intervista a - Società Italiana di Fisica

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intervista a - Società Italiana di Fisica
intervista A
federico faggin
Federico Faggin, vicentino, si laurea in Fisica
all’Università di Padova nel 1965, summa cum
laude. Nel 1968, alla Fairchild Semiconductor
in Palo Alto, California, Faggin inventa la
tecnologia “Silicon Gate Technology (SGT)”
per la fabbricazione di circuiti integrati MOS.
Assunto dall’Intel nel 1970, Faggin progetta
il primo microprocessore al mondo, il 4004,
e tutti i primi microprocessori dell’Intel fino
all’8080.
Nel 1975 Faggin fonda la prima di tre aziende,
la Zilog, che crea il microprocessore Z80.
Faggin è attualmente presidente onorario della
Synaptics, ditta da lui avviata nel 1986.
Federico Faggin è uno dei molti italiani che
dopo essere nato, cresciuto ed educato
interamente in Italia si trasferì negli USA.
Faggin, dopo aver dato dei contributi
tecnologici fondamentali nel campo della
microelettronica, è diventato un imprenditore
di successo, e ora sta iniziando una terza
carriera.
Circa un anno fa Faggin ha ceduto la Foveon,
ditta innovativa nel campo dei sensori di
immagine, e ha lasciato il campo dell’industria
per dedicarsi interamente allo studio della
consapevolezza.
dalla microelettronica alla consapevolezza
Federico, da quando eravamo insieme sui
banchi dell’Università di Padova, direi che
hai avuto una carriera movimentata. Quali
sono state le svolte principali, e come le
spieghi?
Quando avevo 13 anni, decisi di fare l’Istituto
Industriale malgrado mio padre, libero docente
di filosofía, avrebbe voluto che io facessi il Liceo.
Questa mia decisione fu importante perchè
mi portò nel 1961 a lavorare nel laboratorio
di elettronica dell’Olivetti a Borgolombardo
dove finii per progettare in parte e costruire un
piccolo calcolatore elettronico sperimentale.
Avevo 19 anni e conducevo il progetto
con quattro tecnici che lavoravano per me.
L’esperienza fatta all’Olivetti fu indispensabile
alla mia creazione del microprocessore, dieci
anni dopo.
Come mai hai deciso di lasciare l’Olivetti e
iscriverti a Fisica all’Università di Padova?
Avevo sviluppato un gran desiderio di capire a
fondo la física e in particolare mi interessavano
i semiconduttori. Ciò richiedeva una profonda
conoscenza della meccanica quantistica, di cui
sapevo ben poco.
Che cosa hai fatto poi, dopo la laurea?
Decisi presto che la carriera universitaria non
faceva per me, passando all’industria. Il mio
primo lavoro, nel 1966, mi dette l’opportunità
di visitare la Silicon Valley per seguire un
corso sui circuiti integrati MOS, che erano
ancora sperimentali. Subito dopo lavorai per
la SGS-Fairchild di Agrate Brianza (la STMicro
di oggi) dove sviluppai il loro primo processo
di fabbricazione MOS e i loro primi due circuiti
MOS. Da lì arrivai alla Fairchild Semiconductor
in California, nel 1968, dove iniziò la mia
carriera statunitense.
Quale fu il tuo primo progetto importante
alla Fairchild?
Ebbi subito la scelta tra due progetti e decisi
di sviluppare un processo di fabbricazione per
circuiti integrati MOS con gate autoallineante.
Creai così, meno di un anno dopo, la Silicon
Gate Technology (SGT), e il primo circuito
90 < il nuovo saggiatore
integrato commerciale che la usava. Fu la
SGT a rendere possibile la fabbricazione delle
prime memorie a semiconduttori e il primo
microprocessore. Pochi anni dopo, la SGT
diventò la tecnologia alla base del progresso
straordinario che abbiamo visto negli ultimi
quarant’anni, ancora in uso oggi.
Dal Silicon Gate al microprocessore…
Mi sembra un salto improbabile. Come
avvenne?
La Fairchild era titubante nell’adottare la SGT
per fare circuiti integrati logici, decisi così
di lavorare all’Intel dove potevo dimostrare
la superiorità della SGT non solo per fare
memorie, ma anche per fare circuiti logici. A
quel tempo, l’Intel aveva un progetto custom
per un cliente giapponese che richiedeva di
progettare un CPU in un singolo chip insieme
ad altri tre chips di memoria e di inputoutput. Mi fu affidato il progetto che portai a
termine in tempo record, contribuendo nuove
idee indispensabili alla sua realizzazione, e
superando la competizione che stava lavorando
a progetti simili. Nacque così, nel 1971, il primo
microprocessore al mondo: l’Intel 4004.
Come è avvenuta la transizione da
inventore-progettista a imprenditore?
L’Intel allora era una ditta di memorie, e il
microprocessore era considerato un prodotto
interessante principalmente perchè aiutava
a vendere più memorie. Io però credevo
fortemente nell’enorme potenziale del
microprocessore, e verso la fine del 1974, decisi
di fondare una ditta interamente dedicata ai
microprocessori: la Zilog.
C’è voluto molto coraggio a decidere di
cambiare strada?
Si, certo, anche perchè a quel tempo era difficile
trovare capitale di ventura. Avevo 32 anni e la
possibilità di fallire non mi sfiorava nemmeno.
Se non fossi riuscito a trovare i fondi necessari,
sarei tornato a lavorare per un’altra ditta, dopo
aver fatto un’ulteriore importante esperienza.
Come è stata la tua esperienza alla Zilog?
Più esilarante e impegnativa di quanto avessi
mai potuto immaginare. Dopo aver concepito
e progettato il microprocessore Z80, essendo
il CEO della ditta, il mio lavoro cambiò
radicalmente. In due anni e mezzo crescemmo
da 11 a 1300 impiegati, con uffici internazionali
e con una fabbrica in Silicon Valley e una in
Asia. Lo Z80 è ancora oggi fabbricato in grandi
volumi, 34 anni dopo la sua introduzione sul
mercato.
Che cosa hai fatto poi?
Gradualmente la mia vita cambiò da inventoreprogettista a imprenditore-CEO. Fondai altre
due ditte di alta tecnologia e presi le redini di
una quarta ditta che fu ceduta poco più di un
anno fa. Imparai moltissimo, sia nel campo del
business che nel campo umano. Un paio di anni
fa, però, decisi di togliermi gradualmente da
tutti i miei impegni per far posto alla mia nuova
passione. Imboccai così un’altra strada.
Sono curioso. Che cosa vuoi fare?
Da molti anni mi sto interessando alle
problematiche della consapevolezza; e
da interesse secondario, un po’ alla volta,
questo è diventato il mio interesse primario.
A qualche livello intuisco che la natura della
consapevolezza deve essere legata alla
natura della realtà física, ma come? Manca
una metodologia specifica per studiare
scientificamente esperienze soggettive. E
la divisione tra mondo soggettivo e mondo
oggettivo mi sembra completamente
arbitraria, retaggio della divisione tra religione e
scienza. Vorrei però fare un’indagine scientifica,
non filosofica, partendo da una posizione
unitaria. Se la consapevolezza è reale, e non un
epifenomeno del funzionamento del cervello,
deve avere una realtà fisica di qualche tipo.
Sono ancora agli inizi della mia investigazione,
e sto raccogliendo esperienze personali come
ipotesi di lavoro. Ci vorranno ancora parecchi
anni di lavoro prima di avere una teoria solida.
S. Centro

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