Sentenza del Tribunale di Trento del 15 gennaio 2013
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Sentenza del Tribunale di Trento del 15 gennaio 2013
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI TRENTO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO il dott. Giorgio Flaim, quale giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa per controversia in materia di pubblico impiego promossa con ricorso depositato in data 18.4.2012 d a D. P. D. rappresentata e difesa dagli avv.ti F. C., C. M., P. B. ed E. F., ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima, in … ricorrente c o n t r o P. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti N. P., S. D. e F. S., e domiciliata presso l’avv. S. D. nella sede … convenuto CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE “Previa fissazione dell’udienza di comparizione, voglia: accertare e dichiarare l’illegittimità e/o nullità della condotta posta in essere da parte resistente, per la mancata puntuale indicazione delle ragioni alla base dell’apposizione di un termine ai vari negozi contrattuali succedutisi tra le parti, in violazione del disposto dell’art. 1 d.lgs. 368/2001 e successive modificazioni, per l’inosservanza della previsione di cui all’art. 4 d.lgs. 368/2001 in tema di proroghe dei contratti di lavoro a termine e per il superamento del tetto massimo di 36 mesi nella relazione lavorativa fra le parti in forza di una pluralità di contratti a termine: per l’effetto, accertare e dichiarare la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in forza della conversione piena e Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 1 definitiva del contratto di lavoro dell’istante, a far data dalla prima assunzione del ricorrente; per l’effetto ancora, condannare l’ente resistente alla reintegrazione del ricorrente nel suo posto di lavoro; per l’effetto ancora, condannare l'ente resistente alla corresponsione in favore della ricorrente di tutte le retribuzioni mensili maturate e non corrisposte, a seguito della richiesta conversione del contratto di lavoro, oltre interessi e rivalutazione a decorrere dalle rispettive scadenze e sino all’effettivo soddisfo, unitamente al versamento dei dovuti contributi assistenziali e previdenziali; per l’effetto ancora, condannare l'ente resistente al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente, nella misura compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale mensile di fatto, secondo la previsione dell’art. 32 co.5 L. 183/2010, ovvero nella diversa misura maggiore o minore che il giudice intenderà liquidare secondo giustizia, il tutto comunque oltre rivalutazione e interessi a decorrere dalle rispettive scadenze e fino all’effettivo soddisfo. In via subordinata al mancato riconoscimento del diritto alla conversione della relazione lavorativa a termine in contratto a tempo indeterminato, condannare l’ente resistente al risarcimento dei danni sofferti dalla ricorrente per l’illegittimo ricorso ad una pluralità di contratti a termine, in violazione delle previsioni del d.lgs. 368/2001 e successive modificazioni, nella misura pari a 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale mensile percepita dall'istante ovvero nella diversa misura maggiore o minore che il giudice adito intenderà liquidare secondo giustizia, il tutto comunque oltre rivalutazione ed interessi a decorrere dalle rispettive scadenze e fino all’effettivo soddisfo. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori che se ne dichiarano anticipatari” CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA “In via pregiudiziali di rito: Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 2 dichiarare l'inammissibilità del ricorso per intervenuta decadenza ex art. 32 L. 183/2010. Nel merito: 1) dichiarare le domande tutte infondate in fatto ed in diritto e, per l'effetto, respingere il ricorso; 2) in subordine, dichiarare il difetto del diritto alla riassunzione ex art. 36 d.lgs. 165/2001 e, per l’effetto, respingere la relativa domanda; 3) in ulteriore subordine, stabilire la decorrenza della riassunzione nel senso indicato in narrativa (par. 3); 4) accertare in tal caso l’insussistenza del diritto agli emolumenti maturati dopo la cessazione dell'ultimo rapporto ex art. 32 co.5 L. 183/2010 e, comunque, per difetto di messe in mora e, per l'effetto, respingere la relativa domanda; 5) riconoscere, sempre in caso di conversione del rapporto, l’eventuale risarcimento del danno esclusivamente del minimo di legge e, previa rimessione alla Corte costituzionale dell’art. 32 co.6 L. 183/2010, comunque in misura non superiore a 6 mensilità ex art. 32 co.6 L. 183/2010; 6) in caso di mancata conversione del rapporto, respingere la richiesta di risarcimento danni o, in subordine, accoglierla in misura non superiore a quattro mensilità; 7) respingere la domanda di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria ex art. 16 co.6 L. 412/1991; 8) vittoria di spese, diritti, onorari e accessori di legge” PREMESSA Il ricorso risulta depositato in data 18.4.2012. Ne consegue che: 1) Trova applicazione la novella dell’art. 429 co.1 cod.proc.civ. introdotta dall’art. 53 co.2 D.L. 25.6.2008, n. 112, conv. con L. 6.8.2008, secondo cui “nell'udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 3 sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, mentre solo “in caso di particolare complessità della controversia” (certamente non ricorrente nella fattispecie in esame) “il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza”; infatti l’art. 56 D.L. 112/2008 prescrive che il novellato 429 cod. proc. Civ. “si applica ai giudizi instaurati dalla data della sua entrata in vigore” ossia, alla luce del disposto ex art. 86 D.L. cit., a decorrere dal 25 giugno 2008. Secondi i primi commenti dottrinali il modello di sentenza delineato dal nuovo art. 429 co.1 cod.proc.civ. è riconducibile a quello descritto dall’art. 281-sexies cod.proc.civ., il quale dispone che “il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria”. 2) Trova, altresì, applicazione la novella dell’art. 118 disp.att. c.p.c., introdotta dall’art. 52 co.5 L. 18.6.2009, n. 69, secondo cui “La motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”; infatti l’art. 58 L. 69/2008 prevede: “Fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”; ne consegue che la presente sentenza non conterrà alcuna descrizione dello svolgimento del processo. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 4 Ma vi è di più: l’obbligo di immediata lettura comporta necessariamente che la motivazione possa (e debba) contenere unicamente gli elementi indispensabili al fine di non cadere nel vizio di omessa o insufficiente motivazione, ricorrente, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte (ex multis, anche di recente, Cass. S.U. 21.12.2009, n. 26825; Cass. sez. L. 23.12.2009, n. 27162; Cass. sez. L. 6.3.2008, n. 6064; Cass. sez. L. 3.8.2007, n. 17076;), quando le argomentazioni del giudice non consentano di ripercorrere l'iter logico, che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, o esibiscano al loro interno un insanabile contrasto ovvero quando nel ragionamento sviluppato nella sentenza sia mancato l'esame di punti decisivi della controversia e/o di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione. Il perseguimento dell’obiettivo, imposto al giudice del lavoro dalla novella dell’art. 429 co.1 cod. proc.civ. di redigere una sentenza priva di elementi non essenziali ai fini della decisione, appare agevolato dal principio, consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis, di recente, Cass. 24.11.2009, n. 24542; Cass. sez. L. 18.6.2007, n. 14084; Cass. sez. L. 2.2.2007, n.2272; Cass. 27.7.2006, n. 17145;), secondo cui, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse. MOTIVAZIONE le domande proposte dalla ricorrente La ricorrente eccepisce la nullità: della clausola di apposizione del termine finale (23.3.2005) al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato stipulato dalle parti con decorrenza dal 24.3.2004 (prodotto dalla ricorrente sub 1); Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 5 delle proroghe del suddetto termine finale convenute in data 8.3.2005 fino al 23.3.2007 (doc. 2 fasc.ric.), in data 6.3.2007 fino al 30.11.2007 (doc. fasc. 3 ric.), in data 27.9.2007 fino al 31.12.2007 (doc. 4 fasc.ric.), in data 15.11.2007 fino al 15.2.2008 (doc. 5 fasc.ric.), in data 9.1.2008 fino al 31.5.2008 (doc. 6 fasc.ric.), in data 10.4.2008 fino al 31.7.2008 (doc. 7 fasc.ric.), in data 11.6.2008 fino al 30.9.2008 (doc. 8 fasc.ric.), in data 27.8.2008 fino al 31.12.2008 (doc. 9 fasc.ric.), in data 18.12.2008 fino al 31.1.2009 (doc. 10 fasc.ric.), in data 15.1.2009 fino al 28.2.2009 (doc. 11 fasc.ric.), in data 23.2.2009 fino al 31.12.2009 (doc. 12 fasc.ric.), in data 20.11.2009 fino al 30.6.2010 (doc. 13 fasc.ric.), in data 25.5.2010 fino al 31.12.2010 (doc. 14 fasc.ric.), in data 20.12.2010 fino alla copertura del posto di personale a tempo indeterminato (doc. 15 fasc.ric.), circostanza avvenuta in data 10.10.2011, come da comunicazione dell’ente datore di data 22.9.2011 (doc. 16 fasc.ric.). Sostiene che: 1) il contratto originario non contiene, in contrasto con la prescrizione ex art. 1 d.lgs. 4.9.2001, n. 368, una sufficiente specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo determinato era diretto a soddisfare; 2) le successive proroghe del termine finale non contengono, in contrasto con la prescrizione ex art. 4 d.lgs. 368/2001, l’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che il prolungamento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato era diretto a soddisfare; 3) la complessiva durata del rapporto di lavoro subordinato scaturito dal contratto stipulato in origine e dalle proroghe successivamente convenute ha superato il termine di 36 mesi previsto dall’art. 5 co.4bis d.lgs. 368/2001. Agisce quindi: Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 6 A) in via principale, per la conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato a decorrere o dalla data di stipulazione del contratto originario, nonché per la corresponsione dell’indennità ex art. 32 co.5 L. 4.11.2010, n. 183, a ristoro del pregiudizio subito dal lavoratore nel periodo intercorrente tra la scadenza del termine illegittimo e la sentenza di conversione, e per il pagamento delle retribuzioni maturate successivamente; B) in via subordinata, in luogo della conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, per il risarcimento dei danni sofferti dalla ricorrente per l’illegittimo ricorso ad una pluralità di contratti a termine in violazione del d.lgs. 368/2001, nella misura pari a 24 mensilità della retribuzione globale di fatto. in ordine all’eccezione, sollevata dall’ente convenuto, di decadenza della ricorrente dall’azione di nullità del termine apposto al contratto originario e delle successive proroghe La P. eccepisce la decadenza ex art. 6 co.1 L. 15.7.1966, n. 604 ed ex art. 32 co. 3 lett. d) L. 183/2010 (nel testo all’epoca vigente); ammette che “la ricorrente ha impugnato il contratto con nota dd. 6.12.2011”, ma deduce che “dalla “prova di consegna” allegata dalla ricorrente sub n17 (doc. n. 30) si evince esclusivamente che la P. ha ricevuto una raccomandata in data 12.12.2011, consegnata agli uffici postali il 9.12.2011 (entro dunque il citato termine di legge), ma difetta (o risulta illeggibile) invece qualsiasi indicazione in ordine al mittente ed allo stesso contenuto della raccomandata medesima, gli elementi quindi che consentano di collegare la prova di consegna alla nota di impugnazione”. L’eccezione non è fondata: in ordine all’identificazione del mittente della raccomandata, parte ricorrente ha prodotto all’udienza del 16.10.2012 (tempestivamente, trattandosi di produzione conseguente all’eccezione sollevata ex adverso) l’originale della “prova di consegna” Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 7 della raccomandata da cui emerge che la missiva è stata spedita da “Candalice Avvocati associati” con domicilio in “Bari, via S. Castromediano, 139”; in ordine al contenuto della raccomandata, appare sufficiente richiamare il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 18.10.2005, n. 20144; Cass. 24.11.2004, n. 22133; Cass. 3.7.2003, n. 10536; Cass. 27.7.2001, n. 10284;) secondo cui la lettera raccomandata costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta di spedizione, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 cod. civ. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero che esso contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente; infatti l’ente convenuto, pur sollevando la relativa eccezione, non ha offerto alcuna prova circa un contenuto della raccomandata diverso da quello indicato dalla ricorrente mittente. in ordine all’eccezione, sollevata dalla ricorrente, di nullità del termine finale apposto al contratto originario stipulato in data 24.3.2004 per insufficiente specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo La ricorrente eccepisce la nullità del termine finale apposto al contratto originario stipulato in data 24.3.2004, asserendo l’insufficiente specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo determinato era diretto a soddisfare. L’eccezione non è fondata. Risulta per tabulas (doc. 1 fasc. ric.) che : a) nel contratto de quo: è stato specificato che la stipulazione avveniva “in base alle disposizioni di cui all’art. 35 co. 1 lett. c) e d) del contratto collettivo di lavoro per il personale dipendente della P.” (secondo cui “l’Amministrazione può stipulare contratti individuali per l'assunzione di personale a tempo determinato in applicazione del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368. I contratti a tempo determinato Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 8 possono essere stipulati per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, ed in particolare nei seguenti casi: … c) per fronteggiare particolari punte di attività non ricorrenti; d) per l’esecuzione di attività aventi carattere occasionale o straordinario (es. pianificazione urbanistica, progetto speciale opere pubbliche, ecc.) e per far fronte ad innovazioni organizzative, quando alle stesse non sia possibile provvedere con il personale in servizio”). b) è stata richiamata la determinazione del dirigente il Servizio per il personale n. 175 dd. 5.3.2004, la quale, a sua volta, richiama “la nota prot. n. 460-GEN /04/D319 di data 18 febbraio 2004 con la quale il Dirigente generale del Dipartimento Organizzazione e personale assegna al Servizio Opere idrauliche un dipendente a tempo determinato della figura professionale di Funzionario – indirizzo amministrativo/organizzativo - categoria D, livello Base, 1^ posizione retributiva, per un periodo di un anno al fine di assicurare il necessario supporto giuridico-legale al servizio”. Orbene, l’art. 1 co.2 d.lgs. 368/2001 dispone che “l'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1”; questo requisito di ordine formale è soddisfatto dal riferimento alla determinazione del dirigente il Servizio per il personale n. 175 dd. 5.3.2004, la quale è una atto, se non effettivamente conosciuto, quanto meno conoscibile alla lavoratrice. L’art. 1 co.1 d.lgs. 368/2001 prescrive che “è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro”; l’assegnazione, da parte del Dirigente generale del Dipartimento Organizzazione e personale, al Servizio Opere idrauliche, di un dipendente a tempo determinato per un periodo di un anno, al fine di assicurare il necessario supporto giuridico-legale al Servizio costituisce un ragione organizzativa sufficientemente specificata e quindi idonea a giustificare il ricorso alla stipulazione di un contratto a tempo determinato; Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 9 Come già evidenziato dal giudice delle leggi (Corte Cost. 14.7.2009, n. 214;) nonché dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 27.1.2011, n. 1931; Cass. 12.7.2010, n. 16303; Cass. 27.4.2010, n. 10033; Cass.1.2.2010, n. 2279; Cass. 21.5.2008, n. 12895;) la ratio sottesa alla prescrizione formale ex art. 1 co.2 d.lgs. 368/2001 – che impone la specificazione (per iscritto) delle ragioni “di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro”, di cui al co.1 (e, logicamente, dell’art. 4 co.1) – è quella di garantire la trasparenza, la veridicità e l’immodificabilità di tali ragioni, consentendo al lavoratore di conoscerle preventivamente ed al giudice di verificarne l’effettiva connessione con la durata solo temporanea della prestazione (in particolare accertando se il lavoratore sia state effettivamente utilizzato per soddisfare le ragioni indicate specificamente per iscritto); quanto al caso in esame, il riferimento alla determinazione, adottata dal dirigente del Dipartimento Organizzazione e personale, di assicurare al Servizio Opere idrauliche un supporto giuridico-legale per il periodo di anno garantisce la conoscibilità preventiva della ragione posta a giustificazione del ricorso ad un contratto a tempo determinato e la sindacabilità in sede giudiziale della sua sussistenza effettiva e della connessione con la durata temporanea della prestazione. in ordine all’eccezione, sollevata dalla ricorrente, delle proroghe del termine finale apposto al contratto originario stipulato in data 24.3.2004 per mancata indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo La ricorrente eccepisce la nullità delle successive proroghe del termine finale, asserendo la mancata indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che il prolungamento del rapporto di lavoro a tempo determinato era diretto a soddisfare. L’eccezione è fondata. L’art. 4 co.1 e 2 d.lgs. 368/2001 dispone: “1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 10 ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni. 2. L'onere della prova relativa all'obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l'eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.”. Poiché le esigenze di trasparenza, veridicità ed immodificabilità si impongono anche in ordine alle ragioni addotte a giustificazione della proroga, occorre che tali ragioni siano preventivamente specificate, al pari di quanto accade per il contratto originario. Venendo al caso in esame, emerge sempre per tabulas (doc. 2 fasc. ric.) che l’atto di data 8.3.2005, con cui è stato prorogato al 23.3.2007 il termine finale del 23.3.2005 apposto al contratto originario, non indica alcuna ragione oggettiva diretta a giustificare la prosecuzione del rapporto a tempo determinato; inoltre non vi è alcuna prova che la nota del 22.2.2005, con cui il dirigente del Servizio Opere idrauliche ha richiesto “il rinnovo del rapporto contrattuale d’impiego della sig.ra D. P. D. per il periodo di 24 mesi sulla base della rilevante molo di lavoro riguardante l’ambito giuridico legale…”, sia stata portata a conoscenza della ricorrente e, quindi non può rilevare al fine della verifica della legittimità della proroga. in ordine alle conseguenze della violazione della mancata indicazione nell’atto di proroga del termine finale al 23.23007 E’ vero che la Suprema Corte (Cass. 21.5.2008, n. 12895 (conf. Cass. 15.11.2010, n. 23057;) ha statuito che anche nella vigenza del d.lgs. 368/2001 alla nullità della clausola di apposizione del termine finale consegue la nullità parziale ex art. 1419 co.2 cod.civ. relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato . Tuttavia, attesa la natura di ente pubblico del datore di lavoro, il rapporto di lavoro de quo è assoggettato alla disciplina dettata per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 11 In proposito l’art. 36 co.5 d.lgs. 30.3.2001, n. 165 dispone: “In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative”. Corte Cost. 13.3.2003, n. 89, nel decidere la questione se tale disposizione fosse legittima nella parte in cui esclude che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, possa comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ha statuito che “…il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è quello, del tutto estraneo alla disciplina del lavoro privato, dell'accesso mediante concorso, enunciato dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione. L'esistenza di tale principio, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, di cui al primo comma dello stesso art. 97 della Costituzione, di per sé rende palese la non omogeneità - sotto l'aspetto considerato - delle situazioni poste a confronto dal rimettente e giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori da parte delle amministrazioni pubbliche conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione (in rapporto) a tempo indeterminato prevista per i lavoratori privati”. Inoltre la Suprema Corte, oltre a ribadire le considerazioni del giudice delle leggi (Cass. 20.3.2012, n. 4417; Cass. 13.1.2012, n. 392; Cass. 15.6.2010, n. 14350; Cass. 23.5.2003, n. 8229; Cass. 2.5.2003, n. 6699;), ha precisato (Cass. 7.5.2008, n. 11161;) – a fronte dell’assunto di un ricorrente per cassazione secondo cui la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato non è impedita dal Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 12 divieto posto dall’art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001 qualora il contratto di lavoro con clausola appositiva del termine nulla si riferisca a soggetti già positivamente valutati in una procedura concorsuale – che tale divieto si riferisce anche all’ipotesi in cui la violazione di disposizioni imperative sulle assunzioni riguardi persone risultate idonee in una procedura concorsuale atteso che l’osservanza del precetto ex art. 97 co.3 Cost. “è garantito solo dalla circostanza che l'aspirante abbia vinto il concorso, non essendo sufficiente il mero risultato di idoneità”. Il divieto, previsto dal legislatore nazionale, di conversione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro con pubbliche amministrazioni contenenti clausole appositive del termine finale affette da nullità, non appare in contrasto con il diritto dell’Unione Europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 7.9.2006, causa C-53/04, Marrosu e Sardino; 7.9.2006, causa C-180/04, Vassallo; conf. 1.10.2010, causa C-3/10, Affatato;), la quale, in ordine alla questione pregiudiziale “Se la direttiva 1999/70/CE (articolo 1 nonché clausole 1, lett. b, e clausola 5 dell’accordo quadro (…)) debba essere intesa nel senso che osta ad una disciplina interna (previgente all’attuazione della direttiva stessa) che differenzia i contratti di lavoro stipulati con la pubblica amministrazione, rispetto ai contratti con datori di lavoro privati, escludendo i primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione d’un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione di regole imperative sulla successione dei contratti a termine”, ha così statuito (in sentenza Marrosu e Sardino cit. punto 57): “…si deve risolvere la questione sollevata dichiarando che l’accordo quadro deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un’altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 13 sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico”; in particolare ritiene la Corte (Marrosu e Sardino cit. punti 47-55): “47…dal momento che (la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro ) non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi (sentenza Adeneler e a., cit., punto 91), essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia. 48 Ne consegue che la clausola 5 dell’accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico. 49 Tuttavia, come risulta dal punto 105 della citata sentenza Adeneler e a., affinché una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato, possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un’altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione. 50 Per quanto riguarda quest’ultima condizione, occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure enumerate in tale disposizione e dirette a prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, qualora il diritto nazionale non preveda già misure equivalenti. 51 Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 14 situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (sentenza Adeneler e a., cit., punto 94). 52 Anche se le modalità di attuazione di siffatte norme attengono all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc. pag. I-4599, punto 12, nonché Adeneler e a., cit., punto 95). 53 Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario. Infatti, secondo i termini stessi dell’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (sentenza Adeneler e a., cit., punto 102). 54 Non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno, compito che incombe esclusivamente al giudice del rinvio, il quale deve, nella fattispecie, determinare se i requisiti ricordati ai tre punti precedenti siano soddisfatti dalla normativa nazionale pertinente. Tuttavia la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (v. sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punti 76 e 77). 55 A tal riguardo occorre rilevare che una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, che prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, nonché il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa del ricorso Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 15 abusivo da parte della pubblica amministrazione a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sembra prima facie soddisfare i requisiti ricordati ai punti 51-53 della presente sentenza..” Sussistono, quindi, ragioni ostative insuperabili alla condivisione di quel minoritario orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Livorno 26.11.2010; Trib. Siena 13.12.2010; Trib. Napoli 16.6.2011; Trib. Trani 18.6.2011; ), che, seppur con diverse motivazioni, ha accolto le domande, proposte da lavoratori alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, di conversione di rapporti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato. In definitiva deve essere rigettata la domanda, proposta dalla ricorrente, di conversione dei rapporti di lavoro a termine intercorsi con l’ente convenuto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. --Una volta accertata la ricorrenza di assunzioni successive a termine effettuate senza soluzione di continuità, ma ritenuto che il rapporto non può considerarsi a tempo indeterminato (fin dalla data di stipulazione del primo contratto) in ragione del divieto di conversione ex art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001, occorre stabilire se, per effetto dello svolgimento di prestazioni di lavoro in esecuzione di contratti con clausole appositive del termine finale affette da nullità in quanto in contrasto con disposizioni imperative (in particolare con il disposto ex art. 5 co.4 d.lgs. 368/2001), la ricorrente abbia subito danni al cui risarcimento ha diritto alla luce del disposto ex art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001. Di recente la Suprema Corte (Cass. 392/2012 cit.), richiamando l’ormai consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sent. 11.11.2008, n. 26972; sent. 24.3.2006, n. 6572;), ha escluso anche nell’ipotesi ex art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001 che possa trattarsi di un danno in re ipsa ed ha così gravato il lavoratore dell’onere della prova dei pregiudizi, da assolversi in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento e, quindi, anche attraverso la prova per presunzioni (in tal caso sottoponendo alla Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 16 valutazione del giudice precisi elementi in base ai quali sia possibile risalire attraverso un prudente apprezzamento all’ esistenza dei danni denunziati subiti). La giurisprudenza di merito non è concorde nell’individuazione dei criteri di accertamento e di liquidazione del danno risarcibile ai sensi dell’art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001. Un primo indirizzo considera soprattutto il danno subito in concreto dal lavoratore, suddividendosi tra chi computa il danno: A) nella differenza tra quanto da lui effettivamente percepito e quanto lo stesso avrebbe percepito qualora fosse stato assunto con contratto a tempo indeterminato (Corte d’Appello Brescia, 8.7.2010; Trib. Milano, 27.1.2011; Trib. Oristano, 26.9.2010; Trib.Treviso 22.9.2010;); B) nelle retribuzioni commisurate al tempo necessario, nella zona residenza, per ricercare una nuova occupazione stabile, tenendo conto dell’età, del sesso e del titolo di studio (Trib. Rossano, 13.6.2007;) C) nelle retribuzioni commisurate all’intervallo di tempo tra la messa in mora dell’amministrazione e la sentenza (Trib. Trapani 30.1.2007;); D) nelle retribuzioni non erogate nei periodo intercorsi tra i vari contratti a termine stipulati con l’amministrazione (Trib. Catania 19.1.2007; Trib. Catania, 6.12.2006;) E) nelle maggiorazioni retributive ex art. 5 co.1 d.lgs. 368/2001 per l’intera durata dell’illegittima prosecuzione del rapporto oltre la scadenza del termine originario (Trib. Milano 25.5.2010; Trib. Bologna, 26.7.2007;); sempre nell’ambito di questo indirizzo un orientamento più rigoroso richiede, invece, una specifica allegazione e prova del pregiudizio derivante dalla prestazione resa in virtù di un contratto con termine illegittimamente apposto un quanto il meccanismo risarcitorio ex art. 36 co.5 d.lgs 165/2001 non persegue un’autonoma funzione punitiva nei confronti dell’amministrazione, né ristora la precarizzazione del rapporto in sé considerata (Trib. Trieste 31.5.2011); in senso diametralmente opposto si è, invece, ritenuto che, posta la conformità ai principi comunitari della sanzione Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 17 risarcitoria prevista dall'art. 36 d.lgs. 165/2001, il risarcimento del danno derivante dall'illegittima apposizione del termine è conseguenza intrinseca all'accertata violazione di legge, al cospetto dell'affidamento nella stabilità del rapporto (Corte Appello Catania 9.1.2012). Un secondo indirizzo, invece, ritiene possibile l’utilizzo di criteri indicati dal legislatore in riferimento a fattispecie diverse, suddividendosi tra chi computa il danno in riferimento: A) all’indennità sostitutiva della reintegrazione ex art. 18 co.5 St.Lav. nei rapporti assoggettati alla tutela reale, pari a 15 mensilità (Trib. Roma 28.4.2011; Trib. Torino 11.11.2011;; B) all’indennità sostitutiva della reintegrazione ex art. 18 co.5 St.Lav. con l’aggiunta delle 5 mensilità ex art. 18 co.4 St.Lav. (Corte Appello Genova 9.1.2009; Corte Appello Genova, 19.9.2008; Trib. Genova, 25.3.2011; Trib. Foggia, 5.11.2009;); C) all’indennità alternativa alla reintegrazione ex art. 8 L. 15.7.1966, n. 604 nei rapporti assoggettati a tutela obbligatoria, di misura variabile da 2,5 a 6 mensilità (Corte d’Appello Catanzaro, 1.4.2010;); D) all’indennità sostitutiva delle retribuzioni maturate nell’intervallo di tempo tra la data di scadenza del termine oggetto della clausola nulla e la data della sentenza di conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato ex art. 32 co.5 L. 4.11.2010, n. 183 (Trib. Milano 10.6.2011). --Pur nell’incertezza che inevitabilmente suscita una norma, come quella ex art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001, la quale considera possibile che dal mero svolgimento di prestazioni di lavoro in violazioni di disposizioni imperative derivino danni risarcibili in pregiudizio del prestatore, senza però indicare quali elementi di fatto assumono rilievo e quale criterio di liquidazione va utilizzato, appaiono necessarie due osservazioni preliminari: a) Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 18 da un lato, stante il divieto di conversione, il danno non può essere liquidato con riferimento all’ipotesi della trasformazione in rapporto a tempo indeterminato; in proposito Cass. 392/2012 cit. ha già precisato che i danni risarcibili ai sensi dell’art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001 “assumono anch’ essi una propria caratterizzazione correlata a negozi, la cui flessibilità assume natura e requisiti distinti da quelli risultanti nel lavoro privato e su cui i suddetti danni vanno conseguentemente parametrati”; quindi non sembrano condivisibili: né il criterio dell’indennità sostitutiva della reintegrazione ex art. 18 co.5 St.Lav , il quale presuppone l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (e non già di un rapporto di lavoro a termine nullo non convertibile) e la rinuncia al posto di lavoro da parte del lavoratore (e non già l’estromissione da parte del datore); né il criterio dell’indennità alternativa della reintegrazione ex art. 8 L. 64/1966, il quale presuppone l’originaria validità di un rapporto di lavoro indeterminato (e non già un rapporto di lavoro a termine nullo non convertibile); né il criterio dell’indennità ex art. 32 co.5 L.183/2010, il quale forfetizza il danno da mancata prestazione correlata ad un rapporto di lavoro convertito a tempo indeterminato (e non già il danno da svolgimento di prestazioni esecutive di un rapporto di lavoro a termine nullo per violazione di disposizioni imperative); né la commisurazione alle retribuzioni che sarebbero maturate nell’intervallo di tempo tra la messa in mora dell’amministrazione e la sentenza, il che presuppone un danno da mancata prestazione correlata ad un rapporto di lavoro convertito a tempo indeterminato (e non già il danno da svolgimento di prestazioni esecutive di un rapporto di lavoro a termine nullo per violazione di disposizioni imperative); né la commisurazione alle retribuzioni che sarebbero maturate nei periodi intercorsi tra i vari contratti a termine stipulati con l’amministrazione, il che presuppone un danno da mancata prestazione correlata ad n rapporto di lavoro convertito a tempo indeterminato (e non già il danno da svolgimento di Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 19 prestazioni esecutive di un rapporto di lavoro a termine nullo per violazione di disposizioni imperative); b) dall’altro, considerando che alla luce del diritto dell’Unione Europea il risarcimento del danno subito dal prestatore per effetto dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a termine deve essere di misura tale da risultare sufficientemente dissuasivo circa la reiterazione di condotte di tal genere così da garantire la piena efficacia delle norme dell’accordo quadro attuato dalla direttiva 1999/70/CE, il danno risarcibile non può essere escluso o ridotto ad una misura simbolica; quindi non sembra condivisibile l’orientamento che limita il danno risarcibile ai pregiudizi del solo interesse contrattuale negativo (rappresentato in tal caso soprattutto dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con terzi di un contratto maggiormente vantaggioso) in quanto l’art. 36 co.5 .d.lgs. 165/2001 riconosce la risarcibilità del danno derivante dallo svolgimento delle prestazioni in concreto eseguite, anche se in violazioni di disposizioni imperative, non solo e non tanto di quello conseguente alla stipulazione di un negozio nullo. --In riferimento ai pregiudizi derivanti dallo svolgimento in favore di pubbliche amministrazioni di prestazioni eseguite in violazione di disposizioni imperative (quali quelle concernenti la validità della clausola appositiva del termine finale): 1) In primo luogo è configurabile un “danno standard” derivante dalla lesione all’affidamento del lavoratore verso la validità del negozio giuridico in esecuzione del quale eseguiva le sue prestazioni; non si tratta di un danno in re ipsa in quanto corrisponde ad un pregiudizio in concreto arrecato ad un bene della vita giuridicamente tutelato, di cui il lavoratore è effettivamente titolare; siffatta situazione appare analoga a quella del lavoratore alle dipendenze di privati che presta la sua attività oltre la scadenza del termine finale convenuto; Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 20 in tale ipotesi l’art. 5 co.1 e 2 d.lgs. 368/2001 (nel testo vigente all’epoca: “1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. 2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini”) prevede una maggiorazione della retribuzione nella misura del 20%, la quale aumenta mano a mano che si avvicina il termine oltre il quale il rapporto si considera a tempo indeterminato; nella fattispecie in esame, poiché il rapporto non è suscettibile di conversione in rapporto a tempo indeterminato stante il divieto ex art. 36 co.5 d.lgs. 165/2001, non hanno ragion d’essere incrementi della maggiorazione iniziale del 20%.; in definitiva alla ricorrente spetta, per effetto dello svolgimento delle prestazioni eseguite nel corso del periodo 24.3.2005-10.10.2011, un risarcimento del danno pari al 20% delle retribuzioni percepite in detto periodo; la somma risultante dovrà essere maggiorata ai sensi dell’art. 16 co.6 L. 30.12.1991, n.412 (per cui “l’importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggio danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito”), norma richiamata dall’art.22 co. 36 L. 23.12.1994, n.724, il quale, in ragione della natura pubblica del datore di lavoro qui convenuto, trova applicazione nella presente controversia anche dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale, di cui alla sentenza Corte Cost. n.459/2000; ragioni di economia, non solo processuale, rendono opportuno consentire alle parti di depositare e scambiare conteggi in proposito; solo in caso di insanabili contrasti sarà disposta c.t.u... Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 21 2) Nel singolo caso concreto potrebbero verificarsi ulteriori pregiudizi di ordine più strettamente patrimoniale (quale, ad esempio, la perdita, per effetto della scelta del rapporto con la pubblica amministrazione confidando nella sua durata a tempo indeterminato, di un’opportunità occupazionale più vantaggiosa); si tratta però di danni in relazione ai quali incombe sul lavoratore uno specifico onere probatorio; non avendo la ricorrente nulla allegato e tanto meno provato, nulla le spetta a tale titolo. 3) La ricorrente adduce che dall’interruzione del rapporto con la P. le sarebbe derivato “gonfiore alle mani, accompagnato da artralgie delle piccole articolazioni delle mani da impotenza funzionale”, con successiva diagnosi di “probabile secca sindrome in soggetto con tiroidite autoimmune” e successivamente di “sclerosi sistemica progressiva, tiroidite di Hashimoto”; afferma che si tratta di “un quadro clinico estremamente precario nella cui genesi ha inciso pesantemente la situazione lavorative di prolungata precarietà (con il susseguirsi di una pluralità di contratti a termine da parte della P.) e la successiva perdita dell’impiego per decisione dell’ente resistente. Con rilevante stress psicofisica accumulato dall’istante, in forza del venir meno della garanzia di un lavoro e con esso della sostanziale tranquillità di poter tenere dietro alle spese del menage familiare di riferimento”; il carattere apodittico e generico di tali assunti in punto nesso eziologico tra le vicende lavorative della ricorrente e le sue condizioni fisiche nonché la mancanza di qualsiasi indicazione in tal senso nella documentazione medica prodotta dalla ricorrente (sub doc. 21 e 22) comportano il rigetto della domanda, proposta dalla ricorrente, di risarcimento del danno biologico, senza necessità di procedere a c.t.u.. ordine alle spese La pronuncia sulle spese è differita alla sentenza definitiva. Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 22 P.Q.M. Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, NON definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide: 1. Rigetta l’eccezione, sollevata dalla ricorrente, di nullità della clausola appositiva del termine finale al contratto originario stipulato in data 24.3.2004. 2. Accerta la nullità, per mancata indicazione delle ragioni giustificative, dell’atto di data 8.3.2005 con cui è stato prorogato al 23.3.2007 il termine finale apposto al contratto di lavoro stipulato in origine dalle parti. 3. Rigetta la domanda, proposta dalla ricorrente, di conversione del contratto di lavoro a termine intercorso tra le parti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato. 4. Condanna la P. al risarcimento del danno derivato dallo svolgimento di prestazioni di lavoro in violazione dell’art. 4 co.1 e 2 d.lgs. 368/2001 e liquidato in una somma pari al 20% delle retribuzioni percepite nel periodo 24.4.2005 – 10.10.2011, con gli interessi legali decorrenti dal giorno di maturazione dei singoli crediti fino al saldo e con il maggior danno da svalutazione, liquidato sulla base della differenza tra la variazione percentuale degli indici ISTAT, intervenuta dagli stessi termini a quibus fino ad oggi, ed il saggio legale degli interessi. 5. Rigetta la domanda, proposta dalla ricorrente, di risarcimento del danno biologico. 6. Riserva alla definizione del giudizio la pronuncia sulla liquidazione delle spese processuali. 7. Dispone con separata ordinanza per il proseguimento della trattazione. Trento, 15 gennaio 2013 IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE Tiziana Oss Cazzador dott. Giorgio Flaim Materiale diffuso dallʼ osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 23