo, una sostanza sempre presente e resistente all’acidità, al contrario del
calcio.
Il problema nasce, quindi, se il nostro organismo deve giornalmente combattere
con costanti livelli di acidificazione, perché è conseguentemente costretto a
produrre maggiori quantità di colesterolo per cercare di sostituire il calcio
utilizzato e proteggere le pareti dei vasi.
Una delle conseguenze più logiche è la classica arteriosclerosi, cioè un indurimento
(sclerosi) della parete arteriosa che compare con il progredire dell’età.
Questo indurimento arterioso è la conseguenza dell’accumulo di tessuto connettivale
fibroso a scapito della componente elastica, dovuto proprio al fatto che per mantenere
spessore e elasticità dei vasi sanguigni, il colesterolo, mescolato alle scorie acide
presenti nel sangue, viene depositato sulle pareti delle arterie.
È un altro meraviglioso stratagemma (purtroppo frainteso) del nostro
organismo, cioè quello di convertire gli acidi liquidi in acidi solidi, in modo che
non si possano disciogliere nel sangue e fare danno; colesterolo e acido urico
cristallizzato (responsabile di un altro problema, la gotta) sono un esempio di
queste scorie indurite.
La medicina ufficiale, quando vede valori alti di colesterolo e acido urico, tenta di
abbassarli con le medicine, non comprendendo che sono S.O.S. che il nostro
organismo sta lanciando, e che dicono essenzialmente: meno cereali e più
frutta/verdura e acqua alcalina ionizzata !
Con il tempo le scorie induriscono le arterie, rendendole piano piano sempre meno
elastiche, perdendo la loro capacità di mantenere fluido il sangue.
Così, alcune sostanze presenti nel sangue cominciano a depositarsi e danno l’avvio al
processo che porterà alla formazione della “placca”, un indurimento circoscritto della
parete del vaso.
Una volta formatasi, la placca tende ad accrescersi all’interno del vaso e a
restringerne progressivamente il calibro, riducendo, di conseguenza, l’apporto di
sangue, ossigeno e sostanze indispensabili alla vita di quei tessuti che l’arteria deve
nutrire.
Può accadere inoltre, che una placca, se particolarmente molle, si rompa ed i suoi
frammenti “embolizzino”, cioè, trasportati dal sangue, vanno a chiudere i piccoli vasi
situati più lontano.
È evidente quindi che alti livelli di colesterolo non sono il “diavolo”, ma una
risposta fisiologica e protettiva dell’organismo all’acidità, che quindi non va
combattuta con farmaci, ma semplicemente riequilibrando l’alimentazione,
mangiando più cibi alcalini, e bevendo acqua alcalina elettroenergetica ionizzata.
Il colesterolo alto è quindi solo una conseguenza e NON una delle cause primarie
dei problemi cardio-vascolari, e non ha quasi nessun valore l’assunzione di
alimenti specifici, visto che comunque l’80% è autoprodotto dall’organismo.
L’affermazione è pesante, visti i profitti delle sostanze anticolesterolo, le cosiddette
statine, che rappresentano i farmaci in assoluto più venduti nel mondo, con un
fatturato di circa 26 miliardi di dollari all’anno.
Proprio per questo ho cercato delle controprove, dei dati riguardanti le popolazioni
che ai nostri giorni attuano ancora la dieta paleolitica, cioè con un maggior apporto
alcalino nella loro dieta, come per esempio gli aborigeni in Australia, oppure i Kung
in Botswana (Africa) o gli Indios Yanomamo in Brasile.
Se la teoria dell’equilibrio-acido base fosse vera, tutte queste popolazioni devono
avere per forza livelli di colesterolo modesti, in quanto non hanno eccessi acidi da
smaltire con il calcio osseo.
In effetti è proprio così, dato che le analisi su questi arcaici cacciatori-raccoglitori
hanno confermato che i loro livelli di colesterolo e anche di pressione sanguigna sono
bassissimi.
Vorrei sottolineare che il record del colesterolo più basso del mondo (assieme ai
pigmei dello Zaire) è proprio ad appannaggio degli Hadzabe, che, ricordo, è la tribù
della Tanzania che ancora beve una delle acque più alcaline del mondo, quella del
lago Eyasi.
STRESS MENTALE E ACIDITÀ
Sappiamo bene che uno dei mali della nostra civiltà moderna è l’alto grado di stress a
cui ci si sottopone.
Auto, moto, televisione, radio, telefoni, telefonini, computer palmari e email hanno
migliorato il nostro modo di vivere, ma anche incrementato a dismisura la quantità di
informazioni che il nostro cervello deve sopportare, a cui si aggiungono le
responsabilità del lavoro e della famiglia.
Quando siamo continuamente sotto stress, tendiamo a bruciare molti nutrienti in un
tempo molto ridotto, oppure, al contrario, non riusciamo ad utilizzare in modo
efficiente il cibo.
In tutti e due i casi si producono più acidi di quelli che il nostro organismo è in grado
di eliminare; quindi, una condizione di stress troppo prolungata può accelerare, e di
molto, l’invecchiamento.
Lo stress mentale continuo è molto peggiore dello stress fisico, proprio perché non
prevede momenti di pausa per smaltire l’acidità; e aumenta così la probabilità di
andare in depressione.
La storia è piena di uomini e donne, magari di potere che, implicati in vicende
giudiziarie e messi in prigione, nel giro di qualche anno sono prima rapidamente
invecchiati, ammalati e morti: lo stress (e quindi l’alto livello di acidi) del cadere
“dalle stelle alle stalle” li ha dapprima consumati e poi uccisi.
Emblematico il caso del giornalista e conduttore televisivo Enzo Tortora, che negli
anni ottanta era all’apice del successo, grazie allo straordinario ascolto della sua
trasmissione “Portobello” (raggiunse i 28 milioni di spettatori), madre di almeno la
metà delle attuali trasmissioni televisive.
Nel 1983 venne arrestato in diretta televisiva, manette ai polsi e sbattuto in cella,
accusato da alcuni pentiti di essere un camorrista che spacciava droga; venne
condannato a 10 anni di carcere.
Dopo anni di calvario giudiziario si scoprì che i personaggi che avevano fatto il suo
nome si erano inventati tutto e venne assolto con formula piena nel 1986.
Nel 1987, 4 anni dopo, ero, come tanti, davanti alla TV per guardare la prima puntata
che riapriva “Portobello” e vidi apparire un uomo invecchiato di almeno 15 anni,
capelli molto più bianchi, spento, distrutto, l’ombra del brillante conduttore che era.
Morì un anno dopo, nel 1988, stroncato da un tumore. Fu una delle più grandi
ingiustizie alla quale abbia mai assistito.
Quando siamo sotto stress produciamo più acidi di quelli che il nostro organismo
è in grado di eliminare, quindi una condizione di stress troppo prolungata può
accelerare, e di molto, l’invecchiamento.
UOMINI, DONNE, CAPELLI E ACIDITÀ
I capelli bianchi e anche le calvizie possono dipendere dall’acidità, la quale
comunque è collegata al diverso metabolismo che hanno uomini e donne.
Fateci caso, trovare delle donne calve, o anche con alopecia (cioè perdita di capelli a
chiazze) e con i capelli bianchi è molto raro, mentre negli uomini, al contrario, sono
problemi molto comuni: perché ?
La spiegazione risiederebbe nel fatto che solo la donna ha un antichissimo sistema
che smaltisce l’eccesso di acido una volta al mese: il ciclo mestruale.
In questo modo l’organismo femminile non deve attingere alle riserve dei minerali
per neutralizzare gli acidi, cosa che invece è costretto a fare l’uomo, prelevando
calcio, sodio, potassio, magnesio, zinco che sono depositati anche nel cuoio
capelluto.
Sembra che proprio i capelli siano i primi ad essere utilizzati in questo frangente.
Noi uomini, se mangiamo per decenni troppi cibi acidi e magari viviamo anche
una vita perennemente sotto pressione, depauperiamo la vera e propria miniera
di minerali anti-acidi che è la nostra chioma e, magari assieme a motivi genetici,
provochiamo la caduta progressiva dei capelli e/o il loro ingrigimento.
Nella donna tutto questo non succede, perché l’accumulo acido viene smaltito
mensilmente con il sangue del ciclo mestruale, il che spiegherebbe perché le donne
prima del ciclo sono… intrattabili !
Hanno ragione, perché proprio nei giorni immediatamente precedenti al ciclo si
accumula nel loro organismo l’acidità di un intero mese, che le rende particolarmente
irritabili: insomma sono acide… nel senso letterale della parola !
A scanso d’equivoci, quando le donne sono in “quei giorni” cerco comunque di
starmene lontano !
Tutte le battute popolari sulle donne mestruate, alla luce dell’equilibrio acidobase sembrano quindi avere un fondamento scientifico.
Del resto, la donna inizia a perdere i capelli solo quando ha 65-70 anni, cioè dopo 1525 anni la menopausa (fine del ciclo mestruale), un evento che la rende, dal punto di
vista del metabolismo di smaltimento dell’acidità tissutale, oramai uguale all’uomo.
Solo che l’organismo maschile è abituato da tutta la vita a smaltire gli acidi, mentre la
donna ha solo il ciclo che, una volta cessato, la rende improvvisamente molto più
vulnerabile a problemi come l’osteoporosi (guarda caso): ne soffrono otto volte più
dell’uomo.
Un altro indizio a sostegno di questa teoria è il fatto che le donne in menopausa
soffrono delle cosiddette “vampate di calore”, che altro non sarebbero che uno
straordinario stratagemma evolutivo, perché l’aumento di temperatura è uno
dei metodi per sciogliere comunque gli acidi accumulati nell’organismo.
Ne sarebbe controprova il fatto che l’orario in cui c’è il picco di vampate è
comunemente attorno alle 18:30, solo 30 minuti prima di uno dei massimi picchi di
flusso acido corporeo, cioè le 19:00.
IL CICLO… MASCHILE
Nell’uomo tutto questo ovviamente non succede, ma in caso di iperacidità il nostro
corpo predispone un surrogato del ciclo femminile e cioè le emorroidi.
Infatti, dal punto di vista acido-base, il sanguinamento dei vasi del canale anale
non è un altro che un ulteriore sfogo d’emergenza delle scorie acide che il nostro
organismo predispone, nel caso non riesca a farlo con gli usuali normali metodi
predisposti (sudore, respirazione, urina).
Non a caso l’incidenza delle emorroidi è soprattutto a carico della popolazione
maschile, casualmente soprattutto dopo i 40 anni, cioè proprio quando, come
abbiamo già detto, i bicarbonati nel sangue cominciano a calare.
Quindi è un errore madornale intervenire chirurgicamente per chiuderle, in
quanto si blocca pericolosamente un canale, peraltro di emergenza, di
eliminazione degli acidi tossici.
Bisogna invece intervenire con l’alimentazione, eliminando i cibi acidi eingerendo
molta acqua alcalina ionizzata.
CELLULITE
Prima che il ciclo mestruale smaltisca gli acidi, questi tuttavia si accumulano
nell’organismo femminile in tre zone ben specifiche e cioè sangue/linfa, placenta e
bacino/ cosce/ glutei/ braccia.
Se l’alimentazione e lo stile di vita sono in buon equilibrio acido-base, l’organismo
normalmente accumula scorie acide solo nei primi due depositi, cioè sangue/linfa e
placenta.
Ma se l’apporto acido è in eccedenza, associato magari con una maggiore
predisposizione genetica, le scorie vengono depositate, anche a più strati, anche nella
zona d’emergenza 3, il famigerato blocco cosce/glutei: ecco così la cellulite.
Per questo motivo il bodybuilding è stato sempre sconsigliato per la cellulite, in
quanto l’acido lattico prodotto con l’allenamento, in effetti, potrebbe aggiungersi alle
altre tossine accumulate e peggiorare così la situazione.
In realtà non è così, perché se questo fosse vero sui palchi delle gare di cultura fisica
vedremmo una sfilata di donne cellulitiche, cosa che non mi risulti che accada, anzi
sono atlete dalla forma eccezionale. Questo perché l’allenamento con i pesi aiuta a
smaltire le scorie, in quanto mette in movimento i liquidi (limitandone così il ristagno
e l’accumulo) con la cosiddetta “pompa muscolare”.
Non dimentichiamo poi che la cultura fisica è un programma integrato che prevede
anche una alimentazione accurata, che nel pre-gara è anche ipocalorica, che non
permette quindi grande accumulo di scorie.
Al contrario, il “gluteo moscio” (cioè la diminuzione del volume muscolare che
determina la caduta del gluteo), comprime i tessuti della coscia, con una fuoriuscita
laterale di un eccesso tissutale a livello della faccia alta-esterna della coscia.
I buchetti sulla pelle che si vedono quando si è in piedi sono proprio dovuti ad un
gluteo decisamente poco allenato. Questi buchetti dovuti ai tessuti soprafasciali
tendono a cadere per gravità e stirano i filamenti connettivali che normalmente li
tengono aderenti ai muscoli.