di Linea e di Colore. Il Giappone, le sue arti e l`incontro con l

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di Linea e di Colore. Il Giappone, le sue arti e l`incontro con l
di Linea e di Colore.
Il Giappone, le sue arti
e l’incontro con l’Occidente
Francesco Morena
“La scelta delle tinte è egualmente varia e ricca ma è distratta dalla linea; zone di colore larghe si
assottigliano improvvisamente in ruscelli lineari e perdono valore di superficie. Venano qua e là
deliziosamente ma non formano nel totale una equilibrata composizione coloristica”.
Questo commento è frutto delle riflessioni del giovane Roberto Longhi, che lo mise per iscritto
nel 1914 nella sua Breve ma veridica storia della pittura italiana. Lo concepì per spiegare ai suoi
allievi le più pregnanti caratteristiche della celebre Annunciazione di Simone Martini negli
Uffizi. Per Roberto Longhi il pittore senese era il campione dello Stile Lineare nella sua
declinazione al Floreale, così come Botticelli era perfetta incarnazione dello Stile Lineare
Funzionale. I due famosi artisti toscani, secondo il Longhi, realizzarono i loro capolavori
combinando a meraviglia la Linea e il Colore, in un vortice di sensazioni calligrafiche e ritmi
tonali. Proprio disquisendo di Simone Martini e di Sandro Botticelli, il Longhi espresse la sua
convinzione che la loro arte avesse stringenti affinità stilistiche con l’arte dei giapponesi, “che
furono florealisti supremi, e per molti secoli”.
Simone Martini come Tawaraya Sōtatsu? Botticelli come Ogata Kōrin?
A qualcuno questo paragone potrà sembrare azzardato, a dire poco. Tuttavia, a noi pare che la
frase dell’intellettuale italiano sopra riportata possa riferirsi con agio a molte delle opere esposte
in questa mostra dedicata alle arti del Giappone dal XIV al XIX secolo.
È evidente, infatti, che l’arte giapponese tradizionale sia prevalentemente espressione di Linea e di
Colore. Dal punto di vista tecnico, prima di tutto. Le regole prospettiche e il chiaroscuro, pilastri
dell’arte occidentale, non sorreggono anche l’architettura dell’arte giapponese, nonostante questa
si dimostri egualmente solida. Gli artisti giapponesi non dipingono bensì scrivono, quindi
modulano le campiture facendo il verso alla grandiosità della Natura. Così come gli spadai
giapponesi non forgiano lame ma fendono lo spazio con il baluginìo di un fulmine. Così co me i
ceramisti non modellano terra ma circoscrivono il tempo tra le curve dell’infinitezza.
La Linea e il Colore sono le guide di un’estetica che ha in Giappone una lunghissima storia. Anzi,
per spingersi oltre, la Linea e il Colore sono l’arte giapponese. L’elemento lineare puntella l’intera
sua costruzione; quello coloristico ne sottolinea il passo. L’uno non prevale sull’altro, anzi i due si
miscelano in un’audace sintesi di strutture, la Linea, e di moduli, il Colore.
La Linea è scrittura, è riduzione, è Illuminazione. In pittura essa equivale alle stesure a pennello di
inchiostro di china. In tutte le altre forme d’arte essa si mostra con le caratteristiche
dell’essenzialità. La Linea è l’acciaio della spada, le forme di certe lacche rosse, le ondulazio ni dei
rivestimenti ceramici, i contorni autoreferenziali delle maschere del teatro Nō. Il Buddhismo Zen
si incunea tra tutti i meandri di questa cultura giapponese della Linea, insieme a quella tradizione
cinese, e poi coreana, che già si rifaceva all’estetica di questa dottrina buddhista. Tra il XIII e il
XVII secolo la cultura della Linea permeò ogni manifestazione artistica giapponese, dalla
Cerimonia del Tè alla cura dei giardini, dal teatro alle arti marziali.
Il Colore è racconto, è ridondanza, è Poesia. Nelle arti grafiche esso è profusione di dettagli e
accostamenti tonali e dorature. Nelle altre arti è soprattutto stilizzazione cromatica. Il Colore è
l’eleganza di un kimono, la finezza delle polveri d’oro sulla lacca nera, l’intersecarsi di trame
policrome sulla ceramica, le variegazioni delle miscele dei metalli sui metalli. La corte imperiale
di Kyoto e i suoi personaggi più nobili dell’epoca Heian (794‑ 1185) hanno ispirato il revival
della cultura del Colore tra il XVII e il XIX secolo. Nello stile come nei temi, per lo più ispirati alla
letteratura giapponese del passato.
Solo all’apparenza Linea e Colore hanno percorso sentieri diversi. Il più delle volte queste
tradizioni si sono intersecate, sovrapposte, con reciproco scambio di influenze. Gli stessi artisti
giapponesi hanno mediato queste due tendenze culturali nel corso delle loro carriere: non è raro che
un pittore noto soprattutto per i suoi esperimenti cromatici si sia dedicato contemporaneamente alla
pittura a inchiostro di gusto cinese, e viceversa. E ciò vale anche per le altre forme d’arte del
Giappone. Per questo, anche, e per spingersi oltre, l’arte giapponese è sintesi “di Linea e di
Colore”.
Simone Martini e Botticelli non ebbero l’opportunità di venire a contatto con l’arte giapponese.
Forse ebbero l’occasione di ammirare esempi di arte cinese, ma sono solo ipotesi recenti per
spiegare affinità stilistiche. L’incontro tra il Giappone e l’Europa avvenne infatti verso la metà del
Cinquecento, quando i due artisti toscani erano già nella storia. Il contatto tra il Giappone e
l’Occidente è stato sicuramente uno degli avvenimenti cruciali del Cinquecento. Non si esagera se
si afferma che ha avuto un’importanza paragonabile a quella della cosiddetta ‘scoperta
dell’America’ oppure dello sbarco sulla luna, poiché due culture così diverse, aliene tra loro, si
incontrarono allora per la prima volta. Ebbe iniziò così una relazione con scambi di ogni genere
che, nonostante le alterne vicende della storia, avrebbe traghettato insieme questi due po li del
mondo fino all’oggi. Questa mostra vuole offrire spunti di riflessione anche su questo incontro tra
il Giappone, l’Europa e l’Italia. In questo contesto Firenze e la Toscana ebbero un ruolo non
secondario. Merito soprattutto dei Medici i quali, fin dall’inizio, dimostrarono un grande interesse
e profondo rispetto per il Giappone e i giapponesi, la loro cultura e le loro arti. Echi di tutto ciò si
riverberano nelle collezioni di manufatti giapponesi ancora conservate a Palazzo Pitti.
Questa mostra è dunque l’occasione per ammirare le Linee e i Colori dell’arte giapponese in tutto
il loro splendore. In una cornice straordinaria. Quello stesso Palazzo Pitti in cui, nel 1585, furono
ospitati per più giorni i primi ambasciatori giapponesi giunti in Europa. Da allora la storia è
diventata cronaca, riflesso di un incontro meraviglioso che ancora oggi riecheggia tra le sale della
reggia fiorentina.