Consulta il testo - Il Diritto Amministrativo

Transcript

Consulta il testo - Il Diritto Amministrativo
www.ildirittoamministrativo.it
NOTA A CORTE DI CASSAZIONE – SECONDA SEZIONE CIVILE
SENTENZA 17 ottobre 2013 – n. 23591
A cura di Filippo Mauro
Sulla nullità del contratto preliminare avente ad oggetto la vendita di un immobile irregolare dal
punto di vista urbanistico
Massima
Il contratto preliminare avente ad oggetto la vendita di un immobile irregolare dal punto di vista
urbanistico è da considerare nullo per contrarietà alla legge, trattandosi di questione che non può
trovare rimedio nella disciplina dell’inadempimento.
Sommario: 1. Premessa – 2. Svolgimento del processo – 3. Giurisprudenza precedente – 4.
Decisione – 5. Considerazioni finali.
1. Premessa
La sentenza in epigrafe segna un interessante arresto giurisprudenziale che si contrappone
all’indirizzo prevalentemente seguito dalla Corte di legittimità con riferimento alle conseguenze
dell’alienazione di immobili affetti da irregolarità urbanistiche non sanate o non sanabili, fino ad
ora risolta sul piano dell’inadempimento.
2. Svolgimento del processo
Per quanto ai nostri fini rileva, parte attrice instaurava il giudizio per sentir dichiarare la nullità di
un contratto di compravendita immobiliare ai sensi degli artt. 17 e 40 della legge 28 febbraio 1985
n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria delle opere edilizie), e 15 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 (Norme per la edificabilità
dei suoli), oltre che per illiceità dell’oggetto; in subordine chiedeva l’annullamento del contratto
stesso per errore essenziale, determinato anche da dolo dei venditori, i quali avevano falsamente
dichiarato la legittimità della costruzione; in via ancor più gradata si agiva per la risoluzione del
contratto, per inadempimento di non scarsa importanza, essendo stato trasferito aliud pro alio.
1
www.ildirittoamministrativo.it
Con sentenza del Primo marzo 2003 il Tribunale di Benevento respingeva la domanda di nullità
dell’atto di vendita, essendo stata ritualmente indicata la licenza edilizia in base alla quale il
fabbricato era stato costruito, non rilevando ai fini della validità dell’atto stesso la difformità
riscontrabile nell’unità venduta rispetto alla licenza.
Si riteneva, invece, sussistente l’errore determinante, peraltro comune alle parti, su una qualità
essenziale dell’immobile, e pertanto il giudice di prime cure annullava l’atto, senza disporre il
risarcimento del danno.
Nel processo d’appello intentato dai danti causa, questi ultimi nuovamente rilevavano: di non aver
dichiarato il falso, avendo invece indicato il titolo di provenienza del bene, le relative concessioni
edilizie e il certificato d’abitabilità; nonché la condonabilità dell’opera.
La Corte d’appello di Napoli rigettava la domanda incidentale di nullità dell’atto, formulata dagli
appellati ai sensi del citato art. 15 della legge cosiddetta Bucalossi oltre che a fronte dell’illiceità
della causa e dell’oggetto. Dall’esistenza della licenza edilizia relativa allo stabile condominiale, la
Corte aveva inferito che la trasformazione del sottotetto in mansarda costituiva una semplice ipotesi
di difformità dell’opera. Sotto il profilo della nullità ex art. 1418, c.c., comma secondo, si osservava
invece come potesse definirsi illecita l’attività di costruzione in assenza di licenza, ma non anche la
vendita del manufatto realizzato in violazione della disciplina.
La Corte accoglieva l’appello principale, non avendo gli acquirenti fornito in primo grado la prova
dell’essenzialità dell’errore, non potendosi ravvisare quest’ultima nella non conformità del bene al
progetto approvato, essendo invece indispensabile la dimostrazione che il bene non fosse idoneo ad
assolvere alla funzione abitativa per la quale era stato acquistato, qualità, quest’ultima, del tutto
sussistente ad avviso della Corte.
Formulati sei motivi per il ricorso in Cassazione, l’istanza degli acquirenti viene accolta sulla base
dei primi due, ritenuti assorbiti gli altri.
Veniva dedotta la violazione e o la falsa applicazione degli artt. 15 l. n. 10/1977 e 17 e 40 l. n.
47/1985, non potendosi qualificare la realizzazione della mansarda alla stregua di una mera
difformità edilizia, in considerazione del fatto che tale unità costituiva l’oggetto esclusivo del
contratto di vendita.
Su questa base veniva emarginato anche il secondo motivo di ricorso, lamentando gli acquirenti la
mancata valutazione nel merito dell’appello incidentale. Prendendo le mosse dalla ratio ispiratrice
della l. n. 47/1985, volta a contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio, si chiedeva alla Corte
di legittimità se oltre alla nullità formale, espressamente sancita dalla normativa, non fosse a
maggior ragione ipotizzabile la nullità dell’atto di vendita avente ad oggetto un immobile abusivo,
recante gli estremi di una concessione fittizia o non corrispondente al bene.
2
www.ildirittoamministrativo.it
3. Giurisprudenza precedente
Come rilevato in premessa, la giurisprudenza di legittimità, sino alla pronuncia in oggetto, ha
sempre risolto la questione relativa alla vendita di beni immobili realizzati in violazione della
disciplina urbanistica, non sanati o non sanabili, sul piano dell’inadempimento.
La seconda sezione civile, sul punto, cita un numero consistente di precedenti, variamente riferiti a
contratti preliminari ovvero definitivi.
Segnatamente, la sentenza 24 marzo 2004, n. 5898, afferma che il difetto di regolarità sostanziale di
un bene non rileva di per sé ai fini della validità dell’atto di trasferimento, ma trova rimedio nella
disciplina dell’inadempimento. Si esclude per questa via la nullità del contratto che riporti
l’indicazione della licenza, della concessione edilizia (pur ottenuta in sanatoria), della domanda di
concessione in sanatoria corredata dalla prova dell’avvenuto versamento dei primi due ratei
dell’oblazione, ovvero della dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione
dell’opera è iniziata anteriormente al Primo settembre 1967 (evincibile pure da un atto separato),
anche qualora le informazioni non siano conformi al vero.
La sentenza 5 luglio 2013 n. 16876 pur considerando interessante la tesi della nullità sostanziale,
alla luce dei canoni ermeneutici legali, afferma l’impossibilità di interpretare il testo normativo
secondo un significato che prescinda o ecceda dall’espressione formale, e la necessità di considerare
il carattere tassativo delle ipotesi di nullità previste. 1
La sentenza 7 settembre 2005 n. 26970 ha affermato che la nullità ex artt. 17 e 40 l. n. 47/1985
assolve alla funzione di tutela dell’affidamento, sanzionando specificamente la violazione di un
obbligo formale.
La sentenza in esame passa successivamente a considerare altre pronunce, delle quali reputa la linea
interpretativa non del tutto chiara.
In particolare, la sentenza 18 settembre 2009 n. 20258, dopo aver affermato, in sintonia con quanto
sin ora osservato, l’irrilevanza del difetto di regolarità sostanziale del bene ai fini della validità
dell’atto, aggiunge che la nullità assoluta, ai sensi dell’art. 1418 c.c., stabilita dalla l. n. 47/1985
1
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la nullità di cui ai citati artt. 17 e 40 della prima legge sul
condono edilizio, essendo espressamente prevista dalla legge, non rientrerebbe nella previsione del comma primo
dell’art. 1418, c.c. (il quale costituisce un’ipotesi di invalidità cosiddetta virtuale che va desunta dall’esigenza di
salvaguardia di un interesse generale, e impone all’operatore di indagare su quale sia il bene giuridico tutelato) bensì
dell’ultimo. In antitesi, secondo la dottrina, pur a fronte delle espresse previsioni di nullità, l’interprete deve comunque
ricercare l’interesse concretamente protetto dalla disposizione e considerare le conseguenze, anche in caso di osservanza
delle prescrizioni documentali, di un’effettiva lesione di tale interesse. Si è osservato in particolare che la ragione della
scelta legislativa di accettare la sufficienza di una documentazione non rilasciata dall’autorità, ma semplicemente
riferibile alle dichiarazioni o allegazioni dell’alienante, risponde unicamente alla necessità di non rallentare la
contrattazione immobiliare, ma tale documentazione non può non rappresentare un presidio posto a garanzia della
regolarità urbanistica del bene.
3
www.ildirittoamministrativo.it
all’art. 40, riguarda gli atti di trasferimento immobiliari relativi a costruzioni risultanti non in regola
con la normativa edilizia.
4. Decisione
La suprema Corte modifica l’orientamento sin ora adottato, motivando la propria decisione sulla
base di considerazioni di carattere logico, nonché della formulazione testuale del citato art. 40.
Ad avviso del Collegio, sotto il primo profilo motivazionale, la disciplina positiva si porrebbe
apertamente in contrasto con l’obiettivo del legislatore stesso del 1985 di rendere incommerciabili
gli immobili irregolari, ove, a fronte della nullità prevista per la mancanza dei requisiti formali
dell’atto anche con riferimento a immobili regolari o per i quali è in corso la procedura di
regolarizzazione, l’inserzione nel contratto di dati non veritieri e relativi a immobili non regolari
consentisse, invece, un valido trasferimento, rispetto al quale agli interessati spetterebbe solamente
la tutela dell’azione d’inadempimento.
Una simile ricostruzione, osservano i giudici di piazza Cavour, consentirebbe addirittura alle parti
di accordarsi al fine di eludere i precetti normativi, concludendo una transazione per effetto della
quale il compratore rinunzi all’azione ex art. 1497 c.c. per mancanza nel bene delle qualità
promesse o essenziali per l’uso cui era destinato. 2
Si rileva, inoltre, come la normativa del 1985 tenda all’instaurazione di un regime più rigoroso di
quello introdotto dall’art. 15 l. n. 10/1977, che contemplava la nullità degli atti aventi ad oggetto
unità edilizie costruite in assenza di concessione (nullità sostanziale), qualora da essi non risultasse
che l’acquirente fosse a conoscenza di detta mancanza.
È di palmare evidenza, tuttavia, che l’intento di stabilire una maggiore severità della disciplina non
troverebbe di certo riscontro nel rimedio dell’inadempimento. 3
Circa il secondo profilo motivazionale, incentrato sulla lettera dell’art. 40, comma secondo, la Corte
- riscontrata la non perfetta formulazione della norma - ritiene comunque di poterne desumere il
principio generale della nullità sostanziale degli atti di trasferimento relativi a immobili non in
regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunge una nullità di carattere formale in caso di
2
La sanzione civile della nullità negoziale, che in questa sede ci occupa, viene introdotta solo successivamente alle
sanzioni penali (cfr. art. 41 l. n. 1150/1942) e amministrative (si pensi alla rimozione del manufatto abusivo o
all’acquisizione gratuita dello stesso al patrimonio comunale, di cui all’art. 15 della legge Bucalossi); essa risponde
chiaramente a un’esigenza di efficacia operativa nel preservare la conformazione del territorio, incidendo direttamente
sull’interesse speculativo dei privati, e raccordando ulteriormente la proprietà a quei vincoli pubblicistici che derivano
dall’art. 42 della Costituzione.
3
La norma appariva alquanto criticabile in punto di logica giuridica, posto che unico requisito di validità dell’atto era la
dichiarazione di scienza dell’acquirente, a nulla rilevando che l’immobile fosse oggettivamente il prodotto di un’attività
illecita. Nella vigenza dell’art. 15 iniziarono i primi tentativi, da parte della giurisprudenza di merito, di far valere ex se
la nullità dell’atto per contrarietà a una norma imperativa, essendo l’oggetto del negozio un bene frutto di reato;
l’affermazione fu tuttavia criticata, dovendosi tenere su piani distinti l’attività illecita di costruzione, e la successiva
commercializzazione.
4
www.ildirittoamministrativo.it
trasferimento di immobili in regola con la normativa stessa, o per i quali la regolarizzazione sia in
corso, qualora dette circostanze non vengano indicate nell’atto.
Ad ulteriore conferma della correttezza dell’interpretazione seguita, la Corte pone l’accento sul
comma terzo dell’art. 40. La disposizione prevede, anche ad iniziativa di una soltanto delle parti, la
possibilità di confermare l’atto nullo nel quale la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti non
sia dipesa dall’insussistenza ovvero dall’inesistenza dei requisiti di legge al tempo in cui l’atto
stesso fu stipulato. Consentendo l’atto di conferma, l’ordinamento intende privilegiare la realtà
rispetto all’apparenza; e dall’istituto è similmente deducibile che la nullità in esame non persegue
un interesse puramente formale ma sostanziale.
Dopo aver riconosciuto il carattere sostanziale della nullità degli atti di trasferimento relativi a
immobili non in regola con la normativa urbanistica, il supremo Collegio giunge a considerare nulli
anche i contratti preliminari di vendita concernenti fabbricati affetti dalle medesime irregolarità.
4
La Corte sembra superare la formulazione dell’art. 40, comma secondo, sulla base di una
considerazione di natura logica. Il riferimento letterale normativo ai soli atti di trasferimento, dotati
pertanto di efficacia reale immediata, non escluderebbe l’invalidità dei contratti preliminari che
abbiano ad oggetto la stipulazione di un atto nullo.
La nullità del contratto ad effetti obbligatorî deriverebbe dalla contrarietà alla legge; la fattispecie si
inquadra nell’ipotesi di cui all’art. 1418, comma primo, ove la norma imperativa violata è quella
concernente l’incommerciabilità degli immobili non in regola con la disciplina urbanistica.
5. Considerazioni finali
La sentenza esaminata, prende le mosse dall’affermazione del rigore che informa la nullità di cui
agli artt. 17 e 40 della prima legge sul condono edilizio 5, estendendola dal piano esclusivamente
formale anche a quello sostanziale, garantendo così maggiormente anche il prevalente interesse
pubblico all’incommerciabilità delle costruzioni abusive o totalmente difformi. Dalla decisione è
inoltre evincibile la propensione all’ampliamento della tutela riconosciuta all’affidamento
dell’acquirente, i cui margini vengono fissati ben oltre i limiti finora rinvenuti dalla giurisprudenza,
anche in chiave anticipata, e dunque rispetto al negozio preliminare.
4
La stessa sezione seconda, con la sentenza 5 ottobre 2012 n. 17028, mantiene sul tema un orientamento del tutto
contrario, prevedendo la sola possibilità di risolvere il preliminare per inadempimento. La nullità per l’omissione delle
dichiarazioni o allegazioni sanziona specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore. Da
ciò si fa conseguire che, in presenza delle dichiarazioni o allegazioni, nessuna invalidità deriva al contratto dal difetto di
regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche.
5
Alla data in cui si scrive l’art. 40 è ancora in vigore, laddove l’art. 17 è confluito senza sostanziali modifiche nell’art.
46 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia).
5
www.ildirittoamministrativo.it
A quest’ultimo riguardo, la statuizione della Corte appare ragionevole con riferimento alla
situazione degli immobili non sanabili, ovvero in prospettiva della possibilità di ottenere una
pronuncia ex art. 2932, c.c., determinante il passaggio dall’effetto obbligatorio del preliminare a
quello reale del definitivo, imposto dalla sentenza costitutiva dell’obbligo di contrarre; potrebbe
tuttavia sollevare alcune perplessità relativamente a beni sanabili, in considerazione del carattere
obbligatorio del preliminare, essendo astrattamente possibile pervenire in seguito alla stipulazione
di un contratto definitivo del tutto valido. La stretta connessione logica, operata dalla Corte, tra gli
effetti del contratto definitivo e quelli del contratto preliminare, pur alla luce dell’attuale tesi
prevalente del cosiddetto doppio contratto preliminare 6, non si ritiene possa esse tout court
condivisibile.
6
La teoria, accolta dalla Corte di cassazione a sezioni unite fin dalla sentenza 25 febbraio 1985, n. 1720, attribuisce
all’istituto non soltanto valore di promessa di consensi, ma anche di promessa di prestazioni finali già concretamente
determinate.
6