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anno 17 | numero 32/33 | 24 agosto 2011 |  2,00
In vendita abbinata obbligatoria gratuita con il Giornale
settimanale diretto da luigi amicone
Ci salvi chi può
EDITORIALI
tra le righe della maglietta di un sedicenne
Mentre la crisi brucia il benessere
serpeggia l’antico veleno della violenza
U
na mattina d’agosto su un vagone della metrò milanese, prima della bella faccia (ma
troppo corrucciata per un ragazzino sui 16 anni) colpisce la scritta sulla t-shirt.
“Destroy everything for a better tomorrow”: distruggi ogni cosa per un domani migliore. Iconoclastia giovanile, certo. Ma anche cascame di una ribellione iniziata nel ’68
come energica volontà di cambiamento. E che giunge a noi esausta di ogni ideale, bensì carica di un’aggressività che vecchi padri padroni son lì, pronti a sfruttare, “per il bene della causa” (vestirà “indignados” la moda autunno-inverno 2011?). Distruggere “per
un domani migliore”. Non lo proclamava già Jean-Paul Sartre, adorato filosofo dei vecchi
padri, che «il male sono gli altri»? “No politica”. “No tutto”. In mezzo alla crisi che brucia
il benessere c’è oggi il rischio che si diffonda nuovamente l’antico veleno della violenza.
L’altra faccia dell’autolesionismo (crescendo psichiatrico statisticamente accertato tra le
giovani generazioni occidentali) è, infatti, il lesionismo. Così, grazie alla tipica maleducazione che le élite impartiscono alle folle occidentali da decenni, dopo la macabra danza
del terrorismo come «dopolavoro di chi si è rotto le balle» (Toni Negri, 1978), oggi rischiamo di nuovo la corsa a giustificare la violenza a seconda del colore e dell’obiettivo che
essa pretenderebbe esprimere. Progressista, se si manifesta come “No Tav”, nei “disturbatori” delle conferenze del ministro Brunetta o nelle presentazioni dei libri di Pansa. Ple- “Distruggi ogni cosa per un
bea e fascista, se riguarda fatti di “bullismo” o di domani migliore”, recita la t-shirt.
quella minuta inciviltà di cui rigurgita la crona- Iconoclastia giovanile, certo.
ca quotidiana. In realtà lo spirito della violenza Ma anche cascame di una ribellione
non è né di destra né di sinistra. E allora, chi ne
iniziata nel ’68 come volontà di
tira le fila? Direbbe quel vecchio e attuacambiamento. Oggi l’altra faccia
lissimo capolavoro di Robert Bresson,
dell’autolesionismo è il lesionismo
Il diavolo, probabilmente.
crolla il prezzo del cotone e non solo
Finita la luna di miele della materie prime.
Per delucidazioni suonare Pechino
V
isti i recenti capitomboli degli istituti finanziari italiani, verrebbe spontaneo pensare che
il grafico qui sotto rifletta l’andamento da inizio anno di una banca “nostrana”. Si
tratta invece del violento tonfo del cotone, il cui prezzo, in poco più di tre mesi, è
sceso del 30 per cento. Sembrerebbero, quindi, evaporati gli slanci euforici di inizio anno
quando, nonostante avesse alle spalle l’incredibile cavalcata del 2010 (+92 per cento, miglior
performance annuale dal ’73), continuava a macinare rialzi fino a toccare i 2,2 dollari per
libbra (circa mezzo chilo) livello mai visto da quando ci sono statistiche ufficiali sui prezzi, ossia da 140 anni. Inutile dire che la voce del padrone, quando si tratta di materie prime, parla cinese: negli ultimi mesi è come se gli importatori cinesi avessero staccato la spina. Un numero su tutti: in giugno le importazioni sono crollate del 40 per cento rispetto al
giugno 2010, in termini assoluti il peggior mese dell’ultima decade. Se aggiungiamo a ciò
il fatto che le scorte dell’India, secondo produttore mondiale, sono raddoppiate e potrebbero spingere il governo a togliere per la prossima stagione il limite alle esportazioni, non sarebbe sorprendente rivedere i prezzi del cotone ai livelli del 2010, ossia una possibile discesa
del 20 per cento. Ma, quando si parla di materie prime, non si può dimenticare il fattore meteo, in grado di “stravolgere” qualsiasi previsione. Pensiamo, per esempio, a quanto sta succedendo negli Usa, terzo produttore mondia- Andamento del prezzo del cotone
le ma soprattutto primo esportatore: la siccità, Fonte: Bloomberg Finance
140
da alcuni ritenuta la peggiore negli ultimi 100
130
anni, che ha colpito il Texas, da cui proviene
circa il 40 per cento della produzione ameri120
cana, rischia di compromettere il raccolto. In
110
questo caso, purtroppo, si tornerà sull’ottovo100
lante, situazione idilliaca per gli speculatori.
Apr 8 Apr 21 Mag 9 Mag 23
Giu 8 Giu 22
Lug 8 Lug 22
Apr 15 Apr 29 Mag 16 Mag 31
Giu 15 Giu 30 Lug 15 Lug 29
Alessandro Frigerio RMJ Sgr
FOGLIETTO
Ragionare sul Colle.
Al centrodestra serve
un candidato riformista
per il 2013. E magari
defilato politicamente
F
ino al giugno 2013 non vi sarà
tregua. La presidenza della Repubblica è lo snodo per riuscire
a “pesare politicamente” di poteri nello
Stato (a partire dalla magistratura),
degli ultimi esponenti dell’establishment, delle influenze internazionali
che ne hanno bisogno per tenere sotto
controllo l’Italia in ultima istanza. In
questi vent’anni di Seconda Repubblica,
mentre i più si concentravano sulla politica “quotidiana”, c’era chi intanto curava solo le successioni al Quirinale che
non dovevano mettere in discussone
equilibri di fondo non tanto istituzionali
quanto di potere. Al momento le forze
da sempre dedite a questo controllo
sono divise tra una soluzione conservatrice e di mediazione tipo Carlo Azeglio
Ciampi o Giorgio Napolitano (magari
con un Giuliano Amato) e il puntare su
un personaggio fazioso e invasivo come
Romano Prodi per far fare un passo in
avanti al già strabordante potere dei
pm (e al bancocentrismo). La crisi della
nazione, largamente derivante dall’incapacità di attuare riforme istituzionali,
difficilmente questa volta consentirà
scelte magari sagge ma di “rinvio”
dei problemi. Quel confuso fronte di
modernizzazione rappresentato dal
centrodestra dovrebbe rendersi conto
che non basterà la politica day by day,
dovrebbe considerare la portata strategica del prossimo scontro sul Colle
(che questa volta si combatterà anche
di fronte all’opinione pubblica) e presentare una scelta riformista di qualità,
magari defilata politicamente, tipo un
De Nicola del 2000.
Lodovico Festa
Avviso ai lettori
Questo numero di Tempi resterà
in edicola per due settimane.
Il nuovo numero sarà in edicola dal 25
agosto e in distribuzione speciale al
Meeting di Rimini dal 21 agosto.
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SOMMARIO
nuovi diritti
LA SETTIMANA
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anno 17 | numero 32/33 | 24 agosto 2011 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
Tutti figli
dello Stato
La sanità secondo Obama obbliga le assicurazioni
a fornire contraccettivi e aborti. E azzera la libertà
di coscienza dei medici. Un disegno di ingegneria
sociale che incide sulla concezione dell’uomo prima
che sui conti. Trattando la maternità come
una malattia e la procrezione come un inconveniente
Ci salvi chi può
|
Perché l’Italia non può
andare a fondo. Un ragionato
vademecum per capire
la tempesta dei mercati
Mattia Ferraresi..................................................................................................................................................................................................................... 8
interni
siamo un vecchio continente
Perché sono
costretti
a salvarci
INTERNI
Finlandia
Lussemburgo
Olanda
Belgio
Crescita del Pil tra il 2007 (crac Lehman) e il 2010
2
Irlanda
0
-6
Francia
Austria
Italia
Portogallo
+0,3
-0,7
-1,8 -1,5
-2 Austria -2
Belgio
-4
Germania
-8
-3
Francia
-5,8
Finlandia
-6,4
Spagna
Economia. Siamo un vecchio continente
Ora la Germania deve scegliere se accollarsi il debito
altrui o spingere l’euro (e l’Italia) giù dal precipizio.
Disincantata analisi sull’orlo del burrone. Il dizionario
per capire cosa sta succedendo ai mercati. E a noi
-5
Slovenia -5,6
Spagna
-7
Grecia
Italia
Germania
-10
-3,1
-4,2
Lussemburgo
Portogallo
-12
Slovenia
Olanda
-14
-14
Zona Euro
Irlanda
-16
con l’euro la Germania ha praticato un’azione
di “impoverimento dei suoi vicini”. ma ora
deve scegliere se accollarsi il debito altrui
o spingere moneta (e italia) giù dal precipizio.
Disincantata analisi sull’orlo del burrone
Grecia
«L’
Foto: aP/LaPresse
ItalIa è una portaereI In mezzo al Mediterraneo che ha
riacquistato importanza
con la crisi del Nord Africa. Siamo tornati ad avere il ruolo strategico che avevamo durante la Guerra fredda. Perciò
gli Usa e i grandi paesi europei non ci
Giulio Sapelli, docente di Storia ecoabbandoneranno. Noi siamo
nomica alla Statale di Milano, direttore e
La copertina del 14 luglio
un popolo che non sa goverricercatore presso centri studi e fondazioscorso del settimanale
narsi, però deve essere governi, è noto per i commenti fiammeggianti
inglese the economist,
nato bene dagli altri perché è
e spesso poco benevoli. Stavolta però le sue
dedicata alla crisi
dell’euro e dell’italia
un baluardo contro l’estremiparole esprimono un cinico ottimismo che,
smo, in questo caso nordafricase fosse confermato dagli eventi, tranquilno. Certo, per una vera ripresa economica to, presto verrà il giorno in cui i cittadi- lizzerebbe quanti sono in ansia per i ricoravremmo bisogno di uscire dall’euro per ni tedeschi si stuferanno di mantenere noi renti attacchi dei mercati al debito pubblirecuperare competitività. Io credo che ce mediterranei, e allora dobbiamo sperare co italiano. Anche se gettano nello sconforla caveremmo benissimo, che non sarem- che non salti fuori fra loro qualcuno con to coloro che non vogliono accettare l’idea
mo travolti dall’inflazione. Naturalmente la testa di quel norvegese, Breivik. Ma l’Ita- che l’Unione monetaria europea così come
con i nostri standard: altissima disoccupa- lia continueranno ad aiutarla come hanno è adesso non può durare. Eppure è tutto
zione e altissimo debito pubblico, ma non fatto dopo il ’45, non permetteranno mai molto chiaro: finché l’euro funziona come
affonderemo grazie al ritorno alle svaluta- un default. Non a caso è stato messo un ita- ha funzionato finora, le manovre lacrizioni competitive. L’unico problema è che liano a capo della Bce: Mario Draghi, otti- me e sangue di Giulio Tremonti non serviper far questo bisogna smontare il Tratta- mo tecnico, sarà il nostro ostaggio a Fran- ranno a un accidente, l’economia italiana
to di Lisbona e mettere d’accordo 27 paesi coforte».
continuerà a non crescere e il debito pubsu di una nuova versione, e questo è molblico resterà troppo pesanto difficile. Nel frattempo, con l’accordo «non si può non fare l’asta dei Bot ad
te. Ma questa situazione non
di Bruxelles si va verso l’unione fiscale, gli
durerà all’infinito, e nei nuoeurobond e la collettivizzazione del debi- agosto senza spiegare perché, cioè senza dare vi equilibri che si creeranno
to: i paesi virtuosi si vanno facendo cari- i numeri del fabbisogno italiano. i mercati
possiamo sperare di cavarceco, in prospettiva, dei nostri passivi. Cer- non credono sulla parola, vogliono vedere»
la. Vediamo perché.
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Stati Uniti. La sanità secondo Obama
Assicurazioni obbligate a fornire contraccettivi e aborti.
Libertà di coscienza dei medici eliminata. Così la riforma
“storica” sta diventando un piano di ingegneria sociale
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Le difficoltà attuali del debito sovrano
italiano dipendono dal fatto che negli ultimi nove anni ai fattori di fragilità endogeni della nostra finanza se ne è aggiunto uno
esogeno: l’euro. All’inizio la moneta unica
europea è stata un’ancora di salvezza per
le disastrate finanze italiane, ma adesso è
diventata la zavorra che ci sta trascinando a
fondo. L’ha spiegato molto bene Allan Mattich del Wall Street Journal: «L’Italia è riuscita a finanziare il suo debito facilmente,
anche se ha raggiunto dimensioni gigantesche, perché il suo ingresso nell’euro ha
spinto verso il basso il costo del suo finanziamento. La bacchetta magica della moneta unica ha regalato al governo italiano condizioni eccezionalmente vantaggiose. Una
ricerca di Merrill Lynch mostra che, calcolata anche l’inflazione, l’Italia ha pagato tassi di interesse inferiori a quelli della Germania fra il 1995 e il 2008. Ora però questo
sta cambiando. Ora che lo spread dei titoli
italiani è aumentato, non si restringerà di
nuovo (siamo oltre i 300 punti di differen-
za fra Bund tedeschi e Bot decennali italiani, ndr)». Il problema è che l’Italia non cresce più perché l’euro è una moneta sopravvalutata rispetto alla nostra realtà economico-finanziaria e quindi perdiamo quote
di export: «L’Italia – scrive ancora Mattich –
potrebbe vivere anche con spread crescenti se la sua economia crescesse. Ma questo
non è successo e non è probabile che avvenga in futuro. Il suo Pil alla fine dello scorso anno era maggiore di appena 2,5 punti
percentuali rispetto a quello del 2000. Per
quanto riguarda il futuro, il Fondo monetario internazionale prevede che il Pil italiano
continuerà a crescere a tassi che si aggirano fra l’1 e l’1,5 per cento tra oggi e il 2015.
Questa crescita modesta è il risultato diretto
dell’appartenenza dell’Italia all’area dell’eu-
ro. L’economia italiana è circa un terzo
meno competitiva di quella tedesca, e l’unico modo di riguadagnare competitività,
non potendo il governo svalutare la moneta nazionale, sarebbe un aumento dell’inflazione in Germania superiore a quello
dell’Italia. Ma stante la fobia della Bce e della Germania per l’inflazione, aspettiamoci
quasi certamente una lunga e dolorosa fase
di deflazione e austerità per l’Italia».
Ricordiamoci della recente mazzata
inferta da Trichet in aprile al debito italiano, col rialzo dei tassi di interesse dall’1
all’1,25 per cento. E che le politiche lacrime e sangue di Tremonti servono a poco:
«Finché rimane nell’euro, l’unico modo in
cui l’atrofizzata industria manifatturiera
italiana può competere con la Germania è
attraverso lo stesso doloroso
sentiero di austerità e defla«il tasso di cambio mantiene competitiva
zione che stanno percorrenl’economia tedesca. Questo è per loro
do Grecia, Irlanda, Portogalun forte incentivo a fare qualunque cosa
lo e Spagna», spiega Matper mantenere intatta la moneta unica»
tich. «Ma austerità signi-
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Rodolfo Casadei, Emanuele Boffi................................................................................................................................16
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ESTERI
Contabilità
di un massacro
n altro particolare si aggiunge al
panorama già drammatico della
discriminazione sessuale in India.
Un fenomeno che sta dividendo la politica,
i mass media, la società civile e persino la
Chiesa del grande paese asiatico.
A rappresentare “l’ultima frontiera”
della preferenza endemica degli indiani
per i maschi è ora una modifica radicale dell’apparato genitale attraverso la chirurgia plastica. Pratiche che coinvolgono famiglie e minori provenienti da ogni
parte del paese ma che, almeno per quan-
to si è scoperto finora, hanno come teatro la grande città di Indore, capitale commerciale dello stato centrale dell’India di
Madhya Pradesh. Qui, con la compiacenza di strutture ospedaliere e di specialisti
senza scrupoli, i genitori avrebbero la possibilità di accedere a pratiche che ritengono meno traumatiche di un aborto o della
soppressione della neonata per avere il tanto desiderato figlio maschio.
Da un certo tempo si rincorrevano voci
e rapporti su queste pratiche. Tanti elementi raccolti, sistematizzati e integrati da voci e interviste ospitate soprattutto
in un’indagine pubblicata il 26 giugno (e
finora non smentita) dal prestigioso quotidiano nazionale Hindustan Times. In concomitanza, altri media indiani, gruppi della società civile ed esponenti della cattolicità indiana mettevano in luce non solo
il fenomeno, ma soprattutto esprimevano il loro sconcerto e la loro opposizione
alla pratica, o meglio a questo abuso della genitoplastica, abitualmente utilizzata
per correggere malformazioni dei genitali
o in seguito a interventi chirurgici sovente
associata a cure ormonali.
Dopo l’emersione del fenomeno, la
Commissione nazionale indiana per la
protezione dei diritti dei minori (Ncpcr) ha
Foto: AP/LaPresse
da Bangkok Stefano Vecchia
U
Dinesh Laroia, specialista in pediatria e che sarebbero stati coinvolti nella pratica.
consulente della Ncpcr. Le notizie di prati- In maggioranza hanno confessato di avere
che chirurgiche mirate a modificare l’ap- praticato soltanto «interventi correttivi» su
parenza sessuale delle femmine a Indo- bambine nate con anomalie ai genitali, ma
re e altrove è scioccante: qual è la sua opi- gli attivisti per i diritti civili, in particolanione? «Il termine “chirurgia genito-urina- re per la difesa della donna, contrattaccano
ria” o, come descritto dai media, “genito- sostenendo che le cartelle cliniche sono staplastica” è nella sua accezione più ampia te modificate in modo da non fare emergeuna forma di chirurgia plastica degli orga- re la reale portata degli interventi.
ni riproduttivi. La Commissione nazionaCome ha dichiarato una coppia di genile per la protezione dei diritti dei bambi- tori di una bimba di due anni, il figlio nato
ni, di cui faccio parte, ha delefemmina «quando sarà cresciugato un gruppo di esperti (due
to potrà vivere una vita normamembri della commissione, un
le, senza alcun ricordo dell’inchirurgo pediatrico, un genetervento». Un’illusione. SeconMILA
tista e un avvocato specializzado il presidente dell’Accadeaborti quotidiani.
to in questioni medico-legali)
mia indiana dei pediatri, il dotNegli ultimi vent’anni
di condurre una ricerca approtor Goswamy, questi interventi
10 milioni di bambine
sono state eliminate
fondita. La conclusione a cui è
chirurgici possono nei miglioarrivata è che nei luoghi visitari dei casi lasciare in eredità
ti non ci sono prove di pratiche chirurgi- all’adulto impotenza o infertilità. «La geniche mirate a modificare l’aspetto sessua- toplastica è possibile su una bambina o un
le. Posso aggiungere che non è possibile, bambino normali, ma successivamente gli
attraverso pratiche chirurgiche, modifica- organi tenderanno a non svilupparsi in
re radicalmente l’apparato sessuale femmi- modo normale per la mancanza di ormonile in quello maschile».
ni e questo avrà conseguenze gravi. Quelli
di cui siamo ora a conoscenza – ha ammesLa tendenza negazionista
so Goswamy nella testimonianza al quoUlteriori indagini diranno qual è la real- tidiano The Telegraph di Calcutta – sono
tà nelle cliniche di Indore, ma il proble- casi sconvolgenti, che richiedono da parte
ma è stato sollevato, nel contesto di una nostra indagini e interventi appropriati».
legislazione “a maglie larghe”, soprattutto
Responsabile di questa situazione non
riguardo a tecniche non ancora riconosciu- è il caso, ma ragioni socio-culturali che
te come rischio sociale. La conferma è venu- portano a scelte magari dolorose ma riteta proprio da uno dei chirurghi che a Indo- nute “inevitabili”. Uno studio del 2009 ha
re praticano la genitoplastica nei casi speci- rilevato come siano 7 mila di media i feti
ficamente ammessi dalla legge, il dottor Bri- abortiti ogni giorno nel paese asiatico, con
jesh Lahoti: «In India non ci sono problemi una drammatica preponderanza di quelli
per queste operazioni in quanto richiedo- femmina. Negli ultimi vent’anni, fino a 10
no solo il consenso dei genitori e una loro milioni di bambine non hanno mai visto
dichiarazione», aveva dichiarato all’Hin- la luce o sono state eliminate subito dopo
dustan Times, salvo fare marcia indietro la nascita. I dati del censimento 2010, che
poche settimane dopo. Una tendenza nega- in questi mesi vengono elaborati e divulgazionista che parte ovviamente dai medici ti, mostrano ancora una volta un’India
7
Chirurgia genito-urinaria. È questa la nuova
arma del “gender-cidio” che sta decimando
la popolazione femminile in India. Denunce
e reticenze sull’atroce operazione che mutila
le bambine per non farle mai diventare donne
| 24 agosto 2011 |
ordinato al governo del Madhya Pradesh di
investigare sulla possibilità che 300 bambine tra uno e cinque anni d’età siano state
sottoposte alla chirurgia per modificarne
il sesso, su richiesta dei genitori disposti a
pagare fino all’equivalente di 3.200 dollari
per ogni intervento.
Del risultato dell’indagine, ancora
provvisorio, Tempi ha chiesto al dottor
|
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India. Dove mancano le bambine
Uno sconvolgente dossier svela l’abominio di un paese
dove le femmine vengono “trasformate” in maschi
a pochissimo tempo dalla nascita. I numeri di una
follia che si serve della chirurgia genito-urinaria
Stefano Vecchia.................................................................................................................................................................................................. 24
30
cultura
più persone meno stato
La carità
di un presunto
xenofobo
di Nicholas Farrell
G
uardando le immagini in televisione di
quel branco di africani scappati dal
centro di accoglienza a Bari comportandosi da teppisti sono sbottato: «Ora
basta! Se ne vadano fuori dall’Italia subito!». Si autodefiniscono “profughi” provenienti dalla Libia e perciò titolari del diritto di asilo, ma sono senza documenti (e lo
fanno apposta) perché la realtà è un’altra:
sono clandestini. Ma in fondo profughi o
clandestini non cambia nulla. In entrambi
i casi, una volta qui in Italia, il governo è
praticamente impotente: non può mandarli “a casa” per diversi motivi, uno di questi
è che è praticamente impossibile risalire
a dove sia davvero casa loro. E questo i falsi profughi lo sanno benissimo. Il governo
italiano, grazie alla Marina e alla Guardia
costiera, sa benissimo da dove sono partiti
ma non può fare nulla. L’unica soluzione
sarebbe rispedirli al mittente tutti, anche
se provengono dalla Libia, preferibilmente
prima che sbarchino in Italia. Con la forza
“if necessary”.
Da essere umano, però, ovvero da ateo
devoto, mi sento costretto a confessare
una cosa: io, personalmente, ho contribuito a salvare uno di loro. Ed è giusto così.
| 24 agosto 2011 |
Lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro non esiste) sono una cosa, l’individuo
e la comunità un’altra. Prendiamo l’esempio dei soldi pubblici girati ai poveri. Se
mi trovo per legge costretto a pagare per
i poveri tramite le mie tasse mi arrabbio.
Mi arrabbio perché così facendo lo Stato
mi toglie il diritto alla libertà di scelta e
anche perché so benissimo che quando
c’è di mezzo lo Stato è molto difficile che
i miei soldi arrivino veramente a chi ne ha
bisogno. Se, d’altronde, la scelta di dare
soldi ai poveri rimane di competenza non
dello Stato e della società ma dell’individuo e della comunità (cosa che invece esiste eccome), il rapporto fra me e il povero
è più diretto, più onesto e più trasparente.
Seduto al tavolino del bar
Piccolo esempio. Ogni giorno leggo i giornali al bar nel centro storico di Forlì dove
abito. Dato che sono un fumatore mi siedo
a un tavolo all’aperto. Ogni santo giorno
passano clandestini e zingari che mi chiedono l’elemosina. Non la concedo a tutti.
Dipende. Dipende da come mi sento quel
giorno e dipende da che impressione mi fa
la persona che me la chiede.
Tony Okwuwe è nato in Nigeria, e oggi
ha 26 anni. Nel 2006 è arrivato in Italia
CULTURA
«lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro
non esiste) sono una cosa, l’individuo e la
comunità un’altra. Ogni tanto io e tony ci
sentiamo. Ormai il suo italiano non è male»
tony Okwuwe,
orfano nigeriano,
è arrivato in
Italia nel 2006
dopo un viaggio
della speranza
e oggi ha
un regolare
permesso
di soggiorno
si può invocare il pugno di ferro del governo
sull’immigrazione e poi “adottare” un giovane
nigeriano clandestino? nicholas Farrell lo ha
fatto. non per incoerenza, né per pietismo.
«ma perché ho guardato tony negli occhi»
30
dalla Libia passando per Lampedusa e Trapani in una barca stracolma di clandestini. Poi, poco dopo, un giorno d’estate,
all’ora di pranzo, ha incontrato me per
puro caso in una piazza nel centro storico di Rimini. Stavo mangiando del pesce
(triglie, canocchie, sogliole) all’aria aperta
sotto un bel sole con dei colleghi e mi sentivo bene. Tony si avvicinò al nostro tavolo, aveva con sé i soliti fazzoletti e accendini da vendere: «Aiutatemi, vi prego».
Era simpatico, aveva degli occhi dolci. L’ho fatto sedere alla nostra tavola. Gli
abbiamo offerto da mangiare. Gli piaceva molto il pesce perché è cresciuto nella delta del fiume Niger. Non parlava l’italiano, solo l’inglese, anche se piuttosto
male. Così iniziò a raccontare la sua storia. Per arrivare a Rimini aveva fatto un
viaggio di 3.500 chilometri durato parecchi anni dalla Nigeria alla Libia e poi quella traversata in mare aperto per raggiungere l’Italia.
Figlio unico, di famiglia cristiana, sua
madre, Jenny, morì mentre partoriva. Nel
1997 se ne andò anche suo padre, Dixon,
un elettrauto, ucciso in casa da una banda
armata di un’altra tribù. Nella zona dove
Tony viveva c’era – e c’è ancora – una guerra in atto fra due tribù. Le ultime parole
del padre sono state: «Scappa!». E così ha
fatto quel bambino che allora aveva solo
12 anni. Durante la fuga gli hanno sparato, colpendolo alla gamba sinistra. Rimasto orfano, dopo il ricovero in ospedale,
ha vagabondato per la Nigeria per anni.
Per qualche tempo è rimasto nel Nord
del paese, dove c’è una forte concentrazione di musulmani e tanta violenza. Nel
2005, appena compiuti i 18 anni, decide
di lasciare la Nigeria per andare nel vicino
Niger dove rimane per sette mesi.
Comincia il viaggio infernale
Lì, nella città di Agadez, incontra un senegalese simpatico che abita in Libia. Il senegalese, cristiano ma travestito da musulmano, si offre di portarlo con sé. Dalla
Libia, gli prometteva, sarebbe potuto andare in Italia. Il viaggio attraverso il Sahara in
una Landcruiser scoperchiata con a bordo
trentasei persone dura otto giorni per la
modica cifra di 50 euro (nel caso di Tony,
pagati dal senegalese).
Come è stato quel viaggio? «Nessuno è morto nel deserto ma spesso succede. Sabbia, sabbia, non vedi mai un albero». E poi, la Libia. «Ci hanno lasciati in
un campo di mais, poi siamo arrivati al
mare vicino a Tripoli. A quel punto era-
|
vamo in 18 persone sul camioncino. Per
evitare la polizia l’autista guidava spesso
fuori strada. Abbiamo avuto un incidente. Il camioncino si è ribaltato. Uno di noi
è rimasto intrappolato sotto. Una volta a
Tripoli ho detto al ragazzo senegalese di
mandarmi in un paese cristiano dove non
ci fossero musulmani. I musulmani sono
così violenti! Allora lui mi ha proposto
l’Italia. Ha prenotato un viaggio in barca
e ha pagato lui. Non so che cifra: una volta a bordo, alcuni dicevano di aver pagato
500 dollari, altri 400».
Al giorno d’oggi i prezzi sono molto
più alti, intorno ai 1.500 dollari. «La barca
– prosegue Tony – partiva di notte da una
spiaggia fuori di Tripoli». Per descrivere
com’era la barca Tony si alza, fa circa venti passi, cioè circa sei metri. Tanto è grande la barca con cui pensa di arrivare in Italia. A bordo ci sono 27 persone. E nessun
pilota. «L’arabo ci spingeva via dalla spiaggia gridando di andarcene in fretta. Ci avevano dato solo una bussola puntata verso l’Italia. A turno ognuno di noi pilotava la barca. A bordo c’erano pane, tonno e
dell’acqua. Con noi c’era una donna, incinta, che arrivava dall’Etiopia con il marito».
Partono da Tripoli il 15 luglio 2006.
Per i primi giorni di navigazione il mare
è calmo, ma dopo poco si fa mosso, molto mosso. Come se non bastasse la bussola si rompe. «Non sapevamo più dove stavamo andando. Persi nel mare cantavamo
tutti insieme inni al Signore, perché mandasse giù degli angeli a salvarci». Intanto il mare resta agitato, la barca soffre. «I
musulmani non cantavano ma noi cristiani sì, cercavamo di farci forza. I cristiani,
oltre a me, erano nove nigeriani, tre ghanesi e poi alcuni dall’Etiopia. Poi la donna ha cominciato a piangere». La situazione è ormai disperata quando una nave della Guardia costiera italiana intercetta la
barca e porta i clandestini fino a Trapani.
«Lì ci hanno portato alla stazione. Abbiamo chiesto dei soldi ma non ce li hanno
dati. Un nigeriano che era sulla barca con
me aveva in tasca 100 euro. Mi ha pagato
il biglietto per Ravenna». Perché proprio
Ravenna? «Perché i soldi bastavano per
arrivare fin lì».
Accoglienza. Stranieri a casa
La carità secondo un cosiddetto xenofobo
La svolta
Una volta in Romagna Tony incontra un
nigeriano che gli offre un letto e un posto
per dormire. «Il giorno che ci siamo incontrati – ricorda oggi – ero a Rimini perché il
ragazzo presso cui dormivo mi aveva dato
della roba da vendere in giro. Fazzoletti,
calzini. A volte andavamo anche a Pesaro, altre volte a Riccione». L’unico lavoro
che Tony ha fatto in Nigeria è il benzinaio. Non parla italiano ed è analfabeta. Racconta che ogni giorno era bello quando
suo padre era vivo. «L’ho amato, l’ho amato così tanto. Mi voleva insegnare a leggere e scrivere perché voleva che andassi all’università. Da quando è morto non
c’è più nessun giorno bello». Finito il suo
racconto Tony si mette a piangere. Prende le mie mani tra le sue e allora anche io
comincio a piangere. Con alcuni colleghi
decidiamo di trovare un avvocato che possa dargli una mano a sistemarsi in Italia e
a regolarizzare la sua posizione.
Cinque anni dopo, grazie a noi e, nel
bene o nel male, grazie alla legge italiana, Tony Okwuwe, orfano nigeriano solo
al mondo, è ancora in Italia e ha un regolare permesso di soggiorno. Non mi sento in colpa per quello che ho fatto né mi
sento incoerente. Anzi. Per giustificare le
loro stragi i padrini mafiosi dicevano: “It’s
not personal, it’s business”. Io, invece,
dico: non è business, è personale. Ho fatto quello che ho fatto perché ho guardato
Tony negli occhi. Ogni tanto ci sentiamo.
Ormai il suo italiano non è affatto male.
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Nicholas Farrell...................................................................................................................................................................................................... 30
Film. Ripescaggi
Capolavori che qualcuno ci ha fatto perdere
31
Simone Fortunato............................................................................................................................................................................................ 32
40
l’intervista
la vita non è un romanzo
Walter Siti
L’Intervista
a colloquio con lo scrittore che ha vissuto
(e narrato) il passaggio dall’omosessualità
come condizione conflittuale alla sbornia
della “gayzzazione dell’occidente”. «Questa
“normalità” non mi appartiene né mi interessa»
o sono ormai un vecchio arnese.
Quelli della mia generazione
hanno vissuto un’omosessualità tragica e conflittuale, con una forte
connotazione mistica o simbolica: cercavamo un rapporto con l’assoluto. L’omosessualità dei ragazzi di oggi ha a che fare
semplicemente con il rapporto tra due
persone, un fatto pratico, concreto».
Parla con una mitezza dalla quale traspare una lunga consuetudine col disincanto e la disperazione Walter Siti, 65
anni, accademico, critico letterario, curatore delle opere di Pasolini, autore televisivo e soprattutto scrittore che per trent’anni – proprio mentre si affermava quel processo che lui stesso ha definito di «gayzzazione dell’Occidente» – ha scandagliato il
suo cuore e le sue ossessioni attraverso la
parola (creandosi un alter ego lungo quattro romanzi: Un dolore normale, Scuola di
nudo, Troppi paradisi e Il contagio).
Oggi Siti ha una piega più amara sulle labbra: è appena tornato da Modena, la
sua città natale, dove ha accompagnato in
ospizio l’anziana madre malata di Alzheimer, alla quale non ha mai confidato la
propria omosessualità, anche se lei sapeva, in silenzio.
| 24 agosto 2011 |
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era all’inizio del famoso Sodoma e Gomorra di Proust nel IV volume della Recherche dove lui parla degli omosessuali come
di una razza simile agli ebrei. Un ragazzo
si sentiva un reietto per il fatto stesso di
appartenere a questa razza. È emblematico il caso di uno strano romanzo di culto di
Carlo Coccioli, Fabrizio Lupo, edito in francese nel 1952 perché in Italia era considerato impubblicabile. Una sorta di libro maledetto: dopo l’uscita in Francia diversi ragazzi si suicidarono e l’autore riparò in Messico. Lì tradusse la sua opera in spagnolo
nel 1953, anche questa edizione accompagnata da una catena di suicidi. Coccioli usa
una bella definizione: «Ogni omosessuale è
come un anarchico uscito da un diluvio».
Forse per questa impossibilità di vivere una
vita normale, noi privilegiavamo gli aspetti simbolici della nostra condizione: l’uomo desiderato diventava un angelo, come i
Una sorta di condanna…
C’era proprio l’idea che l’omosessuale ragazzi di Sandro Penna o quelli di De Pisis.
fosse una razza condannata: il riferimento Oppure il simbolo di un dio pagano, Ercole o Apollo. Qualcosa di più
«il modo di vivere il desiderio dei gay si sposa e qualcosa di meno di un
Il che letterariamente
con il nostro modo di vivere il rapporto con le uomo.
produceva registri fecondi,
merci. Come se il desiderio gay fosse divenuto dalle poesie di Kavafis al peril modello di un certo desiderio di merci»
sonaggio di Vautrin delle
Si potrebbe sostenere che la mia serenità non
è altro che questo: essermi rifiutato, per eccesso di sofferenza, alla visione diretta della
verità. Ho chiuso gli occhi di fronte all’enorme, spaventosa sconfitta, al taglio gigantesco come un canyon davanti al quale avrei
dovuto, per dignità, uccidere o morire. (Troppi paradisi)
«Ricordo a vent’anni di avere ricevuto
degli sputi in faccia da persone che si sentivano guardate con desiderio. E gli sputi
non erano il peggio che poteva capitarti.
Poi c’era un’assoluta mancanza di contesto
che ti permettesse di vivere i tuoi rapporti all’interno di una rete di amicizie, per
non parlare del rapporto con la famiglia.
Intorno non c’era niente, soltanto quella
così lì, la tua omosessualità, da vivere in
solitudine».
Foto: aP/laPresse
«I
40
RUBRICHE
L’Italia che lavora.................... 46
Mobilità 2000.................................. 55
La rosa dei Tempi...................... 56
Lettere al direttore................. 62
Taz&Bao..................................................... 64
QUOTE ROSA A RISCHIO
ESTERI
24
Foglietto
Lodovico Festa.................................. 5
Non sono d’accordo
Oscar Giannino..............................14
Il diavolo della Tasmania
Renato Farina................................. 23
Se ti dimentico
Gerusalemme
Yasha Reibman
Il portone di bronzo
Angela Ambrogetti............ 29
Intellettuale cura te stesso
Giorgio Israel.................................. 39
Mamma Oca
Annalena Valenti.................... 49
Presa d’aria
Paolo Togni...........................................50
Post Apocalypto
Aldo Trento......................................... 56
Sport über alles
Fred Perri.................................................58
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano........................ 59
Diario
Marina Corradi............................66
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Walter Siti. Vi spiego il mondo omo
A colloquio con un grande scrittore che ha vissuto
(e narrato) il passaggio dall’omosessualità come
conflitto interiore all’universo troppo carnevalesco dei
gay pride. Dal rapporto con Pasolini ai modelli estetici
Francesco Esposito......................................................................................................................................................................................40
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 17 – N. 32-33 dall’11 al 24 agosto 2011
IN COPERTINA illustrazione: Davide Viganò
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REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,
Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato
speciale), Benedetta Frigerio, Caterina Giojelli,
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Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni
SEGRETERIA DI REDAZIONE:
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(D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).
la fattoria degli umani
Tutti figli
dello Stato
La sanità secondo Obama obbliga le assicurazioni
a fornire contraccettivi e aborti. E azzera la libertà
di coscienza dei medici. Un disegno di ingegneria
sociale che incide sulla concezione dell’uomo prima
che sui conti. Trattando la maternità come
una malattia e la procrezione come un inconveniente
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9
U
na commissione dell’Institute of Medicine – autorevole organizzazione
nata per fornire al governo americano informate linee guida in fatto di sanità pubblica – ha suggerito all’Amministrazione di inserire nel prontuario delle prestazioni gratuite alcuni controlli piuttosto
importanti per le donne, tipo quello per
il Papilloma Virus e per la maternità. Chi
pensa alle ecografie o alle cure pediatriche sbaglia: è la maternità la malattia da
curare. Alcuni degli strumenti che saran-
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no garantiti dal ministero della Sanità una
volta recepita la norma – non c’è bisogno
del voto del Congresso per trasformare la
direttiva in legge, basta il timbro ministeriale – non serviranno a prendere in cura
puerpere e pargoli, ma a eliminare il problema prima che si ponga. Si chiama controllo delle nascite o, se si preferisce la più
disinvolta dizione neolinguistica, “pianificazione parentale”, come recita il nome
della più influente associazione che si occupa della materia. In sostanza, le assicurazioni sanitarie degli Stati Uniti saranno
obbligate a fornire nel pacchetto dei servizi offerti gratuitamente ai loro clienti
anche tutti gli strumenti anticoncezionali e abortivi in commercio:
preservativo, pillola (classica
Dopo poco più di sei mesi dall’approvazione
e del giorno dopo), sterilizzadella riforma sanitaria di Obama si è passati
zione, diaframma e tutto il
dall’ideale egalitario della copertura sanitaria resto, fino all’interruzione di
gravidanza vera e propria. Il
universale al preservativo di Stato
Foto: AP/LaPresse
da New York Mattia Ferraresi
la fattoria degli umani PRIMALINEA
battagliere associazioni per il controllo delle nascite, che marciando senza problemi
sulle convinzioni non proprio di un anticipatore dell’Humanae Vitae come George
Washington («La legge sia sempre modellata secondo le convinzioni della coscienza di ciascuno», scriveva) hanno proposto
clausole esplicite per azzerare l’obiezione
di coscienza: «Occorre limitare il rifiuto dei
contraccettivi per motivi morali, religiosi o
etici», hanno scritto negli atti dei tre incontri pubblici con i medici dell’Institute of
Medicine.
L’Amministrazione se la canLa commissione tecnica a cui
ta e se la suona: il ministero
il ministro della Sanità ha
commissiona uno studio a un
chiesto un parere per stilare
istituto indipendente, il quale
le linee guida ha beneficiato dei
per vergare le sue indicazioni si
avvale dei consigli delle lobby
consigli di Planned Parenthood,
del pensiero pro-choice; infine
del Guttmacher Institute e del
il documento prodotto ritorna a
National Women’s Law Center:
Washington per essere vidimato
le più battagliere associazioni
e accorpato alla grande riforma
per il controllo delle nascite
sanitaria. Altre associazioni che
invocavano per lo meno la liberè passati dall’ideale egalitario della coper- tà di coscienza sono state altresì invitate a
tura sanitaria universale al preservativo di partecipare ai lavori, ma soltanto nelle sessioni conclusive, quelle in cui si parla tanStato. E non sono previste eccezioni.
Ospedali e cliniche di ispirazione reli- to e non si decide nulla. Dalla rasoiata stagiosa non potranno rifiutarsi di fornire il tale si salvano soltanto gli amish, che sono
servizio prescritto dalla legge e, tanto per esentati dall’obbligo di stipulare una polizdare un’idea delle proporzioni, soltanto za – pratica contraria alle loro convinzionelle strutture cattoliche lavora un milione ni – e quindi non saranno costretti alle
di persone. La commissione tecnica a cui il conseguenze dettate dalle linee guida. Il
ministro della Sanità, Kathleen Sebelius, presidente di Planned Parenthood, Cecile
ha chiesto un parere per stilare le linee gui- Richards, esulta: «Queste linee guida ci perda ha beneficiato dei consigli di Planned mettono di fare un passo verso la sicurezza
Parenthood, del Guttmacher Institute e del che tutte le donne che hanno un’assicuraNational Women’s Law Center, tre fra le più zione medica possano accedere agli stru-
Foto: AP/LaPresse
Sopra una
pubblicità della Planned
Parenthood, potente
lobby che promuove
la “pianificazione
familiare”.
A lato, una
manifestazione
pro-choice
tutto opportunamente accompagnato dalle visite mediche legate all’uso di tali contraccettivi e senza l’obbligo del pagamento del co-pay (una quota aggiuntiva da versare di tasca propria). L’assicurazione deve
garantire che chiunque abbia libero accesso alla cura della peggiore delle malattie, la
procreazione. Siccome poi la riforma sanitaria introdotta dall’Amministrazione Obama nel 2010 obbliga tutti i cittadini americani a stipulare una polizza assicurativa, il
diritto agli anticoncezionali non può nemmeno essere declinato. Dopo poco più di
sei mesi dall’approvazione della riforma si
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La controffensiva della Chiesa
Commentando il parere “storico” della
commissione, Sebelius ha voluto precisare
che le indicazioni dell’istituto sono basate su «evidenze scientifiche». La controffensiva non si è fatta attendere: la Florida Catholic Conference ha scritto una lettera al Congresso perché facesse pressione
sul ministero per approvare una legge che
permetta l’obiezione di coscienza. Il cardinale Daniel DiNardo, capo della commmissione delle attività pro-life, ha detto che
«oppone decisamente» l’obbligo di servizi
come «la sterilizzazione chirurgica e tutti
metodi contraccettivi approvati dal dipartimento che controlla la commercializzazione dei medicinali». Inoltre, DiNardo
ha sottolineato la pervasività culturale di
quella che i progressisti hanno interesse a
rappresentare come un’iniziativa tecnica e
moralmente neutra. Associazioni religiose
e non solo si sono allineate sulla condanna
del cardinale. La chiave della virata vagamente orwelliana della riforma è Kathleen Sebelius, cattolica di specie progressista, “adulta”, si sarebbe detto qualche tem12
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Il ministro della Sanità
Kathleen Sebelius è una
cattolica. Le associazioni
per la pianificazione
familiare hanno
cavalcato la sua
appartenenza alla Chiesa
per dimostrare che si
può essere religiosi
senza rinunciare a fare
gli avvocati del controllo
delle nascite
po fa. Il suo attaccamento alla Chiesa non
le impedisce di essere “decisamente prochoice”, di avere messo il veto per quattro
volte, quando era governatore del Kansas, a
proposte di legge che avrebbero ristretto lo
spazio per ricorrere all’aborto. Le associazioni per la pianificazione familiare hanno cavalcato la sua appartenenza alla Chiesa per dimostrare il teorema secondo cui si
può essere religiosi senza rinunciare a fare
gli avvocati del controllo delle nascite. Il
prefetto della Segnatura apostolica, l’arcivescovo Raymond Burke, non la pensa allo
stesso modo: nel 2009 ha detto che «dopo
un’ammonizione pastorale, ha perseverato
in un peccato grave» e il vescovo di Kansas
City, Joseph Naumann, ha intimato a lei di
non accostarsi alla comunione e ai preti
della diocesi di non concedergliela quando
notano la sua inconfondibile chioma corta
e grigia. Sebelius ha sostenuto e finanziato
George Tiller, il famoso medico e ideologo
abortista che nel 2009 è stato ucciso con
un colpo di pistola dalla follia di un attivista pro-life in una chiesa di Wichita. Il suo
profilo di cattolica non è certo un’eccezione nel panorama del progressismo democratico: da Nancy Pelosi al vicepresidente,
Joe Biden, sono molti i cattolici democratici che s’impegnano attivamente, ma il
problema non è tanto di natura teologica,
quanto politica e culturale.
L’Amministrazione Obama ha nascosto fra le pieghe della riforma sanitaria
l’energia potenziale per introdurre direttive che aggirano persino la libertà di
coscienza. Il metodo è normalizzare, assuefare, non imporre. Era successo anche con
i “death panel”, i consigli che il medico
doveva obbligatoriamente fornire in materia di fine vita. Sarah Palin aveva ingaggiato una battaglia titanica contro l’eutanasia di Stato, impostazione ingenua del problema: nel grande pascolo della riforma, il
controllo della vita e della morte si traveste da agnello, si insinua nei dettagli tecnici riparandosi dietro alla classica argomentazione secondo cui, alla fine, ciascuno è libero di scegliere i servizi sanitari
di cui usufruire. Si tratta di una procedura piuttosto invalsa nella logica politica di
Obama. Il presidente sa che nelle riforme
ampie e generali, quelle che nelle conferenze stampa tutti chiamano “storiche”, si
può nascondere di tutto sfruttando il meccanismo delle linee guida e delle applica-
Foto: AP/LaPresse
menti per il controllo delle nascite senza
spese aggiuntive». Anche Nancy Keenan,
dell’associazione pro-choice Naral, parla
di «una delle più grandi conquiste dell’ultima generazione per la salute delle donne».
Se ne deduce che il problema è di salute e
la maternità finisce, nella logica dell’Amministrazione, sullo stesso piano della prevenzione del cancro al seno o dei test per
l’Hiv. Si dirà che chi non vuole usufruire
dei servizi che l’ingegneria sanitaria generosamente offre a costo zero sarà comunque libero di non usarli, ma la grande controversia è a un livello più profondo: la
maternità è una patologia da curare? Che
cosa s’intende per malattia? E dunque, che
cosa significa curare?
la fattoria degli umani PRIMALINEA
Cass Sunstein amministratore dell’Office
of Information and Regulatory Affairs.
A sinistra, il ministro della Sanità Sebelius
Foto: AP/LaPresse
zioni di fatto. Si possono persino finanziare ricerche scientifiche che sarebbe riduttivo definire bizzarre, come alcune di quelle
condotte nei laboratori del National Institute of Health, il centro di ricerca controllato dall’Amministrazione americana. Gli
scienziati del Nih hanno, ad esempio, speso 9,4 milioni di dollari per fare un modello statistico sulla lunghezza del pene degli
omosessuali: dopo mesi di ricerche, gli
esperti sono arrivati alla scomoda verità
secondo cui chi ce l’ha più lungo tende a
essere attivo nei rapporti, relegando alla
passività chi ha doti meno spiccate.
Una “spintarella” paterna
La normalizzazione dell’anticoncezionale di Stato, la surrettizia introduzione del
controllo delle nascite nella vita degli americani come componente moralmente neutra (se non come trampolino per la felicità
hic et nunc) è un dato che supera di molto i dettagli di una riforma che si vanta di
introdurre la copertura sanitaria universale nell’America individualista e discriminatoria. L’amministratore dell’Office
of Information and Regulatory Affairs di
Obama, Cass Sunstein, si appellerebbe al
concetto di “nudge”, la spintarella morale
(e magari politicamente assestata) che permette all’uomo di scegliere il bene. L’idea
chiave di Sunstein è che gli uomini tendano a fare scelte inefficienti e costose, quindi in ultima analisi sbagliate, e per questo
propone un sistema basato sui princìpi del
“paternalismo libertario”: se l’uomo tende
al male, ci vorrà qualcuno in grado di spingerlo verso quelle illuminate decisioni che
autonomamente non prenderebbe, ragiona Sunstein. E chi è il soggetto abbastanza
potente da dare una spinterella collettiva
a un intero sistema? Lo Stato, naturalmente. Per sostenere questo progetto di ingegneria sociale però vanno eliminati tutti i riferimenti hobbesiani, va espunta la
forzatura esplicita, il potere coercitivo alla
luce del sole, altrimenti l’inganno sarebbe
chiaro e dalla spintarella paterna si passerebbe immediatamente a un’intollerabile dittatura sociale. Così il comportamen-
tismo spinto del professore dell’Università
di Chicago non può che rivolgersi al mercato psicologico dell’implicito, dove sono i
dettagli nascosti e apparentemente incolori a “migliorare le decisioni sulla sanità, il
benessere e la felicità”, come recita il titolo del suo libro più noto.
La proposta del ministero della Sanità di fornire per legge e gratuitamente gli
strumenti per pianificare la maternità (e
curarla qualora il germe venga disgraziatamente inoculato) è uno dei tanti mezzi
della grande macchina politica americana
per indurre il processo di osmosi ideologica. A seconda delle interpretazioni, sembra una scelta di civiltà, una proposta che
il singolo può comunque rifiutare, oppure,
al contrario, un attentato esplicito alle idee
religiose di chi è immediatamente bollato
come baciapile. Ai politici che la promuovono sembra un’idea concreta per tutelare la salute delle donne, nel pieno spirito di una riforma obamiana
che agisce sulla concezione
Ospedali e cliniche di ispirazione religiosa
dell’uomo prima ancora che
non potranno rifiutarsi di fornire il servizio
sui conti dello Stato. Sembra
prescritto dalla legge. Soltanto nelle strutture tutto questo, ma in realtà è
una spintarella. n
cattoliche lavora un milione di persone
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L’OBIETTORE
IN MERITO A UNA LEGGE DICHIARATA “INCOSTITUZIONALE”
Il problema non è l’omofobia
ma le priorità della politica
S
ommesso
parere
totalmente
fuori linea sulla legge bocciata per pregiudiziale d’inNON SONO
costituzionalità dall’aula di MonteD’ACCORDO
citorio, in materia di norme contro
l’omofobia. La mia modestissima
opinione è che prima la finiremo
di usare come clave materie delicate, come i diritti civili in materia
di orientamento sessuale oppure la
bioetica, prima avremo possibilità
di poter definire magari anche scelte più avanzate. Detta così, corre il
rischio di apparire come un’opinione assai poco rispettosa delle idee e del lavoro profuso sul testo dai suoi sostenitori. Al contrario, non è affatto così.
Non credo affatto che la mia amica Paola Concia,
per dirne una, impegnata da sempre e non solo nel
suo Pd sui temi del rispetto di genere e delle preferenze sessuali, sia un’estremista inconsapevole o una pasdaran consapevole. Né lo credo del ministro alle Pari opportunità Carfagna, o dell’onorevole Scajola che
si è astenuto sulle pregiudiziali di incostituzionalità
approvate dall’aula. Penso anche che in realtà mi sarei astenuto anch’io, perché le pregiudiziali d’incostituzionalità non mi avrebbero convinto nel merito. Le
norme in materia di tutela rafforzata sono frutto della
libera valutazione del legislatore a fronte di situazioni
che appaiono in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, non sono affatto lesive esse stesse delle norme sull’eguaglianza. Ed è evidente che la maggioranza
ha deciso di ricorrere alle pregiudiziali d’incostituzionalità come artificio per evitare di entrare nel merito.
La mia tesi è un’altra. Il punto è che non mi stupisce affatto che una parte trasversale della politica
Il ministro delle
Pari opportunità
Mara Carfagna,
insieme alla
deputata del Pd
Paola Concia
Si trova il modo di mandare in aula provvedimenti
per i gay, ma non per la famiglia. E chi da anni
è preso in giro dice: né per noi, né per voi.
Così che a un errore se ne aggiunge un altro
14
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italiana – i cattolici di entrambi gli schieramenti, ma
non solo loro – rimanga sempre più senza parole, anno dopo anno, nel constatare che non si fa nulla per
la famiglia, mentre invece altre condizioni e situazioni vengono considerate degne di attenzione e divengono beneficiarie di provvedimenti e misure concrete,
siano esse norme-manifesto di principio oppure tutele concrete, economiche e di welfare. Ho avuto come
l’impressione che sia stata proprio questa la motivazione di fondo che ha spinto una maggioranza dei parlamentari ad accogliere la tesi dell’incostituzionalità
della norma. Sono convintissimo che lo abbiamo fatto per una protesta “a prescindere”, come diceva Totò.
Non credo affatto che si tratti di pregiudizio ostile verso gli omosessuali, o perché siano convinti che non sia
odiosa, esecranda e arcicondannabile ogni e qualsivoglia discriminazione a danno degli omosessuali, e tanto più ogni forma di violenza, psicologica e fisica, ai loro danni. Credo invece che a risuonare con una certa
rabbia nel loro voto sia stato un deciso “basta” rispetto alla sistematica presa in giro che è riservata alla famiglia italiana.
L’allarme demografico
Intendo – sperando di non urtare nessuno – alla famiglia “naturale”, eterosessuale e magari fin dall’inizio
non aliena dall’idea della procreazione, “famiglia naturale” come viene definita per distinguerla da ogni
altra che ambisca ad analoghe tutele, anche se la sola
definizione di “naturale” provoca una levata di scudi
negli ambienti omosessuali militanti, come se s’intendesse dire o sottintendere che la loro diversa preferenza sessuale è extra naturam. Che di presa in giro si tratti, e che questa espressione non sia affatto eccessiva,
sono pronto a difenderlo di fronte a chiunque sostenga
il contrario. Il nostro ordinamento grava sulle famiglie
scoraggiando ogni intenzione di generare nuove vite, e
sono anni e anni che tale evidenza è testimoniata prima dagli andamenti demografici, poi da tonnellate di
studi comparati, e infine dalla dolorosa controprova
che anche nel 2010 i maggiori tassi di aggravamento
della povertà relativa censita dall’Istat in Italia riguardano le famiglie che malgrado tutti gli ostacoli s’intestardiscono ad avere tre o quattro figli. In un solo anno, siamo passati dal 25 al 30 per cento di famiglie con
5 figli, passati ad avere per ogni due componenti familiari una capacità di spesa mensile ritenuta dall’Istat
adeguata a un solo individuo!
Direte voi: e con questo? Che cosa c’entra questo
con i diritti degli omosessuali? Risposta: niente. Però è
altrettanto vero che si trova il modo di mandare in aula provvedimenti per gli omosessuali, ma non per la famiglia. Alla fine chi da anni è preso in giro s’incazza e
dice: né per noi, né per voi. Ed è così che a un errore se
ne aggiunge un altro, altra prova che la politica in Italia non solo sbaglia, ma sbaglia in serie.
Foto: AP/LaPresse
di Oscar Giannino
interni
siamo un vecchio continente
Perché sono
costretti
a salvarci
Olanda
Belgio
Irlanda
Francia
Portogallo
Con l’euro la Germania ha praticato un’azione
di “impoverimento dei suoi vicini”. Ma ora
deve scegliere se accollarsi il debito altrui
o spingere moneta (e Italia) giù dal precipizio.
Disincantata analisi sull’orlo del burrone
«L’
Spagna
Italia è una portaerei in mezzo al Mediterraneo che ha
riacquistato importanza
con la crisi del Nord Africa. Siamo tornati ad avere il ruolo strategico che avevamo durante la Guerra fredda. Perciò
gli Usa e i grandi paesi europei non ci
Giulio Sapelli, docente di Storia ecoabbandoneranno. Noi siamo
nomica alla Statale di Milano, direttore e
La copertina del 14 luglio
un popolo che non sa goverricercatore presso centri studi e fondazioscorso del settimanale
narsi, però deve essere governi, è noto per i commenti fiammeggianti
inglese The Economist,
nato bene dagli altri perché è
e spesso poco benevoli. Stavolta però le sue
dedicata alla crisi
dell’euro e dell’Italia
un baluardo contro l’estremiparole esprimono un cinico ottimismo che,
smo, in questo caso nordafricase fosse confermato dagli eventi, tranquilno. Certo, per una vera ripresa economica to, presto verrà il giorno in cui i cittadi- lizzerebbe quanti sono in ansia per i ricoravremmo bisogno di uscire dall’euro per ni tedeschi si stuferanno di mantenere noi renti attacchi dei mercati al debito pubblirecuperare competitività. Io credo che ce mediterranei, e allora dobbiamo sperare co italiano. Anche se gettano nello sconforla caveremmo benissimo, che non sarem- che non salti fuori fra loro qualcuno con to coloro che non vogliono accettare l’idea
mo travolti dall’inflazione. Naturalmente la testa di quel norvegese, Breivik. Ma l’Ita- che l’Unione monetaria europea così come
con i nostri standard: altissima disoccupa- lia continueranno ad aiutarla come hanno è adesso non può durare. Eppure è tutto
zione e altissimo debito pubblico, ma non fatto dopo il ’45, non permetteranno mai molto chiaro: finché l’euro funziona come
affonderemo grazie al ritorno alle svaluta- un default. Non a caso è stato messo un ita- ha funzionato finora, le manovre lacrizioni competitive. L’unico problema è che liano a capo della Bce: Mario Draghi, otti- me e sangue di Giulio Tremonti non serviper far questo bisogna smontare il Tratta- mo tecnico, sarà il nostro ostaggio a Fran- ranno a un accidente, l’economia italiana
to di Lisbona e mettere d’accordo 27 paesi coforte».
continuerà a non crescere e il debito pubsu di una nuova versione, e questo è molblico resterà troppo pesanto difficile. Nel frattempo, con l’accordo «Non si può non fare l’asta dei Bot ad
te. Ma questa situazione non
di Bruxelles si va verso l’unione fiscale, gli
durerà all’infinito, e nei nuoeurobond e la collettivizzazione del debi- agosto senza spiegare perché, cioè senza dare vi equilibri che si creeranno
to: i paesi virtuosi si vanno facendo cari- i numeri del fabbisogno italiano. I mercati
possiamo sperare di cavarceco, in prospettiva, dei nostri passivi. Cer- non credono sulla parola, vogliono vedere»
la. Vediamo perché.
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Finlandia
Lussemburgo
Crescita del Pil tra il 2007 (crac Lehman) e il 2010
2
0
-1,8 -1,5
-2 Austria -2
Belgio
-4
Germania
-6
Austria
Italia
+0,3
-0,7
-8
-3
-5,8
Finlandia
-6,4
Italia
Lussemburgo
Portogallo
-12
Slovenia
-5
Slovenia -5,6
Spagna
-7
Grecia
Germania
-10
-3,1
-4,2
Francia
-14
-14
Olanda
Zona Euro
Irlanda
-16
Foto: AP/LaPresse
Grecia
Le difficoltà attuali del debito sovrano
italiano dipendono dal fatto che negli ultimi nove anni ai fattori di fragilità endogeni della nostra finanza se ne è aggiunto uno
esogeno: l’euro. All’inizio la moneta unica
europea è stata un’ancora di salvezza per
le disastrate finanze italiane, ma adesso è
diventata la zavorra che ci sta trascinando a
fondo. L’ha spiegato molto bene Allan Mattich del Wall Street Journal: «L’Italia è riuscita a finanziare il suo debito facilmente,
anche se ha raggiunto dimensioni gigantesche, perché il suo ingresso nell’euro ha
spinto verso il basso il costo del suo finanziamento. La bacchetta magica della moneta unica ha regalato al governo italiano condizioni eccezionalmente vantaggiose. Una
ricerca di Merrill Lynch mostra che, calcolata anche l’inflazione, l’Italia ha pagato tassi di interesse inferiori a quelli della Germania fra il 1995 e il 2008. Ora però questo
sta cambiando. Ora che lo spread dei titoli
italiani è aumentato, non si restringerà di
nuovo (siamo oltre i 300 punti di differen-
za fra Bund tedeschi e Bot decennali italiani, ndr)». Il problema è che l’Italia non cresce più perché l’euro è una moneta sopravvalutata rispetto alla nostra realtà economico-finanziaria e quindi perdiamo quote
di export: «L’Italia – scrive ancora Mattich –
potrebbe vivere anche con spread crescenti se la sua economia crescesse. Ma questo
non è successo e non è probabile che avvenga in futuro. Il suo Pil alla fine dello scorso anno era maggiore di appena 2,5 punti
percentuali rispetto a quello del 2000. Per
quanto riguarda il futuro, il Fondo monetario internazionale prevede che il Pil italiano
continuerà a crescere a tassi che si aggirano fra l’1 e l’1,5 per cento tra oggi e il 2015.
Questa crescita modesta è il risultato diretto
dell’appartenenza dell’Italia all’area dell’eu-
ro. L’economia italiana è circa un terzo
meno competitiva di quella tedesca, e l’unico modo di riguadagnare competitività,
non potendo il governo svalutare la moneta nazionale, sarebbe un aumento dell’inflazione in Germania superiore a quello
dell’Italia. Ma stante la fobia della Bce e della Germania per l’inflazione, aspettiamoci
quasi certamente una lunga e dolorosa fase
di deflazione e austerità per l’Italia».
Ricordiamoci della recente mazzata
inferta da Trichet in aprile al debito italiano, col rialzo dei tassi di interesse dall’1
all’1,25 per cento. E che le politiche lacrime e sangue di Tremonti servono a poco:
«Finché rimane nell’euro, l’unico modo in
cui l’atrofizzata industria manifatturiera
italiana può competere con la Germania è
attraverso lo stesso doloroso
sentiero di austerità e defla«Il tasso di cambio mantiene competitiva
zione che stanno percorrenl’economia tedesca. Questo è per loro
do Grecia, Irlanda, Portogalun forte incentivo a fare qualunque cosa
lo e Spagna», spiega Matper mantenere intatta la moneta unica»
tich. «Ma austerità signi|
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interni siamo un vecchio continente
dizionario della crisi/1
ecco Perché è
partito l’allarme
Btp-Bund e spread
La differenza tra noi e i tedeschi
I Btp (Buoni del tesoro poliennali)
italiani e i Bund tedeschi sono i titoli di
Stato pluriennali con le cui emissioni
Italia e Germania si finanziano sui mercati tramite asta. Il loro rendimento è
un termometro per valutare
la salute di uno Stato. Poiché
lo spread (cioè il differenziale) tra i Btp italiani a
scadenza decennale e quelli
tedeschi – considerati i più
sicuri – è cresciuto esponenzialmente negli ultimi periodi
(oltre i 300 punti), è partito
l’allarme. Lo spread, che si misura in
centesimi di punti percentuali, è un
indice di quanto l’Italia deve pagare
in più rispetto alla Germania alla scadenza dei suoi titoli. Maggiore è il suo
valore, più i mercati reputano alto il
rischio di insolvenza. Il paradosso è che
la condizione economica italiana non è
cambiata ultimamente; le sue virtù e i
suoi vizi sono quelli di poco tempo fa.
Cosa è cambiato allora? È cambiata la
percezione che i mercati hanno della
stabilità finanziaria del nostro paese.
La crisi politica domestica e le incertezze dell’Europa sul salvataggio greco
spingono i mercati a profetizzare un
futuro nero per l’Italia. Il pericolo è che
la profezie si autoavveri.
cds (credit default swap)
Scommessa sul fallimento
Il Cds (credit dafault swap) è uno
strumento finanziario che ha la stessa
funzione di una polizza assicurativa. Chi
compra un Cds si impegna a pagare
al venditore un premio in cambio del
rimborso soltanto in caso di
default del valore dell’obbligazione oggetto dell’insolvenza (per quel che ci interessa,
un titolo di Stato). I Cds, nati
come derivati di copertura
dal rischio, erano stati pensati come un’assicurazione in
mano agli investitori contro
il mancato pagamento di titoli di Stato
a causa di un default. Col tempo, però,
sono diventati uno strumento speculativo per chi vuole scommettere sul possibile fallimento di chi lo ha emesso.
deficit/pil e debito pubblico
Gli impegni entro il 2014
Il rapporto deficit/pil è dato dal rapporto tra il saldo tra le entrate e le
uscite di uno Stato e il suo prodotto
interno lordo (Pil). Impegni europei
ci impongono di azzerare il rapporto
deficit-pil nel 2014. I criteri
fissati a Maastricht per
essere ammessi nell’area
euro prevedono un rapporto
deficit/pil inferiore al 3 per
cento e un debito pubblico
inferiore al 60 per cento
del pil. Se sul deficit l’Italia
riesce a stare nei parametri
imposti dall’Europa, un grave problema
ce l’ha invece sul debito pubblico che è
pari al 120,3 per cento del pil.
18
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fica anche minore crescita che, a fronte
di crescenti interessi sul debito, può essere
disastrosa per un paese che ha il terzo debito pubblico al mondo».
Il cammino della Germania nell’euro
è stato esattamente il contrario di quello dell’Italia: all’inizio il potere d’acquisto
dei tedeschi è diminuito, ma poi la nuova
moneta – ovviamente abbinata a fondamentali economici e finanziari di prim’ordine –
ha reso possibile un’espansione dell’export
tedesco senza precedenti. Ha commentato in proposito Paolo Savona, l’economista
che oggi è presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi: «Il meccanismo
alla base dell’euro non è equo, perché Berlino beneficia di un cambio sottovalutato
come la Cina, che gli garantisce un surplus
di bilancia commerciale pari, in valore assoluto, a quello di Pechino». E Sapelli sintetizza: «L’euro è stato un gigantesco take over
del vecchio marco su tutti i paesi europei».
I tedeschi, che oggi fanno tanto gli scandalizzati coi paesi mediterranei bisognosi di salvataggio finanziario, sono coloro
che più hanno tratto vantaggio dall’introduzione dell’euro, che ha creato le difficoltà in cui i secondi si dibattono. Come spiega il bravissimo Mattich: «In pubblico i politici tedeschi protestano che non si lasceranno incastrare in salvataggi finanziari a spese del contribuente tedesco, ma ogni volta
che si è presentato il pericolo di un default
di un membro dell’eurozona e di una conseguente crisi sistemica, si sono sempre pie-
«Verrà il giorno in cui i cittadini
tedeschi si stuferanno
di mantenere noi mediterranei.
Ma l’Italia continueranno
ad aiutarla come hanno fatto
dopo il ’45, non permetteranno
mai un default. Non a caso
è stato messo un italiano
a capo della Bce: Mario Draghi,
ottimo tecnico, sarà il nostro
ostaggio a Francoforte»
gati. Questo si spiega col fatto che il tasso
di cambio dell’euro mantiene l’economia
della Germania altamente competitiva, e
questo è un forte incentivo per i tedeschi
a fare qualunque cosa si possa per mantenere intatta la moneta unica. Gli economisti stimano che se la Germania avesse una
sua propria moneta, soffrirebbe gli stessi
problemi che hanno ora gli svizzeri: tasso
di cambio in rialzo, afflusso di capitali ma
crollo delle esportazioni».
Di fronte a questa situazione c’è chi,
come Savona, ha auspicato l’uscita dell’Italia dall’euro e chi, come Sapelli, la evoca
ma la ritiene inattuabile. Oggi, a norma di
trattato, chi esce dall’euro esce anche automaticamente dall’Unione Europea, perde i
fondi di coesione e tutto il resto. E inoltre
l’Italia fuori dalla moneta comune dovrebbe comunque onorare i suoi 1.900 miliardi
di debito pubblico in euro, che anche con-
«Se la Germania avesse una
sua propria moneta, soffrirebbe
gli stessi problemi che hanno
ora gli svizzeri: tasso di cambio
in rialzo, afflusso di capitali
ma crollo delle esportazioni»
Foto: AP/LaPresse
In alto a sinistra e poi in senso orario, scontri nelle piazze
greche; la cancelliera tedesca Angela Merkel col presidente
francese Nicolas Sarkozy; Jean-Claude Trichet, presidente
Bce; Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia
vertiti nella nuova lira resterebbero un peso
ciclopico da sopportare. Ma quasi certamente non ci sarà bisogno di prendere una decisione tanto drastica per una semplice ragione: la mossa tocca per primi ai tedeschi, e
noi ci posizioneremo sulla base di quello
che faranno loro. E i tedeschi non hanno
tante scelte. Premesso che possono lasciare
andare in default un paese come la Grecia,
ma non paesi come l’Italia e la Spagna, le
loro vie d’uscita sono soltanto due: o accettano di accollarsi il debito dei paesi mediterranei, o escono loro dall’euro. Tertium
non datur. I tedeschi sono vittime dei loro
successi: Angela Merkel ha praticato quella che Martin Wolf sul Financial Times ha
definito più volte la politica del «Beggar thy
neighbour», “impoverisci il tuo vicino”, e
adesso le tocca pagarne le conseguenze. Ha
strappato quote di export all’Italia, ha reso
più pesante il nostro debito pubblico attra-
verso le decisioni della Bce, ci ha costretti a
una virtuosa politica deflazionistica che di
virtuoso non ha nulla perché ci impedisce
di crescere, e adesso è costretta a correre in
nostro soccorso se non vuole vedere crollare
insieme a noi l’euro, che ha permesso alla
Germania di prosperare. Ovviamente le proteste fra i tedeschi montano, anche perché
la crescita della loro economia sta rallentando: quest’anno si attesterà sul 3,5 per cento,
ma l’anno prossimo, secondo i consulenti
finanziari di Capital Economics, non supererà l’1,5 per cento, a causa del contemporaneo rallentamento dei tre principali mercati delle esportazioni tedesche: quello statunitense, quello cinese e quello dell’area
dell’euro (ma guarda un po’!). «Col rallentamento della crescita, i tedeschi saranno
meno disposti a continuare ad elargire elemosine senza fine per mantenere a galla i
paesi della periferia d’Europa», scrive Mat-
dizionario della crisi/2
Cosa si è fatto
per la grecia
Efsf
Il fondo di stabilità
L’Efsf (European financial stability
facility) è il fondo di stabilità, con base
in Lussemburgo e guidato dal tedesco
Klaus Regling, creato dai 16 Stati
membri dell’Eurozona per aiutare i
paesi in difficoltà. Emette obbligazioni
e altri strumenti di debito
per soccorrere un paese
che non riesca a finanziarsi
sui mercati. I bond emessi
dall’Efsf hanno rating AAA.
Prima dell’incontro dell’Eurogruppo a Bruxelles (21
luglio), l’Efsf poteva contare su una “cassa” di 440
miliardi di euro, ma la sua capacità
d’azione effettiva non poteva superare
i 255 miliardi (soglia di garanzia per
mantere la tripla A). L’Efsf ha contribuito a fine 2010 con 17,7 miliardi (su
un pacchetto complessivo di 85) ad
aiutare l’Irlanda e, nel marzo scorso,
con 26 miliardi (su 78 complessivi) a
soccorrere il Portogallo.
efsf-bond
Altri 110 miliardi di euro
La riunione di Bruxelles del 21 luglio ha
ampliato i poteri dell’Efsf. Si è infatti
stabilito che il fondo salva-stati Efsf
allungherà i prestiti alla Grecia dagli
attuali 7 anni e mezzo a una durata
compresa tra i 15 e i 30 anni (con un
tasso di interesse vantaggioso: solo 3,5
per cento). Grazie a questo fondo, la
Grecia potrà beneficiare di 109 miliardi
di euro di aiuti (erano già
stati erogati 110 miliardi un
anno fa). Chi mette questi
soldi? Li mettono i paesi
dell’Eurozona, in base a quote
stabilite sui princìpi contabili
dell’Eurostat. Per quel che
riguarda l’Italia il contributo
sarà di 13 miliardi. Molti
analisti vedono nell’Efsf bond l’embrione
dell’eurobond, da molti indicato come
l’unico e vero rimedio alla crisi. Nel
2013 l’Efsf sarà sostituito dall’Esm
(European stability mechanism) che
avrà una capacità di intervento di
500 miliardi di euro. Il Sole 24 Ore ha
fatto notare che a Bruxelles le risorse
dell’Efsf «non sono state aumentate al
punto da coprire la Spagna e l’Italia.
C’è da sperare che non si tratti di una
mossa che l’Europa sarà poi costretta a
fare comunque».
Bailout
Il salvataggio
“To bailout” significa dare in garanzia,
ma, in termini più generali, ha il significato di “salvataggio”. È con quest’ultimo significato che è usato per indicare
l’azione che i governi hanno messo in
campo per salvare i paesi in difficoltà.
Piigs
I cinque “maiali”
Pigs in inglese significa maiali. È l’acronimo usato per indicare i cinque paesi
(Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia,
Spagna) ventre molle dell’Eurozona.
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interni siamo un vecchio continente
tich. «Avendo trascorso due decenni a trasferire risorse dall’ovest ricco all’est povero
dopo la riunificazione, è improbabile che
gli elettori tedeschi vogliano trascorrere i
prossimi due decenni a spendere a vantaggio di stranieri di paesi lontani. Specialmente se si sentono meno ricchi».
Alla Germania non resta che l’opzione
dell’uscita dall’euro. L’ha ben descritta sul
Daily Telegraph Ambrose Evans-Pritchard,
l’autore delle famose inchieste sulle disinvolte operazioni finanziarie di Romano Prodi alla fine degli anni Novanta: «La Germania e le economie satelliti di essa dovrebbero ritirarsi dall’unione monetaria, lasciando il blocco greco-latino nell’euro e nelle
sue istituzioni. L’euro latino si svaluterebbe rapidamente nei confronti di yuan, yen,
won, zloty, ecc. come pure rispetto al Nuovo
Marco, e questo permetterebbe ai latini (e
all’Irlanda) di riguadagnare capacità economica e di onorare i debiti nominati in euro.
Una volta dissoltosi il polverone, risulterebbe chiaro che Italia, Spagna, Irlanda e forse Portogallo hanno recuperato abbastanza competitività per sperare di crescere in
modo da sfuggire dalla trappola del debito.
Il pericolo di default in successione scomparirebbe». Sarebbe un ottimo sviluppo per le
prospettive dell’Italia, ma anche l’altra ipotesi, cioè che i tedeschi, sebbene a malincuore, accettino l’idea di accollarsi per i prossimi vent’anni le garanzie e parte del peso del
nostro debito, non è affatto male.
Ma l’Italia per conto suo cosa dovrebbe
fare? Sapelli non ha dubbi. «Il debito italia-
no è sostenibile, è tutta questione di abilità
politica. Basta avere una politica diplomatica internazionale verso le grandi centrali
dell’oligopolio finanziario mondiale, basta
tenere i rapporti coi grandi fondi di investimento, avere un ministro delle finanze
che non urli ma anche che non stia sempre muto. Ha ragione Francesco Forte: non
si può, come ha fatto Tremonti, non fare
l’asta dei Bot ad agosto senza spiegare veramente perché, cioè senza dare i numeri del
fabbisogno italiano. I mercati non credono
sulla parola, vogliono vedere. Se fai così, il
debito diventa insostenibile. Ma più di tutto bisogna avere una politica estera. Per
sostenere il debito italiano bisogna avere
un’ottima politica estera».
Rodolfo Casadei
la ricetta di Bernardo bortolotti
Serve una politica
di “valorizzazioni”
«Inutile ripetere il mantra della crescita,
per uscire da questa situazione dobbiamo
vendere i nostri asset, a cominciare
da quelli controllati dagli enti locali»
«Q
uando si dice che non c’è più
niente da vendere, si dice una
cosa che non è vera. Ci sono
aziende, statali o municipali, già quotate o non ancora quotate in Borsa; ci sono
asset di diversa natura: patrimoni immobiliari, crediti, concessioni, frequenze radio,
infrastrutture, beni demaniali. Il problema, dopo quello che è successo con i referendum sulla gestione dell’acqua, è che
bisogna smettere di usare il vecchio nome,
altrimenti la gente si fa un’idea sbagliata: non dobbiamo più chiamarle “privatizzazioni”, ma “valorizzazioni”». Bernardo Bortolotti è professore associato di economia all’Università di Torino, è stato per
quattro anni direttore esecutivo della Fondazione Eni Enrico Mattei ed è, in proprio, il fondatore del centro studi Privatization Barometer: un entusiasta delle privatizzazioni, che adesso sente arrivare il
suo momento di gloria. Perché «dobbiamo
aggredire il debito se non vogliamo andare verso il default, e questa è l’unica misura che a breve possiamo mettere in campo.
Possiamo ripetere il mantra della crescita finché vogliamo, ma nell’assetto attuale non c’è spazio per realizzarla». Mentre
i benefici delle privatizzazioni (o valoriz-
20
| 24 agosto 2011 |
|
zazioni) sono certi: «In passato abbiamo
realizzato 150 miliardi di euro di proventi
con interventi dell’amministrazione centrale, una cifra pari al 10 per cento del Pil
attuale. Cominciando dallo smembramento dell’Iri e finendo con la telefonia e l’elettricità. Gran parte di questi proventi grazie alla legge 474/94 sono finiti nel fondo
ammortamento titoli di Stato, sono andati ad abbattere il debito. Abbiamo risparmiato 50-60 miliardi di interessi solo calcolando le operazioni degli anni Novanta
e dell’inizio Duemila».
Oggi come oggi però Bortolotti non pensa in prima battuta alle grandi aziende di
Stato, ma, nonostante i referendum, alle
utilities delle amministrazioni locali: «Pensiamo alla galassia del capitalismo municipale, le società controllate dagli Enti locali. Di dimensioni medio-grandi, cioè sopra i
250 dipendenti, ce ne sono un migliaio: rappresentano il 2 per cento del Pil in termini
di valore aggiunto. Si tratta spesso di azien-
Il ministro dell’Economia Giulio
Tremonti con il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi. A destra,
Telecom, privatizzata nel 1997
de dalle grandi potenzialità, che stando sul
mercato realizzerebbero profitti maggiori,
come hanno dimostrato quelle esperienze
di prima privatizzazione che sono avvenute, nei trasporti, nella logistica, nella gestione dell’energia e della famosa acqua. Nessuno si lamenta di come funziona l’aeroporto napoletano di Capodichino, privatizzato.
Utilities come A2A a Milano o Hera in Emilia-Romagna sono esempi di società pubbliche che si sono aperte al mercato con relativo successo, e che continuano a distribuire utili ai Comuni». Già, ma poi come si fa
a spiegare ai Comuni che le entrate della
privatizzazione delle loro società servono
ad abbattere il debito nazionale? «Su questo sarei molto fermo, perché comunque
il debito pubblico attuale è dovuto anche
all’accumulazione di debito pubblico locale, e credo che il contribuente italiano ringrazierebbe se una quota molto significativa di questi proventi andasse all’ammortamento del debito pubblico».
Poi c’è la pagina delle
grandi
aziende di Stato. E
«Con le privatizzazioni potremmo arrivare
qui la perplessità riguarda la
in tempi relativamente rapidi – quattro o
questione se sia possibile pricinque anni – sotto la soglia psicologica del
vatizzarle senza compromet100 per cento di incidenza del debito sul Pil»
tere interessi strategici nazio-
dizionario della crisi/3
PArole per capire
cosa accade
default
Fallimento e fallimento selettivo
È la bancarotta, cioè la condizione
in cui si trova uno Stato incapace di
rimborsare i propri debiti. La Grecia
si trova in “selective default”, cioè
in fallimento parziale poiché non è
in grado di rimborsare per intero il
proprio debito. Le agenzie di rating
non fanno differenza tra il default e
il selective default.
Agenzie di rating
S&P, Fitch e Moody’s
Società private – le più celebri nel
mondo sono Standard&Poor’s, Fitch,
e Moody’s – che valutano il rischio
associato a un titolo e a
chi lo emette. Si esprimono attraverso un rating
(valutazione) che sintetizza
la capacità di un ente (o
uno Stato) di assolvere al
suo impegno. Sono spesso
criticate per aver emesso
giudizi affrettati o errati. D’altronde,
qualcuno che fissi un criterio di riferimento è necessario.
swap Scambio di titoli con titoli
Lo swap è la sostituzione, o lo scambio, di titoli finanziari (obbligazioni,
titoli, derivati) con altri titoli. Alla
Grecia è stato concesso di scambiare
i suoi titoli di Stato in scadenza con
altri titoli della durata più lunga o
con rendimento minore. L’operazione
ha però portato le agenzie di rating
a dichiarare la Grecia in default
selettivo.
Foto: AP/LaPresse
stress test
Le prove cui non crede nessuno
Sono le “prove” cui viene sottoposta
una banca per testarne la solidità di
bilancio. Il problema è che agli stress
test non crede più nessuno,
soprattutto gli operatori
di mercato che sanno che
i parametri fissati per
“stressare” una banca sono
ormai molto più blandi di
quelli che sono imposti dalla
crisi delle ultime settimane.
Infatti gli ultimi stress test
cui sono state sottoposte alcune
banche europee hanno fatto emergere un paradosso: tra le prime in
classifica ci sono istituti irlandesi che
non scoppiano certo di salute. Anche
gli istituti italiani hanno superato gli
ultimi stress test, ma anche in questo
caso, l’esito positivo non ha fermato
il crollo dei loro titoli sui mercati.
bene rifugio
L’oro, ma anche i diamanti
È un bene che ha un valore intrinseco
in sé e che non lo perde per l’instabilità dei prezzi. In questa crisi, il bene
rifugio è l’oro. Anche il prezzo dei
diamanti è tornato ai livelli del 2008,
come ha certificato di recente la
società De Beers.
nali. «Il perimetro strategico di un asset si
definisce anzitutto in base alla disponibilità nell’immediato di altri fornitori che possano sostituire quell’azienda nella fornitura di un bene. Poi ci sono i problemi legati alla sicurezza, alle questioni geo-politiche, ecc. Bisogna fare come negli Usa, dove
esiste il Cfius, Comitato sugli investimenti
stranieri: aprono un dossier e valutano l’effettiva valenza strategica di un asset in termini di mancanza di sostituibilità o di sensibilità, quindi danno luce verde o meno».
Una critica molto gettonata alle privatizzazioni italiane è che non sono state
accompagnate da una vera liberalizzazione, perciò hanno determinato monopoli od
oligopoli privati. «È un giudizio generale e
netto, che non tiene conto di specificità settoriali. La privatizzazione associata ad altre
misure di liberalizzazione nell’ambito della telefonia ha dato benefici o no? Con tutti i suoi problemi, ha dato benefici o no? E
le banche? Meno di 20 anni fa il 60 per cento degli attivi bancari era all’interno della
galassia Iri e dei suoi addentellati. La legge
Amato-Carli, la legge sulle fondazioni bancarie non sono stati passi in avanti?».
Secondo Bortolotti, con i titoli di Stato italiani sotto attacco e l’insofferenza nei
confronti delle manovre finanziarie per i
loro effetti regressivi e deflattivi «è possibile
riaprire il dossier privatizzazioni e imboccare una traiettoria che potrebbe portarci in tempi relativamente rapidi – quattro
o cinque anni – sotto la soglia psicologica
del 100 per cento di incidenza del debito
sul Pil. Significa farne tante e con determinazione». Resta l’ultima, sofisticata obiezione: il patrimonio dello Stato è parte della
voce “attivi dello Stato” ed è a garanzia del
suo debito; quando si vende qualcosa vengono meno degli asset per questa garanzia. «Considerazione giustissima. Ma da
verificare nella realtà. Privatizzare significa confrontare i rendimenti di un asset
sotto la proprietà pubblica e i rendimenti potenziali che avrebbe con partecipazione privata. Se i secondi superano i primi,
si vende, e il patrimonio netto dello Stato
aumenta. Certo, se io ho un enorme patrimonio statale che valorizzo alla grande,
che mi consente di alzare un debito altrettanto grande a tassi di mercato, nel contesto di un’economia italiana che cresce a
ritmi vertiginosi, non ho bisogno di privatizzare. Se ci sono tutte queste condizioni
nell’Italia d’oggi, allora privatizzare non
ha senso. Ma secondo voi ci sono?». [rc]
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21
DENTRO
IL PALAZZO
francesco cossiga e giuseppe d’avanzo
In morte di un amico
e di un “nemico”
di Renato Farina
Foto: AP/LaPresse
I
n agosto, con ’sto caldo,
il Diavolo della Tasmania ha pensato di prendere un
po’ di fresco là sotto, nella Geenna. Secondo Hans Urs von Balthasar l’inferno
IL DIAVOLO
esiste (giuro, ha ragione), ma forse è vuoto, perché non sappiamo i confini delDELLA
TASMANIA
la misericordia e nemmeno se nel supremo istante ci sia stato qualcuno che abbia
ancora recalcitrato davanti alle braccia protese di Cristo. Mi auguro non ci sia stato
nessuno. Ammetto di essere un diavolo anomalo. Portato a tifare per Gesù e il suo
irresistibile fascino. Credo di essere piombato laggiù per aver sbagliato a schiacciare il pulsante dell’ascensore, ma ho fatto istanza di revisione. Intanto lavoro. Mi tornano in mente due “miei” morti. Ho citofonato giù, ma non ci sono. Uno è stato un
grande mio amico. Anzi, io vorrei tanto essere stato ed essere un suo amico, si chiama Francesco Cossiga. L’altro è Giuseppe (Peppe) D’Avanzo. Come definire per me
questo giornalista? Un nemico? Di certo lui ha scritto malissimo di me
e di altre persone della cui bontà sono certo. Io l’ho ricambiato. Non So che “Peppe” aveva una passione
mi fa paura la parola nemico. Qualcuno ha detto che può esserci, ci de- tremenda, e gli pulsava sangue
ve essere amore tra di loro.
e non inchiostro né fiele nelle vene.
Cossiga… Come Tempi ha anticipato, ho scritto un libro con-e-senza di lui, si intitola Cossiga mi ha detto (Marsilio). Sull’Espresso è usci- Io penso ci spiegheremo, un giorno.
ta un’intervista che non era una stroncatura del testo: uccideva me, mi In un posto spero molto bello
sfregiava faccia e budella. Vi si diceva che avevo abusato di Cossiga. Ma
c’è una frase tremenda e falsa da parte dell’intervistato: «(Cossiga) ha smesso di parlare alcuni mesi prima di decidere di smettere di vivere». Insomma: Cossiga avrebbe “deciso” la sua morte, una decisione per la non-esitenza. Io credo che i figli dovrebbero denunciare per diffamazione quel tale. Io credo, anzi so, che quell’uomo
meraviglioso e ferito, chiuso nella sua solitudine, però aspettava solo la carezza del
Nazareno. Me lo ha testimoniato Giovanna Beretta, di lui amica e medico pieno di
sollecitudine, quando forzò il blocco e lo vide. Stava dentro una sofferenza paragonabile a quella di papa Wojtyla, senza l’unguento di nessun canto e di nessuna lacrima sotto le sue finestre al quartiere Prati o sotto il Gemelli. Cossiga aveva deciso di
sparire, forse di espiare, non so. Non di negare l’alito di Dio. La professoressa Beretta
bussa sul finire dello scorso luglio 2010. Cossiga le fa aprire la porta. Giovanna si siede sul ciglio del letto, gli parla accarezzandolo, gli vede la schiena piagata, lo invita a
farsi ricoverare al Gemelli. Lui risponde: «Sì, portami!». Improvvisamente voleva vivere. Non è vero che aveva deciso di morire, e se sì è bastata la parola di un amico/ami- Giuseppe D’Avanzo, penna
ca a riaccendere la luce. Altro che i cultori del suo sarcofago. Non c’è posto per lui di punta di Repubblica,
morto improvvisamente
se non dove ci sono Newman, Rosmini, Wojtyla e Giussani. D’Avanzo… Quando ho èsabato
30 luglio
saputo della sua morte, improvvisa, a 57 anni, ho scritto a un comune amico, esprimendogli le banali parole ma così vere delle condoglianze. Mi pareva che fosse crollato a terra qualcosa di me. Ho guardato su Google il luogo, Calcara (Viterbo), il paesaggio intorno, la strada. E ho visto, proprio visto che se ne era andata una persona
con cui in questo mondo sbilenco e non più cristiano era stato impossibile spiegarsi,
anche dolersi, ma senza applicare il programma automatico di risposta alle rispettive obiezioni. Noi aspiriamo alla comunione, nulla ci è estraneo, e la sua morte è stata un po’ anche la mia morte. So che uno commenterà: esagerato. Intanto sottoterra
c’è lui, e non te. Il fatto è che io so, lo so, che la morte non è l’ultima parola sulla vita,
so anche che aveva una passione tremenda, e gli pulsava sangue e non inchiostro né
fiele nelle vene. Io penso ci spiegheremo, un giorno. In un posto spero molto bello.
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ESTERI
QUOTE ROSA A RISCHIO
Contabilità
di un massacro
Chirurgia genito-urinaria. È questa la nuova
arma del “gender-cidio” che sta decimando
la popolazione femminile in India. Denunce
e reticenze sull’atroce operazione che mutila
le bambine per non farle mai diventare donne
da Bangkok Stefano Vecchia
U
al
panorama già drammatico della
discriminazione sessuale in India.
Un fenomeno che sta dividendo la politica,
i mass media, la società civile e persino la
Chiesa del grande paese asiatico.
A rappresentare “l’ultima frontiera”
della preferenza endemica degli indiani
per i maschi è ora una modifica radicale dell’apparato genitale attraverso la chirurgia plastica. Pratiche che coinvolgono famiglie e minori provenienti da ogni
parte del paese ma che, almeno per quan-
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n altro particolare si aggiunge
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to si è scoperto finora, hanno come teatro la grande città di Indore, capitale commerciale dello stato centrale dell’India di
Madhya Pradesh. Qui, con la compiacenza di strutture ospedaliere e di specialisti
senza scrupoli, i genitori avrebbero la possibilità di accedere a pratiche che ritengono meno traumatiche di un aborto o della
soppressione della neonata per avere il tanto desiderato figlio maschio.
Da un certo tempo si rincorrevano voci
e rapporti su queste pratiche. Tanti elementi raccolti, sistematizzati e integrati da voci e interviste ospitate soprattutto
in un’indagine pubblicata il 26 giugno (e
finora non smentita) dal prestigioso quotidiano nazionale Hindustan Times. In concomitanza, altri media indiani, gruppi della società civile ed esponenti della cattolicità indiana mettevano in luce non solo
il fenomeno, ma soprattutto esprimevano il loro sconcerto e la loro opposizione
alla pratica, o meglio a questo abuso della genitoplastica, abitualmente utilizzata
per correggere malformazioni dei genitali
o in seguito a interventi chirurgici sovente
associata a cure ormonali.
Dopo l’emersione del fenomeno, la
Commissione nazionale indiana per la
protezione dei diritti dei minori (Ncpcr) ha
Dinesh Laroia, specialista in pediatria e che sarebbero stati coinvolti nella pratica.
consulente della Ncpcr. Le notizie di prati- In maggioranza hanno confessato di avere
che chirurgiche mirate a modificare l’ap- praticato soltanto «interventi correttivi» su
parenza sessuale delle femmine a Indo- bambine nate con anomalie ai genitali, ma
re e altrove è scioccante: qual è la sua opi- gli attivisti per i diritti civili, in particolanione? «Il termine “chirurgia genito-urina- re per la difesa della donna, contrattaccano
ria” o, come descritto dai media, “genito- sostenendo che le cartelle cliniche sono staplastica” è nella sua accezione più ampia te modificate in modo da non fare emergeuna forma di chirurgia plastica degli orga- re la reale portata degli interventi.
ni riproduttivi. La Commissione nazionaCome ha dichiarato una coppia di genile per la protezione dei diritti dei bambi- tori di una bimba di due anni, il figlio nato
ni, di cui faccio parte, ha delefemmina «quando sarà cresciugato un gruppo di esperti (due
to potrà vivere una vita normamembri della commissione, un
le, senza alcun ricordo dell’inchirurgo pediatrico, un genetervento». Un’illusione. SeconMILA
tista e un avvocato specializzado il presidente dell’Accadeaborti quotidiani.
to in questioni medico-legali)
mia indiana dei pediatri, il dotNegli ultimi vent’anni
di condurre una ricerca approtor Goswamy, questi interventi
10 milioni di bambine
sono state eliminate
fondita. La conclusione a cui è
chirurgici possono nei miglioarrivata è che nei luoghi visitari dei casi lasciare in eredità
ti non ci sono prove di pratiche chirurgi- all’adulto impotenza o infertilità. «La geniche mirate a modificare l’aspetto sessua- toplastica è possibile su una bambina o un
le. Posso aggiungere che non è possibile, bambino normali, ma successivamente gli
attraverso pratiche chirurgiche, modifica- organi tenderanno a non svilupparsi in
re radicalmente l’apparato sessuale femmi- modo normale per la mancanza di ormonile in quello maschile».
ni e questo avrà conseguenze gravi. Quelli
di cui siamo ora a conoscenza – ha ammesLa tendenza negazionista
so Goswamy nella testimonianza al quoUlteriori indagini diranno qual è la real- tidiano The Telegraph di Calcutta – sono
tà nelle cliniche di Indore, ma il proble- casi sconvolgenti, che richiedono da parte
ma è stato sollevato, nel contesto di una nostra indagini e interventi appropriati».
legislazione “a maglie larghe”, soprattutto
Responsabile di questa situazione non
riguardo a tecniche non ancora riconosciu- è il caso, ma ragioni socio-culturali che
te come rischio sociale. La conferma è venu- portano a scelte magari dolorose ma riteta proprio da uno dei chirurghi che a Indo- nute “inevitabili”. Uno studio del 2009 ha
re praticano la genitoplastica nei casi speci- rilevato come siano 7 mila di media i feti
ficamente ammessi dalla legge, il dottor Bri- abortiti ogni giorno nel paese asiatico, con
jesh Lahoti: «In India non ci sono problemi una drammatica preponderanza di quelli
per queste operazioni in quanto richiedo- femmina. Negli ultimi vent’anni, fino a 10
no solo il consenso dei genitori e una loro milioni di bambine non hanno mai visto
dichiarazione», aveva dichiarato all’Hin- la luce o sono state eliminate subito dopo
dustan Times, salvo fare marcia indietro la nascita. I dati del censimento 2010, che
poche settimane dopo. Una tendenza nega- in questi mesi vengono elaborati e divulgazionista che parte ovviamente dai medici ti, mostrano ancora una volta un’India
Foto: AP/LaPresse
7
ordinato al governo del Madhya Pradesh di
investigare sulla possibilità che 300 bambine tra uno e cinque anni d’età siano state
sottoposte alla chirurgia per modificarne
il sesso, su richiesta dei genitori disposti a
pagare fino all’equivalente di 3.200 dollari
per ogni intervento.
Del risultato dell’indagine, ancora
provvisorio, Tempi ha chiesto al dottor
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ESTERI QUOTE ROSA A RISCHIO
Il governo è determinato
ad abolire le forme di selezione
sessuale. Ma si scontra con le
regole socio-religiose tradizionali
Le contraddizioni socio-religiose
Quanto è sincero ed efficace l’impegno
delle autorità per garantire le famiglie e
i diritti delle bambini di fronte alle diverse forme di sfruttamento e discriminazione? Il
dottor Dinesh Laroia non ha
dubbi: «Il governo indiano è
determinato ad abolire ogni
forma di selezione sessuale. La
legge del 1972 sull’interruzione della gravidanza, quella del
1994 sulla determinazione del
sesso del nascituro e altri provvedimenti legali sono da tempo attuati con il fine di fermare pratiche deleterie. Anche
l’aborto selettivo è punito dalla legge. Un contributo importante lo danno le organizzate di 1.000 maschi nati a Delzioni e i gruppi che rendono
hi, vi erano 886 femmine, oggi
noti i problemi e si impegnascese a 866. In buona sostanDONNE
no affinché vengano risolti a
za, come sottolinea Ranjana
ogni 1.000 uomini.
vari livelli». Un impegno che si
Kumari, responsabile del CenIl rapporto è inferiore
scontra però con regole sociotro per le ricerche sociali, tra
al dato ritenuto
religiose tradizionali. Quanto
le istituzioni più attente e attifisiologico (950)
queste influenzano le tendenve riguardo alla discriminazioze discriminatorie a cui si assiste in India? ne femminile, gli indiani «più sono edu«La società indiana sta cambiando rapida- cati e ricchi e più scelgono di eliminare le
mente, anche rispetto a questi problemi» loro figlie». In questo contesto, per gli attiricorda con l’ottimismo dell’ufficialità il visti la genitoplastica applicata alla seledottor Laroia. «Le barriere socio-religiose zione sessuale è una pratica «che si fa befsono gradualmente demolite da una gene- fe delle donne dell’India». Come sottolirazione emergente di giovani. Tuttavia nea ancora Ranjana Kumari, «un segno di
l’India è un paese enorme, con differenti crescente follia sociale».
tradizioni sociali e religiose, una grande
varietà etnica, e occorrerà ancora qualche La condanna della Chiesa
tempo affinché le nuove tendenze filtrino «Condanniamo con forza, come vescovi
al livello più popolare».
indiani, questa pratica orribile, frutto di
Una discriminazione sanzionata dalla una mentalità che privilegia il maschio
legge, dunque, ma che interessa in modo come fonte di profitto e come figlio di magsempre più evidente regioni geografiche gior valore, mortificando la dignità feme settori sociali prima immuni. Inclusa minile». Ha usato toni decisi padre Charl’area della capitale, quella dove è più svi- les Irudayam nel comunicare all’Agenluppata la coscienza sociale ma che con- zia Fides lo sconcerto della Chiesa indiafina con stati federali tra i più colpiti dal- na per la pratica aberrante della genitola selezione sessuale. Nel 2001, a fron- plastica nelle cliniche di Indore. «Cono-
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sciamo bene il fenomeno dell’aborto selettivo che, secondo alcuni studi, negli ultimi vent’anni ha riguardato oltre 5 milioni
di bambine. Il governo ha tentato di arginarlo, e infatti si registra un decremento.
Ora emerge l’operazione chirurgica. Credo che la responsabilità sia prima di tutto dei genitori, che la chiedono, poi dei
medici che la compiono», ha detto ancora
il segretario della commissione per la Giustizia, la pace e lo sviluppo della Conferenza episcopale indiana.
Difficile credere che la posizione dei
vescovi risenta solo dell’emotività seguita alla diffusione dell’indagine dell’Hindustan Times, ma che tuttavia ha visto
nei giorni scorsi una reazione indignata
dall’interno della chiesa del Madhya Pradesh, con alcuni sui esponenti che hanno parlato di “distorsione” dei fatti a uso
mediatico. «I mass media non dovrebbero distorcere la verità, ma sostenerla», ha
detto il vescovo di Indore, monsignore
Chacko Thottumarickal, dopo la pubblicazione sul quotidiano The Hindu di un contro-rapporto mirato più a confutare le tesi
del blasonato rivale che a chiarire le circostanze da cui è nata la questione. n
Foto: AP/LaPresse
contraddittoria, con ineguaglianze che il
progresso sembra approfondire. Tra queste
la discriminazione femminile.
Oggi su 1,21 miliardi di abitanti, le
donne sono “solo” 586 milioni e mezzo. Il
censimento mostra come nella fascia d’età
0-6 anni, il rapporto tra i due sessi sia sceso a 914 femmine ogni 1.000 maschi, riducendosi ulteriormente rispetto al dato del
2001 che mostrava un rapporto 927-1.000,
a fronte del dato ritenuto fisiologico di 950
femmine per 1.000 maschi.
PLAUSI
E BOTTE
CONTESTATO Yossi Benayoun del chelsea
Fischiare un giocatore perché
israeliano fa male allo sport
di Yasha Reibman
Foto: AP/LaPresse
C
osa sarebbe l’estate senza sport? A luglio e ad
SE TI
agosto si aspettano treDIMENTICO
GERUSALEMME
pidanti le amichevoli per scoprire come le squadre siano cambiate con i nuovi acquisti e le cessioni. Non fanno invece molto
notizia i fischi nei confronti di Yossi Benayoun,
bravo giocatore del Chelsea, durante un’amichevole a Kuala Lumpur contro una rappresentativa nazionale della Malaysia. Il paese a maggioranza musulmana si trova nel sud est asiatico
e, sebbene questo significhi decine di migliaia
di chilometri di distanza, non ha rapporti diplomatici con Israele. I cittadini israeliani, a meno che non possiedano un altro
Il pubblico
passaporto, non possono nemmalese, paese
a maggioranza
meno entrare in Malaysia.
musulmana, ha
Così successe nel 2008, per
fischiato Yossi
un’altra amichevole del ChelBenayoun del
Chelsea durante
sea, al giocatore Tal Ben Haim
un’amichevole
e all’allora allenatore Avram
Grant, entrambi israeliani, che non ottennero
il visto. La colpa di Yossi Benayoun è ovviamente la stessa, il giocatore è israeliano. Il pubblico
malese lo ha fischiato fino a quando non è stato
sostituito nel primo tempo. Forse fa più notizia
che questo episodio sia stato del tutto censurato
dal sito ufficiale del Chelsea e che la società londinese abbia organizzato un’altra amichevole a
Kuala Lumpur dopo l’espulsione dei suoi tesserati tre anni prima. Certo, forse non possiamo
pretendere che Roman Abramovich, miliardario petroliere proprietario del Chelsea, uno dei
club di calcio più ricchi al mondo, rinunci alla ghiotta occasione di una partita e di quanto
questa possa portare in termini di incassi e soprattutto di contatti in un paese produttore di
petrolio, business is business. Tuttavia il Chelsea avrebbe potuto trovare il modo di cogliere
l’occasione di una seconda amichevole e della
contestazione patita per aiutare gli spettatori
malesi a comprendere cosa sia lo spirito sportivo. Non solo correre dietro al pallone con numeri di alta scuola, ma anche la capacità per novanta minuti di giocare insieme lasciando fuori
dal campo e dallo stadio tutto il resto, le rivalità
e gli odi che dividono le persone.
GLI APPUNTAMENTI DEL PONTEFICE
L’estate del Papa tra
la Gmg e il nuovo libro
di Angela Ambrogetti
A
gosto tempo di ferie. Ma non per noi vaticanisti. Il Papa è ancora a Castelgandolfo, ma
riprende l’attività pubblica che a luglio era
IL PORTONE
sospesa. Ogni mercoledì in elicottero torna in VaDI BRONZO
ticano per l’udienza generale, il 15 celebra la Messa nella parrocchia sulla piazza di Castelgandolfo, e il 18 parte per
quattro faticosi, ma fruttuosi, giorni a Madrid dove l’aspetta un milione di giovani di tutto il mondo. Ferie finite per Benedetto XVI che
poi l’11settembre sarà ad Ancona per il Congresso Eucaristico e il 22
tornerà nella sua Germania dove visiterà il Parlamento Federale nel
Reichstag di Berlino, incontrerà la comunità ebraica, quella musulmana, celebrerà la Messa a Berlino e incontrerà evangelici ed ortodossi, e ovviamente i cattolici tra Berlino, Friburgo e Erfurt. E in settembre consegnerà anche il suo terzo e ultimo libro su Gesù, quello
forse più intimo e personale dedicato ai Vangeli dell’infanzia. Vangeli canonici e Vangeli apocrifi che si mescolano e che hanno indotto il papa teologo a separare questa parte per dedicare attenzione
anche alla tradizione popolare. Uno spazio speciale dovrebbe averla
la nascita di Gesù. E poi i nonni, Gioacchino ed Anna, e le tante storie dei miracoli infantili, meno teologia, forse, ma tanta devozione.
Il libro dovrebbe uscire il 16 aprile 2012 quando Benedetto compirà
85 anni. E per lui i vescovi tedeschi stanno preparando un regalo insolito: un giro in Vaticano nei luoghi che non conosce nemmeno il
Papa. E quella sarà una piccola vacanza.
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cultura
più persone meno stato
La carità
di un presunto
xenofobo
Si può invocare il pugno di ferro del governo
sull’immigrazione e poi “adottare” un giovane
nigeriano clandestino? Nicholas Farrell lo ha
fatto. Non per incoerenza, né per pietismo.
«Ma perché ho guardato Tony negli occhi»
di Nicholas Farrell
G
uardando le immagini in televisione di
quel branco di africani scappati dal
centro di accoglienza a Bari comportandosi da teppisti sono sbottato: «Ora
basta! Se ne vadano fuori dall’Italia subito!». Si autodefiniscono “profughi” provenienti dalla Libia e perciò titolari del diritto di asilo, ma sono senza documenti (e lo
fanno apposta) perché la realtà è un’altra:
sono clandestini. Ma in fondo profughi o
clandestini non cambia nulla. In entrambi
i casi, una volta qui in Italia, il governo è
praticamente impotente: non può mandarli “a casa” per diversi motivi, uno di questi
è che è praticamente impossibile risalire
a dove sia davvero casa loro. E questo i falsi profughi lo sanno benissimo. Il governo
italiano, grazie alla Marina e alla Guardia
costiera, sa benissimo da dove sono partiti
ma non può fare nulla. L’unica soluzione
sarebbe rispedirli al mittente tutti, anche
se provengono dalla Libia, preferibilmente
prima che sbarchino in Italia. Con la forza
“if necessary”.
Da essere umano, però, ovvero da ateo
devoto, mi sento costretto a confessare
una cosa: io, personalmente, ho contribuito a salvare uno di loro. Ed è giusto così.
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Lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro non esiste) sono una cosa, l’individuo
e la comunità un’altra. Prendiamo l’esempio dei soldi pubblici girati ai poveri. Se
mi trovo per legge costretto a pagare per
i poveri tramite le mie tasse mi arrabbio.
Mi arrabbio perché così facendo lo Stato
mi toglie il diritto alla libertà di scelta e
anche perché so benissimo che quando
c’è di mezzo lo Stato è molto difficile che
i miei soldi arrivino veramente a chi ne ha
bisogno. Se, d’altronde, la scelta di dare
soldi ai poveri rimane di competenza non
dello Stato e della società ma dell’individuo e della comunità (cosa che invece esiste eccome), il rapporto fra me e il povero
è più diretto, più onesto e più trasparente.
Seduto al tavolino del bar
Piccolo esempio. Ogni giorno leggo i giornali al bar nel centro storico di Forlì dove
abito. Dato che sono un fumatore mi siedo
a un tavolo all’aperto. Ogni santo giorno
passano clandestini e zingari che mi chiedono l’elemosina. Non la concedo a tutti.
Dipende. Dipende da come mi sento quel
giorno e dipende da che impressione mi fa
la persona che me la chiede.
Tony Okwuwe è nato in Nigeria, e oggi
ha 26 anni. Nel 2006 è arrivato in Italia
dalla Libia passando per Lampedusa e Trapani in una barca stracolma di clandestini. Poi, poco dopo, un giorno d’estate,
all’ora di pranzo, ha incontrato me per
puro caso in una piazza nel centro storico di Rimini. Stavo mangiando del pesce
(triglie, canocchie, sogliole) all’aria aperta
sotto un bel sole con dei colleghi e mi sentivo bene. Tony si avvicinò al nostro tavolo, aveva con sé i soliti fazzoletti e accendini da vendere: «Aiutatemi, vi prego».
Era simpatico, aveva degli occhi dolci. L’ho fatto sedere alla nostra tavola. Gli
abbiamo offerto da mangiare. Gli piaceva molto il pesce perché è cresciuto nella delta del fiume Niger. Non parlava l’italiano, solo l’inglese, anche se piuttosto
male. Così iniziò a raccontare la sua storia. Per arrivare a Rimini aveva fatto un
viaggio di 3.500 chilometri durato parecchi anni dalla Nigeria alla Libia e poi quella traversata in mare aperto per raggiungere l’Italia.
Figlio unico, di famiglia cristiana, sua
madre, Jenny, morì mentre partoriva. Nel
1997 se ne andò anche suo padre, Dixon,
un elettrauto, ucciso in casa da una banda
armata di un’altra tribù. Nella zona dove
Tony viveva c’era – e c’è ancora – una guerra in atto fra due tribù. Le ultime parole
«Lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro
non esiste) sono una cosa, l’individuo e la
comunità un’altra. Ogni tanto io e Tony ci
sentiamo. Ormai il suo italiano non è male»
Tony Okwuwe,
orfano nigeriano,
è arrivato in
Italia nel 2006
dopo un viaggio
della speranza
e oggi ha
un regolare
permesso
di soggiorno
del padre sono state: «Scappa!». E così ha
fatto quel bambino che allora aveva solo
12 anni. Durante la fuga gli hanno sparato, colpendolo alla gamba sinistra. Rimasto orfano, dopo il ricovero in ospedale,
ha vagabondato per la Nigeria per anni.
Per qualche tempo è rimasto nel Nord
del paese, dove c’è una forte concentrazione di musulmani e tanta violenza. Nel
2005, appena compiuti i 18 anni, decide
di lasciare la Nigeria per andare nel vicino
Niger dove rimane per sette mesi.
Comincia il viaggio infernale
Lì, nella città di Agadez, incontra un senegalese simpatico che abita in Libia. Il senegalese, cristiano ma travestito da musulmano, si offre di portarlo con sé. Dalla
Libia, gli prometteva, sarebbe potuto andare in Italia. Il viaggio attraverso il Sahara in
una Landcruiser scoperchiata con a bordo
trentasei persone dura otto giorni per la
modica cifra di 50 euro (nel caso di Tony,
pagati dal senegalese).
Come è stato quel viaggio? «Nessuno è morto nel deserto ma spesso succede. Sabbia, sabbia, non vedi mai un albero». E poi, la Libia. «Ci hanno lasciati in
un campo di mais, poi siamo arrivati al
mare vicino a Tripoli. A quel punto era-
vamo in 18 persone sul camioncino. Per
evitare la polizia l’autista guidava spesso
fuori strada. Abbiamo avuto un incidente. Il camioncino si è ribaltato. Uno di noi
è rimasto intrappolato sotto. Una volta a
Tripoli ho detto al ragazzo senegalese di
mandarmi in un paese cristiano dove non
ci fossero musulmani. I musulmani sono
così violenti! Allora lui mi ha proposto
l’Italia. Ha prenotato un viaggio in barca
e ha pagato lui. Non so che cifra: una volta a bordo, alcuni dicevano di aver pagato
500 dollari, altri 400».
Al giorno d’oggi i prezzi sono molto
più alti, intorno ai 1.500 dollari. «La barca
– prosegue Tony – partiva di notte da una
spiaggia fuori di Tripoli». Per descrivere
com’era la barca Tony si alza, fa circa venti passi, cioè circa sei metri. Tanto è grande la barca con cui pensa di arrivare in Italia. A bordo ci sono 27 persone. E nessun
pilota. «L’arabo ci spingeva via dalla spiaggia gridando di andarcene in fretta. Ci avevano dato solo una bussola puntata verso l’Italia. A turno ognuno di noi pilotava la barca. A bordo c’erano pane, tonno e
dell’acqua. Con noi c’era una donna, incinta, che arrivava dall’Etiopia con il marito».
Partono da Tripoli il 15 luglio 2006.
Per i primi giorni di navigazione il mare
è calmo, ma dopo poco si fa mosso, molto mosso. Come se non bastasse la bussola si rompe. «Non sapevamo più dove stavamo andando. Persi nel mare cantavamo
tutti insieme inni al Signore, perché mandasse giù degli angeli a salvarci». Intanto il mare resta agitato, la barca soffre. «I
musulmani non cantavano ma noi cristiani sì, cercavamo di farci forza. I cristiani,
oltre a me, erano nove nigeriani, tre ghanesi e poi alcuni dall’Etiopia. Poi la donna ha cominciato a piangere». La situazione è ormai disperata quando una nave della Guardia costiera italiana intercetta la
barca e porta i clandestini fino a Trapani.
«Lì ci hanno portato alla stazione. Abbiamo chiesto dei soldi ma non ce li hanno
dati. Un nigeriano che era sulla barca con
me aveva in tasca 100 euro. Mi ha pagato
il biglietto per Ravenna». Perché proprio
Ravenna? «Perché i soldi bastavano per
arrivare fin lì».
La svolta
Una volta in Romagna Tony incontra un
nigeriano che gli offre un letto e un posto
per dormire. «Il giorno che ci siamo incontrati – ricorda oggi – ero a Rimini perché il
ragazzo presso cui dormivo mi aveva dato
della roba da vendere in giro. Fazzoletti,
calzini. A volte andavamo anche a Pesaro, altre volte a Riccione». L’unico lavoro
che Tony ha fatto in Nigeria è il benzinaio. Non parla italiano ed è analfabeta. Racconta che ogni giorno era bello quando
suo padre era vivo. «L’ho amato, l’ho amato così tanto. Mi voleva insegnare a leggere e scrivere perché voleva che andassi all’università. Da quando è morto non
c’è più nessun giorno bello». Finito il suo
racconto Tony si mette a piangere. Prende le mie mani tra le sue e allora anche io
comincio a piangere. Con alcuni colleghi
decidiamo di trovare un avvocato che possa dargli una mano a sistemarsi in Italia e
a regolarizzare la sua posizione.
Cinque anni dopo, grazie a noi e, nel
bene o nel male, grazie alla legge italiana, Tony Okwuwe, orfano nigeriano solo
al mondo, è ancora in Italia e ha un regolare permesso di soggiorno. Non mi sento in colpa per quello che ho fatto né mi
sento incoerente. Anzi. Per giustificare le
loro stragi i padrini mafiosi dicevano: “It’s
not personal, it’s business”. Io, invece,
dico: non è business, è personale. Ho fatto quello che ho fatto perché ho guardato
Tony negli occhi. Ogni tanto ci sentiamo.
Ormai il suo italiano non è affatto male.
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CULTURA RIPESCAGGI
Ma chi ce
li ha fatti
perdere?
Da The Way Back a Il maledetto United. Ecco
tutte le pellicole imperdibili su cui i distributori
italiani non hanno scommesso. Film con trame
avvincenti, attori e registi di livello, parcheggiati
in qualche magazzino. Per lasciare spazio alla noia
U
na ragazza coronata di spine cammina
nel deserto. Cammina con le piaghe
ai piedi che non le danno tregua. I
compagni che la prendono sulle spalle e lei
che con un filo di voce prova a scandire «Irena Zielinska», il suo vero nome, quello che i
comunisti non le hanno potuto far dimenticare, il nome di una donna libera.
È questa la scena, anche metaforicamente, più forte dell’ultimo grande film di Peter
Weir, The Way Back, la storia vera e incredibile di un gruppo di evasi da un gulag siberiano che, dopo un viaggio durato anni, riesce a rifugiarsi in India poco prima della
fine della Seconda guerra mondiale. Weir,
che ha sempre amato raccontare la libertà nei suoi film, da L’attimo fuggente a The
Truman Show fino a Master & Commander, realizza un nuovo grande film su quello che i suoi personaggi definiscono il bene
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più prezioso dell’uomo e contro ogni forma di totalitarismo. Lo dirige con un occhio
allo spettacolo: un grande cast tra cui spiccano Ed Harris e Colin Farrell, una cura formale ineccepibile, fatta di grandi scenari e
di suspense vera. In quanti degli evasi riusciranno ad arrivare al confine? E soprattutto, quale confine? L’incipit è da pelle d’oca
e richiama un altro grande capolavoro della libertà, Katyn: uno stanzino spoglio, un
sovietico che interroga un povero cristo.
Viene fatta entrare la moglie, costretta con
la forza a testimoniare contro il marito. È
la storia di Janusz (Jim Sturgess), un giova-
ne polacco ritenuto spia e spedito in Siberia. Accanto a lui nel gulag, dove a mietere
vittime ogni giorno più che le pallottole dei
sovietici sono i 40 gradi sotto zero, un’umanità varia e sofferente. C’è un attore internato per aver interpretato il ruolo di un aristocratico, c’è un egittologo di fama dell’università di Leningrado, accusato di spionaggio; ci sono artisti, comici, preti. E anche
delinquenti che, come nel caso del personaggio interpretato da Farrell, hanno tatuati sul corpo le immagini di Lenin e Stalin
«perché erano dei duri, toglievano ai ricchi
per dare ai poveri», salvo poi dover amaramente ricredersi. Ci sono rusLa pellicola di Weir è diretta con un occhio allo si, polacchi, ebrei, lettoni e
lituani. C’è anche un amerispettacolo: un grande cast tra cui Ed Harris
cano, mister Smith (Ed Hare Colin Farrell e una cura formale ineccepibile, ris), la faccia di pietra, segnafatta di grandi scenari e di vera suspense
ta da tanti rimorsi e da un
THE WAY BACK
Storia vera di un gruppo di evasi da
un gulag siberiano. Di Peter Weir
1940, un gruppo di prigionieri evade
da un gulag della Siberia. Un cammino
lungo 6.500 km in un paesaggio tanto
bello quanto ostile, per raggiungere la
libertà in India, all’epoca colonia inglese.
potere che gli ha tolto tutto. Questo nella prima mezz’ora del film, perché nelle
restanti due ore, Weir racconta l’odissea di
un pugno di uomini a cui poi si aggiungerà una ragazza (Saoirse Ronan), che prendono e scappano. Meglio morire da uomini liberi che vivere da schiavi. Attraversano la steppa che mieterà vittime, giungeranno quasi a mangiarsi tra di loro, conservando nei momenti peggiori – per miracolo, ma anche per le preghiere del prete che
li accompagna – quel briciolo di umanità che il comunismo ha cercato di togliere
loro. Arrivano, stremati, a un confine. Il primo di tanti, perché il comunismo pare esteso fino ai confini del mondo. Eppure non
demordono, un occhio al compagno sofferente che perde terreno, il cuore a casa propria e alla moglie che aspetta. Un capolavoro che in tanti punti assomiglia al film di
Wajda, ma più impegnato a raccontare il
bene che si percepisce tra questo gruppo di
uomini in marcia in un Calvario collettivo,
che non a denunciare tutto il male che il
comunismo ha fatto. Basta solo un’immagine per questo: quella di un monastero mongolo totalmente distrutto o i racconti dolorosi del sacerdote.
Un road movie commovente che in Italia non si vedrà: ad oggi il film non è stato
acquistato da nessun distributore. Eppure il
film è circolato in tanti festival ed è uscito in
tanti paesi: Stati Uniti, Germania, Australia,
Francia, Russia, Spagna, Olanda, Polonia,
Belgio, Turchia, Malaysia e Kuwait. Praticamente dappertutto. Solo da noi non riscuote attenzione. E non è il primo grande o
buon film che in Italia non arriva o, se viene
distribuito, esce in pochissime copie o solo
per il mercato Home Video. I ritardi distributivi di Katyn e The Road la dicono lunga, ma ci sono altri film che, snobbati dalle grandi major, andrebbero riconsiderati.
C’è la storia del monaco russo – una storia alla Tarkovskij – visivamente straordinaria e profonda da un punto di vista umano:
la storia de L’isola di Pavel Lungin, film di
chiusura della Mostra del Cinema di Venezia 2006 e poi uscito solo
in dvd. O il biopic avvincenUn road movie commovente che al momento
te e politicamente scorretto
nel nostro paese non si vedrà. Eppure è uscito su Brian Clough, leggendaovunque: Usa, Germania, Australia, Francia,
rio allenatore inglese. Una
Russia, Spagna, Olanda, Polonia, Belgio e altri grande storia di calcio e di
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CULTURA RIPESCAGGI
1
2
1 - SCOTT PILGRIM VS THE WORLD
Scott deve combattere contro sette rivali in amore. Di Edgar Wright
Basato sul fumetto omonimo, è la storia un po’ folle di un ragazzo che
combatte per la sua fidanzata. La novità sta nello stile visivo. Pieno di
trovate cinematografiche, ha un bel cast e una buona dose di ironia.
3
4
5
2 - BROOKLYN’S FINEST
Un poliziesco duro, cupo e tragico. Di Antoine Fuqua
Ritratto di tre uomini alle prese con l’enigma della vita: se stessi. Uno
deve fare i conti col passato; l’altro è alle prese con un boss, suo amico;
l’ultimo, cattolico, deve combattere la tentazione di fare soldi facili.
3 - IL MALEDETTO UNITED
Storia del tecnico del Derby County Brian Clough. Di Tom Hooper
Clough è rissoso, scostante, ma con un rapporto autentico coi propri
giocatori e il proprio mestiere. È un film sul dramma umano di fronte al
lavoro e ai risultati che non sempre vanno per il verso giusta. Merita.
4 - SENNA
Vita e opere del pluricampione di Formula Uno. Di Asif Kapadia
Commovente e bellissimo documentario. È la storia di Senna, della sua
lotta contro il potere di Balestre, il boss della F1, della rivalità acerrima
con Prost e del suo rapporto con Dio, culminato nella frase di san Paolo
sulla sua tomba: «Niente mi potrà separare dall’amore di Dio».
6
5 - DEPARTURES
Giovane trova lavoro in un’agenzia di pompe funebri. Di Yojiro Takita
Un ragazzo in cerca di lavoro imparerà a scoprire uno dei mestieri più
nobili, il tanatoesteta, colui che veste i morti per prepararli all’ultimo viaggio. È un film controcorrente. Perché guarda in faccia alla morte e perché
racconta l’ultimo viaggio attraverso le cure amorevoli di un Caronte
buono che, con devozione amorevole, si prende cura del corpo del defunto
rendendolo bello e luminoso, per l’incontro definitivo.
6 - THE BLIND SIDE
Da ragazzo perduto a stella del football. Di John Lee Hancock
Storia classica ma di sicuro effetto per tutta la famiglia, con bravi attori
e caratteristi capaci. Non manca l’ironia e le lacrime scorrono abbondantemente. È una bella storia positiva sul diventare grandi, con la metafora
del football come gioco di squadra a sottolineare tutto. Simile per certi
versi a film come Scoprendo Forrester e Cielo d’ottobre.
uomini, uno dei pochi film davvero riusciti sul mondo del pallone: Il maledetto United, scritto dal premio Oscar Peter Morgan e
diretto da un altro premio Oscar, Tom Hooper (Il discorso del re), pure lui ha dovuto
accontentarsi solo di un’uscita in videoteca.
Considerazioni sbagliate
E a proposito di premi Oscar, il vincitore
dell’Oscar 2009 come miglior film straniero, il giapponese Departures, è uscito da noi
più di un anno dopo e pure in poche sale.
Eppure racconta, con sensibilità e discrezione, una vicenda toccante. La storia di un
giovane che va a bottega da un tanatoesteta
e impara, dopo le prime ovvie perplessità,
che l’amore tocca, concretamente, anche i
defunti. O il caso di The Blind Side, che l’anno scorso ha fatto vincere a Sandra Bullock
l’Oscar come miglior interprete femminile.
Una vicenda classica di accoglienza dell’altro (lei è bianca e ricca e decide di adottare
un ragazzo nero che poi diventerà una stel34
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remake russo de La parola ai giurati; Bella,
il piccolo film sulla vicenda di una ragazza che decide di non abortire; il vincitore
del Sundance, Frozen River; i duri Il profeta (gran successo in Francia) e Animal Kingdom; la divertente commedia adolescenziale Scott Pilgrim vs The World; uno dei documentari più riusciti di sempre, Senna, sul
campione di Formula 1.
Poca pubblicità, spesso neanche lo straccio di un trailer. In cambio di che? In cambio
di una roba come Dreamland – La terra dei
sogni, film di Sebastiano Sandro Ravagnani con Franco Columbu e Ivano De Cristofaro i cui poster giganteschi occupavano fino
a poche settimane fa una città come Milano e che a metà luglio ha avuto il suo battesimo in sala. Tanto rumore per nulla: nel primo weekDreamland – La terra dei sogni, ultimo lavoro
end il film ha guadagnato
di Ravagnani, a metà luglio ha avuto il suo
1.793 euro. Forse valeva la
battesimo in sala. Tanto rumore per nulla.
pena scommettere su altri.
Forse valeva la pena scommettere su altri
Simone Fortunato
la del football). Un’altra storia vera e avvincente che il pubblico italiano dovrà andare a cercare sugli scaffali del Blockbuster di
turno. Altri Oscar mai arrivati nelle nostre
sale: l’ultimo film che Antoine Fuqua, il
regista che fece vincere un Oscar a Denzel
Washington con Training Day, ha diretto
nel 2009, un notevole, durissimo poliziesco, Brooklyn’s Finest. Un gran cast (Ethan
Hawke, Richard Gere, in uno dei suoi ruoli migliori) e una storia classica di delitto e
castigo. Mai uscito al cinema. È il destino di
tanti film parcheggiati in qualche magazzino o considerati di scarso impatto per il
pubblico italiano o semplicemente non considerati per pigrizia. Solo negli ultimi anni
sono usciti male film pregevoli come 12, il
arte ritrovata cultura
Quel Leonardo
che finì in cantina
Dimenticato per decenni, scambiato per una
copia fu addirittura svenduto per 45 sterline.
L’epopea di uno dei rari oli su tela del maestro
A
lcune ritornano alla luce, dissepolte
da qualche cantina dove hanno
preso la polvere per anni, altre
rimangono nell’oblio, acquisendo – se
ricercate – un’aura quasi mitica che le
trasforma in opere d’arte chimera. Chissà quale sarà il caso dell’appena riaffiorato Salvator Mundi di fresca attribuzione a Leonardo. Quel che è certo finora è
che un gruppo di esperti leonardeschi
ha quasi gridato al miracolo per la riscoperta di uno dei pochissimi oli su tela del
grande maestro. L’opera, che rappresenta
Cristo benedicente che regge sulla mano
sinistra una sfera di cristallo simbolo del
globo, è stata probabilmente commissionata da un francese o dal luogotenente
Gian Giacomo Trivulzio, ma non vi sono
documenti ufficiali a riguardo. Gli unici
elementi che certificano la sua esecuzione sono due disegni autografi conservati
alla Royal Library di Windsor in cui alcuni particolari vengono resi esattamente
come nella tela. Presente nel 1649 nella
collezione di Carlo I d’Inghilterra, venduta dopo la sua morte e ritornata alla Corona con Carlo II, l’opera ha fatto parte della
collezione del Duca di Buckingham il cui
figlio l’ha messa all’asta nel 1763 dopo la
vendita di Buckingham House al re. Ogni
traccia fu perduta fino al 1900 quando
fu acquistata da Sir Frederick Cook i cui discendenti «La veste di Cristo in blu è dipinta con una
la rivendettero a Sotheby’s delicatezza “miracolosa”. La condizione non
nel 1958 come una copia
del Boltraffio per l’incre- è certo immacolata, ma quel che si vede basta
dibile cifra di 45 sterline. per comunicare una eccellente impressione»
Acquistata nel 2005 dalla
R.W. Chandler, un consorzio privato ame- to che valesse la pena acquistarlo. Essenricano rappresentato da Robert Simon, do stato ridipinto più volte, somigliastorico dell’arte e gallerista, la tela è sta- va a qualunque altra copia. Era rovinata subito portata al Metropolitan Museum to, scuro e cupo. (...) Una volta tolta tutof Art per essere esaminata da curatori e ta la pittura aggiunta, ciò che si è rivelaconservatori.
to era proprio il dipinto originale. Tutti
«Il quadro è stato dimenticato per concordano che è stato eseguito da Leoanni» riporta su ARTnews il giornalista nardo». L’opera è stata portata poi alla
Milton Esterow sulla base di una fonte National Gallery di Londra dove Nichoanonima vicina al Metropolitan. «Quan- las Penny, direttore, e Luke Syson, curado è tornato all’asta, Simon ha pensa- tore della mostra “Leonardo da Vinci: pit-
Il salvatOr mundi
Visibile nell’imminente
mostra londinese
L’opera sarà visibile
durante la mostra
“Leonardo da Vinci: pittore alla Corte di Milano”
presso la National Gallery
di Londra dal 9 novembre
2011 al 5 febbraio 2012.
A lato: Leonardo da Vinci,
Salvator Mundi (1500,
circa), copyright: 2011
Salvator Mundi LLC
tore alla Corte di Milano”,
hanno invitato un gruppo di studiosi per vederla.
«Alcuni dei presenti erano all’inizio reticenti, ma
poi si è creato un clima di
accettazione generale» racconta uno dei partecipanti. «La veste di Cristo in blu
è dipinta con una delicatezza “miracolosa”. (...) La condizione non è certo immacolata, ma quel che si vede
basta per comunicare una
eccellente impressione».
Ma come mai un’opera
così importante salta fuori soltanto adesso? Le brutali pennellate sovrapposte e il fatto che il pannello in
legno sia stato strappato e incurvato sono
gli elementi che hanno impedito di cogliere le evidenti aderenze stilistiche ai dipinti conosciuti di Leonardo, la straordinaria
qualità dell’esecuzione, la relazione con
i disegni di Windsor e tutti gli elementi
che giustificano l’attuale attribuzione. Per
quanto riguarda la datazione, alcuni fanno risalire l’opera agli ultimi anni di attività del maestro, altri l’ascrivono al periodo milanese (tardo 1490). La tela sarebbe
quindi perfettamente in linea con le altre
opere dell’imminente mostra londinese,
dove occuperà infatti un posto d’onore.
Mariapia Bruno
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PANE AL PANE
le contraddizioni dell’anvur
Per valutare i professori i numeri
non bastano. Parola di matematico
di Giorgio Israel
L
a nuova riforma universitaria apre il capitolo delle idoneità nazionali per
diventare professore universitario. Allo scopo vanno stabiliti i criteri di INTELLETTUALE
CURA
valutazione e la soglia sotto la quale non si dovrebbe poter accedere alTESTESSO
la prova di idoneità. Il nuovo ente Anvur (Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca) ha proposto dei criteri di valutazione che dividono in due i settori disciplinari: da un lato, quelli umanistici, cui si riservano
dei parametri che hanno suscitato vivaci critiche, soprattutto per la distinzione tra editori internazionali e nazionali (cioè esteri e italiani) con l’attribuzione di un punteggio triplo alle pubblicazioni fatte con i primi; dall’altro lato, i
settori scientifici, cui si riserva la tecnica di valutazione bibliometrica e, in particolare, il noto h-index, che è il più grande numero n per cui lo studioso ha
pubblicato n articoli ognuno dei quali è stato citato n volte. L’h-index è stato molto criticato. Per
esempio, attribuisce lo stesso punteggio a chi ha 10 pubblicazioni citate 10 volte e a chi, oltre
a queste, ne ha altre 90 citate 9 volte… C’è chi ha propoIl cosiddetto h-index è discutibile. Basti dire
sto altri parametri, come g-index, m-index e altri ancora, ma tutti hanno controindicazioni. Tuttavia i maniaci
che quello del matematico Andrew Wiles,
della numerologia non si scoraggiano e procedono a teche ha risolto uno dei problemi matematici
sta bassa. Per loro i numeri sono comunque meglio dei
più difficili di tutti i tempi, è 32 e quello
giudizi delle persone e della valutazione di contenuto
delle pubblicazioni.
dell’economista Francesco Giavazzi è 43
Nel frattempo, la stampa ha messo il naso sugli h-index dei commissari Anvur che credono tanto a questi sistemi, con riferimento a una graduatoria sui “top italian scientists” stilata da Via-Academy. Ne è venuto fuori che alcuni dei commissari hanno un h-index assai basso, il che è imbarazzante per chi è preposto al giudizio di merito
di tutta la ricerca italiana e vuole farlo con questo metodo… Emerge il solito paradosso che un
fisico di fama ha sempre un h-index più basso di un qualsiasi economista, medico, ingegnere o manager, perché costoro ottengono citazioni a man bassa. Giocando con uno
dei programmi che calcolano l’h-index si può trascorrere una serata di barzellette. Per
esempio, l’h-index del matematico Andrew Wiles, che ha risolto uno dei problemi matematici più difficili di tutti i tempi, è 32, mentre l’economista Francesco Giavazzi ha
43, per non dire del suo collega Alberto Alesina che svetta a 95… mentre il povero Einstein non va oltre 78… Enrico Bombieri, uno dei massimi matematici viventi si ferma a
32, mentre John Nash si spinge a 59 e il celebre fisico Stephen Hawking arriva a fatica a
69. Si dirà che sono buone prestazioni. Mica tanto, se si va a confrontarle con quelle dei
medici, i quali con l’h-index vanno a nozze. Il farmacologo Silvio Garattini umilia Bombieri con un 35 e sia Nash che Hawking sono schiacciati rispettivamente da Umberto Veronesi (60) e Giuseppe Remuzzi (92).
Di fronte a un così patente sfregio all’evidenza occorrerebbe chiudere il dossier dell’hindex. Ma gli adepti della bibliometria chiedono: cosa si propone in cambio? Una buona risposta si trova nel documento del Cun (Consiglio universitario nazionale), in particolare nel
settore matematico: stabilire il requisito di un numero minimo di lavori in tot anni, pubblicati su riviste con referee o come monografie e poi si va al giudizio di merito. Anche nel
settore fisico, che concede di più alla bibliometria, si afferma: «In ogni caso nessun parametro quantitativo può impedire un positivo giudizio di merito a fronte di risultati di assoluto valore la cui peculiarità può essere positivamente attestata». L’Anvur ha mostrato
meno buon senso della comunità universitaria italiana, il che è assai preoccupante.
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l’intervista
la vita non è un romanzo
Walter Siti
A colloquio con lo scrittore che ha vissuto
(e narrato) il passaggio dall’omosessualità
come condizione conflittuale alla sbornia
della “gayzzazione dell’Occidente”. «Questa
“normalità” non mi appartiene né mi interessa»
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era all’inizio del famoso Sodoma e Gomorra di Proust nel IV volume della Recherche dove lui parla degli omosessuali come
di una razza simile agli ebrei. Un ragazzo
si sentiva un reietto per il fatto stesso di
appartenere a questa razza. È emblematico il caso di uno strano romanzo di culto di
Carlo Coccioli, Fabrizio Lupo, edito in francese nel 1952 perché in Italia era considera«Ricordo a vent’anni di avere ricevuto to impubblicabile. Una sorta di libro maledegli sputi in faccia da persone che si sen- detto: dopo l’uscita in Francia diversi ragaztivano guardate con desiderio. E gli sputi zi si suicidarono e l’autore riparò in Mesnon erano il peggio che poteva capitarti. sico. Lì tradusse la sua opera in spagnolo
Poi c’era un’assoluta mancanza di contesto nel 1953, anche questa edizione accompache ti permettesse di vivere i tuoi rappor- gnata da una catena di suicidi. Coccioli usa
ti all’interno di una rete di amicizie, per una bella definizione: «Ogni omosessuale è
non parlare del rapporto con la famiglia. come un anarchico uscito da un diluvio».
Intorno non c’era niente, soltanto quella Forse per questa impossibilità di vivere una
così lì, la tua omosessualità, da vivere in vita normale, noi privilegiavamo gli aspetsolitudine».
ti simbolici della nostra condizione: l’uomo desiderato diventava un angelo, come i
Una sorta di condanna…
C’era proprio l’idea che l’omosessuale ragazzi di Sandro Penna o quelli di De Pisis.
fosse una razza condannata: il riferimento Oppure il simbolo di un dio pagano, Ercole o Apollo. Qualcosa di più
«Il modo di vivere il desiderio dei gay si sposa e qualcosa di meno di un
Il che letterariamente
con il nostro modo di vivere il rapporto con le uomo.
produceva registri fecondi,
merci. Come se il desiderio gay fosse divenuto dalle poesie di Kavafis al peril modello di un certo desiderio di merci»
sonaggio di Vautrin delle
Si potrebbe sostenere che la mia serenità non
è altro che questo: essermi rifiutato, per eccesso di sofferenza, alla visione diretta della
verità. Ho chiuso gli occhi di fronte all’enorme, spaventosa sconfitta, al taglio gigantesco come un canyon davanti al quale avrei
dovuto, per dignità, uccidere o morire. (Troppi paradisi)
Foto: AP/LaPresse
«I
arnese.
Quelli della mia generazione
hanno vissuto un’omosessualità tragica e conflittuale, con una forte
connotazione mistica o simbolica: cercavamo un rapporto con l’assoluto. L’omosessualità dei ragazzi di oggi ha a che fare
semplicemente con il rapporto tra due
persone, un fatto pratico, concreto».
Parla con una mitezza dalla quale traspare una lunga consuetudine col disincanto e la disperazione Walter Siti, 65
anni, accademico, critico letterario, curatore delle opere di Pasolini, autore televisivo e soprattutto scrittore che per trent’anni – proprio mentre si affermava quel processo che lui stesso ha definito di «gayzzazione dell’Occidente» – ha scandagliato il
suo cuore e le sue ossessioni attraverso la
parola (creandosi un alter ego lungo quattro romanzi: Un dolore normale, Scuola di
nudo, Troppi paradisi e Il contagio).
Oggi Siti ha una piega più amara sulle labbra: è appena tornato da Modena, la
sua città natale, dove ha accompagnato in
ospizio l’anziana madre malata di Alzheimer, alla quale non ha mai confidato la
propria omosessualità, anche se lei sapeva, in silenzio.
o sono ormai un vecchio
Foto: AP/LaPresse
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la vita non è un romanzo l’intervista
Illusions perdues di Balzac e degli Splendeurs et miseres des courtisanes, un essere intriso di male, affascinante proprio perché aveva qualcosa a che fare con l’inferno.
Come ha vissuto il passaggio della condizione omosessuale da drammatica
e spesso tragica ricerca
dell’assoluto ad “assoluta
normalità” come vuole il movimento gay?
Sotto, Pasolini con
gli attori di Teorema,
il film che colpì Walter Siti
al punto di spingerlo
a conoscere Pasolini.
A destra, Antonio Canova,
Cupido e Psiche (1808)
Per quanto mi riguarda
non ho potuto approfittare di
questa svolta. Sono felice che
oggi i ragazzi non siano più
oggetto di sputi o di violenza,
ma questa “normalità” non mi
appartiene e non mi interessa. Io non ho avuto possibilità di scelta. Probabilmente la
mia ricerca sarebbe andata in
questa direzione anche se fos- «Nelle palestre, ormai, i corpi
si stato eterosessuale: del resto femminili e maschili tendono a
fin dall’inizio mi sono trova- confondersi: tra un seno siliconato
to in sintonia con scrittori ete- e pettorali maschili costruiti
rosessuali che vivevano l’erotismo come qualcosa che ti por- dagli anabolizzanti, il divario non
ta in un’altra dimensione. Pen- è sostanziale… entrambi sterili,
so a Baudelaire, anche se per maschi o femmine che siano»
lui erano donne nere e per me
uomini, l’idea era quella: non importa che l’omofobia, in Occidente, si sia incarodove, fuori dal mondo. Per me il punto era gnita proprio perché si sente oscuramente sotto attacco. In questo senso è perfettaquesto e questo rimane.
mente parallela all’odio nei confronti delLei è d’accordo col fatto che l’orientala multi-etnicità.
mento sessuale è solo un dato culturale,
qualcosa che può evolvere e cambiare nel
corso della vita?
Dipende da che cosa si intende per
orientamento sessuale. Se significa che nella vita possono capitare incontri di vario
tipo, sono d’accordo. Penso che la bisessualità sia sempre esistita anche se aveva dei
forti interdetti e faticava ad emergere. Penso però allo stesso tempo che ci siano dei
condizionamenti di tipo nevrotico. Sono
d’accordo sul piano politico quando si dice
che l’omosessualità non è una malattia
nel senso che se due ragazzi sono felici e
vivono una vita sessuale insieme non vedo
che cosa ci sia di malato. Ma ho conosciuto diversi omosessuali che avevano quasi
una impossibilità di fare l’amore con una
donna, che di fronte alle donne avevano
reazioni di spavento per non dire di panico. Allora è evidente che lì c’è uno sbarramento psicologico che io per semplicità ho
chiamato nevrotico, qualcosa che somiglia
a un blocco o a una censura. È un po’ ideologico dire: non importa, uomo o donna
è la stessa cosa.
Foto: AP/LaPresse, Marka
Cosa pensa delle leggi contro l’omofobia?
Penso che, dal punto di vista di una
società, commettere violenza spinti
dall’odio per una categoria sia più grave
che commetterla spinti dall’odio per una
singola persona, e che dunque la legge
dovrebbe tenerne conto. Ma penso anche
Gli omosessuali sono condizionati da sempre a desiderare non una persona ma un’immagine… il loro oggetto d’amore è, per definizione, un surrogato: è la proiezione di un
ircocervo originario, non esistente in natura,
metà angelo, metà specchio e metà madre (sì,
tre metà) – e quindi la loro non può essere
la ricerca di un individuo reale, ma appunto di qualcosa che rimandi ad altro, e di cui
si deve restare in superficie perché se andassimo in profondità scopriremmo che non è
lui. Quale oggetto migliore di un’immagine, che una profondità non ce l’ha proprio?
(Troppi paradisi)
«Tra i 30 e i 40 anni mi è capitato di
avere alcuni rapporti duraturi con persone uguali a me, naturalmente con un po’
di difficoltà, senza parlarne alle famiglie,
ma già con un giro di amicizie. Dai 50
anni mi sono “specializzato” sul tipo del
culturista e questo ha reso tutto più complicato. Frequentavo un giovane culturista
delle borgate romane e ho anche provato
a parlare coi suoi amici, ma il basso livello sociale rendeva difficile una condivisione di interessi. Il mio destino era segnato
e io ne ero consapevole, anche perché queste persone erano semplicemente i portatori di un simbolo, ciò che conta è solo l’immagine. Non puoi certo pensare a un soda-
lizio che dura tutta la vita, fatto di complicità. E poi anche quei loro corpi erano
destinati a invecchiare. Io ero consapevole di vivere qualcosa che mi avrebbe portato fuori dal mondo, che l’erotismo era in
fondo una scusa per vivere fuori dal mondo e che poi sarebbe arrivato il momento
in cui i nodi sarebbero venuti al pettine. E
a quel punto avrei semplicemente dovuto
vivere di ricordi oppure cercando l’assoluto da altre parti».
Qual è stato il suo rapporto con la religione cattolica?
Ho divorziato con la Chiesa cattolica per
eccesso di religiosità. Ricordo che, ragazzino, andavo a confessarmi dal prete e gli
dicevo: ho visto passare quel canoista e mi
è piaciuto. Quello mi diceva: ti do l’assoluzione però devi promettermi di non far più
questo peccato. Ma io sapevo che i peccati si
possono fare in pensieri, opere e omissioni.
Quanto alle opere avrei potuto astenermi,
ma quanto al desiderio era impossibile. Così
il prete non mi diede l’assoluzione e senza
assoluzione niente eucarestia: mi sentivo
tagliato fuori. È così che sono nati gli angeli: visto che la Chiesa non me lo permette,
allora gli angeli me li fabbrico da solo.
Io sono l’Occidente perché appartengo a
quel tipo di omosessuali che hanno fornito il modello dell’Immagine come obiettivo del desiderio… sono l’Occidente perché
odio le emergenze e ho fatto della comodità il mio Dio; perché tendo a riconoscere Dio
in ogni cosa tranne che nella religione; perché mi piace che se premo un bottone gli
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l’intervista la vita non è un romanzo
Augusto Del Noce ormai 50 anni fa per
descrivere la società occidentale parlò di
«nichilismo gaio» dove anche i rapporti
eterosessuali si sarebbero vissuti omosessualmente…
C’è una parte della profezia di Del Noce
che mi pare non si sia realizzata ed è quella
legata all’eclisse della dimensione del trascendente. In realtà in una società perfettamente secolarizzata come la nostra il trascendente si nasconde dove non lo si cerca. Ci sono dimensioni sotterranee in cui
il trascendente si traveste, magari assume
delle forme degradate, ma non sparisce.
Del resto anche alcune ossessioni sessuali hanno a che fare con il misticismo. L’ossessione per il tipo Ercole, per il tipo Apollo, per il tipo Angelo sono forme degradate, secolarizzate di un bisogno di metafisica che non è più reperibile ad altri livelli.
Lei però ha parlato di “gayzzazione
dell’Occidente”.
Non lo intendevo in maniera così profonda, alla maniera di Del Noce, ma solo
dal punto di vista estetico-sociologico. Il
modo di vivere il desiderio degli omosessuali si sposa meravigliosamente con
il nostro modo di vivere il rapporto con
le merci. È come se il desiderio gay fosse
diventato il modello di un certo desiderio
di merci. È un desiderio basato su rapporti veloci e intercambiabili fino alla promiscuità – tra le nuove generazioni oggi vanno di moda i matrimoni gay, ma io poi li
vedo come buttano l’occhio sul culturista
che passa: resta l’idea che ogni lasciata è
persa e che un desiderio puro nei confronti di un bel corpo ha una sua vita autonoma che puoi seguire magari avendo a casa
una tua storia. Nel desiderio gay c’è inoltre la capacità di distaccarsi dalle conseguenze relazionali, l’invecchiamento e la
cura reciproca. Se noi di ogni merce che
acquistiamo dovessimo pensare: ma quanto mi dura? Quanto mi serve? Tra 10 anni
ce l’avrò ancora? Probabilmente non compreremmo più nulla. I gay da questo punto di vista sono all’avanguardia. Non sono
più gli esclusi dal potere, sono diventati il modello d’avanguardia di questo tipo
di desiderio consumistico. Dal punto di
vista estetico poi non c’è dubbio che questi corpi depilati, rotondi, molto muscolosi che sono stati la scoperta americana degli anni Ottanta, corpi estremamen44
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fondo dell’autenticità c’è l’artificio: questo è
un segreto che gli omosessuali hanno custodito nel loro cuore per secoli e adesso vedono incoronato sugli altari del potere. (Troppi paradisi)
Qual è stato il suo rapporto con Pasolini?
Nel 1968 rimasi così colpito dalla visione di Teorema da sognarmelo di notte e
decisi di fare la tesi su di lui. Gli scrissi due
lettere per chiedergli informazioni che
probabilmente il suo segretario dell’epoca,
Dario Bellezza, cestinò perché non ebbero
risposta. Allora con la pazzia dei vent’anni gli scrissi una letteraccia mandandolo
affanculo. A quel punto mi rispose proponendomi di pubblicare su Paragone l’ultimo capitolo della tesi, quello più tecnico,
sull’endecasillabo delle Ceneri di Gramsci. E mi invitò a casa sua, per metterlo
a punto. Ci sono andato per sei-sette volte e quello è stato il momento in cui l’ho
conosciuto veramente. Lui poi mi accompagnava alla stazione Termi«Pasolini ha sempre considerato la condizione ni sulla sua Giulietta. Dopo
un po’ gli confidai che ero
omosessuale come qualcosa da cui si sentiva
omosessuale anche perché
oppresso. Io ero troppo giovane. Lo riscoprii
era l’unico a cui potevo dirquando iniziai a scrivere. Come un padre»
lo. Mi scrisse due bellissime lettere sulla sua omoseste patinati e lucidi dove uomini e donne sualità e su quando era ragazzo, due lettendono a confondersi, sono diventati un tere che ho perso per due volte a distanza
modello per la forma di molte merci: Nina di dieci anni, cosa che mi ha fatto pensaSenicar non posso averla, ma il telefonino re che c’era qualcosa dentro di me che me
che ha le sue stesse curve sì. E poi i para- le faceva perdere. Abbastanza presto, diciafanghi delle automobili, certi gelati: que- mo subito dopo la laurea, cominciai a sensta forma compact un po’ infantile, roton- tire come un peso quel suo senso di colda, piena è diventata una icona del desi- pa forte, intrinseco al suo modo di vedederio. Se dovessimo fare l’archeologia di re l’omosessualità: lui ha sempre considequesto desiderio da una parte troviamo le rato la condizione omosessuale come qualmaggiorate degli anni Cinquanta e dall’al- cosa di estraneo da cui si sentiva oppresso,
tra i culturisti anni Ottanta che piacevano a un certo punto disse: «Me lo sento come
agli omosessuali. Sono arrivati prima cer- un fardello che porto sulle spalle e che non
ti modelli sulle copertine di riviste ameri- è mio». Io avevo vent’anni e molta voglia di
cane come Colt e poi i palestrati di Maria scoprire Londra e Amsterdam. La salvezza
De Filippi. Ricordo la sorpresa quando visi- mi arrivò con Fratelli d’Italia di Arbasino:
tai New York dopo l’11 settembre. Dal gior- mi resi conto che c’era il modo di divertirnalaio notai da lontano un calendario che si andando a zonzo per l’Italia lungo l’aumi pareva fosse rivolto al pubblico omoses- tostrada del Sole. Diciamo che dai 23 ai 30
suale. In realtà non lo era affatto, si chia- anni scelsi di non pensare più a Pasolini.
mava Heroes, serviva per raccogliere fonQuando lo riscoprì?
di per le vittime delle Twin Towers e ritraeQuando ho cominciato a scrivere. È
va i pompieri di New York con i muscoli in come quando passi la vita a litigare con
bella evidenza e la firma di Rudolph Giulia- tuo padre, a pensare che è uno stronzo, a
ni. È indubbio però che l’immagine esteti- negarlo. Poi un giorno, facendoti la barba,
ca fosse quella gay.
ti accorgi che allo specchio fai esattamente
i suoi stessi gesti, sorprendi sul tuo volto la
Nelle palestre, ormai, i corpi femminili e i sua smorfia. Mi è successo quando ho scritcorpi maschili tendono a convergere e a con- to il mio libro sulle borgate: tutti mi prenfondersi: tra un seno femminile siliconato e dono per cretino quando lo dico, ma giupettorali maschili costruiti dagli anaboliz- ro che sulle prime non ho pensato a lui. Mi
zanti, il divario non è sostanziale… entram- sono ritrovato a fare scelte simili alle sue,
bi sterili, maschi o femmine che siano. Cade ad avere un percorso che lo costeggiava,
il tasso di natalità, non solo per la paura del avendo sempre cercato di restarne lontano.
futuro. I figli (quei pochi) si generano artifi- Succede, a volte, con i veri padri.
cialmente, con siringhe e vetrini. Nel più proFrancesco Esposito
Foto: Marka
eventi accadano come per miracolo ma non
ammetterei mai di dover rendere omaggio a
una entità superiore; sono laico e devoto alla
mia ragione. Sono l’Occidente perché detesto
i bambini e il futuro non mi interessa. Sono
l’Occidente perché godo di un tale benessere
che posso occuparmi di sciocchezze, e posso
chiamare sciocchezze le forze oscure che non
controllo. Sono l’Occidente perché il Terrore
sono gli altri. (Troppi paradisi)
L’ITALIA
CHE LAVORA
Distillatori
con classe
Ai primi del Novecento un veneto di nome
Giuseppe Bonollo cominciava a lavorare con
alambicchi a vapore. Non sapeva che quattro
generazioni dopo il suo nome sarebbe stato
scritto su grappe gioiello. A prova di palati fini
I
l bello dell’Italia è che ogni regione ha
un proprio elemento distintivo. A sua
volta, poi, ogni provincia ha i propri
tratti caratteristici in termini di cultura
enogastronomica. Questo è il motivo per
cui se uno dice “Veneto” la mente va subito
alle cantine sparse qua e là sul territorio in
cui riposano le bottiglie di vino, all’eccellenza dei nettari che decantano nelle botti
e in particolar modo alla grappa, distillato
purissimo che si ottiene dalle vinacce rica-
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vate da uve prodotte e vinificate in Italia.
Tra i migliori rappresentati di questa tradizione ci sono le Distillerie Bonollo Spa, un
luogo in cui l’amore per la riuscita migliore dell’alcolico e la storia delle persone e
della famiglia che se ne prendono cura,
si fondono in modo unico e inscindibile,
e si ritrovano tutte nelle bottiglie di grappe merlot e monovitigno con il loro nome
impresso sopra. Quattro generazioni di
Bonollo sono passate da queste cantine e il
ciclo è ben lungi dall’essere concluso, visto
che proprio in questi ultimi anni le distillerie hanno conosciuto una fama rinnovata da alcuni prodotti freschi di creazione.
«Il nome dei Bonollo – spiega Elvio
Bonollo, oggi direttore del marketing delle
distillerie – viene associato alla grappa dal
1908, e forse anche da qualche anno prima
negli ultimi dell’Ottocento, ma senza dubbio dal 1908. Abbiamo ancora la certificazione a firma di Giuseppe Bonollo con cui
si procede ad avviare la fabbrica, con degli
alambicchi speciali che poi sono diventati nostra caratteristica, perché a vapore,
quindi migliori per mantenere le proprietà organolettiche delle vinacce. Il primo
cambio generazionale si ha nel 1951, con
Umberto Bonollo, che riprende in mano
le attività dopo la guerra, e che fa aprire
un paio di altre distillerie distaccate, quel-
«Il grappino al bancone del bar
è un’immagine che ci porta agli
anni Sessanta, all’ammazzacaffè,
al digestivo preso d’abitudine. Chi
beve grappa oggi vuole un gusto
leggero e molta ricercatezza»
A sinistra, Elvio
Bonollo tra
le botti in cui
invecchia la
grappa. Sopra,
la quarta
generazione,
la sede delle
distillerie
e una bottiglia
di OF Barrique
la di Mestrino e quella di Conselve. Quella di cui faccio io parte oggi è già la quarta generazione» spiega fiero della sua storia. Agli altri posti di comando ci sono fratelli e cugini, sparsi in aree diverse della
distilleria, insieme a componenti familari della terza generazione ancora presenti
in azienda. «Insieme a loro stiamo cercando di imparare i segreti del fare la grappa,
perché non basta avere imparato la lezione una volta, occorre ammettere senza
problemi che se le distillerie sono arrivate al punto a cui siamo oggi è merito loro
e della loro professionalità. Noi della quarta dobbiamo imparare ancora molto e essere pronti a prendere in mano le distillerie
quando sarà necessario».
L’umiltà quindi deve essere una dote di
famiglia. E qui sembra essercene davvero
tanta, percepibile anche quando Elvio rac-
conta una delle più grandi soddisfazioni
degli ultimi anni, quella di aver creato una
nuova categoria di grappe, chiamate grappe OF Barrique Bonollo, che si ottengono
utilizzando quelle piccole botti di legno
francesi tipiche della stagionatura del porto, del cognac e nei migliori champagne,
migliori rispetto ad altre botti perché permettono maggiore ossigenazione.
Dalla vinaccia al vapore
Il riconoscimento del pregio del lavoro
delle distillerie avviene nel 2008, in occasione del centenario dell’azienda, con
il rapporto Eurispes, «che ci ha definito di eccellenza proprio per esserci saputi distinguere per la nostra attenzione
alla tradizione del patrimonio di famiglia
ma anche nel guardare al futuro e cercare migliorie anche piccole ma magari in
grado di incidere sull’impatto ambientale
dei processi e quindi al passo con i tempi.
Quello che usiamo per dare energia alla
nostra distilleria lo testimonia. Infatti una
volta estratta la componente alcolica dalla
vinaccia, la sua utilità sarebbe finita, ma
noi la facciamo essiccare e ne separiamo
le bucce dai semi. Da questi ultimi estraiamo l’olio di semi di vinacciolo, mentre le
buccette ricche di cellulosa vengono essiccate, macinate e bruciate rendendole così
utili per creare il vapore poi necessario a
far distillare il composto e ottenere quelle
preziose gocce che cadono lente fino a formare la grappa. E anche il tartrato acido
di potassio che si ottiene lavando la vinaccia viene poi riutilizzato come conservante nel vino, questo a dimostrare che non
buttiamo via niente».
La cosa più difficile del mettere sul
mercato un nuovo prodotto, più ancora delle migliorie tecniche, è precedere i
gusti dei consumatori. «Il bevitore moderno di grappa è molto, molto differente da
quello di una volta. Per capirci, il grappino al bancone del bar è un’immagine che
ci porta agli anni Sessanta, all’ammazzacaffè, al digestivo preso d’abitudine. Oggi
chi beve grappa vuole ricercatezza, gusto
compatto e leggero, privo di imperfezioni.
Per questo dalle vinacce andiamo a scartare tutto quello che potrebbe minare la corposità della grappa, per arrivare al cuore della materia prima, con attenzione. Se
manchiamo in personalità, manchiamo
anche la richiesta di un mercato che cambia e che negli ultimi anni si è arricchito
di una notevole presenza femminile, che
una volta riteneva che la grappa avesse un
sapore troppo ostico. Cerchiamo di creare distillati sopraffini, pur sapendo di trovarci in una fetta di mercato guardata con
sospetto, quella dei superalcolici». Gli abusi sono sempre dietro l’angolo, ma questo
non significa che «se bevuti con moderazione e coscienza possano essere la chicca
finale di un ottimo menù». Lo sa bene chi,
come Elvio, nelle sue vene «non ha sangue
ma grappa». E gli ha portato soltanto bene.
Elisabetta Longo
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PER PIACERE
LA RICETTA
per 4 persone
Orecchiette
con pinoli,
datterini
e mazzancolle
360 g di orecchiette,
250 g di mazzancolle
sgusciate, 400 g di pomodorini datterini, 30 g
di pinoli, olio e sale.
Lavare i pomodorini e
tagliarli in due. Passarli in padella con un filo
d’olio e un pizzico di sale
per 5 minuti. Aggiungere
ora le mazzancolle sgusciate e cuocere per altri
3 minuti. A parte tostare i pinoli e aggiungerne
la metà al sugo. Lessare le orecchiette, scolarle e saltarle per qualche
istante con il loro condimento. Terminare con i
restanti pinoli e servire.
Virginia Portioli
turismo Aumenta il credito al consumo
spilucchino.blogspot.com
Indebitarsi per le vacanze?
A
umenta il credito al consumo nel settore del turismo. Significa che sono sempre di più gli italiani che vanno nelle agenzie di viaggio e
utilizzano i prestiti rilasciati da istituti di credito specializzati nel
settore vacanze. Secondo l’indagine condotta dal portale prestiti.it, infatti, in aprile e giugno la domanda di questo tipo di credito ha registrato un
incremento del 27 per cento rispetto all’anno scorso. 35 mila degli italiani che si trovano in vacanza in questo momento o che stanno per andarci hanno fatto ricorso a un finanziamento. A utilizzare questo strumento
sono persone con un’età media di circa 40 anni che chiedono un finanziamento di poco inferiore ai 7 mila euro con un piano di rimborso di 39 mesi.
Le richieste di cifre più elevate arrivano dalle regioni del Sud: circa 10 mila euro per i siciliani e oltre 8.500 per i calabresi. Al Nord la prima regione
è il Friuli Venezia Giulia con 8 mila euro medi di finanziamento. La zona
dove è stata registrata la richiesta media più bassa è il centro Italia, con le
Marche a quota 4.500 euro di media. Le destinazioni prescelte sono di lungo raggio. Cambia la mentalità degli italiani, un tempo risparmiatori e oggi disposti persino a indebitarsi per una spiaggia caraibica?
Walter Abbondanti
idee di viaggio
tre mete di alto livello
Relax e gusto
secondo lo chef
Alain Ducasse
Dall’alto dei suoi caratteristici
occhiali tondi, il noto chef francese Alain Ducasse non sentenzia solo con ricette, indirizzi gourmand e corsi di cucina,
ma crea universi indimenticabili dove ritirarsi per qualche giorno. Tre dimore accomunate dal
fascino della riservatezza, immerse in dolci paesaggi collinari e dove naturalmente si gusta
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e si impara la migliore cucina.
ln Toscana, all’interno di una tenuta di vigneti, l’Andana, un’antica dimora in pietra bianca diventa un luogo unico rustico e
chic (nelle foto sopra). Il relax è
garantito con le piscine all’aperto tra pini marittimi e cipressi, la spa, le passeggiate a cavallo all’interno della tenuta,
ma il punto forte è il ristoran-
te che propone una cucina naturale alla Ducasse legata alla
tradizione toscana, il tutto condito con l’olio d’oliva della proprietà. Per gli amanti della Provenza, invece, c’è la Bastide de
Moustiers, un paradiso dove la
natura è la protagonista indiscussa. Tra campi di lavanda e
ulivi, cullati dal rumore delle cicale, si scoprono i migliori piat-
ti della cucina francese declinati
a seconda delle stagioni e della verdura dell’orto. Infine nella zona di Coteaux Varois, dove
si producono i migliori vini rossi della Provenza, l’antica Abbazia de la Celle del XII secolo invita al riposo anche in famiglia.
Qui anche le mamme, grazie al
servizio di babysitting personalizzato, potranno rilassarsi con
i trattamenti benessere o dedicandosi a corsi di cucina o di
degustazione.
Caterina Gatti
Per informazioni
alain-ducasse.com
STILI DI VITA
festeggiamo
1
Un compleanno
tra i pirati per Giò
IL PRODOTTO
La mazzancolla
Nel variegato panorama di crostacei presenti sui banchi delle pescherie, la mazzancolla si
distingue in particolare per il colore grigio-marrone con riflessi violacei, la presenza di due lunghe antenne e un rostro robusto.
Al momento dell’acquisto è importante verificare l’assenza di
zone scure sulla testa e di forte odore di ammoniaca, indici di
scarsa freschezza. Altro accorgimento per preparare al meglio la
parte commestibile è l’eliminazione dell’intestino, il “filo” nero presente nella parte superiore della coda, spesso ripieno di sabbia
e responsabile del sapore amarognolo. Di provenienza mediterranea o atlantica, questo “gamberone” oscillante tra i 12 e i 20
centimetri, si presta a preparazioni veloci e gustose come spadellate, fritture e grigliate.
Lorenzo Ranieri
di Annalena Valenti
È
IL VINO
Quattrocento ettari a vigneto in
un contesto di rara bellezza con
un microclima favorevole alla
coltivazione della vite grazie a
un’altitudine che varia dai 400
ai 750 metri nell’ex feudo di Regaleali. Il conte Lucio Tasca mise a dimora lo Chardonnay nel
1985. Il nostro vino è uno
Chardonnay 2008 tenute Regaleali di colore giallo intenso. Al naso si notano atomi di frutta esotica
banana e cedro, associati
a vaniglia e cannella. In
bocca molto ricco. Consigliato con primi di pesce,
ottimo con gamberoni e
crostacei. Prezzo in enoteca 27 euro.
Carlo Cattaneo
IN BOCCA ALL’ESPERTO
ai monti-zamboni
Popolare con classe
Sono belle colline, ma a Vicenza
li chiamano “monti”: i Berici, in
ogni caso, sono una vera enclave di verde e bellezza paesaggistica, proprio a sud della città
veneta. In mezzo a queste balze, ad Arcugnano (Vicenza), non
lontano dal laghetto di Fimon,
c’è un ristorante ideale per belle mangiate domenicali: la Trattoria Ai Monti – Da Zamboni.
Trattoria è la sua origine, giacché oggi è un ristorante che, se
Rubrica in collaborazione con il ministero delle Politiche agricole
Chardonnay Tasca
31 luglio
2001 a Olbia, «come una cozza»
MAMMA
recita il Giò quando
OCA
dice la sua provenienza. Sardo per noi continentali, gallurese per i sardi, ogni anno la festa del suo
compleanno coinvolge gli amici presenti a Isola Rossa e tutta la nostra creatività ed energia si piegano a ciò che
lui richiede da che è nato. In una parola: avventura. Quest’anno: “Conquista dell’isola sul fiume Coghinas”. Tra
il mare battuto dai venti di ovest e la
piana di Valledoria si snoda, con anse
e curve, il Coghinas, su cui si possono
avvistare 134 delle 260 specie di uccelli
censite in Sardegna. Sulla foce che non
si butta a mare, molto frequente come
l’airone cenerino e il falco di palude, raro come il fistione turco e il piovanello, occasionale come il fenicottero rosa,
sfreccia oggi un gruppo di conquistatori con archi, frecce e spade, costruite
dal G. con legni di mareggiata. Su due
pedalò battenti bandiera pirata e tre canoe alleate, i nostri conquistano l’isola
su cui trovano un selvaggio che cerca di
spaventarli con versi di animali improbabili, mentre dalla riva opposta alcuni
nemici cercano di affondarli con radici di canne. Fantastica rappresentazione, protagonisti: 15 mamme e papà, un
nonno e 20 ragazzi tra i 5 e i 25 anni.
Spiccano due papà dal cuore bambino.
Per festeggiare l’avventura della nascita
di Giò, 10 anni e Tommi, 5 anni. .
mammaoca.wordpress.com
nato il
non rinnega il retaggio popolare, tuttavia si fregia di apparecchiature eleganti e di una carta di vini che le vecchie osterie
si sognavano. In un menù abbastanza ampio, ecco un trionfo di
piatti locali e di rivisitazioni basate su ingredienti del posto.
Cominciate col soavissimo soufflé di finferli con leggera fonduta di Asiago (provato ai primi di
luglio, come gli altri piatti); con
polenta e sopressa veneta; col
fegato di coniglio bardato con
l’erba Luisa su cipolla brasata.
Di primo, grande la grinta dei
maltagliati casalinghi col tartufo nero dei Berici. Se no, fettuccine coi finferli, o frange di
pasta con gli asparagi bianchi
(qui è di rigore la stagionalità).
Secondi piatti in tema, con un
ghiotto baccalà alla vicentina;
le lumache in umido alle erbe; il
fegato di capretto su cipolla in
agrodolce. Dolci ricchi, come i
cannoncini con mousse di cioccolato bianco e salsa mou. Spesa onestissima di 45 euro. Come bonus, valgono i tavoli in
terrazza, con stupenda vista dei
monti Berici.
Tommaso Farina
Per informazioni
trattoriazamboni.it
Località Lapio,
via S.ta Croce 73,
Arcugnano (Vicenza)
Tel. 0444273079
Chiuso lunedì e martedì
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GREEN ESTATE
inquinamenti scientifici
Smentiti i catastrofisti dell’Onu
riporta un articolo di Science nel quale si afferma che, calcolato “per la prima volta” l’esatto ammontare dell’assorbimento naturale
PRESA
dei gas serra, esso risulta superiore ad ogni più generosa previsioD’ARIA
ne; l’occhiello avverte che “resta necessario ridurre l’emissione
di combustibili fossili”; evviva le idee chiare! Nell’articolo, firmato
dal Forest Service degli Stati Uniti, ufficio ragionevolmente attendibile, si dà atto che la sommatoria tra la Co2 liberata annualmente in atmosfera e quella assorbita in via naturale dalla vegetazione
terrestre e marina, quindi l’immissione netta in atmosfera, alla luce dei nuovi dati, risulta di circa il 25 per cento inferiore a quanto
precedentemente stimato: cioè del 25 per cento inferiore al dato
base utilizzato dall’Ipcc per le sue relazioni e dagli organismi sovranazionali per dettare le politiche di limitazione delle emissioni di gas serra.
L’Ipcc, organo dell’Onu, insignito del premio Nobel per la pace, assolutamente attendibile secondo i conformisti, non aveva già misurato la quantità di Co2 con tale
precisione da ispirare e sollecitare ai governi programmi di investimento da moltissimi miliardi di dollari? I numeri forniti dall’Ipcc e quelli del Forest Service sono molto diversi, quale dei due ha ragione? E, visto che i nuovi dati cancellano le certezze acquisite, vuoi vedere che avevano ragione i cialtroni e ignoranti negazionisti a dire che
Co2 e aumento della temperatura terrestre non hanno molto a che fare tra di loro?
E che, visto l’andamento misurato
negli ultimi decenni, la temperaI livelli di Co2 nell’atmosfera poco
hanno a che fare con l’aumento della tura della Terra cresce in maniera
non prevedibile e non proporzionatemperatura terrestre, che oltre
le alle emissioni di origine umana?
tutto da sempre cresce in maniera
Queste domande non tendono
non prevedibile e non proporzionale
solo a cercare la verità, ma anche a
stimolare una seria riflessione sul
alle emissioni di origine umana
rapporto costi/benefici delle spese
anti gas serra. Molti governi del mondo affrontano in questo periodo una grave crisi finanziaria, certo non alleggerita dai giganteschi investimenti necessari per rispettare i vari piani che, da Kyoto in poi, hanno funestato la scena internazionale; e nella risposta a queste domande potrebbe trovarsi un giudizio sull’effettiva sostenibliità
dell’economia verde. L’argomento non può essere esaurito in questa sede; però, a beneficiot di memoria, ricordo che l’Italia nei prossimi anni si troverà sul gobbo una taglia di cento miliardi di euro, da pagarsi solo per le incentivazioni all’energia prodotta
da fonti rinnovabili: la forte riduzione di questa spesa basterebbe a sostituire le manovre previste per il 2013-14 e portare lo Stato al pareggio di bilancio senza sacrifici.
[email protected]
n quotidiano che si dice sempre nel giusto
AMICI MIEI
SOLIDARIETÀ
Incontro e Presenza
sostienila con un click
Fino al 26 agosto è in corso l’iniziativa “One click donation”, una
simpatica idea per l’estate dai risvolti molto concreti: all’indirizzo
web http://1clickdonation.com o
sulla pagina facebook “1ClickDonation” si può sostenere la onlus Incontro e Presenza. L’associazione di volontari, nata nel
1985, visita le persone detenute nelle carceri milanesi, raccoglie e distribuisce loro indumenti
50
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Hannah,
di Joe Wright
L’emozione
si ferma a metà
di Paolo Togni
U
CINEMA
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usati e biancheria nuova (spessissimo nelle carceri non si hanno
nemmeno quelli) e li accompagna
nel reinserimento sociale alla fine della pena detentiva. Le cinque
associazioni che nel concorso raccoglieranno più voti saranno poi
premiate dall’azienda promotrice
dell’iniziativa, la Citroën.
LIBRI/1
Sport, amore mio
Nuoto, scherma, calcio, rugby e
altre dieci discipline. Quattordici brevi racconti che hanno come protagonisti i giovani e il loro rapporto vitale con le diverse
pratiche sportive. È questo Saluti da Buenos Aires (Bradipoli-
bri, 214 pagine, 12 euro), scritto da Teodoro Lorenzo, avvocato
con un passato da calciatore professionista (il capitolo “Il campione” è l’unico autobiografico).
Storie intrise di passione, malinconia e amore per ogni disciplina. Un libro adatto ai ragazzi, ma
non solo, che celebra lo sport, inteso come pretesto per parlare di
emozioni e sentimenti, come luogo dove si consumano in un istante la gioia o il dolore.
[dg]
LIBRI/2
Una modesta proposta
Occorre «sottoporre a critica severa tutte le modeste proposte di cui siamo continuamen-
Una ragazzina Terminator
in fuga dalla Cia.
Film diseguale: parte bene con una lunga sequenza iniziale nel gelo dell’inverno. Sembra The Road. Il
padre barbuto e la figlia, ai
confini del mondo. Lui che
le insegna a combattere, le
legge dei libri, le spiega il
mondo. Lei che memorizza
mosse e formule matematiche, più terribile di Schwarzenegger. Fin qui tutto bene, anzi benissimo. Un
po’ Nell, un po’ Il ragazzo
selvaggio, e poi Wright, il
regista di Espiazione, sa dirigere gli attori (lei è bra-
HOME VIDEO
Tutti al mare,
di Matteo Cerami
Bizzarro e triste
Varia umanità passa davanti
al chiosco di Maurizio.
Film strano, difficile da etichettare. Non è una commedia “balneare” ma un film
bizzarro e triste ispirato a Casotto di Sergio Citti. Le aspirazioni sono alte: quella di raccontare un’Italia popolare,
anche povera, usando un registro vario, comico, grottesco,
drammatico. Efficace solo a
tratti e per la verve degli attori coinvolti, nell’insieme si tratta di un film molto frammentario e non sempre profondo.
te destinatari, e non smettere
mai di desiderare quell’eccedenza che continuamente sfonda i
nostri angusti desideri». Lo scrive monsignor Domenico Pompili,
portavoce della Cei, nella prefazione del libro Un modesta proposta (Cantagalli, 45 pagine, 8
euro). Un monito che introduce
due saggi lontani nel tempo ma
complementari: l’uno è la satira
di un arguto polemista irlandese di trecento anni fa, Jonathan
Swift, l’altro del contemporaneo
Umberto Folena. Swift pensava
a un mondo in cui i bambini sarebbero stati cannibalizzati per
il compiacimento delle classi benestanti. È andato tanto lontano
dalla verità?
recensione da tempi.it
vissima, meglio perfino della Blanchett) e scegliere le
location. Poi, quando comincia l’azione pura, sembra di rivedere una brutta
copia di Lola corre. Musica
martellante, psicologia ridotta ai minimi termini, un
simbolismo goffo. Poteva
essere un onesto Salt con
un’interprete molto più atletica della Jolie, e invece è
un pastrocchio
dove tutto e il contrario
di tutto cercano un amalgama impossibile. I dubbi dell’adolescenza, il primo
bacio, il tango argentino e il
sole del Marocco, la comunità hippie, le anomalie del
Dna. visti da Simone Fortunato
COMUNICANDO
la perla dei caraibi
Volare a Cuba è un
gioco da ragazzi
Cuba è un paradiso naturale e,
dopo la rivoluzione comunista
di Fidel Castro che ha trasformato il paese, costituisce anche
un ecosistema culturale e politico unico al mondo. Non stupisce dunque che il turismo sia
un asset fondamentale per l’economia
dell’isola. Il mercato italiano – insieme a
Canada, Francia, Germa-
Il teologo contro il Gesù
di Flores D’Arcais
di Alberto Cozzi*
Sopra, il regista
Joe Wright
nia, e Gran Bretagna – è uno dei
più importanti e strategici per
Cuba. La perla dei Caraibi, infatti,
con circa un milione e mezzo di
arrivi internazionali, sta facendo
del turismo uno degli strumenti
chiave del proprio rilancio economico. A dimostrazione di ciò questo settore è ampiamente presidiato nei vari mercati tramite
importanti investimenti pubblicitari che ben esprimono l’autenti-
N
elle sue Lettere filosofiche del 1734 l’illuminista razionalista Voltaire annotava,
parlando del «socinianesimo» (un movimento di umanisti soprattutto italiani del
il libro
Cinquecento che in nome del ritorno alle fonti bibliche negavano la Trinità): «Vedete dunque quali rivoluzioni avvengano nelle opinioni come negli imperi. Dopo tre secoli di
trionfo e dodici di oblio il partito di Ario rinasce dalle ceneri; ma
ha sbagliato, ricomparendo in un tempo in cui il mondo è sazio
di dispute e di sètte». Una sensazione analoga la si prova nel leggere Gesù. L’invenzione del Dio cristiano (Edizioni Add, 127 pagine, 5 euro), di Paolo Flores d’Arcais, lavoro tutto concentrato nello sforzo di negare la divinità del Figlio di Dio, per riaffermare la
sua umanità storica, ebraica, profetica. Interessa davvero una questione simile? Come mai un non credente si preoccupa di queste
cose? Solo due aspetti nuovi giustificano una simile operazione e
permettono di andare al di là dell’ironico giudizio di Voltaire: l’intento polemico contro il Gesù di Ratzinger e l’accenno (stupefacente) all’islam (e quindi al confronto tra religioni) quale custode della
vera natura di Gesù, contro le falsificazioni dei cristiani (...). L’esito
del libro di Flores è veramente sconcertante: l’islam, erede del giudeo-cristianesimo, custodisce la vera identità di Gesù, quella creduta da Pietro, Paolo e Giacomo. Non importa che per l’islam sia stato
proprio Paolo a tradire l’insegnamento di Gesù, per cui la sua fede è
già da sospettare. Di fatto, in questo modo non ci si salva dalla Babele delle interpretazioni. Ma questo esito è un monito: se si cerca Gesù al di là della Chiesa, perché si sospetta che la forma storica della
fede attuale non sia all’altezza di ciò che fu Gesù, si fa un’operazione interessante di ricerca di una verità più grande. Ma se si cerca a
ogni costo un Gesù contro la Chiesa, si fa un’operazione ideologica e di cattivo gusto, che parte dal sospetto
che i discepoli di Gesù siano stati tutti stupidi o tutti
maliziosi nel mistificare ciò che poteva fondare la loro vita. Questo tipo di sospetto non è rispettoso dell’altro ed è inutile per qualsiasi sana ricerca della verità.
Non è insomma un buon inizio di dialogo.
*direttore del Corso istituzionale alla facoltà teologica
dell’Italia settentrionale di Milano.
La recensione integrale è su tempi.it
cità di questa nazione rivelando
incantevoli prospettive paesaggistiche e trasmettendo l’alto valore delle tradizioni artigianali e
culturali di Cuba. Forte veicolo di
movimentazione turistica da e
per l’isola è la compagnia di bandiera Cubana de Aviación (www.
cubana.cu), totalmente rinnovata negli ultimi anni e ad oggi impegnata a garantire il più alto livello degli standard qualitativi
internazionali: nuovi aeromobili, personale tecnico altamente
qualificato e accordi di code-sharing con le più importanti compagnie aeree. Sfruttando queste
sinergie, Cubana de Aviación copre efficacemente cinque destinazioni in Europa e ben tredici in
America e nel Caribe. E all’arrivo? Ben seimila chilometri
di costa, per metà orlati di
barriera corallina; più di trecento spiagge; baie e scogliere imponenti; quattromila tra
isole e isolotti immacolati e sotto il pelo di un’acqua sempre tiepida i tesori di quello che è
considerato il fondale
tropicale più limpido.
Giovanni Parapini
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MOBILITÀ 2000
DI NESTORE MOROSINI
NUOVA GENERAZIONE DELLA POPOLARE VETTURA
Maggiolino tutto nuovo
e con cipiglio sportivo
H
erbie sta tornando ancora una volta.
Il simpatico Maggiolino tutto matto, che in realtà si chiama così solo in Italia perché nel mondo il suo nome
è Beetle, si ripresenta questa volta sui mercati internazionali con una veste rinnovatissima, più moderna e sportiva rispetto a
quella precedente.
In Italia, il Maggiolino arriverà dal 20
novembre nelle versioni 1.2 Tfsi da 19.700
euro e 2.0 Tfsi con cambio a doppia frizione
Dsg da 28.050 euro (che inizialmente si potrà avere nelle edizioni speciali Black Turbo da 29.100 euro e White Turbo da 28.790
euro). Più avanti nel tempo s’aggiungeranno la 1.4 Tfsi da 140 cavalli insieme alle
turbodiesel 1.6 Tdi e 1.6 Tdi BlueMotion Techonology da 105 cavalli e 2.0 Tdi con 140
cavalli. Due gli allestimenti previsti: il Design e lo Sport, che lasciano spazio solo alla tentazione di cedere alle numerose personalizzazioni estetiche.
La reinterpretazione stilistica del Maggiolino cede a qualche moderna soluzione come, ad esempio, la silhouette
ottenuta con la verticalizzazione del para-
La nuova Volkswagen Beetle sarà venduta
in Italia come Maggiolino a partire dal 20
novembre. Nella foto qui sopra, la plancia
brezza e l’arcuatura posteriore del padiglione. Nell’abitacolo, adeguatamente spazioso
soprattutto nella parte anteriore, spiccano elementi inconfondibili dei Maggiolini (la plancia piatta con cassettino di fronte al passeggero piuttosto che la nicchia in
cui è racchiusa la strumentazione) abbinati a moderne peculiarità, come le numerose bocchette del climatizzatore e il display
del sistema d’infotainment. Il Maggiolino
più potente è avvantaggiato dal differenziale elettronico Xds che, evitando l’allargamento delle traiettorie in curva, genera
un’affidabilità di marcia e una precisione
di guida di alto livello. Fattori sui quali si riflettono anche l’assetto sportivo integrato
da cerchi da 18”, le qualità dello sterzo e la
modulabilità dell’impianto frenante. Il feeling fra chi guida e il Maggiolino è completato dall’abbinata tra motore turbo a iniezione diretta di benzina (200 cavalli e 280
Nm di coppia a 1.800 giri) e l’ottimo cambio Dsg a sei marce. Il piacere di guida è notevole con prestazioni di spicco (225 km/h
la velocità di punta, 0-100 in 7”5), pur promettendo percorrenze di 13 km/litro.
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LA ROSA DEI TEMPI
estate special
Il decalogo per tornare in forma
Care amiche un po’ in sovrappeso, per aiutarvi a non sentirvi
dei pachidermi in bikini, l’inserto D di Repubblica ha stilato una
piccola guida di dieci semplici regole. «Seguendole con precisione non solo perderete qualche chilo, ma riscoprirete la voglia di tornare in forma». Ecco dunque il decalogo dell’estate:
1) Bevi tantissima acqua. 2) Scegli frutta gialla, rossa e arancione. 3) Mangia insalata a ogni pasto. 4) Cocera Seguo pedissequamente il decalogo per
lazione e pranzo: punta
rimanere in forma. Bevo solo acqua e mi nutro
sull’integrale. 5) Cena:
di frutta ogni dì. Punto sull’integrale e mangio
opta per le proteine con
più verdure di una capra. Lo zucchero non
le verdure. 6) No a zucso più cosa sia e all’alcol ho detto basta.
chero e dolci. 7) Basta
Corro, corro, corro sempre. E su e giù
alcol. 8) Corri due voldalle scale, a perdifiato. Palestra?
te alla settimana. 9) Fai
Tutti i giorni. Sto bene, sono in
le scale. 10) Allena i mupace con me stesso, ho una
scoli “lunghi” (gambe, ad- bella cera. Intorno a me
dome, petto e dorsali).
tutti se ne accorgono. Ieri, per dire, un barbone
mi ha dato 5 euro.
Mi faccio le ferie in “subaffitto temporaneo”
Negli Stati Uniti stanno avendo grande successo i siti di “subaffitti temporanei”. Sono siti dove è possibile pubblicare annunci sulla propria abitazione rendendola disponibile a bassissimi costi e per pochi giorni. Non siate scettici, a
volte ci si trovano anche occasioni davvero golose, come una villa di lusso a
Cape Town, un loft a Manhattan, una casa sugli alberi in Canada, una casa di
paglia sulla spiaggia di Ba­li. Una camera matrimoniale a Soho può costare appena 90 dollari, il
divano letto in sogscarpe Io pensavo che questa idea fosse
giorno a Montmardavvero innovativa, ma poi ho parlato con lo
tre solo 60 euro.
zio Remo e lui me l’ha un po’ ridimensionata.
Lo zio dice che queste case in subaffitto temporaneo, in realtà, esistono da un pezzo e che
lui, negli anni d’oro, c’è stato un sacco di volte. Mi ha detto che, comunque, ho la mia età
ed è giusto che faccia anch’io le mie esperienze estive. Lo zio Remo ha però molto insistito
nel consigliarmi di non togliere mai le scarpe,
nemmeno quando sono a letto. «Ti conviene tenerle sempre ai piedi. Fai meno fatica a
scappare quando arriva la buoncostume».
T
ALLOGGI
FI
I cibi adatti per abbronzarsi
Uno studio dell’Università di Bristol ha certificato che
una corretta alimentazione favorisce l’abbronzatura
più di mille creme solari. Come spiega la Stampa «l’ispirazione arriva dalla dieta vegetariana, da sempre custode di salutari virtù: frutta fresca e secca, verdure e
cereali sembrano essere gli imprescindibili ingredienti per la ricetta dell’incarnato perfettamente abbronzato, dall’aspetto bello e
sano». La lista per avere
caldi La mia fidanzata mi ha detto che se
una pella dorata è quenon mi mettevo in regola, lei in spiaggia, “il mozsta: carote, albicocche,
zarella”, non ce lo portava. Così ho fatto un frulmelone, pesche gialle,
latone di carote, albicocche, melone, pesche giallattuga, spinaci, zucca,
le, lattuga, spinaci, zucca, rape, radicchio, sedano,
rape, radicchio, sedapeperoni, pomodori, pompelmo rosa, susine, frutno, peperoni, pomodori,
ti di bosco, anguria e me lo sono bevuto a gargapompelmo rosa, susine,
nella. Ho trascorso l’estate a fare lavande gastrifrutti di bosco, anguria e
che in ospedale. Ora sto bene e ho capito dove ho
uva rossa.
sbagliato. Se hai una fidanzata talebana dell’abbronzatura, devi essere tu a prendere iniziativa.
Coi prima caldi, mandala subito, lei, a cagare.
DI
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S
NE
ET
E
S
Con chi vuoi viaggiare
durante l’esodo?
Un sito ha chiesto agli italiani con
chi volessero affrontare le code in
autostrada durante i weekend da
bollino nero. La classifica dei preferiti è questa: Checco Zalone (25 per
cento), Geppy Cucciari (21), Victoria
Cabello (13), Elisabetta Canalis (12).
In classifica anche Benedetta Parodi e Giuliano Pisapia. L’elenco degli
indesiderati è questo: Emanuele
di Savoia (16,7), Anna Tatangelo (16,7), Renzo Bossi
(14,3). Seguono Daniela Santanché (13,7),
Flavio Briatore (11), Valeria
Marini (9,5).
PA
RT
E
NZ
muto Il mio passeggero
ideale non parla se non lo interpello, non rompe se fumo
coi finestrini alzati, non si lamenta se l’aria condizionata
è a -16, non s’azzarda a criticarmi se canto a squarciagola Scialpi, non si permette
di suggerirmi la sua stazione
radio preferita, non osa consigliarmi scorciatoie non segnalate dal navigatore, non
urla “Attento!” se all’orizzonte appare un Tir, non gli
scappa mai la pipì. Al massimo, chiede il permesso per
usare il pappagallo. Per cose
più impegnative, abbassa il
finestrino e le fa in corsa.
E
Dimmi un po’ tu se il mare “non vale una cicca”
A M BIE N TE
“Ma il mare non vale una cicca?” è il titolo di una campagna, giunta quest’anno alla sua terza edizione, che vuole sensibilizzare gli italiani a liberare le
spiagge dai mozziconi di sigaretta. Durante un fine settimana sono stati distribuiti su oltre 300 spiaggie 100 mila posaceneri tascabili, lavabili e riutilizzabili. «Le tracce che lasciamo sulla spiaggia – hanno spiegato i promotori
– non si cancellano con le onde
tracce Quest’anno ho fatto il “sensie con il vento, alcune rimangobilizzatore”. Ho trascorso una giornano per decine, centinaia o mita al “Bagno 28 Lucilla” a sensibilizzare
gliaia di anni o addirittura non
la gente. Spiegavo loro la rava e la fascompaiono mai».
va sulla cicca e quelli mi ascoltavano rapiti. Incredibile a dirsi, i portaceneri sono andati a ruba. Tossici coi denti gialli e
le dita consunte dalle sighe mi chiedevano uno, due, dieci posaceneri. Ero molto
soddisfatto e sono andato a casa giulivo.
La mattina dopo sono tornato al “Bagno
28 Lucilla”. Non si vedeva più nemmeno
un mozzicone. La spiaggia era completamente ricoperta di posaceneri usati.
Amici toy boy,
arrivano le cougar
S CA
TE
A
PP
imperdibile
godibile
inutile
fetido
L
LE
Si sa, l’estate è il tempo dei flirt.
Quest’anno è l’anno delle cougar,
cioè delle predatrici. Trattasi di
donne mature, di solito over 40, a
caccia di uomini giovani da ammaliare e sedurre. Le cougar adescano i loro toy boy su internet dove
hanno i loro siti di riferimento. Sono donne in carriera tra i 30 e i 55
anni, single incallite o
con diversi matrimoflirt L’altro giorno mi sentivo molto toy boy e così ho
ni alle spalle. La loro
contattato una cougar. Ero un po’ agitato perché, per me,
eroina è Anne Banera la prima volta. Ma lei è stata molto carina a mettermi
croft de Il laureato e,
a mio agio e mi ha parlato per un’ora del suo primo ex manel mondo delle star
rito. La seconda ora mi ha descritto il suo lavoro e le sue
di Hollywood, si rifanprospettive di carriera. La terza ora l’ha trascorsa a lamenno a Demi Moore o
tarsi del suo secondo ex marito, e di quanto fosse insensiSharon Stone.
bile. La quarta ora non so cosa ha detto, dormivo. Ragazzi,
non so voi, ma io la prossima volta che voglio avere un flirt
con una cougar, vado da mia nonna a giocare a canasta.
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UN ALTRO MONDO
è POSSIBILE
la vocazione e le circostanze
Ovunque siamo
guardati da Gesù
come l’adultera
di Aldo Trento
C
Padre Aldo, da tanto tempo desidero chiederti di poter venire nella tua
missione, perché ho bisogno di incontrare uno sguardo, una presenza che mi faccia
compagnia, che mi aiuti a vivere un esaurimento che da molto tempo mi tormenta, togliendomi la gioia di vivere. Desidero per me ciò che tu
hai ricevuto da Giussani, sentirmi abbracciato,
perché sono stanco di passare da un appuntamento all’altro con diversi “esperti della mente” senza riuscire a ottenere nessun risultato.
Ti supplico di accettarmi nella tua missione per
un mese perché ho bisogno di condividere la
mia situazione con qualcuno che, conoscendo
questa malattia, possa permettermi di vedere
un possibile raggio di luce nella mia vita.
Lettera firmata
aro
M
ille grazie, padre, ho appena letto on-
line l’ultimo Tempi dove tu parli della
vera fraternità, questa fraternità che
non è andare dietro a un guru ma, guardando
dove Carrón e tanti altri guardano, sfuggire alla tentazione di pensare che esistano luoghi privilegiati per vivere il rapporto con Gesù. Infatti
qualsiasi condizione è privilegiata, dunque anche
la mia in Belgio, questo paese scristianizzato da
sempre! Gesù è presente qui come in Italia, come in Paraguay, e io posso camminare qui con
Lui come Giovanni, Andrea, Zaccheo, la samarintana, la Maddalena, camminare e stupirmi dei
miracoli che compie. Prego per te sempre.
Roegiers
S
ono molte le lettere che ricevo in cui mi
chiedono aiuto, una compagnia come
quella che mi offrì Giussani. Soffro vedendo tante persone bisognose, afflitte da questa malattia che gli esperti definiscono con vari sostantivi. Una madre parlandomi di suo figlio
mi scrive: «Mio figlio da molti anni vive un malessere che è stato definito da diversi specialisti
in svariati modi: disturbo bipolare, disturbo borderline, adolescenza ritardata, problema psichiatrico grave, sano con poca voglia di lavorare.
Mi aiuti, padre». E solo Dio sa quanto desidererei condividere con tutti questo grido, tante volte disperato. Tuttavia sono convinto della verità
che afferma Roegiers nella sua lettera. Il problema non è vivere in Paraguay o sognare di incontrare qualcuno con la “bacchetta magica” che
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POST
APOCALYPTO
Lucas Cranach il
Vecchio, Cristo e
la donna colta in
adulterio (1532)
olio su tavola,
82,5x121 cm,
Museum of Fine
Arts, Budapest
risolva i problemi. Non possiamo neanche immaginare che l’abbraccio che Giussani mi ha dato
sia stato qualcosa in grado di suscitare emotivamente un entusiasmo o una passione per la vita.
L’abbraccio di Giussani è stato come lo sguardo
di Cristo verso Zaccheo o verso l’adultera. Uno
sguardo che, abbracciando la mia umanità, ha
aperto la mia libertà a un lavoro, un cammino
che prosegue ancora oggi ed è la mia principale occupazione. Un abbraccio che rivelandomi la
mia umanità mi ha dato una spinta, inviandomi
in Paraguay. Esattamente il contrario di ciò che
uno penserebbe. È stato un abbraccio tenero e
duro, come lo sguardo di Cristo verso l’adultera: «Va’ e non peccare più», cioè vai in Paraguay
per rimanere con me, rimani attaccato all’Avvenimento che ha aperto la tua vita a un’esperienza nuova. Non abbiamo bisogno di un guru, di
andare a visitare luoghi particolari e ancor meno di venire in Paraguay, pretesa che qualcuno
dopo anni ancora continua ad avere creando solo confusione. Il problema che uno vive è chiamato a viverlo lì dove Cristo lo ha posto, dentro
le circostanze, l’ambiente che lo circonda. Il dolore è dolore in Italia come in Paraguay. L’aiuto
uno lo incontra in Italia come in Paraguay. Cristo è presente in Italia come in Paraguay. Siamo chiamati a vivere le circostanze come fattori positivi ed essenziali per la nostra vocazione lì
dove siamo. Ma se Cristo non agisce lì, non agi-
rà neanche in Paraguay. È un problema della nostra libertà. Molta gente sogna il Paraguay perché non si è compromessa con la sua vocazione
lì dove vive. Ho sentito molti amici dirmi: «Padre, quella persona, quella famiglia vivono il male dell’America Latina» ed è vero, perché qui, come direbbe Dante: «Ed un Marcel diventa ogne
villan che parteggiando viene», mentre Cristo ci
chiede di assumerci la nostra responsabilità, di
guardarci intorno, perché siamo circondati da
testimoni che possono, sempre che lo desideriamo e cerchiamo, abbracciarci e indicarci il cammino. La lettera che vi riporto di seguito è un
fulgido esempio di una bellissima donna in sedia
a rotelle che ho incontrato 30 anni fa. Quando
l’ho rivista mi sono commosso, perché mai avrei
potuto immaginare che Dio le avesse potuto
chiedere tanta sofferenza, ma nonostante questo il suo sorriso mi accompagna ogni giorno.
Come lei, quanti esempi di questo genere abbiamo vicino a noi, anche in Italia. Il punto è mendicare e chiedere a chi vive l’esperienza della fede, seguire umilmente e con tutta l’intelligenza
quanto don Julián Carrón ci indica, guardare dove lui guarda, prendere sul serio il lavoro al quale continuamente ci richiama: «Aspettatevi un
cammino, non un miracolo», ci ha detto recentemente. E questo cammino è possibile farlo solo
dove uno vive e non dove uno sogna di vivere.
[email protected]
C
20 maggio 2011 (inizio della lettera)
arissimo padre Aldo! Rivederti ed essere
addirittura riconosciuta, sentirti il giorno
dopo al telefono sono state cose proprio
grandi. Come mi hai detto, scrivo quanto accennato (i tempi sono i miei, ho iniziato subito questa lettera, ma la fine è un’altra cosa...). Quelli
dopo il matrimonio con Giuseppe sono stati anni movimentati. Ci siamo laureati, io in matematica nel 91, mentre Giuseppe in Lettere classiche nel marzo ’93. Ci siamo sposati il 29 maggio
1993. Su di me “pendeva” una diagnosi di stress
prematrimoniale che spiegava certe anomalie
come formicolii alle braccia e ai piedi, vista con
farfalline e difficoltà-stanchezza nel camminare.
Ero comunque troppo contenta! Dopo la laurea
avevo iniziato subito a insegnare. Siamo venuti
ad abitare nel paese natale di mio marito. All’inizio lui dava una mano a suo papà nei campi e
nei capannoni di polli, mentre io in quell’estate
ho iniziato a far ripetizioni e poi ho subito preso supplenze. Anche lui ha presto iniziato a insegnare in una scuola media. Sulle partecipazioni
del matrimonio avevamo scritto: «La Tua Grazia
vale più della vita». Non senza esserne convinti, ma che ingenui provocatori! Il Signore prende sul serio. La Fraternità, nel gruppetto che ci
accoglie, diventa la cosa più importante per noi:
luogo in cui il nostro volerci bene è sempre più
il desiderio che si avveri il Destino l’uno dell’al-
tro, in modo tale che ci stupiamo anche noi. La
nostra vita diventa sempre più bella: è evidente che le circostanze sono luogo del manifestarsi del Suo amore. Un anno dopo avevamo già
perso, al secondo mese di gravidanza, tre bimbi: Roberto e Anna prima, Antonio poi (naturalmente i nomi sono dati senza sapere il sesso,
ma così sono affidati e tutti i giorni li possiamo ricordare e pregare!). Un anno per diagnosticare una malformazione del mio utero e quindi l’intervento. Intanto viene identificata anche
la causa delle mie difficoltà che nel frattempo
erano diventate anche periodicamente di equilibrio e sensibilità: sclerosi multipla. Poi, come
le altre due volte, e nonostante l’intervento, anche Maria torna angelo prima di arrivare alla fine del terzo mese. A luglio ’96 sono incinta per
la quarta volta: è Teresa. Va tutto bene: cresce
e supera lo scoglio del terzo mese. Alla 24esima
settimana però si rompono le acque. Dieci giorni di ospedale e poi nasce, decisamente in anticipo: pesa 430 grammi si muove tanto, come del
resto faceva in pancia. È molto “vitale”, dicono i
dottori. La respirazione (cosa più difficile) è aiutata, ma non al massimo: fa qualcosa anche lei.
A noi è chiesto solo di aspettare: i medici non
possono né prevedere il manifestarsi di uno dei
tanti problemi possibili, né aiutarla. È una cosa tanto semplice, ma non facile! Tocchiamo con
mano che in ogni momento è Lui che la fa, che
le dà la vita. Una cosa vera per tutti e ciascuno,
che siamo chiamati a riconoscere perché dà un
respiro diverso, rende liberi. Nel suo caso è così lampante che ferisce, forse perché non ci è
nemmeno lasciato lo spazio per dire “io” lo riconosco. In fondo, anche nell’affidarci, c’è il guizzo
dell’orgoglio di aver preso quella decisione. Con
Teresa non è possibile. In ospedale è fondamentale la preghiera dell’offerta della giornata. Abbiamo fatto la sola cosa davvero importante per
lei: il Battesimo e, alla fine, anche la Cresima.
Abbiamo adempiuto al grande compito per cui
chi Gli si presenta di fronte può stare con Lui!
Mentre io piango perché vorrei stringerla, poter
pensare di vederla crescere sotto i miei occhi.
Ma non mi è chiesto questo. L’ha ripresa con Sé
dopo 33 giorni: in meno di 10 ore L’ha raggiunto. «Questi anni di matrimonio sono stati i più
belli della mia vita. Quella frase ha assunto fisicità, è diventata vera. La cosa più evidente, certa per noi è stata l’amore del Signore. Che per
abbracciarci si è servito in modo particolare dei
nostri amici e di queste circostanze. Questo abbraccio è una certezza, che mi permette di amare le lacrime e lo smarrimento, la vertigine in cui
mi trovo per la quale dire “sì” ora mi sembra impossibile. Ma riconosco (con la ragione e con il
cuore) che tutto viene da Lui e che quindi tutto
è positivo. Anche per questo mi sento più libera di piangere. Come il bimbo che, in braccio al
papà, piange perché non ha avuto quel che voleva o si aspettava, ma non per questo ne mette in dubbio l’amore. Ho avuto tanta paura: quasi non osavo più sperare o chiedere il dono di
poter crescere dei figli, né pensare al futuro con
«Se Cristo non agisce
lì dove siamo, non agirà
neanche in Paraguay.
Molta gente sogna
il Paraguay perché non
si è compromessa con la
sua vocazione lì dove vive»
Giuseppe. Ma soprattutto capisco che questa
distanza, “inevitabile” con la piccola Teresa, mi
viene chiesta in tutte le cose, in tutti i rapporti.
Non ho più la “baldanza” di qualche mese fa nel
chiedere la protezione dei Santi per la gravidanza o la sclerosi (richieste “specifiche”): mi pare
“inutile”, mi pare di aver capito che è meglio che
decida Lui direttamente. L’unica cosa che ho ancora la forza di chiedere, e lo faccio con vigore, è
che mi faccia la Grazia di non andarmene, di restare attaccata ai volti che Lui mi ha messo e mi
metterà vicino anche se, con gli occhi pieni di lacrime, la Sua Presenza potrà essere per me meno evidente». Scrivevo così a don Giussani qualche tempo dopo. Poi le cose sono andate avanti.
Nel ’99 sono incinta di Riccardo, ma anche lui
raggiunge i fratelli al terzo mese. Il dramma, il
dolore si fa sempre più grande, ma la certezza
dell’amore di Cristo, attraverso l’abbraccio e la
tenerezza di mio marito che vive per me mi permette di affrontare anche altre situazioni molto
difficili: un esaurimento nervoso, la perdita degli amici piú cari e la perdita del posto di lavoro. La sofferenza sembra stritolarmi ma la memoria di ciò che Dio ha fatto nella mia vita, la
tenerezza di mio marito mi permette di sentire
vivo l’abbraccio di Gesù che ogni giorno mi chiede tutto. Sono tanto grata agli anni in cui ero la
baldanzosa giessina e ai miei genitori, in particolare a mio papà che si fidava di questa storia
anche se ne restava fuori! Il fatto di ricordarmene è un aiuto. Non mi pare sia nostalgia di una
cosa lontana, ma la testimonianza che Cristo c’è.
Il fatto che adesso abbia modi diversi non cancella quel suo essersi comunque palesato nella
mia vita: la Sua presenza ha avuto una certa fisicità e in nome di quel Suo “portare a termine
l’opera iniziata” ho ricominciato a chiedere, anche l’impossibile. Nel 2003 abbiamo risposto a
una richiesta arrivata dalle famiglie per l’accoglienza per due fratelli. Li abbiamo traghettati
dalla brutta sistemazione in cui erano a due famiglie dell’Associazione Fraternità di don Inzoli.
Che consolazione (e orgoglio) rivedere il grande
al Meeting, nello stand della loro mostra! Adesso hanno una famiglia con una decina di fratelli ciascuno di cui sanno essere fieri. Adesso chiudo perché stamattina sono più “in forze” e spero
di spedire! Continuando a pregare per te, non so
se proprio offriamo, però ci proviamo entrambi.
Con la speranza di poter restare sempre in questa grande storia che Gesù ci ha portato e in cui
ci ha introdotto.
19 luglio 2011 (fine della lettera)
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LETTERE
AL DIRETTORE
Se le parole rifulgessero
della loro “cosità” tutti
noi vivremmo meglio
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Premetto che sono assolutamente contrario alle misure di custodia cautelare,
troppo spesso utilizzate dai magistrati
per fini differenti da quelli previsti dalla legge, e che sono uno dei pochi garantisti rimasti. Ma le chiedo come mai
ci sia, almeno apparentemente, una applicazione così diversa della legge. Da
una parte gli esponenti del Pd (Penati, ad esempio) cui vengono contestati
fatti gravissimi che, fingendo di dimettersi, si vedono riconosciuti grandi meriti e continuano ad essere liberi (ma
a me non risulta che si sia dimesso da
consigliere regionale, quindi si tratta,
forse, di mezzo passo indietro), dall’altra gli esponenti del Pdl (l’ex assessore Prosperini, il sindaco di Voghera, per
citarne alcuni) che al minimo sospetto vengono “ingabbiati”. Che avesse ragione Orwell quando scriveva che la
IL TRIONFO DEL SETTEBELLO A SHANGHAI
SPORT
UBER
ALLES
S
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2
Una domanda semplice semplice, che il
neo-ministro della Giustizia, il magistrato in aspettativa Francesco Nitto Palma, potrebbe rivolgere ai suoi colleghi,
i capi delle procure di Napoli e Milano:
perché Alfonso Papa, del Pdl, è in carcere a fare il bucato e lavare i sudici pavimenti di Poggioreale, mentre Filippo Penati, ex capo della segreteria di Bersani,
leader del Pd, è al mare, a fare il bagno?
Pietro Mancini via internet
Perché a Monza, oltre ai ministeri
leghisti, c’è più civiltà giuridica che
altrove.
2
Chiaccherando amabilmente con alcune
nipoti ventenni, siamo venuti a parlare della caduta verticale dei matrimoni.
Le ragazze mi hanno reso noto che esiste tra i giovani maschi dei nostri giorni
una situazione preoccupante di apatia
al fidanzamento e quindi di indifferenza
per il matrimonio, che viene spostato,
quando viene raggiunto, di circa un decennio rispetto a quando erano giovani
i loro nonni. Non conosco i programmi
della Giornata mondiale della gioventù
di Madrid, ma secondo me uno dei temi
principali dovrebbe essere il matrimonio cristiano indissolubile, prolifico e coraggioso. Penso che questa sia la pietra
miliare del rinnovamento umano, sociale e anche economico della nostra Italia
in particolare. Matrimonio da ricercare come valore fondamentale dell’esistenza. Da vivere con lo stesso slancio
che ebbero i loro nonni, che permise loro di superare la crisi degli anni della ricostruzione postbellica, ben più pesante
di Fred Perri
Fred va in vacanza finché il volgo
non s’inchinerà alla pallanuoto
o meglio, mi
sento benissimo ma sono stremato. Non mi sono
ancora ripreso dai festeggiamenti per il trionfo del Settebello al Mondiale di Shanghai. L’avete visto? No? Non avete visto i quattro tempi di otto minuti, più due supplementari da tre minuti? Non avete
visto i due rigori parati da Stefano Tempesti? Non ave-
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legge è uguale per tutti ma per alcuni è
un po’ più uguale?
Giovanni Valdes via internet
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cusate, ma non mi sento troppo bene,
te visto l’errore del credente Alex Giorgetti che ha rimesso in gioco la Serbia mentre la stavamo stremando? Non avete visto il centroboa Aicardi che si faceva
un mazzo tanto perché era rimasto da solo a coprire il
ruolo? Non avete visto al furia del commissario tecnico
Campagna, normalmente molto sobrio con gli arbitri,
quando ci hanno fischiato contro un rigore ridicolo?
Foto: AP/LaPresse
P
pubblicati su Twitter
dall’attentatore norvegese Anders B. Breivik recitasse così: «One person with a belief is equal to the force
of 100.000 who have only interests». Potrebbe tradursi: «Un
uomo con un ideale ha la stessa forza di 100 mila persone che
hanno solo interessi». Mi piace rendere con “ideale” (e non con
“fede” o “credo”) la parola “belief”, perché sia davvero di tutti,
perché abbracci più storia: anche quella politica, oltre che religiosa. Leggere queste parole mi ha messo l’anima in subbuglio. Perché sono vere, oltre che bellissime. E tragicamente vere risuonano oggi
alle nostre orecchie. Mi hanno fatto ripensare al senso e al peso delle parole,
di tutte le parole. A quelle che scriviamo, diciamo, buttiamo via tutti i giorni
con facilità. Senza sapere quanto scottino. Mi hanno fatto pensare all’esigenza di riappropriarcene, di ri-insegnarle,
di riamarle, le parole. Nella loro verità. Perché non si possa più confondere
l’ideale (passione per un bene visto e riconosciuto) con l’ideologia (immagine
della ragione sulla realtà, a cui quest’ultima va piegata, anche con la forza, se
necessario). Né la fede con la fantasia
senza limiti, né la passione con la follia. Prima che qualcuno si affretti a dire
che è più umano vivere senza un ideale,
se queste ne sono le conseguenze. Perché parole come queste possano ritornare a splendere nella loro purezza. Una
purezza che hanno davvero, se vi si fa
corrispondere l’oggetto adeguato. Questo è mancato, forse, a chi le ha scritte:
qualcuno che glielo facesse riconoscere
quell’oggetto, qualcuno che glielo indicasse, qualcuno che glielo in-segnasse.
Pino Suriano via internet
are che uno degli ultimi post
Mi coglie abbastanza preparato sul
tema: sono sedici anni, da che uscì il
primo numero di questo giornale, che
male e bene cerchiamo di contribuire a rifare e ridire una parola seria,
conseguenza di cose e non di sofismi. Sotto questo riguardo Breivik è
la desolazione pura, il deserto, la tundra ideologica-totalitaria, per la quale, data una premessa dialettica, si
arriva per deduzione, estraniazione e
ossessione al finale paranoico stragista che sappiamo. Figura di una mente disumanizzata, è vero. Ma anche
tremendamente prossima all’uomo
che smette di “sentire” gli altri uomini e cammina solitario verso l’ottundimento totale e, perciò, nella violenta affermazione di sé. Mi viene in
mente una canzone di Claudio Chieffo, La nuova Auschwitz, quella che
dice: «Non è possibile essere come loro, non è difficile essere come loro».
[email protected]
di quella attuale, quando per sposarsi ci
si accontentava di due cuori e una capanna, perché si confidava nella Provvidenza, realtà ora ignorata dai più.
Bruno Mardegan Milano
Augias, Montanelli e la Madonna
Possiamo affidarci con sicurezza
all’abbraccio materno di Maria
2
Foto: AP/LaPresse
Da qualche tempo collaboro con LISA Onlus, l’associazione, fondata a Bra
(Cn) dai coniugi Ferraro, che si impegna per promuovere la tutela, l’assistenza e la cura delle persone affette da Locked-in Syndrome (Lis). Poche persone,
inclusi medici, professori universitari e
terapisti, conoscono l’esistenza di questa patologia che causa notevoli disagi alle famiglie, costrette ad adeguarsi
ad approcci non specializzati. Una malattia invalidante al 100 per cento a livello fisico in quanto il paziente non
può muoversi né parlare, ma non emozionale, infatti queste persone ascoltano, provano emozioni e ricordano, insomma: ci sono! Secondo la statistica in
Italia una persona su 100 mila è affetta da Lis ma i casi che, autonomamente, la nostra associazione ha riconosciuto sono solo una trentina, questo vuol
dire che ci sono persone coscienti e non
capaci di esprimersi, rinchiuse in una corazza, e molte di loro potrebbero essere
considerate in coma, in stato vegetativo
o di minima coscienza per una diagnosi non corretta. Inizialmente ammetto
che il mio aiuto da volontaria era spinto
dal desiderio di aiutare queste persone,
le loro famiglie, i progetti dell’associazione e dall’interesse verso la patologia.
Poi, conoscendo l’umanità del presidente dell’associazione Luigi e frequentando l’amorevole famiglia di Carlo (in Lis
da 4 anni), ho capito veramente perché
mi sto impegnando in questa esperienza. Mi sono resa conto che il tempo che
offro a loro non è altro che un richiamo alla vita per me. Queste persone con
di Pippo Corigliano
CARTOLINA
DAL
PARADISO
A
gosto, mese di riposo e mese di una festa importante della Madonna: l’Assunzione, che cade il giorno 15. Sembra troppo bello
poter contare su una Madre affettuosa che veglia su di noi. Corrado Augias, durante una trasmissione televisiva, mi ha ripetuto la vecchia ipotesi cara ai filosofi tedeschi dell’Ottocento: Dio, gli angeli e i santi non sarebbero che proiezioni del nostro desiderio di essere confortati
e aiutati. L’affetto per la madre e per il padre ha radici profonde. Quando gambizzarono Indro Montanelli andai subito a trovarlo. L’indomito
spadaccino della penna era euforico per la prova superata. L’unica preoccupazione era per la sua “mammetta” novantenne. Aveva dato ordine di
farle il black out attorno: niente notizie da tv, radio, giornali. Le parlò a
lungo per telefono e, alla fine della conversazione, le raccomandò di non
preoccuparsi se sentiva parlare di un attentato perché lui stava benissimo. Mi commosse questa preoccupazione, propria di un figlio buono. La
paternità e la maternità terrene derivano da un Dio che ha in sé la paternità, la filiazione e l’amore. La Madonna ci svela il volto materno di Dio e
La possiamo abbracciare come il bambino Gesù in un abbraccio tenero,
guancia a guancia, come nelle icone bizantine. È logico che Augias, che
non ha la fede cristiana, abbia dei dubbi in proposito ma è altrettanto logico che noi cristiani ci affidiamo in ogni circostanza a questa madre affettuosa, assunta in Cielo, che ci segue, protegge e c’insegna ad amare.
un solo sguardo sanno spiegarci la vita, perché anche dentro una sofferenza immensa sanno rimanerci attaccate. La nostra società dovrebbe uscire da
quel campo di battaglia dove si sparano
di continuo accuse e lamentele, dovrebbe imparare ad ascoltare e guardare, a
rilanciare e sostenere quelle associazioni
(come LISA) che sono la voce dei cittadini più bisognosi, i quali, per esprimere
una necessità che ai più risulterebbe banale, vengono soffocati dalla burocrazia
e dall’indifferenza. Non serve un codice o un’etica particolare per riconoscere
che il diritto alla vita e alla cittadinanza
dovrebbe essere garanzia per ognuno
di noi, qualsiasi sia la nostra condizione,
ma a quanto pare ci sono persone che
se lo devono costruire andando “col lanternino” alla ricerca di leggi che le supportino. La palla ora la rilancio alle istituzioni, perché con generoso impegno e
obiettività puntino su qualcosa che già
c’è ma che ha bisogno di risorse per crescere! Speriamo che il nostro paese non
sia abitato solo dai peggiori sordi… quel
li che non vogliono sentire!
Maria Vietti via internet
Non avete visto il gol di Maurizio Felugo, una spingardata micidiale che ci ha dato il vantaggio decisivo?
Non avete visto la difesa esemplare nel secondo supplementare? Non avete visto la festa dei ragazzi nella
piscina di Shanghai? Non avete visto i nostri eroi abbracciati sul podio? Non avete visto la grandezza della
pallanuoto italiana? Beh, non avete visto e capito nienAnche grazie
alle “paratone” te, non solo dello sport, ma anche della vita. E quindi,
disgustato, vado in vacanza. Non cercatemi, non teledi Tempesti
la nazionale
fonatemi, non fatevi più vedere. Tornate solo quando
di pallanuoto
saprete rispondere a questa domanda: chi segnò il gol
ha vinto
decisivo nella finale olimpica contro la Spagna del ’92?
il mondiale
Senza consultare Wikipedia, macachi.
di Shanghai
|
| 24 agosto 2011 |
59
beni presso l'impresa in pegno o cauzione
Altro
EDITORIALE TEMPI DURI SRL
Reg. Imp. 11540470157
Rea 1475597
4) Altri conti d'ordine
Totale conti d'ordine
PUBBLICAZIONE
BILANCIO
AL 31.12.2010 DELLA CONCESSIONARIA
EDITORIALE TEMPI DURI
SRL
PUBBLICITà EDITORIALE TEMPI DURI SRL
Conto economico
31/12/2010
31/12/2009
2.910.286
3.013.333
A) Valore della produzione
1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni
2) Variazione delle rimanenze di prodotti in
Sede in CORSO SEMPIONE N 4 - 20100 MILANO (MI) Capitale sociale Euro 61.719,00 i.v.
lavorazione,
semilavorati dall’art.
e finiti
Ai sensi dell’articolo 12 c.2 della legge 5 agosto 1981 n.416 come
modificato
1 c.34 della legge 650/96
Bilancio al 31/12/2010
Stato patrimoniale attivo
31/12/2010
31/12/2009
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
(di cui già richiamati
II. Materiali
- (Ammortamenti)
- (Svalutazioni)
III. Finanziarie
255.125
178.950
255.125
134.859
76.175
120.266
132.103
78.033
63.635
54.070
500
500
140.310
500
174.836
139.869
76.234
500
- (Svalutazioni)
Totale Immobilizzazioni
C) Attivo circolante
I. Rimanenze
II. Crediti
- entro 12 mesi
- oltre 12 mesi
3.257.151
48.723
III. Attività finanziarie che non costituiscono
Immobilizzazioni
IV. Disponibilità liquide
Totale attivo circolante
D) Ratei e risconti
Totale attivo
Stato patrimoniale passivo
3.305.874
3.210.721
47.230
3.257.951
16.642
20.891
3.322.516
3.278.842
417
10.211
3.463.243
3.463.889
31/12/2010
31/12/2009
EDITORIALE TEMPI DURI SRL
A) Patrimonio netto
I. Capitale
II. Riserva da sovrapprezzo delle azioni
III. Riserva di rivalutazione
IV. Riserva legale
V. Riserve statutarie
Bilancio al 31/12/2010
VI. Riserva per azioni proprie in portafoglio
VII. Altre riserve
Riserva straordinaria o facoltativa
61.719
469
61.719
389
Pagina 1
Riserva per rinnovamento impianti e macchinari
Riserva per ammortamento anticipato
Riserva per acquisto azioni proprie
Riserva da deroghe ex art. 2423 Cod. Civ.
Riserva azioni (quote) della società controllante
Versamenti in conto futuro aumento di capitale
Versamenti a copertura perdite
Riserva da riduzione capitale sociale
44.914
44.914
Differenza da arrotondamento all'unità di Euro
Riserva da condono ex L. 19 dicembre 1973, n. 823;
Riserve di cui all'art. 15 d.l. 429/1982
Riserva da condono ex L. 30 dicembre 1991, n. 413
Riserva da condono ex L. 27 dicembre 2002, n. 289.
Fondo contributi in conto capitale (art. 55 T.U.)
(2)
(1)
8.915
7.387
Riserve da conferimenti agevolati (legge n. 576/1975)
Fondi di acc.to delle plus. di cui all’art. 2 legge n.
Fondi di acc.to delle plusvalenze ex d.lgs n. 124/1933
Conto personalizzabile
Altre...
VIII. Utili (perdite) portati a nuovo
IX. Utile d'esercizio
IX. Perdita d'esercizio
Acconti su dividendi
Copertura parziale perdita d’esercizio
25.091
2.469.842
167.377
84.134
26.408
7.699
64.326
19.039
5.356
118.241
88.721
44.090
44.090
14.131
15.272
10.000
58.221
11) Variazioni delle rimanenze di materie prime,
sussidiarie, di consumo e merci
12) Accantonamento per rischi
13) Altri accantonamenti
14) Oneri diversi di gestione
Totale costi della produzione
69.362
12.626
26.165
2.726.983
2.846.558
230.303
278.775
EDITORIALE TEMPI DURI SRL
Differenza tra valore e costi di produzione (A-B)
C) Proventi e oneri finanziari
15) Proventi da partecipazioni:
- da imprese controllate
- da imprese collegate
31/12/2010
- altri
Bilancio al
16) Altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni
- da imprese controllate
- da imprese collegate
- da controllanti
- altri
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni
c) da titoli iscritti nell'attivo circolante
d) proventi diversi dai precedenti:
- da imprese controllate
- da imprese collegate
- da controllanti
- altri
Pagina 4
20
42.667
20
20
396
396
396
42.667
40.210
40.210
(42.647)
(39.814)
2.094
2.056
7.915
100
10.071
17-bis) utili e perdite su cambi
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
18) Rivalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante
53.827
52.300
908
( )
( )
1.608
( )
( )
116.923
116.016
21) Oneri:
- minusvalenze da alienazioni
- imposte esercizi precedenti
- varie
- Differenza da arrotondamento all'unità di Euro
1.961
127
6
168.846
B) Fondi per rischi e oneri
EDITORIALE TEMPI DURI SRL
EDITORIALE TEMPI DURI SRL
C) Trattamento fine rapporto di lavoro subordinato
29.840
22.212
D) Debiti
3.307.154
2.764
4) Altri conti d'ordine
3.309.918
3.294.204
19.402
3.313.606
Bilancio al 31/12/2010
E) Ratei e risconti
6.562
conti d'ordine
Totale passivo
3.463.243
3.463.889
31/12/2010
31/12/2010
31/12/2009
2.910.286
3.013.333
Conto
economico
Conti d'ordine
Risultato prima delle imposte (A-B±C±D±E)
22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite
e anticipate
a) Imposte correnti
Bilancio al
31/12/2010
A) Valore
della
produzione
1) Rischi
assunti
dall'impresa
(166.752)
(215.685)
20.904
23.276
16.969
21.550
Pagina 5
b) Imposte differite
c) Imposte anticipate
118
3.027
d) proventi (oneri) da adesione al regime di consolidato
fiscale / trasparenza fiscale
Pagina 2
12.055
225.705
51
168.846
EDITORIALE
TEMPI DURI225.756
SRL
Totale delle partite straordinarie
Totale patrimonio netto
23) Utile (Perdita) dell'esercizio
19.996
21.668
908
1.608
Presidente del Consiglio di amministrazione
BRIVIO GIUSEPPE
eLENCO TESTATE IN ESCLUSIVA:
47.000
112.000
47.000
2.957.286
112.000
3.125.333
18.005
2.391.768
25.091
2.469.842
B) Costi della
produzione
a imprese
controllate da controllanti
ad altre prime,
imprese
6) Per materie
sussidiarie, di consumo e di merci
7) Per servizi
10) Ammortamenti e svalutazioni
a) Ammortamento delle immobilizzazioni
immateriali
b) Ammortamento delle immobilizzazioni
materiali
c) Altre svalutazioni delle immobilizzazioni
d) Svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo
circolante e delle disponibilità liquide
20) Proventi:
- plusvalenze da alienazioni
- varie
- Differenza da arrotondamento all'unità di Euro
Conto personalizzabile
a imprese
collegate
Totale valore
della produzione
a imprese controllanti
18.005
2.391.768
128.122
E) Proventi e oneri straordinari
Conto personalizzabile
Fideiussioni
1) Ricavi
delle vendite e delle prestazioni
a imprese
controllate
2) Variazione
delle
rimanenze di prodotti in
lavorazione,
semilavorati
a imprese
collegate e finiti
3) Variazioni
dei lavori
in corso su ordinazione
a imprese
controllanti
4) Incrementi
di immobilizzazioni
per lavori interni
a imprese
controllate da controllanti
5) Altri ricavi e proventi:
ad altre imprese
- vari
- contributi in conto esercizio
-Avalli
contributi in conto capitale (quote esercizio)
a imprese controllate
112.000
3.125.333
Totale rettifiche di valore di attività finanziarie
Riserva non distribuibile ex art. 2426
Riserva per conversione EURO
beni presso l'impresa in pegno o cauzione
- entro 12 mesi
Altro
- oltre 12 mesi
47.000
2.957.286
19) Svalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante
Fondi riserve in sospensione d’imposta
168/12
Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
Per servizi
Per godimento di beni di terzi
Per il personale
a) Salari e stipendi
b) Oneri sociali
c) Trattamento di fine rapporto
d) Trattamento di quiescenza e simili
e) Altri costi
Totale proventi e oneri finanziari
Riserva avanzo di fusione
Riserva per utili su cambi
6)
7)
8)
9)
17) Interessi e altri oneri finanziari:
- da imprese controllate
- da imprese collegate
- da controllanti
- altri
Riserva non distrib. da rivalutazione delle
partecipazioni
Versamenti in conto aumento di capitale
Versamenti in conto capitale
112.000
B) Costi della produzione
B) Immobilizzazioni
- (Ammortamenti)
- (Svalutazioni)
47.000
Totale valore della produzione
)
I. Immateriali
3) Variazioni dei lavori in corso su ordinazione
4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni
5) Altri ricavi e proventi:
- vari
- contributi in conto esercizio
- contributi in conto capitale (quote esercizio)
LETTERE
AL DIRETTORE
un paese dietro le sbarre
Così è naufragato
il Piano carceri.
Parola di galeotto
per i detenuti che provvedono alla manutenzione della struttura penitenziaria, idraulici, elettrihi dice che il carcere è galera? A me pare una villeggiatura». Cocisti, muratori eccetera. Insomma: mentre la posì suonava una vecchia canzoncina in dialetto calabrese in voga
polazione carceraria aumentava venivano ridotti
tanti anni fa. Beh, se mai queste parole possono essere state vei servizi elementari, a cominciare dalle pulizie.
re una volta, le garantisco, caro direttore, che oggi non lo sono più. Oggi la gaIo mi trovo nella Casa di reclusione di Padova,
da dentro
lera è la disperazione, un non luogo, un non tempo. Ho letto l’inchiesta del nuche a ragione è considerata tra le più vivibili in
mero 27 di Tempi del 14 luglio. Avete descritto una realtà che nessuno vuole
Italia. Qui opera una realtà lavorativa di spessoascoltare, neppure chi avrebbe il dovere di intervenire.
re come la cooperativa Giotto, che, tra il carcere
Le carceri sono invivibili perché sono diventate la risposta più comoda a tute le attività esterne, impiega oltre 100 detenuti i problemi dell’Italia. Il carcere è diventato come la pattumiera in cui si
ti in attività come la pasticceria e il call center.
getta tutto ciò che non piace e che non si vuole mostrare agli estranei. Mi
Oltre a questa vi è una realtà culturale unica
vengono in mente gli annunci dell’allora ministro della Giustizia Angelino Alin Italia come la redazione di Ristretti Orizzonti. Eppure, nonostante questi aspetti positivi, sofano alcuni anni fa al Meeting di Rimini. Il ministro si impegnava al trasfeno presenti problematiche da Terzo Mondo. Ci
rimento dei detenuti stranieri nei loro paesi di origine, con il progetto di far
sono almeno cinquecento detenuti che vivono
rientrare in patria a loro volta gli italiani detenuti all’estero. Una sorta di lonell’abbandono. Nella sezione detentiva, quelgica di “scambio di prigionieri”. Poi il progetto è saltato perché al ministela in cui mi trovo, io ci sono solo due docce funro si sono accorti che gli italiani detenuti all’estero sono di più degli stranieri
Il servizio sulla
situazione
zionanti su cinque, per circa 70 detenuti. Non è
detenuti in Italia. Nelle carceri italiane il 43 per cento dei detenuti è costitucarceraria
possibile riparare le altre tre docce poiché il miito da extracomunitari. Di questi circa due terzi devono scontare una pena
italiana è stato
nistero non manda il finanziamento necessainferiore ai due anni, quindi rientrano nei termini richiesti per essere rimpapubblicato sul
rio. In queste condizioni ci sono anche altre setriati nei paesi d’origine. Eppure il numero degli espulsi prima del fine pena è
numero 27 di
Tempi (14 luglio)
zioni. Il degrado è diffuso in maniera capillare.
davvero esiguo.
Per lavare i locali delle docce e il
Ancora. Nelle carceri il 30 per cento dei detecorridoio delle celle siamo costretnuti è tossicodipendente. Ma la tossicodipenti a raccogliere un po’ di detersidenza non si può risolvere con la galera. La
vo ciascuno e a metterci all’opera
tossicodipendenza è un’emergenza sanitaria.
noi stessi, giacché ai lavoranti non
Invece qui il sovraffollamento viene combattusono pagate le ore sufficienti per
to a forza di psicofarmaci e metadone, col riprovvedere a queste incombenze.
sultato che a fine pena i tossicodipendenti sono
Per tenere pulite le celle comperiapiù tossici di quando erano entrati in carcere.
mo noi la pittura per imbiancare,
Un altro annuncio caduto nel vuoto è quello di
altrimenti sarebbe impossibile viincrementare le misure alternative per favorire
verci senza ammalarsi. Questo è un
la deflazione dalle carceri, incentivando le ditte
“lusso” che possono permettersi in
e le cooperative ad assumere i detenuti. È di popochi. In altre sezioni gli stranieri
che settimane fa la notizia dei tagli degli sgrasono in numero più elevato e ci sovi fiscali garantiti dalla legge Smuraglia, lo aveno maggiori difficoltà.
te già scritto voi di Tempi nel vostro dossier. Il
Nella mia sezione, quella detentiva,
famoso Piano carceri, che prevedeva anche la
In questi ultimi due anni c’è stacostruzione di nuovi penitenziari e di nuovi pato un numero di morti per suicici sono due docce funzionanti su
diglioni detentivi nelle carceri già operanti per
dio davvero alto. Negli ultimi tre
cinque, per circa 70 detenuti. Non è
garantire ventimila nuovi posti letto, è naufragamesi, tre suicidi solo qui a Padova.
to nel suo brodo di cottura. Sono stati realizzati,
Un cittadino maghrebino si è impossibile riparare le altre poiché dal
infatti, soltanto alcuni padiglioni costruiti all’inpiccato e due italiani si sono suiministero non arriva il finanziamento cidati con il gas. Nelle carceri c’è
terno delle carceri di Piacenza e altri due istituti. Siamo molto lontani dai ventimila posti letto
una povertà diffusa. Con il fenomeannunciati dal ministro. Tra l’altro la costruzione
cucina omologata per seicento detenuti se i deno dell’immigrazione è cambiata la
di questi padiglioni ha peggiorato la situazione,
tenuti diventano novecento e non si è provveducomponente dei detenuti, ci sono moltissimi giogiacché i posti letto sono aumentati andando a
to a ingrandire la cucina, le cose funzioneranno
vani sotto i venticinque anni. Hanno fame, non
pesare sulle strutture preesistenti. In un carcere
sicuramente male. Sono stati addirittura ridotti
hanno nulla da vestire e neppure i soldi per teleche dispone di seicento detenuti e ha tre medigli stipendi ai lavoranti che svolgono attività di
fonare a casa loro. La legge li definisce giovanici per garantire la salvaguardia della salute, se i
tipo domestico per conto dell’amministrazione,
adulti e nel passato l’amministrazione penitendetenuti diventano novecento ma non si aumencon mansioni di addetti alle pulizie. Sono stati riziaria garantiva loro un vitto più ricco rispetto
tano i medici come si fa? In un carcere con una
dotti anche i loro orari di lavoro. Lo stesso vale
ai detenuti più adulti, quelli sopra i venticinque
dal carcere di Padova Bruno Turci
«C
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| 24 agosto 2011 |
61
anni. Oggi per chissà quale ragione le razioni
del vitto sono state ridimensionale e diminuite.
Vorrei sapere cosa ci fa un ragazzo di vent’anni con 100 ml di latte per la colazione del mattino... Le imprese appaltatrici che gestiscono le
cucine e lo spaccio per gli acquisti consentiti ai
detenuti si arricchiscono, non vengono rispettate le garanzie per il consumatore come avviene nel mondo libero, fuori dal carcere. La Corte
dei conti negli ultimi tempi è intervenuta, ci sono interrogazioni parlamentari che devono chiarire molte cose. Questa disperazione è figlia del
sovraffollamento e, quindi, dell’incuria di chi dovrebbe amministrare e invece è affaccendato
in tutt’altro. La soluzione ha un nome e un cognome, non scomodiamo i condoni, le sanatorie,
queste sono cose troppo impegnative e richiederebbero un coraggio che solo Pannella e pochi
altri avrebbero. Però abrogando alcune leggi assurde, figlie della propaganda, si potrebbero ristabilire le condizioni per tornare alla normalità. Queste leggi sono la cosiddetta “ex Cirielli”
e la Fini-Giovanardi. Queste due norme, varate
nel dicembre 2005, hanno prodotLa costruzione di
to un aumento di circa ottocentomille unità di detenuti al mese nelle
nuovi padiglioni
carceri italiane. La prima ha introha peggiorato la
dotto modifiche al codice penale e
per i recidivi comporta un aumento
situazione. In un
di circa la metà della pena e il dicarcere con
vieto della concessione delle attenuanti generiche (quest’ultima norseicento detenuti
ma è stata abrogata di recente per
e tre medici, cosa
illegittimità costituzionale); inoltre, sempre per i recidivi, ha introsuccede se
dotto l’esclusione dai benefìci penii detenuti
tenziari. La seconda ha introdotto
la tabella unica delle droghe, equidiventano
parando le canne all’eroina. Queste
novecento?
due leggi, combinate l’una con gli
effetti dell’altra, hanno fatto il disaabbiamo bisogno di politica e pacificaziostro. Ovviamente la Giovanardi-Fini prevedeva
ne sociale non lo sa solo Dio. Lo sa chiunque
che i tossicodipendenti che ne avessero fatto rinon sia rimbambito dalla propaganda quachiesta fossero ospitati nelle Comunità terapeulunquista che ci appesta fin dentro le retiche anche con condanne fino a sei anni di redazioni dei giornaloni che poi si gonfiano
clusione. L’unico problema è che l’aumento degli
il petto con i diritti, i riformismi e i Cesare
arresti è stato di dimensioni tali da riempire suBeccaria. Molti reati dovrebbero avere sanbito le Comunità e da far prosciugare le risorse
zioni amministrative, pecuniarie, riparatiper finanziarle.
ve sociali. E invece la linea della depenalizzazione viene continuamente contraddetta da
Sono anni che gli addetti al mercato carcequello stesso circuito mediatico-giudiziariorario – mercato, sì, delle bestie umane – soprogressista cosiddetto ed emergenzialista
no al corrente delle penose condizioni in cui
di fatto. Lo stesso che poi grida alla Costiversano i detenuti. Tutti i politici (eccettuzione calpestata quando ci scappa il morto i gaglioffi) li piangono a corrente alternato e si scopre la polvere che sta sotto il tapta. Ma nessuno osa prendere decisioni conpeto ferrigno. Marco Pannella, questo Icaro
seguenti. Perché? Perché si perdono voti.
da cui si può dissentire su tutto, ma non su
Balle. Palmiro Togliatti, ministro della Giuquesta sua testarda e indomita battaglia di
stizia nel primo Dopoguerra, non perse voti
informazione e di riforma del sistema peniproclamando l’amnistia per i fascisti. Avere
tenziario italiano, ci ha offerto di nuovo la
il coraggio delle decisioni necessarie e metpossibilità che ragione e diritto sfondino il
terci la faccia davanti al popolo. Questo è il
muro di omertà, carità parolaia e calcolapunto. Amnistia. Lo sa anche wikipedia che
ta indifferenza che alimentano la non politi“si tratta di un provvedimento generale di
ca sulle carceri. Luoghi in cui non si eserciclemenza, ispirato a ragioni di opportunita nessuna rieducazione e nessuna autentica
tà politica e pacificazione sociale”. E quanto
62
| 24 agosto 2011 |
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sanzione. Dove c’è solo gente buttata – come ci rammenta il nostro amico detenuto
– e nessuna idea di politica penitenziaria se
non quella che spolpa l’osso della spesa pubblica. Anche qui: possibile che dal ricco mondo del volontariato e della sussidiarietà generosamente presenti negli istituti di pena,
non si riesca a recepire un pensiero progettuale che trasformi le galere da ricettacolo di spazzatura umana a realtà di scuole, di
lavoro e di reinserimento sociale? Certo, bisognerebbe metterci la testa per ricominciare qualcosa che anche dietro le sbarre sia
segno di qualità civile. Ma bisognerà pur ricominciare. O davvero si può star tranquilli che ordine e sicurezza saranno vieppiù garantiti stipando le carceri di otto-novemila
nuovi detenuti al mese? Perciò l’amnistia del
“solito” Pannella non dovrebbe essere l’ultimo problema della politica (e della pubblicistica), ma dovrebbe essere considerata e afferrata come una delle grandi occasioni per
combattere la crisi. Che è crisi
di uomini con gli attributi, di
pensiero e di coraggio.
Foto: AP/LaPresse
lettere al direttore
taz&bao
La scuola
glaciale
La scuola in Italia si regge su di un’alleanza,
quella tra il mammut e il dinosauro.
Il mammut è la burocrazia,
il dinosauro è il corporativismo.
Per rompere questa alleanza
c’è bisogno di un grande movimento
di opinione pubblica.
Claudio Gentili direttore Education di confindustria,
Ilsussidiario.net, 28 luglio 2011
64
| 24 agosto 2011 |
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GLI ULTIMI
SARANNO I PRIMI
quando la casa è vuota
La quiete tanto attesa
di Marina Corradi
M
31 luglio. Una domenica. Le strade sono semideserte. Il caseggiato è
innaturalmente silenzioso; solo, dalla strada, il rombo di un autobus che
passa, veloce e vuoto. L’aria è una coltre molle che intorpidisce. Anche la
casa è muta: via i figli, senza le loro voci queste stanze sembrano assurdamente
grandi. Accendo la tv, senza guardarla, solo per sentire un’eco di parole.
Tutto, senza i ragazzi, è così in ordine. Nemmeno un paio di scarpe da ginnastica abbandonate in ingresso, nemmeno un libro di matematica spalancato in soggiorno. Lo schermo del pc, in studio, è spento, nero. Il bucato sul balcone è steso,
il frigorifero è pieno. I gatti dormono, acciambellati sui divani. Non c’è bisogno
di nulla. Si potrebbe stare tranquilli: leggere un libro, riposare. Non riesco a fare
niente invece. Quante volte durante l’anno mi dico: come vorrei una giornata tranquilla. Eccola, è qui: ma proprio questa quiete mi rende irrequieta.
Da ragazza, in un pomeriggio di domenica silenzioso come questo, avrei preso la macchina. Sarei partita senza saQuante volte durante l’anno vorrei una
pere per dove, cercando: senza capire
che cosa, e perché. Spinta dalla congiornata tranquilla. Eccola, è qui. E mi rende
fusa idea che la vita, comunque, fosinquieta. Non parto, nelle domeniche vuote.
se altrove. (“Instabilitas loci”, chiamaHo capito che quello che cerco non è altrove. va questa irrequietezza san Tommaso;
l’impossibilità di stare fermi, come se
È qui. Come una fonte sepolta in un pozzo
l’immobilità comportasse una insostenibile tensione). Oggi, non prendo più l’auto. Non parto, nelle domeniche vuote,
per nessun luogo; perché ho capito che quello che cerco non è altrove. È qui, deve
esser qui; e non in casa, ma addosso, anzi, dentro di me. In fondo; come una fonte
sepolta in un pozzo. Ci vorrebbe un secchio, e una corda per calarlo giù in basso,
nel buio, fino
a quando si senta il metallo che urta contro l’acqua, con
u n
suono argentino. Ci vorrebbe, ma non ho quel secchio e
quella corda. Forse il tramite che mi manca è una faccia,
una voce? L’apparenza delle cose è opaca nel caldo fermo.
Il crocefisso in cucina, con l’ulivo delle Palme ormai secco, anche lui sembra solo cosa fra le cose. Tutto è materia sorda, oggi, e nessun segno rimanda a nulla che sia
nascosto dietro l’apparenza.
Annaffiare le piante sul balcone – immobili le foglie,
nell’aria densa – sognando l’alzarsi di una folata di vento, che scompagini e rimescoli la quiete. Desiderare il
gracchiare del citofono, e l’abbaiare del cane che sente
dei passi sulle scale. La porta che si spalanchi, uno zaino
buttato per terra, le parole a raffica di un figlio che senza smettere di raccontare spalanchi affamato la porta del
frigo, e accenda lo schermo del pc, e colmi di vita la casa.
Desiderare una faccia, una voce: che sfondi questo muro
sordo, e ti riporti quasi a forza a ciò che sei. «Noi siamo
un colloquio», dice un verso di Hölderlin, e non hai mai
capito quanto è vero come in questa domenica di assordante silenzio.
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| 24 agosto 2011 |
|
ilano,
DIARIO