L`educazione dei giovani a Roma

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L`educazione dei giovani a Roma
Ai tempi dell'antica Roma i giovani seguivano un determinato percorso.
Nove giorni dopo la nascita, il padre dava al figlio un nome, poi gli poneva al collo un piccolo
amuleto d’oro (la “bulla”) che serviva a scacciare il "malocchio"; il bambino lo conservava fino alla
maggior età.
Il bambino veniva allevato dalla madre o da una vecchia parente (balia) ed in seguito se la sua
famiglia poteva permetterselo, egli veniva educato da una schiavo greco apprendendo cosi’ a
parlare il greco contemporaneamente al latino.
I suoi passatempi erano il gioco a mosca cieca, la trottola, il cavallo di legno, i trampoli.
Solitamente era il padre che gli insegnava a leggere, scrivere nuotare e cavalcare.
Se la famiglia era di origini patrizie quindi ricca, il giovane all’età di 7 anni veniva istruito da un
liberto o da uno schiavo colto chiamato “precettore” direttamente in casa; altrimenti egli veniva
mandato a scuola. Le lezioni non si svolgevano in un edificio apposito; il maestro stesso affittava
una stanza in qualche retrobottega oppure faceva lezione sul tetto o sulla terrazza di una casa
qualsiasi.
Chiunque poteva aprire una scuola purché naturalmente trovasse allievi paganti: le lezioni
cominciavano piuttosto presto. Il ragazzo usciva di casa prima dell’alba portando con se le
tavolette incerate e un pezzo di pane per la colazione; il giovane piu’ benestante si faceva
accompagnare da uno schiavo che gli portava i libri.
Il problema principale del maestro era quello di mantenere la disciplina. Se insegnava in una
bottega, l’aula era separata dai rumori della strada soltanto da una tenda.
Le lezioni duravano sei ore, con una pausa per la colazione a mezzogiorno...a volte invece di
tornare a scuola dopo l’intervallo gli allievi si intrufolavano nel circo per vedere le corse dei carri o i
giochi.
Per cinque anni l’allievo imparava a leggere e a fare di conto (addizioni sottrazioni, moltiplicazioni
e divisioni fatte con l’aiuto di un abbaco).
L’insegnante stava seduto su una sedia, mentre gli allievi sedevano su panche e tenevano sulle
ginocchia le tavolette per scrivere. Incidevano le lettere sulla cera mediante una cannuccia
appuntita di ferro chiamata stylum (da cui e’ derivata la parola "stilografica"). Le lettere che essi
tracciavano, erano praticamente identiche a quelle in cui noi ci serviamo oggi.
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A dodici anni il ragazzo iniziava lo studio, a casa o a scuola, della letteratura sotto la guida di un
grammatico, generalmente greco p egizano.Gli allievi dovevano arrivare a parlare, a leggere e a
scrivere il greco correttamente come il latino.
Il ragazzo diventava ufficialmente uomo a 17 anni.
Deponeva allora la "bulla" e la “toga praetexta” con un fregio rosso, per indossare la toga tutta
bianca o “toga virilis”.
Ormai era un cittadino romano a tutti gli effetti e poteva cominciare a studiare la filosofia e
l’oratoria recandosi anche nelle regioni orientali sotto il dominio di Roma come Atene, Alessandria
e Rodi, centri culturali molto importanti durante il periodo della Repubblica.
Nello stesso tempo, sempre a partire dai 17 anni poteva essere arruolare nell’esercito militare,
nelle legioni romane.
Questa era sostanzialmente la formazione di un ragazzo romano, con un educazione basata su
poche ma importanti materie che servivano a farlo un uomo moralmente retto e conforme agli
ideali richiesti dalla tradizione romana. In poche parole questa formazione lo avrebbero reso colto
e abile nel parlare, candidato alla vita politica (Senato) ma allo stesso tempo pronto a imbracciare
le armi qualora ce ne fosse stato bisogno per l’onore di Roma.
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