storia, osservazioni e ricette

Transcript

storia, osservazioni e ricette
LA RIBOLLITA
storia, osservazioni e ricette
di Carlo Padrini
LA RIBOLLITA
Che la Ribollita, insieme alla Fiorentina, sia uno dei piatti più famosi ed apprezzati della cucina Toscana è cosa
assodata.
Il termine Ribollita trae origine dal verbo Ribollire che, come è chiaro per tutti gli Italiani, vuol dire “bollire di
nuovo”, il che ci suggerisce che sia un piatto di umili origini, come qualcosa del giorno prima fatto riscaldare di
nuovo. La Ribollita era sicuramente un piatto “di magro” della tradizione contadina toscana, fatto con vegetali
tipici della cucina povera, ed è per questo che rimane sempre acceso il dibattito su quali siano la sua origine e la
ricetta originale per realizzarla.
Circa gli ingredienti e le fasi della ricetta torneremo poi, adesso soffermiamoci un attimo sulle sue origini.
2
Essendo una zuppa di umili origini, fatta con ingredienti poveri e stagionali, probabilmente è sempre esistita sin
dai tempi dell’antichità. È ormai certo che gli uomini primitivi si cibassero di verdure e legumi piuttosto che di
carne come si credeva fino a qualche anno fa. Con la scoperta del fuoco non è da escludere che abbiano provveduto a cuocere le verdure ed i legumi e farci delle zuppe. Anche Apicio nel suo De re coquinaria ci riporta circa
cinquecento ricette dove descrive alcune zuppe fatte con verdure cotte come cavoli, porri, cime di rapa, cipolle,
zucche e carote mangiate con pane.
Nel Medio Evo i feudatari durante i loro lauti banchetti, quasi sempre a base di carne, si facevano servire gli arrosti direttamente su delle focacce di pane azzimo (quindi senza lievito e sale dette “mense”) mangiando così senza
piatti né posate che ancora non venivano usate, escluso il coltello che serviva per tagliare le carni. A fine banchetto
le focacce venivano date ai servi per sfamarsi. Questi le facevano bollire in pentoloni di acqua con quello che riuscivano a trovare nella campagna circostante, perlopiù verdure ed erbe quali carote sedano cavolo ecc... La quantità prodotta era tale da durare svariati giorni, veniva infatti fatta ribollire nei giorni seguenti acquistando sapore
(come è tipico delle verdure) ad ogni ribollitura.
Col rifiorire della civiltà, dopo l’anno Mille e soprattutto dopo il 1200, Firenze assunse un ruolo primario nell’economia della Toscana. In quel tempo vi erano aspre lotte fra Guelfi e Ghibellini e l’impegno economico era tutto
proteso alle armi. Così anche la cucina dei più facoltosi si basava fondamentalmente sul pane: fu questo il periodo della fettunta (pane con olio e sale), del castagnaccio (focaccia di farina di castagne, pinoli, olio e rosmarino),
della panzanella, della ribollita e di mille altre minestre di pane.
Nel tempo la zuppa di verdure ribollita entrò a far parte delle abitudini alimentari dei contadini toscani: il giorno della minestra a base di pane divenne il venerdì, poiché in tale giornata bisognava mangiare “magro” ed evitare cibi grassi e carne (il venerdì era ed è il giorno di vigilia). E poiché vigeva la regola del “non si butta via nulla”,
questa zuppa veniva riscaldata anche nei giorni successivi.
Importante è ricordare che nel 1492 ci fu la scoperta dell’America, evento che da lì a non molti anni porterà sulle tavole europee tanti nuovi prodotti. E grazie all’importanza di Firenze come città di commerci, i fiorentini
furono tra i primi a gustare questi nuovi cibi e ad introdurli come parte integrante della propria cucina. E con i
nuovi prodotti arrivò quello che era destinato a diventare il re delle tavole fiorentine: il fagiolo. La sua comparsa
si fa risalire al XVI secolo, in seguito ad un regalo fatto ai fiorentini da papa Clemente VII (Giulio de’ Medici).
Nel 1529 Firenze fu la prima città italiana in cui si considerarono commestibili patate e pomodori, che nel resto
d’Italia erano ancora considerate solo piante ornamentali. Sicuramente in questo periodo i fagioli, le patate ed
i pomodori entrano a far parte dell’alimentazione dei toscani. Forse è proprio allora che nasce l’antica cantilena
sulle abitudini alimentari dei fiorentini che recita:
“… Fiorentin mangia fagioli
Lecca piatti e ramaioli
E per farla più pulita
Poi si lecca anche le dita…”
3
Annibale Carracci, Mangiafagioli ,1584 ca.
La cucina fiorentina subì una grande spinta con Caterina de’ Medici, nipote di Lorenzo, che nel 1529 andò sposa
al futuro re di Francia Enrico d’Orleans (Enrico II). Caterina portò con se alla corte di Francia i propri cuochi e
con loro tanti piatti della cucina toscana che nei secoli successivi ispireranno i grandi cuochi francesi.
Intorno alla metà del 1700 la dinastia dei Medici si estinse ma i fiorentini avevano ormai imparato a godere le
gioie della buona tavola, fosse anche la più semplice e popolare.
Alla fine del 1800, dopo un periodo di dominazione francese e dopo una decina di anni come capitale del Regno
d’Italia, Firenze era in pessime condizioni economiche. Sotto il profilo culinario, in questo periodo si distingue un
personaggio che ha contribuito a tramandare le antiche tradizioni della vera cucina fiorentina: Pellegrino Artusi,
il quale, pur essendo di origine romagnola, visse, lavorò e morì a Firenze. Egli scrisse quello che è ancora considerato la pietra miliare dei libri di cucina: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
E qui entriamo dentro alla ricetta della Ribollita vera e propria.
Difficile è dire, in Italia e ancor di più in Toscana (maledetti toscani!), quale sia una ricetta originale. Ogni regione, ogni paese, ogni famiglia e, a volte, anche dentro alla stessa famiglia esistono ricette diverse e ciascuno ha la
sua ed ognuno crede di avere quella vera. Questo vale, naturalmente, anche per la ricetta della vera Ribollita.
Come dicevo, quindi, una ricetta originale vera non esiste. Il primo ricettario moderno a riportare la ricetta di
una Zuppa toscana di magro alla contadina è quello di Pellegrino Artusi.
«Zuppatoscana di magro alla contadina
4
Questa zuppa che, per modestia, si sa fa dare l’epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori, se fatta con la dovuta attenzione.
Pane bruno raffermo, grammi 400. Fagiuoli bianchi, grammi 300. Olio, grammi 150. Acqua, litri due. Cavolo cappuccio o verzotto, mezza palla di mezzana grandezza. Cavolo nero, altrettante in volume e anche più. Un mazzo di
bietola e un poco di pepolino. Una patata. Alcune cotenne di carnesecca o di
prosciutto tagliate a striscie.
Mettete i fagiuoli al fuoco con l’acqua suddetta unendovi
le cotenne. Già saprete che i fagiuoli vanno messi ad acqua
diaccia e se restano in seco vi si aggiunge altra acqua calda.
Mentre bollono fate un battuto con un quarto di una grossa cipolla e due spicchi d’aglio, due pezzi di sedano lunghi
un palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Tritatelo fine,
mettetelo al fuoco con l’olio sopraindicato e quando avrà
preso colore versate nel medesimo gli erbaggi tagliati all’ingrosso, prima i cavoli, poi la bietola e la patata tagliata a
tocchetti. Conditeli con sale e pepe e poi aggiungete sugo
di pomodoro o conserva, e se nel bollire restassero alquanto
asciutti bagnateli con la broda dei fagiuoli. Quando questi saranno cotti gettatene una quarta parte, lasciati interi,
fra gli erbaggi unendovi le cotenne; gli altri passateli dallo
staccio e scioglieteli nella broda, versando anche questa nel vaso dove sono gli erbaggi. Mescolate, fate bollire ancora un poco e versate ogni cosa nella zuppiera ove avrete già collocato il pane tagliato a fette sottili
e copritela per servirla dopo una ventina di minuti. Questa quantità può bastare per sei persone; è buona
calda e meglio diaccia.
(Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Tipi di Salvatore Landi, Firenze 1891)
5
Ci sono due elementi nella ricetta dell’Artusi però che non ci possono far parlare ancora di Ribollita vera e propria: il primo è che tra gli ingredienti troviamo “alcune cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a strisce” ,
elemento che poco si addice con la definizione di zuppa di magro, ed il secondo è che infine non prevede che la
zuppa venga fatta ribollire.
Solo una ventina di anni dopo, in un testo di Alberto Cougnet, L’Arte cucinaria in Italia, Wilmant Editore, Milano 1910, viene descritta l’abitudine dei contadini toscani di riscaldare la zuppa ogni volta che occorre, visto che se
ne preparava in abbondanza. Finalmente, nel 1931, la Guida gastronomica d’Italia del Touring Club ha dato la definizione di Ribollita: zuppa di fagioli alla fiorentina lasciata raffreddare e fatta ribollire con aggiunta di olio nuovo.
Ma, siccome, noi Toscani siamo un po’ campanilisti e quello che si dice a Firenze certamente non va bene a Siena,
circa cento anni dopo la pubblicazione della ricetta dell’Artusi, lo scrittore ed esperto gastronomo senese Giovanni Righi Parenti pubblica un trattato su La Cucina Toscana in ottocento ricette tradizionali nel quale la ricetta della Ribollita appare diversa per taluni aspetti. Il Righi Parenti, da buon senese, per prima cosa, colloca la Ribollita
nella zona di Siena… “anche se l’uso l’ha spostata in regioni limitrofe”. Aggiunge, inoltre, che la Ribollita sarebbe
poi la derivazione di un’altra ricetta, la zuppa di fagioli di Siena e gli ingredienti differiscono in quantità da quelli
della ricetta di Pellegrino Artusi.
Il Righi Parenti, dopo aver elencato gli ingredienti, peraltro senza alcuna dose, omette anche l’esecuzione della
prima parte della ricetta: non specifica che debba essere fatto un soffritto con la cipolla, il sedano, le carote come
nella maggior parte delle ricette di Ribollita. Mette la nipitella, oltre al prezzemolo e al basilico invece del pepolino (timo). L’Artusi raccomanda la bietola e la patata, il Righi Parenti eccede con le carote e raccomanda il pomodoro. Ma se nella prima parte sorvola sull’esecuzione della zuppa, nella seconda parte invece scende nel dettaglio
sulla sequenza da compiere per comporre il piatto:
Zuppa “Ribollita”
Olio 150 grammi, pane raffermo, un trito di cavolo nero e cavolo verza, carote gialle circa 12, due cipolle
grosse tritate fine, due porri, sedano prezzemolo e basilico, alcuni pomodori ben maturi o pelati, volendo
qualche cotenna di prosciutto fatta a pezzi o rigatino tagliato grossolanamente, sale pepe e nipitella, da tre
etti a mezzo chilo di fagioli bianchi o neri.
Il pane tagliato a fette spesse si mette ora nella zuppiera e sopra, caldissima, lasceremo scolare la miscellanea delle verdure cotte; vanno creati dei piani in modo che il pane abbia ad inzupparsi completamente
creando degli strati tra i vegetali cotti, quasi si trattasse di una specie di torta ripiena… va servita ancora
tiepida, ottima anche fredda e si condisce ancora con del buon olio d’oliva crudo senza aggiungervi altro:
tutt’al più (al posto di quel formaggio che sarebbe delitto mettervici) una tritata di cipolle o cipollotti che
completeranno l’opera in modo mirabile.
Giovanni Righi Parenti, La cucina toscana in 800 ricette tradizionali, volume primo, newton & Compton
editori, Roma, 2003)
6
Ultimamente l’Accademia Italiana della cucina, delegazione Toscana, ha certificato la ricetta della Ribollita con
atto notarile del 24 maggio 2001:
Ribollita
cavolo nero, cavolo bianco, verza, carota, cipolla, cipollotti, sedano, prezzemolo, basilico, pomodoro, cotenne di prosciutto, rigatino, presa di nipitella, fagioli cannellini
In un tegame di coccio (ideale una grande olla) rosolare nell’olio la cipolla e i cipollotti affettati. Unire sedano e carota tagliati a fettine, far insaporire poi unire i pomodori tagliati a pezzi senza semi, i cavoli e la
verza, le cotenne, il basilico, la nipitella e il prezzemolo tagliuzzati, salare e pepare a piacere. Nel frattempo
cuocere i fagioli (prima tenuti a mollo per almeno 12 ore) conservando la loro acqua di cottura. Prendere
una metà abbondante dei fagioli e passarli al setaccio direttamente nella loro acqua, versare tutto nel tegame delle verdure e cuocere, molto lentamente, per circa un’ora, se occorre aggiungendo altra acqua. Poco
prima di togliere dal fuoco, unire i fagioli interi. Mettere sul fondo di una zuppiera fette di pane tostato e
versarci sopra metà della zuppa, poi altre fette di pane e l’altra metà della zuppa. Il nome di questa zuppa
deriva dal fatto che la zuppa va preparata il giorno prima e il giorno successivo, prima di servirla, rimessa
sul fuoco a ribollire per una decina di minuti. Servire con un filo d’olio di frantoio.
7
Come si vede, anche la prestigiosa Accademia Italiana della cucina, al posto del pepolino (timo) usa la nipitella e
suggerisce di mettere cotenne di prosciutto e rigatino; inoltre dice di aggiungere i pomodori tagliati a pezzi e senza
semi. Senza dubbio si tratta di una zuppa ottima, ma difficile, secondo me, sostenere che questa sia la ricetta ufficiale: ricordiamoci che la Ribollita è un piatto povero di recupero che si fa con quel che c’è nell’orto ( da ottobre
a marzo era impossibile una volta trovare i pomodori freschi) ed originariamente era piatto magro senza carne.
Se oggi una distinzione tra le varie ricette che si trovano della Ribollita la possiamo fare, dovremmo dire che ne
esistono due varianti: quella di “magro” che non prevede aggiunta di grassi animali o carne e quella di “grasso”
con l’aggiunta di strutto, rigatino e cotenne.
Vero è che non esiste un’unica ricetta, ma è altrettanto vero che dei punti fermi dobbiamo pur metterli: innanzi
tutto per questa preparazione, come per ogni altra, è necessario e fondamentale utilizzare ingredienti di ottima
qualità, verdure fresche e di stagione, non quelle lavate e confezionate in sacchetto che ormai si trovano nei supermercati; i fagioli devono essere cannellini secchi e messi a bagno la sera prima di essere bolliti in acqua (dove si
trovano i cannellini freschi in autunno o in inverno?), da evitare assolutamente quelli in barattoli; il cavolo nero
riccio, tipico toscano, deve aver preso almeno una gelata perché le foglie si inteneriscano (come diciamo noi toscani è necessario che “abbia preso i’ghiaccio”); il pane deve essere quello tipico toscano, “sciocco” (senza sale), cotto a legna e raffermo; il pepolino (timo) per aromatizzare, l’olio extravergine d’oliva deve essere di quello buono,
di frantoio. Da evitare di mettere pomodori e zucchine (vale la stessa cosa dei fagioli, dove si trovano i pomodori e le zucchine fresche in autunno o in inverno?); usare quindi passata di pomodoro (preparata in estate) e concentrato di pomodoro.
8
Come dicevo sopra, la Toscana è terra di campanili e di dispute e certamente non poteva mancare quella tra Ribollita e Minestra di pane! Qui si entra in un campo minato tra Fiorentini e altri toscani, in particolare i senesi.
Quello che dirò sarà sicuramente motivo di discussione per i “puristi”, ma per me la Ribollita altro non è che una
Minestra di pane riscaldata il giorno dopo e, come tutte le zuppe di verdure, se ribolle si insaporisce di più. Infatti la seconda cottura fa sì che il pane, una volta assorbito tutto il brodo della zuppa, si fonda ulteriormente con le
verdure della minestra e acquisti una consistenza cremosa.
Per finire anch’io vorrei, con molta modestia, aggiungere la mia ricetta, quella che
mi è stata tramandata dalla mia mamma, o meglio, dal mio babbo visto che la
mamma (brava cuoca) cucinava per dovere e necessità mentre il babbo (ottimo cuoco) cucinava per passione. A lui la ricetta è stata tramandata dalla sua
mamma e a lei dalla sua, a mia nonna da sua nonna e così via per generazioni e chissà con quante e quali varianti è giunta a me. A casa mia, come
ho detto, si faceva la Minestra di pane. La ricetta che vi propongo è a
metà strada tra quella di Pellegrino Artusi e quella del senese Giovanni Righi Parenti (in medio stat virtus!). Questa è la versione che più mi
piace perché è rispettosa, negli ingredienti, della stagionalità ma aggiunge
anche quella parte di “grasso” che la fa essere più saporita. Mi raccomando
però di farla con il giusto spirito toscano e cioè di non seguirla alla lettera
ma di mettere anche la vostra fantasia e gli ingredienti di cui disponete
e che più vi aggradano, sempre ricordando i punti fermi di cui sopra.
9
Minestra di pane o Ribollita di casa mia
Ingredienti per 8 persone (che mangiano con giudizio, altrimenti per 6 persone o anche meno):
Due cipolle medie, un porro, 500 g. di fagioli cannellini bianchi secchi, 500 g. di cavolo nero, 400 g. di
cavolo verza, 300 g. di bietola, tre carote, tre costole di sedano, due o tre spicchi d’aglio, concentrato di
pomodoro q.b. (non più di due cucchiai), 2 o 3 patate medie, timo q.b., un ciuffo di prezzemolo, 3 o 4 foglie di salvia, due fette di rigatino alte circa ½ cm, 3 o 4 cotenne di maiale, 400-500g. di pane toscano raffermo cotto a legna, olio nuovo extra vergine d’oliva q.b., sale e pepe q.b., brodo vegetale q.b.
10
Procedimento:
il giorno prima mettere a bagno i fagioli cannellini secchi in acqua fredda,
almeno dodici ore prima. (Se lo desiderate potete aumentare la quantità
dei fagioli, anzi, ve lo consiglio, così il giorno dopo quando saranno
cotti ne avrete una riserva per preparare un ottimo contorno o un
secondo piatto strepitoso come i Fagioli all’uccelletto con le salsicce. Ma di questo parleremo forse un’altra volta).
Mettete in una pentola con abbondante acqua
fredda i fagioli, uno o due spicchi d’aglio, le
cotenne di maiale, tre foglie di salvia, un cucchiaio d’olio extravergine d’oliva, un poco
di sale e mettete a cuocere su fuoco debole. Schiumare di tanto in tanto se necessario. Quando l’acqua comincerà a bollire mantenere un bollore non troppo
vivace, altrimenti la polpa dei fagioli
si separerà dalla buccia. Una volta che
i fagioli saranno cotti passarne la metà al
passaverdure (non frullateli con un mixer)
e metterli da parte. Conservare i fagioli rimasti interi insieme all’acqua di cottura che
avrete avuto l’accortezza di non buttare.
Tritate la cipolla, il porro ed il prezzemolo, pulire due spicchi d’aglio (togliendo anche il germoglio interno) e mettere il tutto con l’olio extra vergine d’oliva in un tegame capiente con i bordi alti a soffriggere
delicatamente.
Nel frattempo tagliate a pezzetti non troppo piccoli la carota, il sedano e le patate. Tagliate anche il rigatino a pezzetti.
Una volta che la cipolla è dorata (non bruciata!), togliete gli spicchi d’aglio, aggiungete il rigatino e fate
rosolare, (se siete vegani o volete fare una zuppa di “magro”, evitate quest’ingrediente), quindi aggiungete
poco concentrato di pomodoro sciolto in poca acqua che farete andare a fuoco lento per altri 5/7 minuti;
buttate il sedano, le carote e le patate a pezzetti nel tegame e proseguite la cottura a fiamma delicata.
Quando il sedano e la carota avranno finito di appassire, aggiungete le patate e se necessario aggiungete
anche un po’ di acqua calda o meglio di acqua di cottura dei fagioli. Nel frattempo che la cottura continua, lavate il cavolo verza e tagliatelo a pezzetti.
Quando le patate saranno ammorbidite (circa 8 – 10 minuti) aggiungete il cavolo verza e un po’ di brodo
vegetale. Pulite il cavolo nero e la bietola eliminando le costole centrali, tagliarli a pezzi e lavare le foglie.
Continuate a far cuocere la zuppa finché il cavolo verza non si è un po’ ammorbidito, se necessario aggiungere ancora del brodo vegetale; mettete quindi il cavolo nero e la bietola ed una volta appassiti aggiungere
la metà dei fagioli cannellini passati al passaverdure con un po’ della loro acqua di cottura. Coprite il tegame e continuate la cottura fino a quando tutte le verdure non risulteranno ben cotte (circa 45 – 50 minuti).
A fine cottura aggiungete, se necessario, altra acqua di cottura dei fagioli o brodo vegetale ed i restanti fagioli interi, regolate di sale e di pepe, mettete il pepolino (timo), un cucchiaio di passata di pomodoro e
continuate la cottura per altri 10 minuti.
11
A questo punto affettate il pane raffermo in fette altre circa 1 cm. e se lo preferite fatelo arrostire in forno.
Prendete un altro tegame (preferibilmente di coccio. Evitate assolutamente i tegami di alluminio!) e disponete sul fondo un ramaiolo della zuppa, quindi alternate uno strato di fette di pane con uno strato di
zuppa fino a riempire il tegame. Versate un filo d’olio nuovo extravergine d’oliva e avrete ottenuto la Minestra di pane che potrete servire dopo trenta minuti (il tempo che il pane si ammorbidisca assorbendo il
brodo di verdura).
Ma… se ne fate avanzare un po’ per il giorno dopo, allora potrete metterla di nuovo a ribollire o se preferite a saltare, girandola con un mestolo di legno, in una padella di ferro dove la Minestra di pane si trasformerà nella più famosa e buona Ribollita!
Servitela calda o tiepida con sopra un filo di olio nuovo di frantoio a crudo, una macinata di pepe e, se vi
piace, accompagnatela con un cipollotto fresco: un morso al cipollotto ed una cucchiaiata di Ribollita, ci
saranno poi problemi di alito, ma per il palato sarà un vero godimento. Se poi, addentare una cipolla vi
sembra poco elegante, tagliatela a rondelle finissime e cospargetela sulla zuppa.
Buon appetito!
12
ANNO 4 - APRILE 2015
© 2015. È consentita la riproduzione e la stampa senza finalità commerciali
Realizzazione: Edizioni Luì, Chiusi (Siena) per la “Bibliotheca dell’Amorosa”
© 2015 disegni e testi dell’autore.