09 refatti 1/07 - Assistenza Infermieristica e Ricerca

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09 refatti 1/07 - Assistenza Infermieristica e Ricerca
Contributi
ed esperienze
L’integrazione tra infermiere
e medico nelle medicine.
Risultati di un’indagine
Chiara Refatti1
Anita Bevilacqua2
1Infermiera,
Anestesia
Ospedale S. Chiara di Trento
2Infermiera Tutor
Corso di Laurea
in Infermieristica
Università di Verona
Polo didattico di Trento
Collaborare significa lavorare insieme, comunicare, cooperare e condividere
i processi decisionali. L’integrazione fra infermiere e medico sono determinanti
nella presa in carico del paziente, nella riduzione delle degenze e, non per ultimo,
nell’aumento della soddisfazione dei professionisti.
Obiettivo. L’indagine condotta su un 14 medici e 16 infermieri dei reparti
di medicina dell’Ospedale S. Chiara di Trento aveva l’obiettivo di indagare l’attitudine
alla collaborazione e definire i fattori individuali e organizzativi che possono favorirla.
Materiali e metodi. I dati sono stati raccolti somministrando la “Jefferson Scale of
Attitudes Toward Physician-Nurse Collaboration” alla quale sono state aggiunte
cinque domande, alcune strutturate altre aperte.
Risultati. Dai dati, seppur limitati, emerge una buona attitudine alla collaborazione
interprofessionale. Medici ed infermieri hanno una buona comprensione del ruolo
infermieristico nell’educazione sanitaria e nel sostegno psicologico del paziente
e guardano positivamente alla formazione interdisciplinare. Le condizioni
organizzative che favoriscono l’integrazione sono simili nei due gruppi e sono
rappresentate dal giro visita integrato e da momenti strutturati per la discussione
e progettazione integrata dell’assistenza.
Premessa
La collaborazione e l’integrazione professionale fra infermiere e medico sono determinanti
nella presa in carico del paziente, nella riduzione delle degenze e, non per ultimo, nell’aumento della soddisfazione del personale sanitario.2 Medico ed infermiere, affiancati dal personale tecnico ed amministrativo lavorano assieme con gli stessi obiettivi, anche se, fattori
educativi, culturali e sociali possono influenzarne l’integrazione, il livello di collaborazione
e l’intesa professionale.
Un presupposto minimo per ogni gruppo di lavoro è che le persone interagiscano e comunichino.1 L’interazione apre la strada all’interdipendenza.2 Se si realizzano queste condizioni,
in un gruppo di lavoro si può cominciare a parlare di effettiva collaborazione.
Collaborare significa lavorare insieme, comunicare, condividere potere ed autorità.3 Tra i
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fattori che determinano la collaborazione ci
sono a) fattori individuali, quali la consapevolezza e l’accettazione del proprio ruolo e livello di esperienza; b) di gruppo, quali l’effettiva comunicazione, il rispetto reciproco e
la fiducia; c) ambientali, la presenza di una
organizzazione con struttura orizzontale non
gerarchica e di leader che promuovono la visione comune dei problemi incoraggiando la
creatività e l’autonomia.4 Secondo gli infermieri, comunicazione e processo decisionale
integrato stanno alla base di un buon ambiente
lavorativo.5
Gran parte della ricerca sull’impatto della collaborazione è stata condotta da infermieri e in
contesti non necessariamente paragonabili al
nostro.6 Uno studio multicentrico7 per verificare l’attitudine alla collaborazione fra infermieri e medici somministrando la Jefferson
Scale of Attitudes Toward Physician- Nurse Col-
C. Refatti, A. Bevilacqua: L’integrazione tra infermiere e medico nelle medicine. Risultati di un’indagine
laboration a 2522 professionisti di quattro stati sottolinea che l’attitudine è maggiore in USA
e Israele rispetto ad Italia e Messico dove domina il modello gerarchico, ed è anche maggiore tra gli infermieri rispetto ai medici. Le
professioni con più potere sono infatti meno
orientate alla collaborazione interprofessionale.4
Zwarenstein et al,1 hanno fatto una revisione
sistematica basata su due studi. Uno, Tailandese,
effettuato in due reparti di medicina8 dimostra
che la discussione multidisciplinare dei casi riduce la lunghezza della degenza (P<0.05) ma
non la mortalità nei pazienti tra i 60 ed i 74 anni. Come anche, il giro visita multidisciplinare
(infermiere coordinatore, farmacista, assistente sociale e medico) riduce la durata del ricovero (da 6.06 a 5.46 giorni, P 0.006), i costi di
degenza (da US $ 8090 a 6681, P 0.006) ed aumenta la soddisfazione per l’aumento della comunicazione, un più efficace lavoro di gruppo
e presa in carico dei problemi dei pazienti
(P<0.006).9
Il giro visita integrato aumenta collaborazione,
migliora la presa in carico dei pazienti,2 l’identificazione precoce dei problemi, la diagnosi
la prevenzione delle complicanze e l’attivazione dei servizi sociali, accelera l’inizio del trattamento e della riabilitazione.8
Scopo della ricerca
Lo scopo di questa ricerca è indagare l’attitudine alla collaborazione di un campione di infermieri e medici e definire i fattori individuali e organizzativi che possono favorirla.
Campione
Sono stati intervistati 14 medici e 16 infermieri delle medicine dell’Ospedale S. Chiara di Trento. Gli infermieri sono stati scelti includendo
operatori con diversa anzianità di servizio. L’esperienza dell’infermiere pesa infatti nel rapporto professionale con il medico.7, 11 Per i medici non è stato usato nessun criterio se non la
disponibilità alla partecipazione.
Strumenti e procedura
La Jefferson scale of attitudes toward physiciannurse collaboration è stata elaborata negli USA
nel 1985.10 La versione più recente comprende 4 categorie: A) condivisione di alcuni aspetti della formazione medica e infermieristica; B)
prendersi cura e curare; C) autonomia degli infermieri; D) autorità del medico (Figura 1).
Ognuna di queste aree comprende dalle due
alle sette affermazioni cui rispondere, secondo una scala a 4 punti: da completo accordo a
completo disaccordo. Il punteggio va da un minimo di 15 punti ad un massimo di 60; più è
Figura 1 - Capacità professionali più qualificanti per la professione medica e infermieristica per migliorare
l’integrazione professionale. Percentuali di risposte.
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Infermieri 16
medici 14
2.
Capacità di
meditazione
1.
Fiducia
4.
Capacità
decisionale
3.
Abilità
comunicativa
5.
Competenza
clinico/
assistenziale
7. Altro
6.
Ricerca di
confronto/
consulenza
Capacità professionali del medico o dell’infermiere
a
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Contributi
ed esperienze
elevato, maggiore è l’attitudine alla collaborazione. Punteggi parziali elevati, indicano un
orientamento positivo alla formazione interdisciplinare (range 7-28), un riconoscimento delle peculiarità del ruolo infermieristico (range
3-12), un accordo sul coinvolgimento dell’infermiere nelle decisioni (range 3-12) e il rifiuto a considerare il medico come figura dominante in tutti gli ambiti dell’assistenza (range
2-8). La scala è stata testata per valutarne l’affidabilità anche su un campione di infermieri
italiani. Sono state aggiunte cinque domande
per comprendere la percezione del livello di
collaborazione (scala da 1 a 5), delle capacità
del professionista e delle strategie organizzative che aumentano la collaborazione (scelta
tra un elenco di strategie/capacità). Si chiedeva inoltre di descrivere i momenti strutturati di
incontro e confronto fra medici e infermieri e
di valutarne l’utilità. La domanda sulle situazioni di conflitto era aperta e aveva l’obiettivo
di identificare le aree in cui sia medici che infermieri avvertono responsabilità e potere decisionale.
L’intervista è durata di circa 20 minuti. Le risposte sono state trascritte fedelmente senza riportare nome e divisione di appartenenza.
Analisi dei dati
Vengono riportati i valori medi e le deviazioni standard sul totale e per professione. I risultati della domanda sui conflitti sono stati raggruppati per categorie.
dano positivamente alla formazione interdisciplinare (categoria A). Medici ed infermieri hanno una buona comprensione del ruolo infermieristico (categoria B) nell’educazione sanitaria e nel sostegno psicologico del paziente;
come anche esiste accordo nell’attribuire agli
infermieri autonomia professionale e decisionale (categoria C). Nella categoria sull’autonomia (D) hanno ottenuto un punteggio leggermente più alto gli infermieri.
Percezione del livello di collaborazione. Entrambi i gruppi giudicano sufficiente (3) la collaborazione (nessuno “ottima” e solo due scadente (valore 1).
Capacità professionali e condizioni organizzative per migliorare la collaborazione. La capacità più importante è la competenza clinico
assistenziale seguita dalla ricerca di confronto e consulenza. A seguire, la fiducia nel collega/collaboratore.
Sei medici considerano importante la capacità
decisionale dell’infermiere, mentre gli infermieri
vedono nell’abilità comunicativa una delle
capacità più importanti per migliorare la collaborazione (Figura 1). Le condizioni organizzative che favoriscono l’integrazione sono simili nei due gruppi: il giro visita integrato e il
discutere e progettare assieme l’assistenza, l’adozione di un modello organizzativo con l’infermiere responsabile di un gruppo di pazienti.
Le aree di possibile discussione nella pratica
quotidiana sono relative all’organizzazione, al
progetto assistenziale e terapeutico, ai problemi clinico- assistenziali e al ruolo.
Risultati
Gli infermieri hanno ottenuto un punteggio più
alto ad indicare una più positiva attitudine alla collaborazione (Tabella 1). Entrambe le professioni (in modo maggiore gli infermieri) guar-
Organizzazione. Il giro visita è considerato il
punto centrale di discussione. I medici sono
consapevoli del fatto che gli infermieri sono poco presenti durante la visita medica:
Tabella 1 - Punteggi totali e parziali della Jefferson scale of attitudes toward physician nurse collaboration
CATEGORIE
A.
B.
C.
D.
Condivisione
Curare/
Autonomia
Autorità
PUNTEGGIO
di momenti
Prendersi
dell’infermiere
del medico
TOTALE
educativi fra
cura
medici e infermieri
M ± ds
M ± ds
M ± ds
M ± ds
M ± ds
Range
34
7 - 28
3 - 12
3 - 12
2-8
15 - 60
Medici (14)
22.6 ± 2.1
10.1 ± 1.5
11.5 ± 0.6
6.0 ± 2.0
50.1 ± 3.6
Infermieri (16)
25.9 ± 1.3
10.5 ± 1.5
11.2 ± 0.7
6.7 ± 1.1
54.4 ± 1.0
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C. Refatti, A. Bevilacqua: L’integrazione tra infermiere e medico nelle medicine. Risultati di un’indagine
“Non c’è disponibilità da parte dell’infermiere
a seguire il giro visita. A volte per mancanza di
tempo, a volte per scelta personale”. (medico 1)
“L’infermiere crede che seguire il medico nel
giro visita sia un “servizio”. Io leggo le sue consegne prima del giro”. (medico 2)
“Il carico di lavoro elevato degli infermieri non
concede loro tempo per il giro visita”. (medico 4)
Quest’ultima risposta è in accordo col parere
della maggior parte degli infermieri. Alcuni infatti avvertono che, a volte, il loro ruolo durante le visite è sminuito.
“Il medico molto spesso non considera il carico di lavoro degli infermieri”. (infermiere 1)
“L’orario del giro visita non è prefissato, ciò
non permette un’organizzazione delle attività”. (infermiere 3)
“Con alcuni medici il giro visita consiste, per
l’infermiere, in aiuto fisico”. (infermiere 4)
Non manca chi considera entrambi responsabili dello scarso confronto e dialogo.
“Non ci sono impedimenti al giro visita integrato, manca solo l’abitudine”. (medico 5)
Progetto assistenziale e terapeutico. Viene
segnalata una comunicazione insufficiente che
si ripercuote sulla qualità assistenziale.
“Scarsa comunicazione per mancanza di tempo. Così aumentano gli errori, le imprecisioni
sia per il mio lavoro che per quello degli infermieri e quindi per il paziente”. (medico 6)
“Non si sa quando il medico dimette, l’educazione al paziente diventa difficile: manca
il tempo per organizzarla”. (infermiere 5)
Un infermiere, pur interagendo con il medico,
segnala che non sempre le sue osservazioni
vengono considerate.
I problemi assistenziali e clinici non costituiscono una categoria problematica. Gli infermieri
avvertono in particolare la responsabilità della valutazione del dolore.
“Molto spesso non c’è accordo sulla terapia del
dolore”. (infermiere 7)
“Mi trovo spesso in conflitto con il medico sulla
terapia dei pazienti terminali”. (infermiere 8)
Ruolo. Le testimonianze riportate indicano conflitti di ruolo e vanno ad aggiungersi a quelle
già segnalate (“l’infermiere crede che seguire il
medico sia un servizio” e affiancare il medico
nelle visite significa fornire solo aiuto fisico).
“Il rapporto gerarchico viene vissuto con sofferenza. Secondo me manca da parte dell’infermiere la consapevolezza completa del proprio ruolo gerarchico e operativo”. (medico 7)
“Gli aspetti burocratici, come la compilazione dei moduli e delle richieste vengono delegati all’infermiere”. (infermiere 9)
Tutti valutano utili gli incontri strutturati d’equipe salvo un infermiere e un medico che ritengono che con il tempo potrebbero diventare routine perdendo di efficacia; valutano positivamente, invece, quei “cinque minuti di confronto per capire una terapia o aggiornarsi sulla situazione del paziente”. (infermiere 10)
Le ragioni dell’utilità delle riunioni in equipe,
vengono riportate nella Tabella 2. Ognuno poteva fornire una o più motivazioni. La maggioranza ritiene che incontri strutturati migliorerebbero la collaborazione e l’integrazione.
Tabella 2 - Ragioni dell’utilità di incontri strutturati in equipe secondo i medici e gli infermieri. I numeri
esprimono le frequenze assolute di risposta.
MEDICI
INFERMIERI
Aumentare la conoscenza del paziente,
7
Conoscere il piano terapeutico e quindi
6
migliorare il trattamento
integrarlo con l’assistenza
Scambio di opinioni, punti di vista e competenze
6
Aumentare la qualità assistenziale per il paziente
5
Per conoscersi reciprocamente
2
Comprendere il perché delle prescrizioni
3
ed esami diagnostici
Aumentare la soddisfazione di entrambi
2
I medici comprenderebbero meglio
2
l’organizzazione infermieristica
Migliori risultati nel’educazione
1
Velocizzare il lavoro e mirare l’assistenza
2
(alcol, diabete...) al paziente
Discutendo assieme l’infermiere si specializza
1
Si conoscerebbero più punti di vista
2
Per condividere anche aspetti relativi alla
1
relazione professionale
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ed esperienze
Discussione
Questi risultati, pur nei limiti legati al campione ridotto ed all’aver raccolto i dati in un solo
reparto, esplorano un problema scarsamente
valutato in Italia.
I punteggi ottenuti sono risultati alti sia per i
medici che per gli infermieri e, analizzando le
quattro categorie (Tabella 1) non spiccano differenze rilevanti fra i due gruppi. Ciò indica una
buona attitudine alla collaborazione interprofessionale.
La maggioranza degli operatori vedono nel giro visita integrato lo strumento migliore per
favorire la collaborazione.2, 12 Viene segnalata in generale una scarsa comunicazione su
progetto assistenziale e terapeutico, carenza
che potrebbe ripercuotersi sulla qualità assistenziale.
I medici riportano il fatto che gli infermieri
sono poco presenti in occasione della visita
medica per diversi motivi, “per mancanza di
tempo”, “per il carico di lavoro” ma anche
“per scelta o per abitudine”. Gli infermieri in
generale concordano con queste motivazioni, anche se per qualcuno il proprio ruolo durante la visita viene “sminuito”. Rimane il fatto che entrambi i gruppi riconoscono questo
momento fondamentale all’integrazione, anche probabilmente per l’utilità e la specificità
della visita rispetto alla mission di un reparto medico.
La competenza clinico assistenziale e l’attitudine alla ricerca di confronto e consulenza sono considerate da entrambi i gruppi le capacità professionali più qualificanti per migliorare l’integrazione.
Discutere assieme l’assistenza, confrontarsi in
momenti strutturati d’equipe e favorire modelli organizzativi che prevedono la presa in
carico di un gruppo di pazienti, sono considerate infatti strategie per favorire l’integrazione ed analizzare i rispettivi ruoli e punti
di vista.
Esistono quindi le premesse per un’integrazione
effettiva ma, riprendendo le parole di un medico, “…è necessario uno sforzo di relazione
e comunicazione per entrambi perché il dialogo fa il gruppo”.
Il rapporto gerarchico col medico è una questione antica e sostenuta da fondamenta culturali di difficile interpretazione.5 La visione
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gerarchica è ancora prevalente come dimostrano i valori della scala attitudinale, e in particolare durante le interviste l’uso della parola collega, per indicare l’infermiere, ha destato non poche obiezioni da parte dei medici. Dalle testimonianze si percepiscono infatti differenze di ruolo anche in senso gerarchico ed operativo e trova quindi spazio
l’affermazione di un medico secondo il quale “l’infermiere è alla ricerca di un proprio
ruolo…”.
Conclusioni
Pur considerando i limiti legati alla numerosità del campione, emerge una buona attitudine alla collaborazione per entrambe le professioni.
Sia i medici che gli infermieri considerano positivamente, in linea generale, la formazione interdisciplinare, il riconoscimento del ruolo educativo e relazionale dell’infermiere e del suo
coinvolgimento nelle decisioni; permangono
tuttavia differenze di ruolo e riferimenti di natura gerarchica, probabilmente riconducibili
ad elementi di natura culturale e storica.
Le situazioni conflittuali nei contesti di lavoro
non sono da considerarsi del tutto negative; l’assenza di contrapposizioni o di minime divergenze nel gruppo di lavoro può significare, a
volte, mancanza di dialogo fra i componenti e
il prevalere di una visione molto tradizionale
e fortemente gerarchica dei ruoli.
L’accoglienza positiva dell’indagine indica
l’interesse per la tematica e, come è emerso
dai dati, il bisogno di analizzare ed affrontare alcuni limiti nelle relazioni. Un’infermiera
suggeriva l’importanza di incontri strutturati,
proprio per portare alla luce problemi quotidiani, molto spesso taciuti e trascinati nel
tempo.7
Ogni professionista può portare nell’equipe la
propria competenze ed esperienza e non a caso, la competenza clinico-assistenziale viene indicata sia dai medici che dagli infermieri coinvolti nell’indagine, come quella più qualificante ed efficace per aumentare la collaborazione e l’integrazione. Il riconoscimento e lo
sviluppo delle singole attitudini e il rispetto dei
contributi effettivi o potenziali, possono costituire il primo passo verso una migliore collaborazione ed integrazione.
C. Refatti, A. Bevilacqua: L’integrazione tra infermiere e medico nelle medicine. Risultati di un’indagine
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Collaboration implies working together, communication, sharing decisions. A good doctorsnurses integration is the basis for reducing length
of stay and improve health professionals’ satisfaction.
Aim. This study analyzed the attitudes on collaboration (including factors that promote or
hinder it) of a group of 16 nurses and 14
physicians working in two general medical
wards of St. Chiara Hospital of Trento (North
Italy).
Ringraziamenti
Si ringraziano per la gentile
collaborazione il Prof.
Mohammadreza Hojat
direttore del Centro di ricerca
del “Jefferson Medical
College” di Philadelphia e la
Dott. Alessandra Lo Scalzo
dell’agenzia per i Servizi
Sanitari regionali ASSR
di Roma per la disponibilità
e i preziosi consigli.
Method. Data were collected by semistructured
interview and with the Jefferson Scale of attitudes
toward physician -nurse collaboration.
Results. There is overall a good attitude to collaboration. Doctors and nurses are aware of nurses’ role in health care and psychological support
and favour interdisciplinary education. Interdisciplinary rounds are widely considered the best
organizational cunning and “clinical and care
skills” the best professional ability to improve collaboration between nurses and physicians.
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