il giudizio di paride di luca cambiaso della

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il giudizio di paride di luca cambiaso della
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arte e cultura
il giudizio di paride di luca
cambiaso della collezione
di rodolfo II d’asburgo
di Anna Orlando
L
a notizia è stata diramata dalle agenzie di stampa solo nel luglio del 2013, una volta esposto
nuovamente nella pinacoteca del castello, senza che però le brevi note potessero cogliere la
portata di questa scoperta per gli studi3. Non
si tratta infatti di un dipinto qualsiasi, bensì di
Un capolavoro tardo un’opera data per dispersa dalla critica e regidi Luca Cambiaso, che strata nell’inventario del 1621 relativo alla collesi credeva disperso, è stato zione di Rodolfo II d’Asburgo (1552-1612) presritrovato nei depositi della so il castello di Praga, a nove anni dalla morte
pinacoteca del Monastero dell’imperatore4. Inoltre, il suo stato di conservadi Strahov vicino a Praga. zione e la qualità dell’opera la rendono oggi una
Autore della scoperta del delle più significative prove mature dell’artista
“Giudizio di Paride”1, nel 2010, è genovese5.
lo storico dell’arte Zdenek Il Cambiaso affronta qui un soggetto profano
Kazlepka, conservatore dei trattato con notevole teatralità, seppur sempre
dipartimento disegni miscelando al naturalismo quella necessaria
e grafica della Moravian dose di controllo imposto dalla Controriforma.
Gallery in Brno, nel corso Solo cinque figure, tra le quali tre grandi nudi
delle sue ricerche sulla femminili di Giunone Venere e Minerva, l’elepittura italiana2. gante corpo di Paride di fronte a loro e in basso,
nell’ombra, un piccolo Cupido. Tutto ruota, nella composizione orchestrata dal Cambiaso come nel racconto ovidiano, intorno al
pomo che, nell’esatto centro della tela di formato quadrangolare all’incontro di due
immaginarie diagonali, viene consegnato da Paride a Venere, la più bella.
La tavolozza è riabbassata, essenzialmente giocata su
toni cupi di bruni e verdi smorzati, e gli stessi nudi sono
Luca Cambiaso,
assai misurati nel palesare il loro candore. I corpi, trat“Il giudizio di Paride”
(particolare).
tati con il pudore moraleggiante imposto, sono scenario
Praga, Royal Canonry
di un gioco d’ombre di grande efficacia: anche di fronte
of Premonstratensian
at Stahov.
a un’opera del genere possiamo capire perché Cambia-
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so è arrivato a essere il genio della luce che fu,
soprattutto coi suoi notturni dagli effetti di luce
artificiale ben prima del Caravaggio.
Il formato della tela, il soggetto mitologico e la
composizione a figure grandi ricordano immediatamente un’opera ben nota del catalogo del pittore, quella con Diana e Callisto del Museumslandschaft Hessen Kassel dell’omonima città tedesca
(fig. 2)6. Nell’ottima analisi, non solo stilistica, che
di questo dipinto ha fatto recentemente Anna
Manzitti7, la giovane studiosa riprende l’ipotesi di
Bertina Suida Manning e William Suida che ipotizzavano che il “Bagno di Callisto” citato nell’inventario rudolfino del 1621 – lo stesso in cui compare
il nostro Giudizio di Paride – potesse coincidere
con il dipinto di Kassel8. In mancanza di ulteriori appigli, la Manzitti lasciava ovviamente aperta
anche l’ipotesi che il quadro dell’inventario fosse
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una terza versione sconosciuta del soggetto, oltre
a quella di Kassel e a quella della Pinacoteca Sabauda di Torino proveniente dal palazzo di Giulio
e Angelo Giovanni Spinola in Strada Nuova a Genova9, “forse in rapporto al disegno di Edimburgo
dedicato allo stesso soggetto”10. Oggi, potendo
accostare il dipinto di Kassel con il Giudizio di Paride certamente di proprietà di Rodolfo II, si può
serenamente confermare che sono proprio quelle
due tele a essere state
Luca Cambiaso,
un tempo accoppiate
“Il giudizio di Paride”.
nella raccolta dell’imPraga, Royal Canonry
of Premonstratensian
peratore austriaco.
at Stahov.
Le analogie compositive, stilistiche e di forPAG. 29:
Luca Cambiaso,
mato, con uno scarto di
“Diana e Callisto”. Kassel,
mezzo palmo per lato
Museumlandschaft
Hessen Kassel.
circa, rendono questa
ipotesi del tutto probabile. La Manzitti notava che
il Giudizio di Paride già a Praga, documentato ma
disperso, “sembrerebbe testimoniare una certa
fortuna di questa pittura eroico-profana nella quadreria rudolfina e, in particolare, della lettura d’algida sensualità proposta dall’artista, accrescendo,
inoltre, di notevole interesse il filone mitologico
della pittura cambiasesca”11. Anche Lauro Magnani parla in proposito di “algido erotismo che forse
poté incontrare il gusto rudolfino”12.
Per tornare più direttamente all’ipotesi che qui
si sostiene, ossia della stessa provenienza delle
due tele qui illustrate, si noti ancora che per entrambe, dopo il XVII secolo, si era persa l’identità attributiva. Per quel che riguarda il quadro di
Kassel, nell’inventario della pinacoteca tedesca
del 1749 dopo l’acquisizione da parte del Landgraf
Wilhelm VIII l’opera era attribuita a Francesco
Primaticcio, riferimento mantenuto fino alla rettifica dei Suida13. Anche per il quadro di Praga si
era perso il riferimento al Cambiaso, recuperato
da Zdenek Kazlepka: era conservato nel deposito
di Strahov come anonimo e un elenco della collezione di Rodolfo II, successivo al 1621, lo indicava
come opera di “Jacobo de Palmas”14.
Non è del tutto agibile, nei lunghi intervalli di
silenzio di fonti e documenti sul quadro ceco, ricostruirne la storia di committenza e i successivi
passaggi. Ma si veda ciò che è allo stato attuale
delle conoscenze15 e qualche nuova ipotesi.
La prima notizia sull’opera è il citato inventario rudolfino del 1621 che lo menziona al numero 1009
come “Judicium de Paris de Luca de Jenua”. Non
è dato sapere cosa ne fu del dipinto tra l’anno d’esecuzione, nell’ottavo decennio del XVI secolo, per
quanto si può dedurre dal suo stile, fino alla sua
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comparsa nella collezione di Rodolfo II a Praga.
Kazlepka ricorda che egli si serviva notoriamente
di molti agenti e mercanti il cui preciso compito era
quello di comprare per suo conto dipinti in tutta
Europa. Ricorda altresì che molti dipinti gli furono
donati, probabilmente come omaggi diplomatici.
Una possibile pista per il nostro Cambiaso è a mio
avviso la stessa ricostruita brillantemente da Maria Clelia Galassi a proposito della “Venus Cythereia” (anche intesa come Flora) di Jan Massys, con
la nota veduta di Genova sullo sfondo (fig. 3), conservata al Nationalmuseum di Stoccolma, firmata
e datata 156116. Il dipinto passò, come noto, dalla
collezione di Rodolfo II d’Asburgo a quella di Cristina di Svezia a Stoccolma dopo il sacco di Praga
del 1648. La committenza, a lungo creduta dagli
studiosi legata ai Doria, per la presenza, ben in evidenza, della villa di Fassolo, è più probabilmente
legata, come sostenuto dalla Galassi, alla figura di
Ambrogio Di Negro (1519-1601), banchiere e poeta, nonché doge di Genova nel biennio 1585-1587
e amico di Gio. Andrea Doria. Il suo gusto fine e
particolare si può ricostruire dalle descrizioni del
suo giardino e dal suo palazzo
intesi a destar meraviglia, nel
più tipico spirito manierista
dell’epoca17. Lo stesso gusto,
mutata mutandis, condiviso da
Rodolfo II. La committenza Di
Negro potrebbe infatti spiegare l’arrivo a Praga del quadro di
Massys – ma lo stesso potrebbe
valere anche per i due Cambiaso. Banchiere di riferimento per
le casse degli Asburgo dal 1549
al 1565, fu poi uno dei maggiori
finanziatori del padre di Rodolfo II, Massimiliano II, così come
di Carlo V e Filippo II. E’ documentata la visita a Genova del
giovane principe Rodolfo, nel
Jan Matsys,
“Venus Cythereia”.
Stoccolma,
Nationalmuseum.
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1571, insieme e Don Giovanni d’Austria. Nel 1581
sua madre Maria d’Asburgo figlia di Carlo V, tornò a Genova con l’altro figlio, Massimiliano18. Se è
del tutto probabile che Rodolfo possa aver visto il
quadro di Massys a Genova nel 1571, è poco plausibile che abbia visto le due tele del Cambiaso, a
quella data forse neppure realizzate. Ma è invece
verosimile che proprio attraverso i contatti coi più
illuminati collezionisti genovesi, e forse proprio
con quell’Ambrogio Di Negro che per ragioni finanziarie la sua famiglia ebbe continue occasioni
di contatto, le due tele del pittore genovese siano
giunte a Praga. Per volontà esplicita dell’imperatore o come omaggio nel corso di trattative e incontri diplomatici, al momento non è possibile dirlo.
Le notizie successive in nostro possesso per il
Giudizio di Paride, sono posteriori alla morte di
Rodolfo II, avvenuta nel 1612.
Dopo la menzione nel citato documento del 1621,
il quadro compare nella lista di 56 dipinti di soggetto erotico scelti per essere venduti nel 1623,
col tramite del mercante e argentiere Daniel de
Brierß di Francoforte. Nel documento ne viene
anche indicato il prezzo, 300 gilde, ma sappiamo
che non tutti i quadri della lista partirono effettivamente per Francoforte per la vendita, oppure
partirono ma tornarono invenduti19.
L’opera si ritrova nuovamente menzionata negli
inventari del Castello di Praga negli anni 16351648. Ma poi non è più citata, fino alla sua riapparizione in un inventario del 1841 relativo ai dipinti principali del monastero di Strahov, al quale
pervenne dunque in data imprecisata tra il 1648,
anno del sacco di Praga, e il 1841, per vendita o
cessione diretta dagli Asburgo o più probabilmente attraverso qualche diverso passaggio in
qualche raccolta aristocratica.
Lo studioso Zdenek Kazlepka ha avuto altresì
modo di documentare che l’opera fu rimossa
dal monastero in epoca di regime comunista,
dal 1950 al 1989, quando fu ricoverato al castello Benešov nad Ploučnicí20. Nel 1992 si concluse
la pratica di restituzione dell’opera al monastero vicino Praga dove fu collocata nei depositi e
dove Kazlepka la ha rinvenuta e resa nota come il
Cambiaso perduto della collezione di Rodolfo II.
NOTE
1. Olio su tela, cm 169 x 182, inv. O 1211.
2. Zdenek Kazlepka mi ha segnalato, nello scorso luglio
(2013) che l’opera è esposta insieme ad altri 8 dipinti
italiani nella pinacoteca del castello, in una mostra il cui
catalogo sarebbe stato pubblicato in seguito. Lo studioso ha annunciato la pubblicazione di questa scoperta
nel 2014 nel “The Journal Umění/Art” o su “Studia Rudolphina. Research Center for Visual Arts and Culture
in the Age of Rudolph II”, ma mi ha generosamente anticipato un estratto delle sue ricerche. Di Kazlepka si veda
anche Colorito. 16th–18th Century Venetian Painting in
Moravian and Silesian Collections, catalogo della mostra a Brno (Moravia), 2011.
3. Per un primo approfondimento cfr. l’articolo di chi
scrive, Un Cambiaso a Praga. Paride ritrovato in convento, in “Il Secolo XIX” del 13-09-2013, pp. 1 e p. 30, in cui,
per gentile concessione di Zdenek Kazlepka, si è potuta
pubblicare l’immagine dopo il restauro, qui alla fig. 1.
4. H. Zimmermann, Das Inventar der Prager Schìatzund Kunstkammer vom 6. Dezember 1621. Nach Akten
des K. Und K. Reichsfinanzarchivs in Wien, in “Jahrbuch
des Kunstihistorischen Sammlungen des Allerhöchsten
Kaiserhauses”, XXV, 1905, pp. XIII-LXXV (XLV9. Per le
considerazioni in merito cfr. oltre.
5. L’opera è stata sottoposta a restauro trovandosi molto
sporco e in sofferenza per alcune lacune. Il restauro è
stato condotto da Adam Pokorný che ne ha eseguita
anche alcune indagini tecniche, 2013.
6. Olio su tela, cm 146 x 150, inv. n. GK 948; cfr. J.M. Lehmann, Staaatliche Kunstsammlungen Kassel – Gemäldegalerie Alte Meister, Schloss Wilhelmshöhe. Kastalog
I…, Fridingen 198, pp. 66-67.
7. A. Manzitti in Luca Cambiaso un maestro del Cinquecento europeo, catalogo della mostra di Genova, Cinisello Balsamo 2007, p. 304.
8. Cfr. anche B. Suida Manning, W. Suida, Luca Cambiaso, Milano 1958, p. 163, con bibliografia precedente. Stessa ipotesi anche per R. Contini, La pittura genovese dei
Seicento in Germania e in Svizzera, in Genova e l’Europa
continentale. Austria, Germania, Svizzera Opere, artisti,
committenti, collezionisti, a cura di P. Boccardo e C. Di
Fabio, Genova, 2004, pp. 135-157, p. 152.
9. Olio su tela, cm 185 x 160; per la vicenda di provenienza cfr. Suida Manning, Suida 1958 cit., p. 150; L. Magnani
in Luca Cambiaso un maestro … 2007 cit., p. 302.
10. Disegno a penna acquerellato, Inv. RN696. In Suida
Manning, Suida 1958 cit. p. 181 si ipotizza essere “forse
un primo pensiero per lo smarrito dipinto già nella racconta reale di Praga”, per il semplice fatto che “le due
altre tele conosciute (…) sono alquanto di differente costruzioni. Rinvenuto il dipinto di Praga questa ipotesi
decade.
11. Manzitti 2007, cit.
12. Magnani 2007, cit.
13. Cfr. Suida Manning, Suida 1958 cit. p. 155 con
bibliografia.
14. Suida Manning, Suida 1958 cit., p. 163: “In una delle
liste, Cod. 8196, figura come opera di “Jacobo de Palmas””. E’ probabile che la pubblicazione di prossima
uscita di Z. Kazlepka passi più precisamente in rassegna tutti i documenti, per lui più agilmente consultabili.
15. Devo queste notizie a Zdenek Kazlepka, che ringrazio, il quale pubblicherà il risultato delle sue ricerche,
con dettagli ulteriori rispetto a quanto è qui possibile
indicare.
16. Olio su tavola, cm 133 x 156, inv. n. 507. Per la nuova
ipotesi di committenza Di Negro cfr. M.C. Galassi, Jan
Massys and Artistic Relationship Between Antwerp and
Genova During the Sixteenth Cenutry, in Making and
Marketing. Studies of the Painting Process in Fifteenthand Sixteenth- Century Netherlandish Workshops, a
cura di M. Faries, Brepols Editore, Turnhout (Belgio),
2006, pp. 179-200, in particolare pp. 191-196.
17. Cfr. L. Magnani, Il tempio di Venere, Genova 1988, p.
141, con bibliografia.
18. Cfr. L. Stagno, Sovrani spagnoli a Genova: entrate
trionfali e “hospitaggi” in casa Doria, in Genova e la
Spagna. Opere, artisti, committenti, collezionisti, a cura
di P. Boccardo e C. Di Fabio, Genova, 2002, pp. 73-87, in
particolare p. 83; L. Stagno, L’hospitaggio a Genova di
Massimiliano re di Boemia e di altri Asburgo della linea
imperiale, in Genova e l’Europa continentale… 2004 cit.,
pp. 117-133, in particolare p. 122. Credo che Galassi equivochi sul quale figlio di Maria d’Austria fu a Genova nel
1581: Massimiliano e non Rodolfo II.
19. Devo questa e le notizie successive alla cortesia di
Zdenek Kazlepka, comunicazione scritta, luglio 2013.
20. Ossia Bensen nella Repubblica Ceca, distretto di
Děčín.
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