Italia 2012 • quale futuro? “aumentare le tasse in un periodo di crisi
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Italia 2012 • quale futuro? “aumentare le tasse in un periodo di crisi
ECONOMIA | a cura della redazione di kyoss in collaborazione con modus Italia 2012 • quale futuro? • Il dottor Giuseppe Pozzato di Modus. Da questo mese curerà la rubrica con approfondimenti, opinioni, interventi. Gennaio 2012: come ogni inizio anno, gli auguri di speranza per un anno migliore dei precedenti sono d’obbligo e certamente anche noi vorremmo onorare al meglio questa usanza. Un conto però è la cieca fiducia in un futuro “positivo”, un conto è la conoscenza “scientifica” della realtà e della sua possibile evoluzione. E quest’ultima, ahinoi, non lascia spazio a grandi illusioni… Forse conoscere troppo porta all’inazione, situazione ben rappresentata dai medici che rifiutano di sottoporsi agli interventi chirurgici, d’altra parte la non conoscenza delle cose porta assai spesso a risultati disastrosi. Il peccato originale della situazione che stiamo attraversando si è consumato a fine anni Settanta – inizio anni Ottanta, quando gli illuminati politici dell’epoca, per far fronte alla grave crisi economica generata dallo shock dei prezzi del petrolio, hanno ben pensato di attuare una politica keynesiana. La teoria di Keynes può essere semplificata così: in una situazione di recessione e di stagnazione, per far ripartire i consumi e il volano dell’economia, lo Stato deve intervenire con la spesa pubblica finanziandola attraverso debito pubblico. Successivamente, in fase di crescita, lo Stato dovrà ridimensionare la prima e ripianare il secondo con le entrate fiscali. La teoria è per molti aspetti affascinante e sembra risolvere ogni problema. Al grande economista però è sfuggito un piccolo particolare: a capo dei governi ci sono i politici, il cui più grande interesse è mantenere il proprio scranno garantendosi i favori dell’elettorato. Chi di loro potrà mai tagliare la spesa pubblica che per definizione è una misura impopolare? I governanti dell’epoca hanno fornito un posto pubblico a una infinità di persone a colpi di BOT, BTP, ecc., ottenendo due grandi vantaggi per se stessi: risolvere la stagnazione e aumentare il loro elettorato; e due grandi sventure per il futuro del paese: uno spropositato apparto statale (per es. abbiamo più guardie forestali del Canada, ecc.) difficilmente ristrutturabile e un enorme Debito Pubblico (quasi decuplicato dal ’75 all’ ’85 – a onor del vero per una parte dovuto anche agli altissimi tassi di interesse causati dall’iperinflazione degli anni Ottanta). Da allora, i governi si sono susseguiti ben lungi dall’affrontare sia la riduzione della Spesa Pubblica che l’abbattimento del Debito, fino a quando non è arrivata l’Unione Europea che ha posto le sue condizioni. È nata così nel ’92 la prima manovra “lacrime e sangue”, alla quale ne sono seguite altre, ma Il rapporto Debito/Pil è sempre aumentato fino a superare la soglia del 120%. Ad oggi, il Debito Pubblico italiano sfiora i millenovecentomiliardi di Euro, pari a circa trentamila Euro per ogni italiano, inclusi neonati e ultracentenari, ovvero ottantamila Euro per ogni occupato. Era fisiologico che le Borse mondiali scatenassero contro l’Italia la bagarre che tutti conosciamo e che l’Europa ci commissariasse. A complicare il tutto ci si mette anche il governo Monti con la sua manovra: è risaputo che aumentare le tasse in un periodo di crisi ne provoca un ulteriore peggioramento perché si colpiscono direttamente i consumi, “aumentare le tasse in un periodo di crisi ne provoca un ulteriore peggioramento” con un forte rischio di intraprendere una spirale depressiva (estrema ratio nel brevissimo termine, pessima nel medio/lungo). La ricchezza prodotta dalla nazione segue necessariamente l’andamento dei consumi e le imposte future rischiano di generare un gettito fiscale inferiore a quello previsto. Per l’altro verso, i circa centomiliardi in tre anni previsti da Monti servono solamente a coprire il deficit di bilancio corrente e non a risanare l’immensa voragine del Debito Pubblico, che ogni mese batte un nuovo record. Mentre il famigerato differenziale tra BTP e Bund tedeschi sta già facendo maturare un ulteriore deficit generato dai maggiori interessi dovuti per piazzare i Titoli di Stato. Queste due infauste situazioni stanno determinando l’importo della prossima, imminente, manovra che il Governo sarà costretto a varare, nonostante le sue costanti smentite. Alzando ancor più lo sguardo, i motivi di preoccupazione non finiscono qui. La Spesa Pubblica rischia nei prossimi anni di esplodere. Una grossa fetta delle uscite dello Stato va in pensio- ni, sanità e stato sociale. Tutte variabili fortemente appannaggio degli anziani, categoria che subirà nei prossimi dieci-quindici anni un incremento mai registrato prima. Ci stiamo riferendo alla evoluzione della “finestra demografica1”: periodo nel quale la popolazione presenta un basso rapporto di dipendenza (pochi bambini e anziani a carico degli adulti che producono) e la ricchezza prodotta, non essendo usata per sostentare classi di popolazione inattiva, potrebbe idealmente essere risparmiata per il periodo successivo (in Italia a livello pubblico non solo non siamo riusciti a mettere da parte ricchezza, ma siamo stati talmente bravi da creare il terzo debito del mondo – per fortuna a livello privato le cose vanno diversamente). La fase successiva, quella di chiusura della “finestra”, si presenta invece come fortemente deficitaria: ogni lavoratore dovrà essere in grado non solo di dare sostentamento a sé e alla propria famiglia, ma anche di sostenere tutti quei costi fissi in più dovuti all’aumento esponenziale degli anziani. Da quanto finora espresso, innumerevoli sono i quesiti che rimangono aperti: lo Stato sarà in grado di garantire equità di trattamento ai propri cittadini? Chi ha detto che i “diritti acquisiti” da taluni soggetti non possano essere modificati qualora vadano a ledere i diritti degli altri soggetti e delle generazioni future? E per converso, i cittadini risponderanno con quel senso di responsabilità sociale che la situazione necessita? Il governo riuscirà a ristrutturare l’apparato statale e invertire la crescita del Debito Pubblico? Il focus sulle liberalizzazioni porterà i risultati previsti o è solo un modo per evitare di affrontare i veri nodi della questione? Un’ultima considerazione: la lotta all’evasione è una necessità sacrosanta, purché venga realizzata nel rispetto della dignità umana, su tutto il territorio dello stato, per tutti i tipi di attività e per tutte le categorie di persone, e, cosa che ancora non si è vista, che l’extra-gettito da essa derivante serva finalmente a diminuire la pressione fiscale che sta raggiungendo livelli insopportabili • 1 Con questo termine i demografi definiscono un periodo di tempo che attraversano tutte le nazioni con un’economia moderna e che va dall’entrata nell’età attiva (15 anni) dei babyboomers (tutti coloro che sono nati nel babyboom) fino alla loro uscita (60 anni – 65/67 con le nuove riforme). In Italia il baby-boom si è verificato tra la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 60, per cui la finestra si chiuderà nel decennio 2020-2030. Via Vecchia Ferriera, 13 36100 Vicenza tel. 0444/963435 - fax 0444/963433 mail: [email protected] [email protected]