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PARTE TERZA
GLI ATTI E LE PATOLOGIE DEGLI ATTI
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1. Quali sono gli atti ed i provvedimenti del giudice? - 1bis. Cosa s’intende per procedimento in camera di Consiglio? - 1 ter. In quali ipotesi sussiste l’obbligo di declaratoria
di cause di non punibilità? - 1 quater. L’obbligo dell’immediata declaratoria delle cause
di non punibilità ex art. 129 c.p.p. è applicabile nelle indagini preliminari?
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2. Quali sono le patologie degli atti processuali? - 2 bis. Quali sono le ipotesi di nullità
contemplate nel codice di rito? - 2 ter. Qual è il regime giuridico delle nullità assolute?
- 2 quater. Qual è il regime giuridico delle nullità relative? - 2 quinquies. Qual è l’efficacia dell’atto nullo? - 2 sexies. Quali nullità sono sanabili? - 2 septies. Quali sono gli
effetti della dichiarazione di nullità?
se
3. Qual è la differenza tra termine perentorio, ordinatorio e dilatatorio? - 3 bis. Quando
è ammessa la restituzione nel termine? - 3 ter. Di quali atti processuali è consentita la
pubblicazione e qual è il termine per la pubblicazione?
Es
4. Quali sono le ipotesi di nullità delle notificazioni? - 4 bis. Quali sono le ipotesi di
sanatoria delle nullità delle notificazioni, citazioni ed avvisi - 4 ter. Qual è l’organo che
provvede alle notificazioni? - 4 quater. Quando viene emesso il decreto d’irreperibilità
dell’imputato?
©
1. Quali sono gli atti ed i provvedimenti del giudice?
Riferimento normativo: articoli 125-133 c.p.p.; articolo 111 Cost.
ht
Elenco caratteristiche: indicare quali sono i provvedimenti del giudice (sentenza, ordinanza, decreto), soffermandosi sulla diversa funzione esplicata dagli stessi
ed il differente regime giuridico.
ig
Altri elementi essenziali: precisare che mentre per la sentenza e l’ordinanza sussiste sempre un obbligo di motivazione a pena di nullità, per i decreti sussiste l’obbligo solo nell’ipotesi in cui la motivazione sia espressamente prescritta dalla legge.
yr
Domande consequenziali: procedimento in camera di consiglio; declaratoria
di cause di non punibilità; applicabilità dell’art. 129 c.p.p.
op
Articolazione della risposta
C
I provvedimenti del giudice assumono la denominazione di sentenza, ordinanza e decreto (art. 125 c.p.p.).
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Gli atti e le patologie degli atti
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La sentenza è il provvedimento che esaurisce il rapporto processuale o
una fase di esso; l’ordinanza è il provvedimento con cui il giudice risolve
questioni incidentali o singoli punti relativi allo sviluppo dell’iter
processuale (ad es. con l’ordinanza si delibera sull’ammissione dei mezzi
istruttori, vengono adottate le misure cautelari); il decreto è un tipo di
provvedimento di contenuto vario.
La legge stabilisce le ipotesi in cui il provvedimento debba assumere una
forma in luogo di un’altra (principio di tipizzazione delle forme ex art.
125, co. 1, c.p.p.) e, solo laddove non sia espressamente imposta una forma, l’atto del giudice potrà essere adottato senza alcuna formalità e, se non
stabilito diversamente, anche oralmente (art. 125, co. 6, c.p.p.).
Mentre per le sentenze e per le ordinanze vige l’obbligo di motivazione
a pena di nullità, per i decreti non occorre la motivazione, salvo le ipotesi
in cui sia espressamente prescritta dalla legge.
L’obbligo di motivazione trova copertura costituzionale nell’art. 111 solo per le sentenze,
mentre per le ordinanze è previsto solo a livello di normazione ordinaria, dal co. 3 dell’art.
125 c.p.p.
Es
Altra differenza tra decreto ed ordinanza è data dal fatto che di norma il
decreto è irrevocabile, mentre l’ordinanza è revocabile.
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Le sentenze possono essere di natura procedurale oppure di merito. È procedurale la
sentenza che rileva un difetto nell’iter procedimentale, tale da impedire di pervenire ad una
pronuncia nel merito (ad es. sentenza che dichiari il difetto di giurisdizione o di competenza, che dichiari il non luogo a procedere); è, invece, di merito la sentenza che attiene alla
fondatezza dell’azione penale esercitata, cioè quella pronuncia che verifica la sussistenza
degli elementi necessari e sufficienti a ritenere accoglibile o meno la pretesa punitiva (sentenze di assoluzione e di condanna).
ig
La sentenza, ai sensi dell’art. 111, co. 7, Cost è sempre ricorribile per
Cassazione.
1 bis. Cosa s’intende per procedimento in camera di Consiglio?
C
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Il procedimento in camera di consiglio, disciplinato dall’art. 127 c.p.p. è
quel modello procedimentale con cui il giudice delibera in
contradditorio tra le parti, ma senza la presenza del pubblico.
La procedura prevede che all’udienza non pubblica hanno facoltà di partecipare sia i difensori delle parti private sia il PM. Fino a cinque giorni
prima dell’udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.
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Parte Terza
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L’udienza è rinviata se sussiste legittimo impedimento dell’imputato o del
condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia
detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice.
Il giudice provvede ai sensi dell’art. 127 c.p.p. con ordinanza, ricorribile in
Cassazione e tale ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza a meno
che il giudice che l’ha emessa disponga diversamente con decreto motivato.
Occorre però evidenziare che vi sono casi in cui il giudice, pur deliberando
in camera di consiglio secondo la procedura di cui all’art. 127 c.p.p., adotta la decisione con sentenza: è il caso previsto dall’art. 599 c.p.p., quando
motivo di gravame non è la richiesta di assoluzione dell’imputato, ma la
parte propone appello esclusivamente per quanto riguarda la specie o misura della pena, applicabilità delle circostanze generiche, sanzioni sostitutive, sospensione condizionale della pena, non menzione della condanna,
ma è anche il caso dell’appello a seguito di abbreviato.
Il procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 127 c.p.p. contiene
dunque una disciplina generale, che può essere derogata da specifiche forme di procedimenti in camera di consiglio.
Es
Basti pensare alle ipotesi appena riportate, che vedono quale atto conclusivo la sentenza in luogo
dell’ordinanza oppure occorre riferirci al procedimento camerale previsto per l’udienza preliminare o per il rito abbreviato in cui è necessaria e non facoltativa la presenza del difensore.
©
II procedimento in camera di consiglio non costituisce certamente il modello procedimentale
base; occorre infatti sottolineare che ad esso si affiancano altri due modelli procedimentali
con cui il giudice adotta un provvedimento:
ht
— procedimento de plano (senza contraddittorio);
— decisione a seguito di udienza pubblica (che costituisce la norma).
ig
1 ter. In quali ipotesi sussiste l’obbligo di declaratoria di cause di
non punibilità?
C
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L’obbligo di declaratoria delle cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.) sussiste qualora il giudice, in ogni stato e grado del processo, riconosce:
— che il fatto non sussiste;
— che l’imputato non l’ha commesso;
— che il fatto non costituisce reato;
— che il fatto non è previsto dalle legge come reato;
— che il reato è estinto;
— che manca una condizione di procedibilità.
In tali ipotesi il giudice provvede con sentenza.
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Gli atti e le patologie degli atti
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Secondo il dettato codicistico, l’imputato va prosciolto con la formula a lui
più favorevole se dagli atti emerge la prova della sua innocenza: in tal caso
s’impone la pronuncia di assoluzione con formula piena, piuttosto che quella, ad esempio, di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Quando, dunque, ricorre una causa di estinzione del reato, ma dagli atti
risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come
reato, il giudice non pronuncia la declaratoria ex art. 129 c.p.p., bensì sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p. o di non luogo a procedere
ai sensi dell’art. 425 c.p.p. (se all’esito dell’U.P.) o sentenza di
proscioglimento pre-dibattimentale ai sensi dell’art. 469 c.p.p., o sentenza
di proscioglimento dibattimentale ex art. 529 c.p.p., o dichiarazione di estinzione del reato ex art. 531 c.p.p.
se
1 quater. L’obbligo dell’immediata declaratoria delle cause di non
punibilità ex art. 129 c.p.p. è applicabile nelle indagini preliminari?
ht
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Es
Il fatto che la norma codicistica riferisca l’obbligo di declaratoria ad ogni
stato e grado del processo e non del procedimento fa chiaramente intendere che non può trovare applicazione durante la fase delle indagini preliminari.
In tale fase il G.I.P., su richiesta del P.M., potrà invece procedere
all’archiviazione, mentre sicuramente non potrà, seppure in presenza di
una causa di non punibilità, pronunciare de plano, omettendo di fissare
l’udienza preliminare, sentenza ex art. 129 c.p.p.
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La sentenza di non doversi procedere emessa dal G.U.P. de plano senza fissazione dell’udienza per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, investito della richiesta
di rinvio a giudizio è viziata di una nullità di ordine generale, ai sensi dell’art. 178 lett b)
e c) c.p.p., in quanto incide negativamente sulla partecipazione al procedimento del P.M.
nonché comporta la violazione del diritto di difesa dell’imputato.
Vi sarà, invece, l’obbligo per il G.U.P. in sede di udienza preliminare di emettere detta
declaratoria qualora sussista una delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p.
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Istituti collegati: condizioni di procedibilità; nullità di ordine generale;
procedimenti speciali; sentenza di proscioglimento nella fase degli atti
preliminari al dibattimento.
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Parte Terza
2. Quali sono le patologie degli atti processuali?
S.
Riferimento normativo: articoli 177-185 c.p.p.
Elenco caratteristiche: elencare le varie patologie degli atti processuali (nullità, inesistenza, irregolarità, abnormità, invalidità, decadenza, preclusione,
inammissibilità).
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Altri elementi essenziali: evidenziare che solo la nullità trova collocazione sistematica nel codice di rito; indicare le tre tipologie di nullità (assolute, a regime
intermedio, relative), muovendo dal principio della tassatività delle nullità.
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Domande consequenziali: le ipotesi di nullità; regime giuridico delle nullità; sanatoria
delle nullità non assolute; effetti dell’atto nullo e della declaratoria di nullità.
Articolazione della risposta
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Il codice di rito non fornisce una disciplina organica delle violazioni e
delle sanzioni procedurali e l’unica forma patologica unitariamente ed autonomamente disciplinata è quella delle nullità, a cui il legislatore dedica
il titolo VII del libro II, dall’art. 177 c.p.p. all’art. 186 c.p.p.
Una mera indicazione cumulativa delle violazioni processuali è però contenuta nell’elencazione dei vizi di legittimità in tema di ricorso per
Cassazione: l’art. 606, co. 1, lett. c) enumera nullità, inutilizzabilità,
inammissibilità o decadenza.
In altre disposizioni codicistiche sono altresì menzionate decadenza,
inammissibilità, preclusione. A queste occorre aggiungere le figure
dottrinali dell’inesistenza, della mera irregolarità e dell’invalidità.
La nullità è l’invalidità dell’atto processuale espressamente comminata
dalla legge per talune gravi violazioni di essa. Per il principio di tassatività
delle nullità (art. 177 c.p.p.), l’inosservanza delle condizioni prescritte per
gli atti processuali è causa di nullità soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge.
L’inesistenza consiste nella mancanza di requisiti essenziali al punto tale
da rendere l’atto irriconoscibile, non identificabile come atto giuridico.
L’atto inesistente non produce alcun effetto ed è insanabile.
L’irregolarità dell’atto processuale consiste in un qualunque vizio dello
stesso che non è causa di nullità di esso. Quando si verifica, il giudice deve
provvedere, se occorre, alla sua eliminazione, mediante una procedura speciale che va sotto il nome di correzione degli errori materiali, prevista
dall’art. 130 c.p.p.
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Gli atti e le patologie degli atti
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L’inutilizzabilità di un atto consiste nella sua inidoneità ad essere usato
per finalità probatorie. L’inutilizzabilità può essere una conseguenza della nullità (inutilizzabilità assoluta o patologica) oppure può concernere
atti perfettamente validi (ad es., gli atti raccolti nelle indagini preliminari,
utilizzabili in detta fase e nell’udienza preliminare, non sono di norma
utilizzabili come prova in: dibattimento, ai sensi dell’art. 514 c.p.p.) ed in
tal caso si parla d’inutizzabilità relativa o fisiologica.
L’atto è invece invalido quando la difformità rispetto al modello legale
rientra in una delle ipotesi di invalidità codificate dal legislatore, ossia
quando l’inosservanza della legge è prevista quale causa di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità e decadenza.
La decadenza consiste nella perdita o estinzione del diritto o facoltà di
compiere un atto processuale collegata al trascorrere del tempo; suo
necessario presupposto è la decorrenza di un termine finale perentorio,
previsto cioè tassativamente dalla legge a pena di decadenza (art. 173) per
il compimento di un atto.
Es
Termini di decadenza sono, ad esempio, quelli per rilevare o eccepire le nullità non assolute
(art. 182 c.p.p.), per impugnare (art. 585 c.p.p.). Si può avere reviviscenza del potere già
estintosi per effetto della decadenza attraverso il meccanismo della restituzione nel termine (art. 175 c.p.p.).
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La preclusione implica il divieto di compiere un atto della procedura,
che può essere consequenziale al maturare di una decadenza od alla consumazione del diritto, quando di esso l’interessato si sia già avvalso.
L’innammissibilità è quel vizio d’invalidità da cui è affetto l’atto compiuto in carenza di potere, e quando si riscontra tale patologia vi è la pronuncia del giudice con la quale dichiara di non poter provvedere sulla domanda per il difetto delle condizioni di ammissibilità della stessa.
L’abnormità è quella patologia degli atti frutto di elaborazione dottrinaria e
giurisprudenziale. È affetto da abnormità quel provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento
processuale, nonché quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste.
op
2 bis. Quali sono le ipotesi di nullità contemplate nel codice di rito?
C
La nullità è l’unica forma patologica espressamente disciplinata nel codice
di rito, nel titolo VII del libro II, dall’art. 177 c.p.p. all’art. 186 c.p.p.
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Parte Terza
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Si tratta di una patologia dell’atto processuale, determinata dal difetto dei
requisiti previsti dalla legge, tale da renderlo inidoneo allo scopo cui è
preordinato.
Vige il principio di tassatività delle nullità (art. 177 c.p.p.), secondo cui
l’inosservanza delle condizioni prescritte per gli atti processuali è causa di
nullità soltanto nei casi in cui questa è comminata espressamente dalla
legge.
Le nullità generali sono quelle previste in via generale ed astratta dall’art.
178 c.p.p. per il quale s’intende sempre prescritta a pena di nullità l’inosservanza delle disposizioni concernenti:
a) le condizioni di capacità del giudice ed il numero dei giudici necessario
per costituire i collegi stabilito dalle leggi dell’ordinamento giudiziario;
b) l’iniziativa del P.M. nell’esercizio dell’azione penale e la sua partecipazione al procedimento;
c) l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre
parti private, nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal
reato e del querelante.
Mentre le nullità previste all’art. 178 lett. a) sono assolute ai sensi
dell’art.179 c.p.p., le nullità previste alla lett. b) e c) dell’art. 178 c.p.p.
sono nullità a regime intermedio e, dunque, pur essendo tutte nullità di
ordine generale, si differenziano per il differente regime, in quanto mentre
le nullità assolute sono insanabili e rilevate d’ufficio in ogni stato e grado
del procedimento, le nullità di ordine generale non possono più essere rilevate né dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado ovvero, se si sono verificate nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza
del grado successivo.
Le nullità speciali sono invece quelle specificamente previste dalla particolare disposizione violata.
In ragione della diversa rilevanza dei beni-interessi sostanziali tutelati con
le norme violate, il legislatore individua tre tipologie di nullità:
— assolute.
C
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Trattasi delle nullità inerenti le condizioni di capacità del giudice ed il numero dei
giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi dell’ordinamento giudiziario (art.178, co. 1, lett.a)), quelle concernenti l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e quelle derivanti dall’omessa citazione dell’imputato o
dall’assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza, nonché le
nullità definite assolute da specifiche disposizioni di legge (art. 179);
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Gli atti e le patologie degli atti
— a regime intermedio.
S.
Trattasi delle ipotesi di cui alle lettera b) e c) dell’art. 178 c.p.p., e la sua partecipazione
al procedimento, l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private;
— relative.
br
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Sono relative quelle nullità concernenti gli atti delle indagini preliminari e quelli compiuti nell’incidente probatorio e le nullità concernenti gli atti dell’udienza preliminare;
nullità concernenti il decreto che dispone il giudizio e quelle inerenti agli atti preliminari al dibattimento. Tali nullità sono rilevate solo su istanza di parte che vi abbia interesse.
se
li
Le tre tipologie di nullità si differenziano per la differente incidenza
invalidante sull’iter procedimentale e per il diverso regime giuridico in
ordine alla sanabilità del vizio e all’eliminazione temporale e soggettiva
della rilevabilità dello stesso.
2 ter. Qual è il regime giuridico delle nullità assolute?
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Es
Ai sensi dell’art. 179 c.p.p. sono insanabili e sono rilevate d’ufficio in
ogni stato e grado del procedimento le nullità previste dall’art. 178 co. 1
lett. a c.p.p. (ossia quelle concernenti le condizioni di capacità del giudice
ed il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle
leggi dell’ordinamento giudiziario), quelle concernenti l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e quelle derivanti dall’omessa citazione dell’imputato o dall’assenza del suo difensore nei casi in cui
ne è obbligatoria la presenza.
Sono altresì insanabili e sono rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento le nullità definite assolute da specifiche disposizioni di
legge.
Per quanto concerne il regime delle altre nullità di ordine generale, ossia le nullità a regime intermedio, il legislatore all’art. 180 c.p.p., dispone che, salvo quanto previsto dall’art. 179 c.p.p., le nullità previste
dall’art. 178 c.p.p. sono rilevate anche d’ufficio, ma solo entro determinati limiti di tempo, in quanto non possono più essere rilevate né
dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado o, se si
sono verificate in giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del
grado successivo.
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2 quater. Qual è il regime giuridico delle nullità relative?
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Parte Terza
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Le nullità relative sono rilevabili solo su eccezione della parte che vi
abbia interesse e sempre che non vi abbia dato causa o non sia concorsa a
darvi causa, entro determinati limiti di tempo, ossia:
— prima che sia pronunciato il provvedimento previsto dall’art. 424 c.p.p
se si tratta di nullità concernenti gli atti delle indagini preliminari e
quelli compiuti nell’incidente probatorio e le nullità concernenti gli atti
dell’udienza preliminare;
— entro il termine previsto dall’art. 491, co. 1, c.p.p. cioè subito dopo
l’accertamento della regolare costituzione delle parti, nell’ipotesi in cui
manchi l’udienza preliminare;
— entro lo stesso termine vanno eccepite le nullità relative concernenti il decreto
che dispone il giudizio e quelle inerenti agli atti preliminari al dibattimento;
— entro lo stesso termine o con l’impugnazione della sentenza di non luogo a
procedere devono essere riproposte le nullità concernenti gli atti delle indagini
preliminari e quelli compiuti nell’incidente probatorio e le nullità concernenti
gli atti dell’udienza preliminare qualora già eccepite nei termini (prima che sia
pronunciato il provvedimento previsto dall’art. 424 c.p.p. o quando manchi
l’udienza preliminare le nullità devono essere eccepite entro il termine previsto dall’art. 491 co. 1 c.p.p.), ma che non siano state dichiarate dal giudice.
Le nullità verif icatesi nel giudizio devono essere eccepite con
l’impugnazione della relativa sentenza.
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2 quinquies. Qual è l’efficacia dell’atto nullo?
yr
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L’atto affetto da nullità ha un’efficacia temporanea.
Gli effetti prodotti hanno infatti carattere precario, in quanto destinati ad
essere rimossi con la rinnovazione dell’atto, a consolidarsi per effetto della
sanatoria delle nullità (artt. 183-184 c.p.p.) ovvero a divenire definitivi in
caso di emissione di provvedimento irrevocabile, che non consente più di
rilevare o eccepire utilmente le nullità.
2 sexies. Quali nullità sono sanabili?
C
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Mentre l’art. 179 esclude chiaramente che le nullità assolute possano
essere sanate, per gli altri tipi di nullità (a regime intermedio e relative) è
prevista la possibilità della sanatoria.
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Gli atti e le patologie degli atti
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Le nullità intermedie (ossia le altre nullità di ordine generale non comprese
nella previsione dell’art. 179 c.p.p.) di cui all’art. 180 c.p.p. e le nullità relative
di cui all’art. 181 c.p.p. sono sanabili ai sensi dell’art. 183 c.p.p., in due ipotesi:
— la rinuncia ad eccepire la nullità fatta in maniera esplicita o implicita;
— il raggiungimento dello scopo dell’atto nullo, ossia l’avvalersi della
facoltà al cui esercizio l’atto omesso o nullo è preordinato a consentire.
br
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2 septies. Quali sono gli effetti della dichiarazione di nullità?
La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da
quello dichiarato nullo (cd. propagazione delle nullità).
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In particolare la nullità si propaga a quegli atti successivi che siano in rapporto di dipendenza, causale e necessaria, dall’atto nullo (ad es. la nullità della citazione a giudizio dell’imputato rende nullo il giudizio stesso: artt. 179 e 185, co. 1). Non si propaga quando manca
quel rapporto (ad es. nullità della citazione di un teste).
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Es
Effetti della dichiarazione di nullità sono:
— rimozione dell’atto nullo, tramite la rinnovazione dell’atto viziato, purché ancora utile e possibile e sempre che non sia sopravvenuta la sanatoria
del vizio (artt. 185, 526, 603);
— regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto
l’atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito. In caso di propagazione
del vizio dal singolo atto agli altri atti consecutivo-dipendenti, il procedimento deve essere riportato nello status quo ante. Viene dichiarata la nullità
di tutti gli atti nulli, per vizio proprio o derivato, e il procedimento riprende
dalla precedente fase o grado (artt. 185, co. 3, 604, co. 5, 623, 624, 625).
La rinnovazione dell’atto viziato rientra nell’esclusivo potere del giudice
della fase in cui esso è stato compiuto; ciò significa che il procedimento
penale deve regredire a tale fase sebbene sia in una fase più avanzata. Tuttavia, la regressione non opera quanto alle nullità concernenti le prove.
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Istituti collegati: questioni preliminari (491 c.p.p.); termine perentorio.
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3. Qual è la differenza tra termine perentorio, ordinatorio e
dilatatorio?
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Riferimento normativo: articoli 172-176 c.p.p.
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Parte Terza
Disciplina generale: precisare cosa s’intende per termine perentorio, ordinatorio
e dilatatorio.
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Elenco caratteristiche: indicare da quali patologie è affetto un atto compiuto
senza rispettare i termini perentori, ordinatori o dilatatori comminati.
Domande consequenziali: restituzione in termini; termine entro cui è consentita la pubblicazione degli atti processuali.
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Articolazione della risposta
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I termini processuali sono archi temporali entro cui un atto deve compiersi,
ovvero che devono decorrere perché quest’ultimo possa compiersi. I termini si distinguono in perentori, ordinatori e dilatatori.
Diversi sono, tuttavia, gli effetti della mancata osservanza: mentre la violazione di un termine perentorio dà luogo alla decadenza dal diritto di
compiere l’atto, la violazione di un termine ordinatorio produce soltanto l’irregolarità dell’atto posto in essere fuori termine.
Es
Ad esempio, la parte che non osservi i termini (perentori) stabiliti per impugnare i provvedimenti giurisdizionali decade dal diritto di impugnazione e l’eventuale impugnazione proposta fuori termine è inammissibile; al contrario, se il giudice non deposita in cancelleria la
sentenza nei quindici giorni successivi alla data della decisione, non si dà luogo ad alcuna
sanzione processuale.
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I termini dilatatori sono, invece, archi temporali che devono decorrere
prima del compimento di un determinato atto: si pensi, ad esempio, ai cd.
termini a comparire, i quali stabiliscono che tra la data di notifica del provvedimento di fissazione dell’udienza e la data dell’udienza devono decorrere, a garanzia dei diritti partecipativi delle parti e, dunque, del diritto di
difesa, determinati periodi di tempo (trenta giorni per l’udienza preliminare, venti giorni per il dibattimento ordinario, sessanta giorni per il dibattimento dinanzi al tribunale monocratico, e così via). La violazione di un
termine dilatorio comporta, come si è visto, violazione del diritto di difesa
e, dunque, la nullità del procedimento.
3 bis. Quando è ammessa la restituzione nel termine?
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La restituzione nel termine è consentita ai sensi dell’art. 175 c.p.p. quando il pubblico ministero, le parti private o i difensori provino di non avere
potuto osservare un termine perentorio per caso fortuito o forza maggiore: in questo caso, il provvedimento del giudice che concede la restitu-
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Gli atti e le patologie degli atti
S.
zione del termine interviene sulla situazione di decadenza verificatasi a
causa della mancata osservanza del termine perentorio, rimuovendola, atteso che l’inosservanza verificatasi è incolpevole.
Di quali atti processuali è consentita la pubblicazione e qual
è il termine per la pubblicazione?
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3 ter.
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In seguito all’emanazione del D.L. 21-2-2005, n. 17, convertito nella L. 22-4-2005, n. 60
(recante «Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e
dei decreti di condanna») è stato mantenuto, a pena di decadenza, il termine di 10 giorni
per la richiesta di restituzione nel termine a decorrere dal giorno in cui è cessato il fatto
costituente caso fortuito o forza maggiore, mentre è stato introdotto il termine di 30 giorni
per la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione avverso la sentenza contumaciale o il decreto penale di condanna (art. 175, co. 2), con decorrenza dalla effettiva conoscenza del provvedimento.
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Per gli atti coperti dal segreto istruttorio, ossia gli atti d’indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria fino a quando l’imputato non ne
può avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari, vige il divieto di pubblicazione, sia dell’atto integrale che del
suo contenuto, ai sensi dell’art. 114 c.p.p.
Tale divieto di pubblicazione permane in forma integrale per gli atti, non
più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare.
Gli atti delle indagini preliminari restano soggetti al divieto di pubblicazione fino a che non siano emessi i provvedimenti che escludono l’instaurazione
del processo, come il decreto di archiviazione oppure lo definiscono
anticipatamente, come la sentenza di non luogo a procedere, la sentenza
che applica la pena su richiesta (patteggiamento), la sentenza di merito
nell’udienza preliminare o fino a che non sia divenuto esecutivo il decreto
di condanna o, nel caso di giudizio direttissimo, giudizio immediato o rinvio a giudizio, fino a che gli atti medesimi non siano stati utilizzati.
Tale scelta mira a garantire che gli atti delle indagini preliminari siano
conosciuti dal giudice del dibattimento solo attraverso i meccanismi
processuali, ossia solo attraverso l’inserimento nel fascicolo del dibattimento o attraverso le contestazioni.
Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche
parziale, degli atti del fascicolo del PM, se non dopo la pronuncia della
sentenza in grado di appello; è sempre consentita la pubblicazione degli
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atti utilizzati per le contestazioni; è vietata la pubblicazione degli atti del
dibattimento celebrato a porte chiuse.
Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il
divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di
essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie
sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello
Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni e delle parti private.
È altresì vietata la pubblicazione delle generalità e dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando
non siano divenuti maggiorenni, nonché la pubblicazione di elementi che
anche indirettamente possono comunque portare all’identificazione di suddetti minorenni (L. 3-5-2004, n.112).
La legge Carotti (L. 479/1999) ha introdotto all’art. 114 c.p.p. il co. 6bis
che vieta la pubblicazione dell’immagine di persona sottoposta all’uso di
mezzi di coercizione fisica.
Es
Istituti collegati: impugnazioni; indagini preliminari; udienza preliminare; contestazioni nell’esame testimoniale ex art. 500 c.p.p.
4. Quali sono le ipotesi di nullità delle notificazioni?
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Riferimento normativo: articoli 148-171 c.p.p.
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Disciplina generale: indicare cosa s’intende per notifica e precisare quali sono
le ipotesi di nullità della notificazione.
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Domande consequenziali: sanatoria delle nullità delle notificazioni; organo competente alle notificazioni; decreto d’irreperibilità.
Articolazione della risposta
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La notificazione consiste in un atto processuale (disposto dal giudice o a
richiesta del P.M. e delle altre parti private) attraverso il quale si porta a
conoscenza di un determinato soggetto del rapporto processuale l’esistenza di un atto in cui tale soggetto abbia interesse. L’attività di notificazione
si caratterizza, dunque, per la sua funzione strumentale rispetto agli atti
che ne costituiscono oggetto, essendo predisposta ad assicurarne ai relativi
destinatari la conoscibilità giuridica e tendenzialmente la conoscenza ef-
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Gli atti e le patologie degli atti
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fettiva, affinché questi esercitino i relativi diritti o adempiano ai propri
obblighi. Nella sua forma tipica, la notifica è redatta dall’ufficiale giudiziario con le indicazioni di tempo, luogo, consegnatario e destinatario dell’atto; la relazione è scritta sia sulla copia consegnata, sia sull’originale da
restituire alla autorità o alla parte privata richiedente (art. 168 c.p.p.).
La violazione delle disposizioni in materia comporta la nullità della
notifica e quindi un vizio procedurale in grado di travolgere, nei casi più
gravi, anche gli atti successivamente compiuti (es.: art. 178, lett. c), c.p.p.)
e di superare perfino, in un caso-limite, lo sbarramento del giudicato,
allorché in sede di incidente di esecuzione è consentito di valutare nel merito la procedura seguita per la dichiarazione di irreperibilità, con eventuale restituzione in termini dell’imputato ai fini dell’impugnazione (artt. 670
e 175 c.p.p.).
Non bisogna confondere i vizi di notifica con quelli attinenti all’atto
notificato (le patologie degli atti esaminate prima).
L’ art. 171 c.p.p. elenca i casi di nullità della notificazione:
a) se l’atto è notificato in modo incompleto e la legge non consente la
notifica per estratto;
b) se vi è incertezza assoluta sull’autorità o sulla parte richiedente la notifica ovvero sul destinatario;
c) se nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione di chi
l’ha eseguita;
d) se sono violate le disposizioni circa la persona cui deve essere consegnata la copia;
e) se non è stato dato l’avviso nei casi previsti dall’art. 161, commi 1, 2 e
3 c.p.p. (dichiarazione o elezione di domicilio) e la notifica è stata fatta
con consegna al difensore;
f) se è stata omessa l’affissione o non si è data la comunicazione prevista
dall’art. 157, co. 8, c.p.p.;
g) se sull’originale dell’atto notificato manca la sottoscrizione della persona (portiere o chi ne fa le veci);
h) se non sono state osservate le prescrizioni impartite dal giudice ai sensi
dell’art. 150 c.p.p. e l’atto non è giunto a conoscenza del destinatario.
Le nullità sono sanate se la parte interessata ha rinunciato ad eccepirle
ovvero ha accettato gli effetti dell’atto o si è avvalsa delle facoltà derivanti
dall’atto nullo (art. 183 c.p.p.) e quelle relative alle notificazioni di citazio-
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ni sono sanate dalla comparsa della parte (o dalla rinuncia a comparire: art.
184, co. 1, c.p.p.).
Se la nullità della notificazione riguarda la citazione dell’imputato ed il
vizio è particolarmente grave, la nullità della notificazione equivale ad
omessa citazione dell’imputato, ai sensi dell’art. 179, co. 1, c.p.p., non
sanabile ai sensi dell’art. 184 c.p.p., in quanto incidente sulla regolare instaurazione del contraddittorio.
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4 bis. Quali sono le ipotesi di sanatoria delle nullità delle notificazioni, citazioni ed avvisi?
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Per quanto concerne la sanatoria delle nullità delle citazioni, degli avvisi e
delle notificazioni, occorre muovere dall’art.184 c.p.p., secondo cui tali
nullità sono sanate se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a
comparire.
La parte la quale dichiari che la comparizione è determinata dal solo intento di far rilevare l’irregolarità ha diritto ad un termine a difesa non inferiore
a cinque giorni. Quando la nullità riguarda la citazione a comparire al dibattimento il termine non può essere inferiore a venti giorni.
Occorre nuovamente precisare che non si devono confondere i vizi di notifica con quelli attinenti all’atto notificato (le patologie degli atti esaminate in precedenza, a cui si
rimanda).
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4 ter. Qual è l’organo che provvede alle notificazioni?
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L’organo ordinario delle notificazioni è l’ufficiale giudiziario (art. 148,
co. 1, c.p.p.). Nei procedimenti con detenuti e in quelli davanti al tribunale
per il riesame il giudice può disporre, in caso di urgenza, che le notificazioni siano eseguite dalla polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari
sono detenuti (art. 148, co. 2, c.p.p.).
Eccezionalmente, invece, alla notificazione degli atti del P.M. può provvedere la polizia giudiziaria, limitatamente alle ipotesi di atti o provvedimenti che essa stessa è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire (art. 151,
co. 2, c.p.p.). Tale disciplina risulta dal combinato disposto di cui agli artt.
148 e 151 c.p.p., come modificati per effetto del D.L. 144/2005 (misure
urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, conv. in L. 155/2005),
che ha limitato fortemente l’impegno della polizia nell’attività di notificazione degli atti.
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Gli atti e le patologie degli atti
4 quater. Quando viene emesso il decreto d’irreperibilità dell’imputato?
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La tematica della irreperibilità dell’imputato è particolarmente delicata,
potendo sfociare, in punto di fatto, nella ignoranza del procedimento e quindi
nella privazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.).
L’ irreperibilità è un istituto esclusivo dell’imputato in fase processuale (e
prima ancora dell’indagato in fase di indagini preliminari: art. 151, co. 4
c.p.p.), non essendo contemplata la irreperibilità per le altre parti.
Il decreto d’irreperibilità viene emesso dall’autorità giudiziaria (giudice o
P.M.), dopo aver espletato invano ricerche nei luoghi di nascita, ultima residenza o dimora o luogo di lavoro, nonché presso l’Amministrazione carceraria
(il detenuto o l’internato è, per definizione, un reperito o reperibile).
L’irreperibilità ha una scansione periodica (disciplinata dall’art. 160 c.p.p.,
come sostituita dal D.Lgs. 12/1991) a seconda delle fasi processuali, sicché
ogni nuovo decreto di irreperibilità deve basarsi su nuove ricerche.
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La declaratoria di irreperibilità consente di superare la stasi processuale, giacché essa consente di eseguire le notifiche all’imputato mediante consegna di copia dell’atto al difensore, che, così, lo rappresenta ad ogni effetto (artt. 159 e 160 c.p.p.).
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Istituti collegati: nullità degli atti assolute, a regime intermedio e relative.