Note del corso di Fisica Matematica
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Note del corso di Fisica Matematica
Corso di laurea in Matematica SAPIENZA Università di Roma Note del corso di Fisica Matematica PAOLO B UTTÀ Dipartimento di Matematica “Guido Castelnuovo” SAPIENZA Università di Roma Indice Capitolo 1. Aspetti generali 1.1. Introduzione 1.2. Equazioni alle derivate parziali 1.3. Equazioni della fisica matematica 1 1 2 3 Capitolo 2. Trasporto lineare ed equazione di Liouville 2.1. Preliminari 2.2. Equazione del trasporto lineare 2.3. Equazione di Liouville 2.4. Teorema di Liouville 7 7 8 10 13 Capitolo 3. Equazione della corda vibrante: metodo di D’Alembert 3.1. Considerazioni generali 3.2. Equazione della corda vibrante: derivazione 3.3. Problemi ben posti e metodo dell’energia 3.4. La soluzione di D’Alembert 3.5. La soluzione fondamentale 3.6. Equazione non omogenea: formula di Duhamel 3.7. Simmetrie e metodo delle riflessioni 15 15 16 25 29 35 38 40 Capitolo 4. Equazione della corda vibrante: metodo di Fourier 4.1. Serie di Fourier 4.2. Il metodo di Fourier 4.3. Esempi di applicazione del metodo di Fourier 4.4. Soluzione degli esercizi 45 45 51 56 64 Capitolo 5. Equazione delle onde in dimensione d > 1 5.1. Problemi ben posti e questioni di unicità 5.2. Separazione delle variabili per problemi in domini limitati 5.3. Formula di Kirchhoff 5.4. Formula di Poisson 5.5. Sulla velocità di propagazione 69 69 73 75 79 81 Capitolo 6. Introduzione alla teoria del potenziale 6.1. Considerazioni generali 85 85 i I NDICE II 6.2. 6.3. 6.4. 6.5. 6.6. 6.7. 6.8. 6.9. 6.10. 6.11. Analisi del problema unidimensionale Approccio al problema in dimensione maggiore di uno Soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace Formule di Green Funzioni armoniche Formula integrale di Poisson Equazione di Poisson in Rd Equazione di Poisson in domini limitati Formulazione variazionale del problema di Laplace-Dirichlet Soluzione degli esercizi 86 89 90 92 94 99 105 109 112 113 Capitolo 7. Equazione del calore 7.1. Considerazioni generali 7.2. Derivazione euristica 7.3. Problemi ben posti e principio del massimo 7.4. Soluzione fondamentale 7.5. Problema di Cauchy globale 7.6. Risoluzione di problemi con il metodo delle riflessioni 7.7. Risoluzione di problemi con il metodo di Fourier 7.8. Derivazione microscopica dell’equazione del calore 117 117 117 120 127 131 135 138 142 Bibliografia 147 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 1 Aspetti generali 1.1. Introduzione La Matematica rappresenta uno strumento essenziale nella comprensione del mondo reale, attraverso la costruzione di modelli matematici che permettono di fare descrizioni e previsioni sui fenomeni di interesse. In generale, un modello matematico si basa su leggi generali (quali, ad esempio, la seconda legge della dinamica) e su relazioni costitutive specifiche del sistema in esame (ad esempio la legge di Hooke sulle forze elastiche). Nella costruzione di un modello matematico occorre innanzitutto stabilire il numero di parametri reali indipendenti necessari per descrivere lo stato del sistema. Dopodiché, le leggi generali e le relazioni costitutive potranno essere codificate in equazioni che legano tra loro questi parametri. Alcuni fenomeni fisici richiedono un numero finito di tali parametri. L’esempio principe è fornito dalla meccanica newtoniana, che descrive il moto di corpi pesanti, di dimensione trascurabile rispetto alle osservazioni, in termini di punti materiali liberi di muoversi nello spazio. In questo caso i parametri necessari ad individuare lo stato del sistema sono naturalmente forniti dall’insieme delle posizioni e velocità dei punti materiali. Inoltre, l’evoluzione di questi punti è governata dalle leggi della dinamica che, per assegnate leggi di forza (ad esempio la legge di gravità), si traducono in un sistema di equazioni differenziali ordinarie. In effetti, come nel caso newtoniano appena descritto, molti altri modelli di interesse si scrivono in termini di sistemi di equazioni differenziali ordinarie. Esiste ora una vasta classe di fenomeni la cui descrizione richiede un numero infinito di parametri reali indipendenti. Un esempio importante è costituito dai modelli della fisica dei mezzi continui, in cui si vuole descrivere il comportamento macroscopico della materia, rinunciando al dettaglio microscopico ed atomico della stessa. Consideriamo, ad esempio, una mole di gas, costituita da N ∼ 1023 molecole. È inutile ed impossibile seguire il moto delle singole molecole, nello spazio delle fasi R6N di tutte le posizioni e velocità. Viceversa, per una descrizione macroscopica del gas, possono essere sufficienti poche grandezze, quali la densità %(x) ∈ R, la velocità v(x) ∈ R3 e la temperatura T (x) ∈ R 1 2 A SPETTI GENERALI di un “volumetto” dx di materia centrato in x ∈ R3 . In effetti, sotto opportune ipotesi sullo stato del sistema e sul tipo di misurazioni che si vogliono fare, questa descrizione “ridotta” è possibile, nel senso che queste grandezze sono ben definite (ovvero osservabili) ed i loro valori predicibili attraverso la soluzione di opportune equazioni, che completano la definizione stessa del modello. Le incognite di queste descrizioni ridotte sono quindi costituite da una o più funzioni scalari u(x) (spesso dette campi), ovvero un numero infinito di parametri reali (il valore u(x) del campo u in ciascun punto x ∈ R3 dello spazio). Se inoltre il valore del campo u è suscettibile di variazioni nel tempo allora esso sarà una funzione u = u(x, t ) sia della variabile spaziale x che di quella temporale t. Più in generale, esistono fenomeni che richiedono direttamente una descrizione in termini di campi. Si pensi ad esempio alla teoria dell’elettromagnetismo, in cui le grandezze fisiche osservabili sono il campo elettrico E(x, t ) ∈ R3 ed il campo magnetico B(x, t ) ∈ R3 (dunque sei campi scalari). Avviene ora che la maggior parte delle leggi generali o fenomenologiche si esprimano attraverso equazioni alle derivate parziali (EDP) che devono essere soddisfatte dalle funzioni incognite. 1.2. Equazioni alle derivate parziali Diamo alcune definizioni di base sulle EDP, supponendo per brevità che vi sia un’unica funzione incognita u(y) delle variabili indipendenti y = (y 1 , . . . , y n ) ∈ D, con D dominio aperto di Rn . Una EDP per u di grado k ∈ N è un’equazione della forma Φ(y, u(y), Du(y), . . . , D k−1 u(y), D k u(y)) = 0 (y ∈ D), (1.1) dove Φ : D × Rn × · · · × Rn k−1 k × Rn → R è una funzione assegnata e, per ogni p ∈ N, D p u(y) indica l’insieme di tutte le derivate parziali di ordine p della funzione u nel punto y. In particolare, identifichiamo Du con il gradiente trasposto (∇u)T e D 2 u con la matrice hessiana, ovvero 2 ∂ u ∂2 u (y) ··· (y) ∂y 1 ∂y n ∂y 12 µ ¶ ∂u ∂u . . 2 . . . . . (y) . . . (y) , Du(y) = D u(y) = . . . ∂y 1 ∂y n 2 2 ∂ u ∂ u (y) · · · (y) 2 ∂y n ∂y 1 ∂y n L’equazione (1.1) è detta lineare se Φ è una funzione lineare di u e di tutte le sue derivate. È invece detta semilineare se Φ è una funzione lineare delle derivate ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 1.3 E QUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA 3 di ordine k con coefficienti che dipendono unicamente dalla variabile indipendente y. È infine detta quasilineare se Φ è una funzione lineare delle derivate di ordine k con coefficienti che possono però dipendere anche da u e dalle sue derivate di ordine più basso. Analogamente al problema di Cauchy per le equazioni differenziali ordinarie, possiamo chiederci sotto quali condizioni esiste ed è unica la soluzione u(y) di una EDP. È ragionevole supporre che occorra dire qualcosa sul valore di u e delle sue derivate di ordine più basso sulla frontiera ∂D del dominio D, ovvero fissare le condizioni al bordo del problema. L’equazione (1.1) con assegnate condizioni al bordo sarà un problema ben posto se si ha esistenza, unicità ed una qualche dipendenza continua dai dati al bordo della soluzione. Ricordiamo che, tranne che nel caso k = 1 e nel caso delle equazioni lineari, non esiste una teoria generale consolidata delle EDP come nel caso delle equazioni differenziali ordinarie (l’analogo dei teoremi generali di esistenza ed unicità). Sono state invece largamente studiate e comprese specifiche equazioni di particolare importanza in matematica o altre discipline. 1.3. Equazioni della fisica matematica In queste note studieremo alcune equazioni fondamentali della fisica matematica e certe generalizzazioni di queste. Precisamente, le equazioni fondamentali che analizzeremo sono (1) l’equazione del trasporto lineare, d ∂u X ∂u (x, t ) + (x, t ) F i (x, t ) = 0; ∂t i =1 ∂x i (2) l’equazione di Liouville, d X ¤ ∂u ∂ £ (x, t ) + u(x, t )F i (x, t ) = 0; ∂t i =1 ∂x i (3) l’equazione delle onde, d ∂2 u X ∂2 u 2 (x, t ) − c (x, t ) = 0; 2 ∂t 2 i =1 ∂x i (4) le equazioni di Laplace, d ∂2 u X i =1 ∂x i2 (x) = 0 e di Poisson, d ∂2 u X i =1 ∂x i2 (x) + f (x) = 0; ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4 A SPETTI GENERALI (5) l’equazione del calore (o della diffusione), d ∂2 u X ∂u (x, t ) = 0; (x, t ) − D 2 ∂t i =1 ∂x i dove f (x) ∈ R, F (x, t ) ∈ Rd sono funzioni assegnate delle variabili spaziali x = (x 1 , . . . , x d ) e della variabile temporale t e c, D sono parametri positivi. Nei casi (3), (4) e (5) considereremo solo i casi di dimensione spaziale d = 1, 2, 3. Tutte queste equazioni condividono tra loro due caratteristiche importanti: sono lineari e di ordine non superiore al secondo (precisamente sono del secondo ordine tranne le prime due che sono del prim’ordine). Ricordiamo brevemente alcuni fatti generali sulle equazioni lineari del secondo ordine, la cui forma più generale è n X i , j =1 A i , j (y) n X ∂2 u ∂u (y) + B i (y) (y) +C (y)u(y) + f (y) = 0 (y ∈ D), ∂y i ∂y j ∂y i i =1 (1.2) con A(y) ∈ Rn×n , B (y) ∈ Rn e C (y), f (y) ∈ R funzioni assegnate. L’equazione è detta omogenea se f (y) = 0. Poiché siamo interessati a soluzioni regolari u ∈ C 2 (D), l’ordine di derivazione è ininfluente, quindi n X i , j =1 A i , j (y) n A (y) + A (y) ∂2 u X ∂2 u i,j j ,i (y) = (y), ∂y i ∂y j 2 ∂y i ∂y j i , j =1 cosicché, senza perdita di generalità, possiamo assumere A(y) = A(y)T , ovvero A(y) una matrice simmetrica. Questo significa che A(y) ha autovalori reali per ciascun y ∈ D. Siano n 0 (y), n + (y), n − (y) il numero di autovalori rispettivamente nulli, positivi, negativi di A(y) (contati con la loro molteplicità). Allora l’equazione viene detta • ellittica (nel punto y) se n + (y) = n oppure n − (y) = n; • iperbolica (nel punto y) se n 0 (y) = 0 e n + (y) − n − (y) 6= ±n; • parabolica (nel punto y) se n 0 (y) > 0. Posto y = (x, t ) ∈ Rd +1 si vede immediatamente con questa notazione che le equazioni delle onde, di Laplace, di Poisson e del calore hanno matrice A diagonale ed indipendente da y. In particolare, l’equazione delle onde è iperbolica, quelle di Laplace e Poisson sono ellittiche e quella del calore è parabolica. Concludiamo ricordando una proprietà fondamentale delle EDP lineari, il cosiddetto principio di sovrapposizione, che sarà alla base della strategia di risoluzione delle equazioni lineari che tratteremo. Con riferimento all’equazione (1.2), tale principio (ben noto nel contesto dei sistemi algebrici lineari) afferma che combinazioni lineari di soluzioni dell’equazione omogenea ( f = 0) sono anch’esse soluzioni. Più in generale, nel caso non omogeneo, se u 1 (y), u 2 (y) sono ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 1.3 E QUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA 5 soluzioni della medesima equazione (1.2) con eventualmente differenti termini noti, diciamo f 1 (y), f 2 (y), allora ogni combinazione lineare u(y) = c 1 u 1 (y) + c 2 u 2 (y) è soluzione di (1.2) con termine noto f (y) = c 1 f 1 (y) + c 2 f 2 (y). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 2 Trasporto lineare ed equazione di Liouville 2.1. Preliminari Ricordiamo alcuni fatti dalla teoria delle equazioni differenziali ordinarie. Sia F ∈ C k (Rd × R; Rd ) una funzione vettoriale regolare (k ≥ 1) tale che il problema di Cauchy, ( ẋ(t ) = F (x(t ), t ), (2.1) x(t 0 ) = x, ammetta soluzione globale nel tempo per ogni dato iniziale (x, t 0 ) ∈ Rd × R. Nel seguito indicheremo con Φ(x, t 0 , t ) = Φt ,t0 (x) la soluzione del problema (2.1). La famiglia di trasformazioni {Φt ,t0 } definisce una famiglia a due parametri di diffeomorfismi (di classe C k ) di Rd in sé, ovvero gode delle seguenti proprietà: • Φ ∈ C k (Rd × R × R; Rd ); • Φt ,t0 : Rd → Rd è un diffeomorfismo C k per ogni t 0 , t ∈ R; • Φt ,t0 = Φt ,s ◦ Φs,t0 , Φt0 ,t0 = Id ∀ t 0 , s, t ∈ R. Tali proprietà seguono dai teoremi di esistenza, unicità e regolarità rispetto ai dati iniziali del problema di Cauchy per sistemi di equazioni differenziali ordinarie. Inoltre, dalla ovvia relazione Φt ,t0 ◦ Φt0 ,t = Φt0 ,t ◦ Φt ,t0 = Id e dalla regola di derivazione delle funzioni composte, si ha (Φt ,t0 )−1 = Φt0 ,t , (DΦt ,t0 (x))−1 = DΦt0 ,t (Φt ,t0 (x)) ∀ t 0 , t ∈ R ∀ x ∈ Rd , (2.2) dove DΦt ,t0 (x) è la matrice jacobiana della trasformazione, t ,t 0 [DΦ t ,t 0 (x)]i , j = ∂Φi ∂x j (x). Osserviamo infine che nel caso particolare di sistemi autonomi, in cui cioè la funzione F = F (x) non dipende esplicitamente dal tempo, traslazioni temporali di soluzioni sono ancora soluzioni. In particolare, posto Φt (x) := Φt ,0 (x) si ha Φt ,t0 (x) = Φt −t0 (x). La famiglia {Φt } forma ora un gruppo ad un parametro di diffeomorfismi di Rd in sé, ovvero • Φ ∈ C k (Rd × R; Rd ); • Φt : Rd → Rd è un diffeomorfismo C k per ogni t ∈ R; • Φt +s = Φt ◦ Φs ∀ s, t ∈ R, Φ0 = Id. 7 8 T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE La funzione vettoriale F (x) = ¯ ¯ d t dt Φ (x)¯t =0 è detta generatore del gruppo. 2.2. Equazione del trasporto lineare Come già osservato in Sezione 1.1, si scrivono in termini di sistemi differenziali del tipo (2.1) molti modelli di evoluzione di sistemi fisici con un numero finito di gradi di libertà, nel qual caso i punti dello spazio delle fasi Rd descrivono i possibili stati del sistema. Una funzione reale u su Rd , eventualmente dipendente dal tempo, dunque u = u(x, t ), rappresenta allora il valore di una grandezza (o osservabile) del sistema quando quest’ultimo si trova nella configurazione x al tempo t . La sua evoluzione nel tempo lungo il moto di dato iniziale (x 0 , t 0 ) è pertanto fornita dalla funzione composta u(Φt ,t0 (x 0 ), t ). Diremo che u(x, t ) è un integrale primo del sistema (2.1) se u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = u(x 0 , t 0 ) ∀ (x 0 , t 0 , t ) ∈ Rd × R × R. T EOREMA 2.1. La funzione u ∈ C 1 (Rd × R) è integrale primo del sistema (2.1) se e solo se è soluzione della seguente equazione alle derivate parziali del primo ordine, ∂u (x, t ) + ∇u(x, t ) · F (x, t ) = 0, (x, t ) ∈ Rd × R, (2.3) ∂t dove ∇u(x, t ) è il gradiente rispetto alle coordinate cartesiane x della funzione u (U · V denota il prodotto scalare standard tra i vettori U ,V ∈ Rd ). D IMOSTRAZIONE . Poiché u ∈ C 1 (Rd × R) la condizione di integrale primo è equivalente a richiedere che d u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = 0 dt ∀ (x 0 , t 0 , t ) ∈ Rd × R × R. Si ha ora, ∂u t ,t0 d d u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = (Φ (x 0 ), t ) + ∇u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) · Φt ,t0 (x 0 ) dt ∂t dt ∂u t ,t0 t ,t 0 = (Φ (x 0 ), t ) + ∇u(Φ (x 0 ), t ) · F (Φt ,t0 (x 0 ), t ). ∂t (2.4) Supponiamo che u sia soluzione dell’equazione (2.3). Valutandola nel punto (x, t ) = (Φt ,t0 (x 0 ), t ) deduciamo dalla (2.4) che u è integrale primo. Viceversa, se u è integrale primo, sempre dalla (2.4) segue che ∂u t ,t0 (Φ (x 0 ), t ) + ∇u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) · F (Φt ,t0 (x 0 ), t ) = 0 ∂t ∀ (x 0 , t 0 , t ) ∈ Rd × R × R. Valutando quest’ultima equazione per t = t 0 , ricordando che Φt0 ,t0 (x 0 ) = x 0 ed essendo (x 0 , t 0 ) arbitrari, deduciamo che u è soluzione dell’equazione (2.3). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 2.2 E QUAZIONE DEL TRASPORTO LINEARE 9 Un’equazione della forma (2.3) viene detta equazione del trasporto lineare (non consideriamo qui il caso più generale del trasporto non lineare, in cui F = F (x, t , u)). La traiettoria Φt ,t0 (x 0 ) è detta curva caratteristica (o semplicemente caratteristica) uscente da (x 0 , t 0 ) dell’equazione. Dal teorema precedente segue che ogni soluzione u è tale che u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = u(x 0 , t 0 ), ovvero ogni soluzione è costante lungo le caratteristiche. In particolare, la soluzione del relativo problema di Cauchy, ∂u (x, t ) + ∇u(x, t ) · F (x, t ) = 0 (x, t ) ∈ Rd × R, ∂t (2.5) u(x, t 0 ) = u 0 (x) x ∈ Rd , con u 0 ∈ C 1 (R) è data da u(x, t ) = u 0 (Φt0 ,t (x)), ovvero la soluzione in x al tempo t si ottiene “trasportando” il dato iniziale lungo la caratteristica uscente da (x 0 , t 0 ), dove x 0 = Φt0 ,t (x). Notiamo infine che anche il problema di Cauchy non omogeneo, ∂u (x, t ) + ∇u(x, t ) · F (x, t ) = f (x, t ) (x, t ) ∈ Rd × R, ∂t u(x, t 0 ) = u 0 (x) x ∈ Rd , (2.6) con f ∈ C (Rd × R) assegnata, si risolve in termini delle caratteristiche. Infatti, se u(x, t ) è soluzione di (2.6) la funzione z(s) = u(Φs,t (x), s) ha derivata ż(s) = ∂u s,t (Φ (x), s) + ∇u(Φs,t (x), s) · F (Φs,t (x), s) = f (Φs,t (x), s). ∂s Pertanto Z z(t ) − z(t 0 ) = t ds f (Φs,t (x), s). t0 Ma z(t )− z(t 0 ) = u(x, t )−u 0 (Φt0 ,t (x)) e dunque la soluzione del problema (2.6) si scrive Z u(x, t ) = u 0 (Φt0 ,t (x)) + t ds f (Φs,t (x), s), (2.7) t0 ovvero (per la linearità dell’equazione) pari alla somma tra la soluzione dell’equazione omogenea associata (2.5) di uguale dato iniziale e la soluzione particolare della (2.6) di dato iniziale nullo. O SSERVAZIONE 2.1. Nel caso autonomo (ovvero con F = F (x) e f = f (x) indipendenti dal tempo) la soluzione (2.7) si scrive u(x, t ) = ũ(x, t − t 0 ), con Z t ũ(x, t ) = u 0 (Φ−t (x)) + ds f (Φs−t (x)), (2.8) 0 t dove Φ (x) è il flusso di fase generato da F (x). (Verificare!) E SEMPIO 2.1. Consideriamo il caso più semplice di un’equazione del trasporto lineare omogenea con coefficienti costanti, dunque F (x) = c ∈ Rd . Per ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 10 T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE u0 (x) u(x,t) = u0 (x−ct) x x−ct O x F IGURA 2.1. Esempio di onda viaggiante diretta (c > 0) al tempo t > 0: il grafico dell’evoluta u(x, t ) al tempo t del profilo iniziale u 0 (x) si ottiene traslando di c t verso destra il grafico di u 0 . l’Osservazione 2.1 senza perdere di generalità possiamo assumere t 0 = 0. Le caratteristiche sono quindi le funzioni lineari Φt ,t0 (x) = x +c t cosicché la soluzione dell’equazione del trasporto di dato iniziale u 0 prende la semplicissima forma u(x, t ) = u 0 (x −ct ). Altrimenti detto, la soluzione al tempo t si ottiene “traslando rigidamente” il dato iniziale di |c t | nella direzione e verso del vettore c. La soluzione u(x, t ) = u 0 (x − ct ) è quindi un’onda viaggiante che si muove nello spazio con velocità di propagazione c. Nel caso unidimensionale in cui x, c ∈ R, la funzione u 0 (x − ct ) è detta onda viaggiante diretta se c > 0 ovvero onda viaggiante inversa se c < 0, vedi Figura 2.1. 2.3. Equazione di Liouville Supponiamo ora assegnata una funzione non negativa ed integrabile ρ(x, t ), che interpretiamo come la densità di massa con la quale una sostanza (ad esempio un fluido) è distribuita nello spazio Rd al tempo t . Supponiamo che tale sostanza non venga creata o distrutta ma semplicemente trasportata. Supponiamo inoltre che esista una funzione vettoriale J (x, t ), detta corrente, tale che il suo flusso sia pari al tasso istantaneo di massa che attraversa l’unità di superficie. Altrimenti detto, per una qualsiasi regione limitata V con frontiera regolare ∂V , il bilancio sulla variazione della massa ivi contenuta si scrive d dt Z V dx ρ(x, t ) = − Z ∂V dσ(y) J (y, t ) · ν(y), ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 2.3 E QUAZIONE DI L IOUVILLE 11 J(y,t) V dσ (y) ν (y) F IGURA 2.2. La materia che attraversa l’elemento di superficie dσ(y) nell’unità di tempo è pari a dσ(y) J (y, t ) · ν(y). essendo dσ(y) la misura di superficie e ν(y) la normale a ∂V in y diretta esternamente a V , vedi Figura 2.2. D’altra parte, Z Z ∂ρ d dx ρ(x, t ) = dx (x, t ) dt V ∂t V e, per il teorema della divergenza, Z Z dσ(y) J (y, t ) · ν(y) = dx div J (x, t ), ∂V V dove ricordiamo che la divergenza di un campo vettoriale V (x) ∈ Rd scritta in coordinate cartesiane ha la forma divV (x) = ∇ · V (x) = d ∂V X i (x). ∂x i i =1 Pertanto, ¸ ∂ρ dx (x, t ) + div J (x, t ) = 0. ∂t V Vista l’arbitrarietà nella scelta di V deduciamo che ρ(x, t ) deve risolvere l’equazione di continuità ∂ρ (x, t ) + div J (x, t ) = 0, (x, t ) ∈ Rd × R. ∂t Chiaramente questa relazione, che esprime una legge generale (la conservazione di una grandezza fisica), deve essere accompagnata da una qualche relazione costitutiva, propria del sistema specifico in esame, che permetta di legare la funzione di corrente alla densità. Supponiamo allora che il trasporto di massa avvenga mediante la famiglia di diffeomorfismi Φt ,t0 generati dal sistema differenziale (2.1). In questo caso, poiché la massa ρ(x, t ) dx contenuta nel volumetto dx attorno a x si muove al tempo t con velocità ¯ d ¯ v(x, t ) = Φs,t (x)¯ = F (x, t ), s=t ds Z · ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 12 T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE abbiamo J (x, t ) = ρ(x, t )F (x, t ). Perveniamo pertanto all’equazione di Liouville, ∂ρ (x, t ) + div [ρ(x, t )F (x, t )] = 0, ∂t (x, t ) ∈ Rd × R. (2.9) Vogliamo ora mostrare che la soluzione del relativo problema di Cauchy può essere espressa mediante le caratteristiche. Osserviamo a tal fine che la massa contenuta nella regione limitata Vt0 di Rd al tempo t 0 deve essere uguale a quella contenuta nella regione Vt , evoluta al tempo t di Vt0 , ovvero Vt := Φt ,t0 (Vt0 ) = {x ∈ Rd : x = Φt ,t0 (x 0 ), x 0 ∈ Vt0 }. Pertanto, posto ρ(x, t 0 ) = ρ 0 (x) e detta M t (V ) la massa contenuta al tempo t in un generico dominio V , deve aversi ∀Vt0 ⊂⊂ Rd . M t (Vt ) = M t0 (Vt0 ) D’altra parte, mediante il cambiamento di coordinate x 0 = Φt0 ,t (x), si ha Z dx ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|, M t0 (Vt0 ) = Vt t 0 ,t dove DΦ (x) è la matrice jacobiana della trasformazione. Se scegliamo ora Vt0 = Φt0 ,t (V ) con V una qualsiasi regione limitata, dalle precedenti due equazioni otteniamo che Z M t (V ) = dx ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)| ∀V ⊂⊂ Rd . V Per l’arbitrarietà nella scelta di V concludiamo che la densità è definita per tutti i tempi e vale esattamente ρ(x, t ) = ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|. (2.10) Rimane da calcolare det DΦt0 ,t (x). Ricordiamo a tal fine che per il teorema di Liouville (che dimostriamo nella prossima sezione) il determinante jacobiano è soluzione dell’equazione d det DΦt ,t0 (x) = div F (Φt ,t0 (x), t ) det DΦt ,t0 (x), dt con det DΦt0 ,t0 (x) = 1 essendo Φt0 ,t0 = Id. Pertanto, ·Z t ¸ t ,t 0 s,t 0 det DΦ (x) = exp ds div F (Φ (x), s) t0 (2.11) ∀ t , t 0 ∈ R. Sostituendo nella (2.10) abbiamo infine ρ(x, t ) = ρ 0 (Φt0 ,t (x)) exp t0 ·Z ds div F (Φs,t (x), s) ¸ t · Z t ¸ t 0 ,t s,t = ρ 0 (Φ (x)) exp − ds div F (Φ (x), s) . t0 Un’ultima osservazione: essendo div (ρF ) = ∇ρ · F + ρ div F , se il campo F è solenoidale, ovvero div F (x, t ) = 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd × R, allora ρ(x, t ) = ρ 0 (Φt0 ,t (x)) e l’equazione di Liouville (2.9) coincide con quella del trasporto lineare (2.3). Questo non deve sorprendere, poiché in questo caso det DΦt ,t0 (x) = 1, dunque il ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 2.4 T EOREMA DI L IOUVILLE 13 flusso conserva il volume, |Vt | = |Vt0 |, e pertanto il trasporto di massa si realizza mantenendo costante la densità lungo le caratteristiche. O SSERVAZIONE 2.2. L’equazione di Liouville possiede anche la seguente interpretazione probabilistica. Supponiamo che Φt ,t0 (x 0 ) rappresenti l’evoluzione di un sistema fisico tale che il dato iniziale x 0 è noto con una qualche incertezza. Ad esempio, nel caso di un gas, è praticamente impossibile conoscere con precisione assoluta l’insieme delle posizioni e velocità di tutte le particelle ad un tempo iniziale t 0 . In molti casi è possibile modellare questa incertezza assumendo che lo stato iniziale sia una variabile aleatoria X t0 , a valori in Rd , la cui distribuzione di probabilità possieda una densità. Supponiamo quindi che esiR sta una funzione integrabile ρ 0 ≥ 0 con dx 0 ρ 0 (x 0 ) = 1 tale che, per ogni insieme misurabile V ⊂ Rd , l’evento {X t0 ∈ V } abbia probabilità Z P(X t0 ∈ V ) = dx 0 ρ 0 (x 0 ). V Poiché l’evoluzione è deterministica, l’incertezza nella conoscenza dello stato del sistema al tempo t è ottenuta semplicemente “trasportando” lungo le soluzioni l’incertezza del dato iniziale. Altrimenti detto, la probabilità che il sistema si trovi al tempo t nell’insieme V è pari alla probabilità che esso si trovi al tempo t 0 nell’insieme Φt0 ,t (V ). Quindi lo stato del sistema al tempo t è anch’esso una variabile aleatoria, che indichiamo con X t , tale che P(X t ∈ V ) = P(X t0 ∈ Φt0 ,t (V )), da cui, ripetendo il ragionamento fatto in precedenza, Z P(X t ∈ V ) = dx ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|. V Pertanto la variabile X t possiede densità di probabilità pari alla soluzione ρ(x, t ) dell’equazione di Liouville di dato iniziale ρ(·, t 0 ) = ρ 0 . 2.4. Teorema di Liouville Per calcolare la derivata temporale del determinante jacobiano osserviamo che, essendo il campo vettoriale F (x, t ) una funzione regolare, Φt +ε,t (x) = x + εF (x, t ) + R(x, t , ε), con R(x, t , ε), ∂R ∂x (x, t , ε) funzioni regolari ed infinitesime di ordine superiore al primo per ε → 0. Quindi DΦt +ε,t (x) = II + εDF (x, t ) + o(ε). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 14 T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE Notiamo ora che se A ∈ Rd ×d è un matrice assegnata, detti λ1 , . . . , λd gli autovalori di A, si ha d d X ¡ ¢ Y det II + εA = (1 + ελi ) = 1 + ε λi + O(ε2 ) = 1 + ε Tr A + O(ε2 ), i =1 i =1 da cui ¡ ¢¯¯ d det II + εA ¯ = Tr A. ε=0 dε Osservando che Tr DF (x, t ) = div F (x, t ) ne segue che ¯ d ¯ det DΦt +ε,t (x)¯ = div F (x, t ). (2.12) ε=0 dε D’altra parte, per la regola di derivazione delle funzioni composte, £ ¤ det DΦt +ε,t0 (x) = det D(Φt +ε,t ◦ Φt ,t0 )(x) = det DΦt +ε,t (Φt ,t0 (x))DΦt ,t0 (x) = det DΦt +ε,t (Φt ,t0 (x)) det DΦt ,t0 (x), cosicché ¯ d d ¯ det DΦt ,t0 (x) = det DΦt +ε,t0 (x)¯ ε=0 dt dε ¯ d ¯ = det DΦt +ε,t (Φt ,t0 (x))¯ det DΦt ,t0 (x) ε=0 dε = div F (Φt ,t0 (x), t ) det DΦt ,t0 (x), avendo applicato la (2.12) nell’ultimo passaggio. La relazione (2.11) è dunque dimostrata. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 3 Equazione della corda vibrante: metodo di D’Alembert 3.1. Considerazioni generali In questo capitolo iniziamo lo studio dell’equazione delle onde, ∂2 u (x, t ) = c 2 ∆u(x, t ), ∂t 2 per la funzione reale incognita u = u(x, t ), x ∈ Rd , t ∈ R, con d = 1, 2, 3 la dimensione spaziale, c > 0 una costante assegnata; infine, ∆ := div ∇ è l’operatore di Laplace (o laplaciano) in dimensione d , che in coordinate cartesiane si scrive, per ogni U = U (x) funzione regolare, ∆U (x) = Tr D 2U (x) = d ∂2U X i =1 ∂x i2 (x). Si perviene a tale equazione e sue generalizzazioni studiando diversi fenomeni fisici. Ad esempio, la propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto, delle onde sonore in un mezzo, ovvero le piccole vibrazioni di una corda, membrana o solido, attorno ad una posizione di equilibrio, sono governate da questa equazione. In questo capitolo studiamo l’equazione delle onde nel caso unidimensionale d = 1 (detta anche equazione della corda vibrante), in cui essa assume la forma 2 ∂2 u 2∂ u (x, t ) = c (x, t ) (x, t ) ∈ R × R. (3.1) ∂t 2 ∂x 2 Per prendere familiarità con le proprietà principali della propagazione ondosa, presentiamo da subito alcune soluzioni particolari. Notiamo che onde viaggianti dirette [risp. inverse] con velocità di propagazione c [risp. −c] sufficientemente regolari sono soluzioni dell’equazione (3.1). Più precisamente, funzioni del tipo u ± (x, t ) = u 0 (x ∓ ct ) con u 0 ∈ C 2 (R). Tra le onde viaggianti hanno una particolare importanza le onde armoniche, u ± (x, t ) = A cos(kx ∓ ωt + ϕ) A > 0, ϕ ∈ [0, 2π). che rappresentano la propagazione del profilo iniziale u 0 (x) = A cos(kx +ϕ) con velocità c = ±ω/k. Notiamo che sono funzioni periodiche sia in t che in x, di 15 16 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT periodi rispettivamente T = 2π/ω e λ = 2π/k. Il periodo spaziale λ è detto lunghezza d’onda e rappresenta la distanza tra due creste successive. Il parametro A viene detto ampiezza d’onda, ω è la frequenza angolare e k il numero d’onda (pari al numero di oscillazioni dell’onda in un tratto spaziale di lunghezza 2π). Poiché l’equazione delle onde è lineare ed omogenea, una combinazione lineare di soluzioni è anch’essa soluzione. In particolare, possiamo sovrapporre due onde armoniche con velocità opposte ed uguali ampiezza e fase iniziale, ottenendo la nuova soluzione di (3.1), u(x, t ) = A cos(kx + ωt + ϕ) + A cos(kx − ωt + ϕ) = 2A cos(kx + ϕ) cos(ωt ), che rappresenta un’onda armonica stazionaria. In questo caso infatti il profilo iniziale u 0 (x) = 2A cos(kx + ϕ) non si propaga, ma è modulato in ampiezza nel tempo da oscillazioni armoniche: u(x, t ) = u 0 (x) cos(ωt ). Gli esempi precedenti mostrano una proprietà generale dell’equazione delle onde, ovvero come essa possa dar luogo sia a fenomeni di propagazione che di oscillazione. L’analisi di questo capitolo mette in evidenza i primi, mentre il prossimo capitolo è dedicato al metodo di Fourier, che meglio si presta a descrivere i fenomeni oscillatori. 3.2. Equazione della corda vibrante: derivazione 3.2.1. Vibrazioni libere della corda. Prendiamo in considerazione un tratto di filo AB , omogeneo, perfettamente flessibile e perfettamente elastico, di lunghezza naturale L 0 . Fissato l’estremo A, sottoponiamo l’estremo B ad una forza di trazione gradualmente crescente da zero fino a giungere ad un valore finale τ. Perveniamo in tal modo ad uno stato rettilineo di equilibrio nel quale il filo ha lunghezza L > L 0 dipendente dalla tensione τ, dunque L = φ(τ). La perfetta elasticità implica la reversibilità del fenomeno: diminuendo gradualmente dal valore τ fino a zero la tensione applicata in B , il filo torna alla lunghezza naturale L 0 , restituendo in questa fase tutto il lavoro ricevuto dalla forza di trazione durante la prima deformazione. Altrimenti detto, il lavoro eseguito dalla forza di trazione si accumula nel filo sotto forma di un’energia potenziale elastica, dipendente unicamente dallo stato di deformazione del filo, ovvero U = U (L). Fissiamo ora uno stato di equilibro (τ, L) e consideriamo tutti gli stati (τ + δτ, L +δL) ad esso prossimi, ottenuti con una variazione (algebrica) infinitesima δτ della tensione. Per la Legge di Hooke, l’incremento di tensione δτ corrispondente all’incremento di lunghezza δL è ad esso proporzionale. Altrimenti detto, φ0 (τ) > 0, cosicché invertendo la relazione L = φ(τ) e sviluppando abbiamo δτ = C δL + O((δL)2 ) con C = φ0 (τ)−1 . D’altra parte, per la definizione di U , Z L+δL U (L + δL) −U (L) = d` φ−1 (`) = τδL + O((δL)2 ), L ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : . M=(x,u(x,t)) O 17 DERIVAZIONE u(.,t) . N=(x,0) L F IGURA 3.1. La configurazione della corda al tempo t è individuata dal profilo u(·, t ) rispetto alla posizione di riposo u(·) ≡ 0. essendo φ−1 (L) = τ. Pertanto, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo in δL, approssimiamo U (L + δL) = U (L) + τδL. Poiché l’energia potenziale è definita a meno di una costante additiva, possiamo fissare U (L) = 0 ed attribuire a ciascuno stato di equilibrio (τ + δτ, L + δL) vicino a (τ, L) l’energia elastica U = τδL. Estendiamo ora quanto stabilito anche alle condizioni dinamiche, in cui la corda si trova in uno stato non necessariamente rettilineo e stazionario, ma sempre vicino all’equilibrio forzato (τ, L). Tale estensione è giustificata anche dall’ipotesi di perfetta flessibilità: il filo non oppone resistenza ad essere piegato, cosicché anche in uno stato non rettilineo accumula solo energia potenziale elastica. Specifichiamo ora le configurazioni dinamiche, ovvero il tipo di moti, che prendiamo in esame. Assumiamo innanzitutto che gli estremi della corda siano mantenuti fissi (chiaramente a distanza L). Consideriamo inoltre solo moti piani, trasversali e piccoli della corda. Quindi, se fissiamo un sistema di coordinate cartesiane sul piano del moto in modo tale che la corda all’equilibrio giace sul segmento [0, L] dell’asse delle ascisse, possiamo affermare che la configurazione della corda rimane individuata da una funzione numerica u(x, t ), x ∈ [0, L], t ∈ R, in modo tale che M = (x, u(x, t )) è il punto geometrico del piano occupato al tempo t dal punto fisico della corda che nella configurazione di equilibrio si trova in N = (x, 0), vedi Figura 3.1. L’assunzione di piccoli moti si formalizza affermando che studiamo i moti per i quali ¯ ¯ ¯ ∂u ¯ ¯ ¯ |u(x, t )| ¿ 1, ¯ ∂x (x, t )¯ ¿ 1, ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 18 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT mentre la condizione di estremi fissati si riduce semplicemente ad imporre che u(0, t ) = u(L, t ) = 0 ∀ t ∈ R. Alla configurazione della corda individuata dal profilo u(·, t ) al tempo t associamo l’energia potenziale s s µ ¶2 µ ¶2 Z L Z L ∂u ∂u U [u(·, t )] = τδL = τ dx 1 + − L = τ dx 1 + − 1 . ∂x ∂x 0 0 ¯ ¯ ¯ ¯ Nell’ipotesi ¯ ∂u ∂x ¯ ¿ 1 possiamo trascurare i termini di ordine superiore al seconp do (usando lo sviluppo 1 + a 2 = 1 + a 2 /2 + O(a 4 )) ed assumere µ ¶2 Z τ L ∂u U [u(·, t )] = dx . 2 0 ∂x D’altra parte, se ρ è la densità lineare di massa del filo omogeneo, l’energia cinetica del tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x + dx] è pari a µ ¶2 ρ ∂u dT = dx + O((dx)2 ), 2 ∂t pertanto l’energia cinetica della corda nello stato di moto il cui profilo di velocità al tempo t è ∂u ∂t (·, t ) si scrive T h i ∂u ∂t (·, t ) ρ = 2 L Z 0 ∂u dx ∂t µ ¶2 . Quindi la lagrangiana della corda con posizione u(·, t ) e velocità L ³ u(·, t ), ∂u ∂t (·, t ) ´ L Z = 0 ∂u ∂t (·, t ) è · µ ¶2 µ ¶ ¸ ρ ∂u τ ∂u 2 dx − . 2 ∂t 2 ∂x Possiamo ora costruire il funzionale d’azione del problema. Fissiamo una qualsivoglia coppia di profili u 0 , u 1 ∈ C 1 ([0, L]) tali che u 0 (0) = u 1 (0) = u 0 (L) = u 1 (L) = 0 ed introduciamo lo spazio X0 di tutte le possibili traiettorie della corda che durante l’intervallo di tempo [0, T ] connettono questi due profili, ovvero © X0 = u ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : u(0, t ) = u(L, t ) = 0, ª u(x, 0) = u 0 (x), u(x, T ) = u 1 (x) ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] . Il funzionale d’azione A : X0 → R è allora µ ¶ ¸ · µ ¶2 Z T ³ ´ Z T Z L ρ ∂u τ ∂u 2 A [u] = dt L u(·, t ), ∂u (·, t ) = dt dx − . ∂t 2 ∂t 2 ∂x 0 0 0 L’equazione delle vibrazioni trasversali libere della corda è ora derivata dal principio di Hamilton. Cerchiamo pertanto di caratterizzare le curve che rendono ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : 19 DERIVAZIONE stazionaria l’azione A sopra definita. La variazione u + εh, ε ∈ R, di u è ancora un elemento di X0 purché h sia scelta nell’insieme © H0 = h ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : h(x, 0) = h(x, T ) = 0, ª h(0, t ) = h(L, t ) = 0 ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] . La derivata del funzionale in u ∈ X0 , che indichiamo con δu A : H0 → R, si calcola facilmente, · ¸ Z T Z L ¯ d ∂u ∂h ∂u ∂h ¯ δu A [h] = A [u + εh]¯ dx ρ −τ . dt = dε ∂t ∂t ∂x ∂x ε=0 0 0 Vogliamo pertanto caratterizzare le u ∈ X0 tali che · ¸ Z T Z L ∂u ∂h ∂u ∂h dt dx ρ =0 −τ ∂t ∂t ∂x ∂x 0 0 ∀ h ∈ H0 . Utilizzando il teorema di Fubini e quindi integrando per parti rispetto alla variabile temporale si ha Z L Z T Z T Z L ∂u ∂h ∂u ∂h dt dx dx dt = ∂t ∂t ∂t ∂t 0 0 0 0 (3.2) · ¸t =T Z L Z T Z L ∂u ∂2 u dx dt 2 h. = dx h − ∂t ∂t 0 0 0 t =0 Analogamente, ¸ Z T Z L Z T · Z T Z L ∂u ∂h ∂2 u ∂u x=L dx dx 2 h. dt dt dt = h − ∂x ∂x ∂x x=0 ∂x 0 0 0 0 0 (3.3) Ma in entrambe le formule precedenti i termini di bordo sono identicamente nulli per le ipotesi su h, cosicché la condizione di stazionarietà diventa µ ¶ Z T Z L ∂2 u ∂2 u dt dx −ρ 2 + τ 2 h = 0 ∀ h ∈ H0 . ∂t ∂x 0 0 Poiché −ρ ∂∂tu2 + τ ∂∂xu2 è una funzione continua, per il lemma fondamentale del calcolo delle variazioni concludiamo che u ∈ X0 è stazionaria se e solo se è soluzione dell’equazione 2 2 ρ ∂2 u ∂2 u (x, t ) − τ (x, t ) = 0. ∂t 2 ∂x 2 Le vibrazioni trasversali libere della corda sono pertanto governate dall’equazione delle onde omogenea in dimensione uno, 2 ∂2 u 2∂ u (x, t ) = c (x, t ), ∂t 2 ∂x 2 con parametro c = p τ/ρ. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 20 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT T(x+dx,t) u(x+dx,t) u(x,t) −T(x,t) O x x+dx L F IGURA 3.2. Forze di tensione che agiscono sul tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x + dx]. 3.2.2. Interpretazione euristica e vibrazioni forzate. L’interpretazione euristica dell’equazione trovata è piuttosto naturale. Infatti possiamo riscrivere l’equazione nella forma ρ dx ∂2 u ∂2 u (x, t ) = τdx (x, t ). ∂t 2 ∂x 2 (3.4) Il termine a sinistra rappresenta, a meno di infinitesimi O((dx)2 ), il prodotto della massa per l’accelerazione del tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x + dx]. Vogliamo allora riconoscere nel termine di destra la forza, agente sul medesimo tratto di corda, dovuta alla tensione con il resto della corda. In effetti possiamo pensare che il tratto di corda in esame sia sottoposto alla somma del~ (x, t ), applicata nell’estremo (x, u(x, t )) e dovuta al tratto la forza di tensione −T ~ (x + dx, t ), aprimanente di corda alla sua sinistra, e della forza di tensione T plicata nell’estremo (x + dx, u(x + dx, t )) e dovuta al tratto rimanente di corda alla sua destra, vedi Figura 3.2. Detto α(x, t ) l’angolo che la direzione tangente al grafico della nel punto (x, u(x, t )) forma con l’asse delle ascisse, poiché ¯ corda ¯ ¯ ∂u ¯ assumiamo ¯ ∂x ¯ ¿ 1 possiamo approssimare, al primo ordine, sin α(x, t ) ' tan α(x, t ) = ∂u (x, t ), ∂x cos α(x, t ) ' 1. ~ (x, t ) in ogni punto (x, u(x, t )) della corda è diretta sempre lunLa tensione T go la tangente per l’ipotesi di perfetta flessibilità. Inoltre, poiché consideriamo variazioni infinitesime della corda, possiamo assumere che il suo modulo sia ~ (x, t )| = τ. Pertanto T ~ (x, t ) ha uguale al valore uniforme all’equilibrio, ovvero |T ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : DERIVAZIONE 21 componenti à ! 1 cos α(x, t ) . ~ (x, t ) = τ T ' τ ∂u sin α(x, t ) (x, t ) ∂x Ne segue che la risultante delle forze di tensione sul tratto di corda ha componenti 0 ~ (x + dx, t ) − T ~ (x, t ) ' τ ∂u T ∂u (x + dx, t ) − (x, t ) ∂x ∂x 0 + O((dx)2 ). = ∂2 u τdx 2 (x, t ) ∂x Dunque, consistentemente con l’ipotesi di trasversalità del moto, la componente orizzontale della risultante delle forze è nulla, mentre la componente verticale coincide con il membro di destra dell’Eq. (3.4). L’equazione delle onde nella forma (3.4) si interpreta pertanto come la proiezione verticale dell’equazione di Newton per il medesimo tratto di corda. Tale interpretazione conduce ad introdurre anche l’equazione delle vibrazioni forzate della corda, ρ ∂2 u ∂2 u (x, t ) − τ (x, t ) = F (x, t ), ∂t 2 ∂x 2 dove F (x, t ) rappresenta la densità per unità di lunghezza di una possibile forza esterna agente sulla corda. Come nel caso libero riscriviamo l’equazione nella forma ∂2 u ∂2 u (x, t ) = c 2 2 (x, t ) + f (x, t ), (3.5) 2 ∂t ∂x p con parametro c = τ/ρ ed essendo ora f (x, t ) = F (x, t )/ρ la densità per unità di massa della forza esterna. Si osservi che anche tale equazione può essere dedotta dal principio di Hamilton. È sufficiente considerare ora il funzionale d’azione · µ ¶2 µ ¶ ¸ Z T Z L ρ ∂u τ ∂u 2 A [u] = dt − +Fu , dx 2 ∂t 2 ∂x 0 0 RL dove il termine − 0 dx F u è l’energia potenziale associata alla forza F (indipendente da u) agente sulla corda. Il calcolo della derivata δu A : H0 → R si esegue esattamente come in precedenza e la presenza del termine aggiuntivo (lineare in u) fornisce ora µ ¶ Z T Z L ∂2 u ∂2 u δu A [h] = dt dx −ρ 2 + τ 2 + F h. ∂t ∂x 0 0 La condizione di stazionarietà δu A [h] = 0 ∀ h ∈ H0 conduce in questo caso all’equazione (3.5) per la curva stazionaria u. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 22 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT u(x,t) f1 (t) k1 O L k0 f0 (t) F IGURA 3.3. Corda vibrante con estremi liberi sottoposti alle forze f 0 (t ) − k 0 u(0, t ) e f 1 (t ) − k 1 u(L, t ). O SSERVAZIONE 3.1. L’equazione della corda vibrante (3.5) è stata dedotta assumendo che gli estremi della corda fossero bloccati nei punti (0, 0) e (L, 0). Più in generale, possiamo imporre che essi siano vincolati ad eseguire un moto trasversale assegnato, ovvero u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ) ∀ t ∈ R, con a(t ), b(t ) funzioni fissate. In questo caso il funzionale d’azione è definito sullo spazio di curve © Xa,b = u ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ), ª u(x, 0) = u 0 (x), u(x, T ) = u 1 (x) ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] . Nuovamente la variazione u + εh di u ∈ Xa,b appartiene a Xa,b se e solo se h ∈ H0 , pertanto la condizione di stationarietà per il funzionale d’azione A conduce sempre all’equazione (3.5). 3.2.3. Corda con estremi liberi. Supponiamo ora che gli estremi della corda non siano vincolati ma liberi di muoversi (sempre trasversalmente). Questi estremi possono allora essere sottoposti a forze di diversa natura. Compatibilmente con l’approssimazione lineare (rispetto ad u) assumiamo che gli estremi della corda siano sottoposti a due tensioni assegnate f 0 (t ) e f 1 (t ) e richiamati dalle posizioni di riposo (0, 0) e (L, 0) attraverso due molle elastiche di costanti k 0 e k 1 rispettivamente, vedi Figura 3.3. In questo caso l’energia potenziale della ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : DERIVAZIONE 23 corda nella posizione u(·, t ) al tempo t è · µ ¶2 ¸ Z L τ ∂u k0 k1 U [u(·, t ), t ] = dx − F u + u(0, t )2 + u(L, t )2 2 ∂x 2 2 0 − f 0 (t )u(0, t ) − f 1 (t )u(L, t ), e dunque A [u] = · µ ¶2 µ ¶ ¸ ρ ∂u τ ∂u 2 1 1 − + F u − k 0 u(0, t )2 − k 1 u(L, t )2 2 ∂t 2 ∂x 2 2 0 0 ¾ + f 0 (t )u(0, t ) + f 1 (t )u(L, t ) . Z T ½Z dt L dx Inoltre, nessuna condizione è imposta sul valore di u agli estremi, pertanto il funzionale deve essere considerato sullo spazio di profili © X = u ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : u(x, 0) = u 0 (x), u(x, T ) = u 1 (x) ª ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] . In questo caso la variazione u + εh di u ∈ X appartiene a X se e solo se h ∈ H , dove © H = h ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : h(x, 0) = h(x, T ) = 0 ª ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] . Nel calcolo della derivata di A [u] occorre tener conto sia del contributo dovuto al potenziale elastico delle molle sia del fatto che ora solo i termini di bordo nella (3.2) sono nulli, mentre quelli nella (3.3) permangono. Si ottiene in tal modo, µ ¶ Z T Z L ∂2 u ∂2 u dx −ρ 2 + τ 2 + F h dt δu A [h] = ∂t ∂x 0 0 ¸ Z T · ∂u dt τ (L, t ) + k 1 u(L, t ) − f 1 (t ) h(L, t ) − ∂x 0 ¸ Z T · ∂u + dt τ (0, t ) − k 0 u(0, t ) + f 0 (t ) h(0, t ). ∂x 0 Per l’arbitrarietà nella scelta di h (e quindi anche delle funzioni h(0, t ) e h(L, t )), la condizione di stazionarità impone che u sia soluzione dell’equazione (3.5) e che soddisfi inoltre le condizioni al bordo, τ ∂u (0, t ) − k 0 u(0, t ) + f 0 (t ) = 0, ∂x τ ∂u (L, t ) + k 1 u(L, t ) − f 1 (t ) = 0 ∀ t ∈ R. (3.6) ∂x In particolare, se nessuna forza agisce sugli estremi della corda, ∂u ∂u (0, t ) = (L, t ) = 0, ∂x ∂x ovvero la pendenza della corda agli estremi si mantiene orizzontale. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 24 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT 3.2.4. Derivazione microscopica dell’equazione della corda vibrante. Vogliamo derivare, almeno formalmente, l’equazione delle vibrazioni libere trasversali della corda come limite della dinamica di una catena di oscillatori armonici quando il loro numero cresce indefinitamente e la loro distanza relativa diventa infinitesima. La catena di oscillatori è così definita. Consideriamo N punti materiali P j , j = 1, . . . , N , di uguale massa m e vincolati a muoversi su rette parallele ed equidistanziate di un piano. Pertanto, in un opportuno sistema di riferimento cartesiano, le coordinate (x j , y j ) del punto P j sono vincolate ad avere ascissa costante x j = j NL+1 , con L > 0 fissato. Per j = 2, . . . , N − 1, il punto P j è richiamato dai punti P j −1 e P j +1 mediante forze elastiche di uguale costante K . Il punto P 1 [risp. P N ] è richiamato dal punto P 2 [risp. P N −1 ] e dal punto geometrico (x 0 , y 0 ) = (0, 0) [risp. (x N +1 , y N +1 ) = (L, 0)] mediante forze elastiche della medesima costante K . Il moto {y j (t ); j = 1, . . . , N } degli oscillatori è quindi soluzione del problema m ÿ j = −K (y j − y j −1 ) − K (y j − y j +1 ), j = 1, . . . , N , (y 0 = y N +1 = 0). Vogliamo che tale sistema descriva una corda vibrante di lunghezza a riposo L con estremi fissi quando N → ∞, ovvero ε := NL+1 → 0. Per ottenere questo è necessario scegliere i parametri m e K dipendenti da ε. Innanzitutto osserviamo che poiché in un tratto di lunghezza unitaria abbiamo ε−1 oscillatori, per ottenere una corda di densità costante ρ occorre scegliere m = ερ. Supponiamo inoltre che y j (t ) sia pari al valore in x j = ε j di un profilo regolare u ε (·, t ). Allora l’equazione del moto può essere scritta nella forma ρ ∂2 u ε ( j ε, t ) = ε−1 K [u ε ( j ε + ε, t ) + u ε ( j ε − ε, t ) − 2u ε ( j ε, t )]. ∂t 2 D’altra parte, se f ∈ C 2 (R), per lo sviluppo di Taylor fino al secondo ordine si ha f (x + ε) + f (x − ε) − 2 f (x) = [ f (x + ε) − f (x)] + [ f (x − ε) − f (x)] 1 00 1 f (x)ε2 − f 0 (x)ε + f 00 (x)ε2 + o(ε2 ) 2 2 00 2 2 = f (x)ε + o(ε ). = f 0 (x)ε + Pertanto l’equazione del moto si riscrive nella forma ρ ∂2 u ε ∂2 u ε ( j ε, t ) = εK ( j ε, t ) + K o(ε). ∂t 2 ∂x 2 Scegliendo K = ε−1 τ e valutando la precedente relazione per j = [ε−1 x] (dove [a] indica la parte intera del numero reale a), otteniamo, per ogni x ∈ [0, L], ∂2 u ε ∂2 u ε (x + o(1), t ) = τ (x + o(1), t ) + o(1), ∂t 2 ∂x 2 dove o(1) è un infinitesimo per ε → 0. Assumendo che la funzione u ε (x, t ) converga ad una funzione regolare u(x, t ), dalla precedente relazione segue che ρ ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.3 P ROBLEMI BEN POSTI E METODO DELL’ ENERGIA 25 quest’ultima funzione deve essere soluzione dell’equazione della corda vibrante. Vale la pena notare che il fatto che K debba divergere per ε → 0 era ovvio sin dal principio: se solo richiediamo che il profilo finale sia una funzione almeno continua è necessario che lim[u ε ( j ε + ε, t ) − u ε ( j ε, t )] = lim[y j +1 (t ) − y j (t )] = 0, ε→0 ε→0 pertanto la forza che attrae tra loro due oscillatori vicini deve necessariamente divergere. Il modello microscopico può essere generalizzato inserendo una forza di richiamo elastico verso la posizione di riposo ed una forzante esterna, m ÿ j = −K (y j − y j −1 ) − K (y j − y j +1 ) − K 1 y j + F j (t ), j = 1, . . . , N . Assumendo ora m = ερ, K = ε−1 τ, K 1 = εγ1 è facile verificare che se F j (t ) = εF ( j ε, t ) per qualche funzione regolare F (x, t ) allora il limite continuo della catena di oscillatori è ora descritto dall’equazione delle onde generalizzata ρ ∂2 u ∂2 u (x, t ) = τ (x, t ) − γ1 u(x, t ) + F (x, t ), ∂t 2 ∂x 2 dove γ1 è un parametro non negativo. Ovvero, con le posizioni c = γ1 /ρ, f (x, t ) = F (x, t )/ρ, otteniamo 2 ∂2 u 2∂ u (x, t ) = c (x, t ) − γu(x, t ) + f (x, t ). ∂t 2 ∂x 2 (3.7) p τ/ρ, γ = (3.8) O SSERVAZIONE 3.2. L’equazione (3.7) può essere dedotta dal principio variazionale considerando anche l’energia potenziale di una forza di richiamo elastica verso la posizione di riposo u = 0, distribuita in modo tale che, per ogni x ∈ [0, L], il tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x + dx] è soggetto alla forza elastica −γ1 u(x, t )dx. L’energia potenziale complessiva è in questo caso · µ ¶2 ¸ Z L τ ∂u γ1 2 U [u(·, t ), t ] = dx + u −Fu , 2 ∂x 2 0 che va ora utilizzata per costruire il funzionale d’azione. Inoltre è possibile considerare differenti condizioni agli estremi, come discusso nelle precedenti sottosezioni per il caso dell’equazione con γ = 0. 3.3. Problemi ben posti e metodo dell’energia Attraverso il principio variazionale abbiamo caratterizzato il moto della corda durante un intervallo di tempo [0, T ] per assegnati profili iniziale e finale, u 0 a t = 0 e u 1 a t = T . D’altra parte, come nei problemi della meccanica con un numero finito di gradi di libertà (ad esempio la catena di oscillatori considerata nella sezione precedente), anche in questo contesto è più naturale formulare il problema di Cauchy, ovvero determinare il profilo u(·, t ) ad un tempo t > 0, ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 26 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT conoscendo lo stato meccanico della corda ad un tempo precedente, diciamo t = 0. Essendo un’equazione del secondo ordine rispetto alla variabile temporale, tale stato è definito dal profilo della corda e dal suo profilo di velocità. Occorre pertanto fissare i dati iniziali u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x), ∂t con g , h funzioni note. Ma perché il problema sia ben posto, ovvero u sia univocamente determinata, è necessario anche stabilire cosa avviene agli estremi della corda, ovvero fissare le condizioni al bordo (o al contorno o condizioni limite). In particolare, considereremo le seguenti condizioni, che qui formuliamo nel caso più generale dell’equazione (3.8). (1) Problema di Cauchy globale. Supponiamo la corda idealmente di lunghezza infinita, dunque senza estremi. Il problema corrispondente è pertanto 2 2 ∂ u 2∂ u = c − γu + f in R × R+ , ∂t 2 ∂x 2 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R. ∂t (3.9) (2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Supponiamo che gli estremi della corda siano vincolati ad eseguire un moto trasversale prestabilito, individuato da due assegnate funzioni reali a(t ), b(t ), vedi l’Osservazione 3.1. Il problema corrispondente è pertanto 2 2 ∂ u 2∂ u = c − γu + f in (0, L) × R+ , ∂t 2 ∂x 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ) per t ≥ 0. (3.10) (3) Problema di Cauchy-Neumann. Gli estremi della corda sono sottoposti a due tensione assegnate f 0 (t ) e f 1 (t ), lasciando incognite le elongazioni ai bordi. Otteniamo così il problema 2 2 ∂ u 2∂ u = c − γu + f in (0, L) × R+ , ∂x 2 ∂t 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t ∂u ∂u (0, t ) = α(t ), (L, t ) = β(t ) per t ≥ 0, ∂x ∂x (3.11) con α(t ) = − f 0 (t )/τ, β(t ) = f 1 (t )/τ (vedi (3.6) con k 0 = k 1 = 0). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.3 P ROBLEMI BEN POSTI E METODO DELL’ ENERGIA 27 (4) Problema di Cauchy con condizioni periodiche. Gli estremi della corda sono identificati. Dunque consideriamo il problema 2 2 ∂ u = c 2 ∂ u − γu + f in R × R+ , ∂t 2 ∂x 2 ∂u (3.12) u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ R, ∂t u(x, t ) = u(x + L, t ) per x ∈ R, t ≥ 0. Non tratteremo invece il caso delle condizioni miste (o di Robin) definite dalla (3.6) con k 0 , k 1 6= 0. Le condizioni al bordo dei problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann sono dette omogenee se, rispettivamente, a(t ) = b(t ) = 0 e α(t ) = β(t ) = 0. L’equazione delle onde è detta omogenea se la forzante non è presente, ovvero se f (x, t ) = 0. Rimandando alle prossime sezioni il problema dell’esistenza delle soluzioni, vogliamo qui introdurre un metodo generale per dimostrare l’unicità di queste, noto come metodo dell’energia, applicandolo nei casi (3.10), (3.11), (3.12) in cui il problema è posto su un intervallo finito. L’osservazione chiave è notare l’esistenza di un integrale primo dei problemi omogenei con dati al bordo omogenei, ovvero l’esistenza di una funzione del profilo u(·, t ) e della velocità ∂u ∂t (·, t ) che rimane costante nel tempo se calcolata lungo le soluzioni. Tale integrale è suggerito dalla formulazione lagrangiana del problema ed è dato dall’energia meccanica totale, · µ ¶2 µ ¶ ¸ Z L h i ρ ∂u τ ∂u 2 γ1 2 ∂u dx H (u, t ) = T ∂t (·, t ) +U [u(·, t )] = + + u , 2 ∂t 2 ∂x 2 0 ovvero dal funzionale E (u, t ) = ρ −1 L Z H (u, t ) = 0 · µ ¶2 µ ¶ ¸ 1 ∂u c 2 ∂u 2 γ 2 dx + + u . 2 ∂t 2 ∂x 2 (3.13) Questo integrale è suggerito anche dalla derivazione microscopica dell’equazione (3.7). Infatti, il sistema di oscillatori senza forzante, m ÿ j = −K (y j − y j −1 ) − K (y j − y j +1 ) − K 1 y j , j = 1, . . . , N . ammette l’integrale primo dell’energia meccanica totale HN = N m N K N K X X X 1 2 ẏ 2j + (y j +1 − y j )2 + yj , j =0 2 j =1 2 j =1 2 che, con le posizioni m = ερ, K = ε−1 τ, K 1 = εγ1 e y j (t ) = u ε ( j ε, t ) (dove ε = L N +1 ), si scrive µ ¶2 N µ ¶ N N X X τ u ε ( j ε + ε, t ) − u ε ( j ε, t ) 2 X ρ ∂u γ1 HN = ε ( j ε, t ) + + ε ε u ε ( j ε, t )2 . ε j =1 2 ∂t j =0 2 j =1 2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 28 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT Nel limite N → ∞ (ovvero ε → 0), se u ε (x, t ) converge uniformemente con le sue derivate ad una funzione regolare u(x, t ), allora è facile verificare che l’energia H N converge proprio ad H (u, t ). T EOREMA 3.1. Sia T > 0, Q T = (0, L) × (0, T ) ed u ∈ C 2 (Q T ) una soluzione dell’equazione omogenea 2 ∂2 u 2∂ u (x, t ) = c (x, t ) − γu(x, t ), (x, t ) ∈ Q T , (3.14) ∂t 2 ∂x 2 con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee oppure Neumann omogenee oppure periodiche. Allora E (u, t ) = E (u, 0) per ogni t ∈ [0, T ]. d D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo che dt E (u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Dalla definizione (3.13), usando quindi il teorema di Schwarz e una integrazione per parti, si ha · µ ¶ ¸ Z L ∂u ∂2 u ∂u d 2 ∂u ∂ ∂u dx E (u, t ) = + c + γu dt ∂t ∂t 2 ∂x ∂t ∂x ∂t 0 · µ ¶ ¸ Z L 2 ∂u ∂ u ∂u 2 ∂u ∂ ∂u dx = +c + γu ∂t ∂t 2 ∂x ∂x ∂t ∂t 0 · 2 ¸ ¸x=L · Z L 2 ∂ u ∂u 2∂ u 2 ∂u ∂u dx = − c + γu + c . ∂t 2 ∂x 2 ∂t ∂x ∂t x=0 0 Poiché u è soluzione di (3.14) l’ultimo integrale è nullo. I termini di bordo sono anch’essi nulli nei casi considerati. Infatti nel caso delle condizioni di Dirichlet omogenee, essendo u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ], derivando rispetto al ∂u tempo otteniamo ∂u ∂t (0, t ) = ∂t (L, t ) = 0. Invece, nel caso di condizioni di Neu∂u mann omogenee, è ovviamente ∂u ∂x (0, t ) = ∂x (L, t ) = 0. Infine, nel caso di condizioni periodiche, essendo u(x, t ) = u(x + L, t ) per ogni (x, t ) ∈ R × [0, ∞), deri∂u vando rispetto ad x e t otteniamo che anche le derivate parziali ∂u ∂x e ∂t sono L- periodiche rispetto ad x per ogni t ≥ 0, e pertanto il termine di bordo è nullo anche in questo caso. Vale la pena osservare che la tesi del teorema precedente sussiste anche se u è soluzione dell’equazione omogenea con condizioni al bordo di Dirichlet non omogenee purché indipendenti dal tempo, poiché anche in questo caso si ha ∂u ∂u ∂t (0, t ) = ∂t (L, t ) = 0. Il significato fisico è chiaro: se gli estremi della corda sono tenuti a quote fisse nel tempo, questa non scambia lavoro meccanico con l’esterno e quindi l’energia si conserva. T EOREMA 3.2. Per ogni T > 0 sia Q T = (0, L) × (0, T ). Allora, per fissati dati iniziali e al bordo, esiste al più una soluzione in C 2 (Q T ) di ciascuno dei problemi (3.10), (3.11) e (3.12). D IMOSTRAZIONE . Siano u 1 ed u 2 due soluzioni dello stesso problema con uguali dati iniziali ed uguali condizioni al bordo. Dobbiamo dimostrare che ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.4 L A SOLUZIONE DI D’A LEMBERT 29 u = u 1 − u 2 è identicamente nulla su Q T . Osserviamo che, per la linearità dell’equazione, la funzione u è soluzione del problema omogeneo (3.14) con dati iniziali nulli e dati al bordo omogenei (se non periodici). Per il Teorema 3.1 si ha pertanto E (u, t ) = E (u, 0) per ogni t ∈ [0, T ]. D’altra parte E (u, 0) = 0 poiché u(x, 0) = 0 e ∂u ∂t (x, 0) = 0 per ogni x ∈ [0, L]. Quindi E (u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Essendo ora c 2 > 0 ed u ∈ C 1 (Q T ), l’integrale che appare nella definizione (3.13) ∂u di E (u, t ) è nullo per ogni t ∈ [0, T ] se e solo se le derivate ∂u ∂t e ∂x sono identicamente nulle su Q T . Quindi u è una funzione costante su Q T ; ma u(x, 0) = 0 per cui concludiamo che u = 0 su Q T . E SERCIZIO 3.1. Si consideri la seguente variante dell’equazione (3.8), 2 ∂2 u ∂u 2∂ u (x, t ) = c (x, t ) − γu(x, t ) − β (x, t ) + f (x, t ), 2 2 ∂t ∂x ∂t (3.15) con β > 0, in cui il termine aggiuntivo −β ∂u ∂t rappresenta una forza di attrito che agisce sulla corda. Stabilire come si modifica il risultato del Teorema 3.1 e dedurre da ciò che il risultato di unicità del Teorema 3.2 sussiste anche in questo caso. 3.4. La soluzione di D’Alembert Studiamo in questa sezione il problema di Cauchy globale (3.9) nel caso omogeneo ( f = 0) e con γ = 0, ovvero 2 2 ∂ u 2∂ u = c in R × R+ , ∂t 2 ∂x 2 (3.16) u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R. ∂t Cerchiamo la soluzione più generale (l’integrale generale) dell’equazione, dopodiché mostriamo che tale soluzione è univocamente determinata se imponiamo i dati iniziali, ottenendo in tal modo esistenza ed unicità del problema (3.16). Utilizziamo il cambiamento di coordinate ( ξ = x − ct ⇐⇒ η = x + ct ξ+η x = 2 t = η − ξ 2c e poniamo w(ξ, η) = u(x, t ) ovvero u(x, t ) = w(x − c t , x + c t ) per la funzione regolare u, cosicché · ¸ · ¸ ∂u ∂w ∂w ∂u ∂w ∂w =c − , = + ∂t ∂η ∂ξ ∂x ∂η ∂ξ e quindi · 2 ¸ ∂2 u ∂2 w ∂2 w 2 ∂ w =c −2 + , ∂t 2 ∂η2 ∂ξ∂η ∂ξ2 · 2 ¸ ∂2 u ∂ w ∂2 w ∂2 w = +2 + . ∂x 2 ∂η2 ∂ξ∂η ∂ξ2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 30 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT Pertanto u(x, t ) è soluzione dell’equazione delle onde (3.1) se e solo se w(ξ, η) è soluzione dell’equazione ∂2 w = 0. ∂ξ∂η Riscrivendo quest’ultima equazione nella forma µ ¶ ∂ ∂w =0 ∂η ∂ξ concludiamo che ∂w ∂ξ è funzione della sola ξ, dunque ∂w (ξ, η) = θ(ξ), ∂ξ da cui, integrando, w(ξ, η) = Z dξ θ(ξ) + θ2 (η), R con θ2 (η) una funzione arbitraria di η. Analogamente, il primo termine dξ θ(ξ) è una funzione arbitraria di ξ. Denotandolo con θ1 (ξ), otteniamo infine w(ξ, η) = θ1 (ξ) + θ2 (η), da cui, tornando alle varabili originarie, u(x, t ) = θ1 (x − c t ) + θ2 (x + c t ). Quindi la soluzione più generale dell’equazione delle onde (3.1) si scrive come sovrapposizione di un’onda diretta e di un’onda inversa, entrambe con velocità di propagazione di modulo c. Chiaramente, perché u sia effettivamente soluzione occorre assumere θ1 , θ2 ∈ C 2 (R). Imponiamo ora le condizioni iniziali per determinare la soluzione del problema (3.16). Deve aversi, 1 −θ10 (x) + θ20 (x) = h(x). c Derivando la prima equazione e sommando alla seconda si ha θ1 (x) + θ2 (x) = g (x), 1 2θ20 (x) = g 0 (x) + h(x) c da cui Z 1 1 x θ2 (x) = g (x) + dy h(y) +C 1 , 2 2c 0 con C 1 costante arbitraria. Sostituendo nella prima equazione otteniamo Z 1 1 x θ1 (x) = g (x) − dy h(y) −C 1 . 2 2c 0 Perveniamo in tal modo alla famosa formula di D’Alembert: Z g (x − c t ) + g (x + c t ) 1 x+ct + dy h(y). u(x, t ) = 2 2c x−ct (3.17) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.4 L A SOLUZIONE DI D’A LEMBERT 31 t (x,t) O x−ct Cz x+ct z x F IGURA 3.4. Dominio di dipendenza del punto (x, t ) e cono di influenza del punto z. Chiaramente, se g ∈ C 2 (R) ed h ∈ C 1 (R) allora la u(x, t ) definisce una soluzione in C 2 (R × [0, ∞)). Viceversa, ogni soluzione in C 2 (R × [0, ∞)) deve avere la forma (3.17) con g (x) = u(x, 0) e h(x) = ∂u ∂t (x, 0). Altrimenti detto, il procedimento seguito dimostra l’esistenza ed unicità della soluzione del problema (3.16) in C 2 (R × [0, ∞)). O SSERVAZIONE 3.3. Se g ∈ C 2 (R) ed h ∈ C 1 (R), la soluzione (3.17) è definita su tutto l’asse reale dei tempi, ovvero u ∈ C 2 (R2 ), risolve l’equazione (3.1) su R2 e soddisfa i dati iniziali. Questo è legato ad una proprietà generale dell’equazione delle onde, (per la natura meccanica del problema), dovuta alla presenza della sola derivata temporale del secondo ordine, per cui se u(x, t ) è soluzione dell’equazione (3.14) per t > 0, allora la funzione v(x, t ) = u(x, −t ) è soluzione della stessa equazione per t < 0. Quindi, se la soluzione soddisfa l’equazione fino a t = 0, allora essa si prolunga automaticamente per tempi negativi e fornisce una soluzione del problema di Cauchy in tutto un intorno di t = 0. O SSERVAZIONE 3.4. La formula di D’Alembert ha senso anche con ipotesi più deboli di regolarità sulle funzioni g ed h. In particolare, questo è il caso se g ∈ C (R) ed h è limitata, situazione fisicamente ragionevole (si pensi ad una corda di chitarra inizialmente “pizzicata”). Si parla in tali casi di soluzione generalizzata e non più classica dell’equazione delle onde: sebbene non sia due volte differenziabile si può dimostrare che essa è soluzione di un’opportuna formulazione debole dell’equazione delle onde. Fissato un punto x ∈ R ed un tempo t > 0, dalla formula di D’Alembert vediamo che la soluzione u(x, t ) dipende dal valore di g nei punti x ±c t e dal valore di h nell’intervallo [x − ct , x + c t ], detto dominio di dipendenza del punto (x, t ). Equivalentemente, i valori di g ed h in un punto z ∈ R influenzano il valore della ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 32 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT soluzione u(x, t ) nel cono dello spazio-tempo C z := {(x, t ) ∈ R × [0, ∞) : z − c t ≤ x ≤ z + c t }, detto cono di influenza del punto z, vedi Figura 3.4. Fissato un punto (x 0 , t 0 ) ∈ R × [0, ∞), le rette di equazione x ± c t = x 0 ± c t 0 sono dette le caratteristiche del punto (x 0 , t 0 ), che indichiamo nel seguito con γ± (x 0 , t 0 ). Le onde viaggianti θ1 (x − c t ) e θ2 (x + c t ) che costituiscono la soluzione u(x, t ) sono costanti, rispettivamente, lungo le caratteristiche γ− (x 0 , t 0 ) e γ+ (x 0 , t 0 ). In particolare, θ1 (x −c t ) = θ1 (z) lungo γ− (z, 0) e θ2 (x +c t ) = θ2 (z) lungo γ+ (z, 0). Dal punto di vista fisico ciò significa che le perturbazioni (vibrazioni) si propagano lungo le caratteristiche con velocità c. Per illustrare meglio questo fatto è utile analizzare i seguenti due casi. (1) L’impulso iniziale è nullo (h = 0), dunque 1 u(x, t ) = [g (x − c t ) + g (x + c t )]. 2 Supponiamo inoltre che lo spostamento iniziale g abbia supporto nell’intervallo [α1 , α2 ], ovvero che g (x) = 0 per ogni x ∉ [α1 , α2 ]. (2) Lo spostamento iniziale è nullo (g = 0), dunque Z 1 x+ct dy h(y). u(x, t ) = 2c x−ct Supponiamo inoltre che l’impulso iniziale h abbia supporto nell’intervallo [α1 , α2 ], ovvero che h(x) = 0 per ogni x ∉ [α1 , α2 ]. In entrambi i casi eseguiamo la partizione dello spazio-tempo R ×[0, ∞) nelle sei regioni determinate dalle caratteristiche γ± (α1 ) e γ± (α2 ), vedi Figura 3.5. Nelle regioni I, II, III e VI il dominio di dipendenza di (x, t ) ha intersezione non vuota con [α1 , α2 ] (vedi i punti P, N , M in Figura 3.5); nelle regioni IV e V il dominio di dipendenza di (x, t ) ha intersezione vuota con [α1 , α2 ] (vedi il punto Q in Figura 3.5). In particolare: • Se l’impulso iniziale è nullo si ha in generale u(x, t ) 6= 0 nelle regioni I, II e III e u(x, t ) = 0 nelle regioni IV, V e VI. • Se lo spostamento iniziale è nullo si ha in generale u(x, t ) 6= 0 nelle reR 1 α2 gioni I, II, e III, u(x, t ) = 0 nelle regioni IV e V e u(x, t ) = 2c α1 dy h(y) nella regione VI. Si osservi che se (x, t ) è in una delle regioni IV o V vuol dire che in x al tempo t ancora non è arrivata la perturbazione iniziale (trasportata da un’onda diretta o inversa). Se invece (x, t ) appartiene alla regione VI vuol dire che in x al tempo t la perturbazione iniziale è già passata oltre. Si osservi però la differenza tra il caso di impulso iniziale nullo (vedi Figura 3.6) e spostamento iniziale nullo (vedi Figura 3.7): nel primo caso la corda torna in quiete a u = 0, mentre ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.4 L A SOLUZIONE DI D’A LEMBERT 33 t x+ct = α1 x−ct = α1 x+ct = α2 x−ct = α2 M VI II III N t0 PI Q IV V O α1 x α2 F IGURA 3.5. Partizione dello spazio-tempo R × [0, ∞) nelle sei regioni determinate dalle caratteristiche γ± (α1 ) e γ± (α2 ). Il −α1 tempo t 0 è pari a α22c . x+ct = α1 x−ct = α1 x+ct = α2 x−ct = α2 t > t0 t < t0 t=0 α1 x α2 F IGURA 3.6. Evoluzione del profilo d’onda nel caso in cui h = 0 e g ha supporto nell’intervallo [α1 , α2 ]. x+ct = α1 x+ct = α2 x−ct = α1 x−ct = α2 t > t0 t < t0 t=0 α1 α2 x F IGURA 3.7. Evoluzione del profilo d’onda nel caso in cui g = 0 e h ha supporto nell’intervallo [α1 , α2 ]. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 34 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT R 1 α2 nel secondo caso torna in quiete ma rimane “sollevata” a u = 2c α1 dy h(y). In entrambi i casi si tratta della sovrapposizione di un’onda diretta e di un onda inversa, solo che nel primo caso queste onde hanno supporto compatto (sono entrambe pari a 21 g (x)), mentre nel secondo è u(x, t ) = Φ(x + c t ) − Φ(x − c t ), con R 1 x Φ(x) := 2c 0 dy h(y) che non ha supporto compatto. O SSERVAZIONE 3.5. È possibile avere la propagazione di una sola onda diretta o inversa per opportuni dati iniziali. Infatti se g , h sono tali che θ1 (x) = R R 1 x 1 x 1 1 2 g (x) − 2c 0 dy h(y) = 0 o θ2 (x) = 2 g (x) + 2c 0 dy h(y) = 0 si avrà, rispettivamente, assenza di onda diretta o assenza di un’onda inversa. Ad esempio, nel −α1 , i dati iniziali caso (1), fissato t 1 > t 0 = α22c 1 g̃ (x) = g (x − c t 1 ), 2 c h̃(x) = − g 0 (x − c t 1 ) 2 generano un’onda diretta, mentre i dati 1 g (x) = g (x + c t 1 ), 2 c h(x) = − g 0 (x + c t 1 ) 2 generano un’onda inversa. Questo fenomeno corrisponde ad una formulazione del Principio di Huygens che vedremo più avanti nel caso dell’equazione d’onda in R3 (dopo il passaggio del fronte d’onda la soluzione torna in quiete nella posizione di equilibrio u = 0). Nel caso unidimensionale qui in esame, la differenza si ha nel caso h 6= 0, in cui dopo il passaggio del fronte la corda torna in quiete ma in una posizione in generale diversa da zero. E SERCIZIO 3.2. Usando la formula di D’Alembert mostrare che la soluzione dipende con continuità dai dati iniziali nel seguente senso. Siano u 1 , u 2 soluzioni di dati iniziali g 1 , h 1 e g 2 , h 2 rispettivamente. Supponiamo inoltre che g 1 , g 2 , h 1 , h 2 siano funzioni limitate. Allora, per ogni T > 0 esiste C = C (T ) > 0 tale che ku 1 (·, t ) − u 2 (·, t )k∞ ≤ C (T ) max{kg 1 − g 2 k∞ ; kh 1 − h 2 k∞ } ∀ t ∈ [0, T ], dove k f k∞ = sup | f (x)| è la norma uniforme della funzione limitata f su R. x∈R E SERCIZIO 3.3. Dimostrare la formula di D’Alembert (3.17) utilizzando i risultati sul trasporto lineare della Sezione 2.2 ragionando nella seguente maniera. Sia u ∈ C 2 (R ×[0, ∞)) una soluzione classica del problema (3.16). Sfruttando che, per il teorema di Swartz, µ ¶µ ¶ 2 ∂ ∂ ∂ ∂2 u ∂ 2∂ u −c = +c −c u. ∂t 2 ∂x 2 ∂t ∂x ∂t ∂x determinare la funzione v := ∂u ∂u −c , ∂t ∂x ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.5 L A SOLUZIONE FONDAMENTALE 35 (in termini di g e h) riconoscendo che essa è soluzione di un opportuno problema di trasporto lineare omogeneo. Determinare quindi la funzione incognita u sfruttando il fatto che, per definizione stessa di v, essa è soluzione del seguente problema di trasporto lineare non omogeneo, ∂u − c ∂u = v in R × [0, ∞), ∂t ∂x u(x, 0) = g (x) per x ∈ R. 3.5. La soluzione fondamentale La soluzione di D’Alembert per generici dati iniziali può esprimersi in termini di una particolare soluzione, detta fondamentale, che corrisponde al problema di Cauchy generalizzato in cui g = 0 ed h è un impulso unitario concentrato in un singolo punto. Si tratta dell’applicazione nel presente contesto di una strategia generale per le equazioni lineari, per la quale è sempre possibile esprimere l’integrale generale come sovrapposizione di soluzioni particolari, dette a seconda dei casi soluzioni fondamentali o funzioni di Green del problema in esame. Iniziamo con l’osservare che Z h(x + c t ) + h(x − c t ) ∂ 1 x+ct dy h(y) = . ∂t 2c x−c t 2 Pertanto, se indichiamo con Wϕ (x, t ) = 1 2c Z x+ct x−ct dy ϕ(y) ∂Wϕ la soluzione dell’equazione delle onde per g = 0 ed h = ϕ, allora la funzione ∂t fornisce la soluzione dell’equazione delle onde per g = ϕ ed h = 0. Dunque la soluzione generale si scrive nella forma u(x, t ) = Wh (x, t ) + ∂Wg (x, t ). ∂t D’altra parte, se introduciamo la funzione di Heaviside, 0 se x < 0, H (x) = 12 se x = 0, 1 se x > 0, allora, per ogni funzione localmente integrabile ϕ, si ha Z Wϕ (x, t ) = dy K (x, y, t )ϕ(y), dove il nucleo K è definito come ¤ 1 £ K (x, y, t ) = H (x − y + c t ) − H (x − y − c t ) 2c ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 36 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT e fornisce la soluzione fondamentale dell’equazione delle onde in d = 1. La formula di D’Alembert si scrive in termini di K nella forma Z Z ∂ u(x, t ) = dy K (x, y, t )h(y) + dy K (x, y, t )g (y). ∂t Per capire il significato della soluzione fondamentale, consideriamo la famiglia di funzioni −1 se y − ε < x < y + ε, (2ε) £ ¤ 1 (ε) −1 ϕ y (x) := H (x − y + ε) − H (x − y − ε) = (4ε) se x = y ± ε, 2ε 0 se x ∉ [y − ε, y + ε]. Chiaramente, Z dx ϕ(ε) y (x) = 1, lim ϕ(ε) y (x) = ε→0 ( +∞ se x = y, 0 altrimenti. Inoltre Z lim x ε→0 −∞ |(−∞, x] ∩ [y − ε, y + ε]| = H (x − y), ε→0 2ε dz ϕ(ε) y (z) = lim (3.18) cosicché Z 1 x+ct (x, t ) dz ϕ(ε) K (x, y, t ) = lim y (z) = lim Wϕ(ε) y ε→0 ε→0 2c x−ct rappresenta la soluzione relativa ad un impulso concentrato in y al tempo t = 0. Poiché per ogni funzione continua ψ si ha Z lim dx ϕ(ε) y (x)ψ(x) = ψ(y), ε→0 possiamo introdurre la notazione δ y (x) = limε→0 ϕ(ε) y (x), dove la “funzione generalizzata” δ y (x), detta funzione δ di Dirac in x = y, non è una funzione nel senso usuale, ma rappresenta un modo di descrivere il funzionale lineare su C (R) che associa alla funzione ψ(x) il suo valore in x = y, mediante la scrittura Z dx δ y (x)ψ(x) = ψ(y), dove “dx δ y (x)” rappresenta una “misura unitaria” concentrata nel punto y, cosicché l’integrale (cioè la media) di ψ rispetto ad essa è pari a ψ(y). Si ponga attenzione al fatto che la precedente scrittura non deve essere confusa con un usuale integrale di Riemann: in particolare, Z Z Z (x) = 6 dx lim ϕ(ε) 1 = dx δ y (x) = lim dx ϕ(ε) y y (x) = 0, ε→0 ε→0 dove l’ultimo integrale (di Riemann) è nullo poiché abbiamo visto che il limite puntuale per ε → 0 di ϕ(ε) y (x) è una funzione nulla su tutto R tranne che in un punto. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.5 L A SOLUZIONE FONDAMENTALE 37 Con questa notazione possiamo pertanto scrivere, in modo conciso, che Z 1 x+ct K (x, y, t ) = dz δ y (z). 2c x−ct O SSERVAZIONE 3.6. La funzione δ di Dirac è un esempio di funzione generalizzata o distribuzione, di cui diamo ora alcune nozioni elementari. Per semplicità consideriamo il caso delle distribuzioni su R, la generalizzazione a Rd è comunque elementare. Si introduce lo spazio delle funzioni test, che indichiamo con D(R), composto da tutte le funzioni in C ∞ (R) aventi supporto compatto, dove il supporto di una funzione ψ è, per definizione, la chiusura dell’insieme dove essa è diversa da zero, ovvero supp(ψ) := {x ∈ R : ψ(x) 6= 0} Una distribuzione su R è un funzionale lineare J : D(R) → R con la seguente proprietà di limitatezza: per ogni compatto K ⊂ R esistono una costante C > 0 ed un intero N ≥ 0 tali che ° ° ° dk ψ ° ° ° |J (ψ)| ≤ C max ° k ° ∀ ψ ∈ D(R) : supp(ψ) ⊆ K . k=0,...,N ° dx ° ∞ Altrimenti detto, per tutte le funzioni test ψ nulle al di fuori di un assegnato compatto K , il valore di J (ψ) è controllato in termini delle derivate di ψ fino ad un certo ordine N . Indichiamo con D 0 (R) l’insieme delle distribuzioni. In particolare, osserviamo che ogni funzione localmente integrabile f può essere considerata una distribuzione, associandole il funzionale J f ∈ D 0 (R) così definito, Z J f (ψ) := dx f (x)ψ(x). In questo caso la proprietà di limitatezza è ovviamente realizzata con N = 0 e R C = K dx | f (x)| per qualsiasi compatto K . Da questa osservazione si comprende R la notazione ψ(y) = J δy (ψ) = dx δ y (x)ψ(x) nell’indicare anche la distribuzione di Dirac, sebbene questa distribuzione non è realizzata da alcuna funzione ordinaria localmente integrabile “δ y (x)”. Poiché se f ha derivata localmente integrabile una integrazione per parti mostra che J f 0 (ψ) = −J f (ψ0 ), è naturale estendere tale proprietà nella definizione di derivata di una distribuzione, chiamando derivata di J il funzionale J 0 tale che J 0 (ψ) = −J (ψ0 ) ∀ ψ ∈ D(R). In particolare, la funzione di Heaviside definisce la distribuzione Z ∞ J H (ψ) = dx ψ(x), 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 38 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT e quindi J H (ψ0 ) = −ψ(0) = −J δ (ψ), con δ = δ0 la delta di Dirac in y = 0. Pertanto possiamo affermare in modo sintetico che H 0 = δ, consistentemente con la (3.18) che per y = 0 si legge Z x dz δ(z) = H (x). −∞ Si ponga però attenzione che la scrittura H 0 = δ deve essere comunque intesa 0 = J δ . Viceversa, la fun“nel senso delle distribuzioni”, ovvero nel senso che J H 0 zione di Heaviside ha derivata usuale H = 0 su tutto R \ {0} (in x = 0 dove H è discontinua non è definita) cosicché il suo integrale di Riemann su (−∞, x] è nullo per ogni x. 3.6. Equazione non omogenea: formula di Duhamel Vogliamo risolvere il problema di Cauchy globale per l’equazione delle onde non omogenea, quindi 2 2 ∂ u 2∂ u = c +f in R × R+ , ∂t 2 ∂x 2 (3.19) u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R. ∂t È sufficiente determinare una soluzione per il caso g = h = 0, dopodiché la soluzione del problema (3.19) si ottiene aggiungendo la soluzione del problema omogeneo associato (3.16). Pertanto cerchiamo una soluzione del problema 2 2 ∂ u 2∂ u = c +f in R × R+ , ∂t 2 ∂x 2 (3.20) u(x, 0) = 0, ∂u (x, 0) = 0 per x ∈ R. ∂t L’idea euristica del metodo di Duhamel si basa sul principio di sovrapposizione, ottenendo la soluzione cercata come somma di infiniti contributi corrispondenti alla propagazione libera degli impulsi infinitesimi f (x, s)ds impressi alla corda ai tempi s < t . Per meglio comprendere il metodo conviene approssimare dapprima la forzante con una funzione costante a tratti del tempo, X f (x, s) = f (x, s j )χ[s j ,s j +1 ) (s), s j = j ∆s, j ≥0 dove χ A (s) è la funzione indicatrice dell’insieme A e ∆s è un intervallo di tempo molto piccolo. Per il principio di sovrapposizione, la soluzione del problema P (3.20) si scrive come somma, u(x, t ) = j ≥0 u j (x, t ), con u j (x, t ) soluzione dello stesso problema con forzante f j (x, s) = f (x, s j )χ[s j ,s j +1 ) (s). Poiché tale forzante agisce solo nell’intervallo di tempo [s j , s j +1 ] si ha u j (x, t ) = 0 se (x, t ) ∈ R × [0, s j ] e quindi, in particolare, u j (x, s j ) = ∂u j ∂t (x, s j ) = ∂2 u j ∂x 2 (x, s j ) = 0 ∀ x ∈ R. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.6 E QUAZIONE NON OMOGENEA : FORMULA DI D UHAMEL 39 Sviluppando nel parametro piccolo ∆s, utilizzando le precedenti identità ed il fatto che u j è soluzione dell’equazione forzata, ∂u j ∂t (x, s j +1 ) = ∂u j ∂t " (x, s j ) + ∂2 u j = c2 ∂x 2 ∂2 u j ∂t 2 (x, s j )∆s + o(∆s) # (x, s j ) + f (x, s j ) ∆s + o(∆s) = f (x, s j )∆s + o(∆s), u j (x, s j +1 ) = u j (x, s j ) + ∂u j (x, s j )∆s + ∂t 1 = f (x, s j )(∆s)2 + o((∆s)2 ), 2 1 ∂2 u j (x, s j )(∆s)2 2 ∂t 2 cosicché, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo in ∆s, u j (x, t ) per t > s j +1 è soluzione del problema libero 2 ∂ uj ∂2 u j 2 = c ∂t 2 ∂x 2 u j (x, s j +1 ) = 0, in R × (s j +1 , ∞), ∂u j ∂t per x ∈ R. (x, s j +1 ) = f (x, s j )∆s Ponendo attenzione al fatto che le condizioni iniziali sono ora date al tempo s j +1 , possiamo quindi affermare che Z u j (x, t ) = dy K (x, y, t − s j +1 ) f (y, s j )∆s + o(∆s) ∀ t > s j +1 . Pertanto, ricordando che u j è nulla per t ≤ s j , u(x, t ) = X u j (x, t ) = j ≥0 = X u j (x, t ) j :t >s j ·Z X ¸ dy K (x, y, t − s j +1 ) f (y, s j )∆s + o(∆s) + O(∆s), j :t >s j +1 dove il termine O(∆s) esterno alla somma tiene conto del termine u j con indice tale che t ∈ [s j , s j +1 ) che è stato tolto dalla stessa somma. Nel limite ∆s → 0, otteniamo in tal modo la candidata soluzione del problema (3.20) nella forma t Z u(x, t ) = Z ds 0 t Z dy K (x, y, t − s) f (y, s) = ds w(x, t ; s), 0 dove Z w(x, t ; s) := dy K (x, y, t − s) f (y, s) = 1 2c Z x+c(t −s) dy f (y, s) x−c(t −s) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 40 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT è la propagazione libera di un impulso iniziale f (x, s) impresso al tempo s < t , ovvero soluzione del seguente problema, 2 2 ∂ w 2∂ w = c in R × (s, ∞), ∂t 2 ∂x 2 (3.21) ∂w w(x, s) = 0, (x, s) = f (x, s) per x ∈ R. ∂t Dobbiamo ora verificare che u(x, t ) è effettivamente la soluzione cercata. A tal scopo occorre fare delle ipotesi di regolarità sulla forzante f , precisamente assu∂f miamo che f , ∂x ∈ C (R × [0, ∞)), cosicché w(x, t ; s) è soluzione classica del problema (3.21). Per quanto riguarda le condizioni iniziali, banalmente u(x, 0) = 0. Inoltre, essendo w(x, t ; t ) = 0, Z t Z t ∂ ∂w ∂u ds (x, t ) = w(x, t ; t ) + ds w(x, t ; s) = (x, t ; s), ∂t ∂t ∂t 0 0 cosicché ∂u ∂t (x, 0) = 0. Infine, Z t Z t ∂2 w ∂2 w ∂w ∂2 u 2 ds ds (x, t ) = (x, t ; t ) + (x, t ; s) = f (x, t ) + c (x, t ; s) ∂t 2 ∂t ∂t 2 ∂x 2 0 0 ∂2 u = f (x, t ) + c 2 2 (x, t ). ∂x Nell’ultimo passaggio abbiamo scambiato le due derivazioni spaziali con l’integrale sul tempo, operazione legittimata dalle ipotesi su f che garantiscono una dipendenza continua dal parametro s di w(x, t ; s) e delle sue prime due derivate spaziali. 3.7. Simmetrie e metodo delle riflessioni Il metodo delle riflessioni permette di determinare la soluzione di alcuni problemi con condizioni al bordo in termini della soluzione di D’Alembert del problema globale. Esso si basa sulle seguenti proprietà di simmetria dell’equazione delle onde. Sia u(x, t ) = θ1 (x − c t ) + θ2 (x + c t ) una qualunque soluzione dell’equazione delle onde e poniamo u ± (x, t ) = ±u(−x, t ), u L (x, t ) = u(x + L, t ) (L ∈ R). Si verifica immediatamente che anche le funzioni u ± (x, t ) e u L (x, t ) sono soluzioni dell’equazione delle onde. Altrimenti detto, la riflessione per parità o disparità attorno all’origine e la traslazione di qualsiasi L ∈ R sono trasformazioni che portano soluzioni in soluzioni (trasformazioni di questo tipo vengono dette simmetrie dell’equazione). Supponiamo ora che i dati iniziali siano invarianti rispetto a una di queste simmetrie, ovvero che sia verificata una delle seguenti: 1) u(x, 0) = u(−x, 0), 2) u(x, 0) = −u(−x, 0), ∂u ∂u (parità); ∂t (x, 0) = ∂t (−x, 0) ∂u ∂u (disparità); ∂t (x, 0) = − ∂t (−x, 0) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.7 S IMMETRIE E METODO DELLE RIFLESSIONI 3) u(x, 0) = u(x + L, 0), ∂u ∂u ∂t (x, 0) = ∂t (x + L, 0) 41 (periodicità di periodo L). Allora, la soluzione u + nel caso 1), ovvero u − nel caso 2) ed infine u L nel caso 3) possiede gli stessi dati iniziali della soluzione originaria u e dunque, per l’unicità del problema di Cauchy globale, deve con essa coincidere. Ma u = u + , u = u − , u = u L significa rispettivamente che u è pari, dispari, periodica. Abbiamo in tal modo dimostrato che le eventuali proprietà di parità, disparità e periodicità dei dati iniziali rimangono verificate nel tempo dalla soluzione. In particolare, otteniamo da subito che la soluzione del problema di Cauchy con condizioni periodiche (3.12) è data sempre dalla formula di D’Alembert, provvisto che i dati iniziali g ∈ C 2 (R) e h ∈ C 1 (R) siano funzioni L-periodiche. Vediamo ora come utilizzare le suddette simmetrie nella soluzione dei problemi di Cauchy con dati al bordo omogenei. Consideriamo ad esempio il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in (0, L) × R+ , ∂t 2 ∂x 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. Cerchiamo una soluzione ũ(x, t ) del problema di Cauchy globale di dati iniziali g̃ , h̃ in modo tale che la sua restrizione all’intervallo [0, L] sia soluzione del problema dato. Chiaramente, affinché siano soddisfatti i dati iniziali è necessario che g̃ , h̃ siano un prolungamento delle funzioni g , h a tutto l’asse reale R. Le funzioni g̃ , h̃ devono inoltre essere scelte in modo tale che siano soddisfatte le condizioni al bordo, pertanto deve aversi ũ(0, t ) = 0, ũ(L, t ) = 0 ∀ t ≥ 0. (3.22) Notiamo ora che se realizziamo tale prolungamento estendendo le funzioni g , h dapprima per disparità all’intervallo [−L, L] e quindi per periodicità (di periodo 2L) a tutto l’asse reale R, per quanto sopra discusso la soluzione Z g̃ (x − c t ) + g̃ (x + c t ) 1 x+ct ũ(x, t ) = + dy h̃(y) (3.23) 2 2c x−ct è anch’essa una funzione 2L-periodica e dispari della variabile spaziale x. Chiaramente, affinché tale soluzione sia classica, occorre richiedere che g̃ ∈ C 2 (R) e h̃ ∈ C 1 (R), ovvero che g ∈ C 2 ([0, L]), h ∈ C 1 ([0, L]) ed inoltre g (0) = g (L) = 0, g 00 (0) = g 00 (L) = 0, h(0) = h(L) = 0. In queste ipotesi, essendo in particolare ũ una funzione continua, 2L-periodica e dispari rispetto ad x per ogni t , le condizioni al bordo (3.22) rimangono soddisfatte. In conclusione, la restrizione di ũ(x, t ) all’intervallo [0, L] fornisce la soluzione cercata. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 42 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI D’A LEMBERT t S N M O P R L Q x F IGURA 3.8. In metodo delle riflessioni per la corda finita. Tale metodo di risoluzione è detto metodo delle riflessioni in virtù della seguente interpretazione sulla propagazione lungo le caratteristiche dei dati iniziali. Riscriviamo la soluzione nella forma di sovrapposizione di un’onda diretta ed una inversa, dunque u(x, t ) = θ1 (x − c t ) + θ2 (x + c t ) con Z Z g̃ (x) 1 x g̃ (x) 1 x dy h̃(y), θ2 (x) = dy h̃(y), θ1 (x) = − + 2 2c 0 2 2c 0 che, essendo g̃ , h̃ funzioni dispari e 2L-periodiche, sono tali che θ1 (−x) = −θ2 (x), θ2 (L + x) = −θ1 (L − x) ∀ x ∈ R. (3.24) Con riferimento alla Figura 3.8, consideriamo ad esempio i punti M = (x 0 , t 0 ) nella regione I ed N = (x 1 , t 1 ) nella regione II. Nel primo caso la soluzione è u(x 0 , t 0 ) = θ1 (x 0 − ct 0 ) + θ2 (x 0 + c t 0 ), x 0 − c t 0 , x 0 + c t 0 ∈ [0, L], cosicché il dominio di dipendenza è contenuto in [0, L] e la presenza del bordo non è “rilevata” in x 0 al tempo t 0 . Nel secondo caso, u(x 1 , t 1 ) = θ1 (x 1 − ct 1 ) + θ2 (x 1 + c t 1 ), x 1 − c t 1 ∈ [0, L], x 1 + c t 1 ∈ [L, 2L]. In questo caso il dominio di dipendenza non è contenuto in [0, L] e la presenza del bordo (nello specifico quello di destra) è “rilevata” in x 1 al tempo t 1 : il valore di u in N è pari alla sovrapposizione dell’onda diretta che parte dal punto “reale” della corda di ascissa x = x 1 − c t 1 (il punto P in figura) e dell’onda inversa che ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 3.7 S IMMETRIE E METODO DELLE RIFLESSIONI 43 parte dal punto “fittizio” di ascissa x = x 1 + c t 1 (il punto Q in figura) esterno alla corda. D’altra parte, usando la seconda delle (3.24) si ha u(x 1 , t 1 ) = θ1 (x 1 − c t 1 ) − θ1 (2L − x 1 − c t 1 ). Quindi l’onda inversa che parte dal punto fittizio Q può essere sostituita con l’onda diretta proveniente dal punto reale della corda di ascissa x = 2L − x 1 − c t 1 (il punto R in figura), riflessa nell’estremo x = L al tempo t = (x 1 + c t 1 − L)/c e cambiata di segno. Più in generale, in ogni punto nella striscia [0, L]× R+ il valore della soluzione è la sovrapposizione di due onde che hanno subito un certo numero di riflessioni ai bordi con un cambiamento di segno ad ogni riflessione (per un numero di riflessioni maggiore di uno, vedi ad esempio il punto S in figura, occorre utilizzare anche la periodicità delle funzioni θ1 , θ2 e non solo le (3.24) per giungere a tale conclusione). E SERCIZIO 3.4. Utilizzare il metodo delle riflessioni per risolvere il problema di Cauchy-Neumann omogeneo con dati al bordo omogenei, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in (0, L) × R+ , ∂x 2 ∂t 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t ∂u (0, t ) = 0, ∂u (L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x ∂x E SERCIZIO 3.5. Utilizzare il metodo delle riflessioni per risolvere i problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann omogenei con dati al bordo omogenei per la corda semi-infinita, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in R+ × R+ , ∂t 2 ∂x 2 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, ∞), ∂t u(0, t ) = 0 per t ≥ 0 (Dirichlet). ∂u (0, t ) = 0 per t ≥ 0 (Neumann). ∂x ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 4 Equazione della corda vibrante: metodo di Fourier 4.1. Serie di Fourier La famiglia di funzioni trigonometriche n ³ nπ ´ o n ³ nπ ´ o sin x ; n = 1, 2, . . . , cos x ; n = 0, 1, 2, . . . L L (dove per n = 0 si intende la funzione costante uguale ad 1) hanno in comune la proprietà di essere C ∞ su R ed ivi 2L-periodiche. Esse godono inoltre delle seguenti importanti proprietà: µ ¶ Z L ³ nπ ´ kπ dx sin x sin x = Lδn,k ∀ n, k ≥ 1, L L −L µ ¶ Z L ³ nπ ´ kπ dx cos x cos x = Lδn,k (1 + δn,0 ) ∀ n, k ≥ 0, L L −L µ ¶ Z L ³ nπ ´ kπ dx sin x cos x =0 ∀ n ≥ 1 ∀ k ≥ 0, L L −L dove δn,k è la delta di Kronecker, ovvero δn,n = 1 e δn,k = 0 se n 6= k. Notiamo che se dotiamo lo spazio lineare delle funzioni 2L-periodiche di quadrato localmente integrabile del prodotto scalare Z L dx u(x)v(x) (u, v) = −L allora le precedenti relazioni affermano che le funzioni trigonometriche sono tra loro ortogonali. Chiaramente, una combinazione lineare di tali funzioni, ³ nπ ´ ³ nπ ´i a0 X h + x + b n sin x , a n cos 2 n≥1 L L se composta da un numero finito di termini, oppure se i coefficienti a n , b n tendono a zero per n → ∞ abbastanza rapidamente, definisce ancora una funzione regolare 2L-periodica. La questione non banale e di interesse è il viceversa: se f (x) è una funzione 2L-periodica, essa si può espandere mediante una serie trigonometrica (o serie di Fourier), ³ nπ ´ ³ nπ ´i a0 X h f (x) = + a n cos x + b n sin x , (4.1) 2 n≥1 L L ed i coefficienti a n , b n sono individuati in modo univoco? 45 46 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Esistono diversi risultati, che dipendono in particolare da quale tipo di convergenza venga richiesta. Siamo qui interessati alla convergenza uniforme, ed il principale risultato della sezione è stabilire una condizione sufficiente per tale convergenza. Prima di enunciare il risultato, mostriamo come in questo caso i coefficienti siano univocamente determinati. Infatti, stante la convergenza uniforme, possiamo moltiplicare ambo i membri della (4.1) per una qualsiasi funzione trigonometrica e quindi integrare la serie termine a termine su [−L, L]. Dalle relazioni di ortogonalità si trovano subito i coefficienti dello sviluppo in termini della funzione f . Precisamente, Z Z ³ nπ ´ ³ nπ ´ 1 L 1 L an = dx f (x) cos x , bn = dx f (x) sin x (4.2) L −L L L −L L (la scelta a 0 /2 in (4.1) è stata fatta proprio in modo che la precedente espressione di a n sia valida anche per n = 0). T EOREMA 4.1. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica. Sussiste allora lo sviluppo in serie di funzioni trigonometriche (4.1) con i coefficienti come in (4.2). La serie converge uniformemente ad f su tutto [−L, L]. Inoltre la convergenza è totale, nel senso che |a 0 | X + (4.3) (|a n | + |b n |) < ∞. 2 n≥1 È chiaro che la condizione (4.3) implica la convergenza uniforme della serie di Fourier. Infatti ciascun termine della serie numerica (4.3) domina il modulo di ciascun termine della serie (4.1), pertanto la convergenza uniforme di quest’ultima segue dai ben noti criteri di convergenza sulle serie di funzioni. Le ipotesi del Teorema 4.1 possono essere indebolite, ma la sola continuità di f non è sufficiente per la convergenza uniforme (esistono controesempi). Prima di dimostrare il Teorema 4.1 è utile introdurre la seguente forma complessa della serie di Fourier, basata sulla formula di Eulero per l’esponenziale complessa, ¡ ¢ ez = ex cos y + i sin y , z = x + iy, che conserva la proprietà notevole dell’esponenziale ez1 +z2 = ez1 ez2 . Nel seguito, se F (x) = F 1 (x)+iF 2 (x) è una funzione a valori in C, le operazioni di integrazione, derivazione, etc. vanno intese applicate per linearità alle parti reale ed immaginaria di F (ad esempio F 0 (x) = F 10 (x) + iF 20 (x)). In particolare, si verifica facilmente che d λx e = λeλx ∀ x ∈ R, ∀ λ ∈ C dx Utilizzando le ovvie identità, cos x = eix + e−ix , 2 sin x = eix − e−ix , 2i x ∈ R, ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.1 S ERIE DI F OURIER 47 possiamo riscrivere la serie di Fourier nella forma seguente, · ´ b ³ π ´¸ a 0 X a n ³ in π x n −in πL x −in πL x in L x L f (x) = +e −i −e + e e 2 n≥1 2 2 · ¸ a 0 X a n − ib n in π x a n + ib n −in π x + e L +i e L = 2 n≥1 2 2 X π = c n ein L x , n∈Z avendo definito a n − ib n a n + ib n a0 cn = , c −n = c n = , n ≥ 1. c0 = , 2 2 2 Dunque la serie di Fourier si riscrive in termini di uno sviluppo mediante il siπ stema di funzioni trigonometriche complesse {ein L x }n∈Z . Si verifica immediatamente che tali funzioni soddisfano la relazione di ortogonalità, Z L Z L π in πL x −ik πL x dx e dx ei(n−k) L x = 2Lδn,k , e = (4.4) −L −L da cui si ricava un’espressione diretta dei coefficienti c n in termini di f , Z π 1 L dx f (x)e−in L x , n ∈ Z. cn = 2L −L (4.5) Il Teorema 4.1 ammette la seguente formulazione equivalente. T EOREMA 4.2. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica ed i coefficienti c n definiti come in (4.5). Allora X π (uniformemente). f (x) = c n ein L x n∈Z Inoltre la convergenza è totale, nel senso che X |c n | < ∞. (4.6) n∈Z L’equivalenza tra le due formulazioni è ovvia. Si consideri in particolare che, p 1 1 2 essendo |c 0 | = 2 |a 0 | e |c n | = 2 |a n | + |b n |2 per n 6= 0, si ha |a n | + |b n | |a n | + |b n | ≤ |c n | ≤ , p 2 2 2 cosicché le equazioni (4.3) e (4.6) sono equivalenti. La dimostrazione del Teorema 4.2 segue da una serie di lemmi e proposizioni preliminari. L EMMA 4.3 (Disuguaglianza di Bessel). Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Allora Z X 1 L 2 |c n | ≤ dx f (x)2 . 2L −L n∈Z ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 48 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : N X D IMOSTRAZIONE . Posto S N (x) = METODO DI F OURIER π c n ein L x , si ha: n=−N Z N X £ ¤2 π 1 L 1 L dx f (x) − S N (x) = dx f (x)2 − 2 cn dx f (x)ein L x 2L −L 2L −L −L n=−N Z N N L X π π 1 X cn ck dx ein L x eik L x + 2L n=−N k=−N −L Z L N N N X X X 1 c n c k δn,−k dx f (x)2 − 2 c n c −n + = 2L −L n=−N n=−N k=−N Z N N X X 1 L = dx f (x)2 − 2 |c n |2 + |c n |2 2L −L n=−N n=−N Z L N X 1 |c n |2 . dx f (x)2 − = 2L −L n=−N 0≤ 1 2L Z L Z Dunque N X 1 |c n | ≤ 2L n=−N 2 Z L dx f (x)2 −L ∀ N ≥ 1, che dimostra l’asserto. C OROLLARIO 4.4. Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Allora |c n | ≤ k f k∞ , lim c n = 0. n→∞ D IMOSTRAZIONE . La stima |c n | ≤ k f k∞ segue immediatamente dalla (4.5), mentre il limite segue dalla disuguaglianza di Bessel, poiché i termini di una serie assolutamente convergente sono infinitesimi. L EMMA 4.5. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica. Allora Z π L (1) 1 L cn = cn dove c n(1) = dx f 0 (x)e−in L x . iπn 2L −L D IMOSTRAZIONE . Integrando per parti, per la periodicità di f , Z ¯x=L π inπ 1 L 1 iπn (1) −in πL x ¯ cn = f (x)e + dx f (x)e−in L x = cn . ¯ 2L L 2L −L L x=−L P ROPOSIZIONE 4.6. Se f ∈ C 1 (R) è una funzione 2L-periodica allora i suoi coefficienti di Fourier soddisfano la (4.6). 2 D IMOSTRAZIONE . Dal precedente lemma ed usando la stima pq ≤ 12 (p 2 + q ), µ ¶ L ¯¯ (1) ¯¯ L 1 ¯¯ (1) ¯¯2 |c n | = c ≤ + cn . πn n 2π n 2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.1 S ERIE DI F OURIER 49 Ma f 0 ∈ C (R) per cui vale la disuguaglianza di Bessel e dunque il membro di destra è sommabile in n. Rimane da dimostrare la convergenza puntuale ad f (x) della sua serie di Fourier. P ROPOSIZIONE 4.7. Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Supponiamo che esista la derivata f 0 (y) in un punto y ∈ R. Allora X π f (y) = c n ein L y . n∈Z D IMOSTRAZIONE . Supponiamo dapprima che y = 0. Definiamo f (x) − f (0) g (x) = . π ei L x − 1 Si ha g ∈ C (R) e 2L-periodica, purché per x = 0, ±2L, ±4L, . . . le si assegni il valore f (x) − f (0) iL 0 f (0). x→0 x→0 e π −1 R 1 L −in πL x In particolare i suoi coefficienti di Fourier cen = 2L tendono a −L dx g (x)e zero per n → ∞. lim g (x) = lim i πL x =− π D’altra parte, essendo f (x) − f (0) = ei L x g (x) − g (x), Z Z Z π π π 1 L 1 L 1 L dx [ f (x) − f (0)]e−in L x = dx g (x)e−i(n−1) L x − dx g (x)e−in L x , 2L −L 2L −L 2L −L ovvero c n − f (0)δn,0 = cen−1 − cen , da cui N X N X c n − f (0) = n=−N n=−N (cen−1 − cen ) = −ceN + ce−N −1 . Nel limite N → ∞ troviamo f (0) = X cn . n∈Z Se invece y 6= 0 allora poniamo ψ(x) = f (x + y). Chiaramente ψ ∈ C (R), è 2Lperiodica ed esiste la derivata ψ0 (0) = f 0 (y). Dunque, per quanto sopra dimostrato, X f (y) = ψ(0) = cbn , n∈Z con cbn = 1 2L =e L Z −L in πL y π dx ψ(x)e−in L x = 1 2L Z L+y dx f (x)e −L+y 1 2L L Z −L −in πL x π dx f (x + y)e−in L x π = ein L y c n . Nell’ultima uguaglianza abbiamo utilizzato il fatto che se ϕ è una funzione 2LR L+y RL periodica localmente integrabile allora −L+y dx ϕ(x) = −L dx ϕ(x) per ogni y ∈ P π R. Dunque f (y) = n∈Z c n ein L y , il che dimostra la proposizione. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 50 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Il Teorema 4.2 è ora immediata conseguenza delle Proposizioni 4.6 e 4.7. Conseguenza di questo teorema e del Lemma 4.5 è il seguente teorema. T EOREMA 4.8. Sia f ∈ C k (R) una funzione 2L-periodica, k ≥ 1. Allora µ ¶ X iπn r π (r ) f (x) = c n ein L x (uniformemente) ∀ r ≤ k − 1. L n∈Z Inoltre, X |n|k−1 |c n | < ∞. n∈Z D IMOSTRAZIONE . Fissato r ≤ k −1, indichiamo con c (r ) i coefficienti di Fourier della derivata f (r ) . Dunque, applicando ricorsivamente il Lemma 4.5, ¶ ¶ µ µ L r (r ) iπn r (r ) cn = cn ⇐⇒ c n = cn . iπn L Ma essendo f (r ) ∈ C 1 (R) si applica il Teorema 4.2. Pertanto vale la convergenza uniforme della serie di Fourier. Infine, per la convergenza totale di tale serie nel caso r = k − 1, µ ¶k−1 X ¯¯ (k−1) ¯¯ X k−1 L |c n | = n ¯ < ∞. ¯c n π n∈Z n∈Z O SSERVAZIONE 4.1. Ovviamente un’analoga affermazione vale nella scrittura della serie di Fourier in termini di seni e coseni. In particolare, se f ∈ C k (R) è una funzione 2L-periodica, X (k−1) n (4.7) (|a n | + |b n |) < ∞. n≥1 O SSERVAZIONE 4.2. Poiché se f ∈ C 1 (R) si ha la convergenza uniforme della serie di Fourier ad f , per i teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale possiamo affermare che Z L £ ¤2 lim dx f (x) − S N (x) = 0 N →∞ −L Pertanto, ripercorrendo la dimostrazione della disuguaglianza di Bessel, deduciamo che vale in realtà l’uguaglianza, ovvero Z X 1 L |c n |2 = dx f (x)2 . 2L −L n∈Z In effetti si può dimostrare che tale relazione, detta uguaglianza di Parseval, sussiste purché f sia una funzione a quadrato integrabile sull’intervallo [−L, L]. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.2 I L METODO DI F OURIER 51 O SSERVAZIONE 4.3. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica. Allora ³ nπ ´ X 1) Se f è una funzione dispari, f (x) = b n sin x . L n≥1 ³ nπ ´ a0 X 2) Se f è una funzione pari, f (x) = + a n cos x . 2 n≥1 L Infatti, essendo nullo l’integrale di una funzione dispari su [−L, L], si ha a n = 0 nel primo caso e b n = 0 nel secondo caso. 4.2. Il metodo di Fourier Introduciamo qui il metodo di Fourier, o della separazione delle variabili, per determinare la soluzione dei problemi al contorno per la corda finita. Tale metodo si applica in generale a diversi problemi con condizioni al bordo omogenee. 4.2.1. Problema in dimensione finita. Per capire meglio quale sia l’idea di base, consideriamo dapprima il caso di un’equazione differenziale ordinaria lineare a coefficienti costanti della forma ( u̇(t ) = Au(t ), u(0) = c, dove u(t ) ∈ Rn è la funzione incognita, c ∈ Rn il dato iniziale ed A ∈ Rn×n è una matrice simmetrica. Dunque l’operatore lineare A : Rn → Rn è simmetrico rispetto al prodotto scalare canonico di Rn (Aξ · η = ξ · Aη ∀ ξ, η ∈ Rn ) e pertanto ammette n autovalori reali λ1 , . . . , λn (non necessariamente distinti) ed altrettanti autovettori v 1 , . . . , v n tra loro ortogonali, che dunque formano una base ortogonale di Rn . Cerchiamo allora la soluzione del problema nella forma u(t ) = n X w k (t )v k . k=1 Sostituendo nell’equazione e ricordando che Av k = λk v k , otteniamo n X [ẇ k (t ) − λk w k (t )]v k = 0, k=1 X w k (0)v k = c. k Essendo v 1 , . . . , v n una base ortogonale ne segue che deve aversi ẇ k (t ) = λk w k (t ), w k (0) = c · vk vk · vk ∀ k = 1, . . . , n. Chiaramente w k (t ) = w k (0)eλk t , cosicché la soluzione del problema è u(t ) = n c ·v X k λk t e vk . v · v k k=1 k ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 52 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Si può procedere in questa maniera anche nel caso di un’equazione del secondo ordine, ( ü(t ) = Au(t ), u(0) = c , u̇(0) = C . Nuovamente u(t ) = n X w k (t )v k , k=1 dove le n funzioni scalari w k (t ), k = 1, . . . , n, sono in questo caso soluzioni delle equazioni differenziali del secondo ordine ẅ k (t ) = λk w k (t ), w k (0) = c · vk , vk · vk ẇ k (0) = C · vk vk · vk ∀ k = 1, . . . , n. 4.2.2. Problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo. Vogliamo ora applicare la precedente strategia nel caso dell’equazione della corda. Consideriamo in particolare il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo, 2 2 ∂ u = c2 ∂ u in (0, L) × R+ , ∂t 2 ∂x 2 ∂u (4.8) u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. Il problema agli autovalori associato consiste nel determinare autovalori e relad2 tive autofunzioni dell’operatore dx 2 sull’intervallo [0, L] con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) tali che ( v 00 (x) = λv(x) se x ∈ (0, L), (4.9) v(0) = v(L) = 0. Notiamo da subito che ciascuna soluzione è determinata a meno di un fattore moltiplicativo, nel senso che se (λ, v(x)) è soluzione di (4.9) allora lo è anche (λ,C v(x)) con C una costante arbitraria (si pensi all’analogo finito dimensionale: se ξ ∈ Rn è autovettore della matrice A di autovalore λ allora lo è anche il vettore C ξ con C ∈ R). Per risolvere il problema (4.9) notiamo che l’integrale generale dell’equazione v 00 (x) = λv(x) è p p λx +C 2 e− λx se λ > 0, C1e v(x) = C 1 +C 2 x (4.10) se λ = 0, 2 C 1 cos(kx) +C 2 sin(kx) se λ = −k < 0, con C 1 ,C 2 costanti arbitrarie. Cerchiamo soluzioni non banali (cioè non identicamente nulle) del problema (4.9). Imponendo le condizioni al bordo v(0) = v(L) = 0 si verifica facilmente che se λ ≥ 0 allora necessariamente C 1 = C 2 = 0, dunque tutte soluzioni banali. Nel caso invece λ = −k 2 la condizione v(0) = 0 implica C 1 = 0, cosicché v(x) = C 2 sin(kx) e per avere soluzioni non banali (cioè ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.2 I L METODO DI F OURIER 53 con C 2 6= 0) è necessario che sin(kL) = 0, ovvero che k = ± nπ L con n intero positivo. In definitiva, il problema agli autovalori (4.9) possiede il seguente insieme infinito di soluzioni, ³ nπ ´ π2 n 2 λn = − 2 , v n (x) = sin x , n = 1, 2, . . . , L L nπ dove abbiamo considerato solo il caso k = nπ L poiché k = − L non fornisce altre soluzioni del problema essendo sin(− nπ L x) = −v n (x). Osserviamo che il sistema di funzioni {v n (x)}n≥1 su [0, L] è ortogonale rispetto al prodotto scalare tra funzioni definito da Z L 〈u, v〉 := dx u(x)v(x). (4.11) 0 Infatti, da un calcolo esplicito, 〈v n , v k 〉 = L δn,k , 2 2 d Tale proprietà di ortogonalità è legata al fatto che l’operatore dx 2 è simmetrico rispetto al prodotto scalare (4.11) nello spazio lineare delle funzioni due volte derivabili con continuità su [0, L] che si annullano al bordo. Infatti, per una qualsiasi coppia u, v di tali funzioni, integrando per parti, 00 ® ® ® u , v = u 0 (L)v(L) − u 0 (0)v(0) − u 0 , v 0 = − u 0 , v 0 ® ® (4.12) = u(L)v 0 (L) − u(0)v 0 (0) − u 0 , v 0 = u, v 00 . Cerchiamo allora la soluzione formale del problema (4.8) nella forma X u(x, t ) = Wn (t )v n (x), n≥1 cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte. Sostituendo nell’equazione della corda si ha X X n 2 π2 c 2 Wn (t )v n (x). Ẅn (t )v n (x) = − L2 n≥1 n≥1 Fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri per v k (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥1 , segue che deve aversi kπc , L che è l’equazione di un oscillatore armonico, il cui integrale generale è Ẅk (t ) = −ω2k Wk (t ), ωk := Wn (t ) = A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t ), con A n , B n costanti arbitrarie. Pertanto ³ nπ ´ X u(x, t ) = x . [A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] sin L n≥1 (4.13) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 54 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Per determinare i coefficienti A n e B n dobbiamo imporre le condizioni iniziali. Poiché ³ nπ ´ X ∂u (x, t ) = x , [−A n ωn sin(ωn t ) + B n ωn cos(ωn t )] sin ∂t L n≥1 dobbiamo richiedere che ³ nπ ´ X g (x) = u(x, 0) = A n sin x , L n≥1 h(x) = ³ nπ ´ X ∂u (x, 0) = B n ωn sin x . ∂t L n≥1 Nuovamente, fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri delle precedenti relazioni per v k (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥1 , segue che deve aversi µ ¶ µ ¶ Z Z L kπ kπ 2 2 L dx g (x) sin x , Bk = dx h(x) sin x . Ak = L 0 L ωk L 0 L Se indichiamo con g̃ (x) ed h̃(x) le funzioni 2L-periodiche ottenute prolungando rispettivamente g (x) ed h(x) per disparità all’intervallo [−L, L] e quindi per periodicità, si ha ovviamente ³ nπ ´ ³ nπ ´ X X g̃ (x) = A n sin x , h̃(x) = x ∀ x ∈ R, B n ωn sin L L n≥1 n≥1 con A n , B n che possono scriversi anche nella forma Z Z L ³ nπ ´ ³ nπ ´ 1 1 L dx g̃ (x) sin dx h̃(x) sin x , Bn = x . An = L −L L ωn L −L L Altrimenti detto, A n e ωn B n sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in serie di seni delle funzioni periodiche e dispari g̃ e h̃. Affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindi una soluzione classica del problema è sufficiente che sia X (|A n | + |B n |) n 2 < +∞. (4.14) n≥1 Infatti ciascun termine di tale serie numerica domina, a meno di un fattore costante ininfluente, il modulo del corrispondente termine delle serie di funzioni ottenute derivando termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) la soluzione formale u(x, t ). Dall’Osservazione 4.1 sappiamo che una condizione sufficiente perché sussista la (4.14) è che siano g̃ ∈ C 3 (R) e h̃ ∈ C 2 (R), ovvero che g ∈ C 3 ([0, L]), h ∈ C 2 ([0, L]) ed inoltre g (0) = g (L) = 0, g 00 (0) = g 00 (L) = 0, h(0) = h(L) = 0, h 00 (0) = h 00 (L) = 0. Si osservi che occorre assumere una regolarità dei dati iniziali maggiore rispetto a quella richiesta nel metodo delle riflessioni. Ciò poiché cerchiamo la soluzione u nella forma di una serie due volte derivabile termine a termine, dunque con regolarità maggiore della semplice richiesta che u ∈ C 2 ((0, L) × R+ ) sia una soluzione classica. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.2 I L METODO DI F OURIER 55 O SSERVAZIONE 4.4. La formula (4.13) afferma che la soluzione dell’equazione della corda vibrante con estremi fissi si scrive come la sovrapposizione di infinite soluzioni particolari della forma ! à ³ nπ ´ Nn cos ϕn = A n u n (x, t ) = Nn cos(ωn t + ϕn ) sin x dove Nn sin ϕn = −B n L in cui riconosciamo un’onda stazionaria armonica di numero d’onda k n = nπ L e frequenza angolare ωn . Se la corda evolve secondo u n (x, t ), ciascun punto ¯ ¡ ¢¯ ¯ oscilla armonicamente con uguale fase ed ampiezza ¯Nn cos nπ L x , in modo tale che tra i nodi dell’onda armonica (cioè i punti x in cui u n (x, t ) = 0 per ogni t ) ci sono sempre gli estremi della corda. Dunque la soluzione generica si scrive come somma di un numero finito o infinito di onde armoniche stazionarie (o semplicemente armoniche), tra le quali distinguiamo la fondamentale u 1 (x, t ) di frequenza ω1 e le successive u n (x, t ), n ≥ 2, di frequenza ωn = nω1 (ad esempio u 2 (x, t ) è l’ottava della fondamentale). Il metodo di Fourier mette così in evidenza il carattere oscillatorio della propagazione ondosa, in particolare l’esistenza di infinite vibrazioni proprie di cui è costituita una generica vibrazione. È l’analogo della decomposizione in modi normali delle piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio stabile in un sistema meccanico con un numero finito di gradi di libertà. Per inciso, si ricordi che l’equazione della corda vibrante è stata derivata proprio nell’approssimazione delle piccole oscillazioni. O SSERVAZIONE 4.5. Abbiamo già notato che le autofunzioni v n (x) sono definite a meno di una costante moltiplicativa. In particolare, possiamo fissare tale costante in modo che esse abbiano norma unitaria rispetto al prodotto scalare definito in (4.11). Poniamo cioè r ³ nπ ´ 2 sin x , e n (x) = L L cosicché 〈e n , e k 〉 = δn,k . Scriviamo quindi l’integrale generale del problema nella forma X u(x, t ) = Wn (t ) e n (x). n≥1 Chiaramente le funzioni Wn (t ) sono sempre moti armonici di pulsazione ωn (la differenza nella scelta di e n (x) in luogo di v n (x) emerge solo quando si impongono le condizioni iniziali). Esiste ora un legame immediato tra l’energia meccanica di tali oscillatori e quella della corda vibrante. Precisamente, · µ ¶2 µ ¶ ¸ Z L X 1 ∂u c 2 ∂u 2 E (t ) = dx + = E n (t ), 2 ∂t 2 ∂x 0 n≥1 con ω2 1 E n (t ) = Ẇn (t )2 + n Wn (t )2 2 2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 56 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER l’energia dell’oscillatore n-esimo. In effetti, ¿ À ¿ À 1 ∂u ∂u c 2 ∂u ∂u E (t ) = + , , 2 ∂t ∂t 2 ∂x ∂x · ¸ X 1 0 0® c2 = Ẇn Ẇk 〈e n , e k 〉 + Wn Wk e n , e k , 2 n,k≥1 2 da cui segue il risultato poiché 〈e n , e k 〉 = δn,k , ® ® ω2 e n0 , e k0 = − e n00 , e k = −λn 〈e n , e k 〉 = 2n δn,k . c E SERCIZIO 4.1. Stabilire se esistono condizioni iniziali per il problema di Cauchy-Dirichlet (4.8) che danno luogo a moti periodici nel tempo (ovvero se esistono soluzioni u(x, t ) non nulle tali che u(x, t ) = u(x, t + T ) per un qualche T > 0 e per ogni x, t ). E SERCIZIO 4.2. Determinare la soluzione del seguente problema di CauchyDirichlet omogeneo, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in (0, L) × R+ , ∂t 2 ∂x 2 µ ¶ µ ¶ 3π ∂u 5π u(x, 0) = 3 sin x , (x, 0) = sin x per x ∈ [0, L], L ∂t L u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. Inoltre, se è una soluzione periodica nel tempo, stabilirne il periodo. E SERCIZIO 4.3. Verificare che le soluzioni del problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo trovate con il metodo delle riflessioni e con il metodo di Fourier coincidono (almeno formalmente). Altrimenti detto, verificare che i membri di destra delle (3.23) e (4.13) coincidono per assegnati dati iniziali g ed h. 4.3. Esempi di applicazione del metodo di Fourier 4.3.1. Problema di Cauchy-Neumann omogeneo. Consideriamo il problema di Cauchy-Neumann omogeneo, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in (0, L) × R+ , ∂x 2 ∂t 2 ∂u (4.15) (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], u(x, 0) = g (x), ∂t ∂u (0, t ) = 0, ∂u (L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x ∂x In questo caso il problema agli autovalori associato consiste nel determinare aud2 tovalori e relative autofunzioni dell’operatore dx 2 sull’intervallo [0, L] con condizioni al bordo di Neumann omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER 57 tali che ( v 00 (x) = λv(x) se x ∈ (0, L), 0 0 v (0) = v (L) = 0. (4.16) Per risolvere il problema (4.16) partiamo dall’integrale generale (4.10) da cui si ricava p p ¢ p ¡ λx −C 2 e− λx se λ > 0, λ C1e v 0 (x) = C 2 se λ = 0, ¤ £ k −C 1 sin(kx) +C 2 cos(kx) se λ = −k 2 < 0. Cerchiamo soluzioni non banali (cioè non identicamente nulle) del problema (4.16). Imponendo le condizioni al bordo v 0 (0) = v 0 (L) = 0 si verifica facilmente che se λ > 0 allora necessariamente C 1 = C 2 = 0, dunque tutte soluzioni banali. Nel caso λ = 0 abbiamo C 2 = 0 e C 1 arbitrario. Infine, se λ = −k 2 la condizione v 0 (0) = 0 implica C 2 = 0, cosicché v(x) = C 1 cos(kx) e per avere soluzioni non banali (cioè con C 1 6= 0) è necessario che sin(kL) = 0, ovvero che k = ± nπ L con n intero positivo. In definitiva il problema agli autovalori (4.16) possiede il seguente insieme infinito di soluzioni, λn = − π2 n 2 , L2 v n (x) = cos ³ nπ ´ x , L n = 0, 1, 2, . . . , dove ora è incluso l’autovalore nullo λ0 = 0 che ha come autofunzione non banπ nale v 0 (x) = 1. Abbiamo considerato solo il caso k = nπ L poiché k = − L non fornisce altre soluzioni del problema essendo cos(− nπ L x) = v n (x). Osserviamo che il sistema di funzioni {v n (x)}n≥0 su [0, L] è ortogonale rispetto al prodotto scalare (4.11). Infatti, da un calcolo esplicito, 〈v n , v k 〉 = L δn,k (1 + δn,0 ). 2 2 d Anche in questo caso, l’ortogonalità è legata alla simmetria dell’operatore dx 2 sullo spazio lineare delle funzioni due volte derivabili con continuità su [0, L] e soddisfacenti condizioni di Neumann omogenee al bordo. Infatti l’indentità (4.12) sussiste anche per una coppia di tali funzioni. Possiamo ora procedere come nel caso del problema di Dirichlet. Cerchiamo la soluzione formale del problema (4.15) nella forma X 1 u(x, t ) = W0 (t ) + Wn (t )v n (x), 2 n≥1 cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte. Sostituendo nell’equazione della corda si ha X X n 2 π2 c 2 1 Ẅ0 (t ) + Ẅn (t )v n (x) = − Wn (t )v n (x). 2 L2 n≥1 n≥0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 58 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Fissato un qualunque intero k ≥ 0, moltiplicando ambo i membri per v k (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥0 , segue che deve aversi kπc , L che è l’equazione di un oscillatore armonico se k ≥ 1 e del moto libero se k = 0. Pertanto ³ nπ ´ X 1 u(x, t ) = (A 0 + B 0 t ) + x . [A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] cos 2 L n≥1 Ẅk (t ) = −ω2k Wk (t ), ωk := Per determinare i coefficienti A n e B n dobbiamo imporre le condizioni iniziali. Poiché ³ nπ ´ X ∂u 1 (x, t ) = B 0 + x [−A n ωn sin(ωn t ) + B n ωn cos(ωn t )] cos ∂t 2 L n≥1 dobbiamo richiedere che ³ nπ ´ X 1 A n cos x , g (x) = A 0 + 2 L n≥1 ³ nπ ´ X 1 h(x) = B 0 + B n ωn cos x . 2 L n≥1 Nuovamente, fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri delle precedenti relazioni per v k (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥0 , segue che deve aversi µ ¶ Z 2 L kπ Ak = dx g (x) cos x , k ≥ 0, L 0 L Z L 2 dx h(x) se k = 0, µ ¶ Bk = L 0 Z L kπ 2 dx h(x) cos x se k ≥ 1. ωk L 0 L Se indichiamo con g̃ (x) ed h̃(x) le funzioni 2L-periodiche ottenute prolungando rispettivamente g (x) ed h(x) per parità all’intervallo [−L, L] e quindi per periodicità, si ha ovviamente ³ nπ ´ X 1 g̃ (x) = A 0 + A n cos x ∀ x ∈ R, 2 L n≥1 ³ nπ ´ X 1 h̃(x) = B 0 + B n ωn cos x ∀ x ∈ R, 2 L n≥1 con A n , B n che possono scriversi anche nella forma Z ³ nπ ´ 1 L An = dx g̃ (x) cos x , n ≥ 0, L −L L Z L 1 dx h̃(x) se n = 0, B n = L −LZ L ³ ´ 1 nπ dx h̃(x) cos x se n ≥ 1. ωn L −L L ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER 59 Altrimenti detto, A n e B 0 , ωn B n sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in serie di coseni delle funzioni periodiche e pari g̃ e h̃. Anche in questo caso, affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindi una soluzione classica del problema è sufficiente che sia soddisfatta la condizione (4.14). Infatti ciascun termine di tale serie numerica domina, a meno di un fattore costante ininfluente, il modulo del corrispondente termine delle serie di funzioni ottenute derivando termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) la soluzione formale u(x, t ). Dall’Osservazione 4.1 sappiamo che una condizione sufficiente perché sussista la (4.14) è che siano g̃ ∈ C 3 (R) e h̃ ∈ C 2 (R), ovvero che g ∈ C 3 ([0, L]), h ∈ C 2 ([0, L]) ed inoltre g 0 (0) = g 0 (L) = 0, g 000 (0) = g 000 (L) = 0, h 0 (0) = h 0 (L) = 0. Notiamo che, analogamente al caso del problema di Cauchy-Dirichlet, poiché cerchiamo la soluzione u nella forma di una serie due volte derivabile termine a termine, occorre assumere una regolarità dei dati iniziali maggiore rispetto a quanto richiesto nel metodo delle riflessioni. E SERCIZIO 4.4. Risolvere, con il metodo di Fourier, il problema di Cauchy con condizioni periodiche per l’equazione delle onde, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in R × R+ , ∂t 2 ∂x 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ R, ∂t u(x, t ) = u(x + L, t ) per x ∈ R, t ≥ 0. 4.3.2. Vibrazioni forzate. Studiamo ora le vibrazioni forzate di una corda, ad esempio con estremi fissati, dunque il problema di Cauchy-Dirichlet, 2 2 ∂ u 2∂ u = c +f in (0, L) × R+ , ∂t 2 ∂x 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. Come nel caso della corda infinita, è sufficiente determinare la soluzione particolare corrispondente a dati iniziali nulli, poiché il problema con g ed h generici si ottiene sommando a tale soluzione quella del problema non forzato con i suddetti dati iniziali. Pertanto studiamo il problema 2 2 ∂ u 2∂ u = c +f in (0, L) × R+ , 2 ∂t ∂x 2 ∂u (4.17) (x, 0) = 0 per x ∈ [0, L], u(x, 0) = 0, ∂t u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 60 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Come nel caso delle vibrazioni libere, cerchiamo la soluzione nella forma di uno sviluppo in serie di seni, ³ nπ ´ X u(x, t ) = Wn (t ) sin x . L n≥1 Supponiamo inoltre che sia ben definito lo sviluppo in serie di seni della forzante, Z ³ nπ ´ ³ nπ ´ X 2 L f (x, t ) = f n (t ) sin x , f n (t ) = dy f (y, t ) sin y L L 0 L n≥1 (quindi lo sviluppo del prolungamento dispari di f (x, t ) su [−L, L]). Sostituendo nell’equazione si ha ¸ ³ nπ ´ ³ nπ ´ X · n 2 π2 c 2 X x = − W (t ) + f (t ) sin x , Ẅn (t ) sin n n L L2 L n≥1 n≥1 cui vanno aggiunte le condizioni iniziali ³ nπ ´ X ³ nπ ´ X Wn (0) sin x = x = 0. Ẇn (0) sin L L n≥1 n≥1 Per l’unicità dello sviluppo di Fourier concludiamo che le {Wn (t )}n≥1 devono soddisfare le equazioni ( Ẅn (t ) = −ω2n Wn (t ) + f n (t ) nπc , ωn := L Wn (0) = Ẇn (0) = 0 in cui riconosciamo degli oscillatori armonici di frequenze ωn con forzante f n (t ). Anche in questo caso di un’equazione differenziale ordinaria possiamo ottenerne la soluzione con il metodo di Duhamel (in questo ambito detto “metodo della variazione delle costanti”). Consideriamo pertanto i problemi omogenei ( Ẅ (t ) = −ω2n W (t ) t > s, W (s) = 0 Ẇ (s) = f n (s) s ≥ 0, la cui soluzione è Wn (t ; s) = f n (s) sin[ωn (t − s)]. ωn La soluzione cercata è allora Z t Z t 1 Wn (t ) = ds Wn (t ; s) = ds f n (s) sin[ωn (t − s)], ωn 0 0 ovvero, ricordando la definizione di f n (t ), Z t Z L ³ nπ ´ 2 Wn (t ) = y sin[ωn (t − s)]. ds dy f (y, t ) sin ωn L 0 L 0 Il metodo si applica ovviamente anche in problemi con differenti condizioni al P bordo omogenee, cercando la soluzione nella forma u(x, t ) = n Wn (t )v n (x), con {v n (x)} il sistema di autofunzioni del corrispondente problema agli autovalori. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER 61 E SERCIZIO 4.5. Studiare le vibrazioni forzate di una corda finita con condizioni di Neumann omogenee agli estremi, 2 2 ∂ u 2∂ u = c +f in (0, L) × R+ , ∂x 2 ∂t 2 ∂u u(x, 0) = (x, 0) = 0 per x ∈ [0, L], ∂t ∂u ∂u (0, t ) = (L, t ) = 0 per t ≥ 0, ∂x ∂x E SERCIZIO 4.6. Calcolare la soluzione esplicita del problema di Cauchy-Neu¡ ¢ mann dell’Esercizio 4.5 nel caso in cui la forzante è f = f (x, t ) = 1 + e−t cos πL x . 4.3.3. Problema misto. Consideriamo il problema di Cauchy misto omogeneo, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in (0, L) × R+ , ∂x 2 ∂t 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], ∂t ∂u (0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x In questo caso il problema agli autovalori associato consiste nel determinare aud2 tovalori e relative autofunzioni dell’operatore dx 2 sull’intervallo [0, L] con condizioni miste omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) tali che ( v 00 (x) = λv(x) se x ∈ (0, L), 0 v (0) = v(L) = 0. Ragionando come nei casi precedenti è facile verificare che le uniche soluzioni non banali si hanno se λ = −k 2 < 0. In tal caso l’integrale generale è v(x) = C 1 cos(kx) + C 2 sin(kx), per cui le condizioni v 0 (0) = v(L) = 0 si scrivono C 2 = 0 e C 1 cos(kL) = 0, da cui si ricava che si hanno soluzioni non banali (C 1 6= 0) solo se , n = 0, 1, 2, . . .. In definitiva, scartando al solito i cos(kL) = 0, ovvero k = ± (2n+1)π 2L valori negativi di k cha non danno luogo ad ulteriori soluzioni, µ ¶ π2 (2n + 1)2 (2n + 1)π λn = − , v (x) = cos x , n = 0, 1, 2, . . . n 4L 2 2L A questo punto si procede analogamente ai casi precedenti, per cui, posto ωn = (2n+1)πc , la soluzione si cerca nella forma 2L µ ¶ X (2n + 1)π u(x, t ) = x , [A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] cos 2L n≥0 dove i coefficienti A n e B n sono fissati dai dati iniziali, ovvero devono soddisfare µ µ ¶ ¶ X X (2n + 1)π (2n + 1)π g (x) = A n cos x , h(x) = B n ωn cos x . 2L 2L n≥0 n≥0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 62 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Notiamo che ora le somme a destra sono delle funzioni 4L-periodiche. Precisamente, se indichiamo con g̃ (x) ed h̃(x) le funzioni 4L-periodiche ottenute prolungando rispettivamente g (x) ed h(x) per parità all’intervallo [−L, L], quindi per disparità all’intervallo [−L, 3L] ed infine per periodicità, si ha ovviamente, per ogni x ∈ R, µ ¶ µ ¶ X X (2n + 1)π (2n + 1)π g̃ (x) = A n cos x , h̃(x) = B n ωn cos x , 2L 2L n≥0 n≥0 con L ¶ ¶ µ Z 1 2L (2n + 1)π (2n + 1)π x = x , dx g̃ (x) cos 2L 2L −2L 2L 0 µ µ ¶ ¶ Z L Z 2L (2n + 1)π (2n + 1)π 2 1 dx h(x) cos dx h̃(x) cos Bn = x = x . ωn L 0 2L 2ωn L −2L 2L An = 2 L Z µ dx g (x) cos Altrimenti detto, A n e ωn B n sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in serie di coseni delle funzioni g̃ e h̃, 4L periodiche, pari attorno a x = 0 e dispari attorno a x = L. Affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindi una soluzione classica del problema è sufficiente che siano g̃ ∈ C 3 (R) e h̃ ∈ C 2 (R), ovvero che g ∈ C 3 ([0, L]), h ∈ C 2 ([0, L]) ed inoltre g 0 (0) = g 000 (0) = 0, g (L) = g 00 (L) = 0, h 0 (0) = 0, h(L) = h 00 (L) = 0. 4.3.4. Condizioni al bordo non omogenee. Il metodo di Fourier, al pari di quello delle riflessioni, si applica al caso di condizioni al bordo omogenee. D’altra parte in taluni casi è possibile ricondurre un problema con dati al bordo non omogenei al caso di dati omogenei. Precisamente, consideriamo condizioni al bordo indipendenti dal tempo del tipo i) u(0, t ) = a, u(L, t ) = b; ∂u ii) u(0, t ) = a, (L, t ) = β; ∂x ∂u iii) (0, t ) = α, u(L, t ) = b; ∂x ∂u ∂u iv) (0, t ) = α, (L, t ) = β. ∂x ∂x e cerchiamo una soluzione stazionaria ū(x) dell’equazione delle onde omogenea, dunque ū 00 (x) = 0. Essendo ū(x) = c 1 + c 2 x l’integrale generale, troviamo un’unica ū(x) nei casi i), ii), iii), mentre nel caso iv) ne troviamo infinite per α = β e nessuna per α 6= β. Nei casi in cui esiste ū(x) possiamo considerare la funzione U (x, t ) = u(x, t )− ū(x), che risolve il problema con dati al bordo omogenei e dati iniziali U (x, 0) = g (x) − ū(x), ∂U ∂t (x, 0) = h(x). Determinata U (x, t ) con il metodo di Fourier troviamo infine la soluzione u(x, t ) del problema con dati al bordo non omogenei. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER 63 E SERCIZIO 4.7. Determinare la soluzione del seguente problema di Cauchy misto con dati al bordo non omogenei, 2 2 ∂ u 2∂ u = c in (0, L) × R+ , 2 ∂x 2 µ ¶ ∂t ³π ´ ∂u 3π u(x, 0) = x − L + cos x , (x, 0) = cos x per x ∈ [0, L], 2L ∂t 2L ∂u (0, t ) = 1, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x 4.3.5. Equazione delle onde generalizzata. Cauchy-Dirichlet, 2 2 ∂ u 2∂ u = c − γu ∂t 2 ∂x 2 ∂u u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) ∂t u(0, t ) = u(L, t ) = 0 Consideriamo il problema di in (0, L) × R+ , (4.18) per x ∈ [0, L], per t ≥ 0, 2 d con γ > 0 (cfr. l’Eq. (3.8)). Osserviamo che l’operatore differenziale dx 2 + α Id (α ∈ R) con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee ammette lo stesso sid2 stema di autofunzioni dell’operatore dx 2 , semplicemente con autovalori traslati di α. Cerchiamo pertanto anche in questo caso la soluzione u(x, t ) come sovrapposizione di seni, ³ nπ ´ X u(x, t ) = Wn (t ) sin x . L n≥1 Sostituendo nell’equazione del moto si ha ¸ ³ nπ ´ X · ³ nπc ´2 ³ nπ ´ X Ẅn (t ) sin x = − γ Wn (t ) sin x , − L L L n≥1 n≥1 da cui, per l’ortogonalità dei seni, deve aversi, per ciascun intero n ≥ 1, ·³ ¸ nπc ´2 Ẅn (t ) = − + γ Wn (t ), L che è ancora un sistema di oscillatori armonici. Dunque ³ nπ ´ X u(x, t ) = x , [A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] sin L n≥1 q¡ ¢ nπc 2 dove ωn = + γ, mentre i coefficienti sono determinati dai dati iniziali, L 2 An = L L Z 0 ³ nπ ´ dx g (x) sin x , L 2 Bn = ωn L L Z dx h(x) sin 0 ³ nπ ´ x . L La differenza principale con il caso γ = 0 dell’equazione d’onda non generalizzata è che ora le armoniche in generale non sono più tra loro commensurabili n (ovvero ω ωk ∉ Q per n 6= k). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 64 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER E SERCIZIO 4.8. Determinare la soluzione del seguente problema di CauchyDirichlet, 2 2 ∂ u ∂u 2∂ u = c − γu − β in (0, L) × R+ , 2 ∂t 2 ∂x ∂t ∂u (4.19) (x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L], u(x, 0) = g (x), ∂t u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0, con γ, β > 0 (cfr. l’Esercizio 3.1). Dimostrare inoltre che lim u(x, t ) = 0. t →+∞ β [Suggerimento: Cercare la soluzione nella forma u(x, t ) = e− 2 t U (x, t ).] 4.4. Soluzione degli esercizi S OLUZIONE E S . 4.2. Dalla teoria sappiamo che la soluzione del problema si scrive nella forma ³ nπ ´ X x , u(x, t ) = [A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] sin L n≥1 dove 2 An = L L Z 0 ³ nπ ´ dx g (x) sin x , L 2 Bn = ωn L L Z dx h(x) sin 0 ³ nπ ´ x , L ∂u ∂t (x, 0) e ωn con g (x) = u(x, 0), h(x) = = (nπc)/L. Nel caso in esame le funzioni g ed h sono proporzionali rispettivamente alla terza ed alla quinta armonica, per cui solo i coefficienti A 3 e B 5 sono diversi da zero. Più precisamente, utilizzando la formule di ortogonalità delle autofunzioni, µ ¶ Z ³ nπ ´ 6 L 3π 2 L dx 3 sin An = x sin x = δn,3 = 3δn,3 , L 0 L L L2 µ ¶ Z L ³ nπ ´ 2 5π 2 L 1 L Bn = dx sin x sin x = δn,5 = δn,5 = δn,5 . ωn L 0 L L ωn L 2 ω5 5πc Pertanto la soluzione del problema è ¶ µ ¶ µ 3π 5π u(x, t ) = A 3 cos(ω3 t ) sin x + B 5 sin(ω5 t ) sin x L L µ ¶ µ ¶ µ ¶ µ ¶ 3πc 3π L 5πc 5π = 3 cos t sin x + sin t sin x . L L 5πc L L La soluzione è periodica ed il suo periodo, ovvero il più piccolo T > 0 per cui u(x, t ) = u(x, t + T ), è T = 2L/c. S OLUZIONE E S . 4.5. Cercando la soluzione nella forma ³ nπ ´ W0 (t ) X u(x, t ) = + Wn (t ) cos x , 2 L n≥1 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.4 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI 65 e supponendo che sia ben definito lo sviluppo in serie di coseni della forzante, Z ³ nπ ´ ³ nπ ´ f 0 (t ) X 2 L f (x, t ) = + f n (t ) cos x , f n (t ) = dy f (y, t ) cos y , 2 L L 0 L n≥1 si trova che le {Wn (t )}n≥0 devono soddisfare le equazioni ( Ẅn (t ) = −ω2n Wn (t ) + f n (t ) nπc , ωn := L Wn (0) = Ẇn (0) = 0 da cui Wn (t ) = Z t ds (t − s) f 0 (s) 0 se n = 0, Z t 1 ds sin[ωn (t − s)] f n (s) se n ≥ 1. ωn 0 S OLUZIONE E S . 4.6. Nel caso in esame f (x, t ) è la somma di una costante e di una funzione proporzionale alla prima armonica, per cui solo i coefficienti f 0 (t ) e f 1 (t ) sono diversi da zero. Più precisamente, utilizzando la formule di ortogonalità delle autofunzioni, Z h ³ π ´i ³ nπ ´ 2 L f n (t ) = dx 1 + e−t cos x cos x = 2δn,0 + e−t δn,1 , L 0 L L ovvero, più esplicitamente, f n (t ) = 2 se n = 0, e−t 0 se n = 1, se n ≥ 2. Pertanto Wn (t ) = t2 1 Z ω1 0 se n = 0, t 0 ds sin[ω1 (t − s)]e−s se n = 1, se n ≥ 2. L’integrale che determina W1 (t ) si può calcolare nel modo seguente. Eseguendo la sostituzione τ = t − s si ha Z Z 1 t e−t t −s ds sin[ω1 (t − s)]e = dτ eτ sin(ω1 τ). ω1 0 ω1 0 D’altra parte, t Z 0 e(1+iω1 )t − 1 1 + iω1 0 t t e sin(ω1 t ) − ω1 e cos(ω1 t ) + ω1 dτ eτ sin(ω1 τ) = ℑ = Z t dτ e(1+iω1 )τ = ℑ 1 + ω21 . ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 66 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Pertanto, 1 ω1 t Z 0 ds sin[ω1 (t − s)]e −s = 1 1 + ω21 · ¸ 1 −t sin(ω1 t ) − cos(ω1 t ) + e . ω1 In conclusione, ricordando che ω1 = πc/L, la soluzione del problema è · ¸ ³ πc ´ ³ πc ´ ³π ´ t2 L2 L −t u(x, t ) = + 2 sin t − cos t + e cos x . 2 L + π2 c 2 πc L L L S OLUZIONE E S . 4.7. Vogliamo ricondurci ad un problema misto con dati al bordo omogenei che sappiamo risolvere con il metodo di Fourier. A tal scopo è sufficiente cercare la soluzione nella forma u(x, t ) = ū(x) + v(x, t ), dove ū è la soluzione del problema stazionario con i dati al bordo non omogenei assegnati, ovvero ū risolve ( ū 00 (x) = 0 in (0, L), 0 ū (0) = 1, ū(L) = 0. Infatti ū è nota, essendo il segmento di retta di coefficiente angolare pari ad uno e passante per il punto (L, 0), dunque ū(x) = x − L, mentre la funzione incognita v(x, t ) è soluzione del problema misto omogeneo 2 2 ∂ v 2∂ v = c in (0, L) × R+ , 2 ∂x 2³ µ ¶ ∂t ´ π ∂v 3π v(x, 0) = cos x , (x, 0) = cos x per x ∈ [0, L], 2L ∂t 2L ∂v (0, t ) = 0, v(L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x Da quanto visto nella sottosezione 4.3.3 sappiamo che la soluzione di questo problema si scrive nella forma ¶ µ X (2n + 1)π v(x, t ) = x , [A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] cos 2L n≥0 dove L ¶ (2n + 1)π x , dx g (x) cos 2L 0 ¶ µ Z L 2 (2n + 1)π Bn = x , dx h(x) cos ωn L 0 2L 2 An = L Z µ con g (x) = v(x, 0), h(x) = ∂v ∂t (x, 0) e ωn = (2n + 1)πc/(2L). Poiché nel nostro caso le funzioni g ed h sono proporzionali rispettivamente all’armonica per n = 0 ed n = 1, solo i coefficienti A 0 e B 1 sono diversi da zero, precisamente A 0 = 1 e B 1 = ω−1 1 . Dunque µ ¶ ³π ´ 1 3π v(x, t ) = cos(ω0 t ) cos x + sin(ω1 t ) cos x . 2L ω1 2L ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 4.4 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI 67 In conclusione la soluzione del problema è µ ¶ µ ¶ ³ πc ´ ³ π ´ 2L 3πc 3π u(x, t ) = x − L + cos t cos x + sin t cos x . 2L 2L 3πc 2L 2L β S OLUZIONE E S . 4.8. Cerchiamo la soluzione nella forma u(x, t ) = e− 2 t U (x, t ) e riscriviamo il problema nella funzione incognita U (x, t ). Si ha β ∂U β β ∂u = − e− 2 t U + e− 2 t , ∂t 2 ∂t 2 β β ∂2 u β2 − β t − t ∂U −2t ∂ U 2 U − βe 2 = , e + e ∂t 2 4 ∂t ∂t 2 β ∂2U ∂2 u = e− 2 t . 2 ∂x ∂x 2 Si osservi che, in particolare, g (x) = u(x, 0) = U (x, 0), h(x) = ∂u β ∂U (x, 0) = − g (x) + (x, 0). ∂t 2 ∂t Sostituendo nel sistema (4.19), deduciamo che u(x, t ) è soluzione di (4.19) se e solo se U (x, t ) risolve il problema, 2 µ ¶ 2 β2 ∂U 2∂ U = c − γ − U in (0, L) × R+ , ∂t 2 ∂x 2 4 ∂U β U (x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) + g (x) per x ∈ [0, L], ∂t 2 U (0, t ) = U (L, t ) = 0 per t ≥ 0, che può essere risolto analogamente a quanto fatto per il problema (4.18). Cerchiamo quindi U (x, t ) come sovrapposizione di seni, ³ nπ ´ X U (x, t ) = Wn (t ) sin x , L n≥1 cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte ed il problema nelle Wn si separa. Infatti, sostituendo nell’equazione del moto si ha ¶ ³ nπ ´ X µ β2 n 2 π2 c 2 ³ nπ ´ X Ẅn (t ) sin x = − x , − γ W (t ) sin n L L2 L n≥1 n≥1 4 da cui, per l’ortogonalità dei seni, deve aversi, per ciascun intero n ≥ 1, Ẅn (t ) = βn Wn (t ), βn := β 2 n 2 π2 c 2 − − γ. 4 L2 La soluzione dell’equazione dipende dal segno di βn , precisamente, 2 A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t ) se βn = −ωn < 0, An + Bn t se βn = 0, Wn (t ) = p p βn t − βn t + Bn e se βn > 0. An e (4.20) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 68 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE : METODO DI F OURIER Le costanti A n e B n si determinano imponendo le condizioni iniziali e sono legate ai coefficienti dello sviluppo in serie di seni delle funzioni g (x) e h(x). Osserviamo che la condizione βn ≥ 0 si scrive β 2 n 2 π2 c 2 ≥ + γ. 4 L2 Pertanto essa può essere verificata al più da un numero finito di interi n, dopodiché tutti gli altri modi sono oscillatori armonici. Si osservi inoltre che laddove p βn > 0 si ha necessariamente βn < β/2, cosicché da (4.20) segue che se β > 0 allora ³ nπ ´ X −βt lim u(x, t ) = lim e 2 Wn (t ) sin x = 0. t →+∞ t →+∞ L n≥1 Quindi, in presenza di attrito, le oscillazioni della corda si smorzano ed essa tende all’equilibrio per t → +∞. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 5 Equazione delle onde in dimensione d > 1 5.1. Problemi ben posti e questioni di unicità L’equazione delle onde in dimensione d = 2, 3 è idonea a descrivere diversi fenomeni fisici, quali, ad esempio, le piccole vibrazioni di una membrana elastica attorno alla sua posizione di equilibrio, la propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto, o delle onde sonore in un fluido omogeneo. I tipici problemi ben posti cui si perviene sono l’analogo multidimensionale di quanto visto per le vibrazioni della corda. Formuliamo i tre problemi classici nel caso dell’equazione d’onda generalizzata. (1) Problema di Cauchy globale. La funzione incognita u = u(x, t ) è definita su tutto lo spazio, pertanto il problema corrispondente è 2 ∂ u = c 2 ∆u − γu + f in Rd × R+ , ∂t 2 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ Rd . ∂t (5.1) (2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Sia Ω ⊂ Rd un dominio regolare limitato con frontiera ∂Ω di classe C 1 . La funzione incognita u = u(x, t ) è soluzione dell’equazione d’onda su Q T = Ω × (0, T ) ed il suo valore a(x, t ) sulla frontiera di Ω è preassegnato. Il problema corrispondente è pertanto 2 ∂ u 2 in Q T , ∂t 2 = c ∆u − γu + f ∂u (5.2) u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ Ω, ∂t u(x, t ) = a(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ). (3) Problema di Cauchy-Neumann. Come in (2), con la differenza che viene assegnato il valore b(x, t ) della derivata normale della funzione incognita sulla frontiera di Ω. Ricordiamo che se ν = ν(x) è la normale esterna a Ω nel punto x ∈ ∂Ω, la derivata direzionale lungo ν della funzione u è ∂u (x) := ν · ∇u(x). (5.3) ∂ν 69 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 70 t ν T QT Ω Ω Rd F IGURA 5.1. Il dominio Ω, la normale esterna ν ed il cilindro Q T = Ω × (0, T ). Otteniamo così il problema 2 ∂ u = c 2 ∆u − γu + f in Q T , ∂t 2 ∂u (5.4) u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ Ω, ∂t ∂u (x, t ) = b(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ). ∂ν Per dimostrare l’unicità della soluzione classica dei problemi (5.2) e (5.4) possiamo utilizzare nuovamente la conservazione dell’energia. Precisamente, per ogni funzione u ∈ C 2 (Q T ) associamo l’energia al tempo t , · µ ¶2 ¸ Z c2 1 ∂u γ 2 2 + |∇u| + u . E (u, t ) = dx 2 ∂t 2 2 Ω Sussiste allora la seguente generalizzazione del Teorema 3.1. T EOREMA 5.1. Sia T > 0, Q T = Ω × (0, T ) ed u ∈ C 2 (Q T ) una soluzione dell’equazione omogenea ∂2 u (x, t ) = c 2 ∆u(x, t ) − γu(x, t ), (x, t ) ∈ Q T , (5.5) ∂t 2 con condizioni al bordo di Dirichlet indipendenti dal tempo oppure di Neumann omogenee. Allora E (u, t ) = E (u, 0) per ogni t ∈ [0, T ]. d D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo che dt E (u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Si ha, usando al solito il teorema di Schwarz, · µ ¶ µ ¶¸ Z d ∂u ∂2 u ∂u 2 E (u, t ) = dx + γu + c ∇u · ∇ . 2 dt ∂t ∂t ∂t Ω Ma per la I Formula di Green (vedi Sezione 6.5) con v = ∂u ∂t si ha, µ ¶ Z Z Z ∂u ∂u ∂u ∂u dx ∇u · ∇ = dσ − dx ∆u. ∂t ∂t ∂ν ∂t Ω ∂Ω Ω ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.1 P ROBLEMI BEN POSTI E QUESTIONI DI UNICITÀ 71 t (x 0 , t 0 ) Bc(t 0 − t) (x0 ) {t} C x 0 , t0 Rd F IGURA 5.2. Cono caratteristico retrogrado con vertice in (x 0 , t 0 ). Pertanto, d E (u, t ) = dt Z Ω dx ¶ µ Z ∂u ∂2 u ∂u ∂u 2 2 ∆u + γu + c dσ − c = 0. ∂t ∂t 2 ∂t ∂ν ∂Ω Ragionando esattamente come nella dimostrazione del Teorema 3.2 otteniamo il seguente risultato di unicità. T EOREMA 5.2. Per ogni T > 0, per fissati dati iniziali e al bordo, esiste al più una soluzione in C 2 (Q T ) dei problemi (5.2) e (5.4). Consideriamo ora il problema di Cauchy globale (5.1). Fissato un punto (x 0 , t 0 ) nello spazio-tempo, definiamo cono caratteristico retrogrado con vertice in (x 0 , t 0 ) l’insieme [ C x0 ,t0 = {(x, t ) : |x − x 0 | < c(t 0 − t ), t ∈ [0, t 0 ]} = B c(t0 −t ) (x 0 ) × {t }, t ∈[0,t 0 ] dove B r (z) = {x ∈ Rd : |x − z| < r } è la bolla di centro z e raggio r , vedi Figura 5.2 L EMMA 5.3. Sia u ∈ C 2 (Rd × [0, ∞)) una soluzione classica di ∂2 u = c 2 ∆u − γu ∂t 2 e poniamo · µ ¶2 ¸ c2 γ 2 1 ∂u 2 + |∇u| + u , e(t ) = dx 2 ∂t 2 2 B c(t0 −t ) (x 0 ) Z t ∈ [0, t 0 ]. Allora ė(t ) ≤ 0 per ogni t ∈ [0, t 0 ]. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 72 D IMOSTRAZIONE . Indichiamo con S r (z) la frontiera ∂B r (z) della bolla B r (z). Si ha, derivando ed usando la I Formula di Green come fatto in precedenza, · µ ¶2 ¸ 1 ∂u c2 γ + |∇u|2 + u 2 2 ∂t 2 2 0 S r (x 0 ) ¸ ·µ ¶2 Z ∂u c + c 2 |∇u|2 + γu 2 dσ =− 2 S c(t0 −t ) (x0 ) ∂t · µ ¶ µ ¶¸ Z ∂u ∂2 u ∂u 2 + dx + γu + c ∇u · ∇ 2 ∂t ∂t ∂t B c(t0 −t ) (x 0 ) · µ ¶2 ¸ Z c ∂u ∂u ∂u 2 2 2 = dσ 2c − − c |∇u| − γu . 2 S c(t0 −t ) (x0 ) ∂t ∂ν ∂t ė(t ) = d dt Z c(t 0 −t ) Z dr dσ Ma ¯ ¯ µ ¶2 µ ¶2 ¯ ∂u ¯ ∂u ∂u ∂u ∂u 2 2 ¯ ¯ 2c − − c |∇u| ≤ 2c ¯ ¯ |∇u| − − c 2 |∇u|2 ∂t ∂ν ∂t ∂t ∂t ¶2 µ¯ ¯ ¯ ∂u ¯ = − ¯¯ ¯¯ − c|∇u| ≤ 0, ∂t pertanto ė(t ) ≤ 0. T EOREMA 5.4. Esiste al più una soluzione in C 2 (Rd × [0, ∞)) del problema (5.1). D IMOSTRAZIONE . La differenza u = u 1 −u 2 di due soluzioni u 1 , u 2 dello stesso problema soddisfa l’equazione omogenea con dati iniziali nulli. Quindi ad u si applica il lemma precedente e si ricava ė(t ) ≤ 0 per ogni (x 0 , t 0 ); ma avendo dati iniziali nulli è anche e(0) = 0, da cui, essendo e(t ) ≥ 0, ricaviamo che e(t ) = 0 per ogni t ∈ [0, t 0 ]. Per continuità segue che u(x 0 , t 0 ) = 0 necessariamente. In verità abbiamo dimostrato un risultato più forte. Fissato (x 0 , t 0 ) siano u 1 , u 2 due soluzioni del problema (5.1) di dati iniziali g 1 , h 1 e g 2 , h 2 e forzanti f 1 , f 2 tali che g 1 (x) = g 2 (x), h 1 (x) = h 2 (x) f 1 (x, t ) = f 2 (x, t ) ∀ x ∈ B ct0 (x 0 ), ∀ (x, t ) ∈ C x0 ,t0 . Lo stesso argomento implica in questo caso che u 1 (x 0 , t 0 ) = u 2 (x 0 , t 0 ). Quindi la velocità di propagazione di un segnale (o perturbazione) è finita e stimata dal parametro c. Altrimenti detto, se modifichiamo dati iniziali e forzanti al di fuori del cono retrogrado di un punto (x 0 , t 0 ) la soluzione in quel punto rimane invariata. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.2 S EPARAZIONE DELLE VARIABILI PER PROBLEMI IN DOMINI LIMITATI 73 5.2. Separazione delle variabili per problemi in domini limitati Per risolvere il problema di Cauchy-Dirichlet (o Neumann-Dirichlet) omogeneo in un dominio limitato Ω con condizioni al bordo omogenee si può procedere (almeno formalmente) con il metodo di Fourier come fatto nel caso dell’equazione della corda finita. Per brevità limitiamoci a considerare il caso dell’equazione delle onde pura (γ = 0) ed omogenea ( f = 0). Si cerca pertanto la soluzione come espansione in un sistema di autofunzioni per il relativo problema agli autovalori. Tale problema è ovviamente ( ∆v = λv in Ω, per x ∈ ∂Ω, v(x) = 0 per il problema di Dirichlet, e ∆v = λv in Ω, ∂v (x) = 0 per x ∈ ∂Ω, ∂ν (5.6) (5.7) per il problema di Neumann. Se determiniamo un insieme numerabile {λn , v n (x)} di autofunzioni e autovalori possiamo provare a cercare la soluzione nella forma X u(x, t ) = Wn (t )v n (x), n con Wn (t ) soluzione di Ẅn (t ) = λn c 2Wn (t ). Le condizioni iniziali Wn (0), Ẇn (0) sono supposte essere determinate richiedendo che g (x) = u(x, 0) = X n Wk (0)v n (x), h(x) = X ∂u (x, 0) = Ẇn (0)v n (x). ∂t n Pur non entrando nella teoria generale sul problema agli autovalori, segnaliamo che sotto opportune ipotesi di regolarità sul dominio Ω è possibile dimostrare che entrambi i problemi (5.6) e (5.7) ammettono un sistema di autofunzioni e autovalori {v n (x), λn } con le seguenti proprietà: R (Dirichlet): 0 > λ1 > λ2 > . . . > λn → −∞, Ω dx v j (x)v k (x) = 0 se j 6= k. R (Neumann): 0 = λ0 > λ1 > λ2 > . . . > λn → −∞, v 0 (x) = 1, Ω dx v j (x)v k (x) = 0 se j 6= k. p In particolare, le Wn (t ) per n ≥ 1 sono oscillatori armonici di frequenza ωn = −λn c 2 . Inoltre, per l’ortogonalità delle autofunzioni, i dati iniziali Wn (0) e Ẇn (0) sono effettivamente determinati in termini di g e h, precisamente, R R dx hv n Ω dx g v n Wn (0) = R , Ẇn (0) = RΩ . 2 2 Ω dx v n Ω dx v n ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 74 Alcune delle proprietà sopra esposte seguono dal fatto che il laplaciano con le condizioni al bordo di Dirichlet/Neumann omogenee è un operatore simmetrico non positivo sullo spazio di Hilbert L 2 (Ω) delle funzioni su Ω a quadrato sommabile. Infatti, se la coppia ψ, φ ∈ C 2 (Ω) soddisfa le condizioni di Dirichlet omogenee oppure quelle di Neumann omogenee allora Z Z Z Z ∂φ − dx ∇ψ · ∇φ = − dx ∇ψ · ∇φ. dx ψ∆φ = dσ ψ ∂ν Ω Ω Ω ∂Ω Pertanto, riscrivendo la precedente identità invertendo i ruoli di φ, ψ, concludiamo che Z Z Z dx ψ∆φ = dx ∆ψφ = − dx ∇ψ · ∇φ, Ω Ω Ω R che dimostra la simmetria e la non positività (ovvero che Ω dx ψ∆ψ ≤ 0 per ogni ψ che soddisfa le condizioni di Dirichlet/Neumann omogenee). In particolare, se supponiamo esistere il sistema {λn , v n (x)}, deve aversi Z Z Z λn dx v n v k = dx ∆v n v k = − dx ∇v n · ∇v k ∀ n, k, Ω Ω Ω da cui R R i) (λn − λk ) Ω dx v n v k = 0, che implica Ω dx v n v k = 0 per n 6= k. R R ii) λn Ω dx v n2 = − Ω dx |∇v n |2 , che implica λn ≤ 0. Inoltre λn = 0 è possibile se e solo se v n è costante, che nel caso delle condizioni di Dirichlet implica la soluzione banale v n = 0, dunque l’assenza dell’autovalore nullo, mentre nel caso delle condizioni di Neumann l’autovalore λ0 = 0 con v 0 (x) = 1 è presente. Concludiamo la sezione con l’analisi delle vibrazioni libere di una membrana rettangolare, in cui il metodo di separazione delle variabili permette di calcolare la soluzione formale del problema in modo esplicito. Precisamente, consideriamo il problema di Cauchy-Dirichlet, 2 ∂ u 2 in Ω × R+ , ∂t 2 = c ∆u ∂u (5.8) u(x, 0) = g (x), (x, 0) = h(x) per x ∈ Ω, ∂t u(x, t ) = 0 per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, ∞), dove Ω = {x ∈ R2 : x 1 ∈ (0, L 1 ), x 2 ∈ (0, L 2 )} con L 1 , L 2 > 0 assegnati. Dobbiamo quindi cercare tutte le soluzioni (λ,V ) del problema agli autovalori, ( ∆V (x) = λV (x) se x ∈ Ω, (5.9) V (x) = 0 se x ∈ ∂Ω. Cerchiamo anche la soluzione di tale problema per separazione delle variabili. Se V (x) = X (x 1 )Y (x 2 ) è soluzione allora ( X 00 (x 1 )Y (x 2 ) + X (x 1 )Y 00 (x 2 ) = λX (x 1 )Y (x 2 ), X (0) = X (L 1 ) = Y (0) = Y (L 2 ) = 0. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.3 F ORMULA DI K IRCHHOFF 75 Laddove X (x 1 )Y (x 2 ) 6= 0 possiamo riscrivere la prima equazione nella forma X 00 (x 1 ) Y 00 (x 2 ) = λ− . X (x 1 ) Y (x 2 ) Pertanto i due membri della precedente equazione devono essere uguali ad una costante. Detta µ tale costante concludiamo che X , Y sono soluzioni dei problemi agli autovalori, ( ( X 00 (x 1 ) = µX (x 1 ), Y 00 (x 2 ) = (λ − µ)Y (x 2 ), X (0) = X (L 1 ) = 0, Y (0) = Y (L 1 ) = 0, Sappiamo risolvere questi problemi, precisamente µ ¶ nπ n 2 π2 X n (x 1 ) = sin x 1 , µn = − 2 , n ≥ 1, L1 L1 µ ¶ kπ k 2 π2 x 2 , λn,k − µn = − 2 , k ≥ 1. Yk (x 2 ) = sin L2 L2 Troviamo in tal modo un’infinità di soluzioni (Vn,k , λn,k ) del problema (5.9), indicizzata dai due interi n, k ≥ 1, à ! ¶ µ ¶ µ 2 kπ k2 nπ 2 n x 1 sin x2 , . λn,k = −π + Vn,k (x) = sin L1 L2 L 21 L 22 La soluzione del problema (5.8) si può cercare quindi come sovrapposizione, X u(x, t ) = Wn,k (t )Vn,k (x), n,k≥1 con Wn,k (t ) soluzioni di Ẅn,k (t ) = λn,k c 2Wn,k (t ), ovvero s Wn,k (t ) = A n,k cos(ωn,k t ) + B n,k sin(ωn,k t ), ωn,k = πc n2 L 21 + k2 L 22 . Le costanti A n,k , B n,k si determinano imponendo le condizioni iniziali e sono pertanto legate ai coefficienti dello sviluppo in serie doppia di seni delle funzioni g (x) e h(x). 5.3. Formula di Kirchhoff In questa sezione costruiamo la soluzione esplicita del problema di Cauchy globale per l’equazione delle onde omogenea in dimensione d = 3. T EOREMA 5.5. Siano g ∈ C 3 (R3 ) e h ∈ C 2 (R3 ). Allora l’unica soluzione in C (R3 × [0, ∞)) del problema di Cauchy 2 ∂ u = c 2 ∆u in R3 × R+ , ∂t 2 (5.10) u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R3 , ∂t 2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 76 è data dalla formula di Kirchhoff, · ¸ Z Z ∂ 1 1 u(x, t ) = dσ(y) g (y) + dσ(y) h(y). ∂t 4πc 2 t S ct (x) 4πc 2 t S ct (x) Scomponiamo la dimostrazione del teorema in tre lemmi. Premettiamo una definizione. Per ogni funzione numerica ϕ ∈ C (R3 ) indichiamo con Z 1 M ϕ (x, r ) := dσ(y) ϕ(y) 4πr 2 S r (x) la media aritmetica della funzione ϕ sulla superficie sferica S r (x). Osserviamo da subito che con il cambiamento di variabili y = x + r n, n ∈ S 1 (0), essa può essere scritta nella forma equivalente Z 1 M ϕ (x, r ) = dσ(n) ϕ(x + r n). 4π S 1 (0) L EMMA 5.6. Se ϕ ∈ C 2 (R3 ) allora M ϕ ∈ C 2 (R3 × [0, ∞)) ed è soluzione del problema 2 ∂ Mϕ 2 ∂M ϕ = ∆M ϕ − in Rd × R+ , 2 ∂r r ∂r ∂M ϕ M ϕ (x, 0) = ϕ(x), (x, 0) = 0 per x ∈ Rd . ∂r D IMOSTRAZIONE . Si ha Z Z ∂M ϕ 1 1 dσ(n) ∇ϕ(x + r n) · n = dσ(y) ∇ϕ(y) · ν(y) (x, r ) = ∂r 4π S 1 (0) 4πr 2 S r (x) Z 1 dy ∆ϕ(y), = 4πr 2 B r (x) dove nell’ultima uguaglianza abbiamo applicato il teorema dell divergenza. Pertanto, Z Z Z ∂2 M ϕ 2 1 ∂ r dρ dσ(y) ∆ϕ(y) (x, r ) = − dy ∆ϕ(y) + ∂r 2 4πr 3 B r (x) 4πr 2 ∂r 0 S ρ (x) Z 2 ∂M ϕ 1 =− (x, r ) + dσ(y) ∆ϕ(y). r ∂r 4πr 2 S r (x) D’altra parte, Z Z 1 1 dσ(n) ϕ(x + r n) = dσ(n) ∆ϕ(x + r n) 4π S 1 (0) 4π S 1 (0) Z 1 = dσ(y) ∆ϕ(y). 4πr 2 S r (x) ∆M ϕ (x, r ) = ∆ Dunque M ϕ (x, r ) soddisfa l’equazione dichiarata. Infine, per il teorema della media, essendo ϕ e ∆ϕ continue, Z 1 lim M ϕ (x, r ) = lim+ dσ(y) ϕ(y) = ϕ(x), r →0+ r →0 4πr 2 S r (x) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.3 F ORMULA DI K IRCHHOFF 77 ∂M ϕ 1 lim+ (x, r ) = lim+ r →0 r →0 4πr 2 ∂r Z B r (x) dy ∆ϕ(y) = 0. L EMMA 5.7. Sia ϕ ∈ C 2 (R3 ). Allora l’unica soluzione in C 2 (R3 × [0, ∞)) del problema 2 ∂ u = c 2 ∆u in Rd × R+ , ∂t 2 u(x, 0) = 0, ∂u (x, 0) = ϕ(x) per x ∈ Rd . ∂t è Wϕ (x, t ) = t M ϕ (x, ct ). D IMOSTRAZIONE . Se Wϕ (x, t ) = t M ϕ (x, c t ) allora ∂Wϕ ∂t (x, t ) = M ϕ (x, c t ) + c t ∂M ϕ ∂r (x, c t ), e quindi ∂2Wϕ ∂t 2 (x, t ) = c ∂M ϕ (x, c t ) + c ∂M ϕ (x, c t ) + c 2 t ∂2 M ϕ (x, c t ) ∂r ∂r 2 · ¸ 2 ∂M ϕ 2 = 2c (x, c t ) + c t ∆M ϕ (x, c t ) − (x, c t ) ∂r c t ∂r ∂r ∂M ϕ = c 2 t ∆M ϕ (x, c t ) = c 2 ∆Wϕ (x, t ), avendo applicato il Lemma 5.6 nella seconda uguaglianza. Infine, ¯ ¯ Wϕ (x, 0) = t M ϕ (x, c t )¯ = 0, t =0 · ¸ ∂Wϕ ∂M ϕ (x, 0) = M ϕ (x, c t ) + c t (x, c t ) = ϕ(x). ∂t ∂r t =0 ∂Wϕ L EMMA 5.8. Se Wϕ ∈ C 3 (R3 × [0, ∞)) allora v(x, t ) = ∂t (x, t ) è l’unica soluzione in C 2 (R3 × [0, ∞)) del problema 2 ∂ v = c 2 ∆v in Rd × R+ , ∂r 2 v(x, 0) = ϕ(x), ∂v (x, 0) = 0 per x ∈ Rd . ∂t D IMOSTRAZIONE . Derivando ambo i membri dell’equazione per Wϕ rispetto al tempo, dal Lemma 5.7 segue che v(x, t ) soddisfa l’equazione delle onde. Ovviamente, v(x, 0) = ϕ(x). Infine, essendo per ipotesi Wϕ due volte derivabile con continuità fino alla frontiera, ∂2Wϕ ∂2Wϕ ∂v (x, 0) = (x, 0) = lim (x, t ) = lim+ c 2 ∆Wϕ (x, t ) = c 2 ∆Wϕ (x, 0) = 0, t →0+ ∂t 2 t →0 ∂t ∂t 2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 78 K d D x F IGURA 5.3. Distanze minima e massima del punto x dal compatto K . dove l’ultima uguaglianza segue dal fatto che Wϕ (x, 0) = 0 per ogni x ∈ R3 . La dimostrazione della formula di Kirchhoff è ora immediata. Infatti se h ∈ C (R3 ) e g ∈ C 3 (R3 ) allora Wh ∈ C 2 (R3 × [0, ∞)) e Wg ∈ C 3 (R3 × [0, ∞)). Possiamo allora applicare i lemmi precedenti. Per il principio di sovrapposizione, la soluzione del problema (5.10) è quindi 2 u(x, t ) = ∂Wg ∂t (x, t ) + Wh (x, t ) = ¤ ∂ £ t M g (x, c t ) + t M h (x, c t ). ∂t Una scrittura equivalente della formula di Kirchhoff è la seguente. Notiamo che ¸ ¸ · · Z Z ∂ t ∂ 1 dσ(y)g (y) = dσ(n)g (x + c t n) ∂t 4πc 2 t S ct (x) ∂t 4π S 1 (0) Z Z 1 ct = dσ(n)g (x + c t n) + dσ(n)∇g (x + c t n) · n 4π S 1 (0) 4π S 1 (0) Z Z 1 1 = dσ(y)g (y) + dσ(y)∇g (y) · (y − x), 4πc 2 t 2 S ct (x) 4πc 2 t 2 S ct (x) cosicché u(x, t ) = 1 4πc 2 t 2 Z S ct (x) £ ¤ dσ(y) g (y) + ∇g (y) · (y − x) + t h(y) . Concludiamo con tre osservazioni: 1) Poiché appare ∇g , la soluzione può essere meno regolare dei dati iniziali. 2) La formula di Kirchhoff ha senso anche se g ∈ C 1 (R3 ) e h è limitata, quindi si presta a fornire una soluzione generalizzata dell’equazione delle onde. 3) Sussiste il Principio di Huygens: La soluzione nel punto (x 0 , t 0 ) dipende solo dai valori di g e h sulla superficie sferica S ct0 (x 0 ). In particolare, se g e h hanno supporto in un compatto K di R3 , allora u(x, t ) è diversa da zero solo per ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.4 F ORMULA DI P OISSON 79 t ∈ [t min , t max ] con t min = d , c t max = D , c d = min |y − x|, y∈K D = max |y − x|. y∈K (vedi Figura 5.3). Se definiamo il fronte d’onda (anteriore) al tempo t come la superficie che separa i punti che già oscillano da quelli che non oscillano ancora, questa è l’inviluppo dell’unione delle superfici sferiche di centro in ∂K e raggio ct . Si può definire anche un fronte d’onda posteriore. I fronti si muovono con velocità c. Il tempo t min è il passaggio del fronte d’onda anteriore per il punto x, il tempo t max quello del passaggio del fronte posteriore. Dopo t max il punto x torna in quiete a u = 0. Ricordiamo che in dimensione d = 1, se h 6= 0, per t > t max la soluzione in x torna in quiete ma con u 6= 0. Vedremo che in dimensione d = 2 il principio di Huygens non vale. 5.4. Formula di Poisson Dalla formula di Kirchhoff segue anche la formula risolutiva di Poisson per l’equazione delle onde in dimensione d = 2. T EOREMA 5.9. Siano g ∈ C 3 (R2 ) e h ∈ C 2 (R2 ). Allora l’unica soluzione in C 2 (R2 × [0, ∞)) del problema di Cauchy 2 ∂ u = c 2 ∆u in R2 × R+ , ∂t 2 (5.11) u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R2 , ∂t è data dalla formula di Poisson, # " Z Z g (y) 1 h(y) ∂ 1 dy p + dy p . u(x, t ) = ∂t 2πc B ct (x) 2πc B ct (x) c 2 t 2 − |x − y|2 c 2 t 2 − |x − y|2 Prima di dimostrarlo premettiamo un lemma. e ∈ C (R3 ) tale che ϕ(x, e x 3 ) = ϕ(x), dove x = (x 1 , x 2 ) ∈ R2 e L EMMA 5.10. Sia ϕ 2 ϕ ∈ C (R ). Allora anche la media M ϕe non dipende da x 3 , precisamente Z 1 ϕ(y) M ϕe (x, x 3 , r ) = , dy p 2 2πr B r (x) r − |x − y|2 (dove B r (x) è la bolla di R2 ). D IMOSTRAZIONE . Si ha Z 1 M ϕe (x, x 3 , r ) = dσ(n) ϕ(x 1 + r n 1 , x 2 + r n 2 ) 4π S 1 (0) Z 1 = dσ(n) ϕ(x 1 + r n 1 , x 2 + r n 2 ) 2π S 1 (0)+ ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 80 dove S 1 (0)+ = {(n 1 , n q2 , n 3 ) ∈ S 1 (0) : n 3 ≥ 0} è la calotta sferica superiore. Ma su tale superficie n 3 = 1 − n 12 − n 22 e pertanto l’elemento di area è dn 1 dn 2 dσ(n) = q , 1 − n 12 − n 22 per cui M ϕe (x, x 3 , r ) = 1 2π Z 1 = 2πr B 1 (0) dn 1 dn 2 Z B r (x) dy p ϕ(x 1 + r n 1 , x 2 + r n 2 ) q 1 − n 12 − n 22 ϕ(y) r 2 − |x − y|2 . Possiamo ora dimostrare la formula di Poisson. Definite ge(x, x 3 ) = g (x) e e x 3 ) = h(x), indichiamo con u(x, e x 3 , t ) la soluzione del problema (5.10) di h(x, dati iniziali g̃ , h̃. Dal lemma precedente e dalla formula di Kirchhoff segue che ũ(x, x 3 , t ) non dipende dalla variabile x 3 e pertanto, come funzione delle variabili (x, t ) ∈ R2 ×[0, ∞), è soluzione del problema (5.11). Inoltre, usando l’espressione per le medie trovata nel lemma, vediamo che la fomula di Kirchhoff si riduce in questo caso alla formula di Poisson. Anche ora abbiamo una scrittura equivalente per la soluzione. Notiamo a tal fine che " # · Z ¸ Z g (y) 1 ∂ g (x + c t n) 1 ∂ dy p dn p = ct ∂t 2πc B ct (x) 2πc ∂t B 1 (0) c 2 t 2 − |x − y|2 1 − n2 Z Z 1 g (x + c t n) c t ∇g (x + c t n) · n = dn p + dn p 2π B 1 (0) 2π B 1 (0) 1 − n2 1 − n2 Z g (y) + ∇g (y) · (y − x) 1 dy p = . 2πct B ct (x) c 2 t 2 − |y − x|2 Pertanto la soluzione del problema (5.11) si scrive, Z 1 g (y) + ∇g (y) · (y − x) + t h(y) u(x, t ) = dy . p 2πct B ct (x) c 2 t 2 − |y − x|2 Come nel caso della formula di Kirchhoff la formula di Poisson mostra che la soluzione può essere meno regolare dei dati iniziali; inoltre tale formula si presta ad essere interpretata come soluzione generalizzata se g ∈ C 1 (R2 ) ed h è limitata. Per quanto riguarda la dipendenza dai dati iniziali, vediamo che ora la soluzione in un punto (x 0 , t 0 ) dipende dai valori dei dati iniziali in tutta la palla piena B c t (x 0 ). In particolare non vale il Principio di Huygens in d = 2: se g , h hanno supporto in un compatto K di R2 , definiti t min , t max come nella sezione precedente, la soluzione u(x, t ) inizia ad oscillare per t > t min e continua in generale a ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.5 S ULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE 81 variare nel tempo, anche per t > t max . In particolare, se t > t max il compatto K è contenuto nel dominio di integrazione B ct (x), cosicché Z g (y) + ∇g (y) · (y − x) + t h(y) 1 u(x, t ) = ∀ t > t max . dy p 2πct K c 2 t 2 − |y − x|2 Solo per t → ∞ si ha u(x, t ) → 0. Questo è il motivo per il quale, ad esempio, mentre si possono inviare segnali luminosi istantanei nello spazio (cioè con un inizio e fine segnale), se invece si tira una sasso in uno stagno, un tappo di sughero, dopo essere stato raggiunto dal fronte d’onda, inizia ad oscillare sul pelo d’acqua senza tornare al riposo in un tempo finito (in verità questo poi succede a causa di fenomeni dissipativi non descritti dall’equazione delle onde). E SERCIZIO 5.1. Utilizzando il metodo di Duhamel dimostrare che le soluzioni del problema di Cauchy globale per l’equazione d’onda con dati iniziali omogenei e forzante f = f (x, t ) regolare, 2 ∂ u = c 2 ∆u + f in Rd × R+ , ∂t 2 u(x, 0) = 0, ∂u (x, 0) = 0 per x ∈ Rd , ∂t sono, rispettivamente, ³ ´ |x−y| f y, t − c 1 dy se d = 3, 4πc 2 B ct (x) |x − y| Z t Z f (y, s) 1 dy p ds se d = 2. u(x, t ) = 2 2πc 0 B c(t −s) (x) c (t − s)2 − |x − y|2 Z u(x, t ) = 5.5. Sulla velocità di propagazione Consideriamo l’equazione d’onda generalizzata su R, 2 ∂2 u 2∂ u = c − γu, ∂t 2 ∂x 2 e cerchiamo soluzioni della forma U (x, t ) = A cos(kx − ωt ), ovvero onde viaggianti armoniche. Sostituendo nell’equazione si verifica immediatamente che U (x, t ) è soluzione se e solo se i parametri k, ω soddisfano la relazione q ω = ω(k) = c 2 k 2 + γ, detta relazione di dispersione per l’equazione in esame. Nel caso dell’equazione d’onda pura (γ = 0) tale relazione è lineare (ω = ck) ma se γ > 0 questo non è il caso e si ha p c 2k 2 + γ > c. U (x, t ) = A cos[k(x − c k t )], ck = k ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 82 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 Quindi ogni onda armonica viaggia con una propria velocità c k (dipendente dal numero d’onda k) e tale velocità è strettamente maggiore del parametro c che appare nell’equazione. Quest’ultimo fatto comporta un’apparente contraddizione con i risultati della Sezione 5.1, in base ai quali il parametro c è una stima dall’alto della velocità di propagazione dei segnali. In verità non vi è alcuna contraddizione, poiché quei risultati si applicano a dati iniziali localizzati in regioni finite dello spazio, mentre il profilo U (x, 0) = cos(kx) è distribuito in modo periodico su tutto l’asse R. Per meglio comprendere questo fatto è utile analizzare la propagazione di un segnale localizzato, quando questo sia espresso nella forma di un “pacchetto d’onda”. Più precisamente, supponiamo che il dato iniziale abbia la forma seguente, Z u(x, 0) = g (x) = dk A(k) cos(kx), Z (5.12) ∂u (x, 0) = h(x) = dk ω(k)A(k) sin(kx), ∂t con A ∈ C ∞ (R) tale ¯ ¯ ¯ m dn A ¯ ¯ ∀ n, m = 0, 1, 2, . . . lim ¯k (k)¯¯ = 0 |k|→∞ dk n Chiaramente g , h ∈ C ∞ (R) e integrando per parti si verifica facilmente che condividono con A anche la proprietà di decadimento all’infinito, ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ m dn h ¯ ¯ m dn g ¯ lim ¯x ∀ n, m = 0, 1, 2, . . . lim ¯x (x)¯¯ = 0, (x)¯¯ = 0 |x|→∞ ¯ |x|→∞ ¯ dx n dx n Pertanto, sebbene in generale non a supporto compatto, interpretiamo g , h come dati iniziali localizzati, in virtù del loro rapido decadimento all’infinito. Si osservi che stiamo assumendo, per brevità, che la funzione g sia pari. Nel caso più generale avremmo richiesto che Z Z g (x) = dk A(k) cos(kx) + dk B (k) sin(kx). Tale scrittura è detta integrale di Fourier della funzione g . Come per la serie di Fourier, esiste una teoria dell’integrale di Fourier. In particolare, sotto opportune ipotesi sulla funzione g , tale rappresentazione integrale è ben definita ed i coefficienti A(k), B (k) sono univocamente determinati. Non discuteremo tale teoria in queste note. Dalla (5.12), per il principio di sovrapposizione la soluzione si scrive, Z u(x, t ) = dk A(k) cos[kx − ω(k)t ]. (5.13) Infatti, per le ipotesi sulla funzione A(k), il membro di destra può essere derivato sotto il segno di integrale un numero arbitrario di volte rispetto alle variabili x, t , da cui si verifica in particolare che soddisfa l’equazione ed i dati iniziali. Da ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 5.5 S ULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE 83 questa espressione si comprende il motivo del nome “relazione di dispersione” per ω(k). Infatti, se tale relazione non è lineare, la velocità di ciascuna armonica è diversa ed il pacchetto si “disperde” durante la sua evoluzione: al tempo t > 0 la soluzione u(x, t ) non è una semplice traslazione del profilo iniziale g (x). D’altra parte, se la funzione A(k) è molto piccata intorno ad un valore k 0 , solo le armoniche vicine a k 0 contribuiscono in modo significativo all’integrale, cosicché per tempi non troppo lunghi il pacchetto viene deformato poco e la sua evoluzione consiste principalmente in una traslazione. Vogliamo allora verificare che tale traslazione avviene con una velocità inferiore a c, dunque compatibile con la stima sulla velocità di propagazione. Per fissare le idee, scegliamo il pacchetto d’onda con · ¸ 1 (k − k 0 )2 A(k) = A ε (k) = p exp − , ε > 0. ε πε p Dunque, con la sostituzione k = k 0 + εq, · ¸ Z Z p 2 1 (k − k 0 )2 1 g (x) = dk p exp − cos(kx) = dq p e−q cos(k 0 x + εq x) ε πε π Z Z p p 2 1 −q 2 1 = cos(k 0 x) dq p e cos( εq x) − sin(k 0 x) dq p e−q sin( εq x) π π ¸ · 1 2 = cos(k 0 x) exp − εx . 4 Nell’ultimo passaggio si è sfruttato che il secondo integrale è nullo per disparità e che · 2¸ Z λ 1 −q 2 cos(λq) = exp − ∀ λ ∈ R. (5.14) dq p e 4 π Questa uguaglianza si verifica facilmente utilizzando il metodo dei residui. Tale metodo presuppone però la conoscenza della teoria delle funzioni di variabile complessa. Poiché tale conoscenza non è supposta nota al lettore, daremo per completezza una prova alternativa al termine della sezione. Vogliamo ora studiare l’evoluzione quando ε è piccolo. Infatti, per ε → 0 la funzione A ε (k) tende alla delta di Dirac centrata in k 0 , mentre g (x) si delocalizza e tende all’armonica p pura cos(k 0 x). Sostituendo in (5.13), sviluppando nel parametro piccolo ε e ragionando analogamente a sopra si ha, · ¸ Z 1 (k − k 0 )2 u(x, t ) = dk p exp − cos(kx − ω(k)t ) ε πε Z £ ¤ p p 2 1 = dq p e−q cos (k 0 + εq)x − ω(k 0 + εq)t π Z £ ª p ¤ 1 −q 2 © = dq p e cos k 0 x − ω(k 0 )t + (x − ω0 (k 0 )t ) εq + O(εq 2 ) π Z p 2 1 = cos[k 0 x − ω(k 0 )t ] dq p e−q cos[(x − ω0 (k 0 )t ) εq] + O(ε), π ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1 84 R dove O(ε) = dq 2 p1 e−q O(εq 2 ). π Pertanto, utilizzando nuovamente la (5.14), · ¸ ¢2 1 ¡ u(x, t ) = cos[k 0 x − ω(k 0 )t ] exp − ε x − ω0 (k 0 )t + O(ε). 4 Nell’evoluzione del pacchetto distinguiamo quindi due differenti grandezze cinematiche: la velocità di fase c k0 = ω(k 0 )/k 0 e la velocità di gruppo c g = ω0 (k 0 ). La prima è la velocità con la quale si muovono, ad esempio, le creste delle oscillazioni all’interno del pacchetto. La seconda invece è la velocità con cui trasla il pacchetto nel suo insieme. Come preannunciato, c 2 k0 ω0 (k 0 ) = q ≤c 2 2 c k0 + γ (dove l’uguaglianza sussiste solo nel caso dell’equazione pura, quando γ = 0). Verifichiamo infine l’identità (5.14). Utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor del coseno, Z Z X 2 2 1 λ2n 1 dq p e−q q 2n . (−1)n dq p e−q cos(λq) = (2n)! π π n≥0 D’altra parte, · n Z ¸ · n ¸ Z 2 1 d 1 −y q 2 d 1 n dq p e−q q 2n = (−1)n dq e = (−1) p p dy n dy n y y=1 π π y=1 = (2n − 1)!! , 2n cosicché Z X 2 1 λ2n (2n − 1)!! X (−λ2 )n dq p e−q cos(λq) = = (−1)n n (2n)! 2n π n≥0 n≥0 2 (2n)!! µ ¶ · 2¸ X 1 −λ2 n λ = = exp − , 4 4 n≥0 n! avendo utilizzato le ovvie identità, (2n)! = (2n)!! = 2n n! (2n − 1)!! ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 6 Introduzione alla teoria del potenziale 6.1. Considerazioni generali Affrontiamo qui lo studio dell’equazione di Laplace ∆u = 0 e della sua versione non omogenea, l’equazione di Poisson ∆u + f = 0, dove u = u(x) è la funzione incognita, x ∈ Rd ed f = f (x) è una funzione assegnata. Le soluzioni di tali equazioni descrivono, ad esempio, le posizioni di equilibrio di una membrana (d = 2) o di un solido elastico (d = 3) sottoposti alla forzante f , oppure il campo di temperatura di un corpo in equilibrio termico in presenza della sorgente di calore f . Tali equazioni emergono anche in altri contesti della Fisica e delle scienze applicate. Un ulteriore esempio si ha in Elettromagnetismo: il campo elettrostatico E (x) generato da una distribuzione di carica elettrica ρ(x) soddisfa l’equazione div E = 4πρ; poiché rot E = 0 esiste almeno localmente un potenziale u = u(x) tale che E = −∇u. Pertanto u soddisfa l’equazione di Poisson ∆u + 4πρ = 0. Come già visto per l’equazione d’onda, e come suggerito dalle varie interpretazioni fisiche possibili delle soluzioni dell’equazione, siamo condotti a formulare il problema in domini Ω ⊂ Rd e per la buona posizione del problema occorre aggiungere delle condizioni al bordo (o condizioni limite). In particolare, consideriamo il problema di Dirichlet, ( ∆u + f = 0 in Ω, u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω, (6.1) ed il problema di Neumann, ∆u + f = 0 in Ω, ∂u (x) = b(x) per x ∈ ∂Ω, ∂ν (6.2) dove g (x), b(x) sono funzioni assegnate e ∂u ∂ν è la derivata normale di u sulla frontiera come definita in (5.3), avendo indicato con ν(x) la normale alla frontiera ∂Ω nel punto x ∈ ∂Ω, diretta verso l’esterno di Ω. Qualora Ω = Rd , o comunque Ω sia un dominio illimitato, occorrerà specificare anche il comportamento della soluzione per |x| → ∞, ad esempio u(x) → C quando |x| → ∞ per qualche costante C assegnata. 85 86 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Studieremo qui solo il problema di Dirichlet (6.1), il problema di Neumann presenta maggiori difficoltà. È sufficiente considerare separatamente il problema omogeneo con condizioni al bordo non omogenee, ( ∆u = 0 in Ω, u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω, (6.3) ed il problema non omogeneo con condizioni al bordo omogenee, ( ∆u + f = 0 in Ω, u(x) = 0 per x ∈ ∂Ω, (6.4) poiché allora u = u 1 + u 2 , con u 1 soluzione di (6.3) ed u 2 soluzione di (6.4), è soluzione di (6.1). Una soluzione classica del problema (6.1) è una funzione u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) che verifica l’equazione in Ω e soddisfa le condizioni al bordo su ∂Ω. Una funzione u ∈ C 2 (Ω) è detta armonica nel dominio Ω se ivi soddisfa l’equazione di Laplace ∆u = 0. Dunque risolvere (6.3) equivale a determinare una funzione armonica nel dominio Ω, che sia continua fino alla frontiera ed ivi assuma un prefissato valore g (x). 6.2. Analisi del problema unidimensionale Nel caso unidimensionale, senza perdere di generalità, possiamo assumere Ω = (0, L), L > 0, cosicché i problemi (6.3) e (6.4) si scrivono in questo caso, ( u 00 = 0 in (0, L), (6.5) u(0) = a 1 , u(L) = a 2 , ( u 00 + f = 0 in (0, L), u(0) = 0, u(L) = 0. (6.6) 1 Il problema (6.5) ha banalmente soluzione u(x) = a 1 + a2 −a L x. Per il problema 00 (6.6) osserviamo che l’equazione u + f = 0 ha integrale generale Z x u(x) = C 1 +C 2 x + dy (y − x) f (y). 0 Possiamo ora determinare le costanti C 1 ,C 2 imponendo le condizioni al bordo u(x) = u(L) = 0. Si trova immediatamente che Z 1 L dy (L − y) f (y). C 1 = 0, C 2 = L 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.2 A NALISI DEL PROBLEMA UNIDIMENSIONALE 87 Pertanto la soluzione del problema (6.6) è Z Z x x L u(x) = dy (L − y) f (y) + dy (y − x) f (y) L 0 0 ¸ · Z L Z x x(L − y) x(L − y) + (y − x) f (y) + dy f (y) = dy L L x 0 Z x Z L (L − x)y x(L − y) = dy f (y) + dy f (y) L L 0 x Z L = dy G(x, y) f (y), 0 avendo definito la funzione di Green del problema, x(L − y) se x < y, G(x, y) = (L −Lx)y se x > y. L Vogliamo ora mostrare che la funzione di Green può essere interpretata essa stessa come soluzione di un’equazione di Poisson, precisamente nel caso in cui la forzante f è rimpiazzata dalla distribuzione δ di Dirac concentrata in y. Osserviamo che le seguenti proprietà di G seguono immediatamente dalla sua definizione, • G ∈ C ([0, L] × [0, L]), definendo G(x, x) = (L − x)x/L sulla diagonale (G è continua su tutto il quadrato [0, L] × [0, L]); • G(x, y) = G(y, x) per ogni x, y ∈ [0, L], (G è simmetrica); • G(0, y) = G(L, y) per ogni y ∈ [0, L] (G soddisfa le condizioni al bordo omogenee); ∂2G (x, y) = 0 per ogni x 6= y (G è armonica fuori la diagonale); ∂x 2 ∂G − ∂G + • (y , y) − (y , y) = −1 (la derivata ∂G ∂x (x, y) ha un salto quando ∂x ∂x attraversa la diagonale). • Come funzione ordinaria la derivata seconda ∂∂xG2 (x, y) è nulla su tutto l’intervallo [0, L] ad esclusione del punto x = y. D’altra parte, poiché per x 6= y 2 ∂G L−y (x, y) = − H (x − y), ∂x L con H (x) la funzione di Heavyside, ci aspettiamo che, nel senso delle distribu2 zioni, ∂∂xG2 (x, y) = −δ y (x), con δ y (x) la delta di Dirac concentrata in x = y, introdotta in Sezione 3.5. L’unica differenza, poiché lavoriamo sull’intervallo [0, L], è che le distribuzioni vanno qui intese come funzionali lineari continui sullo spazio D(0, L) = {ϕ ∈ C ∞ (R) : supp(ϕ) ⊂ (0, L)} ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 88 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE delle funzioni di prova con supporto interno all’intervallo aperto (0, L). Mostriamo che effettivamente ∂∂xG2 (x, y) = −δ y (x). Dobbiamo verificare che Z dx G(x, y)ϕ00 (x) = −ϕ(y) ∀ y ∈ [0, L] ∀ ϕ ∈ D(0, L). 2 In effetti, dalla definizione di G(x, y), integrando per parti, Z Z y Z L x(L − y) 00 (L − x)y 00 dx G(x, y)ϕ00 (x) = dx ϕ (x) + dx ϕ (x) L L 0 y · ¸x=y Z x(L − y) 0 L−y y = ϕ (x) − dx ϕ0 (x) L L 0 x=0 ¸x=L · Z y L (L − x)y 0 ϕ (x) + dx ϕ0 (x) + L L y x=y y(L − y) 0 L−y y(L − y) 0 y ϕ (y) − ϕ(y) − ϕ (y) − ϕ(y) L L L L = −ϕ(y). = Quindi abbiamo trovato che la soluzione del problema (6.6) si scrive nella forRL ma u(x) = 0 dy G(x, y) f (y), con x 7→ G(x, y) soluzione del problema di Poisson generalizzato, 2 ∂ G (x, y) + δ (x) = 0 x, y ∈ (0, L), y (6.7) ∂x 2 G(0, y) = G(L, y) = 0 y ∈ (0, L), in cui la forzante è la distribuzione δ y . Per capire meglio questo risultato possiamo derivarlo in modo più astratto, ragionando nella seguente manera. Se u(x) è soluzione del problema (6.6), dunque u 00 + f = 0, allora Z L dx [u 00 (x) + f (x)]ϕ(x) = 0 ∀ ϕ ∈ D(0, L), 0 da cui, integrando per parti, Z L dx u(x)ϕ00 (x) + f (x)ϕ(x) = 0 ∀ ϕ ∈ D(0, L). 0 RL Se ora cerchiamo la soluzione nella forma u(x) = 0 dy G(x, y) f (y), allora deve aversi ¸ Z L ·Z L dx dy G(x, y) f (y)ϕ00 (x) + f (x)ϕ(x) = 0 ∀ ϕ ∈ D(0, L), 0 0 ovvero L Z L ·Z dy f (y) 0 0 00 ¸ dx G(x, y)ϕ (x) + ϕ(y) = 0 ∀ ϕ ∈ D(0, L). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.3 A PPROCCIO AL PROBLEMA IN DIMENSIONE MAGGIORE DI UNO 89 Perché la precedente identità sia verificata per qualsiasi forzante f , l’espressione tra parentesi quadre, che è una funzione continua di y, deve annullarsi identicamente, dunque Z L dx G(x, y)ϕ00 (x) + ϕ(y) = 0 ∀ ϕ ∈ D(0, L) ∀ y ∈ [0, L], 0 ovvero G(x, y) deve soddisfare ∂∂xG2 (x, y)+δ y (x) = 0. Inoltre, sempre per l’arbitrarietà di f , la condizione al bordo u(0) = u(L) = 0 implica che deve aversi anche G(0, y) = G(L, y) = 0 per ogni y ∈ [0, L]. In conclusione, se esiste un nucleo risolvente G(x, y) per il problema (6.6) allora esso deve necessariamente risolvere il problema (6.7). 2 E SERCIZIO 6.1. Risolvere il problema sulla semiretta, u 00 + f = 0 in R+ , u(0) = 0, sup |u(x)| < ∞, x≥0 R∞ assumendo che f ∈ C ([0, +∞)) sia tale che 0 dy y| f (y)| < ∞. Dimostrare inoltre che esiste il limite della soluzione u(x) per x → ∞ e calcolarlo. 6.3. Approccio al problema in dimensione maggiore di uno In dimensione d > 1 la soluzione del problema di Laplace-Dirichlet (6.3) non è immediata come in dimensione d = 1, e sarà oggetto di studio. Anticipiamo però che la soluzione di questo problema permette di risolvere anche il problema di Poisson-Dirichlet (6.4). Infatti, ragionando come nel caso unidimensionale, questo problema si riduce a determinare la funzione di Green sul dominio Ω con condizioni omogenee, ovvero la funzione G(x, y) soluzione del problema ( ∆x G(x, y) + δ y (x) = 0 x, y ∈ Ω, (6.8) G(x, y) = 0 x ∈ ∂Ω, y ∈ Ω, nel senso che poi la soluzione di (6.4) si scriverà nella forma Z u(x) = dy G(x, y) f (y). Ω Nella prossima sezione calcoleremo esplicitamente la funzione di Green dell’equazione di Poisson su tutto lo spazio Rd , ovvero la funzione G d (x, y) tale che ∆x G d (x, y) + δ y (x) = 0, x, y ∈ Rd . Se cerchiamo ora la funzione di Green soluzione di (6.8) nella forma G(x, y) = G d (x, y)+γ(x, y), allora la funzione incognita γ(x, y) è soluzione del problema di ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 90 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Laplace-Dirichlet, ( ∆x γ(x, y) = 0 per x, y ∈ Ω, γ(x, y) = −G d (x, y) per x ∈ ∂Ω, y ∈ Ω, ovvero ci siamo ricondotti ad un problema del tipo (6.3). In Sezione 6.9 tale strategia verrà discussa più in dettaglio. 6.4. Soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace Vogliamo determinare la funzione di Green G d (x, y) soluzione del problema ∆x G d (x, y) + δ y (x) = 0 su tutto lo spazio Rd . Sia Φd (x), detta soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace, la soluzione del problema ∆Φd (x) + δ(x) = 0 Questo significa che Φd (x) è una funzione armonica in Rd \ {0} tale che Z dx ∆ϕ(x)Φd (x) = −ϕ(0) ∀ ϕ ∈ D(Rd ), dove D(Rd ) è lo spazio delle funzioni di prova su Rd , ovvero l’insieme delle funzioni ϕ : Rd → R infinitamente derivabili e con supporto compatto. Chiaramente Φd (x) = G d (x, 0) per definizione. Asseriamo ora che G d (x, y) = G d (x − y, 0) = Φd (x − y) e che la soluzione fondamentale Φd (x) dipende unicamente da |x|. Per mostrare queste affermazioni sfruttiamo il fatto che l’operatore di Laplace commuta con il gruppo isometrie di Rd . Questo significa che se definiamo, per ogni funzione f su Rd , vettore ξ ∈ Rd e matrice ortogonale R, f ξ,R (x) = f (ξ + R x), allora ∆ f ξ,R (x) = (∆ f )ξ,R (x). In effetti, usando la ciclicità della traccia e che RR T = I , ∆ f ξ,R (x) = Tr [D 2 f ξ,R (x)] = Tr [R T D 2 f (ξ + R x)R] = Tr [D 2 f (ξ + R x)] = ∆ f (ξ + R x) = (∆ f )ξ,R (x), dove D 2 f è la matrice hessiana di f . Ne segue in particolare che la funzione x 7→ Φd (R(x − y)) è armonica in Rd \ {y} ed inoltre, per ogni ϕ ∈ D(Rd ), Z Z Z 0 T 0 0 dx ∆ϕ(x)Φd (R(x − y)) = dx ∆ϕ(R x + y)Φd (x ) = dx 0 (∆ϕ) y,R T (x 0 )Φd (x 0 ) Z = dx 0 ∆ϕ y,R T (x 0 )Φd (x 0 ) = −ϕ y,R T (0) = −ϕ(y), dove abbiamo utilizzato che | det R| = 1 nel cambiamento di coordinate. Quindi, assumendo l’unicità della funzione di Green, ne segue che deve aversi G d (x, y) = ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.4 S OLUZIONE FONDAMENTALE DELL’ OPERATORE DI L APLACE 91 Φd (R(x −y)) per ogni x, y ∈ Rd ed ogni matrice ortogonale R. Questo implica che G d (x, y) = Φd (x − y) e che Φd (R x) = Φd (x) per ogni matrice ortogonale R, ovvero che Φd (x) dipende solo dal modulo di x. Dobbiamo quindi determinare le funzioni armoniche in Rd \ {0} che dipendono unicamente da |x|. Supponiamo allora che la funzione φ(x) = ψ(|x|) sia armonica e scriviamo l’equazione di Laplace in termini di ψ. Si ha · ¸ · ¸ x ψ0 (|x|) ψ0 (|x|) 0 ∆φ(x) = div ∇ψ(|x|) = div ψ (|x|) = ∇ ·x + div x |x| |x| |x| ¸ · x d 0 x ψ (|x|) = ψ00 (|x|) 2 − ψ0 (|x|) 3 · x + |x| |x| |x| d −1 0 = ψ00 (|x|) + ψ (|x|). |x| Quindi, affinché φ(x) sia armonica in Rd \{0} la funzione ψ(r ) deve risolvere, per r > 0, l’equazione differenziale ordinaria ψ00 (r ) + d −1 0 ψ (r ) = 0, r il cui integrale generale è C 1 r +C 2 ψ(r ) = C 1 log r +C 2 C 1 r 2−d +C 2 se d = 1, se d = 2, se d ≥ 3. Scegliamo C 2 = 0 e C 1 = C 1 (d ) come segue, ponendo 1 se d = 1, − 2 |x| 1 Φd (x) = log |x| se d = 2, − 2π 1 −1 se d = 3. 4π |x| Vedremo che tale scelta implica che ∆Φd (x) + δ(x) = 0 (nel caso d = 1 è ovvio poiché Φ01 (x) = 12 − H (x) con H (x) la funzione di Heavyside, e quindi Φ001 (x) = −δ(x)). Più in generale, si può dimostrare che la soluzione in dimensione d ≥ 3 si scrive 1 Φd (x) = , (d − 2)σd |x|d −2 dove σd è l’area della superficie della sfera unitaria in dimensione d . Il significato fisico nei casi d = 2, 3 è ben noto: 1) Φ3 (x − y) è il potenziale elettrostatico nel punto x dello spazio generato da una carica elettrica positiva puntiforme posta nel punto y dello spazio; 2) −∇x Φ2 (x − y) è il campo elettrico nel punto x del piano generato da una distribuzione con densità lineare di carica unitaria posta lungo l’asse ortogonale al piano passante per il punto y del piano medesimo. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 92 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE 6.5. Formule di Green Le seguenti formule (o identità) di Green saranno utilizzate ripetutamente. Nel seguito Ω è un dominio limitato di Rd , d = 2, 3, con frontiera ∂Ω regolare di classe C 2 . Indichiamo al solito con ν = ν(y) la normale alla frontiera ∂Ω nel ∂ punto y ∈ ∂Ω diretta verso l’esterno di Ω e con ∂ν = ν · ∇ la derivata normale. I Formula di Green. Se u ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω), v ∈ C 1 (Ω) allora Z Z Z ∂u (y) − dx ∇v(x) · ∇u(x). dx v(x) ∆u(x) = dσ(y) v(y) ∂ν Ω ∂Ω Ω II Formula di Green. Se u, v ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω) allora · ¸ Z Z ∂u ∂v dx [v(x) ∆u(x) − u(x) ∆v(x)] = dσ(y) v(y) (y) − u(y) (y) . ∂ν ∂ν Ω ∂Ω III Formula di Green (o Formula di rappresentazione integrale di Green). Se u ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω) allora · ¸ Z Z ∂u ∂G d dσ(y) G d (x, y) u(x) = (y) − u(y) (x, y) − dy G d (x, y) ∆u(y), ∂ν ∂ν ∂Ω Ω dove chiaramente G d (x, y) = Φd (x − y) e ∂G d ∂ν (x, y) = ∇ y G d (x, y) · ν(y). Per dimostrare la I Formula di Green fissiamo δ > 0 piccolo e poniamo Ωδ = {x ∈ Ω : dist(x, ∂Ω) > δ}. Chiaramente Ωδ è un dominio regolare con Ωδ ⊂ Ω. Utilizzando l’identità div (v∇u) = ∇v · ∇u + v∆u segue che Z Z Z dx v(x) ∆u(x) = dx div [v(x)∇u(x)] − dx ∇v(x) · ∇u(x). Ωδ Ωδ Ωδ Poiché v∇u ∈ C 1 (Ωδ ; Rd ) possiamo applicare il teorema della divergenza e concludere che Z Z Z ∂u dx v(x) ∆u(x) = dσ(y) v(y) (y) − dx ∇v(x) · ∇u(x). ∂ν Ωδ ∂Ωδ Ωδ Essendo ora u, v ∈ C 1 (Ω), Z hZ i ∂u lim (y) − dσ(y) v(y) dx ∇v(x) · ∇u(x) δ→0 ∂ν ∂Ωδ Ωδ Z Z ∂u = dσ(y) v(y) (y) − dx ∇v(x) · ∇u(x). ∂ν ∂Ω Ω Pertanto la I Formula di Green è dimostrata con l’attenzione sul fatto che l’integrale a primo membro deve essere considerato improprio, ovvero Z Z dx v(x) ∆u(x) = lim dx v(x) ∆u(x). Ω δ→0 Ωδ ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.5 F ORMULE DI G REEN 93 B ε(x) Ω ε = Ω B ε(x) x ν Ωε ν F IGURA 6.1. Il dominio Ωε = Ω \ B ε (x). Chiaramente se inoltre u ∈ C 2 (Ω) allora l’integrale che come integrale proprio. R Ω dx v(x) ∆u(x) ha senso an- La II Formula di Green segue banalmente scrivendo la prima identità per entrambe le coppie ordinate (u, v) e (v, u) e sottraendole membro a membro. Rimane da dimostrare la terza. Senza perdere di generalità consideriamo il caso d = 3 (il caso d = 2 è analogo e viene lasciato come esercizio), e poniamo per semplicità G(x, y) = G 3 (x, y), dunque G(x, y) = 1 . 4π|x − y| Fissato x ∈ Ω sia ε > 0 sufficientemente piccolo in modo tale che la bolla B ε (x) abbia chiusura contenuta in Ω, e poniamo Ωε = Ω\B ε (x), vedi Figura 6.1. Ovviamente G(x, y) è una funzione armonica rispetto alla variabile y nel dominio Ωε . Pertanto, dalla II Formula di Green applicata con v(y) = G(x, y), ed osservando che ∂Ωε = ∂Ω ∪ ∂B ε (x), Z Z Ωε dy G(x, y)∆u(y) = ∂G ∂u (y) − u(y) (x, y)] ∂ν ∂ν ∂Ω Z ∂G ∂u + dσ(y) [u(y) (x, y) −G(x, y) (y)], ∂ν ∂ν ∂B ε (x) dσ(y) [G(x, y) (6.9) dove nel secondo integrale ν è la normale esterna alla bolla B ε (x) e quindi diretta internamente a Ωε (da cui il segno opposto). Ma se y ∈ B ε (x) allora |y − x| = ε e y−x ν(y) = ε ; pertanto G(x, y) = 1 , 4πε ∂G y −x 1 · ν(y) = − (x, y) = − ∂ν 4πε3 4πε2 ∀ y ∈ ∂B ε (x), ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 94 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE cosicché, per il teorema della media, Z Z ∂G 1 dσ(y) u(y) (x, y) = − dσ(y) u(y) → u(x) per ε → 0, ∂ν 4πε2 ∂B ε (x) ∂B ε (x) Z Z ∂u 1 ∂u dσ(y)G(x, y) (y) = dσ(y) (y) → 0 per ε → 0. ∂ν 4πε ∂B ε (x) ∂ν ∂B ε (x) Infine, avendo G(x, y) in y = x una singolarità integrabile in R3 , Z Z lim dy G(x, y)∆u(y) = dy G(x, y) ∆u(y). ε→0 Ωε Ω Passando al limite per ε → 0 nella (6.9) troviamo pertanto l’identità cercata. O SSERVAZIONE 6.1. La III Formula di Green permette di completare la dimostrazione del fatto che Φd (x), come costruita nella sezione precedente, è effettivamente la soluzione fondamentale, ovvero ∆Φd (x) + δ(x) = 0. Infatti, fissata una qualsiasi funzione di prova ϕ ∈ D(Rd ), scegliamo Ω un dominio regolare contenente l’origine ed il supporto di ϕ, ed applichiamo la III Formula di Green alla funzione ϕ nel punto x = 0. L’integrale sulla frontiera di Ω è nullo poiché ∂Ω è contenuta nell’insieme complementare del supporto di ϕ, dove questa funzione è identicamente nulla. Analogamente, essendo ϕ identicamente nulla nel complementare di Ω, l’integrale di volume su Ω può essere esteso a tutto Rd . Osservando inoltre che G d (0, y) = Φd (y), la III Formula di Green si riduce all’identità Z ϕ(0) = − dy Φd (y)∆ϕ(y), che, vista l’arbitrarietà di ϕ, dimostra l’asserto. 6.6. Funzioni armoniche In questa sezione studiamo le principali proprietà delle funzioni armoniche. In quanto segue indichiamo con Ω un dominio (aperto e connesso) di Rd con frontiera ∂Ω regolare di classe C 2 . L EMMA 6.1. Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω) armonica in Ω. Allora Z ∂u (y) = 0. dσ(y) ∂ν ∂Ω D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare la I Formula di Green con v = 1. L EMMA 6.2. Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩ C 1 (Ω) armonica in Ω. Vale allora la seguente rappresentazione integrale, · ¸ Z ∂u ∂G d u(x) = dσ(y) G d (x, y) (y) − (x, y)u(y) . ∂ν ∂ν ∂Ω ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.6 F UNZIONI ARMONICHE 95 D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare la III Formula di Green e notare che l’integrale di volume è nullo poiché ∆u = 0 in Ω. L EMMA 6.3 (I Teorema della media). Sia u ∈ C 2 (B R (x 0 ))∩C (B R (x 0 )) armonica in B R (x 0 ). Allora, Z 1 u(x 0 ) = dσ(y) u(y) |∂B R (x 0 )| ∂B R (x0 ) (dove quindi |∂B R (x 0 )| è pari a 2πR [risp. 4πR 2 ] se d = 2 [risp. d = 3]). D IMOSTRAZIONE . Consideriamo il caso d = 3, se d = 2 il ragionamento è del tutto analogo. Fissiamo 0 < r < R ed applichiamo il Lemma 6.2 alla funzione u ∈ C 2 (B r (x 0 )) armonica in B r (x 0 ) per calcolarne il valore nel centro x 0 . Poiché G 3 (x 0 , y) = 1 , 4πr ∂G 3 1 (x 0 , y) = − ∂ν 4πr 2 ∀ y ∈ ∂B r (x 0 ), (6.10) otteniamo u(x 0 ) = 1 4πr Z ∂B r (x 0 ) dσ(y) ∂u 1 (y) + ∂ν 4πr 2 Z ∂B r (x 0 ) dσ(y) u(y). Ma il primo integrale a secondo membro è nullo per il Lemma 6.1, mentre il termine rimanente è proprio la media aritmetica di u sulla superficie ∂B r (x 0 ). Abbiamo in tal modo dimostrato che Z 1 u(x 0 ) = dσ(y) u(y) ∀ r ∈ (0, R). (6.11) |∂B r (x 0 )| ∂B r (x0 ) Poiché per ipotesi la funzione u è continua su B R (x 0 ), possiamo passare al limite nella precedente uguaglianza per r → R − ed otteniamo la tesi. L EMMA 6.4 (II Teorema della media). Sia u ∈ C 2 (B R (x 0 )) ∩ C (B R (x 0 )) armonica in B R (x 0 ). Allora, Z 1 dy u(y) u(x 0 ) = |B R (x 0 )| B R (x0 ) (dove quindi |B R (x 0 )| è pari a πR 2 [risp. 4πR 3 /3] se d = 2 [risp. d = 3]). D IMOSTRAZIONE . Segue dal lemma precedente. Moltiplicando entrambi i membri dell’uguaglianza (6.11) per |∂B r (x 0 )| ed integrando sull’intervallo [0, R], otteniamo Z Z Z R 0 R dr |∂B r (x 0 )| u(x 0 ) = dr 0 ∂B r (x 0 ) dσ(y) u(y), ovvero, per il Teorema di Fubini, Z |B R (x 0 )| u(x 0 ) = dy u(y), B R (x 0 ) che è la tesi. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 96 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE x1 z2 z1 x0 Ω F IGURA 6.2. Successione di bolle che connette due punti x 0 ed x 1 di Ω, tale che il centro di ciascuna è nella chiusura della precedente. T EOREMA 6.5 (Principio del massimo). Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) armonica in Ω. Se u non è costante in Ω allora essa assume il massimo ed il minimo soltanto sulla frontiera, ovvero u(x) 6= cost. min u < u(x) < max u =⇒ ∂Ω ∂Ω ∀ x ∈ Ω. D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo che se u assume il valore massimo in un punto di Ω allora u è costante. Questo risultato applicato poi alla funzione armonica −u implica l’analoga affermazione nel caso in cui u assuma il valore minimo in un punto di Ω. Supponiamo pertanto che ∃ x 0 ∈ Ω : u(x 0 ) = M = max u. Ω Sia B R0 (x 0 ) una bolla di centro x 0 contenuta in Ω (ad esempio quella di raggio più grande). Sappiamo che u(x) ≤ M per ogni x ∈ B R0 (x 0 ). D’altra parte, per il Lemma 6.4, Z 1 ¯ dy u(y). (6.12) u(x 0 ) = ¯ ¯B R (x 0 )¯ B R (x0 ) 0 0 Deduciamo da ciò che u(x) = M in tutta la bolla B R0 (x 0 ). Infatti, supponendo per assurdo che esista un punto y ∈ B R0 (x 0 ) tale che u(y) = M − δ, con δ > 0, si ha per continuità u(x) < M − 21 δ in tutta una bolla B ε (y) ⊂ B R0 (x 0 ) di raggio ε sufficientemente piccolo. Ma allora la media di u sulla bolla B R0 (x 0 ) non è più |B (y)| grande di M − 12 δ |B Rε (x0 )| < M , in contraddizione con l’uguaglianza (6.12). 0 Sia ora x 1 un qualsiasi altro punto di Ω. Per la connessione di Ω possiamo determinare una successione finita di bolle B R j (z j ), j = 0, . . . , N , tutte contenute in Ω e tali che z0 = x0 , z N = x1 , z j ∈ B R j −1 (z j −1 ) ∀ j = 1, . . . N . ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.6 F UNZIONI ARMONICHE 97 Poiché z 1 ∈ B R0 (x 0 ) si ha u(z 1 ) = M e quindi, riapplicando il ragionamento sopra esposto, deduciamo che u(x) = M per ogni x ∈ B R1 (z 1 ). Ripetendo l’argomento N volte concludiamo che u(x 1 ) = M . Vista l’arbitrarietà del punto x 1 abbiamo pertanto dimostrato che u = M su tutto Ω. C OROLLARIO 6.6. Se u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) è armonica in Ω ed u = 0 in ∂Ω allora u = 0 in Ω. Se u ∈ C 2 (Ω)∩C 1 (Ω) è armonica in Ω e ∂u ∂ν = 0 in ∂Ω allora u è costante in Ω. D IMOSTRAZIONE . La prima affermazione segue direttamente dal principio del massimo. Per dimostrare la seconda affermazione utilizziamo la I Formula di Green con u = v, ottenendo Z Z ∂u dx |∇u|2 = dσ u = 0, ∂ν Ω ∂Ω da cui ∇u = 0 in Ω e dunque u è costante in Ω. C OROLLARIO 6.7. Ogni funzione armonica è infinitamente derivabile nel suo dominio di armonicità. D IMOSTRAZIONE . È una conseguenza della formula di rappresentazione integrale delle funzioni armoniche. Sia u ∈ C 2 (Ω) armonica in Ω. Scelto un qualsiasi x 0 ∈ Ω, siano δ > 0 e D un aperto con frontiera regolare tali che B δ (x 0 ) ⊂ D ⊂ D ⊂ Ω. Per il Lemma 6.2 si ha, in particolare, · ¸ Z ∂u ∂G d u(x) = dσ(y) G d (x, y) (y) − (x, y)u(y) ∂ν ∂ν ∂D ∀ x ∈ B δ (x 0 ). Poiché la distanza di B δ (x 0 ) dalla frontiera ∂D è positiva, le funzioni G d (x, y) e ∂G d ∂ν (x, y) sono infinitamente derivabili rispetto al parametro x e limitate con tutte le loro derivate per (x, y) ∈ B δ (x 0 ) × ∂D. Pertanto è possibile derivare rispetto ad x infinite volte l’integrale nel membro di destra della precedente uguaglianza, dunque u ∈ C ∞ (B δ (x 0 )). Per l’arbitrarietà nella scelta di x 0 , il corollario è così dimostrato. C OROLLARIO 6.8. Una funzione armonica non costante non può avere massimi o minimi locali all’interno del suo dominio di armonicità. D IMOSTRAZIONE . Supponiamo per assurdo che esista un punto x 0 nel dominio in cui u è estremale. Potremmo allora determinare un opportuno intorno di x 0 dove u sia non costante e raggiunga il suo valore massimo o minimo in x 0 , in contraddizione con il principio del massimo (applicato in tale intorno). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 98 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE C OROLLARIO 6.9. Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) armonica in Ω. Allora ∀ x ∈ Ω. |u(x)| ≤ max |u| ∂Ω D IMOSTRAZIONE . Segue dal principio del massimo: se u non è costante allora ¯ ¯ ¯¾ ½¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ ¯ |u(x)| < max ¯min u ¯ ; ¯max u ¯¯ = max |u| ∀ x ∈ Ω. ∂Ω ∂Ω ∂Ω C OROLLARIO 6.10. Sia u ∈ C 2 (Rd \Ω)∩C (Rd \Ω) armonica in Rd \Ω e tale che u(x) → 0 se |x| → ∞. Allora |u(x)| ≤ max |u| ∂Ω ∀ x ∈ Rd \ Ω. D IMOSTRAZIONE . Sia R > 0 sufficientemente grande in modo che Ω ⊂ B R (0). Per il Corollario 6.9 applicato in B R (0) \ Ω si ha |u(x)| ≤ max ∂Ω∪∂B R (0) |u| ≤ max |u| + max |u| ∂Ω ∂B R (0) ∀ x ∈ B R (0) \ Ω. Poiché max |u| → 0 per R → ∞ l’asserto segue nel limite R → ∞. ∂B R (0) Concludiamo con un teorema di unicità e stabilità del problema di LaplaceDirichlet interno per l’equazione di Laplace. T EOREMA 6.11. Sia Ω un dominio limitato con frontiera regolare e sia g ∈ C (∂Ω). Allora il problema Laplace-Dirichlet (6.3) possiede al più una soluzione in C 2 (Ω) ∩C (Ω). Inoltre, assegnate g 1 , g 2 ∈ C (∂Ω), se u g 1 , u g 2 ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) sono soluzioni classiche dei corrispondenti problemi di Laplace-Dirichlet, si ha max |u g 1 − u g 2 | = max |g 1 − g 2 |. Ω ∂Ω D IMOSTRAZIONE . L’unicità segue dalla seconda affermazione per g 1 = g 2 = g . Quest’ultima affermazione è conseguenza immediata del Corollario 6.9 applicato alla funzione armonica u = u g 1 − u g 2 . E SERCIZIO 6.2. Si trovi una funzione armonica u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) nel settore bidimensionale Ω = {x ∈ R2 : x 1 > 0, x 2 > 0, x 2 < x 1 } tale che, per x ∈ ∂Ω, ( x1 se x = (x 1 , 0), u(x) = 2 x 1 + 2x 1 se x 1 = x 2 . E SERCIZIO 6.3. Siano u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) e v ∈ C 2 (ΩB ) ∩ C (ΩB ) due funzioni armoniche, dove Ω è un dominio (aperto e connesso) del piano e ΩB = Ω \ B , con B un disco interamente contenuto in Ω. Supponendo che u = v > 0 in ∂Ω e v = 0 in ∂B , si dimostri che u ≥ v in ΩB . ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.7 F ORMULA INTEGRALE DI P OISSON 99 6.7. Formula integrale di Poisson La questione sull’esistenza della soluzione classica del problema di LaplaceDirichlet su un dominio generico non è ovvia e non sarà argomento di queste note. Invece, nel caso di domini con particolari simmetrie, il problema può essere affrontato con metodi ad hoc, quali la separazione delle variabili, che forniscono soluzioni esplicite. È questo il caso del disco in d = 2, ovvero della bolla in d = 3, per i quali sussite la Formula di Poisson: la soluzione del problema (6.3) nel caso in cui Ω = B R (x 0 ) e g ∈ C (∂B R (x 0 )) è Z R 2 − |x − x 0 |2 g (y) u(x) = , (6.13) dσ(y) σd R |x − y|d ∂B R (x 0 ) dove σd = |∂B 1 (0)| = ( 2π se d = 2, 4π se d = 3. In questa sezione dimostriamo la formula di Poisson nel caso d = 2 utilizzando il metodo della separazione delle variabili. Più avanti la dimostreremo nel caso d = 3 con un metodo differente. Senza perdere di generalità possiamo considerare il problema di Dirichlet nel disco B R (0) centrato nell’origine (la soluzione nel caso generale si ottiene con una semplice traslazione). Osserviamo che in coordinate polari (r, θ) il dato al bordo dipende solo dalla variabile angolare, g (y) = g (R cos θ, R sin θ) =: ge(θ), y ∈ ∂B R (0). Pertanto possiamo cercare di separare le variabili r e θ. A tal fine occorre esprimere l’operatore di Laplace in tali coordinate. Introduciamo i versori e r = cos θe 1 + sin θe 2 , e θ = − sin θe 1 + cos θe 2 , dove {e 1 , e 2 } è la base canonica di R2 . In particolare, à ! de θ de r r cos θ x= = eθ , = −e r , = r er , r sin θ dθ dθ e r · e θ = 0. (6.14) Sia ora F (x) una funzione scalare ed indichiamo con Fe(r, θ) la sua espressione in coordinate polari, dunque Fe(r, θ) := F (r cos θ, r sin θ). Poiché d x = d r e r +r d θe θ , si ha d F = ∇F · d x = (∇F · e r )d r + (r ∇F · e θ )d θ. D’altra parte, d F = d Fe = e pertanto ∂Fe = ∇F · e r , ∂r ∂Fe ∂Fe dr + d θ, ∂r ∂θ ∂Fe = r ∇F · e θ . ∂θ ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 100 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Altrimenti detto, l’operatore gradiente in coordinate polari si scrive ∇ = er ∂ 1 ∂ + eθ . ∂r r ∂θ Ne segue allora che ¶ µ ¶ µ ∂Fe ∂ 1 ∂ 1 ∂Fe · er + eθ + eθ ∆F = div ∇F = ∇ · ∇F = e r ∂r r ∂θ ∂r r ∂θ 2e 2 ∂ F 1 ∂Fe 1 ∂ Fe = 2+ + , ∂r r ∂r r 2 ∂θ 2 dove abbiamo utilizzato le proprietà dei versori {e r , e θ } dettagliate in (6.14). Concludiamo che l’operatore di Laplace in coordinate polari assume la forma seguente, ∂2 1 ∂ 1 ∂2 ∆= 2 + + 2 2. ∂r r ∂r r ∂θ Cerchiamo ora delle funzioni armoniche nel disco che abbiano la forma di prodotto di funzioni di una sola variabile, dunque u(r, θ) = v(r )χ(θ). Sostituendo nell’equazione di Laplace ed utilizzando l’espressione trovata per il laplaciano in coordinate polari otteniamo r 2 v 00 (r )χ(θ) + r v 0 (r )χ(θ) + v(r )χ00 (θ) = 0, da cui, laddove v(r )χ(θ) 6= 0, χ00 (θ) r 2 v 00 (r ) + r v 0 (r ) =− . χ(θ) v(r ) Deve allora esistere una costante di separazione λ tale che χ00 (θ) = λχ(θ), r 2 v 00 (r ) + r v 0 (r ) + λv(r ) = 0. Perché la prima equazione dia luogo a soluzioni 2π-periodiche (θ è una variabile angolare) è necessario che sia λ = −n 2 con n un intero non negativo. Otteniamo in tal modo la famiglia di soluzioni periodiche χn (θ) = a n cos(nθ) + b n sin(nθ), n ≥ 0. In corrispondenza a ciascun intero n l’equazione per la funzione v(r ) si scrive, r 2 v 00 (r ) + r v 0 (r ) − n 2 v(r ) = 0. Per n = 0 si risolve per separazione delle variabili e si ottiene l’integrale generale v 0 (r ) = C 0 + D 0 log r , mentre per n ≥ 1 con la sostituzione di Eulero s = log r si riduce ad un’equazione a coefficienti costanti il cui integrale generale è v n (r ) = C n r n + D n r −n . Poiché siamo interessati a funzioni regolari anche nell’origine dobbiamo scegliere D n = 0 per ogni n ≥ 0. In definitiva, rinominando le costanti arbitrarie, abbiamo ottenuto la seguente famiglia di funzioni armoniche, U0 (θ) = A0 , 2 Un (θ) = [A n cos(nθ) + B n sin(nθ)]r n , n ≥ 1. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.7 F ORMULA INTEGRALE DI P OISSON 101 Possiamo ora cercare la soluzione del problema con dato al bordo fissato nella forma di sovrapposizione delle Un , A0 X u(r, θ) = + [A n cos(nθ) + B n sin(nθ)]r n , 0 < r < R. 2 n≥1 Imponendo le condizioni al bordo troviamo, A0 X ge(θ) = + [A n cos(nθ) + B n sin(nθ)]R n . 2 n≥1 Pertanto A n R n e B n R n sono i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier della funzione ge, Z 2π Z 2π 1 1 An = dθ ge(θ) cos(nθ), Bn = dθ ge(θ) sin(nθ). πR n 0 πR n 0 Per ipotesi ge è una funzione 2π-periodica e continua, per cui i suoi coefficienti di Fourier sono uniformemente limitati in n, precisamente max{|A n R n |; |B n R n |} ≤ kgek∞ . Allora, riscrivendo la soluzione nella forma ³ r ´n A0 X u(r, θ) = + [A n R n cos(nθ) + B n R n sin(nθ)] , 2 n≥1 R si vede immediatamente che la serie a secondo membro può essere derivata termine a termine infinite volte e definisce una funzione armonica per 0 < r < R (l’esclusione del valore r = 0 è qui dovuta al fatto che le coordinate polari sono mal definite nell’origine). Non è invece garantito che la serie converga puntualmente a ge(θ) quando r → R − sotto la sola ipotesi di continuità di ge(θ). Una condizione sufficiente perché questo accada è la convergenza totale della serie, ovvero X¡ ¢ |A n R n | + |B n R n | < ∞. n≥1 Dalla teoria sullo sviluppo in serie di Fourier, sappiamo che ciò è garantito se ge ha maggiore regolarità, ad esempio se è differenziabile con continuità. D’altra parte siamo interessati a trovare tutte le soluzioni classiche, non solo quelle che ammettono un’espansione in serie derivabile termine a termine e che richiedono condizioni al bordo più regolari. Riusciamo in tale scopo poiché è possibile sommare la serie ed ottenere un’espressione chiusa, che si dimostra successivamente essere la soluzione cercata per ogni possibile dato al bordo continuo. Infatti, inserendo l’espressione esplicita dei coefficienti di Fourier, si ha Z ³ r ´n X 1 Z 2π 0 1 2π 0 0 u(r, θ) = dθ ge(θ ) + dθ ge(θ 0 ) cos[n(θ − θ 0 )] 2π 0 R n≥1 π 0 ½ ¾ Z 2π ³ ´ n X 1 r = dθ 0 ge(θ 0 ) 1 + 2 cos[n(θ − θ 0 )] . 2π 0 R n≥1 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 102 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Osserviamo ora che, se a ∈ (0, 1), 1+2 X n cos[nϕ]a = 1 + 2ℜ n≥1 X¡ ae ¢ iϕ n · = 1 + 2ℜ n≥1 = 1 1 − aeiϕ ¸ −1 1 − a2 . 1 + a 2 − 2a cos ϕ Dunque 1 u(r, θ) = 2π 2 2π Z 0 dθ 0 ge(θ 0 ) R2 − r 2 . R 2 + r 2 − 2r R cos(θ − θ 0 ) 2 Osservando che R + r − 2r R cos(θ − θ 0 ) = |x − y|2 se x = (r cos θ, r sin θ) e y = (R cos θ 0 , R sin θ 0 ) e che Rd θ 0 = dσ(y), tornando in coordinate cartesiane otteniamo la formula di Poisson, Z g (y) R 2 − |x|2 dσ(y) . u(x) = 2πR |x − y|2 ∂B R (0) Nel disco B R (0) questa formula definisce una funzione armonica infinitamente derivabile. Questo fatto segue da come tale formula è stata derivata, ma ovviamente può anche essere verificato direttamente. Rimane invece da dimostrare che u(x) → g (ξ) se x → ξ ∈ ∂B R (0) per ogni g ∈ C (∂B R (0)). A tal scopo notiamo che se g ∈ C 1 (∂B R (0)) tale affermazione è vera in virtù dalla convergenza della serie di Fourier di ge. Scegliendo allora g = 1, per il principio del massimo u(x) = 1 e pertanto sussiste la (non ovvia!) identità Z R 2 − |x|2 1 1= dσ(y) , (6.15) 2πR |x − y|2 ∂B R (0) che ora utilizziamo per dimostrare la continuità fino al bordo della soluzione di Poisson. Fissato ξ ∈ ∂B R (0) e scelto ε > 0 sia Γ ⊂ ∂B R (0) l’arco di circonferenza di lunghezza 2δ e centrato in ξ tale che |g (y)−g (ξ)| < ε per ogni y ∈ Γ. Assumiamo δ piccolo a sufficienza perché si abbia |y −ξ| ≥ 13 δ per ogni y ∈ ∂B R (0)\Γ e fissiamo x ∈ B R (0) tale che |x − ξ| < 14 δ. Si ha allora, ¯ 2 ¯ Z ¯ R − |x|2 g (y) − g (ξ) ¯¯ ¯ |u(x) − g (ξ)| = ¯ dσ(y) ≤ I 1 (x) + I 2 (x), 2πR |x − y|2 ¯ ∂B R (0) dove R 2 − |x|2 2πR Z R 2 − |x|2 I 2 (x) = 2πR Z I 1 (x) = Γ |g (y) − g (ξ)| , |x − y|2 dσ(y) ∂B R (0)\Γ dσ(y) |g (y) − g (ξ)| . |x − y|2 dσ(y) 1 = ε, |x − y|2 Si ha ora R 2 − |x|2 I 1 (x) ≤ ε 2πR Z ∂B R (0) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.7 F ORMULA INTEGRALE DI P OISSON 103 avendo utilizzato ancora la (6.15) nell’ultimo passaggio. D’altra parte, essendo |x − y| ≥ |y − ξ| − |x − ξ| ≥ δ 12 ∀ y ∈ ∂B R (0) \ Γ, si ha I 2 (x) ≤ 2kg k∞ R 2 − |x|2 144 288kg k∞ 2 |∂B R (0) \ Γ| ≤ (R − |x|2 ). 2 2πR δ δ2 Pertanto I 2 (x) → 0 se x → ξ, cosicché lim sup |u(x) − g (ξ)| ≤ ε. x→ξ Vista l’arbitrarietà nella scelta del parametro ε concludiamo che u(x) → g (ξ) per x → ξ. Un’importante conseguenza della formula di Poisson è l’inversione dei teoremi della media, cosicché la proprietà di media risulta essere caratteristica per le funzioni armoniche. D EFINIZIONE 6.12. Una funzione u ∈ C (Ω) possiede la proprietà di media in Ω se Z Z 1 1 dσ(y) u(y) oppure u(x) = dy u(y) u(x) = |∂B r (x)| ∂B r (x) |B r (x)| B r (x) per ogni (x, r ) tali che B r (x) ⊂ Ω. T EOREMA 6.13. Se u ∈ C (Ω) ha la proprietà di media in Ω allora u è armonica in Ω. D IMOSTRAZIONE . Osserviamo preliminarmente che nella prova del principio del massimo abbiamo utilizzato unicamente la proprietà di media delle funzioni armoniche, pertanto anche le funzioni con la proprietà di media soddisfano tale principio. Fissata ora una qualunque bolla B ⊂ Ω, sia v ∈ C 2 (B ) ∩ C (B ) la funzione armonica in B che coincide con u sulla frontiera ∂B . L’esistenza di tale funzione è garantita dalla formula integrale di Poisson. Poniamo ora w(x) = v(x) − u(x), x ∈ B . Chiaramente w ha la proprietà di media in B ed è nulla sulla frontiera ∂B , pertanto w(x) = 0 per ogni x ∈ B come conseguenza del principio del massimo. Altrimenti detto, u = v in B , ovvero u è armonica in B . Per l’arbitrarietà nella scelta di B concludiamo che u è armonica in tutto Ω. T EOREMA 6.14. [Disuguaglianza di Harnack] Sia u ∈ C 2 (B R (0)) ∩ C (B R (0)) armonica e non negativa in B R (0). Allora R d −2 (R − |x|) (R + |x|)d −1 u(0) ≤ u(x) ≤ R d −2 (R + |x|) (R − |x|)d −1 u(0) ∀ x ∈ B R (0). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 104 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE D IMOSTRAZIONE . Segue facilmente dalla formula di Poisson. Osserviamo infatti che se y ∈ ∂B R (0) allora R−|x| ≤ |y−x| ≤ R+|x| per ogni x ∈ B R (0), cosicché u(x) = = R 2 − |x|2 σd R Z ∂B R (0) R d −2 (R + |x|) (R − |x|)d −1 dσ(y) u(y) |x − y|d ≤ R + |x| 1 σd R (R − |x|)d −1 Z ∂B R (0) dσ(y) u(y) u(0), avendo applicato il I Teorema della media nell’ultima uguaglianza. Analogamente, Z R − |x| 1 R d −2 (R − |x|) u(x) ≥ u(0). dσ(y) u(y) = σd R (R + |x|)d −1 ∂B R (0) (R + |x|)d −1 Ne segue un importante corollario. T EOREMA 6.15. [Teorema di Liouville] Se u è armonica in Rd ed è limitata superiormente (oppure inferiormente) allora u è costante. D IMOSTRAZIONE . È sufficiente considerare il caso u(x) ≤ M per qualche costante M , l’altro caso segue considerando la funzione armonica −u. La funzione w(x) = M − u(x) è armonica non negativa su tutto Rd , pertanto la disuguaglianza di Harnack si applica per ogni x ∈ Rd ed ogni R > |x|. Ma nel limite R → ∞ sia la stima dal basso che quella dall’alto tendono a w(0), da cui w(x) = w(0) e dunque la tesi. E SERCIZIO 6.4. Si determini una funzione armonica u nella regione piana B 1 (0) \ {0} (il disco di raggio unitario privato del centro) tale che, espressa in coordinate polari, u = u(r, θ), si abbia u(1, θ) = sin(5θ) ed inoltre verifichi lim+ r →0 u(r, θ) = 2. log r E SERCIZIO 6.5. Si risolva l’equazione di Laplace nel semidisco B 1+ (0) = {x ∈ R : |x| < 1, x 2 > 0} con condizione al bordo ( 0 se x = (x 1 , 0), |x 1 | ≤ 1, g (x) = x2 1−e se |x| = 1, x 2 > 0. 2 E SERCIZIO 6.6. Sia Ω un dominio limitato ed u una funzione armonica su R \ Ω tale che u(x) → 0 per |x| → ∞. Si dimostri che esiste allora una costante positiva a > 0 per cui a |u(x)| ≤ se |x| ≥ a. |x| 3 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.8 E QUAZIONE DI P OISSON IN Rd 105 6.8. Equazione di Poisson in Rd Trattiamo in dettaglio l’equazione di Poisson nello spazio, il caso dell’equazione nel piano verrà accennato alla fine della sezione. Sia f = f (x) una funzione continua ed integrabile su R3 e denotiamo con G(x, y) = Φ(x − y) la funzione di Green per l’operatore di Laplace in R3 , G(x, y) = 1 1 . 4π |x − y| Per quanto già visto, la quantità Z u(x) = dy G(x, y) f (y) può interpretarsi come il potenziale coulombiano (o newtoniano) generato dalla distribuzione di carica f . Esso viene anche detto potenziale (newtoniano) di volume, essendo generato da una distribuzione di cariche con densità spaziale (non tratteremo i potenziali generati da distribuzioni superficiali di carica). Per le ipotesi fatte su f , essendo Φ(x) una funzione integrabile in x = 0 e decrescente per |x| → ∞, la precedente definizione di u(x) è ben posta, nel senso che l’integrale a secondo membro è assolutamente convergente. Più precisamente, possiamo stimare Z Z 1 | f (y)| 1 | f (y)| dy |u(x)| ≤ dy + 4π |x − y| 4π |x − y| B 1 (x) R3 \B 1 (x) Z 1 Z 2 r 1 (6.16) ≤ k f k∞ dr dy | f (y)| + r 4π R3 \B 1 (x) 0 ¢ 1¡ ≤ k f k∞ + k f k1 . 2 R dove k f k1 = dy | f (y)| è la norma L 1 della funzione f . Osserviamo ora che, almeno formalmente, u(x) fornisce una soluzione particolare dell’equazione non omogenea, ∆u + f = 0 in R3 . Ci chiediamo pertanto sotto quali ipotesi su f tale affermazione è vera, ovvero condizioni su f per le quali u è soluzione classica di tale equazione. L EMMA 6.16. Se f (x) è una funzione limitata ed integrabile in R3 allora u(x) è una funzione differenziabile e limitata in R3 , le cui derivate si possono ottenere derivando sotto il segno di integrazione, Z ∇u(x) = dy ∇x G(x, y) f (y). D IMOSTRAZIONE . Poiché ∇x G(x, y) = ∇Φ(x−y) ha una singolarità integrabile in y = x ed ha modulo decrescente per |y| → ∞, l’integrale a secondo membro ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 106 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE è ben definito (converge assolutamente). Introduciamo ora una regolarizzazione di G(x, y), per |z| > ε, Φ(z) µ ¶ G ε (x, y) = Φε (x − y), Φε (z) = 1 3 |z|2 − per |z| ≤ ε. 4π 2ε 2ε3 In particolare Φε ∈ C 1 (R3 ) ed inoltre |Φε (z)| ≤ |Φ(z)|, |∇Φε (z)| ≤ |∇Φ(z)| ∀ z ∈ R3 \ {0}. Sia quindi Z u ε (x) = dy G ε (x, y) f (y). Chiaramente u ε (x) è una funzione differenziabile, limitata e tale che Z ¢ 1¡ ∇u ε (x) = dy ∇x G ε (x, y) f (y), |u ε (x)| ≤ k f k∞ + k f k1 , 2 dove la stima su |u ε (x)| si dimostra come in (6.16) essendo |Φε (z)| ≤ |Φ(z)|. L’asserto del lemma segue allora se dimostriamo che 1) u ε → u per ε → 0, uniformemente in R3 ; R 2) ∇u ε → v per ε → 0, uniformemente in R3 , con v(x) = dy ∇x G(x, y) f (y). Infatti, per i teoremi di derivazione di successioni di funzioni, questo garantisce che v ∈ C (R3 ; R3 ) e che v = ∇u. Per quanto riguarda il punto 1) si ha, ¯ ¯Z ¯ ¯ dy [Φ(x − y) − Φε (x − y)] f (y)¯¯ |u(x) − u ε (x)| = ¯¯ B ε (x) Z 1 dz = k f k∞ ε2 −−−→ 0. ≤ 2k f k∞ ε→0 4π|z| B ε (0) Analogamente, per il punto 2), ¯Z ¯ |v(x) − ∇u ε (x)| = ¯¯ ¯ ¯ dy [∇Φ(x − y) − ∇Φε (x − y)] f (y)¯¯ B ε (x) Z 1 ≤ 2k f k∞ dz = 2k f k∞ ε −−−→ 0. ε→0 4π|z|2 B ε (0) Il lemma è pertanto dimostrato. T EOREMA 6.17. Sia f ∈ C 1 (R3 ) tale che f e ∇ f siano limitate ed integrabili. Allora u ∈ C 2 (R3 ) ed è l’unica soluzione dell’equazione di Poisson ∆u + f = 0 in R3 che si annulla all’infinito. D IMOSTRAZIONE . L’unicità segue dal teorema di Liouville. Infatti, se u 1 , u 2 sono due tali soluzioni allora w = u 1 − u 2 è una funzione armonica limitata e dunque costante. Ma w(x) → 0 se |x| → ∞, per cui cui w = 0, ovvero u 1 = u 2 . Dimostriamo ora che u ∈ C 2 (R3 ); la difficoltà rispetto al lemma precedente è che le derivate seconde di G(x, y) hanno una singolarità non integrabile in y = x. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.8 E QUAZIONE DI P OISSON IN Rd 107 Fissato un qualsiasi x 0 ∈ R3 ed un raggio ε > 0 scomponiamo u(x) = u 0 (x)+u 1 (x) con Z Z dy G(x, y) f (y). dy G(x, y) f (y), u 1 (x) = u 0 (x) = R3 \B ε (x 0 ) B ε (x 0 ) Notiamo che u 1 (x) è una funzione armonica in B ε (x 0 ). Infatti, ragionando come nella dimostrazione del Corollario 6.7, u 1 ∈ C ∞ (B ε (x 0 )) e le sue derivate si ottengono derivando sotto il segno di integrazione; in particolare ∆u 1 (x) = 0 per ogni x ∈ B ε (x 0 ) essendo ∆x G(x, y) = 0 per x 6= y. Consideriamo ora la funzione u 0 (x) con x ∈ B ε (x 0 ). Per il Lemma 6.16 applicato alla funzione f (x)χB ε (x0 ) (x) sappiamo che u 0 ∈ C 1 (R3 ), con Z ∇u 0 (x) = dy ∇x G(x, y) f (y). B ε (x 0 ) Notiamo ora che ∇x G(x, y) f (y) = ∇Φ(x − y) f (y) = −∇ y [Φ(x − y) f (y)] + Φ(x − y)∇ f (y). D’altra parte, ∂ [Φ(x − y) f (y)] = div [Φ(x − y) f (y)e j ], ∂y j dove e j , j = 1, 2, 3, sono i versori coordinati. Ma applicando il teorema della divergenza si ha Z Z ∂ dy dσ(y) Φ(x − y) f (y)e j · ν(y), [Φ(x − y) f (y)] = ∂y j B ε (x 0 ) ∂B ε (x 0 ) cosicché, sostituendo nell’espressione di ∇u 0 , Z Z dy G(x, y)∇ f (y) − ∇u 0 (x) = B ε (x 0 ) ∂B ε (x 0 ) dσ(y)G(x, y) f (y)ν(y). Analogamente a quanto stabilito per u 1 (x), l’integrale di superficie a secondo membro definisce una funzione in C ∞ (B ε (x 0 )). Riguardo l’integrale di volume, possiamo applicare di nuovo il Lemma 6.16, questa volta a ciascuna componente della funzione ∇ f (x)χB ε (x0 ) (x), e dedurre che esso definisce una funzione in C 1 (R3 ). Vista l’arbitrarietà nella scelta di x 0 ed ε, concludiamo che u ∈ C 2 (R3 ). Dobbiamo ora calcolare il laplaciano di u. Nuovamente per l’arbitrarietà nella scelta di x 0 è sufficiente calcolare ∆u(x 0 ), e per far ciò possiamo utilizzare la precedente scomposizione. Poiché u 1 è una funzione armonica in B ε (x 0 ), si ha ∆u(x 0 ) = ∆u 0 (x 0 ) = div ∇u 0 (x 0 ), dunque Z Z ∆u(x 0 ) = dy ∇x G(x 0 , y) · ∇ f (y) − dσ(y) ∇x G(x 0 , y) · ν(y) f (y) B (x ) ∂B ε (x 0 ) Z ε 0 Z z 1 = dz · ∇ f (x 0 + z) − dσ(z) f (x 0 + z), 3 4π|z| 4πε2 ∂B ε (0) B ε (0) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 108 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE avendo utilizzato (6.10) (con r = ε) per ottenere l’ultima espressione dell’integrale di superficie. Il primo integrale è infinitesimo per ε → 0 poiché ¯Z ¯ Z ε ¯ ¯ z r2 ¯ ¯ dz · ∇ f (x + z) ≤ k∇ f k dr 2 = k∇ f k∞ ε. 0 ∞ ¯ ¯ 3 4π|z| r B ε (0) 0 Il secondo integrale converge invece a − f (x 0 ) per il teorema della media. Dunque ∆u(x 0 ) + f (x 0 ) = 0 ∀ x 0 ∈ R3 come richiesto. Rimane da verificare che u(x) → 0 per |x| → ∞. Fissato x ∈ R3 , per ogni 0 < ε < R = 21 |x| scomponiamo, Z Z Z dy G(x, y) f (y). dy G(x, y) f (y) + dy G(x, y) f (y) + u(x) = R3 \(B R (0)∪B ε (x)) B R (0) B ε (x) Se y ∈ B R (0) allora |x − y| ≥ |x| − |y| = 2R − R = R, cosicché possiamo stimare ¯ ¯Z Z ¯ ¯ 1 1 ¯ ¯ dy G(x, y) f (y)¯ ≤ dy | f (y)| ≤ k f k1 −−−−→ 0. ¯ R→∞ 4πR B R (0) R B R (0) R D’altra parte, poiché B R (0) dy | f (y)| → k f k1 < ∞ per R → ∞, ¯ ¯Z Z ¯ ¯ 1 ¯ ¯ dy G(x, y) f (y)¯ ≤ dy | f (y)| −−−−→ 0. ¯ 3 R→∞ 4πε R3 \B R (0) R \(B R (0)∪B ε (x)) Infine, ¯Z ¯ ¯ ¯ B ε (x) ¯ Z ¯ 1 dy G(x, y) f (y)¯¯ ≤ k f k∞ 4π dz B ε (0) 1 1 = k f k∞ ε2 . |z| 2 Nel limite |x| → ∞ (ovvero R → ∞) deduciamo che 1 lim sup |u(x)| ≤ k f k∞ ε2 2 |x|→∞ ∀ ε > 0, da cui, per l’arbitrarietà nella scelta di ε, u(x) → 0 per |x| → ∞. O SSERVAZIONE 6.2 (Equazione di Poisson nel piano). In maniera analoga si tratta il caso del potenziale logaritmico generato da una distribuzione di carica f nel piano, Z Z 1 dy log |x − y| f (y), x ∈ R2 . u(x) = dy G 2 (x, y) f (y) = − 2π Analogamente al caso tridimensionale, G 2 (x, y) e ∇x G 2 (x, y) possiedono una singolarità integrabile in y = x. Invece, rispetto al caso tridimensionale, abbiamo ora che G 2 (x, y) → ∞ per |x − y| → ∞, per cui occorre richiedere condizioni più forti di decadimento di f all’infinito perché u sia ben definita. Inoltre, u(x) non è infinitesima, ma anzi divergente, per |x| → ∞. Il caso più semplice da trattare è quello in cui la distribuzione di carica f ha supporto compatto. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.9 E QUAZIONE DI P OISSON IN DOMINI LIMITATI 109 T EOREMA 6.18. Sia f ∈ C 1 (R2 ) a supporto compatto. Allora u(x) è l’unica soluzione classica di ∆u + f = 0 in R2 tale che il suo comportamento per |x| → ∞ è il seguente, µ ¶ Z M 1 u(x) = − log |x| + O , M = dy f (y). 2π |x| D IMOSTRAZIONE . L’unicità della soluzione segue di nuovo dal teorema di Liouville poiché la differenza di due soluzioni con questo comportamento è una funzione armonica infinitesima all’infinito, dunque nulla. Non ripetiamo la prova che u ∈ C 2 (R2 ) e che u soddisfa l’equazione, essendo del tutto simile a quella del caso tridimensionale. Mostriamo invece che sussiste l’asintotica dichiarata. Sia K = {x : f (x) 6= 0} il supporto di f e sia R > 0 tale che K ⊂ B R (0). Allora, per |x| > 2R, Z 1 M |x| dy u(x) = − log |x| + log f (y). 2π 2π |x − y| B R (0) Inoltre, per y ∈ B R (0), essendo |x| − R < |x − y| < |x| + R, µ ¶ |x| R R 2R |x| ≤ log = log 1 + ≤ ≤ , log |x − y| |x| − R |x| − R |x| − R |x| µ ¶ |x| |x| R R R log ≥ log = log 1 − ≥− ≥− . |x − y| |x| + R |x| + R |x| + R |x| Pertanto, ¯ ¯ Z ¯ ¯ ¯u(x) + M log |x|¯ ≤ 2R dy | f (y)| = cost . ¯ ¯ |x| 2π |x| 6.9. Equazione di Poisson in domini limitati Consideriamo ora il problema di Poisson-Dirichlet in un dominio limitato e regolare Ω ⊂ Rd , d = 2, 3, ( ∆u + f = 0 in Ω, (6.17) u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω. Analizziamo in modo più approfondito la strategia esposta brevemente in Sezione 6.3. Vogliamo esprimere la soluzione mediante un’opportuna funzione di Green, definita come segue. Nel seguito indichiamo con G(x, y) = Φ(x − y) la soluzione fondamentale del laplaciano in Rd (omettendo il pedice d per non appesantire la notazione). Una funzione G (x, y), (x, y) ∈ Ω × Ω, è detta funzione di Green in Ω per l’operatore di Laplace se soddisfa le seguenti condizioni: 1) Per ogni y ∈ Ω si ha G (x, y) = G(x, y)+γ(x, y), con x 7→ γ(x, y) una funzione armonica in Ω e continua in Ω. 2) Si ha G (x, y) = 0 per ogni (x, y) ∈ ∂Ω × Ω. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 110 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Ne segue che G soddisfa l’equazione ∆x G (x, y) + δ y (x) = 0 in Ω con condizioni di Dirichlet omogenee al bordo. Nel caso d = 3 può quindi essere interpretata come il potenziale elettrostatico generato da una carica puntiforme di intensità 1 4π posta in y ∈ Ω, con Ω l’interno di una superficie conduttrice ∂Ω messa a terra. Osserviamo inoltre che, per ogni fissato y ∈ Ω, la funzione γ(x, y) è soluzione del problema ( ∆γ(·, y) = 0 in Ω, (6.18) γ(x, y) = −G(x, y) per x ∈ ∂Ω, pertanto la funzione di Green G è unica (se esiste). La funzione γ(x, y) rappresenta la “parte regolare” di G ed è una funzione continua in Ω × Ω. Infatti, per il principio del massimo, per ogni (x, y), (x 0 , y 0 ) ∈ Ω × Ω, |γ(x, y) − γ(x 0 , y 0 )| ≤ |γ(x, y) − γ(x 0 , y)| + |γ(x 0 , y) − γ(x 0 , y 0 )| ≤ |γ(x, y) − γ(x 0 , y)| + max |G(x 0 , y) −G(x 0 , y 0 )|, x 0 ∈∂Ω e l’ultimo membro tende a zero per (x, y) → (x 0 , y 0 ). L EMMA 6.19. La funzione di Green possiede le seguenti proprietà. i) G (x, y) = G (y, x) per ogni x, y ∈ Ω. ii) G (x, y) > 0 per ogni x, y ∈ Ω. iii) Se d = 3 allora G (x, y) < G(x, y) per ogni x, y ∈ Ω, x 6= y. D IMOSTRAZIONE . Iniziamo con il dimostrare la simmetria di G . Applichiamo la II Formula di Green alle funzioni armoniche u(z) = G (z, y) e v(z) = G (z, x) nella regione Ω \ (B ε (x) ∪ B ε (y)) con ε piccolo, · ¸ Z ∂G ∂G dσ(z) G (z, y) 0= (z, x) − G (z, x) (z, y) ∂ν ∂ν ∂B ε (x) · ¸ Z ∂G ∂G dσ(z) G (z, y) + (z, x) − G (z, x) (z, y) . ∂ν ∂ν ∂B ε (y) Lasciamo al lettore la prova del fatto che per ε → 0 il primo integrale tende a −G (x, y) ed il secondo a G (y, x). Per dimostrare la positività della funzione di Green osserviamo che se ε > 0 è sufficientemente piccolo allora G (x, y) > 0 nella bolla B ε (y) (poiché la parte singolare G(x, y) è positiva grande e domina sulla parte regolare γ(x, y)). Ma allora G (x, y) è una funzione armonica in Ω \ B ε (y), nulla su ∂Ω e positiva su ∂B ε (y), pertanto positiva anche in Ω\B ε (y) per il principio del massimo. Infine, se d = 3 allora γ(x, y) < 0 per x ∈ ∂Ω, da cui, applicando di nuovo il principio del massimo, γ(x, y) < 0 in Ω, ovvero G (x, y) < G(x, y). Nella dimostrazione della simmetria di G (e in quanto segue) stiamo ta∂γ citamente assumendo che la derivata normale ∂ν (x, y) esista regolare su ∂Ω, affermazione vera ma che non dimostriamo. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.9 E QUAZIONE DI P OISSON IN DOMINI LIMITATI 111 T EOREMA 6.20. Se u ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) è soluzione del problema (6.17) allora Z Z ∂G dσ(y) u(x) = − (x, y)g (y) + dy G (x, y) f (y), x ∈ Ω. ∂ν Ω ∂Ω D IMOSTRAZIONE . (traccia) Per la III Formula di Green, · ¸ Z Z ∂u ∂G u(x) = dσ(y) G(x, y) (y) − g (y) (x, y) + dy G(x, y) f (y). ∂ν ∂ν ∂Ω Ω D’altra parte γ(x, y) è armonica anche rispetto alla variabile y per la simmetria di G , pertanto, applicando la II Formula di Green alle funzioni u e y 7→ γ(x, y), · ¸ Z Z ∂u ∂γ − dy γ(x, y) f (y) = dσ(y) γ(x, y) (y) − g (y) (x, y) . ∂ν ∂ν Ω ∂Ω Sommando membro a membro le ultime due uguaglianze ed utilizzando che, sempre per la simmetria di G , G(x, y) + γ(x, y) = 0 per y ∈ ∂Ω, si perviene al risultato. Si osservi che nella dimostrazione abbiamo utilizzato la II Formula di Green, la cui applicabilità andrebbe dimostrata mediante uno studio del comportamento delle derivate di u e γ in prossimità della frontiera di Ω. Per costruire la funzione di Green in domini di R3 con elevata simmetria risulta efficace talvolta il cosiddetto metodo delle riflessioni o metodo delle cariche immagine. Esso consiste nel cercare una posizione y = y(y) ∈ R3 \ Ω ed una carica q = q(y) ∈ R tali che G (x, y) = G(x, y) + qG(x, y). Poiché qG(x, y) è armonica in Ω, il problema si riduce a cercare y e q tali che G(x, y) + qG(x, y) = 0 per ogni (x, y) ∈ ∂Ω × Ω. Applichiamo tale metodo nel caso importante in cui Ω = B R (0). Occorre quindi richiedere che 1 q =− |x − y| |x − y| ∀ x : |x| = R, da cui, passando all’uguaglianza dei quadrati e sviluppando, 2x · (y − q 2 y) = (1 − q 2 )R 2 − q 2 |y|2 + |y|2 . Solo il membro di sinistra dipende dall’angolo che il vettore x di modulo R forma con y−q 2 y, per cui la prima scelta naturale è che sia y = q 2 y, dopodiché la carica q rimane fissata dalla condizione R 2 − q 2 R 2 − q 2 |y|2 + q 4 |y|2 = 0 ⇐⇒ (q 2 − 1)(q 2 |y|2 − R 2 ) = 0. Poiché la carica immagine deve essere posta all’esterno di Ω dobbiamo escludere la scelta |q| = 1, pervenendo così alla soluzione q =− R , |y| y= R2 y. |y|2 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 112 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Sostituendo troviamo G (x, y) = 1 R|y| − , 4π|x − y| 4π||y|2 x − R 2 y| che ha senso anche per y → 0 (sebbene |y| diverga), precisamente G (x, 0) = 1 1 − . 4π|x| 4πR Questo risultato permette di derivare la formula integrale di Poisson per l’equazione di Laplace nella sfera. Infatti, posto r = |y| ed indicando con θ l’angolo tra le direzioni x e y, la derivata normale di G sulla superficie sferica è " # ¯ ¯ ∂ 1 ∂G 1 ¯ (x, y)¯ = p ∂ν 4π ∂r |x|2 + r 2 − 2|x|r cos θ |y|=R r =R # " 1 R ∂ − p 4π ∂r |x|2 r 2 + R 4 − 2R 2 |x|r cos θ r =R 1 |x|2 − R 2 = ¡ ¢ 4πR |x|2 + R 2 − 2|x|R cos θ 3/2 · 2 ¸ 1 |x| − R 2 = . 4πR |x − y|3 |y|=R Pertanto la soluzione del problema di Laplace-Dirichlet (ovvero (6.17) con f = 0) nella sfera è Z g (y) R 2 − |x|2 dσ(y) , u(x) = 4πR |x − y|3 ∂B R (0) che è la formula integrale di Poisson per d = 3. 6.10. Formulazione variazionale del problema di Laplace-Dirichlet L’esistenza di soluzioni classiche del problema di Poisson-Dirichlet (6.17) su domini qualsiasi non viene trattato in queste note. Vogliamo invece accennare ad un approccio differente al problema, che mediante una formulazione variazionale permette di dimostrare l’esistenza di soluzioni deboli del problema. Per fissare le idee consideriamo il caso omogeneo. L’osservazione chiave è la seguente. Consideriamo una soluzione del problema (6.17) omogeneo ( f = 0). Poiché è una soluzione stazionaria dell’equazione delle onde, possiamo aspettarci che essa minimizzi l’energia potenziale Z 1 H (v) = dx |∇v|2 , 2 Ω definita sullo spazio K g = {v ∈ C 1 (Ω) : v(x) = g (x) ∀ x ∈ ∂Ω}. In effetti, se u ∈ C 2 (Ω)∩C 1 (Ω) è soluzione del problema (6.17) con f = 0 e se v = u +h con h ∈ K 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.11 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI 113 allora Z 1 H (v) − H (u) = dx ∇u · ∇h + dx |∇h|2 2 Ω Ω Z Z Z 1 ∂u − dx h∆u + dx |∇h|2 = dσh ∂ν 2 Ω Ω ∂Ω Z 1 dx |∇h|2 ≥ 0, = 2 Ω Z avendo usato nell’ultima uguaglianza che h è nulla sulla frontiera di Ω e che u è armonica in Ω. Quindi possiamo cercare u come soluzione del problema variazionale u = arg min H (v). v∈K g In effetti, se tale u esiste allora ¯ ¯ d H (u + εh)¯¯ dε Z ε=0 = Ω ∀ h ∈ K0, dx ∇u · ∇h = 0 da cui, se anche u ∈ C 2 (Ω), integrando per parti, Z dx h∆u = 0 ∀ h ∈ K0, Ω e pertanto ∆u = 0 in Ω per il lemma fondamentale del calcolo della variazioni. In verità sappiamo solo che H ≥ 0, per cui esiste m ≥ 0 tale che m = inf H (v) v∈K g =⇒ ∃ {u k } ⊂ K g : lim H (u k ) = m. k→∞ La strategia è allora quella di considerare uno spazio di funzioni più grande, Keg ⊃ K g , tale che la sequenza {u k } è ivi compatta, ovvero si possa estrarre una sottosuccessione {u k j } convergente, diciamo u k j → u ∈ Keg per j → ∞. Se il funzionale H (v) è semicontinuo inferiormente nella topologia di Keg allora m = H (u). Ma se anche tutto questo riesce, poiché sappiamo solo che u ∈ Keg , tale funzione potrebbe non essere due volte differenziabile e quindi definire solo una “soluzione debole” del problema. La parte successiva è allora dimostrare che (sotto opportune ipotesi sui dati al bordo e sul dominio) tale funzione è effettivamente regolare. 6.11. Soluzione degli esercizi S OLUZIONE E S . 6.1. L’integrale generale dell’equazione differenziale è Z x Z x u(x) = C 1 +C 2 x + dy y f (y) − x dy f (y). 0 0 Affinché u(0) = 0 ed u(x) sia uniformemente limitata è necessario e sufficiente che Z ∞ C 1 = 0, C2 = dy f (y). 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 114 I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE Infatti la necessità di tale scelta è ovvia, mentre per la sufficienza osserviamo che per tale scelta di C 2 si ha ¯ ¯ Z ∞ Z x Z ∞ ¯ ¯ ¯ ¯ dy y| f (y)| sup ¯C 2 x − x dy f (y)¯ ≤ sup x dy | f (y)| ≤ sup 0 x x≥0 x≥0 x x≥0 Z ∞ ≤ dy y| f (y)| < ∞. 0 Pertanto la soluzione del problema è Z x Z ∞ Z u(x) = dy y f (y) + x dy f (y) = x 0 ∞ dy G(x, y) f (y), 0 con ( G(x, y) = Chiaramente x se x < y y se x > y . ∂2 G (x, y) + δ y (x) = 0, G(0, y) = 0, G(∞, y) = ∂x 2 Z ∞ u(∞) = lim u(x) = x→∞ y. Infine, dy y f (y), 0 R∞ R∞ poiché x x dy f (y) è dominato in modulo dalla coda x dy y| f (y)|, che tende a R∞ zero per x → ∞ essendo l’integrale 0 dy y| f (y)| convergente per ipotesi. S OLUZIONE E S . 6.2. Cerchiamo la funzione armonica nella forma di un polinomio di secondo grado nelle variabili x = (x 1 , x 2 ), dunque u(x) = αx 12 + βx 22 + γx 1 x 2 + δx 1 + ²x 2 + c. Imponendo la condizione di armonicità ∆u = 0 si ricava che deve essere α + β = 0, per cui u(x) = α(x 12 − x 22 ) + γx 1 x 2 + δx 1 + ²x 2 + c. Imponendo ora le condizioni al bordo devono essere verificate le ulteriori relazioni, αx 12 + δx 1 + c = x 1 , γx 12 + (δ + ²)x 1 + c = x 12 + 2x 1 , che implicano α = 0, δ = 1, c = 0, γ = 1, δ + ε = 2. La funzione cercata è quindi u(x) = x 1 x 2 + x 1 + x 2 . S OLUZIONE E S . 6.3. Per il principio del massimo la funzione u è positiva in Ω, in particolare u > 0 in ∂B . D’altra parte, la funzione w = u − v è armonica in ΩB con w = u in ∂B e w = 0 in ∂Ω. Dunque w ≥ 0 in tutto ∂ΩB , da cui, per il principio del massimo, w ≥ 0 in ΩB , ovvero u ≥ v in tale dominio. S OLUZIONE E S . 6.4. La funzione u 1 (r, θ) = 2 log r è armonica in B 1 (0) \ {0} e si annulla per r = 1. D’altra parte, la funzione u 2 (r, θ) = r 5 sin(5θ) è armonica in B 1 (0) e coincide con il dato al bordo assegnato. Quindi u(r, θ) = 2 log r + r 5 sin(5θ) fornisce la funzione cercata. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 6.11 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI 115 S OLUZIONE E S . 6.5. Dalla formula di Poisson per il disco B 1 (0) si ricava immediatamente che se il dato al bordo è una funzione antisimmetrica rispetto all’asse delle ascisse allora tale proprietà è soddisfatta anche dalla soluzione. In particolare tale soluzione è nulla sul segmento x = (x 1 , 0), |x 1 | ≤ 1. Se definiamo allora ( 1 − ex 2 se |x| = 1, x 2 > 0, g̃ (x) = −x 2 −1 + e se |x| = 1, x 2 ≤ 0, ed indichiamo con ũ(x) la corrispondente soluzione del problema di Laplace, Z 1 − |x|2 g̃ (y) ũ(x) = dσ(y) , 2πR ∂B 1 (0) |x − y|2 la funzione cercata è fornita dalla restrizione di ũ al semidisco B 1+ (0). S OLUZIONE E S . 6.6. Sia a > 0 sufficientemente grande perché Ω ⊂ B a (0) e a |u(x)| ≤ 1 se |x| = a. Posto allora w ± (x) = u(x) ± |x| si ha w + (x) ≥ 0, w − (x) ≤ 0 se |x| = a. D’altra parte, poiché w ± (x) → 0 per |x| → ∞, per ogni R > a si ha w + (x) ≥ −εR , w − (x) ≤ εR se |x| = R, con εR > 0 ed infinitesimo per R → ∞. Ne segue, per il principio del massimo applicato alle funzioni armoniche w ± nel dominio {x ∈ R3 : a < |x| < R}, che w + (x) ≥ −εR , w − (x) ≤ εR se a ≤ |x| ≤ R, ovvero, vista l’arbitrarietà nella scelta di R > a, w + (x) ≥ 0, w − (x) ≤ 0 ovvero, per la definizione di w ± , a a − ≤ u(x) ≤ |x| |x| se |x| ≥ a, se |x| ≥ a. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 CAPITOLO 7 Equazione del calore 7.1. Considerazioni generali In questo capitolo studiamo un’altra delle equazioni fondamentali della fisica matematica, l’equazione del calore o equazione della diffusione, ∂u (x, t ) = D∆u(x, t ), ∂t per la funzione incognita u = u(x, t ), x ∈ Rd , t ∈ R+ , con d = 1, 2, 3 e D > 0 una costante assegnata, detta coefficiente di diffusione. Il nome di equazione del calore proviene dal fatto che essa fu introdotta per la prima volta nella descrizione della propagazione del calore in un mezzo solido, isotropo ed omogeneo. In realtà tale equazione (e sue generalizzazioni) descrive un’ampia classe di fenomeni fisici e biologici noti come processi di diffusione. Esempio tipico è il trasporto di materia in un mezzo dovuto al moto molecolare disordinato del mezzo in cui essa si trova. Vedremo più avanti una derivazione microscopica e probabilistica di tale equazione, che renderà più chiaro il tipo di dinamica microscopica che può dar luogo ad un’equazione di evoluzione macroscopica di tipo diffusivo. Nonostante le diverse analogie tra l’equazione delle onde e quella della diffusione, quest’ultima si differenzia notevolmente dalla prima, in particolare riguardo il comportamento asintotico nel tempo delle soluzioni, ed in effetti descrive fenomeni evolutori profondamente diversi. In particolare notiamo che come l’equazione delle onde essa è lineare, pertanto sussiste il principio di sovrapposizione, ed è anch’essa invariante rispetto a traslazioni spazio-temporali. Viceversa, non è invariante sotto riflessioni del tempo: se u(x, t ) risolve l’equazione del calore allora la funzione v(x, t ) = u(x, −t ) è soluzione dell’equazione aggiunta ∂v ∂t + D∆v = 0. In altri termini, esiste una direzione privilegiata del tempo, questa equazione descrive fenomeni irreversibili. 7.2. Derivazione euristica Consideriamo un solido omogeneo ed isotropo di densità ρ costante. Su di esso non si compie lavoro meccanico, ma assumiamo che possa scambiare energia termica con una sorgente esterna in modo distribuito sulla sua estensione (ad esempio per irraggiamento, o per energia rilasciata da reazioni chimiche 117 118 E QUAZIONE DEL CALORE al suo interno). Sia r = r (x, t ) il tasso di calore scambiato per unità di massa con tale sorgente. Assumendo che ciascun elemento di volume infinitesimo sia all’equilibrio termico locale, l’energia interna per unità di massa in un volumetto attorno x al tempo t è una funzione e = e(x, t ), proporzionale alla temperatura assoluta θ(x, t ) nello stesso elemento; la costante di proporzionalità, detta calore specifico a volume costante ed indicata con C v , è assunta indipendente dalla posizione e dal tempo, cosicché e(x, t ) = C v θ(x, t ). Per il primo principio della termodinamica, poiché non si compie lavoro sul solido, la variazione di energia interna in un qualunque suo volume V è pari al flusso di calore che attraversa la frontiera ∂V sommato al calore scambiato in V con la sorgente esterna. Pertanto, indicando con J = J (x, t ) ∈ R3 il flusso di calore, deve aversi Z Z Z d dσ J · ν + dx ρr. dx ρe = − dt V V ∂V Possiamo ora ragionare come fatto in Sezione 2.3 nella derivazione dell’equaR R zione di Liouville: poiché ∂V dσ J · ν = V dx div J , deve aversi µ ¶ Z ∂e dx ρ + div J − ρr = 0 ∀V, ∂t V da cui ρ ∂e (x, t ) + div J (x, t ) = ρr (x, t ), ∂t ovvero, 1 ∂θ (x, t ) + div J (x, t ) = f (x, t ) ∂t ρC v µ ¶ r (x, t ) con f (x, t ) = . Cv Come nel caso dell’equazione di Liouville, per ottenere un’equazione chiusa nel campo di temperatura θ occorre postulare una legge che metta in relazione il flusso di calore con la stessa temperatura. Assumiamo allora la legge di Fourier, che si dimostra essere valida in condizioni “normali” (quali ad esempio gradienti non troppo elevati di temperatura). Tale legge stabilisce che esiste una costante K > 0, detta conducibilità termica, che dipende unicamente dal materiale in esame, tale che J (x, t ) = −K ∇θ(x, t ). Sostituendo nell’equazione di bilancio energetico sopra derivata otteniamo infine l’equazione del calore in presenza di una sorgente f , µ ¶ ∂θ K (x, t ) = D∆θ(x, t ) + f (x, t ) con D = . ∂t ρC v ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.2 D ERIVAZIONE EURISTICA 119 Vale la pena osservare che se il solido considerato non è omogeneo, il calore specifico C v e la conducibilità termica K dipendono dalla posizione x, nel qual caso l’equazione di diffusione del calore assume la seguente forma più generale, ∂θ 1 (x, t ) = div [K (x)∇θ(x, t )] + f (x, t ), ∂t ρC v (x) dove, in caso di anisotropia del solido, la conducibilità K (x) è una matrice d ×d . Come già accennato, alla medesima equazione si perviene quando si studiano alcuni fenomeni di trasporto della materia in un mezzo. Se c(x, t ) rappresenta la concentrazione di una sostanza, abbiamo già discusso la sua legge di conservazione in Sezione 2.3, che qui riscriviamo nella sua forma non omogenea, ∂c (x, t ) + div J (x, t ) = f (x, t ), ∂t dove f rappresenta un termine di sorgente della sostanza stessa (ad esempio se essa viene creata nel mezzo attraverso qualche reazione chimica). Nel caso dell’equazione di Liouville, abbiamo supposto che la sostanza fosse trasportata da una famiglia di diffeomorfismi associata ad un’equazione differenziale. Se invece vogliamo descrivere la dispersione della sostanza nel mezzo a causa di interazioni disordinate con le molecole componenti quest’ultimo, una scelta ragionevole per la corrente è quella dettata dalla legge di Fick, J (x, t ) = −D∇c(x, t ), dove D è una costante positiva, da cui ritroviamo la legge di diffusione, ∂c (x, t ) = D∆c(x, t ) + f (x, t ). ∂t Si osservi che la legge di Fick, che è l’esatto analogo della legge di Fourier, afferma semplicemente che la materia tende a diffondere da zone a concentrazione maggiore verso zone a concentrazione minore, ed il fatto che la legge sia lineare con il gradiente è ragionevole per regimi in cui il gradiente è sufficientemente piccolo. Nei casi più generali D può dipendere anche da x e c, mentre f può dipendere anche da c, x, t , il che conduce ad una particolare EDP non lineare, detta equazione di reazione-diffusione, ∂c (x, t ) = div [D(c(x, t ), x)∇c(x, t )] + f (x, c(x, t ), t ). ∂t Ad esempio, se c(x, t ) = n(x, t ) indica la concentrazione di una popolazione con ¡ ¢ crescita logistica f = r n 1 − k1 n , dove r è detto il tasso lineare di riproduzione e k la capacità dell’habitat, si ottiene la celebre equazione di Fisher, ∂n r (x, t ) = D∆n(x, t ) + r n(x, t ) − n(x, t )2 . ∂t k ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 120 E QUAZIONE DEL CALORE 7.3. Problemi ben posti e principio del massimo Osserviamo innanzitutto che, a differenza dell’equazione delle onde, essendo quella del calore del primo ordine rispetto alla variabile t , è necessario assegnare solo il valore della funzione u al tempo t = 0 per fissare le condizioni iniziali del moto. In presenza di un dominio limitato con frontiera, possiamo considerare sia le condizioni al bordo di Dirichlet che di Neumann: nel linguaggio del calore, questo significa, rispettivamente, assegnare una temperatura prestabilita sul bordo, ovvero assegnare il flusso di calore attraverso il bordo (chiaramente hanno senso anche altre condizioni al bordo, ma ci limitiamo in queste note a trattare solo le precedenti). Prenderemo in esame quindi i seguenti problemi. (1) Problema di Cauchy globale. La funzione incognita u = u(x, t ) è definita su tutto lo spazio, pertanto il problema corrispondente è ∂u = D∆u + f in Rd × R+ , (7.1) ∂t u(x, 0) = g (x) per x ∈ Rd . (2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Sia Ω ⊂ Rd un dominio regolare limitato con frontiera ∂Ω di classe C 1 . La funzione incognita u = u(x, t ) è soluzione dell’equazione del calore su Q T = Ω × (0, T ) ed il suo valore a(x, t ) sulla frontiera di Ω è preassegnato. Il problema corrispondente è pertanto ∂u = D∆u + f in Q T , ∂t (7.2) u(x, 0) = g (x) per x ∈ Ω, u(x, t ) = a(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ). (3) Problema di Cauchy-Neumann. Come in (2), con la differenza che viene assegnato il valore b(x, t ) della derivata normale della funzione incognita sulla frontiera di Ω. Otteniamo così il problema ∂u = D∆u + f in Q T , ∂t u(x, 0) = g (x) per x ∈ Ω, ∂u (x, t ) = b(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ), ∂ν (7.3) Dimostreremo l’unicità e, in alcuni casi, l’esistenza della soluzione di questi problemi. Vale la pena sin d’ora rimarcare una differenza di fondo con il caso della propagazione ondosa. Definiamo frontiera parabolica di Q T l’insieme ³ ´ ∂p Q T := Ω × {t = 0} ∪ (∂Ω × [0, T ]) = {(x, t ) : x ∈ Ω, t = 0} ∪ {(x, t ) : x ∈ ∂Ω, t ∈ [0, T ]}. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.3 P ROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO 121 Osserviamo allora che la buona posizione dei problemi (7.2) e (7.3) significa che la conoscenza di u(x, t ) sulla frontiera parabolica determina univocamente u(x, t ) in tutto Q T . Invece, nel caso dell’equazione delle onde, poiché l’assegnazione della velocità iniziale ∂u ∂t (x, 0) può sostituirsi con il valore u(x, T ) (si pensi alla formulazione variazionale), la soluzione rimane determinata in tutto Q T solo se è nota su tutta la frontiera ∂Q T di Q T . Questa differenza è legata all’irreversibilità dei processi descritti dall’equazione del calore: il futuro rimane determinato dal passato (il principio di causalità rimane pertanto valido) ma non è vero il viceversa, ovvero il valore della soluzione u al tempo t non determina il suo valore ai tempi precedenti. Analogamente, nel problema globale (7.1) definiamo la frontiera parabolica ∂p (Rd × R+ ) = Rd × {t = 0} = {(x, t ) ∈ Rd × R+ : t = 0} e la conoscenza di u(x, t ) su tale insieme determina univocamente la soluzione su tutto Rd × R+ . I teoremi di unicità per l’equazione del calore sono basati su una proprietà fondamentale delle soluzioni, nota come principio del massimo parabolico, che è conseguenza delle leggi di Fourier/Fick per le quali il calore/sostanza fluisce sempre verso regioni a temperatura/concentrazione più bassa. Formuleremo questo principio e le sue conseguenze dapprima nel caso di un dominio limitato. In quanto segue C 2,1 (Q T ) indica l’insieme delle funzioni numeriche su Q T che sono differenziabili con continuità due volte rispetto al complesso delle variabili x = (x 1 , . . . , x d ) ed una volta rispetto alla variabile temporale t . Inoltre C (Q T ) [risp. C 1 (Q T )] denota l’insieme delle funzioni numeriche su Q T continue [risp. derivabili con continuità] fino alla frontiera. T EOREMA 7.1 (Principio del massimo). Sia w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩C (Q T ) tale che ∂w − D∆w ≤ 0 in Q T , (7.4) ∂t con D una costante positiva. Allora il massimo di w è assunto sulla frontiera parabolica, ovvero max w = max w. QT ∂p Q T D IMOSTRAZIONE . Per la continuità fino alla frontiera della funzione w è sufficiente dimostrare che max w = max w QT 0 ∂p Q T 0 ∀ T 0 ∈ (0, T ). Fissiamo quindi T 0 < T e ragioniamo per assurdo, assumendo che M := max w > max w =: m. QT 0 ∂p Q T 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 122 E QUAZIONE DEL CALORE 0 Scelto 0 < ε < MT−m 0 , poniamo u(x, t ) := w(x, t ) + ε(T − t ). Per la scelta fatta del parametro ε si ha m u := max u ≤ m + εT 0 < M . ∂p Q T 0 D’altra parte, poiché u ≥ w (su Q T 0 ), M u := max u ≥ M . QT 0 Dunque M u > m u , il che implica l’esistenza di un punto (x 0 , t 0 ) ∈ Ω × (0, T 0 ] tale che M u = u(x 0 , t 0 ). Mostriamo che questo conduce ad un assurdo. Infatti, la condizione di massimo implica che ( = 0 se 0 < t 0 < T 0 , ∂u (x 0 , t 0 ) ∂t ≥ 0 se t 0 = T 0 , mentre, essendo x 0 interno ad Ω, ∇u(x 0 , t 0 ) = 0 e ∆u(x 0 , t 0 ) ≤ 0. Ne segue che ∂u (x 0 , t 0 ) − D∆u(x 0 , t 0 ) ≥ 0, ∂t che contraddice l’ipotesi (7.4), poiché in ogni punto (x, t ) ∈ Ω × (0, T 0 ] si ha ∂u ∂w (x, t ) − D∆u(x, t ) = (x, t ) − D∆w(x, t ) − ε ≤ −ε < 0. ∂t ∂t C OROLLARIO 7.2. Sia w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩C (Q T ) tale che ∂w − D∆w ≥ 0 in Q T , ∂t con D una costante positiva. Allora il minimo di w è assunto sulla frontiera parabolica, ovvero min w = min w. QT ∂p Q T D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare il Teorema 7.1 alla funzione −w. P ROPOSIZIONE 7.3. Sia w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩ C (Q T ) soluzione dell’equazione del calore omogenea, ∂w − D∆w = 0 in Q T . ∂t Allora min w ≤ w(x, t ) ≤ max w ∂p Q T ∂p Q T ∀ (x, t ) ∈ Q T . ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.3 P ROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO 123 D IMOSTRAZIONE . Ovvia conseguenza del Teorema 7.1 e del Corollario 7.2. Osserviamo che la precedente proposizione implica che se w ha un segno definito sulla frontiera parabolica allora w possiede il medesimo segno su tutto il dominio Q T . T EOREMA 7.4. Siano u 1 , u 2 ∈ C 2,1 (Q T ) ∩ C (Q T ) soluzioni dell’equazione del calore con uguale coefficiente di diffusione e forzanti f 1 , f 2 ∈ C (Q T ) rispettivamente. Allora sussiste la seguente stima, max |u 1 − u 2 | ≤ max |u 1 − u 2 | + T max | f 1 − f 2 |. ∂p Q T QT (7.5) QT In particolare, il problema di Cauchy-Dirichlet (7.2) possiede al più una soluzione in C 2,1 (Q T ) ∩C (Q T ). D IMOSTRAZIONE . Posto M := max | f 1 − f 2 | QT definiamo u ± (x, t ) := u 1 (x, t ) − u 2 (x, t ) ± M t , cosicché ∂u ± (x, t ) − D∆u ± (x, t ) = f 1 (x, t ) − f 2 (x, t ) ± M . ∂t Pertanto, dalla definizione di M , ∂u − ∂u + − D∆u − ≤ 0, − D∆u + ≥ 0 in Q T . ∂t ∂t Possiamo allora applicare, rispettivamente, il Teorema 7.1 alla funzione u − ed il Corollario 7.2 alla funzione u + . Si ottiene in tal modo che max(u 1 − u 2 − M t ) = max(u 1 − u 2 − M t ), ∂p Q T QT min(u 1 − u 2 + M t ) = min(u 1 − u 2 + M t ). ∂p Q T QT Dalle precedenti disuguaglianze segue che, per ogni (x, t ) ∈ Q T , u 1 (x, t ) − u 2 (x, t ) − M t ≤ max(u 1 − u 2 ) ≤ max |u 1 − u 2 |, ∂p Q T QT u 1 (x, t ) − u 2 (x, t ) + M t ≥ min(u 1 − u 2 ) ≥ − max |u 1 − u 2 |, ∂p Q T ∂p Q T che equivalgono a |u 1 (x, t ) − u 2 (x, t )| ≤ max |u 1 − u 2 | + M t , ∂p Q T da cui la tesi (7.5). L’unicità del problema di Cauchy-Dirichlet è ovvia conseguenza della stima (7.5). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 124 E QUAZIONE DEL CALORE O SSERVAZIONE 7.1. L’unicità del problema di Cauchy-Neumann 7.3 può essere provata con questi criteri di confronto, purché si dimostri una versione più forte del principio del massimo, assieme ad un’altra proprietà delle soluzioni nota come Principio di Hopf. Non tratteremo tali risultati in queste note. Osserviamo però che un risultato di unicità per entrambi i problemi di Dirichlet e di Neumann nella classe delle funzioni differenziabili fino al bordo di Q T può essere facilmente ottenuto con il seguente metodo dell’energia. Assegnata w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩ C 1 (Q T ) soluzione dell’equazione del calore omogenea in Q T , calcoliamo la derivata temporale della funzione Z 1 E (t ) = dx w(x, t )2 , t ∈ [0, T ]. 2 Ω Si ha, applicando la I Formula di Green, Z Z Z Z ∂w ∂w dσ w = dx D w∆w = D − D dx |∇w|2 . Ė (t ) = dx w ∂t ∂ν ∂Ω Ω Ω Ω Se ora u 1 e u 2 sono due soluzioni del medesimo problema (7.2) o (7.3) nella classe C 2,1 (Q T ) ∩ C 1 (Q T ), allora la loro differenza w = u 1 − u 2 è soluzione del problema omogeneo con w ∂w ∂ν = 0 su ∂p Q T . Pertanto Ė (t ) ≤ 0 per ogni t ∈ [0, T ] e dunque, essendo E (0) = 0 ed E (t ) ≥ 0, si ha E (t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Ne segue che ∇w = 0 su Q T , ovvero che w dipende dalla sola variabile tempo t . D’altra parte w ∈ C (Q T ) ed è nulla su ∂p Q T , per cui deve essere w = 0 su Q T , ovvero u 1 = u 2 . Consideriamo ora il problema di Cauchy globale (7.1), di cui dimostreremo l’unicità nella classe delle funzioni limitate utilizzando la seguente estensione del principio del massimo. T EOREMA 7.5 (Principio del massimo globale). Consideriamo una funzione w ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]) tale che ∂w − D∆w ≤ 0 in Rd × (0, T ), ∂t (7.6) con D una costante positiva. Supponiamo inoltre che esista C < +∞ per cui w ≤C in Rd × [0, T ]. Allora sup w = sup w(x, 0). Rd ×[0,T ] x∈Rd D IMOSTRAZIONE . Posto M 0 := sup w(x, 0), C 1 := C − M 0 , x∈Rd ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.3 P ROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO 125 definiamo, per ogni L > 0, µ ¶ 2dC 1 x 2 z(x, t ) := + D t + M0 . L 2 2d Poiché ∆x 2 = ∂x 2 i =1 ∂x i2 Pd (7.6) segue che = 2d si ha ∂z ∂t (x, t ) − D∆z(x, t ) = 0. Pertanto dall’ipotesi ∂(z − w) − D∆(z − w) ≥ 0 in Rd × (0, T ). ∂t Applichiamo il Corollario 7.2 alla funzione z − w, scegliendo come dominio la bolla ΩL := {x ∈ Rd : |x| < L}. Posto Q T,L := ΩL × (0, T ), otteniamo ( ) min(z − w) = min (z − w) = min Q T,L ∂p Q T,L min (z − w); ΩL ×{t =0} min (z − w) . ∂ΩL ×[0,T ] Essendo C 1 ≥ 0 ed M 0 ≥ w(x, 0) per ogni x ∈ Rd , si ha · ¸ C1 x2 + M − w(x, 0) ≥ 0. min (z − w) = min 0 |x|≤L L2 ΩL ×{t =0} D’altra parte, essendo C 1 + M 0 − w(x, t ) = C − w(x, t ) ≥ 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd × [0, T ], si ha anche ¶ ¸ · µ 2dC 1 x 2 + D t + M 0 − w(x, t ) min (z − w) = min min |x|=L t ∈[0,T ] ∂ΩL ×[0,T ] L 2 2d · ¸ 2dC 1 D = min min C 1 + t + M 0 − w(x, t ) ≥ 0. |x|=L t ∈[0,T ] L2 Quindi min(z − w) ≥ 0, ovvero Q T,L ¶ µ 2dC 1 x 2 + D t + M0 w(x, t ) ≤ L 2 2d ∀ (x, t ) ∈ ΩL × [0, T ]. Nel limite L → +∞ otteniamo w(x, t ) ≤ M 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd × [0, T ], che è la tesi. C OROLLARIO 7.6. Sia w ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]) tale che ∂w − D∆w ≥ 0 in Rd × (0, T ), ∂t con D una costante positiva. Supponiamo inoltre che esista C > −∞ tale che w ≥C in Rd × [0, T ]. inf w = inf w(x, 0). Allora Rd ×[0,T ] x∈Rd D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare il Teorema 7.5 alla funzione −w. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 126 E QUAZIONE DEL CALORE T EOREMA 7.7. Il problema di Cauchy globale, ∂u = D∆u + f in Rd × (0, T ), ∂t u(x, 0) = g (x) ∀ x ∈ Rd , possiede al più una soluzione limitata in C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]). D IMOSTRAZIONE . Siano u 1 , u 2 soluzioni dello stesso problema di Cauchy, allora w = u 1 − u 2 è una funzione limitata che soddisfa l’equazione omogenea con dato iniziale w(x, 0) ≡ 0. Pertanto, dal Teorema 7.5 e dal Corollario 7.6 si ha 0 = inf w(x, 0) = x∈Rd inf Rd ×[0,T ] w(x, t ) ≤ sup w(x, t ) = sup w(x, 0) = 0. Rd ×[0,T ] x∈Rd Dunque w(x, t ) ≡ 0 in Rd × [0, T ]. O SSERVAZIONE 7.2. Ricordiamo che l’unicità si può dimostrare in uno spazio più grande, noto come classe delle funzioni di Tichonov, costituito dalle funzioni u ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩ C (Rd × [0, T ]) per ciascuna delle quali si possano determinare delle costanti K , α > 0 tali che |u(x, t )| ≤ K eαx 2 ∀ (x, t ) ∈ Rd × [0, T ]. L’unicità invece non sussiste se si ammette una crescita maggiore. Ricordiamo al riguardo l’esempio di Tychonov. Sia τ(x, t ), (x, t ) ∈ R × [0, +∞), la funzione definita come segue, ∞ h (k) (t ) X τ(x, t ) := x 2k , (2k)! k=0 dove h (k) (t ) = dk h(t ) dt k , h(t ) := ( 2 e−1/t 0 se t > 0, se t = 0. Si dimostra che τ(x, t ) è continua fino alla frontiera R × {t = 0} e che τ(x, t ) → 0 per t ↓ 0. Inoltre si può dimostrare che per t > 0 la funzione τ(x, t ) soddisfa ∂2 τ l’equazione del calore omogenea ∂τ ∂t = ∂x 2 . Dunque, oltre alla soluzione banale u(x, t ) ≡ 0, anche τ(x, t ) è soluzione del problema di Cauchy globale con dato iniziale nullo. D’altra parte si può verificare che, per opportune costanti c 1 , c 2 > 0, ½ ¾ 1 x2 τ(x, t ) ∼ exp −c 1 2 + c 2 t t per |x| → ∞ e t ↓ 0. In particolare, τ(x, t ) non ammette una stima del tipo 2 |τ(x, t )| ≤ K eαx in nessuna striscia R × [0, T ]. Si noti che, almeno formalmente, è facile verificare che τ è soluzione dell’equazione del calore. Infatti, derivando termine a termine la serie di potenze che ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.4 S OLUZIONE FONDAMENTALE 127 la definisce, si ha ∞ h (k) (t ) ∞ h (k+1) (t ) X X ∂2 τ ∂τ 2k−2 (x, t ) = 2k(2k − 1)x = x 2k = (x, t ). 2 ∂x ∂t k=1 (2k)! k=0 (2k)! 7.4. Soluzione fondamentale Costruiamo dapprima la soluzione del problema di Cauchy globale omogeneo in dimensione d = 1, ∂2 u ∂u =D 2 in R × R+ , (7.7) ∂x ∂t u(x, 0) = g (x) per x ∈ R, con D > 0 il coefficiente di diffusione. In analogia con il caso dell’equazione delle onde, cerchiamo di esprimere la soluzione nella forma Z u(x, t ) = dy Γ1 (x, y, t )g (y), (7.8) per un opportuno nucleo integrale Γ1 (x, y, t ). Il significato di tale nucleo è chiaro: Γ1 (x, y, t )g (y)dy è la concentrazione della sostanza in x al tempo t dovuta alla diffusione di una massa infinitesima g (y)dy posta inizialmente (ovvero al tempo t = 0) nell’intervallo (y, y + dy). Dopodiché, per il principio di sovrapposizione, integrando nella variabile y, troviamo la concentrazione dovuta alla massa totale distribuita al tempo iniziale secondo la densità g . Dovendo u risolvere (7.7) deve aversi · ¸ Z ∂2 u ∂Γ1 ∂2 Γ1 ∂u (x, t ) − D 2 (x, t ) = dy (x, y, t ) − D (x, y, t ) g (y), 0= ∂t ∂x ∂t ∂x 2 Z lim+ dy Γ1 (x, y, t )g (y) = g (x), t →0 da cui, vista l’arbitrarietà nella scelta del dato iniziale g , il nucleo Γ1 (x, y, t ) deve essere soluzione del problema ∂2 Γ1 ∂Γ1 (x, y, t ) = D (x, y, t ) per (x, y, t ) ∈ R × R × R+ , (7.9) ∂x 2 ∂t Γ1 (x, y, 0) = δ y (x) per (x, y) ∈ R × R, con δ y (x) la funzione delta di Dirac concentrata in y. In altri termini, Γ1 (x, y, t ) è la soluzione fondamentale dell’equazione del calore. Per determinarla utilizziamo le seguenti proprietà di tale equazione: • Invarianza per traslazioni spaziali: qualunque sia z ∈ R, se u(x, t ) è soluzione dell’equazione (7.7) allora u z (x, t ) := u(x + z, t ) è soluzione del problema di Cauchy globale di dato iniziale g z (x) := g (x + z). • Invarianza per dilatazioni paraboliche: qualunque sia α > 0, se u(x, t ) è soluzione dell’equazione (7.7) allora u α (x, t ) := u(αx, α2 t ) è soluzione del problema di Cauchy globale di dato iniziale g α (x) := g (αx). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 128 E QUAZIONE DEL CALORE Se la soluzione deve potersi sempre scrivere nella forma integrale (7.8), allora dalla prima proprietà segue che deve aversi Z Z dy Γ1 (x + z, y, t )g (y) = dy Γ1 (x, y, t )g (y + z), ovvero, con la sostituzione y → y + z nel secondo integrale, Z Z dy Γ1 (x + z, y, t )g (y) = dy Γ1 (x, y − z, t )g (y). Vista l’arbitrarietà nella scelta di g concludiamo che deve essere Γ1 (x + z, y, t ) = Γ1 (x, y − z, t ) ∀ x, y, z ∈ R ∀ t > 0. In particolare, Γ1 (x + z, z, t ) = Γ1 (x, 0, t ) per ogni x, z ∈ R, t > 0, e dunque Γ1 (x, y, t ) = Γ1 (x − y, 0, t ) ∀ x, y ∈ R, ∀ t > 0. Pertanto, se indichiamo con Γ1 (x, t ) = Γ1 (x, 0, t ) la soluzione fondamentale di dato iniziale δ(x), l’equazione (7.8) diventa Z u(x, t ) = dy Γ1 (x − y, t )g (y). Dalla seconda proprietà segue ora che deve aversi Z Z dy Γ1 (αx − y, α2 t )g (y) = dy Γ1 (x − y, t )g (αy), ovvero, con la sostituzione y → αy nel primo integrale, Z Z 2 dy αΓ1 (α(x − y), α t )g (αy) = dy Γ1 (x − y, t )g (αy), da cui, vista l’arbitrarietà nella scelta di g concludiamo che deve essere αΓ1 (αx, α2 t ) = Γ1 (x, t ) p In particolare, scegliendo α = 1/ t , µ ¶ x 1 Γ1 (x, t ) = p Γ1 p , 1 t t ∀ x ∈ R ∀ α, t > 0. ∀ x ∈ R ∀ t > 0. Dunque la funzione Γ1 (x, t ) è una soluzione dell’equazione del calore di autosimilarità (o autosimile): il suo profilo spaziale rimane simile nel tempo; lo si p ottiene da Γ1 (x, 1) (quello al tempo t = 1) mediante un riscalamento 1/ t della funzione e del suo argomento). Inoltre, visto che l’equazione conserva la massa totale, richiediamo che, per ogni dato iniziale g integrabile, Z Z Z dx dy Γ1 (x − y, t )g (y) = dy g (y). Essendo Z Z Z Z Z Z dx dy Γ1 (x − y, t )g (y) = dy g (y) dx Γ1 (x − y, t ) = dy g (y) dz Γ1 (z, t ), ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.4 S OLUZIONE FONDAMENTALE 129 per l’arbitrarietà di g deve allora aversi Z dx Γ1 (x, t ) = 1 ∀ t > 0. Infine, per soddisfare il principio del massimo, richiediamo Γ1 (x, t ) ≥ 0. Sotto tutte queste condizioni la funzione Γ1 (x, t ) è univocamente determinata. Per vederlo è sufficiente determinare la funzione Φ(ξ) := Γ1 (ξ, 1). Stabiliamo quali condizioni deve soddisfare tale funzione. Poiché ¶ µ 1 x Γ1 (x, t ) = p Φ p , t t l’equazione del calore per Γ1 (x, t ) si scrive ∂Γ1 ∂2 Γ1 (x, t ) (x, t ) − D ∂t ∂x 2 µ µ µ ¶ ¶ ¶ 1 x 1 x 0 x D 00 x =− p Φ p − p p Φ p − p Φ p 2t t t 2t t t t t t t · ¶ µ ¶ µ ¶¸ µ 1 x 0 x x 1 1 x . =− p Φ p + p Φ p + DΦ00 p 2 t t t 2 t t t p Vista l’arbitrarietà del parametro ξ = x/ t ne segue che Φ(ξ) deve risolvere l’equazione differenziale ordinaria 0= 1 1 DΦ00 (ξ) + Φ(ξ) + ξΦ0 (ξ) = 0, 2 2 ovvero, essendo Φ(ξ) + ξΦ0 (ξ) = d dξ [ξΦ(ξ)], 1 DΦ0 (ξ) + ξΦ(ξ) = C 1 , 2 con C 1 costante di integrazione. Risolvendo con il metodo della variazione delle costanti, · · 2¸ ¸ · ¸Z ξ ξ2 η ξ2 Φ(ξ) = C 0 exp − dη exp +C 1 exp − . 4D 4D 0 4D Per fissare le costanti C 0 ,C 1 imponiamo le condizioni Z Z Φ(ξ) ≥ 0, dξ Φ(ξ) = dξ Γ(ξ, 1) = 1. La positività implica C 1 = 0, dopodiché la condizione di normalizzazione determina C 0 , ¸¶−1 µZ · ξ2 1 1 C0 = dξ exp − = p R =p . 2 −z 4D 4πD 2 D dz e In definitiva, · ¸ 1 x2 Γ1 (x, t ) = p exp − , 4D t 4πD t ovvero una gaussiana centrata nell’origine e normalizzata ad avere integrale pari ad uno. Rimane da verificare che effettivamente Γ1 (x−y, t ) → δ(x−y) per t → 0+ . ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 130 E QUAZIONE DEL CALORE L EMMA 7.8. Sia g ∈ C (R) una funzione limitata. Allora Z lim+ dy Γ1 (x − y, t )g (y) = g (x) ∀ x ∈ R. t →0 p D IMOSTRAZIONE . Con il cambiamento di variabile z = (y − x)/ t , Z Z p dy Γ1 (x − y, t )g (y) = dz Γ1 (z, 1)g (x + z t ). Possiamo allora stimare, per ogni N > 0, ¯Z ¯ ¯Z p ¤¯¯ £ ¯ ¯ ¯ ¯ dy Γ1 (x − y, t )g (y) − g (x)¯ = ¯ dz Γ1 (z, 1) g (x + z t ) − g (x) ¯ Z Z N p p dz Γ1 (z, 1)|g (x + z t ) − g (x)| ≤ dz Γ1 (z, 1)|g (x + z t ) − g (x)| + |z|>N −N p Z N Z dz Γ1 (z, 1) + 4kg k∞ |z|≤N −N Z ∞ p ≤ max |g (x + z t ) − g (x)| + 4kg k∞ dz Γ1 (z, 1). ≤ max |g (x + z t ) − g (x)| |z|≤N ∞ N dz Γ1 (z, 1) N Poiché, per la continuità uniforme sui compatti, p lim+ max |g (x + z t ) − g (x)| = 0 t →0 |z|≤N ∀ N > 0, ne segue che Z ¯ ¯Z ¯ ¯ lim sup ¯ dy Γ1 (x − y, t )g (y) − g (x)¯ ≤ 4kg k∞ t →0+ ∞ N dz Γ1 (z, 1). Dovendo tale stima sussistere per ogni N > 0 ed essendo il termine di destra infinitesimo per N → ∞, concludiamo che il limite superiore è nullo, da cui la tesi del lemma. La soluzione fondamentale in dimensione d > 1 può ora determinarsi per separazione delle variabili spaziali. Infatti si verifica immediatamente che il nucleo Γd (x, y, t ) = Γd (x − y, t ), x, y ∈ Rd , t > 0, con · ¸ d Y 1 |x|2 Γd (x, t ) := Γ1 (x i , t ) = exp − , x = (x 1 , . . . , x d ) ∈ Rd , d /2 4D t (4πD t ) i =1 fornisce la soluzione fondamentale dell’equazione del calore in dimensione d , ovvero ∂Γd (x, y, t ) − D∆x Γd (x, y, t ) = 0, ∂t e, per ogni g ∈ C (Rd ) limitata, Z lim+ dy Γd (x − y, t )g (y) = g (x) t →0 ∀ x ∈ Rd . (7.10) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.5 P ROBLEMA DI C AUCHY GLOBALE 131 7.5. Problema di Cauchy globale 7.5.1. Problema omogeneo. Dai risultati della precedente sezione otteniamo facilmente il seguente risultato di esistenza ed unicità per il problema di Cauchy globale omogeneo. T EOREMA 7.9. Assegnata g ∈ C (Rd ) limitata, il problema di Cauchy globale omogeneo ∂u = D∆u in Rd × R+ , ∂t u(x, 0) = g (x) per x ∈ Rd , ha un’unica soluzione u(x, t ) nello spazio delle funzioni w ∈ C 2,1 (Rd × R+ ) ∩C (Rd × [0, ∞)) : sup |w(x, t )| < ∞ ∀ T > 0. Rd ×[0,T ] Tale soluzione è data dalla seguente formula integrale, Z u(x, t ) = dy Γd (x − y, t )g (y). (7.11) Infine, u ∈ C ∞ (Rd × R+ ). D IMOSTRAZIONE . L’unicità segue dal principio del massimo globale. Sotto le ipotesi su g è possibile derivare sotto il segno di integrale nella (7.11) rispetto alle variabili (x, t ), cosicché u ∈ C 2,1 (Rd × R+ ) è una soluzione classica dell’equazione. La continuità al tempo t = 0 segue dalla (7.10). Infine, poiché |u(x, t )| ≤ kg k∞ , la soluzione u appartiene alla classe di unicità. L’ultima affermazione, ovvero che u ∈ C ∞ (Rd × R+ ), segue dai classici teoremi di derivazione sotto il segno di integrale applicati all’integrale nel membro di destra della (7.11). In effetti tale integrale può essere derivato infinite volte rispetto ad x e t , in quanto si verifica facilmente che, per ogni multi-indice (n 0 , n 1 , . . . , n d ) di interi positivi, l’integrale à ! Z d X ∂|n| Γd (x − y, t ) dy n dove |n| := ni , n g (y), n ∂t 0 ∂x 1 1 . . . ∂x d d i =0 converge assolutamente ed uniformemente al variare dei parametri (x, t ) in sottoinsiemi compatti di Rd × R+ . O SSERVAZIONE 7.3. Poiché Γd (x, t ) > 0 si ha u(x, t ) > 0 per ogni x ∈ Rd e t > 0 purché g ≥ 0 e g (x 0 ) > 0 in almeno un punto x 0 ∈ Rd . Tale proprietà rappresenta l’analogo del principio di massimo forte nel caso del problema globale. Significa che la massa iniziale, per quanto concentrata, si diffonde immediatamente in tutto lo spazio Rd . Altrimenti detto, il valore della soluzione u(x, t ) al tempo t > 0 dipende dal valore di g in ogni punto, ovvero la velocità di propagazione di una perturbazione iniziale è infinita. Vale però la pena osservare che se g (x) = 0 per ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 132 E QUAZIONE DEL CALORE |x| > R, R > 0, allora u(x, t ) è esponenzialmente piccola nel quadrato di |x| − R. Infatti, dalla (7.11) e dalla definizione di Γd (x, t ), si trova facilmente che · ¸ kg k∞ |B R (0)| (|x| − R)2 |u(x, t )| ≤ exp − , 4D t (4πD t )d /2 dove |B R (0)| è il volume della bolla B R (0) di raggio R e centro l’origine. O SSERVAZIONE 7.4. La formula (7.11) ha senso anche per funzioni g non γ continue e illimitate, ad esempio con una crescita non superiore ad e|x| con γ < 2. Non solo, ma anche in questo caso u(x, t ) è regolare (anzi C ∞ ) per ogni t > 0. Dunque, a differenza dell’equazione delle onde, l’equazione del calore regolarizza molto i dati iniziali (la stessa soluzione fondamentale Γd (x, t ) è infinitamente derivabile per t > 0 ed ha come dato iniziale una distribuzione). Chiaramente, maggiore è la irregolarità del dato iniziale, più debole sarà il senso in cui tale dato è assunto dalla soluzione. Ad esempio, nel caso della soluzione fondamentale, l’identità Γd (x, 0) = δ(x) sussiste nel senso delle distribuzioni, ovvero Z lim t →0+ d x Γd (x, t )ϕ(x) = ϕ(0) ∀ ϕ ∈ D(Rd ). O SSERVAZIONE 7.5. Dalla formula (7.11) seguono facilmente stime di continuità rispetto ai dati iniziali; ad esempio ku 1 (·, t ) − u 2 (·, t )k∞ ≤ kg 1 − g 2 k∞ per ogni t ≥ 0. O SSERVAZIONE 7.6. Se il dato iniziale ha una crescita della forma g (x) ∼ 2 (cost)ea|x| con a > 0, allora la formula (7.11) fornisce una soluzione locale fino al tempo t ∗ = (4D a)−1 . Ristretta ad un intervallo [0, T ] con T < t ∗ essa fornisce quindi l’unica soluzione nella corrispondente classe di Tychonov (cfr. l’Osservazione 7.2). 7.5.2. Problema non omogeneo. Il problema non omogeneo (7.1) può essere risolto con il metodo di Duhamel. Cerchiamo la soluzione nella forma Z u(x, t ) = dy Γd (x − y, t )g (y) + w(x, t ), con w(x, t ) soluzione del problema con condizioni omogenee, ∂w = D∆w + f in Rd × R+ , ∂t w(x, 0) = 0 per x ∈ Rd , (7.12) che pensiamo ottenuta come somma di infiniti contributi infinitesimi relativi alla diffusione della distribuzione di materia f (x, s)ds rilasciata o assorbita ai tempi s < t . Dunque, Z t Z w(x, t ) = ds w(x, t ; s), w(x, t ; s) = dy Γd (x − y, t − s) f (y, s). 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.5 P ROBLEMA DI C AUCHY GLOBALE 133 Formalmente si vede facilmente che w(x, t ) è soluzione del problema (7.12). Infatti w(x, 0) = 0 e, assumendo lecite le operazioni di derivazione sotto il segno di integrale, Z t Z t ∂w ∂w ds ds D∆w(x, t ; s) + f (x, t ) (x, t ) = (x, t ; s) + w(x, t ; t ) = ∂t ∂t 0 0 Z t = D∆ ds w(x, t ; s) + f (x, t ) = D∆w(x, t ) + f (x, t ). 0 Perché tali operazioni siano corrette occorrono però ipotesi di regolarità sulla forzante. Infatti ¶ · ¸ µ 2 ¶ µ ∂Γd x2 1 1 1 x d x exp − = (d +2)/2 G p , (x, t ) = (d +2)/2 − ∂t 4D t t (4πD)d /2 4D t 2 t t avendo definito ¶ z2 d Γd (z, 1). G(z) = − 4D 2 p Pertanto, con la sostituzione z = (y − x)/ t − s, Z t Z Z t p ∂w ds ds (x, t ; s) = dz G(z) f (x + z t − s, s), ∂t 0 t −s 0 µ che in generale può essere infinito essendo (t − s)−1 non integrabile sull’intervallo (0, t ). Ad esempio, la semplice continuità di f non è sufficiente ad escludere tale evenienza. Se però f è sufficientemente regolare l’integrale può essere convergente, come si evince notando che nel caso limite in cui f è costante l’integrazione nella variabile z è nulla, essendo Z d z2 Γd (z, 1) = . dz 4D 2 T EOREMA 7.10. Siano g ∈ C (Rd ) limitata ed f ∈ C 2,0 (Rd × [0, T ]) tale che f , ∇x f , D 2x f limitate in Rd × [0, T ]. Allora Z Z t Z u(x, t ) = dy Γd (x − y, t )g (y) + ds dy Γd (x − y, t − s) f (y, s) 0 è l’unica soluzione del problema di Cauchy globale non omogeneo nella classe delle funzioni w ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]) limitate. Dimostrazione. L’unicità segue dal principio del massimo globale. Posto ora Z t Z V (x, t ) = ds dy Γd (x − y, t − s) f (y, s), 0 occorre verificare che V ∈ C (Rd × (0, T )) ed è soluzione del problema (7.12). p Con la sostituzione z = (y − x)/ t − s si ha Z t Z p V (x, t ) = ds dz Γd (z, 1) f (x + z t − s, s), 2,1 0 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 134 E QUAZIONE DEL CALORE da cui Z t Z p ∂V Γd (z, 1) (x, t ) = f (x, t ) + ds dz p z · ∇ f (x + z t − s, s). ∂t 2 t −s 0 Si osservi che la derivazione sotto il segno di integrale è legittima poiché, per ogni (x, t ) ∈ Rd × [0, T ], ¯ ¯ Z t Z Z t Z ¯ Γd (z, 1) ¯ p Γd (z, 1) |z| ds dz ¯¯ p z · ∇ f (x + z t − s, s)¯¯ ≤ k∇ f k∞ ds dz p 2 t −s 2 t −s 0 0 p = C k∇ f k∞ T < ∞, con Z C= dz Γd (z, 1) |z|, k∇ f k∞ = sup |∇ f (x, t )|. (x,t )∈Rd ×[0,T ] Dall’espressione esplicita del nucleo Γd (z, 1) si ha Γd (z, 1)z = −2D∇Γd (z, 1). Pertanto, essendo p p ¤ £ ∇Γd (z, 1) · ∇ f (x + z t − s, s) = divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s) p p − Γd (z, 1) t − s ∆ f (x + z t − s, s), otteniamo Z t Z p ∂V ds dz Γd (z, 1)∆ f (x + z t − s, s) (x, t ) = f (x, t ) + D ∂t 0 Z t Z p ¤ £ D − ds p dz divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s) . t −s 0 Il primo integrale nel membro di destra converge assolutamente ed uniformemente per (x, t ) ∈ Rd × [0, T ] poiché abbiamo assunto le derivate seconde D 2x f limitate. Quindi, Z t Z Z t Z p p ds dz Γd (z, 1)∆ f (x + z t − s, s) = ∆ ds dz Γd (z, 1) f (x + z t − s, s) 0 0 = ∆w(x, t ). D’altra parte, per il teorema della divergenza, Z p £ ¤ dz divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s) Z p ¤ £ = lim dz divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s) R→∞ B R (0) Z p = lim dσ(ζ) Γd (ζ, 1) ν(ζ) · ∇ f (x + ζ t − s, s) R→∞ ∂B R (0) = 0, dove B R (0) è la bolla in Rd di centro l’origine e raggio R, ν(ζ) = ζ/R è la normale esterna alla bolla, mentre l’ultima uguaglianza segue dalla stima ¯Z ¯ ¯ ¯ k∇ f k∞ |∂B R (0)| −R 2 /(4D) p ¯ dσ(ζ) Γd (ζ, 1) ν(ζ) · ∇ f (x + ζ t − s, s)¯¯ ≤ e . ¯ (4πD)d /2 ∂B R (0) ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.6 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DELLE RIFLESSIONI 135 Dunque ∂V ∂t (x, t ) = f (x, t )+∆V (x, t ). Con stime analoghe, che omettiamo, si mostra che V (x, t ) è continua in Rd ×[0, T ] e che le derivate seconde D 2x V (x, t ) sono continue in Rd × (0, T ), il che conclude la dimostrazione del teorema. 7.6. Risoluzione di problemi con il metodo delle riflessioni La soluzione generale del problema di Cauchy globale permette di calcolare anche la soluzione di alcuni problemi con bordo. Considereremo nel seguito problemi in dimensione d = 1 e porremo, per brevità di notazione, Γ(x, t ) = Γ1 (x, t ). E SEMPIO 7.1. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo, ∂u ∂2 u in (0, L) × R+ , ∂t = D ∂x 2 (7.13) u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, L], u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0. Cerchiamo una funzione g̃ : R → R, che coincida con g sull’intervallo [0, L] e sia tale che la soluzione ũ(x, t ) del problema di Cauchy globale di dato iniziale g̃ si annulli, identicamente nel tempo, per x = 0 ed x = L. Chiaramente, la restrizione di ũ(x, t ) all’intervallo [0, L], ovvero la funzione Z u(x, t ) = dy Γ(x − y, t )g̃ (y), (x, t ) ∈ [0, L] × [0, ∞), (7.14) fornisce allora la soluzione del problema (7.13). Asseriamo che la funzione cercata si ottiene prolungando g per disparità in [−L, L] e quindi per periodicità in tutto R. Altrimenti detto, g̃ è determinata imponendo ( g (x) se x ∈ [0, L], g̃ (x) = g̃ (x) = g̃ (x + 2L) ∀ x ∈ R −g (−x) se x ∈ [−L, 0], (si osservi che g̃ ∈ C (R) poiché g (0) = g (L) = 0). A tal scopo dimostriamo che anche a tempi positivi t > 0 la soluzione ũ(x, t ) è una funzione dispari e 2Lperiodica di x (il che implica in particolare ũ(0, t ) = ũ(L, t ) = 0 per ogni t ≥ 0). Tale proprietà segue dall’invarianza rispetto a traslazioni e riflessioni dell’equazione del calore. Osserviamo infatti che le funzioni v ± (x, t ) = ±ũ(−x, t ), v L (x, t ) = ũ(x + 2L, t ) (7.15) sono anch’esse soluzioni dell’equazione del calore, di dati iniziali rispettivamente g̃ ± (x) = ±g̃ (−x) e g̃ L (x) = g̃ (x +2L). Ma per la definizione di g̃ (x) è chiaramente g̃ − (x) = g̃ L (x) = g̃ (x). Ne segue, per l’unicità della soluzione, che ũ(x, t ) = −ũ(−x, t ) = ũ(x + 2L, t ) ∀ (x, t ) ∈ R × [0, ∞). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 136 E QUAZIONE DEL CALORE Notiamo infine che è possibile esprimere esplicitamente la soluzione u in termini del dato iniziale g . Infatti, sfruttando la periodicità di g̃ possiamo scrivere Z X Z (2n+1)L u(x, t ) = dy Γ(x − y, t )g̃ (y) = dy Γ(x − y, t )g̃ (y) n∈Z (2n−1)L = = XZ L n∈Z −L XZ L n∈Z −L dy Γ(x − y − 2nL, t )g̃ (y + 2nL) dy Γ(x − y − 2nL, t )g̃ (y). Poiché g̃ in [−L, L] è il prolungamento dispari di g , si ha inoltre Z L dy Γ(x − y − 2nL, t )g̃ (y) −L L Z = 0 L Z = 0 L Z = 0 dy Γ(x − y − 2nL, t )g (y) − dy Γ(x − y − 2nL, t )g (y) − 0 Z −L Z L 0 dy Γ(x − y − 2nL, t )g (−y) dy Γ(x + y − 2nL, t )g (y) dy [Γ(x − y − 2nL, t ) − Γ(x + y − 2nL, t )]g (y). Pertanto L Z u(x, t ) = 0 dy G D (x, y, t )g (y), x ∈ [0, L], t > 0, avendo definito la soluzione fondamentale del problema di Cauchy-Dirichlet, X G D (x, y, t ) = [Γ(x − y − 2nL, t ) − Γ(x + y − 2nL, t )], x, y ∈ [0, L], t > 0. n∈Z Vale la pena notare che il calcolo precedente è in effetti valido per ogni x ∈ R e che G D (x, y, t ) è una funzione 2L-periodica e dispari rispetto alla variabile x (lasciamo al lettore la verifica di quest’ultima affermazione). Dunque la soluzione del problema globale si scrive nella medesima forma, Z L ũ(x, t ) = dy G D (x, y, t )g (y), x ∈ R, t > 0, 0 da cui si deduce anche a posteriori che essa è una funzione 2L-periodica e dispari della variabile x. E SEMPIO 7.2. Consideriamo ora il problema di Cauchy-Neumann omogeneo, ∂u ∂2 u =D 2 in (0, L) × R+ , ∂t ∂x (7.16) u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, L], ∂u (0, t ) = ∂u (L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x ∂x ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.6 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DELLE RIFLESSIONI 137 In questo caso la funzione g̃ si ottiene prolungando g per parità in [−L, L] e quindi per periodicità in tutto R, ovvero ( g (x) se x ∈ [0, L], g̃ (x) = g̃ (x) = g̃ (x + 2L) ∀ x ∈ R. g (−x) se x ∈ [−L, 0], Notiamo che g̃ ∈ C 1 (R) assumendo, compatibilmente con il problema di Neumann, che g ∈ C 1 ([0, L]) con g 0 (0) = g 0 (L) = 0. Ragionando come nell’esempio precedente, ora sulla coppia di funzioni v + (x, t ) e v L (x, t ) in (7.15), si dimostra che l’equazione del calore preserva la parità e periodicità del dato iniziale, e si conclude infine che la soluzione del problema (7.16) si scrive nella forma Z L u(x, t ) = dy G N (x, y, t )g (y), x ∈ [0, L], t > 0, 0 avendo definito la soluzione fondamentale del problema di Cauchy-Neumann, X G N (x, y, t ) = [Γ(x − y − 2nL, t ) + Γ(x + y − 2nL, t )], x, y ∈ [0, L], t > 0. n∈Z Lasciamo al lettore il dettaglio della prova e la verifica diretta che G N (x, y, t ) è una funzione 2L-periodica e pari rispetto alla variabile x. E SEMPIO 7.3. Analogamente si trattano i problemi di Cauchy-Dirichlet e di Cauchy-Neumann sulla semiretta, 2 ∂u = D ∂ u in R+ × R+ , ∂t ∂x 2 (7.17) u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, ∞), u(0, t ) = 0 per t ≥ 0, ∂2 u ∂u =D 2 in R+ × R+ , ∂t ∂x (7.18) u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, ∞), ∂u (0, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x La funzione g̃ si ottiene prolungando g , rispettivamente, per disparità e parità in tutto R. Si trova in tal modo, Z ∞ u(x, t ) = dy G D (x, y, t )g (y), x ≥ 0, t > 0, 0 per il problema di Dirichlet e Z ∞ u(x, t ) = dy G N (x, y, t )g (y), 0 per il problema di Neumann, dove ora ( G D (x, y, t ) = Γ(x − y, t ) − Γ(x + y, t ), G N (x, y, t ) = Γ(x − y, t ) + Γ(x + y, t ), x ≥ 0, t > 0, x, y ≥ 0, t > 0. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 138 E QUAZIONE DEL CALORE 7.7. Risoluzione di problemi con il metodo di Fourier Per risolvere i problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann con condizioni al bordo omogenee si può ragionare esattamente come fatto in Sezione 5.2, cercando la soluzione formale nella forma X u(x, t ) = Wn (t )v n (x), n dove {v n (x), λn } è il sistema completo di autofunzioni/autovalori (che supponiamo noto) per il relativo problema agli autovalori. In questo caso Wn (t ) è soluzione dell’equazione del prim’ordine Ẇn (t ) = λn DWn (t ), cosicché Wn (t ) = Wn (0)eλn D t , e le condizioni iniziali Wn (0) sono determinate richiedendo che X g (x) = u(x, 0) = Wk (0)v n (x), n da cui, per l’ortogonalità delle autofunzioni, R dx g v n Wn (0) = RΩ . 2 Ω dx v n In particolare, nel caso unidimensionale, ovvero della propagazione del calore in una sbarra, i sistemi di autofunzioni sono forniti dalla teoria delle serie di Fourier e possiamo quindi risolvere esplicitamente tutta una serie di problemi, esattamente come fatto nel caso della corda vibrante. Vediamone alcuni esempi significativi. E SEMPIO 7.4. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Dirichlet omoge¡ ¢ n 2 π2 neo (7.13) dell’Esempio 7.1. In questo caso v n (x) = sin nπ L x e λn = − L 2 , n ≥ 1, pertanto la soluzione si scrive nella forma ¶ µ Z ³ nπ ´ ³ nπ ´ X 2 L n 2 π2 D t sin dy g (y) sin u(x, t ) = x , ĝ = y . ĝ n exp − n L2 L L 0 L n≥1 Dal teorema di Fourier sappiamo che se g ∈ C 1 ([0, L]) e g (0) = g (L) = 0 allora P n≥1 |ĝ n | < ∞, per cui u è continua su tutta la striscia [0, L] × [0, ∞) ed il dato iniziale viene assunto uniformemente. D’altra parte notiamo che sotto la sola ipotesi di integrabilità locale di g i coefficienti della serie soluzione convergono a zero esponenzialmente in n 2 ed uniformemente per ogni t ≥ t 0 con t 0 fissato. Quindi u ∈ C ∞ ([0, L] × R+ ) e la sua serie può essere derivata termine a termine infinite volte. Ritroviamo in tal modo anche in questo contesto la forte proprietà regolarizzante dell’equazione del calore: l’evoluta di un dato iniziale anche solo integrabile è infinitamente derivabile ad ogni tempo positivo. Possiamo infine dedurre il comportamente asintotico nel tempo della soluzione. Infatti, per ogni t ≥ 1, µ 2 ¶ µ ¶ µ 2 ¶ X π D n 2 π2 D π D |u(x, t )| ≤ exp − 2 (t − 1) |ĝ n | exp − = C exp − 2 t , 2 L L L n≥1 ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.7 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DI F OURIER 139 cioè u(x, t ) → 0 esponenzialmente in t ed uniformemente su [0, L], con un tasso pari a D volte il modulo del primo autovalore. E SEMPIO 7.5. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Neumann omo¡ ¢ n 2 π2 geneo (7.16) dell’Esempio 7.2. In questo caso v n (x) = cos nπ L x e λn = − L 2 , n ≥ 0, pertanto la soluzione si scrive nella forma µ ¶ Z ³ nπ ´ ³ nπ ´ n 2 π2 D 2 L ĝ 0 X + ĝ n exp − t cos x , ĝ = dy g (y) cos y . u(x, t ) = n 2 2 n≥1 L L L 0 L Dal teorema di Fourier sappiamo che se g ∈ C 1 ([0, L]) e g 0 (0) = g 0 (L) = 0 allora P n≥0 |ĝ n | < ∞, per cui u è continua su tutta la striscia [0, L] × [0, ∞) ed il dato iniziale viene assunto uniformemente. D’altra parte, ragionando come nell’Esempio 7.4, sotto l’ipotesi di semplice integrabilità locale di g deduciamo che u ∈ C ∞ ([0, L] × R+ ) e che la sua serie può essere derivata termine a termine infinite volte. Infine, in questo caso, per ogni t ≥ 1, ¯ ¯ µ 2 ¶ ¶ µ 2 ¶ µ X ¯ ¯ π D n 2 π2 D ¯u(x, t ) − ĝ 0 ¯ ≤ exp − π D (t − 1) = C exp − 2 t , |ĝ n | exp − ¯ ¯ 2 2 2 L L L n≥1 R L cioè u(x, t ) → L1 0 dy g (y) esponenzialmente in t ed uniformemente su [0, L], con un tasso pari a D volte il modulo del primo autovalore non nullo. Il fatto che converga alla media del dato iniziale non deve sorprendere. Infatti le condizioni RL di Neumann omogenee implicano che la massa totale 0 dx u(x, t ) è conservata, ovvero · ¸ Z Z L d L ∂2 u ∂u ∂u dx u(x, t ) = D dx 2 (x, t ) = D (L, t ) − (0, t ) = 0, dt 0 ∂x ∂x ∂x 0 pertanto se u(x, t ) tende ad una costante questa deve essere pari alla media del dato iniziale. E SEMPIO 7.6. Le versioni non omogenee dei problemi (7.13) e (7.16) possono risolversi con il metodo di Duhamel, che può essere applicato sia nel contesto del metodo delle riflessioni che in quello di Fourier. Ad esempio, nel caso del problema di Cauchy-Dirichlet con dati al bordo omogenei e forzante f (x, t ) possiamo esprimere la soluzione formale nella forma (cfr. l’Esempio 7.1) Z L Z t Z L u(x, t ) = dy G D (x, y, t )g (y) + ds dy G D (x, y, t − s) f (y, s), 0 0 0 oppure, supponendo che la forzante sia espandibile in serie di seni, Z ³ nπ ´ ³ nπ ´ X 2 L f (x, t ) = fˆn (t ) sin x , fˆn (t ) = dy f (y, t ) sin y , L L 0 L n≥1 nella forma u(x, t ) = X n≥1 Wn (t ) sin ³ nπ ´ x L ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 140 E QUAZIONE DEL CALORE dove, posto Wn (0) = ¡ nπ ¢ R 2 L dy g (y) sin 0 L L y , ¶ Z t µ ¶ µ n 2 π2 D n 2 π2 D t + ds exp − (t − s) Wn (t ) = Wn (0) exp − fˆn (s). L2 L2 0 Analogamente, nel caso del problema di Cauchy-Neumann, (cfr. l’Esempio 7.2) L Z u(x, t ) = 0 t Z dy G N (x, y, t )g (y) + L Z ds 0 0 dy G N (x, y, t − s) f (y, s), oppure, supponendo che la forzante sia espandibile in serie di coseni, f (x, t ) = ³ nπ ´ fˆ0 (t ) X ˆ + f n (t ) cos x , 2 L n≥1 2 fˆn (t ) = L L Z dy f (y, t ) cos 0 ³ nπ ´ y , L nella forma ³ nπ ´ W0 (t ) X + Wn (t ) cos x 2 L n≥1 ¡ ¢ RL dove, posto ora Wn (0) = L2 0 dy g (y) cos nπ L y , u(x, t ) = t Z W0 (t ) = W0 (0) + 0 ds fˆ0 (s), µ µ ¶ Z t ¶ n 2 π2 D n 2 π2 D Wn (t ) = Wn (0) exp − ds exp − fˆn (s), t + (t − s) L2 L2 0 n ≥ 1. Tutte le soluzioni sopra trovate sono non solo formali se sono lecite le operazioni di derivazione (una rispetto a t e due rispetto a x) attraverso gli integrali e le serie. Questo è garantito se la forzante f è sufficientemente regolare. Ad esempio se f ∈ C 2 ([0, L] × [0, ∞)) e f (0, t ) = f (L, t ) = 0 (nel caso di Dirichlet) ovvero ∂f ∂f ∂x (0, t ) = ∂x (L, t ) = 0 (nel caso di Neumann). E SEMPIO 7.7. Il problema della propagazione del calore in una piastra rettangolare con condizioni di temperatura nulla al bordo può essere risolto con il metodo della separazione delle variabili analogamente alle vibrazioni libere di una membrana rettangolare discusse in Sezione 5.2. Con la notazione di quella sezione si trova ora la soluzione " à ! # 2 2 X k n u(x, t ) = ĝ n,k exp −π2 2 + 2 t Vn,k (x), L1 L2 n,k≥1 dove 4 ĝ n,k = L1L2 L1 Z L2 Z 0 0 dx g (x)Vn,k (x), con g (x) = u(x, 0) la temperatura iniziale della piastra. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.7 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DI F OURIER 141 E SEMPIO 7.8. Consideriamo il problema del flusso di calore in una sbarra i cui estremi sono tenuti a temperature differenti, ∂u ∂2 u in (0, L) × R+ , = D ∂t ∂x 2 (7.19) u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, L], u(0, t ) = T1 , u(L, t ) = T2 per t ≥ 0. I dati al bordo sono non omogenei per cui non possiamo applicare direttamente il metodo di Fourier. D’altra parte il problema stazionario con le stipulate condi2 zioni al bordo ha l’unica soluzione ū(x) = T1 + T1 −T L x. Se cerchiamo la soluzione nella forma u(x, t ) = ū(x) + v(x, t ), allora v(x, t ) risolve il problema omogeneo di dati iniziali v(x, 0) = g (x) − ū(x), pertanto µ ¶ ³ nπ ´ X n 2 π2 D u(x, t ) = ū(x) + c n exp − t sin x , L2 L n≥1 Z ³ nπ ´ 2 L dy [g (x) − ū(x)] sin cn = y . L 0 L Osserviamo che ora u(x, t ) → ū(x) esponenzialmente per t → ∞. Si tratta in modo analogo il problema di Cauchy-Neumann con flusso uguale ∂u agli estremi, ∂u ∂x (0, t ) = ∂x (L, t ) = τ, in cui esiste una famiglia di soluzioni stazionarie ū α (x) = α+τx, e quelli misti Dirichlet/Neumann in cui la soluzione stazionaria è univocamente determinata. Nel primo caso si può scegliere ad esempio R R ĝ 1 L 1 L α = 20 − τL 2 , cosicché L 0 dy g (y) = L 0 dy ū α (y), e dunque u(x, t ) − ū α (x) ha media nulla e tende a zero per t → ∞. Consideriamo infine il problema di Cauchy-Neumann con flussi differen∂u ti agli estremi, diciamo ∂u ∂x (0, t ) = τ1 e ∂x (L, t ) = τ2 con τ1 6= τ2 . In questo caso non esiste una soluzione stazionaria. Possiamo però operare nella seguente maniera. Sia τ1 τ2 2 ũ(x) = − (x − L)2 + x , 2L 2L cosicché τ 2 − τ1 ũ 0 (0) = τ1 , ũ 0 (L) = τ2 , ũ 00 (x) = . L Se cerchiamo la soluzione del problema nella forma u(x, t ) = ũ(x)+ v(x, t ) allora v(x, t ) risolve il problema di Cauchy-Neumann con forzante costante, ∂v ∂2 v τ2 − τ1 = D in (0, L) × R+ , +D 2 ∂t ∂x L v(x, 0) = g (x) − ũ(x) per x ∈ [0, L], ∂v ∂v (0, t ) = (L, t ) = 0 per t ≥ 0. ∂x ∂x che si risolve come descritto nell’Esempio 7.6. ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 142 E QUAZIONE DEL CALORE 7.8. Derivazione microscopica dell’equazione del calore Deriviamo l’equazione del calore da un modello probabilistico di dinamica microscopica, in cui l’effetto dell’ambiente (o mezzo) su ciascuna particella (della sostanza la cui diffusione nel mezzo si vuole descrivere) viene schematizzato mediante forze stocastiche. In effetti, in assenza di informazioni a priori sulla presenza di forze ordinate che agiscono sulla particella, è ragionevole assumere che l’effetto degli innumerevoli urti caotici e disordinati che essa subisce con i componenti (molecole) del mezzo non dia luogo a direzioni privilegiate nel suo movimento; piuttosto essa avrà uguale probabilità di andare in ogni possibile direzione dello spazio. Prendiamo in esame il più semplice dei modelli compatibili con tale comportamento, la passeggiata aleatoria simmetrica in dimensione d = 1. Supponiamo che la particella possa occupare le posizioni del reticolo di passo ε, εZ = {x = εk : k ∈ Z}, e che, ai tempi discreti t di passo τ, t ∈ τN = {τn : n ∈ N}, essa si sposti, con uguale probabilità p = 1−p = 1/2, sul sito a destra o sul sito a sinistra di quello occupato. Assumiamo inoltre che ogni salto è un evento indipendente dai precedenti e che al tempo t = 0 la particella occupi la posizione x = 0. Possiamo descrivere questo processo aleatorio mediante una collezione di variabili di Bernoulli {ξ j } j ∈N , indipendenti ed identicamente distribuite secondo la legge 1 P(ξ j = −1) = P(ξ j = 1) = , 2 j ∈ N, dove con P(A) indichiamo la probabilità dell’evento A. Infatti, ponendo Sn = n X ξj , n ∈ N, j =1 è evidente che posizione della particella al tempo t = τn è fornita dalla variabile aleatoria X t(ε) = εS n = εS t /τ . Indichiamo con p ε (x, t ) la probabilità che la particella si trovi in x ∈ εZ al tempo t = τn. Cercheremo un opportuno limite del continuo, ε → 0 e τ = τ(ε) → 0, tale che il limite della distribuzione di probabilità della variabile X t(ε) sia non banale, ovvero descriva la distribuzione di una variabile aleatoria X t con media finita e varianza finita e non nulla. A tal scopo osserviamo preliminarmente che E(ξi ) = 0, E(ξi ξ j ) = ( E(ξ2i ) = 1 se i = j , E(ξi )E(ξ j ) = 0 se i 6= j , ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.8 D ERIVAZIONE MICROSCOPICA DELL’ EQUAZIONE DEL CALORE 143 dove indichiamo con E(η) il valore di attesa della variabile aleatoria η. Pertanto, E(X t(ε) ) = n X E((X t(ε) )2 ) = ε2 E(ξ j ) = 0, j =1 n X n X t E(ξi ξ j ) = ε2 n = ε2 . τ i =1 j =1 Questo indica che per avere una distribuzione limite non banale, con 0 < E(X t2 ) < ∞, è necessario che ε2 /τ → (cost) 6= 0 per ε → 0. Altrimenti detto, lo spazio ed il tempo microscopici devono essere scalati attraverso una dilatazione parabolica. Per individuare la legge limite, cerchiamo un’equazione per la probabilità p ε (x, t ). Utilizzando la formula della probabilità totale, (ε) (ε) (ε) p ε (x, t + τ) = P(X t(ε) +τ = x) = P(X t +τ = x|X t = x + ε) P(X t = x + ε) (ε) (ε) + P(X t(ε) +τ = x|X t = x − ε) P(X t = x − ε) 1 1 = p ε (x + ε, t ) + p ε (x − ε, t ). 2 2 Infatti, per l’indipendenza delle variabili ξ j , le probabilità condizionate sono 1 (ε) (ε) P(X t(ε) +τ = x|X t = x ± ε) = P(ξn+1 = ∓1|X t = x ± ε) = P(ξn+1 = ∓1) = , 2 dove n = t /τ. Pertanto, p ε (x, t + τ) − p ε (x, t ) = ¤ 1£ p ε (x + ε, t ) + p ε (x − ε, t ) − 2p ε (x, t ) . 2 (7.20) Supponiamo ora che in un opportuno limite di scala ε, τ → 0 la distribuzione di probabilità della variabile X t(ε) converga a quella di una variabile aleatoria reale X t , t ∈ R, la cui legge è caratterizzata da una densità regolare P (x, t ), ovvero Z b dx P (x, t ) ∀ a ≤ b. P(X t ∈ [a, b]) = a Questo significa che deve aversi, per ε, τ → 0, Z b X P(X t(ε) ∈ [a, b]) = p ε (x, t ) ' dx P (x, t ) x∈εZ a≤x≤b a ∀ a ≤ b. Quindi deve essere p ε (x, t ) ' εP (x, t ), cosicché dalla (7.20) possiamo dedurre la giusta scala temporale ed un’equazione per P (x, t ). Infatti, assumendo sufficiente regolarità, ∂P (x, t ) + o(τ), ∂t ∂2 P P (x + ε, t ) + P (x − ε, t ) − 2P (x, t ) = ε2 2 (x, t ) + o(ε2 ), ∂x P (x, t + τ) − P (x, t ) = τ da cui, sostituendo nella (7.20), 1 ε2 ∂2 P o(ε2 ) ∂P (x, t ) + (x, t ) + o(1) = . ∂t 2 τ ∂x 2 τ ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 144 E QUAZIONE DEL CALORE Nuovamente, per avere un limite non banale, troviamo la necessità di una dilatazione parabolica. In particolare, assumendo che ε2 = 2D > 0, ε→0 τ lim ∂ P la densità P (x, t ) soddisfa l’equazione del calore ∂P ∂t (x, t ) = D ∂x 2 (x, t ) con coefficiente di diffusione D. Inoltre, poiché p ε (x, 0) = δx,0 , per ogni funzione f continua e limitata, X E( f (X 0(ε) )) = f (x)p ε (x, 0) = f (0) ∀ ε > 0. 2 x∈εZ Nel limite ε → 0 si deduce che E( f (X 0 )) = f (0), ovvero che P (x, t ) → δ(x) per t → 0+ nel senso delle distribuzioni. In conclusione, · ¸ 1 x2 P (x, t ) = Γ1 (x, t ) = p exp − . 4D t 4πD t Altrimenti detto, la soluzione fondamentale dell’equazione del calore è la distribuzione di probabilità (gaussiana) del limite continuo, sotto dilatazione parabolica, di una passeggiata aleatoria simmetrica. Il processo limite X t è detto moto browniano (uscente da x = 0). Osserviamo che Z E(X t ) = dx P (x, t ) x = 0, E(X t2 ) = Z dx P (x, t ) x 2 = 2D t . In particolare è chiaro il nome di coefficiente di diffusione che si attribuisce alla costante D (o talvolta 2D): nel tempo macroscopico t la particella “diffonde” p nello spazio ad una distanza media 2D t (in unità microscopiche significa che p diffonde ad una distanza media k ∼ ε−1 t dopo un tempo n ∼ ε−2 t ). Si osservi però che, essendo ετ−1 → ∞ per ε → 0, la velocità del processo limite X t è infinita con probabilità uno. Cioè, con probabilità uno, le traiettorie t → X t sono continue ma non differenziabili. Ed è per questo motivo che la velocità di propagazione per l’equazione del calore risulta infinita: per qualunque tempo t > 0 ed intervallo [a, b] della retta, è diversa da zero la probabilità che la particella (inizialmente posta nell’origine) si trovi in [a, b] al tempo t . Più in generale, se la particella al tempo t = 0 non è posta in x = 0 ma è posta sul reticolo εZ in modo casuale ed indipendente dal mezzo, secondo una legge di probabilità %ε (x), ovvero X P(X 0(ε) ∈ [a, b]) = %ε (x), x∈εZ a≤x≤b allora P(X t(ε) ∈ [a, b]) = X y∈εZ %ε (y) X p ε (x − y, t ). x∈εZ a≤x≤b ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 7.8 D ERIVAZIONE MICROSCOPICA DELL’ EQUAZIONE DEL CALORE 145 Assumendo che %ε (x) ' ε%(x) per una qualche densità continua di probabilità % %(x), indicando ora con X t la posizione della particella nel limite ε → 0, si ha Z Z b Z b Z % P(X t ∈ [a, b]) = dy %(y) dx P (x − y, t ) = dx dy P (x − y, t )%(y), a a % ovvero la variabile aleatoria X t è distribuita con densità di probabilità Z P % (x, t ) = dy P (x − y, t )%(y), che è la soluzione dell’equazione del calore di dato iniziale %(x). Il legame tra la precedente interpretazione probabilistica dell’equazione del calore e la sua interpretazione euristica come legge di evoluzione della concentrazione di una sostanza (o altra grandezza fisica) risiede nella legge dei grandi numeri. Supponiamo che la grandezza c(x, t ) rappresenti la concentrazione per unità di volume di una sostanza che diffonde in un mezzo, costituita da un numero N molto grande (∼ 1023 ) di particelle identiche. Supponendo che tale sostanza sia molto diluita, possiamo trascurare l’interazione tra le particelle e supporre che esse siano sottoposte unicamente all’interazione con il mezzo. È inoltre ragionevole assumere che il moto di tali particelle non influenzi molto l’evoluzione del mezzo. Sotto tutte queste ipotesi, possiamo postulare che l’insieme delle posizioni X t(1) , . . . , X t(N ) delle particelle siano N passeggiate aleatorie indipendenti ed ugualmente distribuite. Ora, per la legge dei grandi numeri, se N → ∞, le fluttuazioni nella frequenza di un evento su N prove indipendenti tendono a zero, ovvero tale frequenza tende (con probabilità uno) al suo valore atteso, che è pari alla probabilità dell’evento considerato. Quindi, in particolare, se N a,b (t ) è il numero di particelle che si trovano in [a, b] al tempo t , deve aversi Z b N a,b (t ) (1) lim dx P % (x, t ), = P(X t ∈ [a, b]) = P=1 N →∞ N a dove %(x) è la densità di probabilità al tempo t = 0 di ciascuna particella. Ma il limite a sinistra è pari alla frazione di sostanza contenuta nell’intervallo [a, b] al tempo t . Pertanto, supponendo che la massa totale della sostanza sia normalizR Rb zata ad uno, ovvero dx c(x, t ) = 1, tale limite deve essere uguale a a dx c(x, t ). Concludiamo che c(x, t ) = P % (x, t ), ovvero c(x, t ) è la soluzione dell’equazione del calore di dato iniziale c(x, 0) = %(x). ———————————————————————————————————– Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012 Bibliografia [1] V.I. Arnold. Lectures on Partial Differential Equations. (Coll. Universitext) Berlin: Springer, 2004. [2] L.C. Evans. Partial Differential Equations. Providence: A.M.S., 2004. [3] S. Salsa. Equazioni a Derivate Parziali : Metodi, Modelli e Applicazioni. (Coll. Unitext 45) Milano: Springer, 2010. [4] V.I. Smirnov. Corso di Matematica Superiore II. Roma : Editori Riuniti, 1977. [5] S. Vladimirov. Equazioni della Fisica Matematica. Mosca: Mir, 1987. 147