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anno 17 | numero 32/33 | 24 agosto 2011 | 2,00 In vendita abbinata obbligatoria gratuita con il Giornale settimanale diretto da luigi amicone Ci salvi chi può EDITORIALI tra le righe della maglietta di un sedicenne Mentre la crisi brucia il benessere serpeggia l’antico veleno della violenza U na mattina d’agosto su un vagone della metrò milanese, prima della bella faccia (ma troppo corrucciata per un ragazzino sui 16 anni) colpisce la scritta sulla t-shirt. “Destroy everything for a better tomorrow”: distruggi ogni cosa per un domani migliore. Iconoclastia giovanile, certo. Ma anche cascame di una ribellione iniziata nel ’68 come energica volontà di cambiamento. E che giunge a noi esausta di ogni ideale, bensì carica di un’aggressività che vecchi padri padroni son lì, pronti a sfruttare, “per il bene della causa” (vestirà “indignados” la moda autunno-inverno 2011?). Distruggere “per un domani migliore”. Non lo proclamava già Jean-Paul Sartre, adorato filosofo dei vecchi padri, che «il male sono gli altri»? “No politica”. “No tutto”. In mezzo alla crisi che brucia il benessere c’è oggi il rischio che si diffonda nuovamente l’antico veleno della violenza. L’altra faccia dell’autolesionismo (crescendo psichiatrico statisticamente accertato tra le giovani generazioni occidentali) è, infatti, il lesionismo. Così, grazie alla tipica maleducazione che le élite impartiscono alle folle occidentali da decenni, dopo la macabra danza del terrorismo come «dopolavoro di chi si è rotto le balle» (Toni Negri, 1978), oggi rischiamo di nuovo la corsa a giustificare la violenza a seconda del colore e dell’obiettivo che essa pretenderebbe esprimere. Progressista, se si manifesta come “No Tav”, nei “disturbatori” delle conferenze del ministro Brunetta o nelle presentazioni dei libri di Pansa. Ple- “Distruggi ogni cosa per un bea e fascista, se riguarda fatti di “bullismo” o di domani migliore”, recita la t-shirt. quella minuta inciviltà di cui rigurgita la crona- Iconoclastia giovanile, certo. ca quotidiana. In realtà lo spirito della violenza Ma anche cascame di una ribellione non è né di destra né di sinistra. E allora, chi ne iniziata nel ’68 come volontà di tira le fila? Direbbe quel vecchio e attuacambiamento. Oggi l’altra faccia lissimo capolavoro di Robert Bresson, dell’autolesionismo è il lesionismo Il diavolo, probabilmente. crolla il prezzo del cotone e non solo Finita la luna di miele della materie prime. Per delucidazioni suonare Pechino V isti i recenti capitomboli degli istituti finanziari italiani, verrebbe spontaneo pensare che il grafico qui sotto rifletta l’andamento da inizio anno di una banca “nostrana”. Si tratta invece del violento tonfo del cotone, il cui prezzo, in poco più di tre mesi, è sceso del 30 per cento. Sembrerebbero, quindi, evaporati gli slanci euforici di inizio anno quando, nonostante avesse alle spalle l’incredibile cavalcata del 2010 (+92 per cento, miglior performance annuale dal ’73), continuava a macinare rialzi fino a toccare i 2,2 dollari per libbra (circa mezzo chilo) livello mai visto da quando ci sono statistiche ufficiali sui prezzi, ossia da 140 anni. Inutile dire che la voce del padrone, quando si tratta di materie prime, parla cinese: negli ultimi mesi è come se gli importatori cinesi avessero staccato la spina. Un numero su tutti: in giugno le importazioni sono crollate del 40 per cento rispetto al giugno 2010, in termini assoluti il peggior mese dell’ultima decade. Se aggiungiamo a ciò il fatto che le scorte dell’India, secondo produttore mondiale, sono raddoppiate e potrebbero spingere il governo a togliere per la prossima stagione il limite alle esportazioni, non sarebbe sorprendente rivedere i prezzi del cotone ai livelli del 2010, ossia una possibile discesa del 20 per cento. Ma, quando si parla di materie prime, non si può dimenticare il fattore meteo, in grado di “stravolgere” qualsiasi previsione. Pensiamo, per esempio, a quanto sta succedendo negli Usa, terzo produttore mondia- Andamento del prezzo del cotone le ma soprattutto primo esportatore: la siccità, Fonte: Bloomberg Finance 140 da alcuni ritenuta la peggiore negli ultimi 100 130 anni, che ha colpito il Texas, da cui proviene circa il 40 per cento della produzione ameri120 cana, rischia di compromettere il raccolto. In 110 questo caso, purtroppo, si tornerà sull’ottovo100 lante, situazione idilliaca per gli speculatori. Apr 8 Apr 21 Mag 9 Mag 23 Giu 8 Giu 22 Lug 8 Lug 22 Apr 15 Apr 29 Mag 16 Mag 31 Giu 15 Giu 30 Lug 15 Lug 29 Alessandro Frigerio RMJ Sgr FOGLIETTO Ragionare sul Colle. Al centrodestra serve un candidato riformista per il 2013. E magari defilato politicamente F ino al giugno 2013 non vi sarà tregua. La presidenza della Repubblica è lo snodo per riuscire a “pesare politicamente” di poteri nello Stato (a partire dalla magistratura), degli ultimi esponenti dell’establishment, delle influenze internazionali che ne hanno bisogno per tenere sotto controllo l’Italia in ultima istanza. In questi vent’anni di Seconda Repubblica, mentre i più si concentravano sulla politica “quotidiana”, c’era chi intanto curava solo le successioni al Quirinale che non dovevano mettere in discussone equilibri di fondo non tanto istituzionali quanto di potere. Al momento le forze da sempre dedite a questo controllo sono divise tra una soluzione conservatrice e di mediazione tipo Carlo Azeglio Ciampi o Giorgio Napolitano (magari con un Giuliano Amato) e il puntare su un personaggio fazioso e invasivo come Romano Prodi per far fare un passo in avanti al già strabordante potere dei pm (e al bancocentrismo). La crisi della nazione, largamente derivante dall’incapacità di attuare riforme istituzionali, difficilmente questa volta consentirà scelte magari sagge ma di “rinvio” dei problemi. Quel confuso fronte di modernizzazione rappresentato dal centrodestra dovrebbe rendersi conto che non basterà la politica day by day, dovrebbe considerare la portata strategica del prossimo scontro sul Colle (che questa volta si combatterà anche di fronte all’opinione pubblica) e presentare una scelta riformista di qualità, magari defilata politicamente, tipo un De Nicola del 2000. Lodovico Festa Avviso ai lettori Questo numero di Tempi resterà in edicola per due settimane. Il nuovo numero sarà in edicola dal 25 agosto e in distribuzione speciale al Meeting di Rimini dal 21 agosto. | | 24 agosto 2011 | 5 SOMMARIO nuovi diritti LA SETTIMANA 16 anno 17 | numero 32/33 | 24 agosto 2011 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone Tutti figli dello Stato La sanità secondo Obama obbliga le assicurazioni a fornire contraccettivi e aborti. E azzera la libertà di coscienza dei medici. Un disegno di ingegneria sociale che incide sulla concezione dell’uomo prima che sui conti. Trattando la maternità come una malattia e la procrezione come un inconveniente Ci salvi chi può | Perché l’Italia non può andare a fondo. Un ragionato vademecum per capire la tempesta dei mercati Mattia Ferraresi..................................................................................................................................................................................................................... 8 interni siamo un vecchio continente Perché sono costretti a salvarci INTERNI Finlandia Lussemburgo Olanda Belgio Crescita del Pil tra il 2007 (crac Lehman) e il 2010 2 Irlanda 0 -6 Francia Austria Italia Portogallo +0,3 -0,7 -1,8 -1,5 -2 Austria -2 Belgio -4 Germania -8 -3 Francia -5,8 Finlandia -6,4 Spagna Economia. Siamo un vecchio continente Ora la Germania deve scegliere se accollarsi il debito altrui o spingere l’euro (e l’Italia) giù dal precipizio. Disincantata analisi sull’orlo del burrone. Il dizionario per capire cosa sta succedendo ai mercati. E a noi -5 Slovenia -5,6 Spagna -7 Grecia Italia Germania -10 -3,1 -4,2 Lussemburgo Portogallo -12 Slovenia Olanda -14 -14 Zona Euro Irlanda -16 con l’euro la Germania ha praticato un’azione di “impoverimento dei suoi vicini”. ma ora deve scegliere se accollarsi il debito altrui o spingere moneta (e italia) giù dal precipizio. Disincantata analisi sull’orlo del burrone Grecia «L’ Foto: aP/LaPresse ItalIa è una portaereI In mezzo al Mediterraneo che ha riacquistato importanza con la crisi del Nord Africa. Siamo tornati ad avere il ruolo strategico che avevamo durante la Guerra fredda. Perciò gli Usa e i grandi paesi europei non ci Giulio Sapelli, docente di Storia ecoabbandoneranno. Noi siamo nomica alla Statale di Milano, direttore e La copertina del 14 luglio un popolo che non sa goverricercatore presso centri studi e fondazioscorso del settimanale narsi, però deve essere governi, è noto per i commenti fiammeggianti inglese the economist, nato bene dagli altri perché è e spesso poco benevoli. Stavolta però le sue dedicata alla crisi dell’euro e dell’italia un baluardo contro l’estremiparole esprimono un cinico ottimismo che, smo, in questo caso nordafricase fosse confermato dagli eventi, tranquilno. Certo, per una vera ripresa economica to, presto verrà il giorno in cui i cittadi- lizzerebbe quanti sono in ansia per i ricoravremmo bisogno di uscire dall’euro per ni tedeschi si stuferanno di mantenere noi renti attacchi dei mercati al debito pubblirecuperare competitività. Io credo che ce mediterranei, e allora dobbiamo sperare co italiano. Anche se gettano nello sconforla caveremmo benissimo, che non sarem- che non salti fuori fra loro qualcuno con to coloro che non vogliono accettare l’idea mo travolti dall’inflazione. Naturalmente la testa di quel norvegese, Breivik. Ma l’Ita- che l’Unione monetaria europea così come con i nostri standard: altissima disoccupa- lia continueranno ad aiutarla come hanno è adesso non può durare. Eppure è tutto zione e altissimo debito pubblico, ma non fatto dopo il ’45, non permetteranno mai molto chiaro: finché l’euro funziona come affonderemo grazie al ritorno alle svaluta- un default. Non a caso è stato messo un ita- ha funzionato finora, le manovre lacrizioni competitive. L’unico problema è che liano a capo della Bce: Mario Draghi, otti- me e sangue di Giulio Tremonti non serviper far questo bisogna smontare il Tratta- mo tecnico, sarà il nostro ostaggio a Fran- ranno a un accidente, l’economia italiana to di Lisbona e mettere d’accordo 27 paesi coforte». continuerà a non crescere e il debito pubsu di una nuova versione, e questo è molblico resterà troppo pesanto difficile. Nel frattempo, con l’accordo «non si può non fare l’asta dei Bot ad te. Ma questa situazione non di Bruxelles si va verso l’unione fiscale, gli durerà all’infinito, e nei nuoeurobond e la collettivizzazione del debi- agosto senza spiegare perché, cioè senza dare vi equilibri che si creeranno to: i paesi virtuosi si vanno facendo cari- i numeri del fabbisogno italiano. i mercati possiamo sperare di cavarceco, in prospettiva, dei nostri passivi. Cer- non credono sulla parola, vogliono vedere» la. Vediamo perché. | 24 agosto 2011 | 9 Stati Uniti. La sanità secondo Obama Assicurazioni obbligate a fornire contraccettivi e aborti. Libertà di coscienza dei medici eliminata. Così la riforma “storica” sta diventando un piano di ingegneria sociale 16 16 | 24 agosto 2011 | Le difficoltà attuali del debito sovrano italiano dipendono dal fatto che negli ultimi nove anni ai fattori di fragilità endogeni della nostra finanza se ne è aggiunto uno esogeno: l’euro. All’inizio la moneta unica europea è stata un’ancora di salvezza per le disastrate finanze italiane, ma adesso è diventata la zavorra che ci sta trascinando a fondo. L’ha spiegato molto bene Allan Mattich del Wall Street Journal: «L’Italia è riuscita a finanziare il suo debito facilmente, anche se ha raggiunto dimensioni gigantesche, perché il suo ingresso nell’euro ha spinto verso il basso il costo del suo finanziamento. La bacchetta magica della moneta unica ha regalato al governo italiano condizioni eccezionalmente vantaggiose. Una ricerca di Merrill Lynch mostra che, calcolata anche l’inflazione, l’Italia ha pagato tassi di interesse inferiori a quelli della Germania fra il 1995 e il 2008. Ora però questo sta cambiando. Ora che lo spread dei titoli italiani è aumentato, non si restringerà di nuovo (siamo oltre i 300 punti di differen- za fra Bund tedeschi e Bot decennali italiani, ndr)». Il problema è che l’Italia non cresce più perché l’euro è una moneta sopravvalutata rispetto alla nostra realtà economico-finanziaria e quindi perdiamo quote di export: «L’Italia – scrive ancora Mattich – potrebbe vivere anche con spread crescenti se la sua economia crescesse. Ma questo non è successo e non è probabile che avvenga in futuro. Il suo Pil alla fine dello scorso anno era maggiore di appena 2,5 punti percentuali rispetto a quello del 2000. Per quanto riguarda il futuro, il Fondo monetario internazionale prevede che il Pil italiano continuerà a crescere a tassi che si aggirano fra l’1 e l’1,5 per cento tra oggi e il 2015. Questa crescita modesta è il risultato diretto dell’appartenenza dell’Italia all’area dell’eu- ro. L’economia italiana è circa un terzo meno competitiva di quella tedesca, e l’unico modo di riguadagnare competitività, non potendo il governo svalutare la moneta nazionale, sarebbe un aumento dell’inflazione in Germania superiore a quello dell’Italia. Ma stante la fobia della Bce e della Germania per l’inflazione, aspettiamoci quasi certamente una lunga e dolorosa fase di deflazione e austerità per l’Italia». Ricordiamoci della recente mazzata inferta da Trichet in aprile al debito italiano, col rialzo dei tassi di interesse dall’1 all’1,25 per cento. E che le politiche lacrime e sangue di Tremonti servono a poco: «Finché rimane nell’euro, l’unico modo in cui l’atrofizzata industria manifatturiera italiana può competere con la Germania è attraverso lo stesso doloroso sentiero di austerità e defla«il tasso di cambio mantiene competitiva zione che stanno percorrenl’economia tedesca. Questo è per loro do Grecia, Irlanda, Portogalun forte incentivo a fare qualunque cosa lo e Spagna», spiega Matper mantenere intatta la moneta unica» tich. «Ma austerità signi- | | | 24 agosto 2011 | 17 Rodolfo Casadei, Emanuele Boffi................................................................................................................................16 24 ESTERI Contabilità di un massacro n altro particolare si aggiunge al panorama già drammatico della discriminazione sessuale in India. Un fenomeno che sta dividendo la politica, i mass media, la società civile e persino la Chiesa del grande paese asiatico. A rappresentare “l’ultima frontiera” della preferenza endemica degli indiani per i maschi è ora una modifica radicale dell’apparato genitale attraverso la chirurgia plastica. Pratiche che coinvolgono famiglie e minori provenienti da ogni parte del paese ma che, almeno per quan- to si è scoperto finora, hanno come teatro la grande città di Indore, capitale commerciale dello stato centrale dell’India di Madhya Pradesh. Qui, con la compiacenza di strutture ospedaliere e di specialisti senza scrupoli, i genitori avrebbero la possibilità di accedere a pratiche che ritengono meno traumatiche di un aborto o della soppressione della neonata per avere il tanto desiderato figlio maschio. Da un certo tempo si rincorrevano voci e rapporti su queste pratiche. Tanti elementi raccolti, sistematizzati e integrati da voci e interviste ospitate soprattutto in un’indagine pubblicata il 26 giugno (e finora non smentita) dal prestigioso quotidiano nazionale Hindustan Times. In concomitanza, altri media indiani, gruppi della società civile ed esponenti della cattolicità indiana mettevano in luce non solo il fenomeno, ma soprattutto esprimevano il loro sconcerto e la loro opposizione alla pratica, o meglio a questo abuso della genitoplastica, abitualmente utilizzata per correggere malformazioni dei genitali o in seguito a interventi chirurgici sovente associata a cure ormonali. Dopo l’emersione del fenomeno, la Commissione nazionale indiana per la protezione dei diritti dei minori (Ncpcr) ha Foto: AP/LaPresse da Bangkok Stefano Vecchia U Dinesh Laroia, specialista in pediatria e che sarebbero stati coinvolti nella pratica. consulente della Ncpcr. Le notizie di prati- In maggioranza hanno confessato di avere che chirurgiche mirate a modificare l’ap- praticato soltanto «interventi correttivi» su parenza sessuale delle femmine a Indo- bambine nate con anomalie ai genitali, ma re e altrove è scioccante: qual è la sua opi- gli attivisti per i diritti civili, in particolanione? «Il termine “chirurgia genito-urina- re per la difesa della donna, contrattaccano ria” o, come descritto dai media, “genito- sostenendo che le cartelle cliniche sono staplastica” è nella sua accezione più ampia te modificate in modo da non fare emergeuna forma di chirurgia plastica degli orga- re la reale portata degli interventi. ni riproduttivi. La Commissione nazionaCome ha dichiarato una coppia di genile per la protezione dei diritti dei bambi- tori di una bimba di due anni, il figlio nato ni, di cui faccio parte, ha delefemmina «quando sarà cresciugato un gruppo di esperti (due to potrà vivere una vita normamembri della commissione, un le, senza alcun ricordo dell’inchirurgo pediatrico, un genetervento». Un’illusione. SeconMILA tista e un avvocato specializzado il presidente dell’Accadeaborti quotidiani. to in questioni medico-legali) mia indiana dei pediatri, il dotNegli ultimi vent’anni di condurre una ricerca approtor Goswamy, questi interventi 10 milioni di bambine sono state eliminate fondita. La conclusione a cui è chirurgici possono nei miglioarrivata è che nei luoghi visitari dei casi lasciare in eredità ti non ci sono prove di pratiche chirurgi- all’adulto impotenza o infertilità. «La geniche mirate a modificare l’aspetto sessua- toplastica è possibile su una bambina o un le. Posso aggiungere che non è possibile, bambino normali, ma successivamente gli attraverso pratiche chirurgiche, modifica- organi tenderanno a non svilupparsi in re radicalmente l’apparato sessuale femmi- modo normale per la mancanza di ormonile in quello maschile». ni e questo avrà conseguenze gravi. Quelli di cui siamo ora a conoscenza – ha ammesLa tendenza negazionista so Goswamy nella testimonianza al quoUlteriori indagini diranno qual è la real- tidiano The Telegraph di Calcutta – sono tà nelle cliniche di Indore, ma il proble- casi sconvolgenti, che richiedono da parte ma è stato sollevato, nel contesto di una nostra indagini e interventi appropriati». legislazione “a maglie larghe”, soprattutto Responsabile di questa situazione non riguardo a tecniche non ancora riconosciu- è il caso, ma ragioni socio-culturali che te come rischio sociale. La conferma è venu- portano a scelte magari dolorose ma riteta proprio da uno dei chirurghi che a Indo- nute “inevitabili”. Uno studio del 2009 ha re praticano la genitoplastica nei casi speci- rilevato come siano 7 mila di media i feti ficamente ammessi dalla legge, il dottor Bri- abortiti ogni giorno nel paese asiatico, con jesh Lahoti: «In India non ci sono problemi una drammatica preponderanza di quelli per queste operazioni in quanto richiedo- femmina. Negli ultimi vent’anni, fino a 10 no solo il consenso dei genitori e una loro milioni di bambine non hanno mai visto dichiarazione», aveva dichiarato all’Hin- la luce o sono state eliminate subito dopo dustan Times, salvo fare marcia indietro la nascita. I dati del censimento 2010, che poche settimane dopo. Una tendenza nega- in questi mesi vengono elaborati e divulgazionista che parte ovviamente dai medici ti, mostrano ancora una volta un’India 7 Chirurgia genito-urinaria. È questa la nuova arma del “gender-cidio” che sta decimando la popolazione femminile in India. Denunce e reticenze sull’atroce operazione che mutila le bambine per non farle mai diventare donne | 24 agosto 2011 | ordinato al governo del Madhya Pradesh di investigare sulla possibilità che 300 bambine tra uno e cinque anni d’età siano state sottoposte alla chirurgia per modificarne il sesso, su richiesta dei genitori disposti a pagare fino all’equivalente di 3.200 dollari per ogni intervento. Del risultato dell’indagine, ancora provvisorio, Tempi ha chiesto al dottor | | | 24 agosto 2011 | 25 India. Dove mancano le bambine Uno sconvolgente dossier svela l’abominio di un paese dove le femmine vengono “trasformate” in maschi a pochissimo tempo dalla nascita. I numeri di una follia che si serve della chirurgia genito-urinaria Stefano Vecchia.................................................................................................................................................................................................. 24 30 cultura più persone meno stato La carità di un presunto xenofobo di Nicholas Farrell G uardando le immagini in televisione di quel branco di africani scappati dal centro di accoglienza a Bari comportandosi da teppisti sono sbottato: «Ora basta! Se ne vadano fuori dall’Italia subito!». Si autodefiniscono “profughi” provenienti dalla Libia e perciò titolari del diritto di asilo, ma sono senza documenti (e lo fanno apposta) perché la realtà è un’altra: sono clandestini. Ma in fondo profughi o clandestini non cambia nulla. In entrambi i casi, una volta qui in Italia, il governo è praticamente impotente: non può mandarli “a casa” per diversi motivi, uno di questi è che è praticamente impossibile risalire a dove sia davvero casa loro. E questo i falsi profughi lo sanno benissimo. Il governo italiano, grazie alla Marina e alla Guardia costiera, sa benissimo da dove sono partiti ma non può fare nulla. L’unica soluzione sarebbe rispedirli al mittente tutti, anche se provengono dalla Libia, preferibilmente prima che sbarchino in Italia. Con la forza “if necessary”. Da essere umano, però, ovvero da ateo devoto, mi sento costretto a confessare una cosa: io, personalmente, ho contribuito a salvare uno di loro. Ed è giusto così. | 24 agosto 2011 | Lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro non esiste) sono una cosa, l’individuo e la comunità un’altra. Prendiamo l’esempio dei soldi pubblici girati ai poveri. Se mi trovo per legge costretto a pagare per i poveri tramite le mie tasse mi arrabbio. Mi arrabbio perché così facendo lo Stato mi toglie il diritto alla libertà di scelta e anche perché so benissimo che quando c’è di mezzo lo Stato è molto difficile che i miei soldi arrivino veramente a chi ne ha bisogno. Se, d’altronde, la scelta di dare soldi ai poveri rimane di competenza non dello Stato e della società ma dell’individuo e della comunità (cosa che invece esiste eccome), il rapporto fra me e il povero è più diretto, più onesto e più trasparente. Seduto al tavolino del bar Piccolo esempio. Ogni giorno leggo i giornali al bar nel centro storico di Forlì dove abito. Dato che sono un fumatore mi siedo a un tavolo all’aperto. Ogni santo giorno passano clandestini e zingari che mi chiedono l’elemosina. Non la concedo a tutti. Dipende. Dipende da come mi sento quel giorno e dipende da che impressione mi fa la persona che me la chiede. Tony Okwuwe è nato in Nigeria, e oggi ha 26 anni. Nel 2006 è arrivato in Italia CULTURA «lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro non esiste) sono una cosa, l’individuo e la comunità un’altra. Ogni tanto io e tony ci sentiamo. Ormai il suo italiano non è male» tony Okwuwe, orfano nigeriano, è arrivato in Italia nel 2006 dopo un viaggio della speranza e oggi ha un regolare permesso di soggiorno si può invocare il pugno di ferro del governo sull’immigrazione e poi “adottare” un giovane nigeriano clandestino? nicholas Farrell lo ha fatto. non per incoerenza, né per pietismo. «ma perché ho guardato tony negli occhi» 30 dalla Libia passando per Lampedusa e Trapani in una barca stracolma di clandestini. Poi, poco dopo, un giorno d’estate, all’ora di pranzo, ha incontrato me per puro caso in una piazza nel centro storico di Rimini. Stavo mangiando del pesce (triglie, canocchie, sogliole) all’aria aperta sotto un bel sole con dei colleghi e mi sentivo bene. Tony si avvicinò al nostro tavolo, aveva con sé i soliti fazzoletti e accendini da vendere: «Aiutatemi, vi prego». Era simpatico, aveva degli occhi dolci. L’ho fatto sedere alla nostra tavola. Gli abbiamo offerto da mangiare. Gli piaceva molto il pesce perché è cresciuto nella delta del fiume Niger. Non parlava l’italiano, solo l’inglese, anche se piuttosto male. Così iniziò a raccontare la sua storia. Per arrivare a Rimini aveva fatto un viaggio di 3.500 chilometri durato parecchi anni dalla Nigeria alla Libia e poi quella traversata in mare aperto per raggiungere l’Italia. Figlio unico, di famiglia cristiana, sua madre, Jenny, morì mentre partoriva. Nel 1997 se ne andò anche suo padre, Dixon, un elettrauto, ucciso in casa da una banda armata di un’altra tribù. Nella zona dove Tony viveva c’era – e c’è ancora – una guerra in atto fra due tribù. Le ultime parole del padre sono state: «Scappa!». E così ha fatto quel bambino che allora aveva solo 12 anni. Durante la fuga gli hanno sparato, colpendolo alla gamba sinistra. Rimasto orfano, dopo il ricovero in ospedale, ha vagabondato per la Nigeria per anni. Per qualche tempo è rimasto nel Nord del paese, dove c’è una forte concentrazione di musulmani e tanta violenza. Nel 2005, appena compiuti i 18 anni, decide di lasciare la Nigeria per andare nel vicino Niger dove rimane per sette mesi. Comincia il viaggio infernale Lì, nella città di Agadez, incontra un senegalese simpatico che abita in Libia. Il senegalese, cristiano ma travestito da musulmano, si offre di portarlo con sé. Dalla Libia, gli prometteva, sarebbe potuto andare in Italia. Il viaggio attraverso il Sahara in una Landcruiser scoperchiata con a bordo trentasei persone dura otto giorni per la modica cifra di 50 euro (nel caso di Tony, pagati dal senegalese). Come è stato quel viaggio? «Nessuno è morto nel deserto ma spesso succede. Sabbia, sabbia, non vedi mai un albero». E poi, la Libia. «Ci hanno lasciati in un campo di mais, poi siamo arrivati al mare vicino a Tripoli. A quel punto era- | vamo in 18 persone sul camioncino. Per evitare la polizia l’autista guidava spesso fuori strada. Abbiamo avuto un incidente. Il camioncino si è ribaltato. Uno di noi è rimasto intrappolato sotto. Una volta a Tripoli ho detto al ragazzo senegalese di mandarmi in un paese cristiano dove non ci fossero musulmani. I musulmani sono così violenti! Allora lui mi ha proposto l’Italia. Ha prenotato un viaggio in barca e ha pagato lui. Non so che cifra: una volta a bordo, alcuni dicevano di aver pagato 500 dollari, altri 400». Al giorno d’oggi i prezzi sono molto più alti, intorno ai 1.500 dollari. «La barca – prosegue Tony – partiva di notte da una spiaggia fuori di Tripoli». Per descrivere com’era la barca Tony si alza, fa circa venti passi, cioè circa sei metri. Tanto è grande la barca con cui pensa di arrivare in Italia. A bordo ci sono 27 persone. E nessun pilota. «L’arabo ci spingeva via dalla spiaggia gridando di andarcene in fretta. Ci avevano dato solo una bussola puntata verso l’Italia. A turno ognuno di noi pilotava la barca. A bordo c’erano pane, tonno e dell’acqua. Con noi c’era una donna, incinta, che arrivava dall’Etiopia con il marito». Partono da Tripoli il 15 luglio 2006. Per i primi giorni di navigazione il mare è calmo, ma dopo poco si fa mosso, molto mosso. Come se non bastasse la bussola si rompe. «Non sapevamo più dove stavamo andando. Persi nel mare cantavamo tutti insieme inni al Signore, perché mandasse giù degli angeli a salvarci». Intanto il mare resta agitato, la barca soffre. «I musulmani non cantavano ma noi cristiani sì, cercavamo di farci forza. I cristiani, oltre a me, erano nove nigeriani, tre ghanesi e poi alcuni dall’Etiopia. Poi la donna ha cominciato a piangere». La situazione è ormai disperata quando una nave della Guardia costiera italiana intercetta la barca e porta i clandestini fino a Trapani. «Lì ci hanno portato alla stazione. Abbiamo chiesto dei soldi ma non ce li hanno dati. Un nigeriano che era sulla barca con me aveva in tasca 100 euro. Mi ha pagato il biglietto per Ravenna». Perché proprio Ravenna? «Perché i soldi bastavano per arrivare fin lì». Accoglienza. Stranieri a casa La carità secondo un cosiddetto xenofobo La svolta Una volta in Romagna Tony incontra un nigeriano che gli offre un letto e un posto per dormire. «Il giorno che ci siamo incontrati – ricorda oggi – ero a Rimini perché il ragazzo presso cui dormivo mi aveva dato della roba da vendere in giro. Fazzoletti, calzini. A volte andavamo anche a Pesaro, altre volte a Riccione». L’unico lavoro che Tony ha fatto in Nigeria è il benzinaio. Non parla italiano ed è analfabeta. Racconta che ogni giorno era bello quando suo padre era vivo. «L’ho amato, l’ho amato così tanto. Mi voleva insegnare a leggere e scrivere perché voleva che andassi all’università. Da quando è morto non c’è più nessun giorno bello». Finito il suo racconto Tony si mette a piangere. Prende le mie mani tra le sue e allora anche io comincio a piangere. Con alcuni colleghi decidiamo di trovare un avvocato che possa dargli una mano a sistemarsi in Italia e a regolarizzare la sua posizione. Cinque anni dopo, grazie a noi e, nel bene o nel male, grazie alla legge italiana, Tony Okwuwe, orfano nigeriano solo al mondo, è ancora in Italia e ha un regolare permesso di soggiorno. Non mi sento in colpa per quello che ho fatto né mi sento incoerente. Anzi. Per giustificare le loro stragi i padrini mafiosi dicevano: “It’s not personal, it’s business”. Io, invece, dico: non è business, è personale. Ho fatto quello che ho fatto perché ho guardato Tony negli occhi. Ogni tanto ci sentiamo. Ormai il suo italiano non è affatto male. | | 24 agosto 2011 | Nicholas Farrell...................................................................................................................................................................................................... 30 Film. Ripescaggi Capolavori che qualcuno ci ha fatto perdere 31 Simone Fortunato............................................................................................................................................................................................ 32 40 l’intervista la vita non è un romanzo Walter Siti L’Intervista a colloquio con lo scrittore che ha vissuto (e narrato) il passaggio dall’omosessualità come condizione conflittuale alla sbornia della “gayzzazione dell’occidente”. «Questa “normalità” non mi appartiene né mi interessa» o sono ormai un vecchio arnese. Quelli della mia generazione hanno vissuto un’omosessualità tragica e conflittuale, con una forte connotazione mistica o simbolica: cercavamo un rapporto con l’assoluto. L’omosessualità dei ragazzi di oggi ha a che fare semplicemente con il rapporto tra due persone, un fatto pratico, concreto». Parla con una mitezza dalla quale traspare una lunga consuetudine col disincanto e la disperazione Walter Siti, 65 anni, accademico, critico letterario, curatore delle opere di Pasolini, autore televisivo e soprattutto scrittore che per trent’anni – proprio mentre si affermava quel processo che lui stesso ha definito di «gayzzazione dell’Occidente» – ha scandagliato il suo cuore e le sue ossessioni attraverso la parola (creandosi un alter ego lungo quattro romanzi: Un dolore normale, Scuola di nudo, Troppi paradisi e Il contagio). Oggi Siti ha una piega più amara sulle labbra: è appena tornato da Modena, la sua città natale, dove ha accompagnato in ospizio l’anziana madre malata di Alzheimer, alla quale non ha mai confidato la propria omosessualità, anche se lei sapeva, in silenzio. | 24 agosto 2011 | | era all’inizio del famoso Sodoma e Gomorra di Proust nel IV volume della Recherche dove lui parla degli omosessuali come di una razza simile agli ebrei. Un ragazzo si sentiva un reietto per il fatto stesso di appartenere a questa razza. È emblematico il caso di uno strano romanzo di culto di Carlo Coccioli, Fabrizio Lupo, edito in francese nel 1952 perché in Italia era considerato impubblicabile. Una sorta di libro maledetto: dopo l’uscita in Francia diversi ragazzi si suicidarono e l’autore riparò in Messico. Lì tradusse la sua opera in spagnolo nel 1953, anche questa edizione accompagnata da una catena di suicidi. Coccioli usa una bella definizione: «Ogni omosessuale è come un anarchico uscito da un diluvio». Forse per questa impossibilità di vivere una vita normale, noi privilegiavamo gli aspetti simbolici della nostra condizione: l’uomo desiderato diventava un angelo, come i Una sorta di condanna… C’era proprio l’idea che l’omosessuale ragazzi di Sandro Penna o quelli di De Pisis. fosse una razza condannata: il riferimento Oppure il simbolo di un dio pagano, Ercole o Apollo. Qualcosa di più «il modo di vivere il desiderio dei gay si sposa e qualcosa di meno di un Il che letterariamente con il nostro modo di vivere il rapporto con le uomo. produceva registri fecondi, merci. Come se il desiderio gay fosse divenuto dalle poesie di Kavafis al peril modello di un certo desiderio di merci» sonaggio di Vautrin delle Si potrebbe sostenere che la mia serenità non è altro che questo: essermi rifiutato, per eccesso di sofferenza, alla visione diretta della verità. Ho chiuso gli occhi di fronte all’enorme, spaventosa sconfitta, al taglio gigantesco come un canyon davanti al quale avrei dovuto, per dignità, uccidere o morire. (Troppi paradisi) «Ricordo a vent’anni di avere ricevuto degli sputi in faccia da persone che si sentivano guardate con desiderio. E gli sputi non erano il peggio che poteva capitarti. Poi c’era un’assoluta mancanza di contesto che ti permettesse di vivere i tuoi rapporti all’interno di una rete di amicizie, per non parlare del rapporto con la famiglia. Intorno non c’era niente, soltanto quella così lì, la tua omosessualità, da vivere in solitudine». Foto: aP/laPresse «I 40 RUBRICHE L’Italia che lavora.................... 46 Mobilità 2000.................................. 55 La rosa dei Tempi...................... 56 Lettere al direttore................. 62 Taz&Bao..................................................... 64 QUOTE ROSA A RISCHIO ESTERI 24 Foglietto Lodovico Festa.................................. 5 Non sono d’accordo Oscar Giannino..............................14 Il diavolo della Tasmania Renato Farina................................. 23 Se ti dimentico Gerusalemme Yasha Reibman Il portone di bronzo Angela Ambrogetti............ 29 Intellettuale cura te stesso Giorgio Israel.................................. 39 Mamma Oca Annalena Valenti.................... 49 Presa d’aria Paolo Togni...........................................50 Post Apocalypto Aldo Trento......................................... 56 Sport über alles Fred Perri.................................................58 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano........................ 59 Diario Marina Corradi............................66 | | 24 agosto 2011 | 41 Walter Siti. Vi spiego il mondo omo A colloquio con un grande scrittore che ha vissuto (e narrato) il passaggio dall’omosessualità come conflitto interiore all’universo troppo carnevalesco dei gay pride. Dal rapporto con Pasolini ai modelli estetici Francesco Esposito......................................................................................................................................................................................40 Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 17 – N. 32-33 dall’11 al 24 agosto 2011 IN COPERTINA illustrazione: Davide Viganò DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Mondadori Printing S.p.A., via Mondadori 15, Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 Milano. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali). la fattoria degli umani Tutti figli dello Stato La sanità secondo Obama obbliga le assicurazioni a fornire contraccettivi e aborti. E azzera la libertà di coscienza dei medici. Un disegno di ingegneria sociale che incide sulla concezione dell’uomo prima che sui conti. Trattando la maternità come una malattia e la procrezione come un inconveniente | | 24 agosto 2011 | 9 U na commissione dell’Institute of Medicine – autorevole organizzazione nata per fornire al governo americano informate linee guida in fatto di sanità pubblica – ha suggerito all’Amministrazione di inserire nel prontuario delle prestazioni gratuite alcuni controlli piuttosto importanti per le donne, tipo quello per il Papilloma Virus e per la maternità. Chi pensa alle ecografie o alle cure pediatriche sbaglia: è la maternità la malattia da curare. Alcuni degli strumenti che saran- 10 | 24 agosto 2011 | | no garantiti dal ministero della Sanità una volta recepita la norma – non c’è bisogno del voto del Congresso per trasformare la direttiva in legge, basta il timbro ministeriale – non serviranno a prendere in cura puerpere e pargoli, ma a eliminare il problema prima che si ponga. Si chiama controllo delle nascite o, se si preferisce la più disinvolta dizione neolinguistica, “pianificazione parentale”, come recita il nome della più influente associazione che si occupa della materia. In sostanza, le assicurazioni sanitarie degli Stati Uniti saranno obbligate a fornire nel pacchetto dei servizi offerti gratuitamente ai loro clienti anche tutti gli strumenti anticoncezionali e abortivi in commercio: preservativo, pillola (classica Dopo poco più di sei mesi dall’approvazione e del giorno dopo), sterilizzadella riforma sanitaria di Obama si è passati zione, diaframma e tutto il dall’ideale egalitario della copertura sanitaria resto, fino all’interruzione di gravidanza vera e propria. Il universale al preservativo di Stato Foto: AP/LaPresse da New York Mattia Ferraresi la fattoria degli umani PRIMALINEA battagliere associazioni per il controllo delle nascite, che marciando senza problemi sulle convinzioni non proprio di un anticipatore dell’Humanae Vitae come George Washington («La legge sia sempre modellata secondo le convinzioni della coscienza di ciascuno», scriveva) hanno proposto clausole esplicite per azzerare l’obiezione di coscienza: «Occorre limitare il rifiuto dei contraccettivi per motivi morali, religiosi o etici», hanno scritto negli atti dei tre incontri pubblici con i medici dell’Institute of Medicine. L’Amministrazione se la canLa commissione tecnica a cui ta e se la suona: il ministero il ministro della Sanità ha commissiona uno studio a un chiesto un parere per stilare istituto indipendente, il quale le linee guida ha beneficiato dei per vergare le sue indicazioni si avvale dei consigli delle lobby consigli di Planned Parenthood, del pensiero pro-choice; infine del Guttmacher Institute e del il documento prodotto ritorna a National Women’s Law Center: Washington per essere vidimato le più battagliere associazioni e accorpato alla grande riforma per il controllo delle nascite sanitaria. Altre associazioni che invocavano per lo meno la liberè passati dall’ideale egalitario della coper- tà di coscienza sono state altresì invitate a tura sanitaria universale al preservativo di partecipare ai lavori, ma soltanto nelle sessioni conclusive, quelle in cui si parla tanStato. E non sono previste eccezioni. Ospedali e cliniche di ispirazione reli- to e non si decide nulla. Dalla rasoiata stagiosa non potranno rifiutarsi di fornire il tale si salvano soltanto gli amish, che sono servizio prescritto dalla legge e, tanto per esentati dall’obbligo di stipulare una polizdare un’idea delle proporzioni, soltanto za – pratica contraria alle loro convinzionelle strutture cattoliche lavora un milione ni – e quindi non saranno costretti alle di persone. La commissione tecnica a cui il conseguenze dettate dalle linee guida. Il ministro della Sanità, Kathleen Sebelius, presidente di Planned Parenthood, Cecile ha chiesto un parere per stilare le linee gui- Richards, esulta: «Queste linee guida ci perda ha beneficiato dei consigli di Planned mettono di fare un passo verso la sicurezza Parenthood, del Guttmacher Institute e del che tutte le donne che hanno un’assicuraNational Women’s Law Center, tre fra le più zione medica possano accedere agli stru- Foto: AP/LaPresse Sopra una pubblicità della Planned Parenthood, potente lobby che promuove la “pianificazione familiare”. A lato, una manifestazione pro-choice tutto opportunamente accompagnato dalle visite mediche legate all’uso di tali contraccettivi e senza l’obbligo del pagamento del co-pay (una quota aggiuntiva da versare di tasca propria). L’assicurazione deve garantire che chiunque abbia libero accesso alla cura della peggiore delle malattie, la procreazione. Siccome poi la riforma sanitaria introdotta dall’Amministrazione Obama nel 2010 obbliga tutti i cittadini americani a stipulare una polizza assicurativa, il diritto agli anticoncezionali non può nemmeno essere declinato. Dopo poco più di sei mesi dall’approvazione della riforma si | | 24 agosto 2011 | 11 La controffensiva della Chiesa Commentando il parere “storico” della commissione, Sebelius ha voluto precisare che le indicazioni dell’istituto sono basate su «evidenze scientifiche». La controffensiva non si è fatta attendere: la Florida Catholic Conference ha scritto una lettera al Congresso perché facesse pressione sul ministero per approvare una legge che permetta l’obiezione di coscienza. Il cardinale Daniel DiNardo, capo della commmissione delle attività pro-life, ha detto che «oppone decisamente» l’obbligo di servizi come «la sterilizzazione chirurgica e tutti metodi contraccettivi approvati dal dipartimento che controlla la commercializzazione dei medicinali». Inoltre, DiNardo ha sottolineato la pervasività culturale di quella che i progressisti hanno interesse a rappresentare come un’iniziativa tecnica e moralmente neutra. Associazioni religiose e non solo si sono allineate sulla condanna del cardinale. La chiave della virata vagamente orwelliana della riforma è Kathleen Sebelius, cattolica di specie progressista, “adulta”, si sarebbe detto qualche tem12 | 24 agosto 2011 | | Il ministro della Sanità Kathleen Sebelius è una cattolica. Le associazioni per la pianificazione familiare hanno cavalcato la sua appartenenza alla Chiesa per dimostrare che si può essere religiosi senza rinunciare a fare gli avvocati del controllo delle nascite po fa. Il suo attaccamento alla Chiesa non le impedisce di essere “decisamente prochoice”, di avere messo il veto per quattro volte, quando era governatore del Kansas, a proposte di legge che avrebbero ristretto lo spazio per ricorrere all’aborto. Le associazioni per la pianificazione familiare hanno cavalcato la sua appartenenza alla Chiesa per dimostrare il teorema secondo cui si può essere religiosi senza rinunciare a fare gli avvocati del controllo delle nascite. Il prefetto della Segnatura apostolica, l’arcivescovo Raymond Burke, non la pensa allo stesso modo: nel 2009 ha detto che «dopo un’ammonizione pastorale, ha perseverato in un peccato grave» e il vescovo di Kansas City, Joseph Naumann, ha intimato a lei di non accostarsi alla comunione e ai preti della diocesi di non concedergliela quando notano la sua inconfondibile chioma corta e grigia. Sebelius ha sostenuto e finanziato George Tiller, il famoso medico e ideologo abortista che nel 2009 è stato ucciso con un colpo di pistola dalla follia di un attivista pro-life in una chiesa di Wichita. Il suo profilo di cattolica non è certo un’eccezione nel panorama del progressismo democratico: da Nancy Pelosi al vicepresidente, Joe Biden, sono molti i cattolici democratici che s’impegnano attivamente, ma il problema non è tanto di natura teologica, quanto politica e culturale. L’Amministrazione Obama ha nascosto fra le pieghe della riforma sanitaria l’energia potenziale per introdurre direttive che aggirano persino la libertà di coscienza. Il metodo è normalizzare, assuefare, non imporre. Era successo anche con i “death panel”, i consigli che il medico doveva obbligatoriamente fornire in materia di fine vita. Sarah Palin aveva ingaggiato una battaglia titanica contro l’eutanasia di Stato, impostazione ingenua del problema: nel grande pascolo della riforma, il controllo della vita e della morte si traveste da agnello, si insinua nei dettagli tecnici riparandosi dietro alla classica argomentazione secondo cui, alla fine, ciascuno è libero di scegliere i servizi sanitari di cui usufruire. Si tratta di una procedura piuttosto invalsa nella logica politica di Obama. Il presidente sa che nelle riforme ampie e generali, quelle che nelle conferenze stampa tutti chiamano “storiche”, si può nascondere di tutto sfruttando il meccanismo delle linee guida e delle applica- Foto: AP/LaPresse menti per il controllo delle nascite senza spese aggiuntive». Anche Nancy Keenan, dell’associazione pro-choice Naral, parla di «una delle più grandi conquiste dell’ultima generazione per la salute delle donne». Se ne deduce che il problema è di salute e la maternità finisce, nella logica dell’Amministrazione, sullo stesso piano della prevenzione del cancro al seno o dei test per l’Hiv. Si dirà che chi non vuole usufruire dei servizi che l’ingegneria sanitaria generosamente offre a costo zero sarà comunque libero di non usarli, ma la grande controversia è a un livello più profondo: la maternità è una patologia da curare? Che cosa s’intende per malattia? E dunque, che cosa significa curare? la fattoria degli umani PRIMALINEA Cass Sunstein amministratore dell’Office of Information and Regulatory Affairs. A sinistra, il ministro della Sanità Sebelius Foto: AP/LaPresse zioni di fatto. Si possono persino finanziare ricerche scientifiche che sarebbe riduttivo definire bizzarre, come alcune di quelle condotte nei laboratori del National Institute of Health, il centro di ricerca controllato dall’Amministrazione americana. Gli scienziati del Nih hanno, ad esempio, speso 9,4 milioni di dollari per fare un modello statistico sulla lunghezza del pene degli omosessuali: dopo mesi di ricerche, gli esperti sono arrivati alla scomoda verità secondo cui chi ce l’ha più lungo tende a essere attivo nei rapporti, relegando alla passività chi ha doti meno spiccate. Una “spintarella” paterna La normalizzazione dell’anticoncezionale di Stato, la surrettizia introduzione del controllo delle nascite nella vita degli americani come componente moralmente neutra (se non come trampolino per la felicità hic et nunc) è un dato che supera di molto i dettagli di una riforma che si vanta di introdurre la copertura sanitaria universale nell’America individualista e discriminatoria. L’amministratore dell’Office of Information and Regulatory Affairs di Obama, Cass Sunstein, si appellerebbe al concetto di “nudge”, la spintarella morale (e magari politicamente assestata) che permette all’uomo di scegliere il bene. L’idea chiave di Sunstein è che gli uomini tendano a fare scelte inefficienti e costose, quindi in ultima analisi sbagliate, e per questo propone un sistema basato sui princìpi del “paternalismo libertario”: se l’uomo tende al male, ci vorrà qualcuno in grado di spingerlo verso quelle illuminate decisioni che autonomamente non prenderebbe, ragiona Sunstein. E chi è il soggetto abbastanza potente da dare una spinterella collettiva a un intero sistema? Lo Stato, naturalmente. Per sostenere questo progetto di ingegneria sociale però vanno eliminati tutti i riferimenti hobbesiani, va espunta la forzatura esplicita, il potere coercitivo alla luce del sole, altrimenti l’inganno sarebbe chiaro e dalla spintarella paterna si passerebbe immediatamente a un’intollerabile dittatura sociale. Così il comportamen- tismo spinto del professore dell’Università di Chicago non può che rivolgersi al mercato psicologico dell’implicito, dove sono i dettagli nascosti e apparentemente incolori a “migliorare le decisioni sulla sanità, il benessere e la felicità”, come recita il titolo del suo libro più noto. La proposta del ministero della Sanità di fornire per legge e gratuitamente gli strumenti per pianificare la maternità (e curarla qualora il germe venga disgraziatamente inoculato) è uno dei tanti mezzi della grande macchina politica americana per indurre il processo di osmosi ideologica. A seconda delle interpretazioni, sembra una scelta di civiltà, una proposta che il singolo può comunque rifiutare, oppure, al contrario, un attentato esplicito alle idee religiose di chi è immediatamente bollato come baciapile. Ai politici che la promuovono sembra un’idea concreta per tutelare la salute delle donne, nel pieno spirito di una riforma obamiana che agisce sulla concezione Ospedali e cliniche di ispirazione religiosa dell’uomo prima ancora che non potranno rifiutarsi di fornire il servizio sui conti dello Stato. Sembra prescritto dalla legge. Soltanto nelle strutture tutto questo, ma in realtà è una spintarella. n cattoliche lavora un milione di persone | | 24 agosto 2011 | 13 L’OBIETTORE IN MERITO A UNA LEGGE DICHIARATA “INCOSTITUZIONALE” Il problema non è l’omofobia ma le priorità della politica S ommesso parere totalmente fuori linea sulla legge bocciata per pregiudiziale d’inNON SONO costituzionalità dall’aula di MonteD’ACCORDO citorio, in materia di norme contro l’omofobia. La mia modestissima opinione è che prima la finiremo di usare come clave materie delicate, come i diritti civili in materia di orientamento sessuale oppure la bioetica, prima avremo possibilità di poter definire magari anche scelte più avanzate. Detta così, corre il rischio di apparire come un’opinione assai poco rispettosa delle idee e del lavoro profuso sul testo dai suoi sostenitori. Al contrario, non è affatto così. Non credo affatto che la mia amica Paola Concia, per dirne una, impegnata da sempre e non solo nel suo Pd sui temi del rispetto di genere e delle preferenze sessuali, sia un’estremista inconsapevole o una pasdaran consapevole. Né lo credo del ministro alle Pari opportunità Carfagna, o dell’onorevole Scajola che si è astenuto sulle pregiudiziali di incostituzionalità approvate dall’aula. Penso anche che in realtà mi sarei astenuto anch’io, perché le pregiudiziali d’incostituzionalità non mi avrebbero convinto nel merito. Le norme in materia di tutela rafforzata sono frutto della libera valutazione del legislatore a fronte di situazioni che appaiono in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, non sono affatto lesive esse stesse delle norme sull’eguaglianza. Ed è evidente che la maggioranza ha deciso di ricorrere alle pregiudiziali d’incostituzionalità come artificio per evitare di entrare nel merito. La mia tesi è un’altra. Il punto è che non mi stupisce affatto che una parte trasversale della politica Il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, insieme alla deputata del Pd Paola Concia Si trova il modo di mandare in aula provvedimenti per i gay, ma non per la famiglia. E chi da anni è preso in giro dice: né per noi, né per voi. Così che a un errore se ne aggiunge un altro 14 | 24 agosto 2011 | | italiana – i cattolici di entrambi gli schieramenti, ma non solo loro – rimanga sempre più senza parole, anno dopo anno, nel constatare che non si fa nulla per la famiglia, mentre invece altre condizioni e situazioni vengono considerate degne di attenzione e divengono beneficiarie di provvedimenti e misure concrete, siano esse norme-manifesto di principio oppure tutele concrete, economiche e di welfare. Ho avuto come l’impressione che sia stata proprio questa la motivazione di fondo che ha spinto una maggioranza dei parlamentari ad accogliere la tesi dell’incostituzionalità della norma. Sono convintissimo che lo abbiamo fatto per una protesta “a prescindere”, come diceva Totò. Non credo affatto che si tratti di pregiudizio ostile verso gli omosessuali, o perché siano convinti che non sia odiosa, esecranda e arcicondannabile ogni e qualsivoglia discriminazione a danno degli omosessuali, e tanto più ogni forma di violenza, psicologica e fisica, ai loro danni. Credo invece che a risuonare con una certa rabbia nel loro voto sia stato un deciso “basta” rispetto alla sistematica presa in giro che è riservata alla famiglia italiana. L’allarme demografico Intendo – sperando di non urtare nessuno – alla famiglia “naturale”, eterosessuale e magari fin dall’inizio non aliena dall’idea della procreazione, “famiglia naturale” come viene definita per distinguerla da ogni altra che ambisca ad analoghe tutele, anche se la sola definizione di “naturale” provoca una levata di scudi negli ambienti omosessuali militanti, come se s’intendesse dire o sottintendere che la loro diversa preferenza sessuale è extra naturam. Che di presa in giro si tratti, e che questa espressione non sia affatto eccessiva, sono pronto a difenderlo di fronte a chiunque sostenga il contrario. Il nostro ordinamento grava sulle famiglie scoraggiando ogni intenzione di generare nuove vite, e sono anni e anni che tale evidenza è testimoniata prima dagli andamenti demografici, poi da tonnellate di studi comparati, e infine dalla dolorosa controprova che anche nel 2010 i maggiori tassi di aggravamento della povertà relativa censita dall’Istat in Italia riguardano le famiglie che malgrado tutti gli ostacoli s’intestardiscono ad avere tre o quattro figli. In un solo anno, siamo passati dal 25 al 30 per cento di famiglie con 5 figli, passati ad avere per ogni due componenti familiari una capacità di spesa mensile ritenuta dall’Istat adeguata a un solo individuo! Direte voi: e con questo? Che cosa c’entra questo con i diritti degli omosessuali? Risposta: niente. Però è altrettanto vero che si trova il modo di mandare in aula provvedimenti per gli omosessuali, ma non per la famiglia. Alla fine chi da anni è preso in giro s’incazza e dice: né per noi, né per voi. Ed è così che a un errore se ne aggiunge un altro, altra prova che la politica in Italia non solo sbaglia, ma sbaglia in serie. Foto: AP/LaPresse di Oscar Giannino interni siamo un vecchio continente Perché sono costretti a salvarci Olanda Belgio Irlanda Francia Portogallo Con l’euro la Germania ha praticato un’azione di “impoverimento dei suoi vicini”. Ma ora deve scegliere se accollarsi il debito altrui o spingere moneta (e Italia) giù dal precipizio. Disincantata analisi sull’orlo del burrone «L’ Spagna Italia è una portaerei in mezzo al Mediterraneo che ha riacquistato importanza con la crisi del Nord Africa. Siamo tornati ad avere il ruolo strategico che avevamo durante la Guerra fredda. Perciò gli Usa e i grandi paesi europei non ci Giulio Sapelli, docente di Storia ecoabbandoneranno. Noi siamo nomica alla Statale di Milano, direttore e La copertina del 14 luglio un popolo che non sa goverricercatore presso centri studi e fondazioscorso del settimanale narsi, però deve essere governi, è noto per i commenti fiammeggianti inglese The Economist, nato bene dagli altri perché è e spesso poco benevoli. Stavolta però le sue dedicata alla crisi dell’euro e dell’Italia un baluardo contro l’estremiparole esprimono un cinico ottimismo che, smo, in questo caso nordafricase fosse confermato dagli eventi, tranquilno. Certo, per una vera ripresa economica to, presto verrà il giorno in cui i cittadi- lizzerebbe quanti sono in ansia per i ricoravremmo bisogno di uscire dall’euro per ni tedeschi si stuferanno di mantenere noi renti attacchi dei mercati al debito pubblirecuperare competitività. Io credo che ce mediterranei, e allora dobbiamo sperare co italiano. Anche se gettano nello sconforla caveremmo benissimo, che non sarem- che non salti fuori fra loro qualcuno con to coloro che non vogliono accettare l’idea mo travolti dall’inflazione. Naturalmente la testa di quel norvegese, Breivik. Ma l’Ita- che l’Unione monetaria europea così come con i nostri standard: altissima disoccupa- lia continueranno ad aiutarla come hanno è adesso non può durare. Eppure è tutto zione e altissimo debito pubblico, ma non fatto dopo il ’45, non permetteranno mai molto chiaro: finché l’euro funziona come affonderemo grazie al ritorno alle svaluta- un default. Non a caso è stato messo un ita- ha funzionato finora, le manovre lacrizioni competitive. L’unico problema è che liano a capo della Bce: Mario Draghi, otti- me e sangue di Giulio Tremonti non serviper far questo bisogna smontare il Tratta- mo tecnico, sarà il nostro ostaggio a Fran- ranno a un accidente, l’economia italiana to di Lisbona e mettere d’accordo 27 paesi coforte». continuerà a non crescere e il debito pubsu di una nuova versione, e questo è molblico resterà troppo pesanto difficile. Nel frattempo, con l’accordo «Non si può non fare l’asta dei Bot ad te. Ma questa situazione non di Bruxelles si va verso l’unione fiscale, gli durerà all’infinito, e nei nuoeurobond e la collettivizzazione del debi- agosto senza spiegare perché, cioè senza dare vi equilibri che si creeranno to: i paesi virtuosi si vanno facendo cari- i numeri del fabbisogno italiano. I mercati possiamo sperare di cavarceco, in prospettiva, dei nostri passivi. Cer- non credono sulla parola, vogliono vedere» la. Vediamo perché. 16 | 24 agosto 2011 | | Finlandia Lussemburgo Crescita del Pil tra il 2007 (crac Lehman) e il 2010 2 0 -1,8 -1,5 -2 Austria -2 Belgio -4 Germania -6 Austria Italia +0,3 -0,7 -8 -3 -5,8 Finlandia -6,4 Italia Lussemburgo Portogallo -12 Slovenia -5 Slovenia -5,6 Spagna -7 Grecia Germania -10 -3,1 -4,2 Francia -14 -14 Olanda Zona Euro Irlanda -16 Foto: AP/LaPresse Grecia Le difficoltà attuali del debito sovrano italiano dipendono dal fatto che negli ultimi nove anni ai fattori di fragilità endogeni della nostra finanza se ne è aggiunto uno esogeno: l’euro. All’inizio la moneta unica europea è stata un’ancora di salvezza per le disastrate finanze italiane, ma adesso è diventata la zavorra che ci sta trascinando a fondo. L’ha spiegato molto bene Allan Mattich del Wall Street Journal: «L’Italia è riuscita a finanziare il suo debito facilmente, anche se ha raggiunto dimensioni gigantesche, perché il suo ingresso nell’euro ha spinto verso il basso il costo del suo finanziamento. La bacchetta magica della moneta unica ha regalato al governo italiano condizioni eccezionalmente vantaggiose. Una ricerca di Merrill Lynch mostra che, calcolata anche l’inflazione, l’Italia ha pagato tassi di interesse inferiori a quelli della Germania fra il 1995 e il 2008. Ora però questo sta cambiando. Ora che lo spread dei titoli italiani è aumentato, non si restringerà di nuovo (siamo oltre i 300 punti di differen- za fra Bund tedeschi e Bot decennali italiani, ndr)». Il problema è che l’Italia non cresce più perché l’euro è una moneta sopravvalutata rispetto alla nostra realtà economico-finanziaria e quindi perdiamo quote di export: «L’Italia – scrive ancora Mattich – potrebbe vivere anche con spread crescenti se la sua economia crescesse. Ma questo non è successo e non è probabile che avvenga in futuro. Il suo Pil alla fine dello scorso anno era maggiore di appena 2,5 punti percentuali rispetto a quello del 2000. Per quanto riguarda il futuro, il Fondo monetario internazionale prevede che il Pil italiano continuerà a crescere a tassi che si aggirano fra l’1 e l’1,5 per cento tra oggi e il 2015. Questa crescita modesta è il risultato diretto dell’appartenenza dell’Italia all’area dell’eu- ro. L’economia italiana è circa un terzo meno competitiva di quella tedesca, e l’unico modo di riguadagnare competitività, non potendo il governo svalutare la moneta nazionale, sarebbe un aumento dell’inflazione in Germania superiore a quello dell’Italia. Ma stante la fobia della Bce e della Germania per l’inflazione, aspettiamoci quasi certamente una lunga e dolorosa fase di deflazione e austerità per l’Italia». Ricordiamoci della recente mazzata inferta da Trichet in aprile al debito italiano, col rialzo dei tassi di interesse dall’1 all’1,25 per cento. E che le politiche lacrime e sangue di Tremonti servono a poco: «Finché rimane nell’euro, l’unico modo in cui l’atrofizzata industria manifatturiera italiana può competere con la Germania è attraverso lo stesso doloroso sentiero di austerità e defla«Il tasso di cambio mantiene competitiva zione che stanno percorrenl’economia tedesca. Questo è per loro do Grecia, Irlanda, Portogalun forte incentivo a fare qualunque cosa lo e Spagna», spiega Matper mantenere intatta la moneta unica» tich. «Ma austerità signi| | 24 agosto 2011 | 17 interni siamo un vecchio continente dizionario della crisi/1 ecco Perché è partito l’allarme Btp-Bund e spread La differenza tra noi e i tedeschi I Btp (Buoni del tesoro poliennali) italiani e i Bund tedeschi sono i titoli di Stato pluriennali con le cui emissioni Italia e Germania si finanziano sui mercati tramite asta. Il loro rendimento è un termometro per valutare la salute di uno Stato. Poiché lo spread (cioè il differenziale) tra i Btp italiani a scadenza decennale e quelli tedeschi – considerati i più sicuri – è cresciuto esponenzialmente negli ultimi periodi (oltre i 300 punti), è partito l’allarme. Lo spread, che si misura in centesimi di punti percentuali, è un indice di quanto l’Italia deve pagare in più rispetto alla Germania alla scadenza dei suoi titoli. Maggiore è il suo valore, più i mercati reputano alto il rischio di insolvenza. Il paradosso è che la condizione economica italiana non è cambiata ultimamente; le sue virtù e i suoi vizi sono quelli di poco tempo fa. Cosa è cambiato allora? È cambiata la percezione che i mercati hanno della stabilità finanziaria del nostro paese. La crisi politica domestica e le incertezze dell’Europa sul salvataggio greco spingono i mercati a profetizzare un futuro nero per l’Italia. Il pericolo è che la profezie si autoavveri. cds (credit default swap) Scommessa sul fallimento Il Cds (credit dafault swap) è uno strumento finanziario che ha la stessa funzione di una polizza assicurativa. Chi compra un Cds si impegna a pagare al venditore un premio in cambio del rimborso soltanto in caso di default del valore dell’obbligazione oggetto dell’insolvenza (per quel che ci interessa, un titolo di Stato). I Cds, nati come derivati di copertura dal rischio, erano stati pensati come un’assicurazione in mano agli investitori contro il mancato pagamento di titoli di Stato a causa di un default. Col tempo, però, sono diventati uno strumento speculativo per chi vuole scommettere sul possibile fallimento di chi lo ha emesso. deficit/pil e debito pubblico Gli impegni entro il 2014 Il rapporto deficit/pil è dato dal rapporto tra il saldo tra le entrate e le uscite di uno Stato e il suo prodotto interno lordo (Pil). Impegni europei ci impongono di azzerare il rapporto deficit-pil nel 2014. I criteri fissati a Maastricht per essere ammessi nell’area euro prevedono un rapporto deficit/pil inferiore al 3 per cento e un debito pubblico inferiore al 60 per cento del pil. Se sul deficit l’Italia riesce a stare nei parametri imposti dall’Europa, un grave problema ce l’ha invece sul debito pubblico che è pari al 120,3 per cento del pil. 18 | 24 agosto 2011 | | fica anche minore crescita che, a fronte di crescenti interessi sul debito, può essere disastrosa per un paese che ha il terzo debito pubblico al mondo». Il cammino della Germania nell’euro è stato esattamente il contrario di quello dell’Italia: all’inizio il potere d’acquisto dei tedeschi è diminuito, ma poi la nuova moneta – ovviamente abbinata a fondamentali economici e finanziari di prim’ordine – ha reso possibile un’espansione dell’export tedesco senza precedenti. Ha commentato in proposito Paolo Savona, l’economista che oggi è presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi: «Il meccanismo alla base dell’euro non è equo, perché Berlino beneficia di un cambio sottovalutato come la Cina, che gli garantisce un surplus di bilancia commerciale pari, in valore assoluto, a quello di Pechino». E Sapelli sintetizza: «L’euro è stato un gigantesco take over del vecchio marco su tutti i paesi europei». I tedeschi, che oggi fanno tanto gli scandalizzati coi paesi mediterranei bisognosi di salvataggio finanziario, sono coloro che più hanno tratto vantaggio dall’introduzione dell’euro, che ha creato le difficoltà in cui i secondi si dibattono. Come spiega il bravissimo Mattich: «In pubblico i politici tedeschi protestano che non si lasceranno incastrare in salvataggi finanziari a spese del contribuente tedesco, ma ogni volta che si è presentato il pericolo di un default di un membro dell’eurozona e di una conseguente crisi sistemica, si sono sempre pie- «Verrà il giorno in cui i cittadini tedeschi si stuferanno di mantenere noi mediterranei. Ma l’Italia continueranno ad aiutarla come hanno fatto dopo il ’45, non permetteranno mai un default. Non a caso è stato messo un italiano a capo della Bce: Mario Draghi, ottimo tecnico, sarà il nostro ostaggio a Francoforte» gati. Questo si spiega col fatto che il tasso di cambio dell’euro mantiene l’economia della Germania altamente competitiva, e questo è un forte incentivo per i tedeschi a fare qualunque cosa si possa per mantenere intatta la moneta unica. Gli economisti stimano che se la Germania avesse una sua propria moneta, soffrirebbe gli stessi problemi che hanno ora gli svizzeri: tasso di cambio in rialzo, afflusso di capitali ma crollo delle esportazioni». Di fronte a questa situazione c’è chi, come Savona, ha auspicato l’uscita dell’Italia dall’euro e chi, come Sapelli, la evoca ma la ritiene inattuabile. Oggi, a norma di trattato, chi esce dall’euro esce anche automaticamente dall’Unione Europea, perde i fondi di coesione e tutto il resto. E inoltre l’Italia fuori dalla moneta comune dovrebbe comunque onorare i suoi 1.900 miliardi di debito pubblico in euro, che anche con- «Se la Germania avesse una sua propria moneta, soffrirebbe gli stessi problemi che hanno ora gli svizzeri: tasso di cambio in rialzo, afflusso di capitali ma crollo delle esportazioni» Foto: AP/LaPresse In alto a sinistra e poi in senso orario, scontri nelle piazze greche; la cancelliera tedesca Angela Merkel col presidente francese Nicolas Sarkozy; Jean-Claude Trichet, presidente Bce; Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia vertiti nella nuova lira resterebbero un peso ciclopico da sopportare. Ma quasi certamente non ci sarà bisogno di prendere una decisione tanto drastica per una semplice ragione: la mossa tocca per primi ai tedeschi, e noi ci posizioneremo sulla base di quello che faranno loro. E i tedeschi non hanno tante scelte. Premesso che possono lasciare andare in default un paese come la Grecia, ma non paesi come l’Italia e la Spagna, le loro vie d’uscita sono soltanto due: o accettano di accollarsi il debito dei paesi mediterranei, o escono loro dall’euro. Tertium non datur. I tedeschi sono vittime dei loro successi: Angela Merkel ha praticato quella che Martin Wolf sul Financial Times ha definito più volte la politica del «Beggar thy neighbour», “impoverisci il tuo vicino”, e adesso le tocca pagarne le conseguenze. Ha strappato quote di export all’Italia, ha reso più pesante il nostro debito pubblico attra- verso le decisioni della Bce, ci ha costretti a una virtuosa politica deflazionistica che di virtuoso non ha nulla perché ci impedisce di crescere, e adesso è costretta a correre in nostro soccorso se non vuole vedere crollare insieme a noi l’euro, che ha permesso alla Germania di prosperare. Ovviamente le proteste fra i tedeschi montano, anche perché la crescita della loro economia sta rallentando: quest’anno si attesterà sul 3,5 per cento, ma l’anno prossimo, secondo i consulenti finanziari di Capital Economics, non supererà l’1,5 per cento, a causa del contemporaneo rallentamento dei tre principali mercati delle esportazioni tedesche: quello statunitense, quello cinese e quello dell’area dell’euro (ma guarda un po’!). «Col rallentamento della crescita, i tedeschi saranno meno disposti a continuare ad elargire elemosine senza fine per mantenere a galla i paesi della periferia d’Europa», scrive Mat- dizionario della crisi/2 Cosa si è fatto per la grecia Efsf Il fondo di stabilità L’Efsf (European financial stability facility) è il fondo di stabilità, con base in Lussemburgo e guidato dal tedesco Klaus Regling, creato dai 16 Stati membri dell’Eurozona per aiutare i paesi in difficoltà. Emette obbligazioni e altri strumenti di debito per soccorrere un paese che non riesca a finanziarsi sui mercati. I bond emessi dall’Efsf hanno rating AAA. Prima dell’incontro dell’Eurogruppo a Bruxelles (21 luglio), l’Efsf poteva contare su una “cassa” di 440 miliardi di euro, ma la sua capacità d’azione effettiva non poteva superare i 255 miliardi (soglia di garanzia per mantere la tripla A). L’Efsf ha contribuito a fine 2010 con 17,7 miliardi (su un pacchetto complessivo di 85) ad aiutare l’Irlanda e, nel marzo scorso, con 26 miliardi (su 78 complessivi) a soccorrere il Portogallo. efsf-bond Altri 110 miliardi di euro La riunione di Bruxelles del 21 luglio ha ampliato i poteri dell’Efsf. Si è infatti stabilito che il fondo salva-stati Efsf allungherà i prestiti alla Grecia dagli attuali 7 anni e mezzo a una durata compresa tra i 15 e i 30 anni (con un tasso di interesse vantaggioso: solo 3,5 per cento). Grazie a questo fondo, la Grecia potrà beneficiare di 109 miliardi di euro di aiuti (erano già stati erogati 110 miliardi un anno fa). Chi mette questi soldi? Li mettono i paesi dell’Eurozona, in base a quote stabilite sui princìpi contabili dell’Eurostat. Per quel che riguarda l’Italia il contributo sarà di 13 miliardi. Molti analisti vedono nell’Efsf bond l’embrione dell’eurobond, da molti indicato come l’unico e vero rimedio alla crisi. Nel 2013 l’Efsf sarà sostituito dall’Esm (European stability mechanism) che avrà una capacità di intervento di 500 miliardi di euro. Il Sole 24 Ore ha fatto notare che a Bruxelles le risorse dell’Efsf «non sono state aumentate al punto da coprire la Spagna e l’Italia. C’è da sperare che non si tratti di una mossa che l’Europa sarà poi costretta a fare comunque». Bailout Il salvataggio “To bailout” significa dare in garanzia, ma, in termini più generali, ha il significato di “salvataggio”. È con quest’ultimo significato che è usato per indicare l’azione che i governi hanno messo in campo per salvare i paesi in difficoltà. Piigs I cinque “maiali” Pigs in inglese significa maiali. È l’acronimo usato per indicare i cinque paesi (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) ventre molle dell’Eurozona. | | 24 agosto 2011 | 19 interni siamo un vecchio continente tich. «Avendo trascorso due decenni a trasferire risorse dall’ovest ricco all’est povero dopo la riunificazione, è improbabile che gli elettori tedeschi vogliano trascorrere i prossimi due decenni a spendere a vantaggio di stranieri di paesi lontani. Specialmente se si sentono meno ricchi». Alla Germania non resta che l’opzione dell’uscita dall’euro. L’ha ben descritta sul Daily Telegraph Ambrose Evans-Pritchard, l’autore delle famose inchieste sulle disinvolte operazioni finanziarie di Romano Prodi alla fine degli anni Novanta: «La Germania e le economie satelliti di essa dovrebbero ritirarsi dall’unione monetaria, lasciando il blocco greco-latino nell’euro e nelle sue istituzioni. L’euro latino si svaluterebbe rapidamente nei confronti di yuan, yen, won, zloty, ecc. come pure rispetto al Nuovo Marco, e questo permetterebbe ai latini (e all’Irlanda) di riguadagnare capacità economica e di onorare i debiti nominati in euro. Una volta dissoltosi il polverone, risulterebbe chiaro che Italia, Spagna, Irlanda e forse Portogallo hanno recuperato abbastanza competitività per sperare di crescere in modo da sfuggire dalla trappola del debito. Il pericolo di default in successione scomparirebbe». Sarebbe un ottimo sviluppo per le prospettive dell’Italia, ma anche l’altra ipotesi, cioè che i tedeschi, sebbene a malincuore, accettino l’idea di accollarsi per i prossimi vent’anni le garanzie e parte del peso del nostro debito, non è affatto male. Ma l’Italia per conto suo cosa dovrebbe fare? Sapelli non ha dubbi. «Il debito italia- no è sostenibile, è tutta questione di abilità politica. Basta avere una politica diplomatica internazionale verso le grandi centrali dell’oligopolio finanziario mondiale, basta tenere i rapporti coi grandi fondi di investimento, avere un ministro delle finanze che non urli ma anche che non stia sempre muto. Ha ragione Francesco Forte: non si può, come ha fatto Tremonti, non fare l’asta dei Bot ad agosto senza spiegare veramente perché, cioè senza dare i numeri del fabbisogno italiano. I mercati non credono sulla parola, vogliono vedere. Se fai così, il debito diventa insostenibile. Ma più di tutto bisogna avere una politica estera. Per sostenere il debito italiano bisogna avere un’ottima politica estera». Rodolfo Casadei la ricetta di Bernardo bortolotti Serve una politica di “valorizzazioni” «Inutile ripetere il mantra della crescita, per uscire da questa situazione dobbiamo vendere i nostri asset, a cominciare da quelli controllati dagli enti locali» «Q uando si dice che non c’è più niente da vendere, si dice una cosa che non è vera. Ci sono aziende, statali o municipali, già quotate o non ancora quotate in Borsa; ci sono asset di diversa natura: patrimoni immobiliari, crediti, concessioni, frequenze radio, infrastrutture, beni demaniali. Il problema, dopo quello che è successo con i referendum sulla gestione dell’acqua, è che bisogna smettere di usare il vecchio nome, altrimenti la gente si fa un’idea sbagliata: non dobbiamo più chiamarle “privatizzazioni”, ma “valorizzazioni”». Bernardo Bortolotti è professore associato di economia all’Università di Torino, è stato per quattro anni direttore esecutivo della Fondazione Eni Enrico Mattei ed è, in proprio, il fondatore del centro studi Privatization Barometer: un entusiasta delle privatizzazioni, che adesso sente arrivare il suo momento di gloria. Perché «dobbiamo aggredire il debito se non vogliamo andare verso il default, e questa è l’unica misura che a breve possiamo mettere in campo. Possiamo ripetere il mantra della crescita finché vogliamo, ma nell’assetto attuale non c’è spazio per realizzarla». Mentre i benefici delle privatizzazioni (o valoriz- 20 | 24 agosto 2011 | | zazioni) sono certi: «In passato abbiamo realizzato 150 miliardi di euro di proventi con interventi dell’amministrazione centrale, una cifra pari al 10 per cento del Pil attuale. Cominciando dallo smembramento dell’Iri e finendo con la telefonia e l’elettricità. Gran parte di questi proventi grazie alla legge 474/94 sono finiti nel fondo ammortamento titoli di Stato, sono andati ad abbattere il debito. Abbiamo risparmiato 50-60 miliardi di interessi solo calcolando le operazioni degli anni Novanta e dell’inizio Duemila». Oggi come oggi però Bortolotti non pensa in prima battuta alle grandi aziende di Stato, ma, nonostante i referendum, alle utilities delle amministrazioni locali: «Pensiamo alla galassia del capitalismo municipale, le società controllate dagli Enti locali. Di dimensioni medio-grandi, cioè sopra i 250 dipendenti, ce ne sono un migliaio: rappresentano il 2 per cento del Pil in termini di valore aggiunto. Si tratta spesso di azien- Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. A destra, Telecom, privatizzata nel 1997 de dalle grandi potenzialità, che stando sul mercato realizzerebbero profitti maggiori, come hanno dimostrato quelle esperienze di prima privatizzazione che sono avvenute, nei trasporti, nella logistica, nella gestione dell’energia e della famosa acqua. Nessuno si lamenta di come funziona l’aeroporto napoletano di Capodichino, privatizzato. Utilities come A2A a Milano o Hera in Emilia-Romagna sono esempi di società pubbliche che si sono aperte al mercato con relativo successo, e che continuano a distribuire utili ai Comuni». Già, ma poi come si fa a spiegare ai Comuni che le entrate della privatizzazione delle loro società servono ad abbattere il debito nazionale? «Su questo sarei molto fermo, perché comunque il debito pubblico attuale è dovuto anche all’accumulazione di debito pubblico locale, e credo che il contribuente italiano ringrazierebbe se una quota molto significativa di questi proventi andasse all’ammortamento del debito pubblico». Poi c’è la pagina delle grandi aziende di Stato. E «Con le privatizzazioni potremmo arrivare qui la perplessità riguarda la in tempi relativamente rapidi – quattro o questione se sia possibile pricinque anni – sotto la soglia psicologica del vatizzarle senza compromet100 per cento di incidenza del debito sul Pil» tere interessi strategici nazio- dizionario della crisi/3 PArole per capire cosa accade default Fallimento e fallimento selettivo È la bancarotta, cioè la condizione in cui si trova uno Stato incapace di rimborsare i propri debiti. La Grecia si trova in “selective default”, cioè in fallimento parziale poiché non è in grado di rimborsare per intero il proprio debito. Le agenzie di rating non fanno differenza tra il default e il selective default. Agenzie di rating S&P, Fitch e Moody’s Società private – le più celebri nel mondo sono Standard&Poor’s, Fitch, e Moody’s – che valutano il rischio associato a un titolo e a chi lo emette. Si esprimono attraverso un rating (valutazione) che sintetizza la capacità di un ente (o uno Stato) di assolvere al suo impegno. Sono spesso criticate per aver emesso giudizi affrettati o errati. D’altronde, qualcuno che fissi un criterio di riferimento è necessario. swap Scambio di titoli con titoli Lo swap è la sostituzione, o lo scambio, di titoli finanziari (obbligazioni, titoli, derivati) con altri titoli. Alla Grecia è stato concesso di scambiare i suoi titoli di Stato in scadenza con altri titoli della durata più lunga o con rendimento minore. L’operazione ha però portato le agenzie di rating a dichiarare la Grecia in default selettivo. Foto: AP/LaPresse stress test Le prove cui non crede nessuno Sono le “prove” cui viene sottoposta una banca per testarne la solidità di bilancio. Il problema è che agli stress test non crede più nessuno, soprattutto gli operatori di mercato che sanno che i parametri fissati per “stressare” una banca sono ormai molto più blandi di quelli che sono imposti dalla crisi delle ultime settimane. Infatti gli ultimi stress test cui sono state sottoposte alcune banche europee hanno fatto emergere un paradosso: tra le prime in classifica ci sono istituti irlandesi che non scoppiano certo di salute. Anche gli istituti italiani hanno superato gli ultimi stress test, ma anche in questo caso, l’esito positivo non ha fermato il crollo dei loro titoli sui mercati. bene rifugio L’oro, ma anche i diamanti È un bene che ha un valore intrinseco in sé e che non lo perde per l’instabilità dei prezzi. In questa crisi, il bene rifugio è l’oro. Anche il prezzo dei diamanti è tornato ai livelli del 2008, come ha certificato di recente la società De Beers. nali. «Il perimetro strategico di un asset si definisce anzitutto in base alla disponibilità nell’immediato di altri fornitori che possano sostituire quell’azienda nella fornitura di un bene. Poi ci sono i problemi legati alla sicurezza, alle questioni geo-politiche, ecc. Bisogna fare come negli Usa, dove esiste il Cfius, Comitato sugli investimenti stranieri: aprono un dossier e valutano l’effettiva valenza strategica di un asset in termini di mancanza di sostituibilità o di sensibilità, quindi danno luce verde o meno». Una critica molto gettonata alle privatizzazioni italiane è che non sono state accompagnate da una vera liberalizzazione, perciò hanno determinato monopoli od oligopoli privati. «È un giudizio generale e netto, che non tiene conto di specificità settoriali. La privatizzazione associata ad altre misure di liberalizzazione nell’ambito della telefonia ha dato benefici o no? Con tutti i suoi problemi, ha dato benefici o no? E le banche? Meno di 20 anni fa il 60 per cento degli attivi bancari era all’interno della galassia Iri e dei suoi addentellati. La legge Amato-Carli, la legge sulle fondazioni bancarie non sono stati passi in avanti?». Secondo Bortolotti, con i titoli di Stato italiani sotto attacco e l’insofferenza nei confronti delle manovre finanziarie per i loro effetti regressivi e deflattivi «è possibile riaprire il dossier privatizzazioni e imboccare una traiettoria che potrebbe portarci in tempi relativamente rapidi – quattro o cinque anni – sotto la soglia psicologica del 100 per cento di incidenza del debito sul Pil. Significa farne tante e con determinazione». Resta l’ultima, sofisticata obiezione: il patrimonio dello Stato è parte della voce “attivi dello Stato” ed è a garanzia del suo debito; quando si vende qualcosa vengono meno degli asset per questa garanzia. «Considerazione giustissima. Ma da verificare nella realtà. Privatizzare significa confrontare i rendimenti di un asset sotto la proprietà pubblica e i rendimenti potenziali che avrebbe con partecipazione privata. Se i secondi superano i primi, si vende, e il patrimonio netto dello Stato aumenta. Certo, se io ho un enorme patrimonio statale che valorizzo alla grande, che mi consente di alzare un debito altrettanto grande a tassi di mercato, nel contesto di un’economia italiana che cresce a ritmi vertiginosi, non ho bisogno di privatizzare. Se ci sono tutte queste condizioni nell’Italia d’oggi, allora privatizzare non ha senso. Ma secondo voi ci sono?». [rc] | | 24 agosto 2011 | 21 DENTRO IL PALAZZO francesco cossiga e giuseppe d’avanzo In morte di un amico e di un “nemico” di Renato Farina Foto: AP/LaPresse I n agosto, con ’sto caldo, il Diavolo della Tasmania ha pensato di prendere un po’ di fresco là sotto, nella Geenna. Secondo Hans Urs von Balthasar l’inferno IL DIAVOLO esiste (giuro, ha ragione), ma forse è vuoto, perché non sappiamo i confini delDELLA TASMANIA la misericordia e nemmeno se nel supremo istante ci sia stato qualcuno che abbia ancora recalcitrato davanti alle braccia protese di Cristo. Mi auguro non ci sia stato nessuno. Ammetto di essere un diavolo anomalo. Portato a tifare per Gesù e il suo irresistibile fascino. Credo di essere piombato laggiù per aver sbagliato a schiacciare il pulsante dell’ascensore, ma ho fatto istanza di revisione. Intanto lavoro. Mi tornano in mente due “miei” morti. Ho citofonato giù, ma non ci sono. Uno è stato un grande mio amico. Anzi, io vorrei tanto essere stato ed essere un suo amico, si chiama Francesco Cossiga. L’altro è Giuseppe (Peppe) D’Avanzo. Come definire per me questo giornalista? Un nemico? Di certo lui ha scritto malissimo di me e di altre persone della cui bontà sono certo. Io l’ho ricambiato. Non So che “Peppe” aveva una passione mi fa paura la parola nemico. Qualcuno ha detto che può esserci, ci de- tremenda, e gli pulsava sangue ve essere amore tra di loro. e non inchiostro né fiele nelle vene. Cossiga… Come Tempi ha anticipato, ho scritto un libro con-e-senza di lui, si intitola Cossiga mi ha detto (Marsilio). Sull’Espresso è usci- Io penso ci spiegheremo, un giorno. ta un’intervista che non era una stroncatura del testo: uccideva me, mi In un posto spero molto bello sfregiava faccia e budella. Vi si diceva che avevo abusato di Cossiga. Ma c’è una frase tremenda e falsa da parte dell’intervistato: «(Cossiga) ha smesso di parlare alcuni mesi prima di decidere di smettere di vivere». Insomma: Cossiga avrebbe “deciso” la sua morte, una decisione per la non-esitenza. Io credo che i figli dovrebbero denunciare per diffamazione quel tale. Io credo, anzi so, che quell’uomo meraviglioso e ferito, chiuso nella sua solitudine, però aspettava solo la carezza del Nazareno. Me lo ha testimoniato Giovanna Beretta, di lui amica e medico pieno di sollecitudine, quando forzò il blocco e lo vide. Stava dentro una sofferenza paragonabile a quella di papa Wojtyla, senza l’unguento di nessun canto e di nessuna lacrima sotto le sue finestre al quartiere Prati o sotto il Gemelli. Cossiga aveva deciso di sparire, forse di espiare, non so. Non di negare l’alito di Dio. La professoressa Beretta bussa sul finire dello scorso luglio 2010. Cossiga le fa aprire la porta. Giovanna si siede sul ciglio del letto, gli parla accarezzandolo, gli vede la schiena piagata, lo invita a farsi ricoverare al Gemelli. Lui risponde: «Sì, portami!». Improvvisamente voleva vivere. Non è vero che aveva deciso di morire, e se sì è bastata la parola di un amico/ami- Giuseppe D’Avanzo, penna ca a riaccendere la luce. Altro che i cultori del suo sarcofago. Non c’è posto per lui di punta di Repubblica, morto improvvisamente se non dove ci sono Newman, Rosmini, Wojtyla e Giussani. D’Avanzo… Quando ho èsabato 30 luglio saputo della sua morte, improvvisa, a 57 anni, ho scritto a un comune amico, esprimendogli le banali parole ma così vere delle condoglianze. Mi pareva che fosse crollato a terra qualcosa di me. Ho guardato su Google il luogo, Calcara (Viterbo), il paesaggio intorno, la strada. E ho visto, proprio visto che se ne era andata una persona con cui in questo mondo sbilenco e non più cristiano era stato impossibile spiegarsi, anche dolersi, ma senza applicare il programma automatico di risposta alle rispettive obiezioni. Noi aspiriamo alla comunione, nulla ci è estraneo, e la sua morte è stata un po’ anche la mia morte. So che uno commenterà: esagerato. Intanto sottoterra c’è lui, e non te. Il fatto è che io so, lo so, che la morte non è l’ultima parola sulla vita, so anche che aveva una passione tremenda, e gli pulsava sangue e non inchiostro né fiele nelle vene. Io penso ci spiegheremo, un giorno. In un posto spero molto bello. | | 24 agosto 2011 | 23 ESTERI QUOTE ROSA A RISCHIO Contabilità di un massacro Chirurgia genito-urinaria. È questa la nuova arma del “gender-cidio” che sta decimando la popolazione femminile in India. Denunce e reticenze sull’atroce operazione che mutila le bambine per non farle mai diventare donne da Bangkok Stefano Vecchia U al panorama già drammatico della discriminazione sessuale in India. Un fenomeno che sta dividendo la politica, i mass media, la società civile e persino la Chiesa del grande paese asiatico. A rappresentare “l’ultima frontiera” della preferenza endemica degli indiani per i maschi è ora una modifica radicale dell’apparato genitale attraverso la chirurgia plastica. Pratiche che coinvolgono famiglie e minori provenienti da ogni parte del paese ma che, almeno per quan- 24 n altro particolare si aggiunge | 24 agosto 2011 | | to si è scoperto finora, hanno come teatro la grande città di Indore, capitale commerciale dello stato centrale dell’India di Madhya Pradesh. Qui, con la compiacenza di strutture ospedaliere e di specialisti senza scrupoli, i genitori avrebbero la possibilità di accedere a pratiche che ritengono meno traumatiche di un aborto o della soppressione della neonata per avere il tanto desiderato figlio maschio. Da un certo tempo si rincorrevano voci e rapporti su queste pratiche. Tanti elementi raccolti, sistematizzati e integrati da voci e interviste ospitate soprattutto in un’indagine pubblicata il 26 giugno (e finora non smentita) dal prestigioso quotidiano nazionale Hindustan Times. In concomitanza, altri media indiani, gruppi della società civile ed esponenti della cattolicità indiana mettevano in luce non solo il fenomeno, ma soprattutto esprimevano il loro sconcerto e la loro opposizione alla pratica, o meglio a questo abuso della genitoplastica, abitualmente utilizzata per correggere malformazioni dei genitali o in seguito a interventi chirurgici sovente associata a cure ormonali. Dopo l’emersione del fenomeno, la Commissione nazionale indiana per la protezione dei diritti dei minori (Ncpcr) ha Dinesh Laroia, specialista in pediatria e che sarebbero stati coinvolti nella pratica. consulente della Ncpcr. Le notizie di prati- In maggioranza hanno confessato di avere che chirurgiche mirate a modificare l’ap- praticato soltanto «interventi correttivi» su parenza sessuale delle femmine a Indo- bambine nate con anomalie ai genitali, ma re e altrove è scioccante: qual è la sua opi- gli attivisti per i diritti civili, in particolanione? «Il termine “chirurgia genito-urina- re per la difesa della donna, contrattaccano ria” o, come descritto dai media, “genito- sostenendo che le cartelle cliniche sono staplastica” è nella sua accezione più ampia te modificate in modo da non fare emergeuna forma di chirurgia plastica degli orga- re la reale portata degli interventi. ni riproduttivi. La Commissione nazionaCome ha dichiarato una coppia di genile per la protezione dei diritti dei bambi- tori di una bimba di due anni, il figlio nato ni, di cui faccio parte, ha delefemmina «quando sarà cresciugato un gruppo di esperti (due to potrà vivere una vita normamembri della commissione, un le, senza alcun ricordo dell’inchirurgo pediatrico, un genetervento». Un’illusione. SeconMILA tista e un avvocato specializzado il presidente dell’Accadeaborti quotidiani. to in questioni medico-legali) mia indiana dei pediatri, il dotNegli ultimi vent’anni di condurre una ricerca approtor Goswamy, questi interventi 10 milioni di bambine sono state eliminate fondita. La conclusione a cui è chirurgici possono nei miglioarrivata è che nei luoghi visitari dei casi lasciare in eredità ti non ci sono prove di pratiche chirurgi- all’adulto impotenza o infertilità. «La geniche mirate a modificare l’aspetto sessua- toplastica è possibile su una bambina o un le. Posso aggiungere che non è possibile, bambino normali, ma successivamente gli attraverso pratiche chirurgiche, modifica- organi tenderanno a non svilupparsi in re radicalmente l’apparato sessuale femmi- modo normale per la mancanza di ormonile in quello maschile». ni e questo avrà conseguenze gravi. Quelli di cui siamo ora a conoscenza – ha ammesLa tendenza negazionista so Goswamy nella testimonianza al quoUlteriori indagini diranno qual è la real- tidiano The Telegraph di Calcutta – sono tà nelle cliniche di Indore, ma il proble- casi sconvolgenti, che richiedono da parte ma è stato sollevato, nel contesto di una nostra indagini e interventi appropriati». legislazione “a maglie larghe”, soprattutto Responsabile di questa situazione non riguardo a tecniche non ancora riconosciu- è il caso, ma ragioni socio-culturali che te come rischio sociale. La conferma è venu- portano a scelte magari dolorose ma riteta proprio da uno dei chirurghi che a Indo- nute “inevitabili”. Uno studio del 2009 ha re praticano la genitoplastica nei casi speci- rilevato come siano 7 mila di media i feti ficamente ammessi dalla legge, il dottor Bri- abortiti ogni giorno nel paese asiatico, con jesh Lahoti: «In India non ci sono problemi una drammatica preponderanza di quelli per queste operazioni in quanto richiedo- femmina. Negli ultimi vent’anni, fino a 10 no solo il consenso dei genitori e una loro milioni di bambine non hanno mai visto dichiarazione», aveva dichiarato all’Hin- la luce o sono state eliminate subito dopo dustan Times, salvo fare marcia indietro la nascita. I dati del censimento 2010, che poche settimane dopo. Una tendenza nega- in questi mesi vengono elaborati e divulgazionista che parte ovviamente dai medici ti, mostrano ancora una volta un’India Foto: AP/LaPresse 7 ordinato al governo del Madhya Pradesh di investigare sulla possibilità che 300 bambine tra uno e cinque anni d’età siano state sottoposte alla chirurgia per modificarne il sesso, su richiesta dei genitori disposti a pagare fino all’equivalente di 3.200 dollari per ogni intervento. Del risultato dell’indagine, ancora provvisorio, Tempi ha chiesto al dottor | | 24 agosto 2011 | 25 ESTERI QUOTE ROSA A RISCHIO Il governo è determinato ad abolire le forme di selezione sessuale. Ma si scontra con le regole socio-religiose tradizionali Le contraddizioni socio-religiose Quanto è sincero ed efficace l’impegno delle autorità per garantire le famiglie e i diritti delle bambini di fronte alle diverse forme di sfruttamento e discriminazione? Il dottor Dinesh Laroia non ha dubbi: «Il governo indiano è determinato ad abolire ogni forma di selezione sessuale. La legge del 1972 sull’interruzione della gravidanza, quella del 1994 sulla determinazione del sesso del nascituro e altri provvedimenti legali sono da tempo attuati con il fine di fermare pratiche deleterie. Anche l’aborto selettivo è punito dalla legge. Un contributo importante lo danno le organizzate di 1.000 maschi nati a Delzioni e i gruppi che rendono hi, vi erano 886 femmine, oggi noti i problemi e si impegnascese a 866. In buona sostanDONNE no affinché vengano risolti a za, come sottolinea Ranjana ogni 1.000 uomini. vari livelli». Un impegno che si Kumari, responsabile del CenIl rapporto è inferiore scontra però con regole sociotro per le ricerche sociali, tra al dato ritenuto religiose tradizionali. Quanto le istituzioni più attente e attifisiologico (950) queste influenzano le tendenve riguardo alla discriminazioze discriminatorie a cui si assiste in India? ne femminile, gli indiani «più sono edu«La società indiana sta cambiando rapida- cati e ricchi e più scelgono di eliminare le mente, anche rispetto a questi problemi» loro figlie». In questo contesto, per gli attiricorda con l’ottimismo dell’ufficialità il visti la genitoplastica applicata alla seledottor Laroia. «Le barriere socio-religiose zione sessuale è una pratica «che si fa befsono gradualmente demolite da una gene- fe delle donne dell’India». Come sottolirazione emergente di giovani. Tuttavia nea ancora Ranjana Kumari, «un segno di l’India è un paese enorme, con differenti crescente follia sociale». tradizioni sociali e religiose, una grande varietà etnica, e occorrerà ancora qualche La condanna della Chiesa tempo affinché le nuove tendenze filtrino «Condanniamo con forza, come vescovi al livello più popolare». indiani, questa pratica orribile, frutto di Una discriminazione sanzionata dalla una mentalità che privilegia il maschio legge, dunque, ma che interessa in modo come fonte di profitto e come figlio di magsempre più evidente regioni geografiche gior valore, mortificando la dignità feme settori sociali prima immuni. Inclusa minile». Ha usato toni decisi padre Charl’area della capitale, quella dove è più svi- les Irudayam nel comunicare all’Agenluppata la coscienza sociale ma che con- zia Fides lo sconcerto della Chiesa indiafina con stati federali tra i più colpiti dal- na per la pratica aberrante della genitola selezione sessuale. Nel 2001, a fron- plastica nelle cliniche di Indore. «Cono- 914 26 | 24 agosto 2011 | | sciamo bene il fenomeno dell’aborto selettivo che, secondo alcuni studi, negli ultimi vent’anni ha riguardato oltre 5 milioni di bambine. Il governo ha tentato di arginarlo, e infatti si registra un decremento. Ora emerge l’operazione chirurgica. Credo che la responsabilità sia prima di tutto dei genitori, che la chiedono, poi dei medici che la compiono», ha detto ancora il segretario della commissione per la Giustizia, la pace e lo sviluppo della Conferenza episcopale indiana. Difficile credere che la posizione dei vescovi risenta solo dell’emotività seguita alla diffusione dell’indagine dell’Hindustan Times, ma che tuttavia ha visto nei giorni scorsi una reazione indignata dall’interno della chiesa del Madhya Pradesh, con alcuni sui esponenti che hanno parlato di “distorsione” dei fatti a uso mediatico. «I mass media non dovrebbero distorcere la verità, ma sostenerla», ha detto il vescovo di Indore, monsignore Chacko Thottumarickal, dopo la pubblicazione sul quotidiano The Hindu di un contro-rapporto mirato più a confutare le tesi del blasonato rivale che a chiarire le circostanze da cui è nata la questione. n Foto: AP/LaPresse contraddittoria, con ineguaglianze che il progresso sembra approfondire. Tra queste la discriminazione femminile. Oggi su 1,21 miliardi di abitanti, le donne sono “solo” 586 milioni e mezzo. Il censimento mostra come nella fascia d’età 0-6 anni, il rapporto tra i due sessi sia sceso a 914 femmine ogni 1.000 maschi, riducendosi ulteriormente rispetto al dato del 2001 che mostrava un rapporto 927-1.000, a fronte del dato ritenuto fisiologico di 950 femmine per 1.000 maschi. PLAUSI E BOTTE CONTESTATO Yossi Benayoun del chelsea Fischiare un giocatore perché israeliano fa male allo sport di Yasha Reibman Foto: AP/LaPresse C osa sarebbe l’estate senza sport? A luglio e ad SE TI agosto si aspettano treDIMENTICO GERUSALEMME pidanti le amichevoli per scoprire come le squadre siano cambiate con i nuovi acquisti e le cessioni. Non fanno invece molto notizia i fischi nei confronti di Yossi Benayoun, bravo giocatore del Chelsea, durante un’amichevole a Kuala Lumpur contro una rappresentativa nazionale della Malaysia. Il paese a maggioranza musulmana si trova nel sud est asiatico e, sebbene questo significhi decine di migliaia di chilometri di distanza, non ha rapporti diplomatici con Israele. I cittadini israeliani, a meno che non possiedano un altro Il pubblico passaporto, non possono nemmalese, paese a maggioranza meno entrare in Malaysia. musulmana, ha Così successe nel 2008, per fischiato Yossi un’altra amichevole del ChelBenayoun del Chelsea durante sea, al giocatore Tal Ben Haim un’amichevole e all’allora allenatore Avram Grant, entrambi israeliani, che non ottennero il visto. La colpa di Yossi Benayoun è ovviamente la stessa, il giocatore è israeliano. Il pubblico malese lo ha fischiato fino a quando non è stato sostituito nel primo tempo. Forse fa più notizia che questo episodio sia stato del tutto censurato dal sito ufficiale del Chelsea e che la società londinese abbia organizzato un’altra amichevole a Kuala Lumpur dopo l’espulsione dei suoi tesserati tre anni prima. Certo, forse non possiamo pretendere che Roman Abramovich, miliardario petroliere proprietario del Chelsea, uno dei club di calcio più ricchi al mondo, rinunci alla ghiotta occasione di una partita e di quanto questa possa portare in termini di incassi e soprattutto di contatti in un paese produttore di petrolio, business is business. Tuttavia il Chelsea avrebbe potuto trovare il modo di cogliere l’occasione di una seconda amichevole e della contestazione patita per aiutare gli spettatori malesi a comprendere cosa sia lo spirito sportivo. Non solo correre dietro al pallone con numeri di alta scuola, ma anche la capacità per novanta minuti di giocare insieme lasciando fuori dal campo e dallo stadio tutto il resto, le rivalità e gli odi che dividono le persone. GLI APPUNTAMENTI DEL PONTEFICE L’estate del Papa tra la Gmg e il nuovo libro di Angela Ambrogetti A gosto tempo di ferie. Ma non per noi vaticanisti. Il Papa è ancora a Castelgandolfo, ma riprende l’attività pubblica che a luglio era IL PORTONE sospesa. Ogni mercoledì in elicottero torna in VaDI BRONZO ticano per l’udienza generale, il 15 celebra la Messa nella parrocchia sulla piazza di Castelgandolfo, e il 18 parte per quattro faticosi, ma fruttuosi, giorni a Madrid dove l’aspetta un milione di giovani di tutto il mondo. Ferie finite per Benedetto XVI che poi l’11settembre sarà ad Ancona per il Congresso Eucaristico e il 22 tornerà nella sua Germania dove visiterà il Parlamento Federale nel Reichstag di Berlino, incontrerà la comunità ebraica, quella musulmana, celebrerà la Messa a Berlino e incontrerà evangelici ed ortodossi, e ovviamente i cattolici tra Berlino, Friburgo e Erfurt. E in settembre consegnerà anche il suo terzo e ultimo libro su Gesù, quello forse più intimo e personale dedicato ai Vangeli dell’infanzia. Vangeli canonici e Vangeli apocrifi che si mescolano e che hanno indotto il papa teologo a separare questa parte per dedicare attenzione anche alla tradizione popolare. Uno spazio speciale dovrebbe averla la nascita di Gesù. E poi i nonni, Gioacchino ed Anna, e le tante storie dei miracoli infantili, meno teologia, forse, ma tanta devozione. Il libro dovrebbe uscire il 16 aprile 2012 quando Benedetto compirà 85 anni. E per lui i vescovi tedeschi stanno preparando un regalo insolito: un giro in Vaticano nei luoghi che non conosce nemmeno il Papa. E quella sarà una piccola vacanza. | | 24 agosto 2011 | 29 cultura più persone meno stato La carità di un presunto xenofobo Si può invocare il pugno di ferro del governo sull’immigrazione e poi “adottare” un giovane nigeriano clandestino? Nicholas Farrell lo ha fatto. Non per incoerenza, né per pietismo. «Ma perché ho guardato Tony negli occhi» di Nicholas Farrell G uardando le immagini in televisione di quel branco di africani scappati dal centro di accoglienza a Bari comportandosi da teppisti sono sbottato: «Ora basta! Se ne vadano fuori dall’Italia subito!». Si autodefiniscono “profughi” provenienti dalla Libia e perciò titolari del diritto di asilo, ma sono senza documenti (e lo fanno apposta) perché la realtà è un’altra: sono clandestini. Ma in fondo profughi o clandestini non cambia nulla. In entrambi i casi, una volta qui in Italia, il governo è praticamente impotente: non può mandarli “a casa” per diversi motivi, uno di questi è che è praticamente impossibile risalire a dove sia davvero casa loro. E questo i falsi profughi lo sanno benissimo. Il governo italiano, grazie alla Marina e alla Guardia costiera, sa benissimo da dove sono partiti ma non può fare nulla. L’unica soluzione sarebbe rispedirli al mittente tutti, anche se provengono dalla Libia, preferibilmente prima che sbarchino in Italia. Con la forza “if necessary”. Da essere umano, però, ovvero da ateo devoto, mi sento costretto a confessare una cosa: io, personalmente, ho contribuito a salvare uno di loro. Ed è giusto così. 30 | 24 agosto 2011 | | Lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro non esiste) sono una cosa, l’individuo e la comunità un’altra. Prendiamo l’esempio dei soldi pubblici girati ai poveri. Se mi trovo per legge costretto a pagare per i poveri tramite le mie tasse mi arrabbio. Mi arrabbio perché così facendo lo Stato mi toglie il diritto alla libertà di scelta e anche perché so benissimo che quando c’è di mezzo lo Stato è molto difficile che i miei soldi arrivino veramente a chi ne ha bisogno. Se, d’altronde, la scelta di dare soldi ai poveri rimane di competenza non dello Stato e della società ma dell’individuo e della comunità (cosa che invece esiste eccome), il rapporto fra me e il povero è più diretto, più onesto e più trasparente. Seduto al tavolino del bar Piccolo esempio. Ogni giorno leggo i giornali al bar nel centro storico di Forlì dove abito. Dato che sono un fumatore mi siedo a un tavolo all’aperto. Ogni santo giorno passano clandestini e zingari che mi chiedono l’elemosina. Non la concedo a tutti. Dipende. Dipende da come mi sento quel giorno e dipende da che impressione mi fa la persona che me la chiede. Tony Okwuwe è nato in Nigeria, e oggi ha 26 anni. Nel 2006 è arrivato in Italia dalla Libia passando per Lampedusa e Trapani in una barca stracolma di clandestini. Poi, poco dopo, un giorno d’estate, all’ora di pranzo, ha incontrato me per puro caso in una piazza nel centro storico di Rimini. Stavo mangiando del pesce (triglie, canocchie, sogliole) all’aria aperta sotto un bel sole con dei colleghi e mi sentivo bene. Tony si avvicinò al nostro tavolo, aveva con sé i soliti fazzoletti e accendini da vendere: «Aiutatemi, vi prego». Era simpatico, aveva degli occhi dolci. L’ho fatto sedere alla nostra tavola. Gli abbiamo offerto da mangiare. Gli piaceva molto il pesce perché è cresciuto nella delta del fiume Niger. Non parlava l’italiano, solo l’inglese, anche se piuttosto male. Così iniziò a raccontare la sua storia. Per arrivare a Rimini aveva fatto un viaggio di 3.500 chilometri durato parecchi anni dalla Nigeria alla Libia e poi quella traversata in mare aperto per raggiungere l’Italia. Figlio unico, di famiglia cristiana, sua madre, Jenny, morì mentre partoriva. Nel 1997 se ne andò anche suo padre, Dixon, un elettrauto, ucciso in casa da una banda armata di un’altra tribù. Nella zona dove Tony viveva c’era – e c’è ancora – una guerra in atto fra due tribù. Le ultime parole «Lo Stato e la cosiddetta società (che tra l’altro non esiste) sono una cosa, l’individuo e la comunità un’altra. Ogni tanto io e Tony ci sentiamo. Ormai il suo italiano non è male» Tony Okwuwe, orfano nigeriano, è arrivato in Italia nel 2006 dopo un viaggio della speranza e oggi ha un regolare permesso di soggiorno del padre sono state: «Scappa!». E così ha fatto quel bambino che allora aveva solo 12 anni. Durante la fuga gli hanno sparato, colpendolo alla gamba sinistra. Rimasto orfano, dopo il ricovero in ospedale, ha vagabondato per la Nigeria per anni. Per qualche tempo è rimasto nel Nord del paese, dove c’è una forte concentrazione di musulmani e tanta violenza. Nel 2005, appena compiuti i 18 anni, decide di lasciare la Nigeria per andare nel vicino Niger dove rimane per sette mesi. Comincia il viaggio infernale Lì, nella città di Agadez, incontra un senegalese simpatico che abita in Libia. Il senegalese, cristiano ma travestito da musulmano, si offre di portarlo con sé. Dalla Libia, gli prometteva, sarebbe potuto andare in Italia. Il viaggio attraverso il Sahara in una Landcruiser scoperchiata con a bordo trentasei persone dura otto giorni per la modica cifra di 50 euro (nel caso di Tony, pagati dal senegalese). Come è stato quel viaggio? «Nessuno è morto nel deserto ma spesso succede. Sabbia, sabbia, non vedi mai un albero». E poi, la Libia. «Ci hanno lasciati in un campo di mais, poi siamo arrivati al mare vicino a Tripoli. A quel punto era- vamo in 18 persone sul camioncino. Per evitare la polizia l’autista guidava spesso fuori strada. Abbiamo avuto un incidente. Il camioncino si è ribaltato. Uno di noi è rimasto intrappolato sotto. Una volta a Tripoli ho detto al ragazzo senegalese di mandarmi in un paese cristiano dove non ci fossero musulmani. I musulmani sono così violenti! Allora lui mi ha proposto l’Italia. Ha prenotato un viaggio in barca e ha pagato lui. Non so che cifra: una volta a bordo, alcuni dicevano di aver pagato 500 dollari, altri 400». Al giorno d’oggi i prezzi sono molto più alti, intorno ai 1.500 dollari. «La barca – prosegue Tony – partiva di notte da una spiaggia fuori di Tripoli». Per descrivere com’era la barca Tony si alza, fa circa venti passi, cioè circa sei metri. Tanto è grande la barca con cui pensa di arrivare in Italia. A bordo ci sono 27 persone. E nessun pilota. «L’arabo ci spingeva via dalla spiaggia gridando di andarcene in fretta. Ci avevano dato solo una bussola puntata verso l’Italia. A turno ognuno di noi pilotava la barca. A bordo c’erano pane, tonno e dell’acqua. Con noi c’era una donna, incinta, che arrivava dall’Etiopia con il marito». Partono da Tripoli il 15 luglio 2006. Per i primi giorni di navigazione il mare è calmo, ma dopo poco si fa mosso, molto mosso. Come se non bastasse la bussola si rompe. «Non sapevamo più dove stavamo andando. Persi nel mare cantavamo tutti insieme inni al Signore, perché mandasse giù degli angeli a salvarci». Intanto il mare resta agitato, la barca soffre. «I musulmani non cantavano ma noi cristiani sì, cercavamo di farci forza. I cristiani, oltre a me, erano nove nigeriani, tre ghanesi e poi alcuni dall’Etiopia. Poi la donna ha cominciato a piangere». La situazione è ormai disperata quando una nave della Guardia costiera italiana intercetta la barca e porta i clandestini fino a Trapani. «Lì ci hanno portato alla stazione. Abbiamo chiesto dei soldi ma non ce li hanno dati. Un nigeriano che era sulla barca con me aveva in tasca 100 euro. Mi ha pagato il biglietto per Ravenna». Perché proprio Ravenna? «Perché i soldi bastavano per arrivare fin lì». La svolta Una volta in Romagna Tony incontra un nigeriano che gli offre un letto e un posto per dormire. «Il giorno che ci siamo incontrati – ricorda oggi – ero a Rimini perché il ragazzo presso cui dormivo mi aveva dato della roba da vendere in giro. Fazzoletti, calzini. A volte andavamo anche a Pesaro, altre volte a Riccione». L’unico lavoro che Tony ha fatto in Nigeria è il benzinaio. Non parla italiano ed è analfabeta. Racconta che ogni giorno era bello quando suo padre era vivo. «L’ho amato, l’ho amato così tanto. Mi voleva insegnare a leggere e scrivere perché voleva che andassi all’università. Da quando è morto non c’è più nessun giorno bello». Finito il suo racconto Tony si mette a piangere. Prende le mie mani tra le sue e allora anche io comincio a piangere. Con alcuni colleghi decidiamo di trovare un avvocato che possa dargli una mano a sistemarsi in Italia e a regolarizzare la sua posizione. Cinque anni dopo, grazie a noi e, nel bene o nel male, grazie alla legge italiana, Tony Okwuwe, orfano nigeriano solo al mondo, è ancora in Italia e ha un regolare permesso di soggiorno. Non mi sento in colpa per quello che ho fatto né mi sento incoerente. Anzi. Per giustificare le loro stragi i padrini mafiosi dicevano: “It’s not personal, it’s business”. Io, invece, dico: non è business, è personale. Ho fatto quello che ho fatto perché ho guardato Tony negli occhi. Ogni tanto ci sentiamo. Ormai il suo italiano non è affatto male. | | 24 agosto 2011 | 31 CULTURA RIPESCAGGI Ma chi ce li ha fatti perdere? Da The Way Back a Il maledetto United. Ecco tutte le pellicole imperdibili su cui i distributori italiani non hanno scommesso. Film con trame avvincenti, attori e registi di livello, parcheggiati in qualche magazzino. Per lasciare spazio alla noia U na ragazza coronata di spine cammina nel deserto. Cammina con le piaghe ai piedi che non le danno tregua. I compagni che la prendono sulle spalle e lei che con un filo di voce prova a scandire «Irena Zielinska», il suo vero nome, quello che i comunisti non le hanno potuto far dimenticare, il nome di una donna libera. È questa la scena, anche metaforicamente, più forte dell’ultimo grande film di Peter Weir, The Way Back, la storia vera e incredibile di un gruppo di evasi da un gulag siberiano che, dopo un viaggio durato anni, riesce a rifugiarsi in India poco prima della fine della Seconda guerra mondiale. Weir, che ha sempre amato raccontare la libertà nei suoi film, da L’attimo fuggente a The Truman Show fino a Master & Commander, realizza un nuovo grande film su quello che i suoi personaggi definiscono il bene 32 | 24 agosto 2011 | | più prezioso dell’uomo e contro ogni forma di totalitarismo. Lo dirige con un occhio allo spettacolo: un grande cast tra cui spiccano Ed Harris e Colin Farrell, una cura formale ineccepibile, fatta di grandi scenari e di suspense vera. In quanti degli evasi riusciranno ad arrivare al confine? E soprattutto, quale confine? L’incipit è da pelle d’oca e richiama un altro grande capolavoro della libertà, Katyn: uno stanzino spoglio, un sovietico che interroga un povero cristo. Viene fatta entrare la moglie, costretta con la forza a testimoniare contro il marito. È la storia di Janusz (Jim Sturgess), un giova- ne polacco ritenuto spia e spedito in Siberia. Accanto a lui nel gulag, dove a mietere vittime ogni giorno più che le pallottole dei sovietici sono i 40 gradi sotto zero, un’umanità varia e sofferente. C’è un attore internato per aver interpretato il ruolo di un aristocratico, c’è un egittologo di fama dell’università di Leningrado, accusato di spionaggio; ci sono artisti, comici, preti. E anche delinquenti che, come nel caso del personaggio interpretato da Farrell, hanno tatuati sul corpo le immagini di Lenin e Stalin «perché erano dei duri, toglievano ai ricchi per dare ai poveri», salvo poi dover amaramente ricredersi. Ci sono rusLa pellicola di Weir è diretta con un occhio allo si, polacchi, ebrei, lettoni e lituani. C’è anche un amerispettacolo: un grande cast tra cui Ed Harris cano, mister Smith (Ed Hare Colin Farrell e una cura formale ineccepibile, ris), la faccia di pietra, segnafatta di grandi scenari e di vera suspense ta da tanti rimorsi e da un THE WAY BACK Storia vera di un gruppo di evasi da un gulag siberiano. Di Peter Weir 1940, un gruppo di prigionieri evade da un gulag della Siberia. Un cammino lungo 6.500 km in un paesaggio tanto bello quanto ostile, per raggiungere la libertà in India, all’epoca colonia inglese. potere che gli ha tolto tutto. Questo nella prima mezz’ora del film, perché nelle restanti due ore, Weir racconta l’odissea di un pugno di uomini a cui poi si aggiungerà una ragazza (Saoirse Ronan), che prendono e scappano. Meglio morire da uomini liberi che vivere da schiavi. Attraversano la steppa che mieterà vittime, giungeranno quasi a mangiarsi tra di loro, conservando nei momenti peggiori – per miracolo, ma anche per le preghiere del prete che li accompagna – quel briciolo di umanità che il comunismo ha cercato di togliere loro. Arrivano, stremati, a un confine. Il primo di tanti, perché il comunismo pare esteso fino ai confini del mondo. Eppure non demordono, un occhio al compagno sofferente che perde terreno, il cuore a casa propria e alla moglie che aspetta. Un capolavoro che in tanti punti assomiglia al film di Wajda, ma più impegnato a raccontare il bene che si percepisce tra questo gruppo di uomini in marcia in un Calvario collettivo, che non a denunciare tutto il male che il comunismo ha fatto. Basta solo un’immagine per questo: quella di un monastero mongolo totalmente distrutto o i racconti dolorosi del sacerdote. Un road movie commovente che in Italia non si vedrà: ad oggi il film non è stato acquistato da nessun distributore. Eppure il film è circolato in tanti festival ed è uscito in tanti paesi: Stati Uniti, Germania, Australia, Francia, Russia, Spagna, Olanda, Polonia, Belgio, Turchia, Malaysia e Kuwait. Praticamente dappertutto. Solo da noi non riscuote attenzione. E non è il primo grande o buon film che in Italia non arriva o, se viene distribuito, esce in pochissime copie o solo per il mercato Home Video. I ritardi distributivi di Katyn e The Road la dicono lunga, ma ci sono altri film che, snobbati dalle grandi major, andrebbero riconsiderati. C’è la storia del monaco russo – una storia alla Tarkovskij – visivamente straordinaria e profonda da un punto di vista umano: la storia de L’isola di Pavel Lungin, film di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia 2006 e poi uscito solo in dvd. O il biopic avvincenUn road movie commovente che al momento te e politicamente scorretto nel nostro paese non si vedrà. Eppure è uscito su Brian Clough, leggendaovunque: Usa, Germania, Australia, Francia, rio allenatore inglese. Una Russia, Spagna, Olanda, Polonia, Belgio e altri grande storia di calcio e di | | 24 agosto 2011 | 33 CULTURA RIPESCAGGI 1 2 1 - SCOTT PILGRIM VS THE WORLD Scott deve combattere contro sette rivali in amore. Di Edgar Wright Basato sul fumetto omonimo, è la storia un po’ folle di un ragazzo che combatte per la sua fidanzata. La novità sta nello stile visivo. Pieno di trovate cinematografiche, ha un bel cast e una buona dose di ironia. 3 4 5 2 - BROOKLYN’S FINEST Un poliziesco duro, cupo e tragico. Di Antoine Fuqua Ritratto di tre uomini alle prese con l’enigma della vita: se stessi. Uno deve fare i conti col passato; l’altro è alle prese con un boss, suo amico; l’ultimo, cattolico, deve combattere la tentazione di fare soldi facili. 3 - IL MALEDETTO UNITED Storia del tecnico del Derby County Brian Clough. Di Tom Hooper Clough è rissoso, scostante, ma con un rapporto autentico coi propri giocatori e il proprio mestiere. È un film sul dramma umano di fronte al lavoro e ai risultati che non sempre vanno per il verso giusta. Merita. 4 - SENNA Vita e opere del pluricampione di Formula Uno. Di Asif Kapadia Commovente e bellissimo documentario. È la storia di Senna, della sua lotta contro il potere di Balestre, il boss della F1, della rivalità acerrima con Prost e del suo rapporto con Dio, culminato nella frase di san Paolo sulla sua tomba: «Niente mi potrà separare dall’amore di Dio». 6 5 - DEPARTURES Giovane trova lavoro in un’agenzia di pompe funebri. Di Yojiro Takita Un ragazzo in cerca di lavoro imparerà a scoprire uno dei mestieri più nobili, il tanatoesteta, colui che veste i morti per prepararli all’ultimo viaggio. È un film controcorrente. Perché guarda in faccia alla morte e perché racconta l’ultimo viaggio attraverso le cure amorevoli di un Caronte buono che, con devozione amorevole, si prende cura del corpo del defunto rendendolo bello e luminoso, per l’incontro definitivo. 6 - THE BLIND SIDE Da ragazzo perduto a stella del football. Di John Lee Hancock Storia classica ma di sicuro effetto per tutta la famiglia, con bravi attori e caratteristi capaci. Non manca l’ironia e le lacrime scorrono abbondantemente. È una bella storia positiva sul diventare grandi, con la metafora del football come gioco di squadra a sottolineare tutto. Simile per certi versi a film come Scoprendo Forrester e Cielo d’ottobre. uomini, uno dei pochi film davvero riusciti sul mondo del pallone: Il maledetto United, scritto dal premio Oscar Peter Morgan e diretto da un altro premio Oscar, Tom Hooper (Il discorso del re), pure lui ha dovuto accontentarsi solo di un’uscita in videoteca. Considerazioni sbagliate E a proposito di premi Oscar, il vincitore dell’Oscar 2009 come miglior film straniero, il giapponese Departures, è uscito da noi più di un anno dopo e pure in poche sale. Eppure racconta, con sensibilità e discrezione, una vicenda toccante. La storia di un giovane che va a bottega da un tanatoesteta e impara, dopo le prime ovvie perplessità, che l’amore tocca, concretamente, anche i defunti. O il caso di The Blind Side, che l’anno scorso ha fatto vincere a Sandra Bullock l’Oscar come miglior interprete femminile. Una vicenda classica di accoglienza dell’altro (lei è bianca e ricca e decide di adottare un ragazzo nero che poi diventerà una stel34 | 24 agosto 2011 | | remake russo de La parola ai giurati; Bella, il piccolo film sulla vicenda di una ragazza che decide di non abortire; il vincitore del Sundance, Frozen River; i duri Il profeta (gran successo in Francia) e Animal Kingdom; la divertente commedia adolescenziale Scott Pilgrim vs The World; uno dei documentari più riusciti di sempre, Senna, sul campione di Formula 1. Poca pubblicità, spesso neanche lo straccio di un trailer. In cambio di che? In cambio di una roba come Dreamland – La terra dei sogni, film di Sebastiano Sandro Ravagnani con Franco Columbu e Ivano De Cristofaro i cui poster giganteschi occupavano fino a poche settimane fa una città come Milano e che a metà luglio ha avuto il suo battesimo in sala. Tanto rumore per nulla: nel primo weekDreamland – La terra dei sogni, ultimo lavoro end il film ha guadagnato di Ravagnani, a metà luglio ha avuto il suo 1.793 euro. Forse valeva la battesimo in sala. Tanto rumore per nulla. pena scommettere su altri. Forse valeva la pena scommettere su altri Simone Fortunato la del football). Un’altra storia vera e avvincente che il pubblico italiano dovrà andare a cercare sugli scaffali del Blockbuster di turno. Altri Oscar mai arrivati nelle nostre sale: l’ultimo film che Antoine Fuqua, il regista che fece vincere un Oscar a Denzel Washington con Training Day, ha diretto nel 2009, un notevole, durissimo poliziesco, Brooklyn’s Finest. Un gran cast (Ethan Hawke, Richard Gere, in uno dei suoi ruoli migliori) e una storia classica di delitto e castigo. Mai uscito al cinema. È il destino di tanti film parcheggiati in qualche magazzino o considerati di scarso impatto per il pubblico italiano o semplicemente non considerati per pigrizia. Solo negli ultimi anni sono usciti male film pregevoli come 12, il arte ritrovata cultura Quel Leonardo che finì in cantina Dimenticato per decenni, scambiato per una copia fu addirittura svenduto per 45 sterline. L’epopea di uno dei rari oli su tela del maestro A lcune ritornano alla luce, dissepolte da qualche cantina dove hanno preso la polvere per anni, altre rimangono nell’oblio, acquisendo – se ricercate – un’aura quasi mitica che le trasforma in opere d’arte chimera. Chissà quale sarà il caso dell’appena riaffiorato Salvator Mundi di fresca attribuzione a Leonardo. Quel che è certo finora è che un gruppo di esperti leonardeschi ha quasi gridato al miracolo per la riscoperta di uno dei pochissimi oli su tela del grande maestro. L’opera, che rappresenta Cristo benedicente che regge sulla mano sinistra una sfera di cristallo simbolo del globo, è stata probabilmente commissionata da un francese o dal luogotenente Gian Giacomo Trivulzio, ma non vi sono documenti ufficiali a riguardo. Gli unici elementi che certificano la sua esecuzione sono due disegni autografi conservati alla Royal Library di Windsor in cui alcuni particolari vengono resi esattamente come nella tela. Presente nel 1649 nella collezione di Carlo I d’Inghilterra, venduta dopo la sua morte e ritornata alla Corona con Carlo II, l’opera ha fatto parte della collezione del Duca di Buckingham il cui figlio l’ha messa all’asta nel 1763 dopo la vendita di Buckingham House al re. Ogni traccia fu perduta fino al 1900 quando fu acquistata da Sir Frederick Cook i cui discendenti «La veste di Cristo in blu è dipinta con una la rivendettero a Sotheby’s delicatezza “miracolosa”. La condizione non nel 1958 come una copia del Boltraffio per l’incre- è certo immacolata, ma quel che si vede basta dibile cifra di 45 sterline. per comunicare una eccellente impressione» Acquistata nel 2005 dalla R.W. Chandler, un consorzio privato ame- to che valesse la pena acquistarlo. Essenricano rappresentato da Robert Simon, do stato ridipinto più volte, somigliastorico dell’arte e gallerista, la tela è sta- va a qualunque altra copia. Era rovinata subito portata al Metropolitan Museum to, scuro e cupo. (...) Una volta tolta tutof Art per essere esaminata da curatori e ta la pittura aggiunta, ciò che si è rivelaconservatori. to era proprio il dipinto originale. Tutti «Il quadro è stato dimenticato per concordano che è stato eseguito da Leoanni» riporta su ARTnews il giornalista nardo». L’opera è stata portata poi alla Milton Esterow sulla base di una fonte National Gallery di Londra dove Nichoanonima vicina al Metropolitan. «Quan- las Penny, direttore, e Luke Syson, curado è tornato all’asta, Simon ha pensa- tore della mostra “Leonardo da Vinci: pit- Il salvatOr mundi Visibile nell’imminente mostra londinese L’opera sarà visibile durante la mostra “Leonardo da Vinci: pittore alla Corte di Milano” presso la National Gallery di Londra dal 9 novembre 2011 al 5 febbraio 2012. A lato: Leonardo da Vinci, Salvator Mundi (1500, circa), copyright: 2011 Salvator Mundi LLC tore alla Corte di Milano”, hanno invitato un gruppo di studiosi per vederla. «Alcuni dei presenti erano all’inizio reticenti, ma poi si è creato un clima di accettazione generale» racconta uno dei partecipanti. «La veste di Cristo in blu è dipinta con una delicatezza “miracolosa”. (...) La condizione non è certo immacolata, ma quel che si vede basta per comunicare una eccellente impressione». Ma come mai un’opera così importante salta fuori soltanto adesso? Le brutali pennellate sovrapposte e il fatto che il pannello in legno sia stato strappato e incurvato sono gli elementi che hanno impedito di cogliere le evidenti aderenze stilistiche ai dipinti conosciuti di Leonardo, la straordinaria qualità dell’esecuzione, la relazione con i disegni di Windsor e tutti gli elementi che giustificano l’attuale attribuzione. Per quanto riguarda la datazione, alcuni fanno risalire l’opera agli ultimi anni di attività del maestro, altri l’ascrivono al periodo milanese (tardo 1490). La tela sarebbe quindi perfettamente in linea con le altre opere dell’imminente mostra londinese, dove occuperà infatti un posto d’onore. Mariapia Bruno | | 24 agosto 2011 | 37 PANE AL PANE le contraddizioni dell’anvur Per valutare i professori i numeri non bastano. Parola di matematico di Giorgio Israel L a nuova riforma universitaria apre il capitolo delle idoneità nazionali per diventare professore universitario. Allo scopo vanno stabiliti i criteri di INTELLETTUALE CURA valutazione e la soglia sotto la quale non si dovrebbe poter accedere alTESTESSO la prova di idoneità. Il nuovo ente Anvur (Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca) ha proposto dei criteri di valutazione che dividono in due i settori disciplinari: da un lato, quelli umanistici, cui si riservano dei parametri che hanno suscitato vivaci critiche, soprattutto per la distinzione tra editori internazionali e nazionali (cioè esteri e italiani) con l’attribuzione di un punteggio triplo alle pubblicazioni fatte con i primi; dall’altro lato, i settori scientifici, cui si riserva la tecnica di valutazione bibliometrica e, in particolare, il noto h-index, che è il più grande numero n per cui lo studioso ha pubblicato n articoli ognuno dei quali è stato citato n volte. L’h-index è stato molto criticato. Per esempio, attribuisce lo stesso punteggio a chi ha 10 pubblicazioni citate 10 volte e a chi, oltre a queste, ne ha altre 90 citate 9 volte… C’è chi ha propoIl cosiddetto h-index è discutibile. Basti dire sto altri parametri, come g-index, m-index e altri ancora, ma tutti hanno controindicazioni. Tuttavia i maniaci che quello del matematico Andrew Wiles, della numerologia non si scoraggiano e procedono a teche ha risolto uno dei problemi matematici sta bassa. Per loro i numeri sono comunque meglio dei più difficili di tutti i tempi, è 32 e quello giudizi delle persone e della valutazione di contenuto delle pubblicazioni. dell’economista Francesco Giavazzi è 43 Nel frattempo, la stampa ha messo il naso sugli h-index dei commissari Anvur che credono tanto a questi sistemi, con riferimento a una graduatoria sui “top italian scientists” stilata da Via-Academy. Ne è venuto fuori che alcuni dei commissari hanno un h-index assai basso, il che è imbarazzante per chi è preposto al giudizio di merito di tutta la ricerca italiana e vuole farlo con questo metodo… Emerge il solito paradosso che un fisico di fama ha sempre un h-index più basso di un qualsiasi economista, medico, ingegnere o manager, perché costoro ottengono citazioni a man bassa. Giocando con uno dei programmi che calcolano l’h-index si può trascorrere una serata di barzellette. Per esempio, l’h-index del matematico Andrew Wiles, che ha risolto uno dei problemi matematici più difficili di tutti i tempi, è 32, mentre l’economista Francesco Giavazzi ha 43, per non dire del suo collega Alberto Alesina che svetta a 95… mentre il povero Einstein non va oltre 78… Enrico Bombieri, uno dei massimi matematici viventi si ferma a 32, mentre John Nash si spinge a 59 e il celebre fisico Stephen Hawking arriva a fatica a 69. Si dirà che sono buone prestazioni. Mica tanto, se si va a confrontarle con quelle dei medici, i quali con l’h-index vanno a nozze. Il farmacologo Silvio Garattini umilia Bombieri con un 35 e sia Nash che Hawking sono schiacciati rispettivamente da Umberto Veronesi (60) e Giuseppe Remuzzi (92). Di fronte a un così patente sfregio all’evidenza occorrerebbe chiudere il dossier dell’hindex. Ma gli adepti della bibliometria chiedono: cosa si propone in cambio? Una buona risposta si trova nel documento del Cun (Consiglio universitario nazionale), in particolare nel settore matematico: stabilire il requisito di un numero minimo di lavori in tot anni, pubblicati su riviste con referee o come monografie e poi si va al giudizio di merito. Anche nel settore fisico, che concede di più alla bibliometria, si afferma: «In ogni caso nessun parametro quantitativo può impedire un positivo giudizio di merito a fronte di risultati di assoluto valore la cui peculiarità può essere positivamente attestata». L’Anvur ha mostrato meno buon senso della comunità universitaria italiana, il che è assai preoccupante. | | 24 agosto 2011 | 39 l’intervista la vita non è un romanzo Walter Siti A colloquio con lo scrittore che ha vissuto (e narrato) il passaggio dall’omosessualità come condizione conflittuale alla sbornia della “gayzzazione dell’Occidente”. «Questa “normalità” non mi appartiene né mi interessa» 40 | 24 agosto 2011 | | era all’inizio del famoso Sodoma e Gomorra di Proust nel IV volume della Recherche dove lui parla degli omosessuali come di una razza simile agli ebrei. Un ragazzo si sentiva un reietto per il fatto stesso di appartenere a questa razza. È emblematico il caso di uno strano romanzo di culto di Carlo Coccioli, Fabrizio Lupo, edito in francese nel 1952 perché in Italia era considera«Ricordo a vent’anni di avere ricevuto to impubblicabile. Una sorta di libro maledegli sputi in faccia da persone che si sen- detto: dopo l’uscita in Francia diversi ragaztivano guardate con desiderio. E gli sputi zi si suicidarono e l’autore riparò in Mesnon erano il peggio che poteva capitarti. sico. Lì tradusse la sua opera in spagnolo Poi c’era un’assoluta mancanza di contesto nel 1953, anche questa edizione accompache ti permettesse di vivere i tuoi rappor- gnata da una catena di suicidi. Coccioli usa ti all’interno di una rete di amicizie, per una bella definizione: «Ogni omosessuale è non parlare del rapporto con la famiglia. come un anarchico uscito da un diluvio». Intorno non c’era niente, soltanto quella Forse per questa impossibilità di vivere una così lì, la tua omosessualità, da vivere in vita normale, noi privilegiavamo gli aspetsolitudine». ti simbolici della nostra condizione: l’uomo desiderato diventava un angelo, come i Una sorta di condanna… C’era proprio l’idea che l’omosessuale ragazzi di Sandro Penna o quelli di De Pisis. fosse una razza condannata: il riferimento Oppure il simbolo di un dio pagano, Ercole o Apollo. Qualcosa di più «Il modo di vivere il desiderio dei gay si sposa e qualcosa di meno di un Il che letterariamente con il nostro modo di vivere il rapporto con le uomo. produceva registri fecondi, merci. Come se il desiderio gay fosse divenuto dalle poesie di Kavafis al peril modello di un certo desiderio di merci» sonaggio di Vautrin delle Si potrebbe sostenere che la mia serenità non è altro che questo: essermi rifiutato, per eccesso di sofferenza, alla visione diretta della verità. Ho chiuso gli occhi di fronte all’enorme, spaventosa sconfitta, al taglio gigantesco come un canyon davanti al quale avrei dovuto, per dignità, uccidere o morire. (Troppi paradisi) Foto: AP/LaPresse «I arnese. Quelli della mia generazione hanno vissuto un’omosessualità tragica e conflittuale, con una forte connotazione mistica o simbolica: cercavamo un rapporto con l’assoluto. L’omosessualità dei ragazzi di oggi ha a che fare semplicemente con il rapporto tra due persone, un fatto pratico, concreto». Parla con una mitezza dalla quale traspare una lunga consuetudine col disincanto e la disperazione Walter Siti, 65 anni, accademico, critico letterario, curatore delle opere di Pasolini, autore televisivo e soprattutto scrittore che per trent’anni – proprio mentre si affermava quel processo che lui stesso ha definito di «gayzzazione dell’Occidente» – ha scandagliato il suo cuore e le sue ossessioni attraverso la parola (creandosi un alter ego lungo quattro romanzi: Un dolore normale, Scuola di nudo, Troppi paradisi e Il contagio). Oggi Siti ha una piega più amara sulle labbra: è appena tornato da Modena, la sua città natale, dove ha accompagnato in ospizio l’anziana madre malata di Alzheimer, alla quale non ha mai confidato la propria omosessualità, anche se lei sapeva, in silenzio. o sono ormai un vecchio Foto: AP/LaPresse | | 24 agosto 2011 | 41 la vita non è un romanzo l’intervista Illusions perdues di Balzac e degli Splendeurs et miseres des courtisanes, un essere intriso di male, affascinante proprio perché aveva qualcosa a che fare con l’inferno. Come ha vissuto il passaggio della condizione omosessuale da drammatica e spesso tragica ricerca dell’assoluto ad “assoluta normalità” come vuole il movimento gay? Sotto, Pasolini con gli attori di Teorema, il film che colpì Walter Siti al punto di spingerlo a conoscere Pasolini. A destra, Antonio Canova, Cupido e Psiche (1808) Per quanto mi riguarda non ho potuto approfittare di questa svolta. Sono felice che oggi i ragazzi non siano più oggetto di sputi o di violenza, ma questa “normalità” non mi appartiene e non mi interessa. Io non ho avuto possibilità di scelta. Probabilmente la mia ricerca sarebbe andata in questa direzione anche se fos- «Nelle palestre, ormai, i corpi si stato eterosessuale: del resto femminili e maschili tendono a fin dall’inizio mi sono trova- confondersi: tra un seno siliconato to in sintonia con scrittori ete- e pettorali maschili costruiti rosessuali che vivevano l’erotismo come qualcosa che ti por- dagli anabolizzanti, il divario non ta in un’altra dimensione. Pen- è sostanziale… entrambi sterili, so a Baudelaire, anche se per maschi o femmine che siano» lui erano donne nere e per me uomini, l’idea era quella: non importa che l’omofobia, in Occidente, si sia incarodove, fuori dal mondo. Per me il punto era gnita proprio perché si sente oscuramente sotto attacco. In questo senso è perfettaquesto e questo rimane. mente parallela all’odio nei confronti delLei è d’accordo col fatto che l’orientala multi-etnicità. mento sessuale è solo un dato culturale, qualcosa che può evolvere e cambiare nel corso della vita? Dipende da che cosa si intende per orientamento sessuale. Se significa che nella vita possono capitare incontri di vario tipo, sono d’accordo. Penso che la bisessualità sia sempre esistita anche se aveva dei forti interdetti e faticava ad emergere. Penso però allo stesso tempo che ci siano dei condizionamenti di tipo nevrotico. Sono d’accordo sul piano politico quando si dice che l’omosessualità non è una malattia nel senso che se due ragazzi sono felici e vivono una vita sessuale insieme non vedo che cosa ci sia di malato. Ma ho conosciuto diversi omosessuali che avevano quasi una impossibilità di fare l’amore con una donna, che di fronte alle donne avevano reazioni di spavento per non dire di panico. Allora è evidente che lì c’è uno sbarramento psicologico che io per semplicità ho chiamato nevrotico, qualcosa che somiglia a un blocco o a una censura. È un po’ ideologico dire: non importa, uomo o donna è la stessa cosa. Foto: AP/LaPresse, Marka Cosa pensa delle leggi contro l’omofobia? Penso che, dal punto di vista di una società, commettere violenza spinti dall’odio per una categoria sia più grave che commetterla spinti dall’odio per una singola persona, e che dunque la legge dovrebbe tenerne conto. Ma penso anche Gli omosessuali sono condizionati da sempre a desiderare non una persona ma un’immagine… il loro oggetto d’amore è, per definizione, un surrogato: è la proiezione di un ircocervo originario, non esistente in natura, metà angelo, metà specchio e metà madre (sì, tre metà) – e quindi la loro non può essere la ricerca di un individuo reale, ma appunto di qualcosa che rimandi ad altro, e di cui si deve restare in superficie perché se andassimo in profondità scopriremmo che non è lui. Quale oggetto migliore di un’immagine, che una profondità non ce l’ha proprio? (Troppi paradisi) «Tra i 30 e i 40 anni mi è capitato di avere alcuni rapporti duraturi con persone uguali a me, naturalmente con un po’ di difficoltà, senza parlarne alle famiglie, ma già con un giro di amicizie. Dai 50 anni mi sono “specializzato” sul tipo del culturista e questo ha reso tutto più complicato. Frequentavo un giovane culturista delle borgate romane e ho anche provato a parlare coi suoi amici, ma il basso livello sociale rendeva difficile una condivisione di interessi. Il mio destino era segnato e io ne ero consapevole, anche perché queste persone erano semplicemente i portatori di un simbolo, ciò che conta è solo l’immagine. Non puoi certo pensare a un soda- lizio che dura tutta la vita, fatto di complicità. E poi anche quei loro corpi erano destinati a invecchiare. Io ero consapevole di vivere qualcosa che mi avrebbe portato fuori dal mondo, che l’erotismo era in fondo una scusa per vivere fuori dal mondo e che poi sarebbe arrivato il momento in cui i nodi sarebbero venuti al pettine. E a quel punto avrei semplicemente dovuto vivere di ricordi oppure cercando l’assoluto da altre parti». Qual è stato il suo rapporto con la religione cattolica? Ho divorziato con la Chiesa cattolica per eccesso di religiosità. Ricordo che, ragazzino, andavo a confessarmi dal prete e gli dicevo: ho visto passare quel canoista e mi è piaciuto. Quello mi diceva: ti do l’assoluzione però devi promettermi di non far più questo peccato. Ma io sapevo che i peccati si possono fare in pensieri, opere e omissioni. Quanto alle opere avrei potuto astenermi, ma quanto al desiderio era impossibile. Così il prete non mi diede l’assoluzione e senza assoluzione niente eucarestia: mi sentivo tagliato fuori. È così che sono nati gli angeli: visto che la Chiesa non me lo permette, allora gli angeli me li fabbrico da solo. Io sono l’Occidente perché appartengo a quel tipo di omosessuali che hanno fornito il modello dell’Immagine come obiettivo del desiderio… sono l’Occidente perché odio le emergenze e ho fatto della comodità il mio Dio; perché tendo a riconoscere Dio in ogni cosa tranne che nella religione; perché mi piace che se premo un bottone gli | | 24 agosto 2011 | 43 l’intervista la vita non è un romanzo Augusto Del Noce ormai 50 anni fa per descrivere la società occidentale parlò di «nichilismo gaio» dove anche i rapporti eterosessuali si sarebbero vissuti omosessualmente… C’è una parte della profezia di Del Noce che mi pare non si sia realizzata ed è quella legata all’eclisse della dimensione del trascendente. In realtà in una società perfettamente secolarizzata come la nostra il trascendente si nasconde dove non lo si cerca. Ci sono dimensioni sotterranee in cui il trascendente si traveste, magari assume delle forme degradate, ma non sparisce. Del resto anche alcune ossessioni sessuali hanno a che fare con il misticismo. L’ossessione per il tipo Ercole, per il tipo Apollo, per il tipo Angelo sono forme degradate, secolarizzate di un bisogno di metafisica che non è più reperibile ad altri livelli. Lei però ha parlato di “gayzzazione dell’Occidente”. Non lo intendevo in maniera così profonda, alla maniera di Del Noce, ma solo dal punto di vista estetico-sociologico. Il modo di vivere il desiderio degli omosessuali si sposa meravigliosamente con il nostro modo di vivere il rapporto con le merci. È come se il desiderio gay fosse diventato il modello di un certo desiderio di merci. È un desiderio basato su rapporti veloci e intercambiabili fino alla promiscuità – tra le nuove generazioni oggi vanno di moda i matrimoni gay, ma io poi li vedo come buttano l’occhio sul culturista che passa: resta l’idea che ogni lasciata è persa e che un desiderio puro nei confronti di un bel corpo ha una sua vita autonoma che puoi seguire magari avendo a casa una tua storia. Nel desiderio gay c’è inoltre la capacità di distaccarsi dalle conseguenze relazionali, l’invecchiamento e la cura reciproca. Se noi di ogni merce che acquistiamo dovessimo pensare: ma quanto mi dura? Quanto mi serve? Tra 10 anni ce l’avrò ancora? Probabilmente non compreremmo più nulla. I gay da questo punto di vista sono all’avanguardia. Non sono più gli esclusi dal potere, sono diventati il modello d’avanguardia di questo tipo di desiderio consumistico. Dal punto di vista estetico poi non c’è dubbio che questi corpi depilati, rotondi, molto muscolosi che sono stati la scoperta americana degli anni Ottanta, corpi estremamen44 | 24 agosto 2011 | | fondo dell’autenticità c’è l’artificio: questo è un segreto che gli omosessuali hanno custodito nel loro cuore per secoli e adesso vedono incoronato sugli altari del potere. (Troppi paradisi) Qual è stato il suo rapporto con Pasolini? Nel 1968 rimasi così colpito dalla visione di Teorema da sognarmelo di notte e decisi di fare la tesi su di lui. Gli scrissi due lettere per chiedergli informazioni che probabilmente il suo segretario dell’epoca, Dario Bellezza, cestinò perché non ebbero risposta. Allora con la pazzia dei vent’anni gli scrissi una letteraccia mandandolo affanculo. A quel punto mi rispose proponendomi di pubblicare su Paragone l’ultimo capitolo della tesi, quello più tecnico, sull’endecasillabo delle Ceneri di Gramsci. E mi invitò a casa sua, per metterlo a punto. Ci sono andato per sei-sette volte e quello è stato il momento in cui l’ho conosciuto veramente. Lui poi mi accompagnava alla stazione Termi«Pasolini ha sempre considerato la condizione ni sulla sua Giulietta. Dopo un po’ gli confidai che ero omosessuale come qualcosa da cui si sentiva omosessuale anche perché oppresso. Io ero troppo giovane. Lo riscoprii era l’unico a cui potevo dirquando iniziai a scrivere. Come un padre» lo. Mi scrisse due bellissime lettere sulla sua omoseste patinati e lucidi dove uomini e donne sualità e su quando era ragazzo, due lettendono a confondersi, sono diventati un tere che ho perso per due volte a distanza modello per la forma di molte merci: Nina di dieci anni, cosa che mi ha fatto pensaSenicar non posso averla, ma il telefonino re che c’era qualcosa dentro di me che me che ha le sue stesse curve sì. E poi i para- le faceva perdere. Abbastanza presto, diciafanghi delle automobili, certi gelati: que- mo subito dopo la laurea, cominciai a sensta forma compact un po’ infantile, roton- tire come un peso quel suo senso di colda, piena è diventata una icona del desi- pa forte, intrinseco al suo modo di vedederio. Se dovessimo fare l’archeologia di re l’omosessualità: lui ha sempre considequesto desiderio da una parte troviamo le rato la condizione omosessuale come qualmaggiorate degli anni Cinquanta e dall’al- cosa di estraneo da cui si sentiva oppresso, tra i culturisti anni Ottanta che piacevano a un certo punto disse: «Me lo sento come agli omosessuali. Sono arrivati prima cer- un fardello che porto sulle spalle e che non ti modelli sulle copertine di riviste ameri- è mio». Io avevo vent’anni e molta voglia di cane come Colt e poi i palestrati di Maria scoprire Londra e Amsterdam. La salvezza De Filippi. Ricordo la sorpresa quando visi- mi arrivò con Fratelli d’Italia di Arbasino: tai New York dopo l’11 settembre. Dal gior- mi resi conto che c’era il modo di divertirnalaio notai da lontano un calendario che si andando a zonzo per l’Italia lungo l’aumi pareva fosse rivolto al pubblico omoses- tostrada del Sole. Diciamo che dai 23 ai 30 suale. In realtà non lo era affatto, si chia- anni scelsi di non pensare più a Pasolini. mava Heroes, serviva per raccogliere fonQuando lo riscoprì? di per le vittime delle Twin Towers e ritraeQuando ho cominciato a scrivere. È va i pompieri di New York con i muscoli in come quando passi la vita a litigare con bella evidenza e la firma di Rudolph Giulia- tuo padre, a pensare che è uno stronzo, a ni. È indubbio però che l’immagine esteti- negarlo. Poi un giorno, facendoti la barba, ca fosse quella gay. ti accorgi che allo specchio fai esattamente i suoi stessi gesti, sorprendi sul tuo volto la Nelle palestre, ormai, i corpi femminili e i sua smorfia. Mi è successo quando ho scritcorpi maschili tendono a convergere e a con- to il mio libro sulle borgate: tutti mi prenfondersi: tra un seno femminile siliconato e dono per cretino quando lo dico, ma giupettorali maschili costruiti dagli anaboliz- ro che sulle prime non ho pensato a lui. Mi zanti, il divario non è sostanziale… entram- sono ritrovato a fare scelte simili alle sue, bi sterili, maschi o femmine che siano. Cade ad avere un percorso che lo costeggiava, il tasso di natalità, non solo per la paura del avendo sempre cercato di restarne lontano. futuro. I figli (quei pochi) si generano artifi- Succede, a volte, con i veri padri. cialmente, con siringhe e vetrini. Nel più proFrancesco Esposito Foto: Marka eventi accadano come per miracolo ma non ammetterei mai di dover rendere omaggio a una entità superiore; sono laico e devoto alla mia ragione. Sono l’Occidente perché detesto i bambini e il futuro non mi interessa. Sono l’Occidente perché godo di un tale benessere che posso occuparmi di sciocchezze, e posso chiamare sciocchezze le forze oscure che non controllo. Sono l’Occidente perché il Terrore sono gli altri. (Troppi paradisi) L’ITALIA CHE LAVORA Distillatori con classe Ai primi del Novecento un veneto di nome Giuseppe Bonollo cominciava a lavorare con alambicchi a vapore. Non sapeva che quattro generazioni dopo il suo nome sarebbe stato scritto su grappe gioiello. A prova di palati fini I l bello dell’Italia è che ogni regione ha un proprio elemento distintivo. A sua volta, poi, ogni provincia ha i propri tratti caratteristici in termini di cultura enogastronomica. Questo è il motivo per cui se uno dice “Veneto” la mente va subito alle cantine sparse qua e là sul territorio in cui riposano le bottiglie di vino, all’eccellenza dei nettari che decantano nelle botti e in particolar modo alla grappa, distillato purissimo che si ottiene dalle vinacce rica- 46 | 24 agosto 2011 | | vate da uve prodotte e vinificate in Italia. Tra i migliori rappresentati di questa tradizione ci sono le Distillerie Bonollo Spa, un luogo in cui l’amore per la riuscita migliore dell’alcolico e la storia delle persone e della famiglia che se ne prendono cura, si fondono in modo unico e inscindibile, e si ritrovano tutte nelle bottiglie di grappe merlot e monovitigno con il loro nome impresso sopra. Quattro generazioni di Bonollo sono passate da queste cantine e il ciclo è ben lungi dall’essere concluso, visto che proprio in questi ultimi anni le distillerie hanno conosciuto una fama rinnovata da alcuni prodotti freschi di creazione. «Il nome dei Bonollo – spiega Elvio Bonollo, oggi direttore del marketing delle distillerie – viene associato alla grappa dal 1908, e forse anche da qualche anno prima negli ultimi dell’Ottocento, ma senza dubbio dal 1908. Abbiamo ancora la certificazione a firma di Giuseppe Bonollo con cui si procede ad avviare la fabbrica, con degli alambicchi speciali che poi sono diventati nostra caratteristica, perché a vapore, quindi migliori per mantenere le proprietà organolettiche delle vinacce. Il primo cambio generazionale si ha nel 1951, con Umberto Bonollo, che riprende in mano le attività dopo la guerra, e che fa aprire un paio di altre distillerie distaccate, quel- «Il grappino al bancone del bar è un’immagine che ci porta agli anni Sessanta, all’ammazzacaffè, al digestivo preso d’abitudine. Chi beve grappa oggi vuole un gusto leggero e molta ricercatezza» A sinistra, Elvio Bonollo tra le botti in cui invecchia la grappa. Sopra, la quarta generazione, la sede delle distillerie e una bottiglia di OF Barrique la di Mestrino e quella di Conselve. Quella di cui faccio io parte oggi è già la quarta generazione» spiega fiero della sua storia. Agli altri posti di comando ci sono fratelli e cugini, sparsi in aree diverse della distilleria, insieme a componenti familari della terza generazione ancora presenti in azienda. «Insieme a loro stiamo cercando di imparare i segreti del fare la grappa, perché non basta avere imparato la lezione una volta, occorre ammettere senza problemi che se le distillerie sono arrivate al punto a cui siamo oggi è merito loro e della loro professionalità. Noi della quarta dobbiamo imparare ancora molto e essere pronti a prendere in mano le distillerie quando sarà necessario». L’umiltà quindi deve essere una dote di famiglia. E qui sembra essercene davvero tanta, percepibile anche quando Elvio rac- conta una delle più grandi soddisfazioni degli ultimi anni, quella di aver creato una nuova categoria di grappe, chiamate grappe OF Barrique Bonollo, che si ottengono utilizzando quelle piccole botti di legno francesi tipiche della stagionatura del porto, del cognac e nei migliori champagne, migliori rispetto ad altre botti perché permettono maggiore ossigenazione. Dalla vinaccia al vapore Il riconoscimento del pregio del lavoro delle distillerie avviene nel 2008, in occasione del centenario dell’azienda, con il rapporto Eurispes, «che ci ha definito di eccellenza proprio per esserci saputi distinguere per la nostra attenzione alla tradizione del patrimonio di famiglia ma anche nel guardare al futuro e cercare migliorie anche piccole ma magari in grado di incidere sull’impatto ambientale dei processi e quindi al passo con i tempi. Quello che usiamo per dare energia alla nostra distilleria lo testimonia. Infatti una volta estratta la componente alcolica dalla vinaccia, la sua utilità sarebbe finita, ma noi la facciamo essiccare e ne separiamo le bucce dai semi. Da questi ultimi estraiamo l’olio di semi di vinacciolo, mentre le buccette ricche di cellulosa vengono essiccate, macinate e bruciate rendendole così utili per creare il vapore poi necessario a far distillare il composto e ottenere quelle preziose gocce che cadono lente fino a formare la grappa. E anche il tartrato acido di potassio che si ottiene lavando la vinaccia viene poi riutilizzato come conservante nel vino, questo a dimostrare che non buttiamo via niente». La cosa più difficile del mettere sul mercato un nuovo prodotto, più ancora delle migliorie tecniche, è precedere i gusti dei consumatori. «Il bevitore moderno di grappa è molto, molto differente da quello di una volta. Per capirci, il grappino al bancone del bar è un’immagine che ci porta agli anni Sessanta, all’ammazzacaffè, al digestivo preso d’abitudine. Oggi chi beve grappa vuole ricercatezza, gusto compatto e leggero, privo di imperfezioni. Per questo dalle vinacce andiamo a scartare tutto quello che potrebbe minare la corposità della grappa, per arrivare al cuore della materia prima, con attenzione. Se manchiamo in personalità, manchiamo anche la richiesta di un mercato che cambia e che negli ultimi anni si è arricchito di una notevole presenza femminile, che una volta riteneva che la grappa avesse un sapore troppo ostico. Cerchiamo di creare distillati sopraffini, pur sapendo di trovarci in una fetta di mercato guardata con sospetto, quella dei superalcolici». Gli abusi sono sempre dietro l’angolo, ma questo non significa che «se bevuti con moderazione e coscienza possano essere la chicca finale di un ottimo menù». Lo sa bene chi, come Elvio, nelle sue vene «non ha sangue ma grappa». E gli ha portato soltanto bene. Elisabetta Longo | | 24 agosto 2011 | 47 PER PIACERE LA RICETTA per 4 persone Orecchiette con pinoli, datterini e mazzancolle 360 g di orecchiette, 250 g di mazzancolle sgusciate, 400 g di pomodorini datterini, 30 g di pinoli, olio e sale. Lavare i pomodorini e tagliarli in due. Passarli in padella con un filo d’olio e un pizzico di sale per 5 minuti. Aggiungere ora le mazzancolle sgusciate e cuocere per altri 3 minuti. A parte tostare i pinoli e aggiungerne la metà al sugo. Lessare le orecchiette, scolarle e saltarle per qualche istante con il loro condimento. Terminare con i restanti pinoli e servire. Virginia Portioli turismo Aumenta il credito al consumo spilucchino.blogspot.com Indebitarsi per le vacanze? A umenta il credito al consumo nel settore del turismo. Significa che sono sempre di più gli italiani che vanno nelle agenzie di viaggio e utilizzano i prestiti rilasciati da istituti di credito specializzati nel settore vacanze. Secondo l’indagine condotta dal portale prestiti.it, infatti, in aprile e giugno la domanda di questo tipo di credito ha registrato un incremento del 27 per cento rispetto all’anno scorso. 35 mila degli italiani che si trovano in vacanza in questo momento o che stanno per andarci hanno fatto ricorso a un finanziamento. A utilizzare questo strumento sono persone con un’età media di circa 40 anni che chiedono un finanziamento di poco inferiore ai 7 mila euro con un piano di rimborso di 39 mesi. Le richieste di cifre più elevate arrivano dalle regioni del Sud: circa 10 mila euro per i siciliani e oltre 8.500 per i calabresi. Al Nord la prima regione è il Friuli Venezia Giulia con 8 mila euro medi di finanziamento. La zona dove è stata registrata la richiesta media più bassa è il centro Italia, con le Marche a quota 4.500 euro di media. Le destinazioni prescelte sono di lungo raggio. Cambia la mentalità degli italiani, un tempo risparmiatori e oggi disposti persino a indebitarsi per una spiaggia caraibica? Walter Abbondanti idee di viaggio tre mete di alto livello Relax e gusto secondo lo chef Alain Ducasse Dall’alto dei suoi caratteristici occhiali tondi, il noto chef francese Alain Ducasse non sentenzia solo con ricette, indirizzi gourmand e corsi di cucina, ma crea universi indimenticabili dove ritirarsi per qualche giorno. Tre dimore accomunate dal fascino della riservatezza, immerse in dolci paesaggi collinari e dove naturalmente si gusta 48 | 24 agosto 2011 | | e si impara la migliore cucina. ln Toscana, all’interno di una tenuta di vigneti, l’Andana, un’antica dimora in pietra bianca diventa un luogo unico rustico e chic (nelle foto sopra). Il relax è garantito con le piscine all’aperto tra pini marittimi e cipressi, la spa, le passeggiate a cavallo all’interno della tenuta, ma il punto forte è il ristoran- te che propone una cucina naturale alla Ducasse legata alla tradizione toscana, il tutto condito con l’olio d’oliva della proprietà. Per gli amanti della Provenza, invece, c’è la Bastide de Moustiers, un paradiso dove la natura è la protagonista indiscussa. Tra campi di lavanda e ulivi, cullati dal rumore delle cicale, si scoprono i migliori piat- ti della cucina francese declinati a seconda delle stagioni e della verdura dell’orto. Infine nella zona di Coteaux Varois, dove si producono i migliori vini rossi della Provenza, l’antica Abbazia de la Celle del XII secolo invita al riposo anche in famiglia. Qui anche le mamme, grazie al servizio di babysitting personalizzato, potranno rilassarsi con i trattamenti benessere o dedicandosi a corsi di cucina o di degustazione. Caterina Gatti Per informazioni alain-ducasse.com STILI DI VITA festeggiamo 1 Un compleanno tra i pirati per Giò IL PRODOTTO La mazzancolla Nel variegato panorama di crostacei presenti sui banchi delle pescherie, la mazzancolla si distingue in particolare per il colore grigio-marrone con riflessi violacei, la presenza di due lunghe antenne e un rostro robusto. Al momento dell’acquisto è importante verificare l’assenza di zone scure sulla testa e di forte odore di ammoniaca, indici di scarsa freschezza. Altro accorgimento per preparare al meglio la parte commestibile è l’eliminazione dell’intestino, il “filo” nero presente nella parte superiore della coda, spesso ripieno di sabbia e responsabile del sapore amarognolo. Di provenienza mediterranea o atlantica, questo “gamberone” oscillante tra i 12 e i 20 centimetri, si presta a preparazioni veloci e gustose come spadellate, fritture e grigliate. Lorenzo Ranieri di Annalena Valenti È IL VINO Quattrocento ettari a vigneto in un contesto di rara bellezza con un microclima favorevole alla coltivazione della vite grazie a un’altitudine che varia dai 400 ai 750 metri nell’ex feudo di Regaleali. Il conte Lucio Tasca mise a dimora lo Chardonnay nel 1985. Il nostro vino è uno Chardonnay 2008 tenute Regaleali di colore giallo intenso. Al naso si notano atomi di frutta esotica banana e cedro, associati a vaniglia e cannella. In bocca molto ricco. Consigliato con primi di pesce, ottimo con gamberoni e crostacei. Prezzo in enoteca 27 euro. Carlo Cattaneo IN BOCCA ALL’ESPERTO ai monti-zamboni Popolare con classe Sono belle colline, ma a Vicenza li chiamano “monti”: i Berici, in ogni caso, sono una vera enclave di verde e bellezza paesaggistica, proprio a sud della città veneta. In mezzo a queste balze, ad Arcugnano (Vicenza), non lontano dal laghetto di Fimon, c’è un ristorante ideale per belle mangiate domenicali: la Trattoria Ai Monti – Da Zamboni. Trattoria è la sua origine, giacché oggi è un ristorante che, se Rubrica in collaborazione con il ministero delle Politiche agricole Chardonnay Tasca 31 luglio 2001 a Olbia, «come una cozza» MAMMA recita il Giò quando OCA dice la sua provenienza. Sardo per noi continentali, gallurese per i sardi, ogni anno la festa del suo compleanno coinvolge gli amici presenti a Isola Rossa e tutta la nostra creatività ed energia si piegano a ciò che lui richiede da che è nato. In una parola: avventura. Quest’anno: “Conquista dell’isola sul fiume Coghinas”. Tra il mare battuto dai venti di ovest e la piana di Valledoria si snoda, con anse e curve, il Coghinas, su cui si possono avvistare 134 delle 260 specie di uccelli censite in Sardegna. Sulla foce che non si butta a mare, molto frequente come l’airone cenerino e il falco di palude, raro come il fistione turco e il piovanello, occasionale come il fenicottero rosa, sfreccia oggi un gruppo di conquistatori con archi, frecce e spade, costruite dal G. con legni di mareggiata. Su due pedalò battenti bandiera pirata e tre canoe alleate, i nostri conquistano l’isola su cui trovano un selvaggio che cerca di spaventarli con versi di animali improbabili, mentre dalla riva opposta alcuni nemici cercano di affondarli con radici di canne. Fantastica rappresentazione, protagonisti: 15 mamme e papà, un nonno e 20 ragazzi tra i 5 e i 25 anni. Spiccano due papà dal cuore bambino. Per festeggiare l’avventura della nascita di Giò, 10 anni e Tommi, 5 anni. . mammaoca.wordpress.com nato il non rinnega il retaggio popolare, tuttavia si fregia di apparecchiature eleganti e di una carta di vini che le vecchie osterie si sognavano. In un menù abbastanza ampio, ecco un trionfo di piatti locali e di rivisitazioni basate su ingredienti del posto. Cominciate col soavissimo soufflé di finferli con leggera fonduta di Asiago (provato ai primi di luglio, come gli altri piatti); con polenta e sopressa veneta; col fegato di coniglio bardato con l’erba Luisa su cipolla brasata. Di primo, grande la grinta dei maltagliati casalinghi col tartufo nero dei Berici. Se no, fettuccine coi finferli, o frange di pasta con gli asparagi bianchi (qui è di rigore la stagionalità). Secondi piatti in tema, con un ghiotto baccalà alla vicentina; le lumache in umido alle erbe; il fegato di capretto su cipolla in agrodolce. Dolci ricchi, come i cannoncini con mousse di cioccolato bianco e salsa mou. Spesa onestissima di 45 euro. Come bonus, valgono i tavoli in terrazza, con stupenda vista dei monti Berici. Tommaso Farina Per informazioni trattoriazamboni.it Località Lapio, via S.ta Croce 73, Arcugnano (Vicenza) Tel. 0444273079 Chiuso lunedì e martedì | | 24 agosto 2011 | 49 GREEN ESTATE inquinamenti scientifici Smentiti i catastrofisti dell’Onu riporta un articolo di Science nel quale si afferma che, calcolato “per la prima volta” l’esatto ammontare dell’assorbimento naturale PRESA dei gas serra, esso risulta superiore ad ogni più generosa previsioD’ARIA ne; l’occhiello avverte che “resta necessario ridurre l’emissione di combustibili fossili”; evviva le idee chiare! Nell’articolo, firmato dal Forest Service degli Stati Uniti, ufficio ragionevolmente attendibile, si dà atto che la sommatoria tra la Co2 liberata annualmente in atmosfera e quella assorbita in via naturale dalla vegetazione terrestre e marina, quindi l’immissione netta in atmosfera, alla luce dei nuovi dati, risulta di circa il 25 per cento inferiore a quanto precedentemente stimato: cioè del 25 per cento inferiore al dato base utilizzato dall’Ipcc per le sue relazioni e dagli organismi sovranazionali per dettare le politiche di limitazione delle emissioni di gas serra. L’Ipcc, organo dell’Onu, insignito del premio Nobel per la pace, assolutamente attendibile secondo i conformisti, non aveva già misurato la quantità di Co2 con tale precisione da ispirare e sollecitare ai governi programmi di investimento da moltissimi miliardi di dollari? I numeri forniti dall’Ipcc e quelli del Forest Service sono molto diversi, quale dei due ha ragione? E, visto che i nuovi dati cancellano le certezze acquisite, vuoi vedere che avevano ragione i cialtroni e ignoranti negazionisti a dire che Co2 e aumento della temperatura terrestre non hanno molto a che fare tra di loro? E che, visto l’andamento misurato negli ultimi decenni, la temperaI livelli di Co2 nell’atmosfera poco hanno a che fare con l’aumento della tura della Terra cresce in maniera non prevedibile e non proporzionatemperatura terrestre, che oltre le alle emissioni di origine umana? tutto da sempre cresce in maniera Queste domande non tendono non prevedibile e non proporzionale solo a cercare la verità, ma anche a stimolare una seria riflessione sul alle emissioni di origine umana rapporto costi/benefici delle spese anti gas serra. Molti governi del mondo affrontano in questo periodo una grave crisi finanziaria, certo non alleggerita dai giganteschi investimenti necessari per rispettare i vari piani che, da Kyoto in poi, hanno funestato la scena internazionale; e nella risposta a queste domande potrebbe trovarsi un giudizio sull’effettiva sostenibliità dell’economia verde. L’argomento non può essere esaurito in questa sede; però, a beneficiot di memoria, ricordo che l’Italia nei prossimi anni si troverà sul gobbo una taglia di cento miliardi di euro, da pagarsi solo per le incentivazioni all’energia prodotta da fonti rinnovabili: la forte riduzione di questa spesa basterebbe a sostituire le manovre previste per il 2013-14 e portare lo Stato al pareggio di bilancio senza sacrifici. [email protected] n quotidiano che si dice sempre nel giusto AMICI MIEI SOLIDARIETÀ Incontro e Presenza sostienila con un click Fino al 26 agosto è in corso l’iniziativa “One click donation”, una simpatica idea per l’estate dai risvolti molto concreti: all’indirizzo web http://1clickdonation.com o sulla pagina facebook “1ClickDonation” si può sostenere la onlus Incontro e Presenza. L’associazione di volontari, nata nel 1985, visita le persone detenute nelle carceri milanesi, raccoglie e distribuisce loro indumenti 50 | 24 agosto 2011 | Hannah, di Joe Wright L’emozione si ferma a metà di Paolo Togni U CINEMA | usati e biancheria nuova (spessissimo nelle carceri non si hanno nemmeno quelli) e li accompagna nel reinserimento sociale alla fine della pena detentiva. Le cinque associazioni che nel concorso raccoglieranno più voti saranno poi premiate dall’azienda promotrice dell’iniziativa, la Citroën. LIBRI/1 Sport, amore mio Nuoto, scherma, calcio, rugby e altre dieci discipline. Quattordici brevi racconti che hanno come protagonisti i giovani e il loro rapporto vitale con le diverse pratiche sportive. È questo Saluti da Buenos Aires (Bradipoli- bri, 214 pagine, 12 euro), scritto da Teodoro Lorenzo, avvocato con un passato da calciatore professionista (il capitolo “Il campione” è l’unico autobiografico). Storie intrise di passione, malinconia e amore per ogni disciplina. Un libro adatto ai ragazzi, ma non solo, che celebra lo sport, inteso come pretesto per parlare di emozioni e sentimenti, come luogo dove si consumano in un istante la gioia o il dolore. [dg] LIBRI/2 Una modesta proposta Occorre «sottoporre a critica severa tutte le modeste proposte di cui siamo continuamen- Una ragazzina Terminator in fuga dalla Cia. Film diseguale: parte bene con una lunga sequenza iniziale nel gelo dell’inverno. Sembra The Road. Il padre barbuto e la figlia, ai confini del mondo. Lui che le insegna a combattere, le legge dei libri, le spiega il mondo. Lei che memorizza mosse e formule matematiche, più terribile di Schwarzenegger. Fin qui tutto bene, anzi benissimo. Un po’ Nell, un po’ Il ragazzo selvaggio, e poi Wright, il regista di Espiazione, sa dirigere gli attori (lei è bra- HOME VIDEO Tutti al mare, di Matteo Cerami Bizzarro e triste Varia umanità passa davanti al chiosco di Maurizio. Film strano, difficile da etichettare. Non è una commedia “balneare” ma un film bizzarro e triste ispirato a Casotto di Sergio Citti. Le aspirazioni sono alte: quella di raccontare un’Italia popolare, anche povera, usando un registro vario, comico, grottesco, drammatico. Efficace solo a tratti e per la verve degli attori coinvolti, nell’insieme si tratta di un film molto frammentario e non sempre profondo. te destinatari, e non smettere mai di desiderare quell’eccedenza che continuamente sfonda i nostri angusti desideri». Lo scrive monsignor Domenico Pompili, portavoce della Cei, nella prefazione del libro Un modesta proposta (Cantagalli, 45 pagine, 8 euro). Un monito che introduce due saggi lontani nel tempo ma complementari: l’uno è la satira di un arguto polemista irlandese di trecento anni fa, Jonathan Swift, l’altro del contemporaneo Umberto Folena. Swift pensava a un mondo in cui i bambini sarebbero stati cannibalizzati per il compiacimento delle classi benestanti. È andato tanto lontano dalla verità? recensione da tempi.it vissima, meglio perfino della Blanchett) e scegliere le location. Poi, quando comincia l’azione pura, sembra di rivedere una brutta copia di Lola corre. Musica martellante, psicologia ridotta ai minimi termini, un simbolismo goffo. Poteva essere un onesto Salt con un’interprete molto più atletica della Jolie, e invece è un pastrocchio dove tutto e il contrario di tutto cercano un amalgama impossibile. I dubbi dell’adolescenza, il primo bacio, il tango argentino e il sole del Marocco, la comunità hippie, le anomalie del Dna. visti da Simone Fortunato COMUNICANDO la perla dei caraibi Volare a Cuba è un gioco da ragazzi Cuba è un paradiso naturale e, dopo la rivoluzione comunista di Fidel Castro che ha trasformato il paese, costituisce anche un ecosistema culturale e politico unico al mondo. Non stupisce dunque che il turismo sia un asset fondamentale per l’economia dell’isola. Il mercato italiano – insieme a Canada, Francia, Germa- Il teologo contro il Gesù di Flores D’Arcais di Alberto Cozzi* Sopra, il regista Joe Wright nia, e Gran Bretagna – è uno dei più importanti e strategici per Cuba. La perla dei Caraibi, infatti, con circa un milione e mezzo di arrivi internazionali, sta facendo del turismo uno degli strumenti chiave del proprio rilancio economico. A dimostrazione di ciò questo settore è ampiamente presidiato nei vari mercati tramite importanti investimenti pubblicitari che ben esprimono l’autenti- N elle sue Lettere filosofiche del 1734 l’illuminista razionalista Voltaire annotava, parlando del «socinianesimo» (un movimento di umanisti soprattutto italiani del il libro Cinquecento che in nome del ritorno alle fonti bibliche negavano la Trinità): «Vedete dunque quali rivoluzioni avvengano nelle opinioni come negli imperi. Dopo tre secoli di trionfo e dodici di oblio il partito di Ario rinasce dalle ceneri; ma ha sbagliato, ricomparendo in un tempo in cui il mondo è sazio di dispute e di sètte». Una sensazione analoga la si prova nel leggere Gesù. L’invenzione del Dio cristiano (Edizioni Add, 127 pagine, 5 euro), di Paolo Flores d’Arcais, lavoro tutto concentrato nello sforzo di negare la divinità del Figlio di Dio, per riaffermare la sua umanità storica, ebraica, profetica. Interessa davvero una questione simile? Come mai un non credente si preoccupa di queste cose? Solo due aspetti nuovi giustificano una simile operazione e permettono di andare al di là dell’ironico giudizio di Voltaire: l’intento polemico contro il Gesù di Ratzinger e l’accenno (stupefacente) all’islam (e quindi al confronto tra religioni) quale custode della vera natura di Gesù, contro le falsificazioni dei cristiani (...). L’esito del libro di Flores è veramente sconcertante: l’islam, erede del giudeo-cristianesimo, custodisce la vera identità di Gesù, quella creduta da Pietro, Paolo e Giacomo. Non importa che per l’islam sia stato proprio Paolo a tradire l’insegnamento di Gesù, per cui la sua fede è già da sospettare. Di fatto, in questo modo non ci si salva dalla Babele delle interpretazioni. Ma questo esito è un monito: se si cerca Gesù al di là della Chiesa, perché si sospetta che la forma storica della fede attuale non sia all’altezza di ciò che fu Gesù, si fa un’operazione interessante di ricerca di una verità più grande. Ma se si cerca a ogni costo un Gesù contro la Chiesa, si fa un’operazione ideologica e di cattivo gusto, che parte dal sospetto che i discepoli di Gesù siano stati tutti stupidi o tutti maliziosi nel mistificare ciò che poteva fondare la loro vita. Questo tipo di sospetto non è rispettoso dell’altro ed è inutile per qualsiasi sana ricerca della verità. Non è insomma un buon inizio di dialogo. *direttore del Corso istituzionale alla facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano. La recensione integrale è su tempi.it cità di questa nazione rivelando incantevoli prospettive paesaggistiche e trasmettendo l’alto valore delle tradizioni artigianali e culturali di Cuba. Forte veicolo di movimentazione turistica da e per l’isola è la compagnia di bandiera Cubana de Aviación (www. cubana.cu), totalmente rinnovata negli ultimi anni e ad oggi impegnata a garantire il più alto livello degli standard qualitativi internazionali: nuovi aeromobili, personale tecnico altamente qualificato e accordi di code-sharing con le più importanti compagnie aeree. Sfruttando queste sinergie, Cubana de Aviación copre efficacemente cinque destinazioni in Europa e ben tredici in America e nel Caribe. E all’arrivo? Ben seimila chilometri di costa, per metà orlati di barriera corallina; più di trecento spiagge; baie e scogliere imponenti; quattromila tra isole e isolotti immacolati e sotto il pelo di un’acqua sempre tiepida i tesori di quello che è considerato il fondale tropicale più limpido. Giovanni Parapini | | 24 agosto 2011 | 51 MOBILITÀ 2000 DI NESTORE MOROSINI NUOVA GENERAZIONE DELLA POPOLARE VETTURA Maggiolino tutto nuovo e con cipiglio sportivo H erbie sta tornando ancora una volta. Il simpatico Maggiolino tutto matto, che in realtà si chiama così solo in Italia perché nel mondo il suo nome è Beetle, si ripresenta questa volta sui mercati internazionali con una veste rinnovatissima, più moderna e sportiva rispetto a quella precedente. In Italia, il Maggiolino arriverà dal 20 novembre nelle versioni 1.2 Tfsi da 19.700 euro e 2.0 Tfsi con cambio a doppia frizione Dsg da 28.050 euro (che inizialmente si potrà avere nelle edizioni speciali Black Turbo da 29.100 euro e White Turbo da 28.790 euro). Più avanti nel tempo s’aggiungeranno la 1.4 Tfsi da 140 cavalli insieme alle turbodiesel 1.6 Tdi e 1.6 Tdi BlueMotion Techonology da 105 cavalli e 2.0 Tdi con 140 cavalli. Due gli allestimenti previsti: il Design e lo Sport, che lasciano spazio solo alla tentazione di cedere alle numerose personalizzazioni estetiche. La reinterpretazione stilistica del Maggiolino cede a qualche moderna soluzione come, ad esempio, la silhouette ottenuta con la verticalizzazione del para- La nuova Volkswagen Beetle sarà venduta in Italia come Maggiolino a partire dal 20 novembre. Nella foto qui sopra, la plancia brezza e l’arcuatura posteriore del padiglione. Nell’abitacolo, adeguatamente spazioso soprattutto nella parte anteriore, spiccano elementi inconfondibili dei Maggiolini (la plancia piatta con cassettino di fronte al passeggero piuttosto che la nicchia in cui è racchiusa la strumentazione) abbinati a moderne peculiarità, come le numerose bocchette del climatizzatore e il display del sistema d’infotainment. Il Maggiolino più potente è avvantaggiato dal differenziale elettronico Xds che, evitando l’allargamento delle traiettorie in curva, genera un’affidabilità di marcia e una precisione di guida di alto livello. Fattori sui quali si riflettono anche l’assetto sportivo integrato da cerchi da 18”, le qualità dello sterzo e la modulabilità dell’impianto frenante. Il feeling fra chi guida e il Maggiolino è completato dall’abbinata tra motore turbo a iniezione diretta di benzina (200 cavalli e 280 Nm di coppia a 1.800 giri) e l’ottimo cambio Dsg a sei marce. Il piacere di guida è notevole con prestazioni di spicco (225 km/h la velocità di punta, 0-100 in 7”5), pur promettendo percorrenze di 13 km/litro. | | 24 agosto 2011 | 53 LA ROSA DEI TEMPI estate special Il decalogo per tornare in forma Care amiche un po’ in sovrappeso, per aiutarvi a non sentirvi dei pachidermi in bikini, l’inserto D di Repubblica ha stilato una piccola guida di dieci semplici regole. «Seguendole con precisione non solo perderete qualche chilo, ma riscoprirete la voglia di tornare in forma». Ecco dunque il decalogo dell’estate: 1) Bevi tantissima acqua. 2) Scegli frutta gialla, rossa e arancione. 3) Mangia insalata a ogni pasto. 4) Cocera Seguo pedissequamente il decalogo per lazione e pranzo: punta rimanere in forma. Bevo solo acqua e mi nutro sull’integrale. 5) Cena: di frutta ogni dì. Punto sull’integrale e mangio opta per le proteine con più verdure di una capra. Lo zucchero non le verdure. 6) No a zucso più cosa sia e all’alcol ho detto basta. chero e dolci. 7) Basta Corro, corro, corro sempre. E su e giù alcol. 8) Corri due voldalle scale, a perdifiato. Palestra? te alla settimana. 9) Fai Tutti i giorni. Sto bene, sono in le scale. 10) Allena i mupace con me stesso, ho una scoli “lunghi” (gambe, ad- bella cera. Intorno a me dome, petto e dorsali). tutti se ne accorgono. Ieri, per dire, un barbone mi ha dato 5 euro. Mi faccio le ferie in “subaffitto temporaneo” Negli Stati Uniti stanno avendo grande successo i siti di “subaffitti temporanei”. Sono siti dove è possibile pubblicare annunci sulla propria abitazione rendendola disponibile a bassissimi costi e per pochi giorni. Non siate scettici, a volte ci si trovano anche occasioni davvero golose, come una villa di lusso a Cape Town, un loft a Manhattan, una casa sugli alberi in Canada, una casa di paglia sulla spiaggia di Bali. Una camera matrimoniale a Soho può costare appena 90 dollari, il divano letto in sogscarpe Io pensavo che questa idea fosse giorno a Montmardavvero innovativa, ma poi ho parlato con lo tre solo 60 euro. zio Remo e lui me l’ha un po’ ridimensionata. Lo zio dice che queste case in subaffitto temporaneo, in realtà, esistono da un pezzo e che lui, negli anni d’oro, c’è stato un sacco di volte. Mi ha detto che, comunque, ho la mia età ed è giusto che faccia anch’io le mie esperienze estive. Lo zio Remo ha però molto insistito nel consigliarmi di non togliere mai le scarpe, nemmeno quando sono a letto. «Ti conviene tenerle sempre ai piedi. Fai meno fatica a scappare quando arriva la buoncostume». T ALLOGGI FI I cibi adatti per abbronzarsi Uno studio dell’Università di Bristol ha certificato che una corretta alimentazione favorisce l’abbronzatura più di mille creme solari. Come spiega la Stampa «l’ispirazione arriva dalla dieta vegetariana, da sempre custode di salutari virtù: frutta fresca e secca, verdure e cereali sembrano essere gli imprescindibili ingredienti per la ricetta dell’incarnato perfettamente abbronzato, dall’aspetto bello e sano». La lista per avere caldi La mia fidanzata mi ha detto che se una pella dorata è quenon mi mettevo in regola, lei in spiaggia, “il mozsta: carote, albicocche, zarella”, non ce lo portava. Così ho fatto un frulmelone, pesche gialle, latone di carote, albicocche, melone, pesche giallattuga, spinaci, zucca, le, lattuga, spinaci, zucca, rape, radicchio, sedano, rape, radicchio, sedapeperoni, pomodori, pompelmo rosa, susine, frutno, peperoni, pomodori, ti di bosco, anguria e me lo sono bevuto a gargapompelmo rosa, susine, nella. Ho trascorso l’estate a fare lavande gastrifrutti di bosco, anguria e che in ospedale. Ora sto bene e ho capito dove ho uva rossa. sbagliato. Se hai una fidanzata talebana dell’abbronzatura, devi essere tu a prendere iniziativa. Coi prima caldi, mandala subito, lei, a cagare. DI 54 | 24 agosto 2011 | | S NE ET E S Con chi vuoi viaggiare durante l’esodo? Un sito ha chiesto agli italiani con chi volessero affrontare le code in autostrada durante i weekend da bollino nero. La classifica dei preferiti è questa: Checco Zalone (25 per cento), Geppy Cucciari (21), Victoria Cabello (13), Elisabetta Canalis (12). In classifica anche Benedetta Parodi e Giuliano Pisapia. L’elenco degli indesiderati è questo: Emanuele di Savoia (16,7), Anna Tatangelo (16,7), Renzo Bossi (14,3). Seguono Daniela Santanché (13,7), Flavio Briatore (11), Valeria Marini (9,5). PA RT E NZ muto Il mio passeggero ideale non parla se non lo interpello, non rompe se fumo coi finestrini alzati, non si lamenta se l’aria condizionata è a -16, non s’azzarda a criticarmi se canto a squarciagola Scialpi, non si permette di suggerirmi la sua stazione radio preferita, non osa consigliarmi scorciatoie non segnalate dal navigatore, non urla “Attento!” se all’orizzonte appare un Tir, non gli scappa mai la pipì. Al massimo, chiede il permesso per usare il pappagallo. Per cose più impegnative, abbassa il finestrino e le fa in corsa. E Dimmi un po’ tu se il mare “non vale una cicca” A M BIE N TE “Ma il mare non vale una cicca?” è il titolo di una campagna, giunta quest’anno alla sua terza edizione, che vuole sensibilizzare gli italiani a liberare le spiagge dai mozziconi di sigaretta. Durante un fine settimana sono stati distribuiti su oltre 300 spiaggie 100 mila posaceneri tascabili, lavabili e riutilizzabili. «Le tracce che lasciamo sulla spiaggia – hanno spiegato i promotori – non si cancellano con le onde tracce Quest’anno ho fatto il “sensie con il vento, alcune rimangobilizzatore”. Ho trascorso una giornano per decine, centinaia o mita al “Bagno 28 Lucilla” a sensibilizzare gliaia di anni o addirittura non la gente. Spiegavo loro la rava e la fascompaiono mai». va sulla cicca e quelli mi ascoltavano rapiti. Incredibile a dirsi, i portaceneri sono andati a ruba. Tossici coi denti gialli e le dita consunte dalle sighe mi chiedevano uno, due, dieci posaceneri. Ero molto soddisfatto e sono andato a casa giulivo. La mattina dopo sono tornato al “Bagno 28 Lucilla”. Non si vedeva più nemmeno un mozzicone. La spiaggia era completamente ricoperta di posaceneri usati. Amici toy boy, arrivano le cougar S CA TE A PP imperdibile godibile inutile fetido L LE Si sa, l’estate è il tempo dei flirt. Quest’anno è l’anno delle cougar, cioè delle predatrici. Trattasi di donne mature, di solito over 40, a caccia di uomini giovani da ammaliare e sedurre. Le cougar adescano i loro toy boy su internet dove hanno i loro siti di riferimento. Sono donne in carriera tra i 30 e i 55 anni, single incallite o con diversi matrimoflirt L’altro giorno mi sentivo molto toy boy e così ho ni alle spalle. La loro contattato una cougar. Ero un po’ agitato perché, per me, eroina è Anne Banera la prima volta. Ma lei è stata molto carina a mettermi croft de Il laureato e, a mio agio e mi ha parlato per un’ora del suo primo ex manel mondo delle star rito. La seconda ora mi ha descritto il suo lavoro e le sue di Hollywood, si rifanprospettive di carriera. La terza ora l’ha trascorsa a lamenno a Demi Moore o tarsi del suo secondo ex marito, e di quanto fosse insensiSharon Stone. bile. La quarta ora non so cosa ha detto, dormivo. Ragazzi, non so voi, ma io la prossima volta che voglio avere un flirt con una cougar, vado da mia nonna a giocare a canasta. | | 24 agosto 2011 | 55 UN ALTRO MONDO è POSSIBILE la vocazione e le circostanze Ovunque siamo guardati da Gesù come l’adultera di Aldo Trento C Padre Aldo, da tanto tempo desidero chiederti di poter venire nella tua missione, perché ho bisogno di incontrare uno sguardo, una presenza che mi faccia compagnia, che mi aiuti a vivere un esaurimento che da molto tempo mi tormenta, togliendomi la gioia di vivere. Desidero per me ciò che tu hai ricevuto da Giussani, sentirmi abbracciato, perché sono stanco di passare da un appuntamento all’altro con diversi “esperti della mente” senza riuscire a ottenere nessun risultato. Ti supplico di accettarmi nella tua missione per un mese perché ho bisogno di condividere la mia situazione con qualcuno che, conoscendo questa malattia, possa permettermi di vedere un possibile raggio di luce nella mia vita. Lettera firmata aro M ille grazie, padre, ho appena letto on- line l’ultimo Tempi dove tu parli della vera fraternità, questa fraternità che non è andare dietro a un guru ma, guardando dove Carrón e tanti altri guardano, sfuggire alla tentazione di pensare che esistano luoghi privilegiati per vivere il rapporto con Gesù. Infatti qualsiasi condizione è privilegiata, dunque anche la mia in Belgio, questo paese scristianizzato da sempre! Gesù è presente qui come in Italia, come in Paraguay, e io posso camminare qui con Lui come Giovanni, Andrea, Zaccheo, la samarintana, la Maddalena, camminare e stupirmi dei miracoli che compie. Prego per te sempre. Roegiers S ono molte le lettere che ricevo in cui mi chiedono aiuto, una compagnia come quella che mi offrì Giussani. Soffro vedendo tante persone bisognose, afflitte da questa malattia che gli esperti definiscono con vari sostantivi. Una madre parlandomi di suo figlio mi scrive: «Mio figlio da molti anni vive un malessere che è stato definito da diversi specialisti in svariati modi: disturbo bipolare, disturbo borderline, adolescenza ritardata, problema psichiatrico grave, sano con poca voglia di lavorare. Mi aiuti, padre». E solo Dio sa quanto desidererei condividere con tutti questo grido, tante volte disperato. Tuttavia sono convinto della verità che afferma Roegiers nella sua lettera. Il problema non è vivere in Paraguay o sognare di incontrare qualcuno con la “bacchetta magica” che 56 | 24 agosto 2011 | | POST APOCALYPTO Lucas Cranach il Vecchio, Cristo e la donna colta in adulterio (1532) olio su tavola, 82,5x121 cm, Museum of Fine Arts, Budapest risolva i problemi. Non possiamo neanche immaginare che l’abbraccio che Giussani mi ha dato sia stato qualcosa in grado di suscitare emotivamente un entusiasmo o una passione per la vita. L’abbraccio di Giussani è stato come lo sguardo di Cristo verso Zaccheo o verso l’adultera. Uno sguardo che, abbracciando la mia umanità, ha aperto la mia libertà a un lavoro, un cammino che prosegue ancora oggi ed è la mia principale occupazione. Un abbraccio che rivelandomi la mia umanità mi ha dato una spinta, inviandomi in Paraguay. Esattamente il contrario di ciò che uno penserebbe. È stato un abbraccio tenero e duro, come lo sguardo di Cristo verso l’adultera: «Va’ e non peccare più», cioè vai in Paraguay per rimanere con me, rimani attaccato all’Avvenimento che ha aperto la tua vita a un’esperienza nuova. Non abbiamo bisogno di un guru, di andare a visitare luoghi particolari e ancor meno di venire in Paraguay, pretesa che qualcuno dopo anni ancora continua ad avere creando solo confusione. Il problema che uno vive è chiamato a viverlo lì dove Cristo lo ha posto, dentro le circostanze, l’ambiente che lo circonda. Il dolore è dolore in Italia come in Paraguay. L’aiuto uno lo incontra in Italia come in Paraguay. Cristo è presente in Italia come in Paraguay. Siamo chiamati a vivere le circostanze come fattori positivi ed essenziali per la nostra vocazione lì dove siamo. Ma se Cristo non agisce lì, non agi- rà neanche in Paraguay. È un problema della nostra libertà. Molta gente sogna il Paraguay perché non si è compromessa con la sua vocazione lì dove vive. Ho sentito molti amici dirmi: «Padre, quella persona, quella famiglia vivono il male dell’America Latina» ed è vero, perché qui, come direbbe Dante: «Ed un Marcel diventa ogne villan che parteggiando viene», mentre Cristo ci chiede di assumerci la nostra responsabilità, di guardarci intorno, perché siamo circondati da testimoni che possono, sempre che lo desideriamo e cerchiamo, abbracciarci e indicarci il cammino. La lettera che vi riporto di seguito è un fulgido esempio di una bellissima donna in sedia a rotelle che ho incontrato 30 anni fa. Quando l’ho rivista mi sono commosso, perché mai avrei potuto immaginare che Dio le avesse potuto chiedere tanta sofferenza, ma nonostante questo il suo sorriso mi accompagna ogni giorno. Come lei, quanti esempi di questo genere abbiamo vicino a noi, anche in Italia. Il punto è mendicare e chiedere a chi vive l’esperienza della fede, seguire umilmente e con tutta l’intelligenza quanto don Julián Carrón ci indica, guardare dove lui guarda, prendere sul serio il lavoro al quale continuamente ci richiama: «Aspettatevi un cammino, non un miracolo», ci ha detto recentemente. E questo cammino è possibile farlo solo dove uno vive e non dove uno sogna di vivere. [email protected] C 20 maggio 2011 (inizio della lettera) arissimo padre Aldo! Rivederti ed essere addirittura riconosciuta, sentirti il giorno dopo al telefono sono state cose proprio grandi. Come mi hai detto, scrivo quanto accennato (i tempi sono i miei, ho iniziato subito questa lettera, ma la fine è un’altra cosa...). Quelli dopo il matrimonio con Giuseppe sono stati anni movimentati. Ci siamo laureati, io in matematica nel 91, mentre Giuseppe in Lettere classiche nel marzo ’93. Ci siamo sposati il 29 maggio 1993. Su di me “pendeva” una diagnosi di stress prematrimoniale che spiegava certe anomalie come formicolii alle braccia e ai piedi, vista con farfalline e difficoltà-stanchezza nel camminare. Ero comunque troppo contenta! Dopo la laurea avevo iniziato subito a insegnare. Siamo venuti ad abitare nel paese natale di mio marito. All’inizio lui dava una mano a suo papà nei campi e nei capannoni di polli, mentre io in quell’estate ho iniziato a far ripetizioni e poi ho subito preso supplenze. Anche lui ha presto iniziato a insegnare in una scuola media. Sulle partecipazioni del matrimonio avevamo scritto: «La Tua Grazia vale più della vita». Non senza esserne convinti, ma che ingenui provocatori! Il Signore prende sul serio. La Fraternità, nel gruppetto che ci accoglie, diventa la cosa più importante per noi: luogo in cui il nostro volerci bene è sempre più il desiderio che si avveri il Destino l’uno dell’al- tro, in modo tale che ci stupiamo anche noi. La nostra vita diventa sempre più bella: è evidente che le circostanze sono luogo del manifestarsi del Suo amore. Un anno dopo avevamo già perso, al secondo mese di gravidanza, tre bimbi: Roberto e Anna prima, Antonio poi (naturalmente i nomi sono dati senza sapere il sesso, ma così sono affidati e tutti i giorni li possiamo ricordare e pregare!). Un anno per diagnosticare una malformazione del mio utero e quindi l’intervento. Intanto viene identificata anche la causa delle mie difficoltà che nel frattempo erano diventate anche periodicamente di equilibrio e sensibilità: sclerosi multipla. Poi, come le altre due volte, e nonostante l’intervento, anche Maria torna angelo prima di arrivare alla fine del terzo mese. A luglio ’96 sono incinta per la quarta volta: è Teresa. Va tutto bene: cresce e supera lo scoglio del terzo mese. Alla 24esima settimana però si rompono le acque. Dieci giorni di ospedale e poi nasce, decisamente in anticipo: pesa 430 grammi si muove tanto, come del resto faceva in pancia. È molto “vitale”, dicono i dottori. La respirazione (cosa più difficile) è aiutata, ma non al massimo: fa qualcosa anche lei. A noi è chiesto solo di aspettare: i medici non possono né prevedere il manifestarsi di uno dei tanti problemi possibili, né aiutarla. È una cosa tanto semplice, ma non facile! Tocchiamo con mano che in ogni momento è Lui che la fa, che le dà la vita. Una cosa vera per tutti e ciascuno, che siamo chiamati a riconoscere perché dà un respiro diverso, rende liberi. Nel suo caso è così lampante che ferisce, forse perché non ci è nemmeno lasciato lo spazio per dire “io” lo riconosco. In fondo, anche nell’affidarci, c’è il guizzo dell’orgoglio di aver preso quella decisione. Con Teresa non è possibile. In ospedale è fondamentale la preghiera dell’offerta della giornata. Abbiamo fatto la sola cosa davvero importante per lei: il Battesimo e, alla fine, anche la Cresima. Abbiamo adempiuto al grande compito per cui chi Gli si presenta di fronte può stare con Lui! Mentre io piango perché vorrei stringerla, poter pensare di vederla crescere sotto i miei occhi. Ma non mi è chiesto questo. L’ha ripresa con Sé dopo 33 giorni: in meno di 10 ore L’ha raggiunto. «Questi anni di matrimonio sono stati i più belli della mia vita. Quella frase ha assunto fisicità, è diventata vera. La cosa più evidente, certa per noi è stata l’amore del Signore. Che per abbracciarci si è servito in modo particolare dei nostri amici e di queste circostanze. Questo abbraccio è una certezza, che mi permette di amare le lacrime e lo smarrimento, la vertigine in cui mi trovo per la quale dire “sì” ora mi sembra impossibile. Ma riconosco (con la ragione e con il cuore) che tutto viene da Lui e che quindi tutto è positivo. Anche per questo mi sento più libera di piangere. Come il bimbo che, in braccio al papà, piange perché non ha avuto quel che voleva o si aspettava, ma non per questo ne mette in dubbio l’amore. Ho avuto tanta paura: quasi non osavo più sperare o chiedere il dono di poter crescere dei figli, né pensare al futuro con «Se Cristo non agisce lì dove siamo, non agirà neanche in Paraguay. Molta gente sogna il Paraguay perché non si è compromessa con la sua vocazione lì dove vive» Giuseppe. Ma soprattutto capisco che questa distanza, “inevitabile” con la piccola Teresa, mi viene chiesta in tutte le cose, in tutti i rapporti. Non ho più la “baldanza” di qualche mese fa nel chiedere la protezione dei Santi per la gravidanza o la sclerosi (richieste “specifiche”): mi pare “inutile”, mi pare di aver capito che è meglio che decida Lui direttamente. L’unica cosa che ho ancora la forza di chiedere, e lo faccio con vigore, è che mi faccia la Grazia di non andarmene, di restare attaccata ai volti che Lui mi ha messo e mi metterà vicino anche se, con gli occhi pieni di lacrime, la Sua Presenza potrà essere per me meno evidente». Scrivevo così a don Giussani qualche tempo dopo. Poi le cose sono andate avanti. Nel ’99 sono incinta di Riccardo, ma anche lui raggiunge i fratelli al terzo mese. Il dramma, il dolore si fa sempre più grande, ma la certezza dell’amore di Cristo, attraverso l’abbraccio e la tenerezza di mio marito che vive per me mi permette di affrontare anche altre situazioni molto difficili: un esaurimento nervoso, la perdita degli amici piú cari e la perdita del posto di lavoro. La sofferenza sembra stritolarmi ma la memoria di ciò che Dio ha fatto nella mia vita, la tenerezza di mio marito mi permette di sentire vivo l’abbraccio di Gesù che ogni giorno mi chiede tutto. Sono tanto grata agli anni in cui ero la baldanzosa giessina e ai miei genitori, in particolare a mio papà che si fidava di questa storia anche se ne restava fuori! Il fatto di ricordarmene è un aiuto. Non mi pare sia nostalgia di una cosa lontana, ma la testimonianza che Cristo c’è. Il fatto che adesso abbia modi diversi non cancella quel suo essersi comunque palesato nella mia vita: la Sua presenza ha avuto una certa fisicità e in nome di quel Suo “portare a termine l’opera iniziata” ho ricominciato a chiedere, anche l’impossibile. Nel 2003 abbiamo risposto a una richiesta arrivata dalle famiglie per l’accoglienza per due fratelli. Li abbiamo traghettati dalla brutta sistemazione in cui erano a due famiglie dell’Associazione Fraternità di don Inzoli. Che consolazione (e orgoglio) rivedere il grande al Meeting, nello stand della loro mostra! Adesso hanno una famiglia con una decina di fratelli ciascuno di cui sanno essere fieri. Adesso chiudo perché stamattina sono più “in forze” e spero di spedire! Continuando a pregare per te, non so se proprio offriamo, però ci proviamo entrambi. Con la speranza di poter restare sempre in questa grande storia che Gesù ci ha portato e in cui ci ha introdotto. 19 luglio 2011 (fine della lettera) | | 24 agosto 2011 | 57 LETTERE AL DIRETTORE Se le parole rifulgessero della loro “cosità” tutti noi vivremmo meglio 2 Premetto che sono assolutamente contrario alle misure di custodia cautelare, troppo spesso utilizzate dai magistrati per fini differenti da quelli previsti dalla legge, e che sono uno dei pochi garantisti rimasti. Ma le chiedo come mai ci sia, almeno apparentemente, una applicazione così diversa della legge. Da una parte gli esponenti del Pd (Penati, ad esempio) cui vengono contestati fatti gravissimi che, fingendo di dimettersi, si vedono riconosciuti grandi meriti e continuano ad essere liberi (ma a me non risulta che si sia dimesso da consigliere regionale, quindi si tratta, forse, di mezzo passo indietro), dall’altra gli esponenti del Pdl (l’ex assessore Prosperini, il sindaco di Voghera, per citarne alcuni) che al minimo sospetto vengono “ingabbiati”. Che avesse ragione Orwell quando scriveva che la IL TRIONFO DEL SETTEBELLO A SHANGHAI SPORT UBER ALLES S | 24 agosto 2011 | 2 Una domanda semplice semplice, che il neo-ministro della Giustizia, il magistrato in aspettativa Francesco Nitto Palma, potrebbe rivolgere ai suoi colleghi, i capi delle procure di Napoli e Milano: perché Alfonso Papa, del Pdl, è in carcere a fare il bucato e lavare i sudici pavimenti di Poggioreale, mentre Filippo Penati, ex capo della segreteria di Bersani, leader del Pd, è al mare, a fare il bagno? Pietro Mancini via internet Perché a Monza, oltre ai ministeri leghisti, c’è più civiltà giuridica che altrove. 2 Chiaccherando amabilmente con alcune nipoti ventenni, siamo venuti a parlare della caduta verticale dei matrimoni. Le ragazze mi hanno reso noto che esiste tra i giovani maschi dei nostri giorni una situazione preoccupante di apatia al fidanzamento e quindi di indifferenza per il matrimonio, che viene spostato, quando viene raggiunto, di circa un decennio rispetto a quando erano giovani i loro nonni. Non conosco i programmi della Giornata mondiale della gioventù di Madrid, ma secondo me uno dei temi principali dovrebbe essere il matrimonio cristiano indissolubile, prolifico e coraggioso. Penso che questa sia la pietra miliare del rinnovamento umano, sociale e anche economico della nostra Italia in particolare. Matrimonio da ricercare come valore fondamentale dell’esistenza. Da vivere con lo stesso slancio che ebbero i loro nonni, che permise loro di superare la crisi degli anni della ricostruzione postbellica, ben più pesante di Fred Perri Fred va in vacanza finché il volgo non s’inchinerà alla pallanuoto o meglio, mi sento benissimo ma sono stremato. Non mi sono ancora ripreso dai festeggiamenti per il trionfo del Settebello al Mondiale di Shanghai. L’avete visto? No? Non avete visto i quattro tempi di otto minuti, più due supplementari da tre minuti? Non avete visto i due rigori parati da Stefano Tempesti? Non ave- 58 legge è uguale per tutti ma per alcuni è un po’ più uguale? Giovanni Valdes via internet | cusate, ma non mi sento troppo bene, te visto l’errore del credente Alex Giorgetti che ha rimesso in gioco la Serbia mentre la stavamo stremando? Non avete visto il centroboa Aicardi che si faceva un mazzo tanto perché era rimasto da solo a coprire il ruolo? Non avete visto al furia del commissario tecnico Campagna, normalmente molto sobrio con gli arbitri, quando ci hanno fischiato contro un rigore ridicolo? Foto: AP/LaPresse P pubblicati su Twitter dall’attentatore norvegese Anders B. Breivik recitasse così: «One person with a belief is equal to the force of 100.000 who have only interests». Potrebbe tradursi: «Un uomo con un ideale ha la stessa forza di 100 mila persone che hanno solo interessi». Mi piace rendere con “ideale” (e non con “fede” o “credo”) la parola “belief”, perché sia davvero di tutti, perché abbracci più storia: anche quella politica, oltre che religiosa. Leggere queste parole mi ha messo l’anima in subbuglio. Perché sono vere, oltre che bellissime. E tragicamente vere risuonano oggi alle nostre orecchie. Mi hanno fatto ripensare al senso e al peso delle parole, di tutte le parole. A quelle che scriviamo, diciamo, buttiamo via tutti i giorni con facilità. Senza sapere quanto scottino. Mi hanno fatto pensare all’esigenza di riappropriarcene, di ri-insegnarle, di riamarle, le parole. Nella loro verità. Perché non si possa più confondere l’ideale (passione per un bene visto e riconosciuto) con l’ideologia (immagine della ragione sulla realtà, a cui quest’ultima va piegata, anche con la forza, se necessario). Né la fede con la fantasia senza limiti, né la passione con la follia. Prima che qualcuno si affretti a dire che è più umano vivere senza un ideale, se queste ne sono le conseguenze. Perché parole come queste possano ritornare a splendere nella loro purezza. Una purezza che hanno davvero, se vi si fa corrispondere l’oggetto adeguato. Questo è mancato, forse, a chi le ha scritte: qualcuno che glielo facesse riconoscere quell’oggetto, qualcuno che glielo indicasse, qualcuno che glielo in-segnasse. Pino Suriano via internet are che uno degli ultimi post Mi coglie abbastanza preparato sul tema: sono sedici anni, da che uscì il primo numero di questo giornale, che male e bene cerchiamo di contribuire a rifare e ridire una parola seria, conseguenza di cose e non di sofismi. Sotto questo riguardo Breivik è la desolazione pura, il deserto, la tundra ideologica-totalitaria, per la quale, data una premessa dialettica, si arriva per deduzione, estraniazione e ossessione al finale paranoico stragista che sappiamo. Figura di una mente disumanizzata, è vero. Ma anche tremendamente prossima all’uomo che smette di “sentire” gli altri uomini e cammina solitario verso l’ottundimento totale e, perciò, nella violenta affermazione di sé. Mi viene in mente una canzone di Claudio Chieffo, La nuova Auschwitz, quella che dice: «Non è possibile essere come loro, non è difficile essere come loro». [email protected] di quella attuale, quando per sposarsi ci si accontentava di due cuori e una capanna, perché si confidava nella Provvidenza, realtà ora ignorata dai più. Bruno Mardegan Milano Augias, Montanelli e la Madonna Possiamo affidarci con sicurezza all’abbraccio materno di Maria 2 Foto: AP/LaPresse Da qualche tempo collaboro con LISA Onlus, l’associazione, fondata a Bra (Cn) dai coniugi Ferraro, che si impegna per promuovere la tutela, l’assistenza e la cura delle persone affette da Locked-in Syndrome (Lis). Poche persone, inclusi medici, professori universitari e terapisti, conoscono l’esistenza di questa patologia che causa notevoli disagi alle famiglie, costrette ad adeguarsi ad approcci non specializzati. Una malattia invalidante al 100 per cento a livello fisico in quanto il paziente non può muoversi né parlare, ma non emozionale, infatti queste persone ascoltano, provano emozioni e ricordano, insomma: ci sono! Secondo la statistica in Italia una persona su 100 mila è affetta da Lis ma i casi che, autonomamente, la nostra associazione ha riconosciuto sono solo una trentina, questo vuol dire che ci sono persone coscienti e non capaci di esprimersi, rinchiuse in una corazza, e molte di loro potrebbero essere considerate in coma, in stato vegetativo o di minima coscienza per una diagnosi non corretta. Inizialmente ammetto che il mio aiuto da volontaria era spinto dal desiderio di aiutare queste persone, le loro famiglie, i progetti dell’associazione e dall’interesse verso la patologia. Poi, conoscendo l’umanità del presidente dell’associazione Luigi e frequentando l’amorevole famiglia di Carlo (in Lis da 4 anni), ho capito veramente perché mi sto impegnando in questa esperienza. Mi sono resa conto che il tempo che offro a loro non è altro che un richiamo alla vita per me. Queste persone con di Pippo Corigliano CARTOLINA DAL PARADISO A gosto, mese di riposo e mese di una festa importante della Madonna: l’Assunzione, che cade il giorno 15. Sembra troppo bello poter contare su una Madre affettuosa che veglia su di noi. Corrado Augias, durante una trasmissione televisiva, mi ha ripetuto la vecchia ipotesi cara ai filosofi tedeschi dell’Ottocento: Dio, gli angeli e i santi non sarebbero che proiezioni del nostro desiderio di essere confortati e aiutati. L’affetto per la madre e per il padre ha radici profonde. Quando gambizzarono Indro Montanelli andai subito a trovarlo. L’indomito spadaccino della penna era euforico per la prova superata. L’unica preoccupazione era per la sua “mammetta” novantenne. Aveva dato ordine di farle il black out attorno: niente notizie da tv, radio, giornali. Le parlò a lungo per telefono e, alla fine della conversazione, le raccomandò di non preoccuparsi se sentiva parlare di un attentato perché lui stava benissimo. Mi commosse questa preoccupazione, propria di un figlio buono. La paternità e la maternità terrene derivano da un Dio che ha in sé la paternità, la filiazione e l’amore. La Madonna ci svela il volto materno di Dio e La possiamo abbracciare come il bambino Gesù in un abbraccio tenero, guancia a guancia, come nelle icone bizantine. È logico che Augias, che non ha la fede cristiana, abbia dei dubbi in proposito ma è altrettanto logico che noi cristiani ci affidiamo in ogni circostanza a questa madre affettuosa, assunta in Cielo, che ci segue, protegge e c’insegna ad amare. un solo sguardo sanno spiegarci la vita, perché anche dentro una sofferenza immensa sanno rimanerci attaccate. La nostra società dovrebbe uscire da quel campo di battaglia dove si sparano di continuo accuse e lamentele, dovrebbe imparare ad ascoltare e guardare, a rilanciare e sostenere quelle associazioni (come LISA) che sono la voce dei cittadini più bisognosi, i quali, per esprimere una necessità che ai più risulterebbe banale, vengono soffocati dalla burocrazia e dall’indifferenza. Non serve un codice o un’etica particolare per riconoscere che il diritto alla vita e alla cittadinanza dovrebbe essere garanzia per ognuno di noi, qualsiasi sia la nostra condizione, ma a quanto pare ci sono persone che se lo devono costruire andando “col lanternino” alla ricerca di leggi che le supportino. La palla ora la rilancio alle istituzioni, perché con generoso impegno e obiettività puntino su qualcosa che già c’è ma che ha bisogno di risorse per crescere! Speriamo che il nostro paese non sia abitato solo dai peggiori sordi… quel li che non vogliono sentire! Maria Vietti via internet Non avete visto il gol di Maurizio Felugo, una spingardata micidiale che ci ha dato il vantaggio decisivo? Non avete visto la difesa esemplare nel secondo supplementare? Non avete visto la festa dei ragazzi nella piscina di Shanghai? Non avete visto i nostri eroi abbracciati sul podio? Non avete visto la grandezza della pallanuoto italiana? Beh, non avete visto e capito nienAnche grazie alle “paratone” te, non solo dello sport, ma anche della vita. E quindi, disgustato, vado in vacanza. Non cercatemi, non teledi Tempesti la nazionale fonatemi, non fatevi più vedere. Tornate solo quando di pallanuoto saprete rispondere a questa domanda: chi segnò il gol ha vinto decisivo nella finale olimpica contro la Spagna del ’92? il mondiale Senza consultare Wikipedia, macachi. di Shanghai | | 24 agosto 2011 | 59 beni presso l'impresa in pegno o cauzione Altro EDITORIALE TEMPI DURI SRL Reg. Imp. 11540470157 Rea 1475597 4) Altri conti d'ordine Totale conti d'ordine PUBBLICAZIONE BILANCIO AL 31.12.2010 DELLA CONCESSIONARIA EDITORIALE TEMPI DURI SRL PUBBLICITà EDITORIALE TEMPI DURI SRL Conto economico 31/12/2010 31/12/2009 2.910.286 3.013.333 A) Valore della produzione 1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 2) Variazione delle rimanenze di prodotti in Sede in CORSO SEMPIONE N 4 - 20100 MILANO (MI) Capitale sociale Euro 61.719,00 i.v. lavorazione, semilavorati dall’art. e finiti Ai sensi dell’articolo 12 c.2 della legge 5 agosto 1981 n.416 come modificato 1 c.34 della legge 650/96 Bilancio al 31/12/2010 Stato patrimoniale attivo 31/12/2010 31/12/2009 A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (di cui già richiamati II. Materiali - (Ammortamenti) - (Svalutazioni) III. Finanziarie 255.125 178.950 255.125 134.859 76.175 120.266 132.103 78.033 63.635 54.070 500 500 140.310 500 174.836 139.869 76.234 500 - (Svalutazioni) Totale Immobilizzazioni C) Attivo circolante I. Rimanenze II. Crediti - entro 12 mesi - oltre 12 mesi 3.257.151 48.723 III. Attività finanziarie che non costituiscono Immobilizzazioni IV. Disponibilità liquide Totale attivo circolante D) Ratei e risconti Totale attivo Stato patrimoniale passivo 3.305.874 3.210.721 47.230 3.257.951 16.642 20.891 3.322.516 3.278.842 417 10.211 3.463.243 3.463.889 31/12/2010 31/12/2009 EDITORIALE TEMPI DURI SRL A) Patrimonio netto I. Capitale II. Riserva da sovrapprezzo delle azioni III. Riserva di rivalutazione IV. Riserva legale V. Riserve statutarie Bilancio al 31/12/2010 VI. Riserva per azioni proprie in portafoglio VII. Altre riserve Riserva straordinaria o facoltativa 61.719 469 61.719 389 Pagina 1 Riserva per rinnovamento impianti e macchinari Riserva per ammortamento anticipato Riserva per acquisto azioni proprie Riserva da deroghe ex art. 2423 Cod. Civ. Riserva azioni (quote) della società controllante Versamenti in conto futuro aumento di capitale Versamenti a copertura perdite Riserva da riduzione capitale sociale 44.914 44.914 Differenza da arrotondamento all'unità di Euro Riserva da condono ex L. 19 dicembre 1973, n. 823; Riserve di cui all'art. 15 d.l. 429/1982 Riserva da condono ex L. 30 dicembre 1991, n. 413 Riserva da condono ex L. 27 dicembre 2002, n. 289. Fondo contributi in conto capitale (art. 55 T.U.) (2) (1) 8.915 7.387 Riserve da conferimenti agevolati (legge n. 576/1975) Fondi di acc.to delle plus. di cui all’art. 2 legge n. Fondi di acc.to delle plusvalenze ex d.lgs n. 124/1933 Conto personalizzabile Altre... VIII. Utili (perdite) portati a nuovo IX. Utile d'esercizio IX. Perdita d'esercizio Acconti su dividendi Copertura parziale perdita d’esercizio 25.091 2.469.842 167.377 84.134 26.408 7.699 64.326 19.039 5.356 118.241 88.721 44.090 44.090 14.131 15.272 10.000 58.221 11) Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 12) Accantonamento per rischi 13) Altri accantonamenti 14) Oneri diversi di gestione Totale costi della produzione 69.362 12.626 26.165 2.726.983 2.846.558 230.303 278.775 EDITORIALE TEMPI DURI SRL Differenza tra valore e costi di produzione (A-B) C) Proventi e oneri finanziari 15) Proventi da partecipazioni: - da imprese controllate - da imprese collegate 31/12/2010 - altri Bilancio al 16) Altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni - da imprese controllate - da imprese collegate - da controllanti - altri b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni c) da titoli iscritti nell'attivo circolante d) proventi diversi dai precedenti: - da imprese controllate - da imprese collegate - da controllanti - altri Pagina 4 20 42.667 20 20 396 396 396 42.667 40.210 40.210 (42.647) (39.814) 2.094 2.056 7.915 100 10.071 17-bis) utili e perdite su cambi D) Rettifiche di valore di attività finanziarie 18) Rivalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie c) di titoli iscritti nell'attivo circolante 53.827 52.300 908 ( ) ( ) 1.608 ( ) ( ) 116.923 116.016 21) Oneri: - minusvalenze da alienazioni - imposte esercizi precedenti - varie - Differenza da arrotondamento all'unità di Euro 1.961 127 6 168.846 B) Fondi per rischi e oneri EDITORIALE TEMPI DURI SRL EDITORIALE TEMPI DURI SRL C) Trattamento fine rapporto di lavoro subordinato 29.840 22.212 D) Debiti 3.307.154 2.764 4) Altri conti d'ordine 3.309.918 3.294.204 19.402 3.313.606 Bilancio al 31/12/2010 E) Ratei e risconti 6.562 conti d'ordine Totale passivo 3.463.243 3.463.889 31/12/2010 31/12/2010 31/12/2009 2.910.286 3.013.333 Conto economico Conti d'ordine Risultato prima delle imposte (A-B±C±D±E) 22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate a) Imposte correnti Bilancio al 31/12/2010 A) Valore della produzione 1) Rischi assunti dall'impresa (166.752) (215.685) 20.904 23.276 16.969 21.550 Pagina 5 b) Imposte differite c) Imposte anticipate 118 3.027 d) proventi (oneri) da adesione al regime di consolidato fiscale / trasparenza fiscale Pagina 2 12.055 225.705 51 168.846 EDITORIALE TEMPI DURI225.756 SRL Totale delle partite straordinarie Totale patrimonio netto 23) Utile (Perdita) dell'esercizio 19.996 21.668 908 1.608 Presidente del Consiglio di amministrazione BRIVIO GIUSEPPE eLENCO TESTATE IN ESCLUSIVA: 47.000 112.000 47.000 2.957.286 112.000 3.125.333 18.005 2.391.768 25.091 2.469.842 B) Costi della produzione a imprese controllate da controllanti ad altre prime, imprese 6) Per materie sussidiarie, di consumo e di merci 7) Per servizi 10) Ammortamenti e svalutazioni a) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali c) Altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) Svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide 20) Proventi: - plusvalenze da alienazioni - varie - Differenza da arrotondamento all'unità di Euro Conto personalizzabile a imprese collegate Totale valore della produzione a imprese controllanti 18.005 2.391.768 128.122 E) Proventi e oneri straordinari Conto personalizzabile Fideiussioni 1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni a imprese controllate 2) Variazione delle rimanenze di prodotti in lavorazione, semilavorati a imprese collegate e finiti 3) Variazioni dei lavori in corso su ordinazione a imprese controllanti 4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni a imprese controllate da controllanti 5) Altri ricavi e proventi: ad altre imprese - vari - contributi in conto esercizio -Avalli contributi in conto capitale (quote esercizio) a imprese controllate 112.000 3.125.333 Totale rettifiche di valore di attività finanziarie Riserva non distribuibile ex art. 2426 Riserva per conversione EURO beni presso l'impresa in pegno o cauzione - entro 12 mesi Altro - oltre 12 mesi 47.000 2.957.286 19) Svalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie c) di titoli iscritti nell'attivo circolante Fondi riserve in sospensione d’imposta 168/12 Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci Per servizi Per godimento di beni di terzi Per il personale a) Salari e stipendi b) Oneri sociali c) Trattamento di fine rapporto d) Trattamento di quiescenza e simili e) Altri costi Totale proventi e oneri finanziari Riserva avanzo di fusione Riserva per utili su cambi 6) 7) 8) 9) 17) Interessi e altri oneri finanziari: - da imprese controllate - da imprese collegate - da controllanti - altri Riserva non distrib. da rivalutazione delle partecipazioni Versamenti in conto aumento di capitale Versamenti in conto capitale 112.000 B) Costi della produzione B) Immobilizzazioni - (Ammortamenti) - (Svalutazioni) 47.000 Totale valore della produzione ) I. Immateriali 3) Variazioni dei lavori in corso su ordinazione 4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 5) Altri ricavi e proventi: - vari - contributi in conto esercizio - contributi in conto capitale (quote esercizio) LETTERE AL DIRETTORE un paese dietro le sbarre Così è naufragato il Piano carceri. Parola di galeotto per i detenuti che provvedono alla manutenzione della struttura penitenziaria, idraulici, elettrihi dice che il carcere è galera? A me pare una villeggiatura». Cocisti, muratori eccetera. Insomma: mentre la posì suonava una vecchia canzoncina in dialetto calabrese in voga polazione carceraria aumentava venivano ridotti tanti anni fa. Beh, se mai queste parole possono essere state vei servizi elementari, a cominciare dalle pulizie. re una volta, le garantisco, caro direttore, che oggi non lo sono più. Oggi la gaIo mi trovo nella Casa di reclusione di Padova, da dentro lera è la disperazione, un non luogo, un non tempo. Ho letto l’inchiesta del nuche a ragione è considerata tra le più vivibili in mero 27 di Tempi del 14 luglio. Avete descritto una realtà che nessuno vuole Italia. Qui opera una realtà lavorativa di spessoascoltare, neppure chi avrebbe il dovere di intervenire. re come la cooperativa Giotto, che, tra il carcere Le carceri sono invivibili perché sono diventate la risposta più comoda a tute le attività esterne, impiega oltre 100 detenuti i problemi dell’Italia. Il carcere è diventato come la pattumiera in cui si ti in attività come la pasticceria e il call center. getta tutto ciò che non piace e che non si vuole mostrare agli estranei. Mi Oltre a questa vi è una realtà culturale unica vengono in mente gli annunci dell’allora ministro della Giustizia Angelino Alin Italia come la redazione di Ristretti Orizzonti. Eppure, nonostante questi aspetti positivi, sofano alcuni anni fa al Meeting di Rimini. Il ministro si impegnava al trasfeno presenti problematiche da Terzo Mondo. Ci rimento dei detenuti stranieri nei loro paesi di origine, con il progetto di far sono almeno cinquecento detenuti che vivono rientrare in patria a loro volta gli italiani detenuti all’estero. Una sorta di lonell’abbandono. Nella sezione detentiva, quelgica di “scambio di prigionieri”. Poi il progetto è saltato perché al ministela in cui mi trovo, io ci sono solo due docce funro si sono accorti che gli italiani detenuti all’estero sono di più degli stranieri Il servizio sulla situazione zionanti su cinque, per circa 70 detenuti. Non è detenuti in Italia. Nelle carceri italiane il 43 per cento dei detenuti è costitucarceraria possibile riparare le altre tre docce poiché il miito da extracomunitari. Di questi circa due terzi devono scontare una pena italiana è stato nistero non manda il finanziamento necessainferiore ai due anni, quindi rientrano nei termini richiesti per essere rimpapubblicato sul rio. In queste condizioni ci sono anche altre setriati nei paesi d’origine. Eppure il numero degli espulsi prima del fine pena è numero 27 di Tempi (14 luglio) zioni. Il degrado è diffuso in maniera capillare. davvero esiguo. Per lavare i locali delle docce e il Ancora. Nelle carceri il 30 per cento dei detecorridoio delle celle siamo costretnuti è tossicodipendente. Ma la tossicodipenti a raccogliere un po’ di detersidenza non si può risolvere con la galera. La vo ciascuno e a metterci all’opera tossicodipendenza è un’emergenza sanitaria. noi stessi, giacché ai lavoranti non Invece qui il sovraffollamento viene combattusono pagate le ore sufficienti per to a forza di psicofarmaci e metadone, col riprovvedere a queste incombenze. sultato che a fine pena i tossicodipendenti sono Per tenere pulite le celle comperiapiù tossici di quando erano entrati in carcere. mo noi la pittura per imbiancare, Un altro annuncio caduto nel vuoto è quello di altrimenti sarebbe impossibile viincrementare le misure alternative per favorire verci senza ammalarsi. Questo è un la deflazione dalle carceri, incentivando le ditte “lusso” che possono permettersi in e le cooperative ad assumere i detenuti. È di popochi. In altre sezioni gli stranieri che settimane fa la notizia dei tagli degli sgrasono in numero più elevato e ci sovi fiscali garantiti dalla legge Smuraglia, lo aveno maggiori difficoltà. te già scritto voi di Tempi nel vostro dossier. Il Nella mia sezione, quella detentiva, famoso Piano carceri, che prevedeva anche la In questi ultimi due anni c’è stacostruzione di nuovi penitenziari e di nuovi pato un numero di morti per suicici sono due docce funzionanti su diglioni detentivi nelle carceri già operanti per dio davvero alto. Negli ultimi tre cinque, per circa 70 detenuti. Non è garantire ventimila nuovi posti letto, è naufragamesi, tre suicidi solo qui a Padova. to nel suo brodo di cottura. Sono stati realizzati, Un cittadino maghrebino si è impossibile riparare le altre poiché dal infatti, soltanto alcuni padiglioni costruiti all’inpiccato e due italiani si sono suiministero non arriva il finanziamento cidati con il gas. Nelle carceri c’è terno delle carceri di Piacenza e altri due istituti. Siamo molto lontani dai ventimila posti letto una povertà diffusa. Con il fenomeannunciati dal ministro. Tra l’altro la costruzione cucina omologata per seicento detenuti se i deno dell’immigrazione è cambiata la di questi padiglioni ha peggiorato la situazione, tenuti diventano novecento e non si è provveducomponente dei detenuti, ci sono moltissimi giogiacché i posti letto sono aumentati andando a to a ingrandire la cucina, le cose funzioneranno vani sotto i venticinque anni. Hanno fame, non pesare sulle strutture preesistenti. In un carcere sicuramente male. Sono stati addirittura ridotti hanno nulla da vestire e neppure i soldi per teleche dispone di seicento detenuti e ha tre medigli stipendi ai lavoranti che svolgono attività di fonare a casa loro. La legge li definisce giovanici per garantire la salvaguardia della salute, se i tipo domestico per conto dell’amministrazione, adulti e nel passato l’amministrazione penitendetenuti diventano novecento ma non si aumencon mansioni di addetti alle pulizie. Sono stati riziaria garantiva loro un vitto più ricco rispetto tano i medici come si fa? In un carcere con una dotti anche i loro orari di lavoro. Lo stesso vale ai detenuti più adulti, quelli sopra i venticinque dal carcere di Padova Bruno Turci «C | | 24 agosto 2011 | 61 anni. Oggi per chissà quale ragione le razioni del vitto sono state ridimensionale e diminuite. Vorrei sapere cosa ci fa un ragazzo di vent’anni con 100 ml di latte per la colazione del mattino... Le imprese appaltatrici che gestiscono le cucine e lo spaccio per gli acquisti consentiti ai detenuti si arricchiscono, non vengono rispettate le garanzie per il consumatore come avviene nel mondo libero, fuori dal carcere. La Corte dei conti negli ultimi tempi è intervenuta, ci sono interrogazioni parlamentari che devono chiarire molte cose. Questa disperazione è figlia del sovraffollamento e, quindi, dell’incuria di chi dovrebbe amministrare e invece è affaccendato in tutt’altro. La soluzione ha un nome e un cognome, non scomodiamo i condoni, le sanatorie, queste sono cose troppo impegnative e richiederebbero un coraggio che solo Pannella e pochi altri avrebbero. Però abrogando alcune leggi assurde, figlie della propaganda, si potrebbero ristabilire le condizioni per tornare alla normalità. Queste leggi sono la cosiddetta “ex Cirielli” e la Fini-Giovanardi. Queste due norme, varate nel dicembre 2005, hanno prodotLa costruzione di to un aumento di circa ottocentomille unità di detenuti al mese nelle nuovi padiglioni carceri italiane. La prima ha introha peggiorato la dotto modifiche al codice penale e per i recidivi comporta un aumento situazione. In un di circa la metà della pena e il dicarcere con vieto della concessione delle attenuanti generiche (quest’ultima norseicento detenuti ma è stata abrogata di recente per e tre medici, cosa illegittimità costituzionale); inoltre, sempre per i recidivi, ha introsuccede se dotto l’esclusione dai benefìci penii detenuti tenziari. La seconda ha introdotto la tabella unica delle droghe, equidiventano parando le canne all’eroina. Queste novecento? due leggi, combinate l’una con gli effetti dell’altra, hanno fatto il disaabbiamo bisogno di politica e pacificaziostro. Ovviamente la Giovanardi-Fini prevedeva ne sociale non lo sa solo Dio. Lo sa chiunque che i tossicodipendenti che ne avessero fatto rinon sia rimbambito dalla propaganda quachiesta fossero ospitati nelle Comunità terapeulunquista che ci appesta fin dentro le retiche anche con condanne fino a sei anni di redazioni dei giornaloni che poi si gonfiano clusione. L’unico problema è che l’aumento degli il petto con i diritti, i riformismi e i Cesare arresti è stato di dimensioni tali da riempire suBeccaria. Molti reati dovrebbero avere sanbito le Comunità e da far prosciugare le risorse zioni amministrative, pecuniarie, riparatiper finanziarle. ve sociali. E invece la linea della depenalizzazione viene continuamente contraddetta da Sono anni che gli addetti al mercato carcequello stesso circuito mediatico-giudiziariorario – mercato, sì, delle bestie umane – soprogressista cosiddetto ed emergenzialista no al corrente delle penose condizioni in cui di fatto. Lo stesso che poi grida alla Costiversano i detenuti. Tutti i politici (eccettuzione calpestata quando ci scappa il morto i gaglioffi) li piangono a corrente alternato e si scopre la polvere che sta sotto il tapta. Ma nessuno osa prendere decisioni conpeto ferrigno. Marco Pannella, questo Icaro seguenti. Perché? Perché si perdono voti. da cui si può dissentire su tutto, ma non su Balle. Palmiro Togliatti, ministro della Giuquesta sua testarda e indomita battaglia di stizia nel primo Dopoguerra, non perse voti informazione e di riforma del sistema peniproclamando l’amnistia per i fascisti. Avere tenziario italiano, ci ha offerto di nuovo la il coraggio delle decisioni necessarie e metpossibilità che ragione e diritto sfondino il terci la faccia davanti al popolo. Questo è il muro di omertà, carità parolaia e calcolapunto. Amnistia. Lo sa anche wikipedia che ta indifferenza che alimentano la non politi“si tratta di un provvedimento generale di ca sulle carceri. Luoghi in cui non si eserciclemenza, ispirato a ragioni di opportunita nessuna rieducazione e nessuna autentica tà politica e pacificazione sociale”. E quanto 62 | 24 agosto 2011 | | sanzione. Dove c’è solo gente buttata – come ci rammenta il nostro amico detenuto – e nessuna idea di politica penitenziaria se non quella che spolpa l’osso della spesa pubblica. Anche qui: possibile che dal ricco mondo del volontariato e della sussidiarietà generosamente presenti negli istituti di pena, non si riesca a recepire un pensiero progettuale che trasformi le galere da ricettacolo di spazzatura umana a realtà di scuole, di lavoro e di reinserimento sociale? Certo, bisognerebbe metterci la testa per ricominciare qualcosa che anche dietro le sbarre sia segno di qualità civile. Ma bisognerà pur ricominciare. O davvero si può star tranquilli che ordine e sicurezza saranno vieppiù garantiti stipando le carceri di otto-novemila nuovi detenuti al mese? Perciò l’amnistia del “solito” Pannella non dovrebbe essere l’ultimo problema della politica (e della pubblicistica), ma dovrebbe essere considerata e afferrata come una delle grandi occasioni per combattere la crisi. Che è crisi di uomini con gli attributi, di pensiero e di coraggio. Foto: AP/LaPresse lettere al direttore taz&bao La scuola glaciale La scuola in Italia si regge su di un’alleanza, quella tra il mammut e il dinosauro. Il mammut è la burocrazia, il dinosauro è il corporativismo. Per rompere questa alleanza c’è bisogno di un grande movimento di opinione pubblica. Claudio Gentili direttore Education di confindustria, Ilsussidiario.net, 28 luglio 2011 64 | 24 agosto 2011 | | GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI quando la casa è vuota La quiete tanto attesa di Marina Corradi M 31 luglio. Una domenica. Le strade sono semideserte. Il caseggiato è innaturalmente silenzioso; solo, dalla strada, il rombo di un autobus che passa, veloce e vuoto. L’aria è una coltre molle che intorpidisce. Anche la casa è muta: via i figli, senza le loro voci queste stanze sembrano assurdamente grandi. Accendo la tv, senza guardarla, solo per sentire un’eco di parole. Tutto, senza i ragazzi, è così in ordine. Nemmeno un paio di scarpe da ginnastica abbandonate in ingresso, nemmeno un libro di matematica spalancato in soggiorno. Lo schermo del pc, in studio, è spento, nero. Il bucato sul balcone è steso, il frigorifero è pieno. I gatti dormono, acciambellati sui divani. Non c’è bisogno di nulla. Si potrebbe stare tranquilli: leggere un libro, riposare. Non riesco a fare niente invece. Quante volte durante l’anno mi dico: come vorrei una giornata tranquilla. Eccola, è qui: ma proprio questa quiete mi rende irrequieta. Da ragazza, in un pomeriggio di domenica silenzioso come questo, avrei preso la macchina. Sarei partita senza saQuante volte durante l’anno vorrei una pere per dove, cercando: senza capire che cosa, e perché. Spinta dalla congiornata tranquilla. Eccola, è qui. E mi rende fusa idea che la vita, comunque, fosinquieta. Non parto, nelle domeniche vuote. se altrove. (“Instabilitas loci”, chiamaHo capito che quello che cerco non è altrove. va questa irrequietezza san Tommaso; l’impossibilità di stare fermi, come se È qui. Come una fonte sepolta in un pozzo l’immobilità comportasse una insostenibile tensione). Oggi, non prendo più l’auto. Non parto, nelle domeniche vuote, per nessun luogo; perché ho capito che quello che cerco non è altrove. È qui, deve esser qui; e non in casa, ma addosso, anzi, dentro di me. In fondo; come una fonte sepolta in un pozzo. Ci vorrebbe un secchio, e una corda per calarlo giù in basso, nel buio, fino a quando si senta il metallo che urta contro l’acqua, con u n suono argentino. Ci vorrebbe, ma non ho quel secchio e quella corda. Forse il tramite che mi manca è una faccia, una voce? L’apparenza delle cose è opaca nel caldo fermo. Il crocefisso in cucina, con l’ulivo delle Palme ormai secco, anche lui sembra solo cosa fra le cose. Tutto è materia sorda, oggi, e nessun segno rimanda a nulla che sia nascosto dietro l’apparenza. Annaffiare le piante sul balcone – immobili le foglie, nell’aria densa – sognando l’alzarsi di una folata di vento, che scompagini e rimescoli la quiete. Desiderare il gracchiare del citofono, e l’abbaiare del cane che sente dei passi sulle scale. La porta che si spalanchi, uno zaino buttato per terra, le parole a raffica di un figlio che senza smettere di raccontare spalanchi affamato la porta del frigo, e accenda lo schermo del pc, e colmi di vita la casa. Desiderare una faccia, una voce: che sfondi questo muro sordo, e ti riporti quasi a forza a ciò che sei. «Noi siamo un colloquio», dice un verso di Hölderlin, e non hai mai capito quanto è vero come in questa domenica di assordante silenzio. 66 | 24 agosto 2011 | | ilano, DIARIO