Note del corso di Fisica Matematica

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Note del corso di Fisica Matematica
Corso di laurea in Matematica
SAPIENZA Università di Roma
Note del corso di Fisica Matematica
PAOLO B UTTÀ
Dipartimento di Matematica
“Guido Castelnuovo”
SAPIENZA Università di Roma
Indice
Capitolo 1. Aspetti generali
1.1. Introduzione
1.2. Equazioni alle derivate parziali
1.3. Equazioni della fisica matematica
1
1
2
3
Capitolo 2. Trasporto lineare ed equazione di Liouville
2.1. Preliminari
2.2. Equazione del trasporto lineare
2.3. Equazione di Liouville
2.4. Teorema di Liouville
7
7
8
10
13
Capitolo 3. Equazione della corda vibrante: metodo di D’Alembert
3.1. Considerazioni generali
3.2. Equazione della corda vibrante: derivazione
3.3. Problemi ben posti e metodo dell’energia
3.4. La soluzione di D’Alembert
3.5. La soluzione fondamentale
3.6. Equazione non omogenea: formula di Duhamel
3.7. Simmetrie e metodo delle riflessioni
15
15
16
25
29
35
38
40
Capitolo 4. Equazione della corda vibrante: metodo di Fourier
4.1. Serie di Fourier
4.2. Il metodo di Fourier
4.3. Esempi di applicazione del metodo di Fourier
4.4. Soluzione degli esercizi
45
45
51
56
64
Capitolo 5. Equazione delle onde in dimensione d > 1
5.1. Problemi ben posti e questioni di unicità
5.2. Separazione delle variabili per problemi in domini limitati
5.3. Formula di Kirchhoff
5.4. Formula di Poisson
5.5. Sulla velocità di propagazione
69
69
73
75
79
81
Capitolo 6. Introduzione alla teoria del potenziale
6.1. Considerazioni generali
85
85
i
I NDICE
II
6.2.
6.3.
6.4.
6.5.
6.6.
6.7.
6.8.
6.9.
6.10.
6.11.
Analisi del problema unidimensionale
Approccio al problema in dimensione maggiore di uno
Soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace
Formule di Green
Funzioni armoniche
Formula integrale di Poisson
Equazione di Poisson in Rd
Equazione di Poisson in domini limitati
Formulazione variazionale del problema di Laplace-Dirichlet
Soluzione degli esercizi
86
89
90
92
94
99
105
109
112
113
Capitolo 7. Equazione del calore
7.1. Considerazioni generali
7.2. Derivazione euristica
7.3. Problemi ben posti e principio del massimo
7.4. Soluzione fondamentale
7.5. Problema di Cauchy globale
7.6. Risoluzione di problemi con il metodo delle riflessioni
7.7. Risoluzione di problemi con il metodo di Fourier
7.8. Derivazione microscopica dell’equazione del calore
117
117
117
120
127
131
135
138
142
Bibliografia
147
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CAPITOLO 1
Aspetti generali
1.1. Introduzione
La Matematica rappresenta uno strumento essenziale nella comprensione
del mondo reale, attraverso la costruzione di modelli matematici che permettono di fare descrizioni e previsioni sui fenomeni di interesse. In generale, un
modello matematico si basa su leggi generali (quali, ad esempio, la seconda legge della dinamica) e su relazioni costitutive specifiche del sistema in esame (ad
esempio la legge di Hooke sulle forze elastiche).
Nella costruzione di un modello matematico occorre innanzitutto stabilire
il numero di parametri reali indipendenti necessari per descrivere lo stato del
sistema. Dopodiché, le leggi generali e le relazioni costitutive potranno essere
codificate in equazioni che legano tra loro questi parametri.
Alcuni fenomeni fisici richiedono un numero finito di tali parametri. L’esempio principe è fornito dalla meccanica newtoniana, che descrive il moto di
corpi pesanti, di dimensione trascurabile rispetto alle osservazioni, in termini
di punti materiali liberi di muoversi nello spazio. In questo caso i parametri necessari ad individuare lo stato del sistema sono naturalmente forniti dall’insieme delle posizioni e velocità dei punti materiali. Inoltre, l’evoluzione di questi
punti è governata dalle leggi della dinamica che, per assegnate leggi di forza (ad
esempio la legge di gravità), si traducono in un sistema di equazioni differenziali ordinarie. In effetti, come nel caso newtoniano appena descritto, molti altri
modelli di interesse si scrivono in termini di sistemi di equazioni differenziali
ordinarie.
Esiste ora una vasta classe di fenomeni la cui descrizione richiede un numero infinito di parametri reali indipendenti. Un esempio importante è costituito
dai modelli della fisica dei mezzi continui, in cui si vuole descrivere il comportamento macroscopico della materia, rinunciando al dettaglio microscopico ed
atomico della stessa. Consideriamo, ad esempio, una mole di gas, costituita da
N ∼ 1023 molecole. È inutile ed impossibile seguire il moto delle singole molecole, nello spazio delle fasi R6N di tutte le posizioni e velocità. Viceversa, per
una descrizione macroscopica del gas, possono essere sufficienti poche grandezze, quali la densità %(x) ∈ R, la velocità v(x) ∈ R3 e la temperatura T (x) ∈ R
1
2
A SPETTI GENERALI
di un “volumetto” dx di materia centrato in x ∈ R3 . In effetti, sotto opportune
ipotesi sullo stato del sistema e sul tipo di misurazioni che si vogliono fare, questa descrizione “ridotta” è possibile, nel senso che queste grandezze sono ben
definite (ovvero osservabili) ed i loro valori predicibili attraverso la soluzione di
opportune equazioni, che completano la definizione stessa del modello.
Le incognite di queste descrizioni ridotte sono quindi costituite da una o
più funzioni scalari u(x) (spesso dette campi), ovvero un numero infinito di parametri reali (il valore u(x) del campo u in ciascun punto x ∈ R3 dello spazio). Se
inoltre il valore del campo u è suscettibile di variazioni nel tempo allora esso sarà una funzione u = u(x, t ) sia della variabile spaziale x che di quella temporale
t.
Più in generale, esistono fenomeni che richiedono direttamente una descrizione in termini di campi. Si pensi ad esempio alla teoria dell’elettromagnetismo, in cui le grandezze fisiche osservabili sono il campo elettrico E(x, t ) ∈ R3 ed
il campo magnetico B(x, t ) ∈ R3 (dunque sei campi scalari).
Avviene ora che la maggior parte delle leggi generali o fenomenologiche si
esprimano attraverso equazioni alle derivate parziali (EDP) che devono essere
soddisfatte dalle funzioni incognite.
1.2. Equazioni alle derivate parziali
Diamo alcune definizioni di base sulle EDP, supponendo per brevità che vi
sia un’unica funzione incognita u(y) delle variabili indipendenti y = (y 1 , . . . , y n ) ∈
D, con D dominio aperto di Rn . Una EDP per u di grado k ∈ N è un’equazione
della forma
Φ(y, u(y), Du(y), . . . , D k−1 u(y), D k u(y)) = 0 (y ∈ D),
(1.1)
dove
Φ : D × Rn × · · · × Rn
k−1
k
× Rn → R
è una funzione assegnata e, per ogni p ∈ N, D p u(y) indica l’insieme di tutte le
derivate parziali di ordine p della funzione u nel punto y. In particolare, identifichiamo Du con il gradiente trasposto (∇u)T e D 2 u con la matrice hessiana,
ovvero
 2

∂ u
∂2 u
(y)
···
(y)

∂y 1 ∂y n
 ∂y 12

µ
¶


∂u
∂u
.
.
2
.

.
.
.
.
(y) . . .
(y) ,
Du(y) =
D u(y) = 
.

.
.
∂y 1
∂y n
 2

2
 ∂ u

∂ u
(y) · · ·
(y)
2
∂y n ∂y 1
∂y n
L’equazione (1.1) è detta lineare se Φ è una funzione lineare di u e di tutte le sue
derivate. È invece detta semilineare se Φ è una funzione lineare delle derivate
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1.3 E QUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA
3
di ordine k con coefficienti che dipendono unicamente dalla variabile indipendente y. È infine detta quasilineare se Φ è una funzione lineare delle derivate
di ordine k con coefficienti che possono però dipendere anche da u e dalle sue
derivate di ordine più basso.
Analogamente al problema di Cauchy per le equazioni differenziali ordinarie, possiamo chiederci sotto quali condizioni esiste ed è unica la soluzione u(y)
di una EDP. È ragionevole supporre che occorra dire qualcosa sul valore di u e
delle sue derivate di ordine più basso sulla frontiera ∂D del dominio D, ovvero fissare le condizioni al bordo del problema. L’equazione (1.1) con assegnate
condizioni al bordo sarà un problema ben posto se si ha esistenza, unicità ed una
qualche dipendenza continua dai dati al bordo della soluzione.
Ricordiamo che, tranne che nel caso k = 1 e nel caso delle equazioni lineari,
non esiste una teoria generale consolidata delle EDP come nel caso delle equazioni differenziali ordinarie (l’analogo dei teoremi generali di esistenza ed unicità). Sono state invece largamente studiate e comprese specifiche equazioni di
particolare importanza in matematica o altre discipline.
1.3. Equazioni della fisica matematica
In queste note studieremo alcune equazioni fondamentali della fisica matematica e certe generalizzazioni di queste. Precisamente, le equazioni fondamentali che analizzeremo sono
(1) l’equazione del trasporto lineare,
d ∂u
X
∂u
(x, t ) +
(x, t ) F i (x, t ) = 0;
∂t
i =1 ∂x i
(2) l’equazione di Liouville,
d
X
¤
∂u
∂ £
(x, t ) +
u(x, t )F i (x, t ) = 0;
∂t
i =1 ∂x i
(3) l’equazione delle onde,
d ∂2 u
X
∂2 u
2
(x,
t
)
−
c
(x, t ) = 0;
2
∂t 2
i =1 ∂x i
(4) le equazioni di Laplace,
d ∂2 u
X
i =1
∂x i2
(x) = 0
e di Poisson,
d ∂2 u
X
i =1
∂x i2
(x) + f (x) = 0;
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A SPETTI GENERALI
(5) l’equazione del calore (o della diffusione),
d ∂2 u
X
∂u
(x, t ) = 0;
(x, t ) − D
2
∂t
i =1 ∂x i
dove f (x) ∈ R, F (x, t ) ∈ Rd sono funzioni assegnate delle variabili spaziali x =
(x 1 , . . . , x d ) e della variabile temporale t e c, D sono parametri positivi. Nei casi
(3), (4) e (5) considereremo solo i casi di dimensione spaziale d = 1, 2, 3.
Tutte queste equazioni condividono tra loro due caratteristiche importanti: sono lineari e di ordine non superiore al secondo (precisamente sono del
secondo ordine tranne le prime due che sono del prim’ordine).
Ricordiamo brevemente alcuni fatti generali sulle equazioni lineari del secondo ordine, la cui forma più generale è
n
X
i , j =1
A i , j (y)
n
X
∂2 u
∂u
(y) +
B i (y)
(y) +C (y)u(y) + f (y) = 0 (y ∈ D),
∂y i ∂y j
∂y
i
i =1
(1.2)
con A(y) ∈ Rn×n , B (y) ∈ Rn e C (y), f (y) ∈ R funzioni assegnate.
L’equazione è detta omogenea se f (y) = 0. Poiché siamo interessati a soluzioni regolari u ∈ C 2 (D), l’ordine di derivazione è ininfluente, quindi
n
X
i , j =1
A i , j (y)
n A (y) + A (y) ∂2 u
X
∂2 u
i,j
j ,i
(y) =
(y),
∂y i ∂y j
2
∂y i ∂y j
i , j =1
cosicché, senza perdita di generalità, possiamo assumere A(y) = A(y)T , ovvero A(y) una matrice simmetrica. Questo significa che A(y) ha autovalori reali
per ciascun y ∈ D. Siano n 0 (y), n + (y), n − (y) il numero di autovalori rispettivamente nulli, positivi, negativi di A(y) (contati con la loro molteplicità). Allora
l’equazione viene detta
• ellittica (nel punto y) se n + (y) = n oppure n − (y) = n;
• iperbolica (nel punto y) se n 0 (y) = 0 e n + (y) − n − (y) 6= ±n;
• parabolica (nel punto y) se n 0 (y) > 0.
Posto y = (x, t ) ∈ Rd +1 si vede immediatamente con questa notazione che le
equazioni delle onde, di Laplace, di Poisson e del calore hanno matrice A diagonale ed indipendente da y. In particolare, l’equazione delle onde è iperbolica,
quelle di Laplace e Poisson sono ellittiche e quella del calore è parabolica.
Concludiamo ricordando una proprietà fondamentale delle EDP lineari, il
cosiddetto principio di sovrapposizione, che sarà alla base della strategia di risoluzione delle equazioni lineari che tratteremo. Con riferimento all’equazione
(1.2), tale principio (ben noto nel contesto dei sistemi algebrici lineari) afferma
che combinazioni lineari di soluzioni dell’equazione omogenea ( f = 0) sono anch’esse soluzioni. Più in generale, nel caso non omogeneo, se u 1 (y), u 2 (y) sono
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1.3 E QUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA
5
soluzioni della medesima equazione (1.2) con eventualmente differenti termini noti, diciamo f 1 (y), f 2 (y), allora ogni combinazione lineare u(y) = c 1 u 1 (y) +
c 2 u 2 (y) è soluzione di (1.2) con termine noto f (y) = c 1 f 1 (y) + c 2 f 2 (y).
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CAPITOLO 2
Trasporto lineare ed equazione di Liouville
2.1. Preliminari
Ricordiamo alcuni fatti dalla teoria delle equazioni differenziali ordinarie.
Sia F ∈ C k (Rd × R; Rd ) una funzione vettoriale regolare (k ≥ 1) tale che il problema di Cauchy,
(
ẋ(t ) = F (x(t ), t ),
(2.1)
x(t 0 ) = x,
ammetta soluzione globale nel tempo per ogni dato iniziale (x, t 0 ) ∈ Rd × R. Nel
seguito indicheremo con Φ(x, t 0 , t ) = Φt ,t0 (x) la soluzione del problema (2.1).
La famiglia di trasformazioni {Φt ,t0 } definisce una famiglia a due parametri di
diffeomorfismi (di classe C k ) di Rd in sé, ovvero gode delle seguenti proprietà:
• Φ ∈ C k (Rd × R × R; Rd );
• Φt ,t0 : Rd → Rd è un diffeomorfismo C k per ogni t 0 , t ∈ R;
• Φt ,t0 = Φt ,s ◦ Φs,t0 , Φt0 ,t0 = Id ∀ t 0 , s, t ∈ R.
Tali proprietà seguono dai teoremi di esistenza, unicità e regolarità rispetto ai
dati iniziali del problema di Cauchy per sistemi di equazioni differenziali ordinarie. Inoltre, dalla ovvia relazione Φt ,t0 ◦ Φt0 ,t = Φt0 ,t ◦ Φt ,t0 = Id e dalla regola di
derivazione delle funzioni composte, si ha
(Φt ,t0 )−1 = Φt0 ,t ,
(DΦt ,t0 (x))−1 = DΦt0 ,t (Φt ,t0 (x)) ∀ t 0 , t ∈ R ∀ x ∈ Rd , (2.2)
dove DΦt ,t0 (x) è la matrice jacobiana della trasformazione,
t ,t 0
[DΦ
t ,t 0
(x)]i , j =
∂Φi
∂x j
(x).
Osserviamo infine che nel caso particolare di sistemi autonomi, in cui cioè la
funzione F = F (x) non dipende esplicitamente dal tempo, traslazioni temporali
di soluzioni sono ancora soluzioni. In particolare, posto Φt (x) := Φt ,0 (x) si ha
Φt ,t0 (x) = Φt −t0 (x). La famiglia {Φt } forma ora un gruppo ad un parametro di
diffeomorfismi di Rd in sé, ovvero
• Φ ∈ C k (Rd × R; Rd );
• Φt : Rd → Rd è un diffeomorfismo C k per ogni t ∈ R;
• Φt +s = Φt ◦ Φs ∀ s, t ∈ R, Φ0 = Id.
7
8
T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE
La funzione vettoriale F (x) =
¯
¯
d t
dt Φ (x)¯t =0
è detta generatore del gruppo.
2.2. Equazione del trasporto lineare
Come già osservato in Sezione 1.1, si scrivono in termini di sistemi differenziali del tipo (2.1) molti modelli di evoluzione di sistemi fisici con un numero finito di gradi di libertà, nel qual caso i punti dello spazio delle fasi Rd descrivono
i possibili stati del sistema.
Una funzione reale u su Rd , eventualmente dipendente dal tempo, dunque
u = u(x, t ), rappresenta allora il valore di una grandezza (o osservabile) del sistema quando quest’ultimo si trova nella configurazione x al tempo t . La sua
evoluzione nel tempo lungo il moto di dato iniziale (x 0 , t 0 ) è pertanto fornita
dalla funzione composta u(Φt ,t0 (x 0 ), t ). Diremo che u(x, t ) è un integrale primo
del sistema (2.1) se
u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = u(x 0 , t 0 )
∀ (x 0 , t 0 , t ) ∈ Rd × R × R.
T EOREMA 2.1. La funzione u ∈ C 1 (Rd × R) è integrale primo del sistema (2.1)
se e solo se è soluzione della seguente equazione alle derivate parziali del primo
ordine,
∂u
(x, t ) + ∇u(x, t ) · F (x, t ) = 0,
(x, t ) ∈ Rd × R,
(2.3)
∂t
dove ∇u(x, t ) è il gradiente rispetto alle coordinate cartesiane x della funzione u
(U · V denota il prodotto scalare standard tra i vettori U ,V ∈ Rd ).
D IMOSTRAZIONE . Poiché u ∈ C 1 (Rd × R) la condizione di integrale primo è
equivalente a richiedere che
d
u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = 0
dt
∀ (x 0 , t 0 , t ) ∈ Rd × R × R.
Si ha ora,
∂u t ,t0
d
d
u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) =
(Φ (x 0 ), t ) + ∇u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) · Φt ,t0 (x 0 )
dt
∂t
dt
∂u t ,t0
t ,t 0
=
(Φ (x 0 ), t ) + ∇u(Φ (x 0 ), t ) · F (Φt ,t0 (x 0 ), t ).
∂t
(2.4)
Supponiamo che u sia soluzione dell’equazione (2.3). Valutandola nel punto
(x, t ) = (Φt ,t0 (x 0 ), t ) deduciamo dalla (2.4) che u è integrale primo. Viceversa, se
u è integrale primo, sempre dalla (2.4) segue che
∂u t ,t0
(Φ (x 0 ), t ) + ∇u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) · F (Φt ,t0 (x 0 ), t ) = 0
∂t
∀ (x 0 , t 0 , t ) ∈ Rd × R × R.
Valutando quest’ultima equazione per t = t 0 , ricordando che Φt0 ,t0 (x 0 ) = x 0 ed
essendo (x 0 , t 0 ) arbitrari, deduciamo che u è soluzione dell’equazione (2.3). ———————————————————————————————————–
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2.2 E QUAZIONE DEL TRASPORTO LINEARE
9
Un’equazione della forma (2.3) viene detta equazione del trasporto lineare (non consideriamo qui il caso più generale del trasporto non lineare, in cui
F = F (x, t , u)). La traiettoria Φt ,t0 (x 0 ) è detta curva caratteristica (o semplicemente caratteristica) uscente da (x 0 , t 0 ) dell’equazione. Dal teorema precedente
segue che ogni soluzione u è tale che u(Φt ,t0 (x 0 ), t ) = u(x 0 , t 0 ), ovvero ogni soluzione è costante lungo le caratteristiche. In particolare, la soluzione del relativo
problema di Cauchy,

 ∂u (x, t ) + ∇u(x, t ) · F (x, t ) = 0
(x, t ) ∈ Rd × R,
∂t
(2.5)

u(x, t 0 ) = u 0 (x)
x ∈ Rd ,
con u 0 ∈ C 1 (R) è data da u(x, t ) = u 0 (Φt0 ,t (x)), ovvero la soluzione in x al tempo t
si ottiene “trasportando” il dato iniziale lungo la caratteristica uscente da (x 0 , t 0 ),
dove x 0 = Φt0 ,t (x).
Notiamo infine che anche il problema di Cauchy non omogeneo,

 ∂u (x, t ) + ∇u(x, t ) · F (x, t ) = f (x, t )
(x, t ) ∈ Rd × R,
∂t

u(x, t 0 ) = u 0 (x)
x ∈ Rd ,
(2.6)
con f ∈ C (Rd × R) assegnata, si risolve in termini delle caratteristiche. Infatti, se
u(x, t ) è soluzione di (2.6) la funzione z(s) = u(Φs,t (x), s) ha derivata
ż(s) =
∂u s,t
(Φ (x), s) + ∇u(Φs,t (x), s) · F (Φs,t (x), s) = f (Φs,t (x), s).
∂s
Pertanto
Z
z(t ) − z(t 0 ) =
t
ds f (Φs,t (x), s).
t0
Ma z(t )− z(t 0 ) = u(x, t )−u 0 (Φt0 ,t (x)) e dunque la soluzione del problema (2.6) si
scrive
Z
u(x, t ) = u 0 (Φt0 ,t (x)) +
t
ds f (Φs,t (x), s),
(2.7)
t0
ovvero (per la linearità dell’equazione) pari alla somma tra la soluzione dell’equazione omogenea associata (2.5) di uguale dato iniziale e la soluzione particolare della (2.6) di dato iniziale nullo.
O SSERVAZIONE 2.1. Nel caso autonomo (ovvero con F = F (x) e f = f (x)
indipendenti dal tempo) la soluzione (2.7) si scrive u(x, t ) = ũ(x, t − t 0 ), con
Z t
ũ(x, t ) = u 0 (Φ−t (x)) + ds f (Φs−t (x)),
(2.8)
0
t
dove Φ (x) è il flusso di fase generato da F (x). (Verificare!)
E SEMPIO 2.1. Consideriamo il caso più semplice di un’equazione del trasporto lineare omogenea con coefficienti costanti, dunque F (x) = c ∈ Rd . Per
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T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE
u0 (x)
u(x,t) = u0 (x−ct)
x
x−ct O
x
F IGURA 2.1. Esempio di onda viaggiante diretta (c > 0) al tempo
t > 0: il grafico dell’evoluta u(x, t ) al tempo t del profilo iniziale
u 0 (x) si ottiene traslando di c t verso destra il grafico di u 0 .
l’Osservazione 2.1 senza perdere di generalità possiamo assumere t 0 = 0. Le caratteristiche sono quindi le funzioni lineari Φt ,t0 (x) = x +c t cosicché la soluzione
dell’equazione del trasporto di dato iniziale u 0 prende la semplicissima forma
u(x, t ) = u 0 (x −ct ). Altrimenti detto, la soluzione al tempo t si ottiene “traslando
rigidamente” il dato iniziale di |c t | nella direzione e verso del vettore c. La soluzione u(x, t ) = u 0 (x − ct ) è quindi un’onda viaggiante che si muove nello spazio
con velocità di propagazione c. Nel caso unidimensionale in cui x, c ∈ R, la funzione u 0 (x − ct ) è detta onda viaggiante diretta se c > 0 ovvero onda viaggiante
inversa se c < 0, vedi Figura 2.1.
2.3. Equazione di Liouville
Supponiamo ora assegnata una funzione non negativa ed integrabile ρ(x, t ),
che interpretiamo come la densità di massa con la quale una sostanza (ad esempio un fluido) è distribuita nello spazio Rd al tempo t . Supponiamo che tale
sostanza non venga creata o distrutta ma semplicemente trasportata. Supponiamo inoltre che esista una funzione vettoriale J (x, t ), detta corrente, tale che il
suo flusso sia pari al tasso istantaneo di massa che attraversa l’unità di superficie. Altrimenti detto, per una qualsiasi regione limitata V con frontiera regolare
∂V , il bilancio sulla variazione della massa ivi contenuta si scrive
d
dt
Z
V
dx ρ(x, t ) = −
Z
∂V
dσ(y) J (y, t ) · ν(y),
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2.3 E QUAZIONE DI L IOUVILLE
11
J(y,t)
V
dσ (y)
ν (y)
F IGURA 2.2. La materia che attraversa l’elemento di superficie
dσ(y) nell’unità di tempo è pari a dσ(y) J (y, t ) · ν(y).
essendo dσ(y) la misura di superficie e ν(y) la normale a ∂V in y diretta esternamente a V , vedi Figura 2.2. D’altra parte,
Z
Z
∂ρ
d
dx ρ(x, t ) = dx
(x, t )
dt V
∂t
V
e, per il teorema della divergenza,
Z
Z
dσ(y) J (y, t ) · ν(y) = dx div J (x, t ),
∂V
V
dove ricordiamo che la divergenza di un campo vettoriale V (x) ∈ Rd scritta in
coordinate cartesiane ha la forma
divV (x) = ∇ · V (x) =
d ∂V
X
i
(x).
∂x
i
i =1
Pertanto,
¸
∂ρ
dx
(x, t ) + div J (x, t ) = 0.
∂t
V
Vista l’arbitrarietà nella scelta di V deduciamo che ρ(x, t ) deve risolvere l’equazione di continuità
∂ρ
(x, t ) + div J (x, t ) = 0,
(x, t ) ∈ Rd × R.
∂t
Chiaramente questa relazione, che esprime una legge generale (la conservazione di una grandezza fisica), deve essere accompagnata da una qualche relazione costitutiva, propria del sistema specifico in esame, che permetta di legare la
funzione di corrente alla densità. Supponiamo allora che il trasporto di massa
avvenga mediante la famiglia di diffeomorfismi Φt ,t0 generati dal sistema differenziale (2.1). In questo caso, poiché la massa ρ(x, t ) dx contenuta nel volumetto
dx attorno a x si muove al tempo t con velocità
¯
d
¯
v(x, t ) = Φs,t (x)¯ = F (x, t ),
s=t
ds
Z
·
———————————————————————————————————–
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12
T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE
abbiamo J (x, t ) = ρ(x, t )F (x, t ). Perveniamo pertanto all’equazione di Liouville,
∂ρ
(x, t ) + div [ρ(x, t )F (x, t )] = 0,
∂t
(x, t ) ∈ Rd × R.
(2.9)
Vogliamo ora mostrare che la soluzione del relativo problema di Cauchy può
essere espressa mediante le caratteristiche. Osserviamo a tal fine che la massa
contenuta nella regione limitata Vt0 di Rd al tempo t 0 deve essere uguale a quella
contenuta nella regione Vt , evoluta al tempo t di Vt0 , ovvero Vt := Φt ,t0 (Vt0 ) =
{x ∈ Rd : x = Φt ,t0 (x 0 ), x 0 ∈ Vt0 }. Pertanto, posto ρ(x, t 0 ) = ρ 0 (x) e detta M t (V ) la
massa contenuta al tempo t in un generico dominio V , deve aversi
∀Vt0 ⊂⊂ Rd .
M t (Vt ) = M t0 (Vt0 )
D’altra parte, mediante il cambiamento di coordinate x 0 = Φt0 ,t (x), si ha
Z
dx ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|,
M t0 (Vt0 ) =
Vt
t 0 ,t
dove DΦ (x) è la matrice jacobiana della trasformazione. Se scegliamo ora
Vt0 = Φt0 ,t (V ) con V una qualsiasi regione limitata, dalle precedenti due equazioni otteniamo che
Z
M t (V ) = dx ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|
∀V ⊂⊂ Rd .
V
Per l’arbitrarietà nella scelta di V concludiamo che la densità è definita per tutti
i tempi e vale esattamente
ρ(x, t ) = ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|.
(2.10)
Rimane da calcolare det DΦt0 ,t (x). Ricordiamo a tal fine che per il teorema di
Liouville (che dimostriamo nella prossima sezione) il determinante jacobiano è
soluzione dell’equazione
d
det DΦt ,t0 (x) = div F (Φt ,t0 (x), t ) det DΦt ,t0 (x),
dt
con det DΦt0 ,t0 (x) = 1 essendo Φt0 ,t0 = Id. Pertanto,
·Z t
¸
t ,t 0
s,t 0
det DΦ (x) = exp
ds div F (Φ (x), s)
t0
(2.11)
∀ t , t 0 ∈ R.
Sostituendo nella (2.10) abbiamo infine
ρ(x, t ) = ρ 0 (Φt0 ,t (x)) exp
t0
·Z
ds div F (Φs,t (x), s)
¸
t
· Z t
¸
t 0 ,t
s,t
= ρ 0 (Φ (x)) exp − ds div F (Φ (x), s) .
t0
Un’ultima osservazione: essendo div (ρF ) = ∇ρ · F + ρ div F , se il campo F è solenoidale, ovvero div F (x, t ) = 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd × R, allora ρ(x, t ) = ρ 0 (Φt0 ,t (x))
e l’equazione di Liouville (2.9) coincide con quella del trasporto lineare (2.3).
Questo non deve sorprendere, poiché in questo caso det DΦt ,t0 (x) = 1, dunque il
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2.4 T EOREMA DI L IOUVILLE
13
flusso conserva il volume, |Vt | = |Vt0 |, e pertanto il trasporto di massa si realizza
mantenendo costante la densità lungo le caratteristiche.
O SSERVAZIONE 2.2. L’equazione di Liouville possiede anche la seguente interpretazione probabilistica. Supponiamo che Φt ,t0 (x 0 ) rappresenti l’evoluzione
di un sistema fisico tale che il dato iniziale x 0 è noto con una qualche incertezza. Ad esempio, nel caso di un gas, è praticamente impossibile conoscere con
precisione assoluta l’insieme delle posizioni e velocità di tutte le particelle ad
un tempo iniziale t 0 . In molti casi è possibile modellare questa incertezza assumendo che lo stato iniziale sia una variabile aleatoria X t0 , a valori in Rd , la cui
distribuzione di probabilità possieda una densità. Supponiamo quindi che esiR
sta una funzione integrabile ρ 0 ≥ 0 con dx 0 ρ 0 (x 0 ) = 1 tale che, per ogni insieme
misurabile V ⊂ Rd , l’evento {X t0 ∈ V } abbia probabilità
Z
P(X t0 ∈ V ) = dx 0 ρ 0 (x 0 ).
V
Poiché l’evoluzione è deterministica, l’incertezza nella conoscenza dello stato
del sistema al tempo t è ottenuta semplicemente “trasportando” lungo le soluzioni l’incertezza del dato iniziale. Altrimenti detto, la probabilità che il sistema
si trovi al tempo t nell’insieme V è pari alla probabilità che esso si trovi al tempo
t 0 nell’insieme Φt0 ,t (V ). Quindi lo stato del sistema al tempo t è anch’esso una
variabile aleatoria, che indichiamo con X t , tale che
P(X t ∈ V ) = P(X t0 ∈ Φt0 ,t (V )),
da cui, ripetendo il ragionamento fatto in precedenza,
Z
P(X t ∈ V ) = dx ρ 0 (Φt0 ,t (x)) | det DΦt0 ,t (x)|.
V
Pertanto la variabile X t possiede densità di probabilità pari alla soluzione ρ(x, t )
dell’equazione di Liouville di dato iniziale ρ(·, t 0 ) = ρ 0 .
2.4. Teorema di Liouville
Per calcolare la derivata temporale del determinante jacobiano osserviamo
che, essendo il campo vettoriale F (x, t ) una funzione regolare,
Φt +ε,t (x) = x + εF (x, t ) + R(x, t , ε),
con R(x, t , ε), ∂R
∂x (x, t , ε) funzioni regolari ed infinitesime di ordine superiore al
primo per ε → 0. Quindi
DΦt +ε,t (x) = II + εDF (x, t ) + o(ε).
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14
T RASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI L IOUVILLE
Notiamo ora che se A ∈ Rd ×d è un matrice assegnata, detti λ1 , . . . , λd gli autovalori di A, si ha
d
d
X
¡
¢ Y
det II + εA = (1 + ελi ) = 1 + ε λi + O(ε2 ) = 1 + ε Tr A + O(ε2 ),
i =1
i =1
da cui
¡
¢¯¯
d
det II + εA ¯
= Tr A.
ε=0
dε
Osservando che Tr DF (x, t ) = div F (x, t ) ne segue che
¯
d
¯
det DΦt +ε,t (x)¯
= div F (x, t ).
(2.12)
ε=0
dε
D’altra parte, per la regola di derivazione delle funzioni composte,
£
¤
det DΦt +ε,t0 (x) = det D(Φt +ε,t ◦ Φt ,t0 )(x) = det DΦt +ε,t (Φt ,t0 (x))DΦt ,t0 (x)
= det DΦt +ε,t (Φt ,t0 (x)) det DΦt ,t0 (x),
cosicché
¯
d
d
¯
det DΦt ,t0 (x) =
det DΦt +ε,t0 (x)¯
ε=0
dt
dε
¯
d
¯
=
det DΦt +ε,t (Φt ,t0 (x))¯ det DΦt ,t0 (x)
ε=0
dε
= div F (Φt ,t0 (x), t ) det DΦt ,t0 (x),
avendo applicato la (2.12) nell’ultimo passaggio. La relazione (2.11) è dunque
dimostrata.
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CAPITOLO 3
Equazione della corda vibrante: metodo di D’Alembert
3.1. Considerazioni generali
In questo capitolo iniziamo lo studio dell’equazione delle onde,
∂2 u
(x, t ) = c 2 ∆u(x, t ),
∂t 2
per la funzione reale incognita u = u(x, t ), x ∈ Rd , t ∈ R, con d = 1, 2, 3 la dimensione spaziale, c > 0 una costante assegnata; infine, ∆ := div ∇ è l’operatore di
Laplace (o laplaciano) in dimensione d , che in coordinate cartesiane si scrive,
per ogni U = U (x) funzione regolare,
∆U (x) = Tr D 2U (x) =
d ∂2U
X
i =1
∂x i2
(x).
Si perviene a tale equazione e sue generalizzazioni studiando diversi fenomeni
fisici. Ad esempio, la propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto, delle
onde sonore in un mezzo, ovvero le piccole vibrazioni di una corda, membrana o solido, attorno ad una posizione di equilibrio, sono governate da questa
equazione.
In questo capitolo studiamo l’equazione delle onde nel caso unidimensionale d = 1 (detta anche equazione della corda vibrante), in cui essa assume la
forma
2
∂2 u
2∂ u
(x,
t
)
=
c
(x, t )
(x, t ) ∈ R × R.
(3.1)
∂t 2
∂x 2
Per prendere familiarità con le proprietà principali della propagazione ondosa,
presentiamo da subito alcune soluzioni particolari. Notiamo che onde viaggianti dirette [risp. inverse] con velocità di propagazione c [risp. −c] sufficientemente
regolari sono soluzioni dell’equazione (3.1). Più precisamente, funzioni del tipo
u ± (x, t ) = u 0 (x ∓ ct ) con u 0 ∈ C 2 (R).
Tra le onde viaggianti hanno una particolare importanza le onde armoniche,
u ± (x, t ) = A cos(kx ∓ ωt + ϕ)
A > 0,
ϕ ∈ [0, 2π).
che rappresentano la propagazione del profilo iniziale u 0 (x) = A cos(kx +ϕ) con
velocità c = ±ω/k. Notiamo che sono funzioni periodiche sia in t che in x, di
15
16
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
periodi rispettivamente T = 2π/ω e λ = 2π/k. Il periodo spaziale λ è detto lunghezza d’onda e rappresenta la distanza tra due creste successive. Il parametro
A viene detto ampiezza d’onda, ω è la frequenza angolare e k il numero d’onda
(pari al numero di oscillazioni dell’onda in un tratto spaziale di lunghezza 2π).
Poiché l’equazione delle onde è lineare ed omogenea, una combinazione
lineare di soluzioni è anch’essa soluzione. In particolare, possiamo sovrapporre
due onde armoniche con velocità opposte ed uguali ampiezza e fase iniziale,
ottenendo la nuova soluzione di (3.1),
u(x, t ) = A cos(kx + ωt + ϕ) + A cos(kx − ωt + ϕ) = 2A cos(kx + ϕ) cos(ωt ),
che rappresenta un’onda armonica stazionaria. In questo caso infatti il profilo
iniziale u 0 (x) = 2A cos(kx + ϕ) non si propaga, ma è modulato in ampiezza nel
tempo da oscillazioni armoniche: u(x, t ) = u 0 (x) cos(ωt ).
Gli esempi precedenti mostrano una proprietà generale dell’equazione delle onde, ovvero come essa possa dar luogo sia a fenomeni di propagazione che
di oscillazione. L’analisi di questo capitolo mette in evidenza i primi, mentre il
prossimo capitolo è dedicato al metodo di Fourier, che meglio si presta a descrivere i fenomeni oscillatori.
3.2. Equazione della corda vibrante: derivazione
3.2.1. Vibrazioni libere della corda. Prendiamo in considerazione un tratto di filo AB , omogeneo, perfettamente flessibile e perfettamente elastico, di lunghezza naturale L 0 . Fissato l’estremo A, sottoponiamo l’estremo B ad una forza
di trazione gradualmente crescente da zero fino a giungere ad un valore finale
τ. Perveniamo in tal modo ad uno stato rettilineo di equilibrio nel quale il filo
ha lunghezza L > L 0 dipendente dalla tensione τ, dunque L = φ(τ). La perfetta
elasticità implica la reversibilità del fenomeno: diminuendo gradualmente dal
valore τ fino a zero la tensione applicata in B , il filo torna alla lunghezza naturale L 0 , restituendo in questa fase tutto il lavoro ricevuto dalla forza di trazione
durante la prima deformazione. Altrimenti detto, il lavoro eseguito dalla forza di trazione si accumula nel filo sotto forma di un’energia potenziale elastica,
dipendente unicamente dallo stato di deformazione del filo, ovvero U = U (L).
Fissiamo ora uno stato di equilibro (τ, L) e consideriamo tutti gli stati (τ +
δτ, L +δL) ad esso prossimi, ottenuti con una variazione (algebrica) infinitesima
δτ della tensione. Per la Legge di Hooke, l’incremento di tensione δτ corrispondente all’incremento di lunghezza δL è ad esso proporzionale. Altrimenti detto, φ0 (τ) > 0, cosicché invertendo la relazione L = φ(τ) e sviluppando abbiamo
δτ = C δL + O((δL)2 ) con C = φ0 (τ)−1 . D’altra parte, per la definizione di U ,
Z L+δL
U (L + δL) −U (L) =
d` φ−1 (`) = τδL + O((δL)2 ),
L
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3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
. M=(x,u(x,t))
O
17
DERIVAZIONE
u(.,t)
.
N=(x,0)
L
F IGURA 3.1. La configurazione della corda al tempo t è individuata dal profilo u(·, t ) rispetto alla posizione di riposo u(·) ≡
0.
essendo φ−1 (L) = τ. Pertanto, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo in δL, approssimiamo U (L + δL) = U (L) + τδL. Poiché l’energia potenziale è
definita a meno di una costante additiva, possiamo fissare U (L) = 0 ed attribuire
a ciascuno stato di equilibrio (τ + δτ, L + δL) vicino a (τ, L) l’energia elastica
U = τδL.
Estendiamo ora quanto stabilito anche alle condizioni dinamiche, in cui la
corda si trova in uno stato non necessariamente rettilineo e stazionario, ma sempre vicino all’equilibrio forzato (τ, L). Tale estensione è giustificata anche dall’ipotesi di perfetta flessibilità: il filo non oppone resistenza ad essere piegato, cosicché anche in uno stato non rettilineo accumula solo energia potenziale elastica. Specifichiamo ora le configurazioni dinamiche, ovvero il tipo di moti, che
prendiamo in esame. Assumiamo innanzitutto che gli estremi della corda siano
mantenuti fissi (chiaramente a distanza L). Consideriamo inoltre solo moti piani, trasversali e piccoli della corda. Quindi, se fissiamo un sistema di coordinate
cartesiane sul piano del moto in modo tale che la corda all’equilibrio giace sul
segmento [0, L] dell’asse delle ascisse, possiamo affermare che la configurazione della corda rimane individuata da una funzione numerica u(x, t ), x ∈ [0, L],
t ∈ R, in modo tale che M = (x, u(x, t )) è il punto geometrico del piano occupato al tempo t dal punto fisico della corda che nella configurazione di equilibrio
si trova in N = (x, 0), vedi Figura 3.1. L’assunzione di piccoli moti si formalizza
affermando che studiamo i moti per i quali
¯
¯
¯ ∂u
¯
¯
¯
|u(x, t )| ¿ 1,
¯ ∂x (x, t )¯ ¿ 1,
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18
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
mentre la condizione di estremi fissati si riduce semplicemente ad imporre che
u(0, t ) = u(L, t ) = 0
∀ t ∈ R.
Alla configurazione della corda individuata dal profilo u(·, t ) al tempo t associamo l’energia potenziale


s

s
µ ¶2
µ ¶2
Z L
Z L
∂u
∂u
U [u(·, t )] = τδL = τ  dx 1 +
− L = τ
dx  1 +
− 1 .
∂x
∂x
0
0
¯ ¯
¯ ¯
Nell’ipotesi ¯ ∂u
∂x ¯ ¿ 1 possiamo trascurare i termini di ordine superiore al seconp
do (usando lo sviluppo 1 + a 2 = 1 + a 2 /2 + O(a 4 )) ed assumere
µ ¶2
Z
τ L
∂u
U [u(·, t )] =
dx
.
2 0
∂x
D’altra parte, se ρ è la densità lineare di massa del filo omogeneo, l’energia
cinetica del tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x + dx] è pari a
µ ¶2
ρ
∂u
dT = dx
+ O((dx)2 ),
2
∂t
pertanto l’energia cinetica della corda nello stato di moto il cui profilo di velocità
al tempo t è ∂u
∂t (·, t ) si scrive
T
h
i
∂u
∂t (·, t )
ρ
=
2
L
Z
0
∂u
dx
∂t
µ
¶2
.
Quindi la lagrangiana della corda con posizione u(·, t ) e velocità
L
³
u(·, t ), ∂u
∂t (·, t )
´
L
Z
=
0
∂u
∂t (·, t ) è
· µ ¶2
µ ¶ ¸
ρ ∂u
τ ∂u 2
dx
−
.
2 ∂t
2 ∂x
Possiamo ora costruire il funzionale d’azione del problema. Fissiamo una qualsivoglia coppia di profili u 0 , u 1 ∈ C 1 ([0, L]) tali che u 0 (0) = u 1 (0) = u 0 (L) = u 1 (L) =
0 ed introduciamo lo spazio X0 di tutte le possibili traiettorie della corda che
durante l’intervallo di tempo [0, T ] connettono questi due profili, ovvero
©
X0 = u ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : u(0, t ) = u(L, t ) = 0,
ª
u(x, 0) = u 0 (x), u(x, T ) = u 1 (x) ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] .
Il funzionale d’azione A : X0 → R è allora
µ ¶ ¸
· µ ¶2
Z T
³
´ Z T Z L
ρ ∂u
τ ∂u 2
A [u] =
dt L u(·, t ), ∂u
(·,
t
)
=
dt
dx
−
.
∂t
2 ∂t
2 ∂x
0
0
0
L’equazione delle vibrazioni trasversali libere della corda è ora derivata dal principio di Hamilton. Cerchiamo pertanto di caratterizzare le curve che rendono
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3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
19
DERIVAZIONE
stazionaria l’azione A sopra definita. La variazione u + εh, ε ∈ R, di u è ancora
un elemento di X0 purché h sia scelta nell’insieme
©
H0 = h ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : h(x, 0) = h(x, T ) = 0,
ª
h(0, t ) = h(L, t ) = 0 ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] .
La derivata del funzionale in u ∈ X0 , che indichiamo con δu A : H0 → R, si
calcola facilmente,
·
¸
Z T Z L
¯
d
∂u ∂h
∂u ∂h
¯
δu A [h] =
A [u + εh]¯
dx ρ
−τ
.
dt
=
dε
∂t ∂t
∂x ∂x
ε=0
0
0
Vogliamo pertanto caratterizzare le u ∈ X0 tali che
·
¸
Z T Z L
∂u ∂h
∂u ∂h
dt
dx ρ
=0
−τ
∂t ∂t
∂x ∂x
0
0
∀ h ∈ H0 .
Utilizzando il teorema di Fubini e quindi integrando per parti rispetto alla variabile temporale si ha
Z L Z T
Z T Z L
∂u ∂h
∂u ∂h
dt
dx
dx
dt
=
∂t ∂t
∂t ∂t
0
0
0
0
(3.2)
·
¸t =T Z L Z T
Z L
∂u
∂2 u
dx
dt 2 h.
=
dx
h
−
∂t
∂t
0
0
0
t =0
Analogamente,
¸
Z T Z L
Z T ·
Z T Z L
∂u ∂h
∂2 u
∂u x=L
dx
dx 2 h.
dt
dt
dt
=
h
−
∂x ∂x
∂x x=0
∂x
0
0
0
0
0
(3.3)
Ma in entrambe le formule precedenti i termini di bordo sono identicamente
nulli per le ipotesi su h, cosicché la condizione di stazionarietà diventa
µ
¶
Z T Z L
∂2 u
∂2 u
dt
dx −ρ 2 + τ 2 h = 0
∀ h ∈ H0 .
∂t
∂x
0
0
Poiché −ρ ∂∂tu2 + τ ∂∂xu2 è una funzione continua, per il lemma fondamentale del
calcolo delle variazioni concludiamo che u ∈ X0 è stazionaria se e solo se è
soluzione dell’equazione
2
2
ρ
∂2 u
∂2 u
(x,
t
)
−
τ
(x, t ) = 0.
∂t 2
∂x 2
Le vibrazioni trasversali libere della corda sono pertanto governate dall’equazione delle onde omogenea in dimensione uno,
2
∂2 u
2∂ u
(x,
t
)
=
c
(x, t ),
∂t 2
∂x 2
con parametro c =
p
τ/ρ.
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20
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
T(x+dx,t)
u(x+dx,t)
u(x,t)
−T(x,t)
O
x
x+dx
L
F IGURA 3.2. Forze di tensione che agiscono sul tratto di corda
che insiste sull’intervallo [x, x + dx].
3.2.2. Interpretazione euristica e vibrazioni forzate. L’interpretazione euristica dell’equazione trovata è piuttosto naturale. Infatti possiamo riscrivere
l’equazione nella forma
ρ dx
∂2 u
∂2 u
(x,
t
)
=
τdx
(x, t ).
∂t 2
∂x 2
(3.4)
Il termine a sinistra rappresenta, a meno di infinitesimi O((dx)2 ), il prodotto della massa per l’accelerazione del tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x +
dx]. Vogliamo allora riconoscere nel termine di destra la forza, agente sul medesimo tratto di corda, dovuta alla tensione con il resto della corda. In effetti
possiamo pensare che il tratto di corda in esame sia sottoposto alla somma del~ (x, t ), applicata nell’estremo (x, u(x, t )) e dovuta al tratto
la forza di tensione −T
~ (x + dx, t ), aprimanente di corda alla sua sinistra, e della forza di tensione T
plicata nell’estremo (x + dx, u(x + dx, t )) e dovuta al tratto rimanente di corda
alla sua destra, vedi Figura 3.2. Detto α(x, t ) l’angolo che la direzione tangente
al grafico della
nel punto (x, u(x, t )) forma con l’asse delle ascisse, poiché
¯ corda
¯
¯ ∂u ¯
assumiamo ¯ ∂x ¯ ¿ 1 possiamo approssimare, al primo ordine,
sin α(x, t ) ' tan α(x, t ) =
∂u
(x, t ),
∂x
cos α(x, t ) ' 1.
~ (x, t ) in ogni punto (x, u(x, t )) della corda è diretta sempre lunLa tensione T
go la tangente per l’ipotesi di perfetta flessibilità. Inoltre, poiché consideriamo
variazioni infinitesime della corda, possiamo assumere che il suo modulo sia
~ (x, t )| = τ. Pertanto T
~ (x, t ) ha
uguale al valore uniforme all’equilibrio, ovvero |T
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3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
DERIVAZIONE
21
componenti


Ã
!
1
cos
α(x,
t
)
.
~ (x, t ) = τ
T
' τ  ∂u
sin α(x, t )
(x, t )
∂x
Ne segue che la risultante delle forze di tensione sul tratto di corda ha componenti


0

~ (x + dx, t ) − T
~ (x, t ) ' τ  ∂u
T
∂u
(x + dx, t ) −
(x, t )
∂x
∂x


0
 + O((dx)2 ).
=
∂2 u
τdx 2 (x, t )
∂x
Dunque, consistentemente con l’ipotesi di trasversalità del moto, la componente orizzontale della risultante delle forze è nulla, mentre la componente verticale coincide con il membro di destra dell’Eq. (3.4). L’equazione delle onde nella
forma (3.4) si interpreta pertanto come la proiezione verticale dell’equazione di
Newton per il medesimo tratto di corda.
Tale interpretazione conduce ad introdurre anche l’equazione delle vibrazioni forzate della corda,
ρ
∂2 u
∂2 u
(x,
t
)
−
τ
(x, t ) = F (x, t ),
∂t 2
∂x 2
dove F (x, t ) rappresenta la densità per unità di lunghezza di una possibile forza
esterna agente sulla corda. Come nel caso libero riscriviamo l’equazione nella
forma
∂2 u
∂2 u
(x, t ) = c 2 2 (x, t ) + f (x, t ),
(3.5)
2
∂t
∂x
p
con parametro c = τ/ρ ed essendo ora f (x, t ) = F (x, t )/ρ la densità per unità
di massa della forza esterna. Si osservi che anche tale equazione può essere
dedotta dal principio di Hamilton. È sufficiente considerare ora il funzionale
d’azione
· µ ¶2
µ ¶
¸
Z T Z L
ρ ∂u
τ ∂u 2
A [u] =
dt
−
+Fu ,
dx
2 ∂t
2 ∂x
0
0
RL
dove il termine − 0 dx F u è l’energia potenziale associata alla forza F (indipendente da u) agente sulla corda. Il calcolo della derivata δu A : H0 → R si esegue
esattamente come in precedenza e la presenza del termine aggiuntivo (lineare
in u) fornisce ora
µ
¶
Z T Z L
∂2 u
∂2 u
δu A [h] =
dt
dx −ρ 2 + τ 2 + F h.
∂t
∂x
0
0
La condizione di stazionarietà δu A [h] = 0 ∀ h ∈ H0 conduce in questo caso
all’equazione (3.5) per la curva stazionaria u.
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22
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
u(x,t)
f1 (t)
k1
O
L
k0
f0 (t)
F IGURA 3.3. Corda vibrante con estremi liberi sottoposti alle
forze f 0 (t ) − k 0 u(0, t ) e f 1 (t ) − k 1 u(L, t ).
O SSERVAZIONE 3.1. L’equazione della corda vibrante (3.5) è stata dedotta
assumendo che gli estremi della corda fossero bloccati nei punti (0, 0) e (L, 0).
Più in generale, possiamo imporre che essi siano vincolati ad eseguire un moto
trasversale assegnato, ovvero
u(0, t ) = a(t ),
u(L, t ) = b(t )
∀ t ∈ R,
con a(t ), b(t ) funzioni fissate. In questo caso il funzionale d’azione è definito
sullo spazio di curve
©
Xa,b = u ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ),
ª
u(x, 0) = u 0 (x), u(x, T ) = u 1 (x) ∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] .
Nuovamente la variazione u + εh di u ∈ Xa,b appartiene a Xa,b se e solo se h ∈
H0 , pertanto la condizione di stationarietà per il funzionale d’azione A conduce
sempre all’equazione (3.5).
3.2.3. Corda con estremi liberi. Supponiamo ora che gli estremi della corda non siano vincolati ma liberi di muoversi (sempre trasversalmente). Questi
estremi possono allora essere sottoposti a forze di diversa natura. Compatibilmente con l’approssimazione lineare (rispetto ad u) assumiamo che gli estremi
della corda siano sottoposti a due tensioni assegnate f 0 (t ) e f 1 (t ) e richiamati
dalle posizioni di riposo (0, 0) e (L, 0) attraverso due molle elastiche di costanti
k 0 e k 1 rispettivamente, vedi Figura 3.3. In questo caso l’energia potenziale della
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3.2 E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
DERIVAZIONE
23
corda nella posizione u(·, t ) al tempo t è
· µ ¶2
¸
Z L
τ ∂u
k0
k1
U [u(·, t ), t ] =
dx
− F u + u(0, t )2 + u(L, t )2
2
∂x
2
2
0
− f 0 (t )u(0, t ) − f 1 (t )u(L, t ),
e dunque
A [u] =
· µ ¶2
µ ¶
¸
ρ ∂u
τ ∂u 2
1
1
−
+ F u − k 0 u(0, t )2 − k 1 u(L, t )2
2 ∂t
2 ∂x
2
2
0
0
¾
+ f 0 (t )u(0, t ) + f 1 (t )u(L, t ) .
Z
T
½Z
dt
L
dx
Inoltre, nessuna condizione è imposta sul valore di u agli estremi, pertanto il
funzionale deve essere considerato sullo spazio di profili
©
X = u ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : u(x, 0) = u 0 (x), u(x, T ) = u 1 (x)
ª
∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] .
In questo caso la variazione u + εh di u ∈ X appartiene a X se e solo se h ∈ H ,
dove
©
H = h ∈ C 2 ((0, L) × (0, T )) ∩C 1 ([0, L] × [0, T ]) : h(x, 0) = h(x, T ) = 0
ª
∀ (x, t ) ∈ [0, L] × [0, T ] .
Nel calcolo della derivata di A [u] occorre tener conto sia del contributo dovuto
al potenziale elastico delle molle sia del fatto che ora solo i termini di bordo nella
(3.2) sono nulli, mentre quelli nella (3.3) permangono. Si ottiene in tal modo,
µ
¶
Z T Z L
∂2 u
∂2 u
dx −ρ 2 + τ 2 + F h
dt
δu A [h] =
∂t
∂x
0
0
¸
Z T ·
∂u
dt τ (L, t ) + k 1 u(L, t ) − f 1 (t ) h(L, t )
−
∂x
0
¸
Z T ·
∂u
+
dt τ (0, t ) − k 0 u(0, t ) + f 0 (t ) h(0, t ).
∂x
0
Per l’arbitrarietà nella scelta di h (e quindi anche delle funzioni h(0, t ) e h(L, t )),
la condizione di stazionarità impone che u sia soluzione dell’equazione (3.5) e
che soddisfi inoltre le condizioni al bordo,
τ
∂u
(0, t ) − k 0 u(0, t ) + f 0 (t ) = 0,
∂x
τ
∂u
(L, t ) + k 1 u(L, t ) − f 1 (t ) = 0 ∀ t ∈ R. (3.6)
∂x
In particolare, se nessuna forza agisce sugli estremi della corda,
∂u
∂u
(0, t ) =
(L, t ) = 0,
∂x
∂x
ovvero la pendenza della corda agli estremi si mantiene orizzontale.
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24
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
3.2.4. Derivazione microscopica dell’equazione della corda vibrante. Vogliamo derivare, almeno formalmente, l’equazione delle vibrazioni libere trasversali della corda come limite della dinamica di una catena di oscillatori armonici quando il loro numero cresce indefinitamente e la loro distanza relativa
diventa infinitesima. La catena di oscillatori è così definita. Consideriamo N
punti materiali P j , j = 1, . . . , N , di uguale massa m e vincolati a muoversi su rette parallele ed equidistanziate di un piano. Pertanto, in un opportuno sistema
di riferimento cartesiano, le coordinate (x j , y j ) del punto P j sono vincolate ad
avere ascissa costante x j = j NL+1 , con L > 0 fissato. Per j = 2, . . . , N − 1, il punto
P j è richiamato dai punti P j −1 e P j +1 mediante forze elastiche di uguale costante K . Il punto P 1 [risp. P N ] è richiamato dal punto P 2 [risp. P N −1 ] e dal punto
geometrico (x 0 , y 0 ) = (0, 0) [risp. (x N +1 , y N +1 ) = (L, 0)] mediante forze elastiche
della medesima costante K . Il moto {y j (t ); j = 1, . . . , N } degli oscillatori è quindi
soluzione del problema
m ÿ j = −K (y j − y j −1 ) − K (y j − y j +1 ),
j = 1, . . . , N ,
(y 0 = y N +1 = 0).
Vogliamo che tale sistema descriva una corda vibrante di lunghezza a riposo L
con estremi fissi quando N → ∞, ovvero ε := NL+1 → 0. Per ottenere questo è
necessario scegliere i parametri m e K dipendenti da ε. Innanzitutto osserviamo che poiché in un tratto di lunghezza unitaria abbiamo ε−1 oscillatori, per
ottenere una corda di densità costante ρ occorre scegliere m = ερ. Supponiamo
inoltre che y j (t ) sia pari al valore in x j = ε j di un profilo regolare u ε (·, t ). Allora
l’equazione del moto può essere scritta nella forma
ρ
∂2 u ε
( j ε, t ) = ε−1 K [u ε ( j ε + ε, t ) + u ε ( j ε − ε, t ) − 2u ε ( j ε, t )].
∂t 2
D’altra parte, se f ∈ C 2 (R), per lo sviluppo di Taylor fino al secondo ordine si ha
f (x + ε) + f (x − ε) − 2 f (x) = [ f (x + ε) − f (x)] + [ f (x − ε) − f (x)]
1 00
1
f (x)ε2 − f 0 (x)ε + f 00 (x)ε2 + o(ε2 )
2
2
00
2
2
= f (x)ε + o(ε ).
= f 0 (x)ε +
Pertanto l’equazione del moto si riscrive nella forma
ρ
∂2 u ε
∂2 u ε
(
j
ε,
t
)
=
εK
( j ε, t ) + K o(ε).
∂t 2
∂x 2
Scegliendo K = ε−1 τ e valutando la precedente relazione per j = [ε−1 x] (dove [a]
indica la parte intera del numero reale a), otteniamo, per ogni x ∈ [0, L],
∂2 u ε
∂2 u ε
(x
+
o(1),
t
)
=
τ
(x + o(1), t ) + o(1),
∂t 2
∂x 2
dove o(1) è un infinitesimo per ε → 0. Assumendo che la funzione u ε (x, t ) converga ad una funzione regolare u(x, t ), dalla precedente relazione segue che
ρ
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3.3 P ROBLEMI BEN POSTI E METODO DELL’ ENERGIA
25
quest’ultima funzione deve essere soluzione dell’equazione della corda vibrante. Vale la pena notare che il fatto che K debba divergere per ε → 0 era ovvio sin
dal principio: se solo richiediamo che il profilo finale sia una funzione almeno
continua è necessario che
lim[u ε ( j ε + ε, t ) − u ε ( j ε, t )] = lim[y j +1 (t ) − y j (t )] = 0,
ε→0
ε→0
pertanto la forza che attrae tra loro due oscillatori vicini deve necessariamente
divergere.
Il modello microscopico può essere generalizzato inserendo una forza di
richiamo elastico verso la posizione di riposo ed una forzante esterna,
m ÿ j = −K (y j − y j −1 ) − K (y j − y j +1 ) − K 1 y j + F j (t ),
j = 1, . . . , N .
Assumendo ora m = ερ, K = ε−1 τ, K 1 = εγ1 è facile verificare che se F j (t ) =
εF ( j ε, t ) per qualche funzione regolare F (x, t ) allora il limite continuo della catena di oscillatori è ora descritto dall’equazione delle onde generalizzata
ρ
∂2 u
∂2 u
(x,
t
)
=
τ
(x, t ) − γ1 u(x, t ) + F (x, t ),
∂t 2
∂x 2
dove γ1 è un parametro non negativo. Ovvero, con le posizioni c =
γ1 /ρ, f (x, t ) = F (x, t )/ρ, otteniamo
2
∂2 u
2∂ u
(x,
t
)
=
c
(x, t ) − γu(x, t ) + f (x, t ).
∂t 2
∂x 2
(3.7)
p
τ/ρ, γ =
(3.8)
O SSERVAZIONE 3.2. L’equazione (3.7) può essere dedotta dal principio variazionale considerando anche l’energia potenziale di una forza di richiamo elastica verso la posizione di riposo u = 0, distribuita in modo tale che, per ogni
x ∈ [0, L], il tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x + dx] è soggetto alla
forza elastica −γ1 u(x, t )dx. L’energia potenziale complessiva è in questo caso
· µ ¶2
¸
Z L
τ ∂u
γ1 2
U [u(·, t ), t ] =
dx
+ u −Fu ,
2 ∂x
2
0
che va ora utilizzata per costruire il funzionale d’azione. Inoltre è possibile considerare differenti condizioni agli estremi, come discusso nelle precedenti sottosezioni per il caso dell’equazione con γ = 0.
3.3. Problemi ben posti e metodo dell’energia
Attraverso il principio variazionale abbiamo caratterizzato il moto della corda durante un intervallo di tempo [0, T ] per assegnati profili iniziale e finale, u 0
a t = 0 e u 1 a t = T . D’altra parte, come nei problemi della meccanica con un
numero finito di gradi di libertà (ad esempio la catena di oscillatori considerata nella sezione precedente), anche in questo contesto è più naturale formulare
il problema di Cauchy, ovvero determinare il profilo u(·, t ) ad un tempo t > 0,
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26
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
conoscendo lo stato meccanico della corda ad un tempo precedente, diciamo
t = 0. Essendo un’equazione del secondo ordine rispetto alla variabile temporale, tale stato è definito dal profilo della corda e dal suo profilo di velocità. Occorre
pertanto fissare i dati iniziali
u(x, 0) = g (x),
∂u
(x, 0) = h(x),
∂t
con g , h funzioni note. Ma perché il problema sia ben posto, ovvero u sia univocamente determinata, è necessario anche stabilire cosa avviene agli estremi
della corda, ovvero fissare le condizioni al bordo (o al contorno o condizioni limite). In particolare, considereremo le seguenti condizioni, che qui formuliamo
nel caso più generale dell’equazione (3.8).
(1) Problema di Cauchy globale. Supponiamo la corda idealmente di lunghezza infinita, dunque senza estremi. Il problema corrispondente è
pertanto
 2
2
∂ u

2∂ u

=
c
− γu + f
in R × R+ ,
∂t 2
∂x 2

 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R.
∂t
(3.9)
(2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Supponiamo che gli estremi della corda
siano vincolati ad eseguire un moto trasversale prestabilito, individuato da due assegnate funzioni reali a(t ), b(t ), vedi l’Osservazione 3.1. Il
problema corrispondente è pertanto
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
− γu + f
in (0, L) × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],



∂t

 u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t )
per t ≥ 0.
(3.10)
(3) Problema di Cauchy-Neumann. Gli estremi della corda sono sottoposti
a due tensione assegnate f 0 (t ) e f 1 (t ), lasciando incognite le elongazioni ai bordi. Otteniamo così il problema
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
− γu + f
in (0, L) × R+ ,


∂x 2
 ∂t 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],

∂t



∂u
∂u


(0, t ) = α(t ),
(L, t ) = β(t ) per t ≥ 0,
∂x
∂x
(3.11)
con α(t ) = − f 0 (t )/τ, β(t ) = f 1 (t )/τ (vedi (3.6) con k 0 = k 1 = 0).
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3.3 P ROBLEMI BEN POSTI E METODO DELL’ ENERGIA
27
(4) Problema di Cauchy con condizioni periodiche. Gli estremi della corda
sono identificati. Dunque consideriamo il problema
 2
2

 ∂ u = c 2 ∂ u − γu + f

in R × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
∂u
(3.12)
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ R,



∂t

 u(x, t ) = u(x + L, t )
per x ∈ R, t ≥ 0.
Non tratteremo invece il caso delle condizioni miste (o di Robin) definite dalla
(3.6) con k 0 , k 1 6= 0.
Le condizioni al bordo dei problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann
sono dette omogenee se, rispettivamente, a(t ) = b(t ) = 0 e α(t ) = β(t ) = 0. L’equazione delle onde è detta omogenea se la forzante non è presente, ovvero se
f (x, t ) = 0.
Rimandando alle prossime sezioni il problema dell’esistenza delle soluzioni,
vogliamo qui introdurre un metodo generale per dimostrare l’unicità di queste,
noto come metodo dell’energia, applicandolo nei casi (3.10), (3.11), (3.12) in cui
il problema è posto su un intervallo finito.
L’osservazione chiave è notare l’esistenza di un integrale primo dei problemi
omogenei con dati al bordo omogenei, ovvero l’esistenza di una funzione del
profilo u(·, t ) e della velocità ∂u
∂t (·, t ) che rimane costante nel tempo se calcolata
lungo le soluzioni. Tale integrale è suggerito dalla formulazione lagrangiana del
problema ed è dato dall’energia meccanica totale,
· µ ¶2
µ ¶
¸
Z L
h
i
ρ ∂u
τ ∂u 2 γ1 2
∂u
dx
H (u, t ) = T ∂t (·, t ) +U [u(·, t )] =
+
+ u ,
2 ∂t
2 ∂x
2
0
ovvero dal funzionale
E (u, t ) = ρ
−1
L
Z
H (u, t ) =
0
· µ ¶2
µ ¶
¸
1 ∂u
c 2 ∂u 2 γ 2
dx
+
+ u .
2 ∂t
2 ∂x
2
(3.13)
Questo integrale è suggerito anche dalla derivazione microscopica dell’equazione (3.7). Infatti, il sistema di oscillatori senza forzante,
m ÿ j = −K (y j − y j −1 ) − K (y j − y j +1 ) − K 1 y j ,
j = 1, . . . , N .
ammette l’integrale primo dell’energia meccanica totale
HN =
N m
N K
N K
X
X
X
1 2
ẏ 2j +
(y j +1 − y j )2 +
yj ,
j =0 2
j =1 2
j =1 2
che, con le posizioni m = ερ, K = ε−1 τ, K 1 = εγ1 e y j (t ) = u ε ( j ε, t ) (dove ε =
L
N +1 ), si scrive
µ
¶2 N
µ
¶
N
N
X
X τ u ε ( j ε + ε, t ) − u ε ( j ε, t ) 2 X
ρ ∂u
γ1
HN =
ε
( j ε, t ) +
+
ε
ε u ε ( j ε, t )2 .
ε
j =1 2 ∂t
j =0 2
j =1 2
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28
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
Nel limite N → ∞ (ovvero ε → 0), se u ε (x, t ) converge uniformemente con le sue
derivate ad una funzione regolare u(x, t ), allora è facile verificare che l’energia
H N converge proprio ad H (u, t ).
T EOREMA 3.1. Sia T > 0, Q T = (0, L) × (0, T ) ed u ∈ C 2 (Q T ) una soluzione
dell’equazione omogenea
2
∂2 u
2∂ u
(x,
t
)
=
c
(x, t ) − γu(x, t ),
(x, t ) ∈ Q T ,
(3.14)
∂t 2
∂x 2
con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee oppure Neumann omogenee oppure periodiche. Allora E (u, t ) = E (u, 0) per ogni t ∈ [0, T ].
d
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo che dt
E (u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Dalla
definizione (3.13), usando quindi il teorema di Schwarz e una integrazione per
parti, si ha
·
µ ¶
¸
Z L
∂u ∂2 u
∂u
d
2 ∂u ∂ ∂u
dx
E (u, t ) =
+
c
+
γu
dt
∂t ∂t 2
∂x ∂t ∂x
∂t
0
·
µ ¶
¸
Z L
2
∂u ∂ u
∂u
2 ∂u ∂ ∂u
dx
=
+c
+ γu
∂t ∂t 2
∂x ∂x ∂t
∂t
0
· 2
¸
¸x=L
·
Z L
2
∂ u
∂u
2∂ u
2 ∂u ∂u
dx
=
−
c
+
γu
+
c
.
∂t 2
∂x 2
∂t
∂x ∂t x=0
0
Poiché u è soluzione di (3.14) l’ultimo integrale è nullo. I termini di bordo sono
anch’essi nulli nei casi considerati. Infatti nel caso delle condizioni di Dirichlet
omogenee, essendo u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ], derivando rispetto al
∂u
tempo otteniamo ∂u
∂t (0, t ) = ∂t (L, t ) = 0. Invece, nel caso di condizioni di Neu∂u
mann omogenee, è ovviamente ∂u
∂x (0, t ) = ∂x (L, t ) = 0. Infine, nel caso di condizioni periodiche, essendo u(x, t ) = u(x + L, t ) per ogni (x, t ) ∈ R × [0, ∞), deri∂u
vando rispetto ad x e t otteniamo che anche le derivate parziali ∂u
∂x e ∂t sono
L- periodiche rispetto ad x per ogni t ≥ 0, e pertanto il termine di bordo è nullo
anche in questo caso.
Vale la pena osservare che la tesi del teorema precedente sussiste anche se u
è soluzione dell’equazione omogenea con condizioni al bordo di Dirichlet non
omogenee purché indipendenti dal tempo, poiché anche in questo caso si ha
∂u
∂u
∂t (0, t ) = ∂t (L, t ) = 0. Il significato fisico è chiaro: se gli estremi della corda
sono tenuti a quote fisse nel tempo, questa non scambia lavoro meccanico con
l’esterno e quindi l’energia si conserva.
T EOREMA 3.2. Per ogni T > 0 sia Q T = (0, L) × (0, T ). Allora, per fissati dati
iniziali e al bordo, esiste al più una soluzione in C 2 (Q T ) di ciascuno dei problemi
(3.10), (3.11) e (3.12).
D IMOSTRAZIONE . Siano u 1 ed u 2 due soluzioni dello stesso problema con
uguali dati iniziali ed uguali condizioni al bordo. Dobbiamo dimostrare che
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3.4 L A SOLUZIONE DI D’A LEMBERT
29
u = u 1 − u 2 è identicamente nulla su Q T . Osserviamo che, per la linearità dell’equazione, la funzione u è soluzione del problema omogeneo (3.14) con dati
iniziali nulli e dati al bordo omogenei (se non periodici). Per il Teorema 3.1 si
ha pertanto E (u, t ) = E (u, 0) per ogni t ∈ [0, T ]. D’altra parte E (u, 0) = 0 poiché
u(x, 0) = 0 e ∂u
∂t (x, 0) = 0 per ogni x ∈ [0, L]. Quindi E (u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ].
Essendo ora c 2 > 0 ed u ∈ C 1 (Q T ), l’integrale che appare nella definizione (3.13)
∂u
di E (u, t ) è nullo per ogni t ∈ [0, T ] se e solo se le derivate ∂u
∂t e ∂x sono identicamente nulle su Q T . Quindi u è una funzione costante su Q T ; ma u(x, 0) = 0 per
cui concludiamo che u = 0 su Q T .
E SERCIZIO 3.1. Si consideri la seguente variante dell’equazione (3.8),
2
∂2 u
∂u
2∂ u
(x,
t
)
=
c
(x, t ) − γu(x, t ) − β (x, t ) + f (x, t ),
2
2
∂t
∂x
∂t
(3.15)
con β > 0, in cui il termine aggiuntivo −β ∂u
∂t rappresenta una forza di attrito
che agisce sulla corda. Stabilire come si modifica il risultato del Teorema 3.1 e
dedurre da ciò che il risultato di unicità del Teorema 3.2 sussiste anche in questo
caso.
3.4. La soluzione di D’Alembert
Studiamo in questa sezione il problema di Cauchy globale (3.9) nel caso
omogeneo ( f = 0) e con γ = 0, ovvero
 2
2
∂ u

2∂ u

=
c
in R × R+ ,
∂t 2
∂x 2
(3.16)

 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R.
∂t
Cerchiamo la soluzione più generale (l’integrale generale) dell’equazione, dopodiché mostriamo che tale soluzione è univocamente determinata se imponiamo
i dati iniziali, ottenendo in tal modo esistenza ed unicità del problema (3.16).
Utilizziamo il cambiamento di coordinate
(
ξ = x − ct
⇐⇒
η = x + ct

ξ+η

x =
2

t = η − ξ
2c
e poniamo w(ξ, η) = u(x, t ) ovvero u(x, t ) = w(x − c t , x + c t ) per la funzione regolare u, cosicché
·
¸
·
¸
∂u
∂w ∂w
∂u
∂w ∂w
=c
−
,
=
+
∂t
∂η
∂ξ
∂x
∂η
∂ξ
e quindi
· 2
¸
∂2 u
∂2 w ∂2 w
2 ∂ w
=c
−2
+
,
∂t 2
∂η2
∂ξ∂η ∂ξ2
· 2
¸
∂2 u
∂ w
∂2 w ∂2 w
=
+2
+
.
∂x 2
∂η2
∂ξ∂η ∂ξ2
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30
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
Pertanto u(x, t ) è soluzione dell’equazione delle onde (3.1) se e solo se w(ξ, η) è
soluzione dell’equazione
∂2 w
= 0.
∂ξ∂η
Riscrivendo quest’ultima equazione nella forma
µ
¶
∂ ∂w
=0
∂η ∂ξ
concludiamo che
∂w
∂ξ
è funzione della sola ξ, dunque
∂w
(ξ, η) = θ(ξ),
∂ξ
da cui, integrando,
w(ξ, η) =
Z
dξ θ(ξ) + θ2 (η),
R
con θ2 (η) una funzione arbitraria di η. Analogamente, il primo termine dξ θ(ξ)
è una funzione arbitraria di ξ. Denotandolo con θ1 (ξ), otteniamo infine
w(ξ, η) = θ1 (ξ) + θ2 (η),
da cui, tornando alle varabili originarie,
u(x, t ) = θ1 (x − c t ) + θ2 (x + c t ).
Quindi la soluzione più generale dell’equazione delle onde (3.1) si scrive come
sovrapposizione di un’onda diretta e di un’onda inversa, entrambe con velocità di propagazione di modulo c. Chiaramente, perché u sia effettivamente
soluzione occorre assumere θ1 , θ2 ∈ C 2 (R).
Imponiamo ora le condizioni iniziali per determinare la soluzione del problema (3.16). Deve aversi,
1
−θ10 (x) + θ20 (x) = h(x).
c
Derivando la prima equazione e sommando alla seconda si ha
θ1 (x) + θ2 (x) = g (x),
1
2θ20 (x) = g 0 (x) + h(x)
c
da cui
Z
1
1 x
θ2 (x) = g (x) +
dy h(y) +C 1 ,
2
2c 0
con C 1 costante arbitraria. Sostituendo nella prima equazione otteniamo
Z
1
1 x
θ1 (x) = g (x) −
dy h(y) −C 1 .
2
2c 0
Perveniamo in tal modo alla famosa formula di D’Alembert:
Z
g (x − c t ) + g (x + c t ) 1 x+ct
+
dy h(y).
u(x, t ) =
2
2c x−ct
(3.17)
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3.4 L A SOLUZIONE DI D’A LEMBERT
31
t
(x,t)
O
x−ct
Cz
x+ct
z
x
F IGURA 3.4. Dominio di dipendenza del punto (x, t ) e cono di
influenza del punto z.
Chiaramente, se g ∈ C 2 (R) ed h ∈ C 1 (R) allora la u(x, t ) definisce una soluzione in C 2 (R × [0, ∞)). Viceversa, ogni soluzione in C 2 (R × [0, ∞)) deve avere la
forma (3.17) con g (x) = u(x, 0) e h(x) = ∂u
∂t (x, 0). Altrimenti detto, il procedimento seguito dimostra l’esistenza ed unicità della soluzione del problema (3.16) in
C 2 (R × [0, ∞)).
O SSERVAZIONE 3.3. Se g ∈ C 2 (R) ed h ∈ C 1 (R), la soluzione (3.17) è definita
su tutto l’asse reale dei tempi, ovvero u ∈ C 2 (R2 ), risolve l’equazione (3.1) su R2 e
soddisfa i dati iniziali. Questo è legato ad una proprietà generale dell’equazione
delle onde, (per la natura meccanica del problema), dovuta alla presenza della
sola derivata temporale del secondo ordine, per cui se u(x, t ) è soluzione dell’equazione (3.14) per t > 0, allora la funzione v(x, t ) = u(x, −t ) è soluzione della
stessa equazione per t < 0. Quindi, se la soluzione soddisfa l’equazione fino a
t = 0, allora essa si prolunga automaticamente per tempi negativi e fornisce una
soluzione del problema di Cauchy in tutto un intorno di t = 0.
O SSERVAZIONE 3.4. La formula di D’Alembert ha senso anche con ipotesi
più deboli di regolarità sulle funzioni g ed h. In particolare, questo è il caso se g ∈ C (R) ed h è limitata, situazione fisicamente ragionevole (si pensi ad
una corda di chitarra inizialmente “pizzicata”). Si parla in tali casi di soluzione generalizzata e non più classica dell’equazione delle onde: sebbene non sia
due volte differenziabile si può dimostrare che essa è soluzione di un’opportuna
formulazione debole dell’equazione delle onde.
Fissato un punto x ∈ R ed un tempo t > 0, dalla formula di D’Alembert vediamo che la soluzione u(x, t ) dipende dal valore di g nei punti x ±c t e dal valore
di h nell’intervallo [x − ct , x + c t ], detto dominio di dipendenza del punto (x, t ).
Equivalentemente, i valori di g ed h in un punto z ∈ R influenzano il valore della
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32
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
soluzione u(x, t ) nel cono dello spazio-tempo
C z := {(x, t ) ∈ R × [0, ∞) : z − c t ≤ x ≤ z + c t },
detto cono di influenza del punto z, vedi Figura 3.4.
Fissato un punto (x 0 , t 0 ) ∈ R × [0, ∞), le rette di equazione x ± c t = x 0 ± c t 0
sono dette le caratteristiche del punto (x 0 , t 0 ), che indichiamo nel seguito con
γ± (x 0 , t 0 ). Le onde viaggianti θ1 (x − c t ) e θ2 (x + c t ) che costituiscono la soluzione u(x, t ) sono costanti, rispettivamente, lungo le caratteristiche γ− (x 0 , t 0 ) e
γ+ (x 0 , t 0 ). In particolare, θ1 (x −c t ) = θ1 (z) lungo γ− (z, 0) e θ2 (x +c t ) = θ2 (z) lungo γ+ (z, 0). Dal punto di vista fisico ciò significa che le perturbazioni (vibrazioni)
si propagano lungo le caratteristiche con velocità c. Per illustrare meglio questo
fatto è utile analizzare i seguenti due casi.
(1) L’impulso iniziale è nullo (h = 0), dunque
1
u(x, t ) = [g (x − c t ) + g (x + c t )].
2
Supponiamo inoltre che lo spostamento iniziale g abbia supporto nell’intervallo [α1 , α2 ], ovvero che g (x) = 0 per ogni x ∉ [α1 , α2 ].
(2) Lo spostamento iniziale è nullo (g = 0), dunque
Z
1 x+ct
dy h(y).
u(x, t ) =
2c x−ct
Supponiamo inoltre che l’impulso iniziale h abbia supporto nell’intervallo [α1 , α2 ], ovvero che h(x) = 0 per ogni x ∉ [α1 , α2 ].
In entrambi i casi eseguiamo la partizione dello spazio-tempo R ×[0, ∞) nelle sei
regioni determinate dalle caratteristiche γ± (α1 ) e γ± (α2 ), vedi Figura 3.5. Nelle
regioni I, II, III e VI il dominio di dipendenza di (x, t ) ha intersezione non vuota
con [α1 , α2 ] (vedi i punti P, N , M in Figura 3.5); nelle regioni IV e V il dominio di
dipendenza di (x, t ) ha intersezione vuota con [α1 , α2 ] (vedi il punto Q in Figura
3.5). In particolare:
• Se l’impulso iniziale è nullo si ha in generale u(x, t ) 6= 0 nelle regioni I,
II e III e u(x, t ) = 0 nelle regioni IV, V e VI.
• Se lo spostamento iniziale è nullo si ha in generale u(x, t ) 6= 0 nelle reR
1 α2
gioni I, II, e III, u(x, t ) = 0 nelle regioni IV e V e u(x, t ) = 2c
α1 dy h(y)
nella regione VI.
Si osservi che se (x, t ) è in una delle regioni IV o V vuol dire che in x al tempo
t ancora non è arrivata la perturbazione iniziale (trasportata da un’onda diretta o inversa). Se invece (x, t ) appartiene alla regione VI vuol dire che in x al
tempo t la perturbazione iniziale è già passata oltre. Si osservi però la differenza tra il caso di impulso iniziale nullo (vedi Figura 3.6) e spostamento iniziale
nullo (vedi Figura 3.7): nel primo caso la corda torna in quiete a u = 0, mentre
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3.4 L A SOLUZIONE DI D’A LEMBERT
33
t
x+ct = α1
x−ct = α1
x+ct = α2
x−ct = α2
M
VI
II
III
N
t0
PI
Q
IV
V
O
α1
x
α2
F IGURA 3.5. Partizione dello spazio-tempo R × [0, ∞) nelle sei
regioni determinate dalle caratteristiche γ± (α1 ) e γ± (α2 ). Il
−α1
tempo t 0 è pari a α22c
.
x+ct = α1
x−ct = α1
x+ct = α2
x−ct = α2
t > t0
t < t0
t=0
α1
x
α2
F IGURA 3.6. Evoluzione del profilo d’onda nel caso in cui h = 0
e g ha supporto nell’intervallo [α1 , α2 ].
x+ct = α1
x+ct = α2
x−ct = α1
x−ct = α2
t > t0
t < t0
t=0
α1
α2
x
F IGURA 3.7. Evoluzione del profilo d’onda nel caso in cui g = 0
e h ha supporto nell’intervallo [α1 , α2 ].
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34
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
R
1 α2
nel secondo caso torna in quiete ma rimane “sollevata” a u = 2c
α1 dy h(y). In
entrambi i casi si tratta della sovrapposizione di un’onda diretta e di un onda
inversa, solo che nel primo caso queste onde hanno supporto compatto (sono
entrambe pari a 21 g (x)), mentre nel secondo è u(x, t ) = Φ(x + c t ) − Φ(x − c t ), con
R
1 x
Φ(x) := 2c
0 dy h(y) che non ha supporto compatto.
O SSERVAZIONE 3.5. È possibile avere la propagazione di una sola onda diretta o inversa per opportuni dati iniziali. Infatti se g , h sono tali che θ1 (x) =
R
R
1 x
1 x
1
1
2 g (x) − 2c 0 dy h(y) = 0 o θ2 (x) = 2 g (x) + 2c 0 dy h(y) = 0 si avrà, rispettivamente, assenza di onda diretta o assenza di un’onda inversa. Ad esempio, nel
−α1
, i dati iniziali
caso (1), fissato t 1 > t 0 = α22c
1
g̃ (x) = g (x − c t 1 ),
2
c
h̃(x) = − g 0 (x − c t 1 )
2
generano un’onda diretta, mentre i dati
1
g (x) = g (x + c t 1 ),
2
c
h(x) = − g 0 (x + c t 1 )
2
generano un’onda inversa. Questo fenomeno corrisponde ad una formulazione
del Principio di Huygens che vedremo più avanti nel caso dell’equazione d’onda
in R3 (dopo il passaggio del fronte d’onda la soluzione torna in quiete nella posizione di equilibrio u = 0). Nel caso unidimensionale qui in esame, la differenza
si ha nel caso h 6= 0, in cui dopo il passaggio del fronte la corda torna in quiete
ma in una posizione in generale diversa da zero.
E SERCIZIO 3.2. Usando la formula di D’Alembert mostrare che la soluzione dipende con continuità dai dati iniziali nel seguente senso. Siano u 1 , u 2 soluzioni di dati iniziali g 1 , h 1 e g 2 , h 2 rispettivamente. Supponiamo inoltre che
g 1 , g 2 , h 1 , h 2 siano funzioni limitate. Allora, per ogni T > 0 esiste C = C (T ) > 0
tale che
ku 1 (·, t ) − u 2 (·, t )k∞ ≤ C (T ) max{kg 1 − g 2 k∞ ; kh 1 − h 2 k∞ }
∀ t ∈ [0, T ],
dove k f k∞ = sup | f (x)| è la norma uniforme della funzione limitata f su R.
x∈R
E SERCIZIO 3.3. Dimostrare la formula di D’Alembert (3.17) utilizzando i risultati sul trasporto lineare della Sezione 2.2 ragionando nella seguente maniera.
Sia u ∈ C 2 (R ×[0, ∞)) una soluzione classica del problema (3.16). Sfruttando che,
per il teorema di Swartz,
µ
¶µ
¶
2
∂
∂
∂
∂2 u
∂
2∂ u
−c
=
+c
−c
u.
∂t 2
∂x 2
∂t
∂x ∂t
∂x
determinare la funzione
v :=
∂u
∂u
−c
,
∂t
∂x
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3.5 L A SOLUZIONE FONDAMENTALE
35
(in termini di g e h) riconoscendo che essa è soluzione di un opportuno problema di trasporto lineare omogeneo. Determinare quindi la funzione incognita u
sfruttando il fatto che, per definizione stessa di v, essa è soluzione del seguente
problema di trasporto lineare non omogeneo,

 ∂u − c ∂u = v in R × [0, ∞),
∂t
∂x

u(x, 0) = g (x) per x ∈ R.
3.5. La soluzione fondamentale
La soluzione di D’Alembert per generici dati iniziali può esprimersi in termini di una particolare soluzione, detta fondamentale, che corrisponde al problema di Cauchy generalizzato in cui g = 0 ed h è un impulso unitario concentrato in un singolo punto. Si tratta dell’applicazione nel presente contesto di una
strategia generale per le equazioni lineari, per la quale è sempre possibile esprimere l’integrale generale come sovrapposizione di soluzioni particolari, dette
a seconda dei casi soluzioni fondamentali o funzioni di Green del problema in
esame.
Iniziamo con l’osservare che
Z
h(x + c t ) + h(x − c t )
∂ 1 x+ct
dy h(y) =
.
∂t 2c x−c t
2
Pertanto, se indichiamo con
Wϕ (x, t ) =
1
2c
Z
x+ct
x−ct
dy ϕ(y)
∂Wϕ
la soluzione dell’equazione delle onde per g = 0 ed h = ϕ, allora la funzione ∂t
fornisce la soluzione dell’equazione delle onde per g = ϕ ed h = 0. Dunque la
soluzione generale si scrive nella forma
u(x, t ) = Wh (x, t ) +
∂Wg
(x, t ).
∂t
D’altra parte, se introduciamo la funzione di Heaviside,



0 se x < 0,
H (x) = 12 se x = 0,



1 se x > 0,
allora, per ogni funzione localmente integrabile ϕ, si ha
Z
Wϕ (x, t ) = dy K (x, y, t )ϕ(y),
dove il nucleo K è definito come
¤
1 £
K (x, y, t ) =
H (x − y + c t ) − H (x − y − c t )
2c
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36
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
e fornisce la soluzione fondamentale dell’equazione delle onde in d = 1. La
formula di D’Alembert si scrive in termini di K nella forma
Z
Z
∂
u(x, t ) = dy K (x, y, t )h(y) +
dy K (x, y, t )g (y).
∂t
Per capire il significato della soluzione fondamentale, consideriamo la famiglia
di funzioni

−1

se y − ε < x < y + ε,
(2ε)

£
¤
1
(ε)
−1
ϕ y (x) :=
H (x − y + ε) − H (x − y − ε) = (4ε)
se x = y ± ε,

2ε


0
se x ∉ [y − ε, y + ε].
Chiaramente,
Z
dx ϕ(ε)
y (x) = 1,
lim ϕ(ε)
y (x) =
ε→0
(
+∞ se x = y,
0
altrimenti.
Inoltre
Z
lim
x
ε→0 −∞
|(−∞, x] ∩ [y − ε, y + ε]|
= H (x − y),
ε→0
2ε
dz ϕ(ε)
y (z) = lim
(3.18)
cosicché
Z
1 x+ct
(x, t )
dz ϕ(ε)
K (x, y, t ) = lim
y (z) = lim Wϕ(ε)
y
ε→0
ε→0 2c x−ct
rappresenta la soluzione relativa ad un impulso concentrato in y al tempo t = 0.
Poiché per ogni funzione continua ψ si ha
Z
lim dx ϕ(ε)
y (x)ψ(x) = ψ(y),
ε→0
possiamo introdurre la notazione δ y (x) = limε→0 ϕ(ε)
y (x), dove la “funzione generalizzata” δ y (x), detta funzione δ di Dirac in x = y, non è una funzione nel senso
usuale, ma rappresenta un modo di descrivere il funzionale lineare su C (R) che
associa alla funzione ψ(x) il suo valore in x = y, mediante la scrittura
Z
dx δ y (x)ψ(x) = ψ(y),
dove “dx δ y (x)” rappresenta una “misura unitaria” concentrata nel punto y, cosicché l’integrale (cioè la media) di ψ rispetto ad essa è pari a ψ(y). Si ponga
attenzione al fatto che la precedente scrittura non deve essere confusa con un
usuale integrale di Riemann: in particolare,
Z
Z
Z
(x)
=
6
dx lim ϕ(ε)
1 = dx δ y (x) = lim dx ϕ(ε)
y
y (x) = 0,
ε→0
ε→0
dove l’ultimo integrale (di Riemann) è nullo poiché abbiamo visto che il limite
puntuale per ε → 0 di ϕ(ε)
y (x) è una funzione nulla su tutto R tranne che in un
punto.
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3.5 L A SOLUZIONE FONDAMENTALE
37
Con questa notazione possiamo pertanto scrivere, in modo conciso, che
Z
1 x+ct
K (x, y, t ) =
dz δ y (z).
2c x−ct
O SSERVAZIONE 3.6. La funzione δ di Dirac è un esempio di funzione generalizzata o distribuzione, di cui diamo ora alcune nozioni elementari. Per semplicità consideriamo il caso delle distribuzioni su R, la generalizzazione a Rd è
comunque elementare. Si introduce lo spazio delle funzioni test, che indichiamo con D(R), composto da tutte le funzioni in C ∞ (R) aventi supporto compatto,
dove il supporto di una funzione ψ è, per definizione, la chiusura dell’insieme
dove essa è diversa da zero, ovvero
supp(ψ) := {x ∈ R : ψ(x) 6= 0}
Una distribuzione su R è un funzionale lineare J : D(R) → R con la seguente proprietà di limitatezza: per ogni compatto K ⊂ R esistono una costante C > 0 ed
un intero N ≥ 0 tali che
°
°
° dk ψ °
°
°
|J (ψ)| ≤ C max ° k °
∀ ψ ∈ D(R) : supp(ψ) ⊆ K .
k=0,...,N ° dx °
∞
Altrimenti detto, per tutte le funzioni test ψ nulle al di fuori di un assegnato
compatto K , il valore di J (ψ) è controllato in termini delle derivate di ψ fino ad
un certo ordine N . Indichiamo con D 0 (R) l’insieme delle distribuzioni.
In particolare, osserviamo che ogni funzione localmente integrabile f può
essere considerata una distribuzione, associandole il funzionale J f ∈ D 0 (R) così
definito,
Z
J f (ψ) := dx f (x)ψ(x).
In questo caso la proprietà di limitatezza è ovviamente realizzata con N = 0 e
R
C = K dx | f (x)| per qualsiasi compatto K . Da questa osservazione si comprende
R
la notazione ψ(y) = J δy (ψ) = dx δ y (x)ψ(x) nell’indicare anche la distribuzione di Dirac, sebbene questa distribuzione non è realizzata da alcuna funzione
ordinaria localmente integrabile “δ y (x)”.
Poiché se f ha derivata localmente integrabile una integrazione per parti
mostra che J f 0 (ψ) = −J f (ψ0 ), è naturale estendere tale proprietà nella definizione di derivata di una distribuzione, chiamando derivata di J il funzionale J 0 tale
che
J 0 (ψ) = −J (ψ0 ) ∀ ψ ∈ D(R).
In particolare, la funzione di Heaviside definisce la distribuzione
Z ∞
J H (ψ) =
dx ψ(x),
0
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38
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
e quindi J H (ψ0 ) = −ψ(0) = −J δ (ψ), con δ = δ0 la delta di Dirac in y = 0. Pertanto possiamo affermare in modo sintetico che H 0 = δ, consistentemente con la
(3.18) che per y = 0 si legge
Z x
dz δ(z) = H (x).
−∞
Si ponga però attenzione che la scrittura H 0 = δ deve essere comunque intesa
0
= J δ . Viceversa, la fun“nel senso delle distribuzioni”, ovvero nel senso che J H
0
zione di Heaviside ha derivata usuale H = 0 su tutto R \ {0} (in x = 0 dove H
è discontinua non è definita) cosicché il suo integrale di Riemann su (−∞, x] è
nullo per ogni x.
3.6. Equazione non omogenea: formula di Duhamel
Vogliamo risolvere il problema di Cauchy globale per l’equazione delle onde
non omogenea, quindi
 2
2
∂ u

2∂ u

=
c
+f
in R × R+ ,
∂t 2
∂x 2
(3.19)

 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R.
∂t
È sufficiente determinare una soluzione per il caso g = h = 0, dopodiché la soluzione del problema (3.19) si ottiene aggiungendo la soluzione del problema
omogeneo associato (3.16). Pertanto cerchiamo una soluzione del problema
 2
2
∂ u

2∂ u

=
c
+f
in R × R+ ,
∂t 2
∂x 2
(3.20)

 u(x, 0) = 0, ∂u (x, 0) = 0 per x ∈ R.
∂t
L’idea euristica del metodo di Duhamel si basa sul principio di sovrapposizione, ottenendo la soluzione cercata come somma di infiniti contributi corrispondenti alla propagazione libera degli impulsi infinitesimi f (x, s)ds impressi alla
corda ai tempi s < t . Per meglio comprendere il metodo conviene approssimare
dapprima la forzante con una funzione costante a tratti del tempo,
X
f (x, s) =
f (x, s j )χ[s j ,s j +1 ) (s), s j = j ∆s,
j ≥0
dove χ A (s) è la funzione indicatrice dell’insieme A e ∆s è un intervallo di tempo
molto piccolo. Per il principio di sovrapposizione, la soluzione del problema
P
(3.20) si scrive come somma, u(x, t ) = j ≥0 u j (x, t ), con u j (x, t ) soluzione dello
stesso problema con forzante f j (x, s) = f (x, s j )χ[s j ,s j +1 ) (s). Poiché tale forzante
agisce solo nell’intervallo di tempo [s j , s j +1 ] si ha u j (x, t ) = 0 se (x, t ) ∈ R × [0, s j ]
e quindi, in particolare,
u j (x, s j ) =
∂u j
∂t
(x, s j ) =
∂2 u j
∂x 2
(x, s j ) = 0 ∀ x ∈ R.
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3.6 E QUAZIONE NON OMOGENEA :
FORMULA DI
D UHAMEL
39
Sviluppando nel parametro piccolo ∆s, utilizzando le precedenti identità ed il
fatto che u j è soluzione dell’equazione forzata,
∂u j
∂t
(x, s j +1 ) =
∂u j
∂t
"
(x, s j ) +
∂2 u j
= c2
∂x 2
∂2 u j
∂t 2
(x, s j )∆s + o(∆s)
#
(x, s j ) + f (x, s j ) ∆s + o(∆s)
= f (x, s j )∆s + o(∆s),
u j (x, s j +1 ) = u j (x, s j ) +
∂u j
(x, s j )∆s +
∂t
1
= f (x, s j )(∆s)2 + o((∆s)2 ),
2
1 ∂2 u j
(x, s j )(∆s)2
2 ∂t 2
cosicché, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo in ∆s, u j (x, t ) per
t > s j +1 è soluzione del problema libero
 2
∂ uj
∂2 u j


2

=
c
∂t 2
∂x 2


 u j (x, s j +1 ) = 0,
in R × (s j +1 , ∞),
∂u j
∂t
per x ∈ R.
(x, s j +1 ) = f (x, s j )∆s
Ponendo attenzione al fatto che le condizioni iniziali sono ora date al tempo
s j +1 , possiamo quindi affermare che
Z
u j (x, t ) =
dy K (x, y, t − s j +1 ) f (y, s j )∆s + o(∆s)
∀ t > s j +1 .
Pertanto, ricordando che u j è nulla per t ≤ s j ,
u(x, t ) =
X
u j (x, t ) =
j ≥0
=
X
u j (x, t )
j :t >s j
·Z
X
¸
dy K (x, y, t − s j +1 ) f (y, s j )∆s + o(∆s) + O(∆s),
j :t >s j +1
dove il termine O(∆s) esterno alla somma tiene conto del termine u j con indice
tale che t ∈ [s j , s j +1 ) che è stato tolto dalla stessa somma. Nel limite ∆s → 0,
otteniamo in tal modo la candidata soluzione del problema (3.20) nella forma
t
Z
u(x, t ) =
Z
ds
0
t
Z
dy K (x, y, t − s) f (y, s) =
ds w(x, t ; s),
0
dove
Z
w(x, t ; s) :=
dy K (x, y, t − s) f (y, s) =
1
2c
Z
x+c(t −s)
dy f (y, s)
x−c(t −s)
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40
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
è la propagazione libera di un impulso iniziale f (x, s) impresso al tempo s < t ,
ovvero soluzione del seguente problema,
 2
2
∂ w

2∂ w

=
c
in R × (s, ∞),
∂t 2
∂x 2
(3.21)
∂w

 w(x, s) = 0,
(x, s) = f (x, s) per x ∈ R.
∂t
Dobbiamo ora verificare che u(x, t ) è effettivamente la soluzione cercata. A tal
scopo occorre fare delle ipotesi di regolarità sulla forzante f , precisamente assu∂f
miamo che f , ∂x ∈ C (R × [0, ∞)), cosicché w(x, t ; s) è soluzione classica del problema (3.21). Per quanto riguarda le condizioni iniziali, banalmente u(x, 0) = 0.
Inoltre, essendo w(x, t ; t ) = 0,
Z t
Z t
∂
∂w
∂u
ds
(x, t ) = w(x, t ; t ) + ds w(x, t ; s) =
(x, t ; s),
∂t
∂t
∂t
0
0
cosicché
∂u
∂t (x, 0) = 0.
Infine,
Z t
Z t
∂2 w
∂2 w
∂w
∂2 u
2
ds
ds
(x,
t
)
=
(x,
t
;
t
)
+
(x,
t
;
s)
=
f
(x,
t
)
+
c
(x, t ; s)
∂t 2
∂t
∂t 2
∂x 2
0
0
∂2 u
= f (x, t ) + c 2 2 (x, t ).
∂x
Nell’ultimo passaggio abbiamo scambiato le due derivazioni spaziali con l’integrale sul tempo, operazione legittimata dalle ipotesi su f che garantiscono una
dipendenza continua dal parametro s di w(x, t ; s) e delle sue prime due derivate
spaziali.
3.7. Simmetrie e metodo delle riflessioni
Il metodo delle riflessioni permette di determinare la soluzione di alcuni
problemi con condizioni al bordo in termini della soluzione di D’Alembert del
problema globale. Esso si basa sulle seguenti proprietà di simmetria dell’equazione delle onde. Sia u(x, t ) = θ1 (x − c t ) + θ2 (x + c t ) una qualunque soluzione
dell’equazione delle onde e poniamo
u ± (x, t ) = ±u(−x, t ),
u L (x, t ) = u(x + L, t ) (L ∈ R).
Si verifica immediatamente che anche le funzioni u ± (x, t ) e u L (x, t ) sono soluzioni dell’equazione delle onde. Altrimenti detto, la riflessione per parità o disparità attorno all’origine e la traslazione di qualsiasi L ∈ R sono trasformazioni
che portano soluzioni in soluzioni (trasformazioni di questo tipo vengono dette
simmetrie dell’equazione). Supponiamo ora che i dati iniziali siano invarianti
rispetto a una di queste simmetrie, ovvero che sia verificata una delle seguenti:
1) u(x, 0) = u(−x, 0),
2) u(x, 0) = −u(−x, 0),
∂u
∂u
(parità);
∂t (x, 0) = ∂t (−x, 0)
∂u
∂u
(disparità);
∂t (x, 0) = − ∂t (−x, 0)
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Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012
3.7 S IMMETRIE E METODO DELLE RIFLESSIONI
3) u(x, 0) = u(x + L, 0),
∂u
∂u
∂t (x, 0) = ∂t (x + L, 0)
41
(periodicità di periodo L).
Allora, la soluzione u + nel caso 1), ovvero u − nel caso 2) ed infine u L nel caso 3)
possiede gli stessi dati iniziali della soluzione originaria u e dunque, per l’unicità
del problema di Cauchy globale, deve con essa coincidere. Ma u = u + , u = u − ,
u = u L significa rispettivamente che u è pari, dispari, periodica. Abbiamo in
tal modo dimostrato che le eventuali proprietà di parità, disparità e periodicità
dei dati iniziali rimangono verificate nel tempo dalla soluzione. In particolare,
otteniamo da subito che la soluzione del problema di Cauchy con condizioni
periodiche (3.12) è data sempre dalla formula di D’Alembert, provvisto che i dati
iniziali g ∈ C 2 (R) e h ∈ C 1 (R) siano funzioni L-periodiche.
Vediamo ora come utilizzare le suddette simmetrie nella soluzione dei problemi di Cauchy con dati al bordo omogenei. Consideriamo ad esempio il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in (0, L) × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],



∂t

 u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
Cerchiamo una soluzione ũ(x, t ) del problema di Cauchy globale di dati iniziali
g̃ , h̃ in modo tale che la sua restrizione all’intervallo [0, L] sia soluzione del problema dato. Chiaramente, affinché siano soddisfatti i dati iniziali è necessario
che g̃ , h̃ siano un prolungamento delle funzioni g , h a tutto l’asse reale R. Le
funzioni g̃ , h̃ devono inoltre essere scelte in modo tale che siano soddisfatte le
condizioni al bordo, pertanto deve aversi
ũ(0, t ) = 0,
ũ(L, t ) = 0
∀ t ≥ 0.
(3.22)
Notiamo ora che se realizziamo tale prolungamento estendendo le funzioni g , h
dapprima per disparità all’intervallo [−L, L] e quindi per periodicità (di periodo
2L) a tutto l’asse reale R, per quanto sopra discusso la soluzione
Z
g̃ (x − c t ) + g̃ (x + c t ) 1 x+ct
ũ(x, t ) =
+
dy h̃(y)
(3.23)
2
2c x−ct
è anch’essa una funzione 2L-periodica e dispari della variabile spaziale x. Chiaramente, affinché tale soluzione sia classica, occorre richiedere che g̃ ∈ C 2 (R) e
h̃ ∈ C 1 (R), ovvero che g ∈ C 2 ([0, L]), h ∈ C 1 ([0, L]) ed inoltre
g (0) = g (L) = 0,
g 00 (0) = g 00 (L) = 0,
h(0) = h(L) = 0.
In queste ipotesi, essendo in particolare ũ una funzione continua, 2L-periodica
e dispari rispetto ad x per ogni t , le condizioni al bordo (3.22) rimangono soddisfatte. In conclusione, la restrizione di ũ(x, t ) all’intervallo [0, L] fornisce la
soluzione cercata.
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42
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
D’A LEMBERT
t
S
N
M
O
P
R
L
Q
x
F IGURA 3.8. In metodo delle riflessioni per la corda finita.
Tale metodo di risoluzione è detto metodo delle riflessioni in virtù della seguente interpretazione sulla propagazione lungo le caratteristiche dei dati iniziali. Riscriviamo la soluzione nella forma di sovrapposizione di un’onda diretta
ed una inversa, dunque u(x, t ) = θ1 (x − c t ) + θ2 (x + c t ) con
Z
Z
g̃ (x) 1 x
g̃ (x) 1 x
dy h̃(y), θ2 (x) =
dy h̃(y),
θ1 (x) =
−
+
2
2c 0
2
2c 0
che, essendo g̃ , h̃ funzioni dispari e 2L-periodiche, sono tali che
θ1 (−x) = −θ2 (x),
θ2 (L + x) = −θ1 (L − x) ∀ x ∈ R.
(3.24)
Con riferimento alla Figura 3.8, consideriamo ad esempio i punti M = (x 0 , t 0 )
nella regione I ed N = (x 1 , t 1 ) nella regione II. Nel primo caso la soluzione è
u(x 0 , t 0 ) = θ1 (x 0 − ct 0 ) + θ2 (x 0 + c t 0 ),
x 0 − c t 0 , x 0 + c t 0 ∈ [0, L],
cosicché il dominio di dipendenza è contenuto in [0, L] e la presenza del bordo
non è “rilevata” in x 0 al tempo t 0 . Nel secondo caso,
u(x 1 , t 1 ) = θ1 (x 1 − ct 1 ) + θ2 (x 1 + c t 1 ),
x 1 − c t 1 ∈ [0, L],
x 1 + c t 1 ∈ [L, 2L].
In questo caso il dominio di dipendenza non è contenuto in [0, L] e la presenza
del bordo (nello specifico quello di destra) è “rilevata” in x 1 al tempo t 1 : il valore
di u in N è pari alla sovrapposizione dell’onda diretta che parte dal punto “reale”
della corda di ascissa x = x 1 − c t 1 (il punto P in figura) e dell’onda inversa che
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3.7 S IMMETRIE E METODO DELLE RIFLESSIONI
43
parte dal punto “fittizio” di ascissa x = x 1 + c t 1 (il punto Q in figura) esterno alla
corda. D’altra parte, usando la seconda delle (3.24) si ha
u(x 1 , t 1 ) = θ1 (x 1 − c t 1 ) − θ1 (2L − x 1 − c t 1 ).
Quindi l’onda inversa che parte dal punto fittizio Q può essere sostituita con
l’onda diretta proveniente dal punto reale della corda di ascissa x = 2L − x 1 − c t 1
(il punto R in figura), riflessa nell’estremo x = L al tempo t = (x 1 + c t 1 − L)/c e
cambiata di segno.
Più in generale, in ogni punto nella striscia [0, L]× R+ il valore della soluzione
è la sovrapposizione di due onde che hanno subito un certo numero di riflessioni ai bordi con un cambiamento di segno ad ogni riflessione (per un numero di
riflessioni maggiore di uno, vedi ad esempio il punto S in figura, occorre utilizzare anche la periodicità delle funzioni θ1 , θ2 e non solo le (3.24) per giungere a
tale conclusione).
E SERCIZIO 3.4. Utilizzare il metodo delle riflessioni per risolvere il problema
di Cauchy-Neumann omogeneo con dati al bordo omogenei,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in (0, L) × R+ ,


∂x 2
 ∂t 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],

∂t




 ∂u (0, t ) = 0, ∂u (L, t ) = 0
per t ≥ 0.
∂x
∂x
E SERCIZIO 3.5. Utilizzare il metodo delle riflessioni per risolvere i problemi
di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann omogenei con dati al bordo omogenei
per la corda semi-infinita,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in R+ × R+ ,


∂t 2
∂x 2



 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x)
per x ∈ [0, ∞),
∂t



u(0, t ) = 0

per t ≥ 0 (Dirichlet).




∂u

  (0, t ) = 0 per t ≥ 0 (Neumann).
∂x
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CAPITOLO 4
Equazione della corda vibrante: metodo di Fourier
4.1. Serie di Fourier
La famiglia di funzioni trigonometriche
n ³ nπ ´
o
n
³ nπ ´
o
sin
x ; n = 1, 2, . . . ,
cos
x ; n = 0, 1, 2, . . .
L
L
(dove per n = 0 si intende la funzione costante uguale ad 1) hanno in comune
la proprietà di essere C ∞ su R ed ivi 2L-periodiche. Esse godono inoltre delle
seguenti importanti proprietà:
µ
¶
Z L
³ nπ ´
kπ
dx sin
x sin
x = Lδn,k
∀ n, k ≥ 1,
L
L
−L
µ
¶
Z L
³ nπ ´
kπ
dx cos
x cos
x = Lδn,k (1 + δn,0 )
∀ n, k ≥ 0,
L
L
−L
µ
¶
Z L
³ nπ ´
kπ
dx sin
x cos
x =0
∀ n ≥ 1 ∀ k ≥ 0,
L
L
−L
dove δn,k è la delta di Kronecker, ovvero δn,n = 1 e δn,k = 0 se n 6= k. Notiamo che se dotiamo lo spazio lineare delle funzioni 2L-periodiche di quadrato
localmente integrabile del prodotto scalare
Z L
dx u(x)v(x)
(u, v) =
−L
allora le precedenti relazioni affermano che le funzioni trigonometriche sono
tra loro ortogonali.
Chiaramente, una combinazione lineare di tali funzioni,
³ nπ ´
³ nπ ´i
a0 X h
+
x + b n sin
x ,
a n cos
2 n≥1
L
L
se composta da un numero finito di termini, oppure se i coefficienti a n , b n tendono a zero per n → ∞ abbastanza rapidamente, definisce ancora una funzione regolare 2L-periodica. La questione non banale e di interesse è il viceversa:
se f (x) è una funzione 2L-periodica, essa si può espandere mediante una serie
trigonometrica (o serie di Fourier),
³ nπ ´
³ nπ ´i
a0 X h
f (x) =
+
a n cos
x + b n sin
x ,
(4.1)
2 n≥1
L
L
ed i coefficienti a n , b n sono individuati in modo univoco?
45
46
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Esistono diversi risultati, che dipendono in particolare da quale tipo di convergenza venga richiesta. Siamo qui interessati alla convergenza uniforme, ed
il principale risultato della sezione è stabilire una condizione sufficiente per tale convergenza. Prima di enunciare il risultato, mostriamo come in questo caso i coefficienti siano univocamente determinati. Infatti, stante la convergenza
uniforme, possiamo moltiplicare ambo i membri della (4.1) per una qualsiasi
funzione trigonometrica e quindi integrare la serie termine a termine su [−L, L].
Dalle relazioni di ortogonalità si trovano subito i coefficienti dello sviluppo in
termini della funzione f . Precisamente,
Z
Z
³ nπ ´
³ nπ ´
1 L
1 L
an =
dx f (x) cos
x ,
bn =
dx f (x) sin
x
(4.2)
L −L
L
L −L
L
(la scelta a 0 /2 in (4.1) è stata fatta proprio in modo che la precedente espressione
di a n sia valida anche per n = 0).
T EOREMA 4.1. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica. Sussiste allora lo
sviluppo in serie di funzioni trigonometriche (4.1) con i coefficienti come in (4.2).
La serie converge uniformemente ad f su tutto [−L, L]. Inoltre la convergenza è
totale, nel senso che
|a 0 | X
+
(4.3)
(|a n | + |b n |) < ∞.
2
n≥1
È chiaro che la condizione (4.3) implica la convergenza uniforme della serie di Fourier. Infatti ciascun termine della serie numerica (4.3) domina il modulo di ciascun termine della serie (4.1), pertanto la convergenza uniforme di
quest’ultima segue dai ben noti criteri di convergenza sulle serie di funzioni.
Le ipotesi del Teorema 4.1 possono essere indebolite, ma la sola continuità
di f non è sufficiente per la convergenza uniforme (esistono controesempi).
Prima di dimostrare il Teorema 4.1 è utile introdurre la seguente forma complessa della serie di Fourier, basata sulla formula di Eulero per l’esponenziale
complessa,
¡
¢
ez = ex cos y + i sin y ,
z = x + iy,
che conserva la proprietà notevole dell’esponenziale ez1 +z2 = ez1 ez2 .
Nel seguito, se F (x) = F 1 (x)+iF 2 (x) è una funzione a valori in C, le operazioni
di integrazione, derivazione, etc. vanno intese applicate per linearità alle parti
reale ed immaginaria di F (ad esempio F 0 (x) = F 10 (x) + iF 20 (x)). In particolare, si
verifica facilmente che
d λx
e = λeλx
∀ x ∈ R, ∀ λ ∈ C
dx
Utilizzando le ovvie identità,
cos x =
eix + e−ix
,
2
sin x =
eix − e−ix
,
2i
x ∈ R,
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4.1 S ERIE DI F OURIER
47
possiamo riscrivere la serie di Fourier nella forma seguente,
·
´ b ³ π
´¸
a 0 X a n ³ in π x
n
−in πL x
−in πL x
in L x
L
f (x) =
+e
−i
−e
+
e
e
2 n≥1 2
2
·
¸
a 0 X a n − ib n in π x
a n + ib n −in π x
+
e L +i
e L
=
2 n≥1
2
2
X
π
=
c n ein L x ,
n∈Z
avendo definito
a n − ib n
a n + ib n
a0
cn =
,
c −n = c n =
,
n ≥ 1.
c0 = ,
2
2
2
Dunque la serie di Fourier si riscrive in termini di uno sviluppo mediante il siπ
stema di funzioni trigonometriche complesse {ein L x }n∈Z . Si verifica immediatamente che tali funzioni soddisfano la relazione di ortogonalità,
Z L
Z L
π
in πL x −ik πL x
dx e
dx ei(n−k) L x = 2Lδn,k ,
e
=
(4.4)
−L
−L
da cui si ricava un’espressione diretta dei coefficienti c n in termini di f ,
Z
π
1 L
dx f (x)e−in L x , n ∈ Z.
cn =
2L −L
(4.5)
Il Teorema 4.1 ammette la seguente formulazione equivalente.
T EOREMA 4.2. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica ed i coefficienti c n
definiti come in (4.5). Allora
X
π
(uniformemente).
f (x) =
c n ein L x
n∈Z
Inoltre la convergenza è totale, nel senso che
X
|c n | < ∞.
(4.6)
n∈Z
L’equivalenza tra le due formulazioni
è ovvia. Si consideri in particolare che,
p
1
1
2
essendo |c 0 | = 2 |a 0 | e |c n | = 2 |a n | + |b n |2 per n 6= 0, si ha
|a n | + |b n |
|a n | + |b n |
≤ |c n | ≤
,
p
2
2 2
cosicché le equazioni (4.3) e (4.6) sono equivalenti.
La dimostrazione del Teorema 4.2 segue da una serie di lemmi e proposizioni preliminari.
L EMMA 4.3 (Disuguaglianza di Bessel). Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Allora
Z
X
1 L
2
|c n | ≤
dx f (x)2 .
2L
−L
n∈Z
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48
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
N
X
D IMOSTRAZIONE . Posto S N (x) =
METODO DI
F OURIER
π
c n ein L x , si ha:
n=−N
Z
N
X
£
¤2
π
1 L
1 L
dx f (x) − S N (x) =
dx f (x)2 − 2
cn
dx f (x)ein L x
2L −L
2L −L
−L
n=−N
Z
N
N
L
X
π
π
1 X
cn ck
dx ein L x eik L x
+
2L n=−N k=−N
−L
Z L
N
N
N
X
X
X
1
c n c k δn,−k
dx f (x)2 − 2
c n c −n +
=
2L −L
n=−N
n=−N k=−N
Z
N
N
X
X
1 L
=
dx f (x)2 − 2
|c n |2 +
|c n |2
2L −L
n=−N
n=−N
Z L
N
X
1
|c n |2 .
dx f (x)2 −
=
2L −L
n=−N
0≤
1
2L
Z
L
Z
Dunque
N
X
1
|c n | ≤
2L
n=−N
2
Z
L
dx f (x)2
−L
∀ N ≥ 1,
che dimostra l’asserto.
C OROLLARIO 4.4. Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Allora
|c n | ≤ k f k∞ ,
lim c n = 0.
n→∞
D IMOSTRAZIONE . La stima |c n | ≤ k f k∞ segue immediatamente dalla (4.5),
mentre il limite segue dalla disuguaglianza di Bessel, poiché i termini di una
serie assolutamente convergente sono infinitesimi.
L EMMA 4.5. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica. Allora
Z
π
L (1)
1 L
cn =
cn
dove c n(1) =
dx f 0 (x)e−in L x .
iπn
2L −L
D IMOSTRAZIONE . Integrando per parti, per la periodicità di f ,
Z
¯x=L
π
inπ 1 L
1
iπn
(1)
−in πL x ¯
cn =
f (x)e
+
dx f (x)e−in L x =
cn .
¯
2L
L 2L −L
L
x=−L
P ROPOSIZIONE 4.6. Se f ∈ C 1 (R) è una funzione 2L-periodica allora i suoi
coefficienti di Fourier soddisfano la (4.6).
2
D IMOSTRAZIONE . Dal precedente lemma ed usando la stima pq ≤ 12 (p 2 +
q ),
µ
¶
L ¯¯ (1) ¯¯ L 1 ¯¯ (1) ¯¯2
|c n | =
c
≤
+ cn
.
πn n
2π n 2
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4.1 S ERIE DI F OURIER
49
Ma f 0 ∈ C (R) per cui vale la disuguaglianza di Bessel e dunque il membro di
destra è sommabile in n.
Rimane da dimostrare la convergenza puntuale ad f (x) della sua serie di
Fourier.
P ROPOSIZIONE 4.7. Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Supponiamo
che esista la derivata f 0 (y) in un punto y ∈ R. Allora
X
π
f (y) =
c n ein L y .
n∈Z
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo dapprima che y = 0. Definiamo
f (x) − f (0)
g (x) =
.
π
ei L x − 1
Si ha g ∈ C (R) e 2L-periodica, purché per x = 0, ±2L, ±4L, . . . le si assegni il valore
f (x) − f (0)
iL 0
f (0).
x→0
x→0 e
π
−1
R
1 L
−in πL x
In particolare i suoi coefficienti di Fourier cen = 2L
tendono a
−L dx g (x)e
zero per n → ∞.
lim g (x) = lim
i πL x
=−
π
D’altra parte, essendo f (x) − f (0) = ei L x g (x) − g (x),
Z
Z
Z
π
π
π
1 L
1 L
1 L
dx [ f (x) − f (0)]e−in L x =
dx g (x)e−i(n−1) L x −
dx g (x)e−in L x ,
2L −L
2L −L
2L −L
ovvero c n − f (0)δn,0 = cen−1 − cen , da cui
N
X
N
X
c n − f (0) =
n=−N
n=−N
(cen−1 − cen ) = −ceN + ce−N −1 .
Nel limite N → ∞ troviamo
f (0) =
X
cn .
n∈Z
Se invece y 6= 0 allora poniamo ψ(x) = f (x + y). Chiaramente ψ ∈ C (R), è 2Lperiodica ed esiste la derivata ψ0 (0) = f 0 (y). Dunque, per quanto sopra dimostrato,
X
f (y) = ψ(0) =
cbn ,
n∈Z
con
cbn =
1
2L
=e
L
Z
−L
in πL y
π
dx ψ(x)e−in L x =
1
2L
Z
L+y
dx f (x)e
−L+y
1
2L
L
Z
−L
−in πL x
π
dx f (x + y)e−in L x
π
= ein L y c n .
Nell’ultima uguaglianza abbiamo utilizzato il fatto che se ϕ è una funzione 2LR L+y
RL
periodica localmente integrabile allora −L+y dx ϕ(x) = −L dx ϕ(x) per ogni y ∈
P
π
R. Dunque f (y) = n∈Z c n ein L y , il che dimostra la proposizione.
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50
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Il Teorema 4.2 è ora immediata conseguenza delle Proposizioni 4.6 e 4.7.
Conseguenza di questo teorema e del Lemma 4.5 è il seguente teorema.
T EOREMA 4.8. Sia f ∈ C k (R) una funzione 2L-periodica, k ≥ 1. Allora
µ
¶
X iπn r
π
(r )
f (x) =
c n ein L x
(uniformemente) ∀ r ≤ k − 1.
L
n∈Z
Inoltre,
X
|n|k−1 |c n | < ∞.
n∈Z
D IMOSTRAZIONE . Fissato r ≤ k −1, indichiamo con c (r ) i coefficienti di Fourier della derivata f (r ) . Dunque, applicando ricorsivamente il Lemma 4.5,
¶
¶
µ
µ
L r (r )
iπn r
(r )
cn =
cn
⇐⇒ c n =
cn .
iπn
L
Ma essendo f (r ) ∈ C 1 (R) si applica il Teorema 4.2. Pertanto vale la convergenza
uniforme della serie di Fourier. Infine, per la convergenza totale di tale serie nel
caso r = k − 1,
µ ¶k−1
X ¯¯ (k−1) ¯¯
X k−1
L
|c n | =
n
¯ < ∞.
¯c n
π
n∈Z
n∈Z
O SSERVAZIONE 4.1. Ovviamente un’analoga affermazione vale nella scrittura della serie di Fourier in termini di seni e coseni. In particolare, se f ∈ C k (R) è
una funzione 2L-periodica,
X (k−1)
n
(4.7)
(|a n | + |b n |) < ∞.
n≥1
O SSERVAZIONE 4.2. Poiché se f ∈ C 1 (R) si ha la convergenza uniforme della
serie di Fourier ad f , per i teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale
possiamo affermare che
Z L
£
¤2
lim
dx f (x) − S N (x) = 0
N →∞ −L
Pertanto, ripercorrendo la dimostrazione della disuguaglianza di Bessel, deduciamo che vale in realtà l’uguaglianza, ovvero
Z
X
1 L
|c n |2 =
dx f (x)2 .
2L
−L
n∈Z
In effetti si può dimostrare che tale relazione, detta uguaglianza di Parseval,
sussiste purché f sia una funzione a quadrato integrabile sull’intervallo [−L, L].
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4.2 I L METODO DI F OURIER
51
O SSERVAZIONE 4.3. Sia f ∈ C 1 (R) una funzione 2L-periodica. Allora
³ nπ ´
X
1) Se f è una funzione dispari, f (x) =
b n sin
x .
L
n≥1
³ nπ ´
a0 X
2) Se f è una funzione pari, f (x) =
+
a n cos
x .
2 n≥1
L
Infatti, essendo nullo l’integrale di una funzione dispari su [−L, L], si ha a n = 0
nel primo caso e b n = 0 nel secondo caso.
4.2. Il metodo di Fourier
Introduciamo qui il metodo di Fourier, o della separazione delle variabili, per determinare la soluzione dei problemi al contorno per la corda finita.
Tale metodo si applica in generale a diversi problemi con condizioni al bordo
omogenee.
4.2.1. Problema in dimensione finita. Per capire meglio quale sia l’idea
di base, consideriamo dapprima il caso di un’equazione differenziale ordinaria
lineare a coefficienti costanti della forma
(
u̇(t ) = Au(t ),
u(0) = c,
dove u(t ) ∈ Rn è la funzione incognita, c ∈ Rn il dato iniziale ed A ∈ Rn×n è una
matrice simmetrica. Dunque l’operatore lineare A : Rn → Rn è simmetrico rispetto al prodotto scalare canonico di Rn (Aξ · η = ξ · Aη ∀ ξ, η ∈ Rn ) e pertanto
ammette n autovalori reali λ1 , . . . , λn (non necessariamente distinti) ed altrettanti autovettori v 1 , . . . , v n tra loro ortogonali, che dunque formano una base
ortogonale di Rn . Cerchiamo allora la soluzione del problema nella forma
u(t ) =
n
X
w k (t )v k .
k=1
Sostituendo nell’equazione e ricordando che Av k = λk v k , otteniamo
n
X
[ẇ k (t ) − λk w k (t )]v k = 0,
k=1
X
w k (0)v k = c.
k
Essendo v 1 , . . . , v n una base ortogonale ne segue che deve aversi
ẇ k (t ) = λk w k (t ),
w k (0) =
c · vk
vk · vk
∀ k = 1, . . . , n.
Chiaramente w k (t ) = w k (0)eλk t , cosicché la soluzione del problema è
u(t ) =
n c ·v
X
k λk t
e vk .
v
·
v
k
k=1 k
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52
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Si può procedere in questa maniera anche nel caso di un’equazione del secondo
ordine,
(
ü(t ) = Au(t ),
u(0) = c , u̇(0) = C .
Nuovamente
u(t ) =
n
X
w k (t )v k ,
k=1
dove le n funzioni scalari w k (t ), k = 1, . . . , n, sono in questo caso soluzioni delle
equazioni differenziali del secondo ordine
ẅ k (t ) = λk w k (t ),
w k (0) =
c · vk
,
vk · vk
ẇ k (0) =
C · vk
vk · vk
∀ k = 1, . . . , n.
4.2.2. Problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo. Vogliamo ora applicare
la precedente strategia nel caso dell’equazione della corda. Consideriamo in
particolare il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo,
 2
2

 ∂ u = c2 ∂ u

in (0, L) × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
∂u
(4.8)
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],



∂t

 u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
Il problema agli autovalori associato consiste nel determinare autovalori e relad2
tive autofunzioni dell’operatore dx
2 sull’intervallo [0, L] con condizioni al bordo
di Dirichlet omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) tali che
(
v 00 (x) = λv(x)
se x ∈ (0, L),
(4.9)
v(0) = v(L) = 0.
Notiamo da subito che ciascuna soluzione è determinata a meno di un fattore moltiplicativo, nel senso che se (λ, v(x)) è soluzione di (4.9) allora lo è anche
(λ,C v(x)) con C una costante arbitraria (si pensi all’analogo finito dimensionale: se ξ ∈ Rn è autovettore della matrice A di autovalore λ allora lo è anche il
vettore C ξ con C ∈ R).
Per risolvere il problema (4.9) notiamo che l’integrale generale dell’equazione v 00 (x) = λv(x) è
p
p

λx

+C 2 e− λx
se λ > 0,
 C1e
v(x) = C 1 +C 2 x
(4.10)
se λ = 0,


2
C 1 cos(kx) +C 2 sin(kx) se λ = −k < 0,
con C 1 ,C 2 costanti arbitrarie. Cerchiamo soluzioni non banali (cioè non identicamente nulle) del problema (4.9). Imponendo le condizioni al bordo v(0) =
v(L) = 0 si verifica facilmente che se λ ≥ 0 allora necessariamente C 1 = C 2 = 0,
dunque tutte soluzioni banali. Nel caso invece λ = −k 2 la condizione v(0) = 0
implica C 1 = 0, cosicché v(x) = C 2 sin(kx) e per avere soluzioni non banali (cioè
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4.2 I L METODO DI F OURIER
53
con C 2 6= 0) è necessario che sin(kL) = 0, ovvero che k = ± nπ
L con n intero positivo. In definitiva, il problema agli autovalori (4.9) possiede il seguente insieme
infinito di soluzioni,
³ nπ ´
π2 n 2
λn = − 2 ,
v n (x) = sin
x ,
n = 1, 2, . . . ,
L
L
nπ
dove abbiamo considerato solo il caso k = nπ
L poiché k = − L non fornisce altre
soluzioni del problema essendo sin(− nπ
L x) = −v n (x).
Osserviamo che il sistema di funzioni {v n (x)}n≥1 su [0, L] è ortogonale rispetto al prodotto scalare tra funzioni definito da
Z L
〈u, v〉 :=
dx u(x)v(x).
(4.11)
0
Infatti, da un calcolo esplicito,
〈v n , v k 〉 =
L
δn,k ,
2
2
d
Tale proprietà di ortogonalità è legata al fatto che l’operatore dx
2 è simmetrico rispetto al prodotto scalare (4.11) nello spazio lineare delle funzioni due volte derivabili con continuità su [0, L] che si annullano al bordo. Infatti, per una
qualsiasi coppia u, v di tali funzioni, integrando per parti,
­
­ 00 ®
®
­
®
u , v = u 0 (L)v(L) − u 0 (0)v(0) − u 0 , v 0 = − u 0 , v 0
­
® ­
®
(4.12)
= u(L)v 0 (L) − u(0)v 0 (0) − u 0 , v 0 = u, v 00 .
Cerchiamo allora la soluzione formale del problema (4.8) nella forma
X
u(x, t ) =
Wn (t )v n (x),
n≥1
cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte. Sostituendo nell’equazione
della corda si ha
X
X n 2 π2 c 2
Wn (t )v n (x).
Ẅn (t )v n (x) = −
L2
n≥1
n≥1
Fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri per v k (x) ed
integrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥1 ,
segue che deve aversi
kπc
,
L
che è l’equazione di un oscillatore armonico, il cui integrale generale è
Ẅk (t ) = −ω2k Wk (t ),
ωk :=
Wn (t ) = A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t ),
con A n , B n costanti arbitrarie. Pertanto
³ nπ ´
X
u(x, t ) =
x .
[A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] sin
L
n≥1
(4.13)
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54
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Per determinare i coefficienti A n e B n dobbiamo imporre le condizioni iniziali.
Poiché
³ nπ ´
X
∂u
(x, t ) =
x ,
[−A n ωn sin(ωn t ) + B n ωn cos(ωn t )] sin
∂t
L
n≥1
dobbiamo richiedere che
³ nπ ´
X
g (x) = u(x, 0) =
A n sin
x ,
L
n≥1
h(x) =
³ nπ ´
X
∂u
(x, 0) =
B n ωn sin
x .
∂t
L
n≥1
Nuovamente, fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri
delle precedenti relazioni per v k (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindi
l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥1 , segue che deve aversi
µ
¶
µ
¶
Z
Z L
kπ
kπ
2
2 L
dx g (x) sin
x ,
Bk =
dx h(x) sin
x .
Ak =
L 0
L
ωk L 0
L
Se indichiamo con g̃ (x) ed h̃(x) le funzioni 2L-periodiche ottenute prolungando rispettivamente g (x) ed h(x) per disparità all’intervallo [−L, L] e quindi per
periodicità, si ha ovviamente
³ nπ ´
³ nπ ´
X
X
g̃ (x) =
A n sin
x ,
h̃(x) =
x
∀ x ∈ R,
B n ωn sin
L
L
n≥1
n≥1
con A n , B n che possono scriversi anche nella forma
Z
Z L
³ nπ ´
³ nπ ´
1
1 L
dx g̃ (x) sin
dx h̃(x) sin
x ,
Bn =
x .
An =
L −L
L
ωn L −L
L
Altrimenti detto, A n e ωn B n sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in serie di seni delle funzioni periodiche e dispari g̃ e h̃. Affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a termine
due volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindi una soluzione classica del
problema è sufficiente che sia
X
(|A n | + |B n |) n 2 < +∞.
(4.14)
n≥1
Infatti ciascun termine di tale serie numerica domina, a meno di un fattore costante ininfluente, il modulo del corrispondente termine delle serie di funzioni
ottenute derivando termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) la
soluzione formale u(x, t ). Dall’Osservazione 4.1 sappiamo che una condizione
sufficiente perché sussista la (4.14) è che siano g̃ ∈ C 3 (R) e h̃ ∈ C 2 (R), ovvero che
g ∈ C 3 ([0, L]), h ∈ C 2 ([0, L]) ed inoltre
g (0) = g (L) = 0,
g 00 (0) = g 00 (L) = 0,
h(0) = h(L) = 0,
h 00 (0) = h 00 (L) = 0.
Si osservi che occorre assumere una regolarità dei dati iniziali maggiore rispetto
a quella richiesta nel metodo delle riflessioni. Ciò poiché cerchiamo la soluzione u nella forma di una serie due volte derivabile termine a termine, dunque
con regolarità maggiore della semplice richiesta che u ∈ C 2 ((0, L) × R+ ) sia una
soluzione classica.
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4.2 I L METODO DI F OURIER
55
O SSERVAZIONE 4.4. La formula (4.13) afferma che la soluzione dell’equazione della corda vibrante con estremi fissi si scrive come la sovrapposizione di
infinite soluzioni particolari della forma
!
Ã
³ nπ ´
Nn cos ϕn = A n
u n (x, t ) = Nn cos(ωn t + ϕn ) sin
x
dove
Nn sin ϕn = −B n
L
in cui riconosciamo un’onda stazionaria armonica di numero d’onda k n = nπ
L
e frequenza angolare ωn . Se la corda evolve secondo u n (x, t ), ciascun punto
¯
¡
¢¯
¯
oscilla armonicamente con uguale fase ed ampiezza ¯Nn cos nπ
L x , in modo tale che tra i nodi dell’onda armonica (cioè i punti x in cui u n (x, t ) = 0 per ogni
t ) ci sono sempre gli estremi della corda. Dunque la soluzione generica si scrive come somma di un numero finito o infinito di onde armoniche stazionarie (o
semplicemente armoniche), tra le quali distinguiamo la fondamentale u 1 (x, t ) di
frequenza ω1 e le successive u n (x, t ), n ≥ 2, di frequenza ωn = nω1 (ad esempio
u 2 (x, t ) è l’ottava della fondamentale). Il metodo di Fourier mette così in evidenza il carattere oscillatorio della propagazione ondosa, in particolare l’esistenza
di infinite vibrazioni proprie di cui è costituita una generica vibrazione. È l’analogo della decomposizione in modi normali delle piccole oscillazioni attorno
alla posizione di equilibrio stabile in un sistema meccanico con un numero finito di gradi di libertà. Per inciso, si ricordi che l’equazione della corda vibrante è
stata derivata proprio nell’approssimazione delle piccole oscillazioni.
O SSERVAZIONE 4.5. Abbiamo già notato che le autofunzioni v n (x) sono definite a meno di una costante moltiplicativa. In particolare, possiamo fissare tale
costante in modo che esse abbiano norma unitaria rispetto al prodotto scalare
definito in (4.11). Poniamo cioè
r
³ nπ ´
2
sin
x ,
e n (x) =
L
L
cosicché 〈e n , e k 〉 = δn,k . Scriviamo quindi l’integrale generale del problema nella
forma
X
u(x, t ) =
Wn (t ) e n (x).
n≥1
Chiaramente le funzioni Wn (t ) sono sempre moti armonici di pulsazione ωn
(la differenza nella scelta di e n (x) in luogo di v n (x) emerge solo quando si impongono le condizioni iniziali). Esiste ora un legame immediato tra l’energia
meccanica di tali oscillatori e quella della corda vibrante. Precisamente,
· µ ¶2
µ ¶ ¸
Z L
X
1 ∂u
c 2 ∂u 2
E (t ) =
dx
+
=
E n (t ),
2 ∂t
2 ∂x
0
n≥1
con
ω2
1
E n (t ) = Ẇn (t )2 + n Wn (t )2
2
2
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56
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
l’energia dell’oscillatore n-esimo. In effetti,
¿
À
¿
À
1 ∂u ∂u
c 2 ∂u ∂u
E (t ) =
+
,
,
2 ∂t ∂t
2 ∂x ∂x
·
¸
X 1
­ 0 0®
c2
=
Ẇn Ẇk 〈e n , e k 〉 + Wn Wk e n , e k ,
2
n,k≥1 2
da cui segue il risultato poiché
〈e n , e k 〉 = δn,k ,
­
®
­
®
ω2
e n0 , e k0 = − e n00 , e k = −λn 〈e n , e k 〉 = 2n δn,k .
c
E SERCIZIO 4.1. Stabilire se esistono condizioni iniziali per il problema di
Cauchy-Dirichlet (4.8) che danno luogo a moti periodici nel tempo (ovvero se
esistono soluzioni u(x, t ) non nulle tali che u(x, t ) = u(x, t + T ) per un qualche
T > 0 e per ogni x, t ).
E SERCIZIO 4.2. Determinare la soluzione del seguente problema di CauchyDirichlet omogeneo,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in (0, L) × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2 µ
¶
µ
¶
3π
∂u
5π
u(x, 0) = 3 sin
x ,
(x, 0) = sin
x
per x ∈ [0, L],



L
∂t
L


u(0, t ) = u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
Inoltre, se è una soluzione periodica nel tempo, stabilirne il periodo.
E SERCIZIO 4.3. Verificare che le soluzioni del problema di Cauchy-Dirichlet
omogeneo trovate con il metodo delle riflessioni e con il metodo di Fourier coincidono (almeno formalmente). Altrimenti detto, verificare che i membri di destra delle (3.23) e (4.13) coincidono per assegnati dati iniziali g ed h.
4.3. Esempi di applicazione del metodo di Fourier
4.3.1. Problema di Cauchy-Neumann omogeneo. Consideriamo il problema di Cauchy-Neumann omogeneo,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in (0, L) × R+ ,


∂x 2
 ∂t 2
∂u
(4.15)
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],
u(x, 0) = g (x),

∂t




 ∂u (0, t ) = 0, ∂u (L, t ) = 0
per t ≥ 0.
∂x
∂x
In questo caso il problema agli autovalori associato consiste nel determinare aud2
tovalori e relative autofunzioni dell’operatore dx
2 sull’intervallo [0, L] con condizioni al bordo di Neumann omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x))
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4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER
57
tali che
(
v 00 (x) = λv(x)
se x ∈ (0, L),
0
0
v (0) = v (L) = 0.
(4.16)
Per risolvere il problema (4.16) partiamo dall’integrale generale (4.10) da cui si
ricava
p
p ¢
 p ¡
λx

−C 2 e− λx
se λ > 0,
 λ C1e
v 0 (x) = C 2
se λ = 0,

¤
 £
k −C 1 sin(kx) +C 2 cos(kx) se λ = −k 2 < 0.
Cerchiamo soluzioni non banali (cioè non identicamente nulle) del problema
(4.16). Imponendo le condizioni al bordo v 0 (0) = v 0 (L) = 0 si verifica facilmente
che se λ > 0 allora necessariamente C 1 = C 2 = 0, dunque tutte soluzioni banali.
Nel caso λ = 0 abbiamo C 2 = 0 e C 1 arbitrario. Infine, se λ = −k 2 la condizione
v 0 (0) = 0 implica C 2 = 0, cosicché v(x) = C 1 cos(kx) e per avere soluzioni non banali (cioè con C 1 6= 0) è necessario che sin(kL) = 0, ovvero che k = ± nπ
L con n intero positivo. In definitiva il problema agli autovalori (4.16) possiede il seguente
insieme infinito di soluzioni,
λn = −
π2 n 2
,
L2
v n (x) = cos
³ nπ ´
x ,
L
n = 0, 1, 2, . . . ,
dove ora è incluso l’autovalore nullo λ0 = 0 che ha come autofunzione non banπ
nale v 0 (x) = 1. Abbiamo considerato solo il caso k = nπ
L poiché k = − L non
fornisce altre soluzioni del problema essendo cos(− nπ
L x) = v n (x).
Osserviamo che il sistema di funzioni {v n (x)}n≥0 su [0, L] è ortogonale rispetto al prodotto scalare (4.11). Infatti, da un calcolo esplicito,
〈v n , v k 〉 =
L
δn,k (1 + δn,0 ).
2
2
d
Anche in questo caso, l’ortogonalità è legata alla simmetria dell’operatore dx
2
sullo spazio lineare delle funzioni due volte derivabili con continuità su [0, L]
e soddisfacenti condizioni di Neumann omogenee al bordo. Infatti l’indentità
(4.12) sussiste anche per una coppia di tali funzioni.
Possiamo ora procedere come nel caso del problema di Dirichlet. Cerchiamo la soluzione formale del problema (4.15) nella forma
X
1
u(x, t ) = W0 (t ) +
Wn (t )v n (x),
2
n≥1
cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte. Sostituendo nell’equazione
della corda si ha
X
X n 2 π2 c 2
1
Ẅ0 (t ) +
Ẅn (t )v n (x) = −
Wn (t )v n (x).
2
L2
n≥1
n≥0
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E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Fissato un qualunque intero k ≥ 0, moltiplicando ambo i membri per v k (x) ed
integrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥0 ,
segue che deve aversi
kπc
,
L
che è l’equazione di un oscillatore armonico se k ≥ 1 e del moto libero se k = 0.
Pertanto
³ nπ ´
X
1
u(x, t ) = (A 0 + B 0 t ) +
x .
[A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] cos
2
L
n≥1
Ẅk (t ) = −ω2k Wk (t ),
ωk :=
Per determinare i coefficienti A n e B n dobbiamo imporre le condizioni iniziali.
Poiché
³ nπ ´
X
∂u
1
(x, t ) = B 0 +
x
[−A n ωn sin(ωn t ) + B n ωn cos(ωn t )] cos
∂t
2
L
n≥1
dobbiamo richiedere che
³ nπ ´
X
1
A n cos
x ,
g (x) = A 0 +
2
L
n≥1
³ nπ ´
X
1
h(x) = B 0 +
B n ωn cos
x .
2
L
n≥1
Nuovamente, fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri
delle precedenti relazioni per v k (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindi
l’ortogonalità delle funzioni {v n (x)}n≥0 , segue che deve aversi
µ
¶
Z
2 L
kπ
Ak =
dx g (x) cos
x ,
k ≥ 0,
L 0
L
 Z L
2


dx h(x)
se k = 0,

µ
¶
Bk = L 0 Z L
kπ
2



dx h(x) cos
x se k ≥ 1.
ωk L 0
L
Se indichiamo con g̃ (x) ed h̃(x) le funzioni 2L-periodiche ottenute prolungando
rispettivamente g (x) ed h(x) per parità all’intervallo [−L, L] e quindi per periodicità, si ha ovviamente
³ nπ ´
X
1
g̃ (x) = A 0 +
A n cos
x
∀ x ∈ R,
2
L
n≥1
³ nπ ´
X
1
h̃(x) = B 0 +
B n ωn cos
x
∀ x ∈ R,
2
L
n≥1
con A n , B n che possono scriversi anche nella forma
Z
³ nπ ´
1 L
An =
dx g̃ (x) cos
x ,
n ≥ 0,
L −L
L
 Z L
1



dx h̃(x)
se n = 0,
B n = L −LZ L
³
´
1
nπ



dx h̃(x) cos
x se n ≥ 1.
ωn L −L
L
———————————————————————————————————–
Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012
4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER
59
Altrimenti detto, A n e B 0 , ωn B n sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in
serie di coseni delle funzioni periodiche e pari g̃ e h̃. Anche in questo caso,
affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindi
una soluzione classica del problema è sufficiente che sia soddisfatta la condizione (4.14). Infatti ciascun termine di tale serie numerica domina, a meno di
un fattore costante ininfluente, il modulo del corrispondente termine delle serie
di funzioni ottenute derivando termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) la soluzione formale u(x, t ). Dall’Osservazione 4.1 sappiamo che una
condizione sufficiente perché sussista la (4.14) è che siano g̃ ∈ C 3 (R) e h̃ ∈ C 2 (R),
ovvero che g ∈ C 3 ([0, L]), h ∈ C 2 ([0, L]) ed inoltre
g 0 (0) = g 0 (L) = 0,
g 000 (0) = g 000 (L) = 0,
h 0 (0) = h 0 (L) = 0.
Notiamo che, analogamente al caso del problema di Cauchy-Dirichlet, poiché
cerchiamo la soluzione u nella forma di una serie due volte derivabile termine
a termine, occorre assumere una regolarità dei dati iniziali maggiore rispetto a
quanto richiesto nel metodo delle riflessioni.
E SERCIZIO 4.4. Risolvere, con il metodo di Fourier, il problema di Cauchy
con condizioni periodiche per l’equazione delle onde,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in R × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ R,



∂t

 u(x, t ) = u(x + L, t )
per x ∈ R, t ≥ 0.
4.3.2. Vibrazioni forzate. Studiamo ora le vibrazioni forzate di una corda,
ad esempio con estremi fissati, dunque il problema di Cauchy-Dirichlet,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
+f
in (0, L) × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],



∂t

 u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
Come nel caso della corda infinita, è sufficiente determinare la soluzione particolare corrispondente a dati iniziali nulli, poiché il problema con g ed h generici si ottiene sommando a tale soluzione quella del problema non forzato con i
suddetti dati iniziali. Pertanto studiamo il problema
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
+f
in (0, L) × R+ ,

2
 ∂t
∂x 2
∂u
(4.17)
(x, 0) = 0 per x ∈ [0, L],
u(x, 0) = 0,



∂t

 u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
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60
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Come nel caso delle vibrazioni libere, cerchiamo la soluzione nella forma di uno
sviluppo in serie di seni,
³ nπ ´
X
u(x, t ) =
Wn (t ) sin
x .
L
n≥1
Supponiamo inoltre che sia ben definito lo sviluppo in serie di seni della forzante,
Z
³ nπ ´
³ nπ ´
X
2 L
f (x, t ) =
f n (t ) sin
x ,
f n (t ) =
dy f (y, t ) sin
y
L
L 0
L
n≥1
(quindi lo sviluppo del prolungamento dispari di f (x, t ) su [−L, L]). Sostituendo
nell’equazione si ha
¸
³ nπ ´
³ nπ ´ X · n 2 π2 c 2
X
x =
−
W
(t
)
+
f
(t
)
sin
x ,
Ẅn (t ) sin
n
n
L
L2
L
n≥1
n≥1
cui vanno aggiunte le condizioni iniziali
³ nπ ´ X
³ nπ ´
X
Wn (0) sin
x =
x = 0.
Ẇn (0) sin
L
L
n≥1
n≥1
Per l’unicità dello sviluppo di Fourier concludiamo che le {Wn (t )}n≥1 devono
soddisfare le equazioni
(
Ẅn (t ) = −ω2n Wn (t ) + f n (t )
nπc
,
ωn :=
L
Wn (0) = Ẇn (0) = 0
in cui riconosciamo degli oscillatori armonici di frequenze ωn con forzante f n (t ).
Anche in questo caso di un’equazione differenziale ordinaria possiamo ottenerne la soluzione con il metodo di Duhamel (in questo ambito detto “metodo della
variazione delle costanti”). Consideriamo pertanto i problemi omogenei
(
Ẅ (t ) = −ω2n W (t )
t > s,
W (s) = 0 Ẇ (s) = f n (s) s ≥ 0,
la cui soluzione è
Wn (t ; s) =
f n (s)
sin[ωn (t − s)].
ωn
La soluzione cercata è allora
Z t
Z t
1
Wn (t ) =
ds Wn (t ; s) =
ds f n (s) sin[ωn (t − s)],
ωn 0
0
ovvero, ricordando la definizione di f n (t ),
Z t Z L
³ nπ ´
2
Wn (t ) =
y sin[ωn (t − s)].
ds
dy f (y, t ) sin
ωn L 0
L
0
Il metodo si applica ovviamente anche in problemi con differenti condizioni al
P
bordo omogenee, cercando la soluzione nella forma u(x, t ) = n Wn (t )v n (x),
con {v n (x)} il sistema di autofunzioni del corrispondente problema agli autovalori.
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4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER
61
E SERCIZIO 4.5. Studiare le vibrazioni forzate di una corda finita con condizioni di Neumann omogenee agli estremi,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
+f
in (0, L) × R+ ,


∂x 2
 ∂t 2
∂u
u(x, 0) =
(x, 0) = 0
per x ∈ [0, L],

∂t



∂u
∂u


(0, t ) =
(L, t ) = 0 per t ≥ 0,
∂x
∂x
E SERCIZIO 4.6. Calcolare la soluzione esplicita del problema di Cauchy-Neu¡ ¢
mann dell’Esercizio 4.5 nel caso in cui la forzante è f = f (x, t ) = 1 + e−t cos πL x .
4.3.3. Problema misto. Consideriamo il problema di Cauchy misto omogeneo,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
in (0, L) × R+ ,


∂x 2
 ∂t 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],

∂t



∂u


(0, t ) = u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
∂x
In questo caso il problema agli autovalori associato consiste nel determinare aud2
tovalori e relative autofunzioni dell’operatore dx
2 sull’intervallo [0, L] con condizioni miste omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) tali che
(
v 00 (x) = λv(x)
se x ∈ (0, L),
0
v (0) = v(L) = 0.
Ragionando come nei casi precedenti è facile verificare che le uniche soluzioni
non banali si hanno se λ = −k 2 < 0. In tal caso l’integrale generale è v(x) =
C 1 cos(kx) + C 2 sin(kx), per cui le condizioni v 0 (0) = v(L) = 0 si scrivono C 2 = 0 e
C 1 cos(kL) = 0, da cui si ricava che si hanno soluzioni non banali (C 1 6= 0) solo se
, n = 0, 1, 2, . . .. In definitiva, scartando al solito i
cos(kL) = 0, ovvero k = ± (2n+1)π
2L
valori negativi di k cha non danno luogo ad ulteriori soluzioni,
µ
¶
π2 (2n + 1)2
(2n + 1)π
λn = −
,
v
(x)
=
cos
x
,
n = 0, 1, 2, . . .
n
4L 2
2L
A questo punto si procede analogamente ai casi precedenti, per cui, posto ωn =
(2n+1)πc
, la soluzione si cerca nella forma
2L
µ
¶
X
(2n + 1)π
u(x, t ) =
x ,
[A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] cos
2L
n≥0
dove i coefficienti A n e B n sono fissati dai dati iniziali, ovvero devono soddisfare
µ
µ
¶
¶
X
X
(2n + 1)π
(2n + 1)π
g (x) =
A n cos
x ,
h(x) =
B n ωn cos
x .
2L
2L
n≥0
n≥0
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62
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Notiamo che ora le somme a destra sono delle funzioni 4L-periodiche. Precisamente, se indichiamo con g̃ (x) ed h̃(x) le funzioni 4L-periodiche ottenute prolungando rispettivamente g (x) ed h(x) per parità all’intervallo [−L, L], quindi
per disparità all’intervallo [−L, 3L] ed infine per periodicità, si ha ovviamente,
per ogni x ∈ R,
µ
¶
µ
¶
X
X
(2n + 1)π
(2n + 1)π
g̃ (x) =
A n cos
x , h̃(x) =
B n ωn cos
x ,
2L
2L
n≥0
n≥0
con
L
¶
¶
µ
Z
1 2L
(2n + 1)π
(2n + 1)π
x =
x ,
dx g̃ (x) cos
2L
2L −2L
2L
0
µ
µ
¶
¶
Z L
Z 2L
(2n + 1)π
(2n + 1)π
2
1
dx h(x) cos
dx h̃(x) cos
Bn =
x =
x .
ωn L 0
2L
2ωn L −2L
2L
An =
2
L
Z
µ
dx g (x) cos
Altrimenti detto, A n e ωn B n sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in serie di coseni delle funzioni g̃ e h̃, 4L periodiche, pari attorno a x = 0 e dispari
attorno a x = L. Affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t )
e fornisca quindi una soluzione classica del problema è sufficiente che siano
g̃ ∈ C 3 (R) e h̃ ∈ C 2 (R), ovvero che g ∈ C 3 ([0, L]), h ∈ C 2 ([0, L]) ed inoltre
g 0 (0) = g 000 (0) = 0,
g (L) = g 00 (L) = 0,
h 0 (0) = 0,
h(L) = h 00 (L) = 0.
4.3.4. Condizioni al bordo non omogenee. Il metodo di Fourier, al pari di
quello delle riflessioni, si applica al caso di condizioni al bordo omogenee. D’altra parte in taluni casi è possibile ricondurre un problema con dati al bordo non
omogenei al caso di dati omogenei. Precisamente, consideriamo condizioni al
bordo indipendenti dal tempo del tipo
i) u(0, t ) = a,
u(L, t ) = b;
∂u
ii) u(0, t ) = a,
(L, t ) = β;
∂x
∂u
iii)
(0, t ) = α, u(L, t ) = b;
∂x
∂u
∂u
iv)
(0, t ) = α,
(L, t ) = β.
∂x
∂x
e cerchiamo una soluzione stazionaria ū(x) dell’equazione delle onde omogenea, dunque ū 00 (x) = 0. Essendo ū(x) = c 1 + c 2 x l’integrale generale, troviamo
un’unica ū(x) nei casi i), ii), iii), mentre nel caso iv) ne troviamo infinite per α = β
e nessuna per α 6= β. Nei casi in cui esiste ū(x) possiamo considerare la funzione
U (x, t ) = u(x, t )− ū(x), che risolve il problema con dati al bordo omogenei e dati
iniziali U (x, 0) = g (x) − ū(x), ∂U
∂t (x, 0) = h(x). Determinata U (x, t ) con il metodo di Fourier troviamo infine la soluzione u(x, t ) del problema con dati al bordo
non omogenei.
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4.3 E SEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI F OURIER
63
E SERCIZIO 4.7. Determinare la soluzione del seguente problema di Cauchy
misto con dati al bordo non omogenei,
 2
2
∂ u

2∂ u

=
c
in (0, L) × R+ ,


2

∂x 2
µ
¶
 ∂t
³π ´
∂u
3π
u(x, 0) = x − L + cos
x ,
(x, 0) = cos
x
per x ∈ [0, L],

2L
∂t
2L




 ∂u (0, t ) = 1, u(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
∂x
4.3.5. Equazione delle onde generalizzata.
Cauchy-Dirichlet,
 2
2
∂ u

2∂ u


=
c
− γu

 ∂t 2
∂x 2
∂u
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x)



∂t

 u(0, t ) = u(L, t ) = 0
Consideriamo il problema di
in (0, L) × R+ ,
(4.18)
per x ∈ [0, L],
per t ≥ 0,
2
d
con γ > 0 (cfr. l’Eq. (3.8)). Osserviamo che l’operatore differenziale dx
2 + α Id
(α ∈ R) con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee ammette lo stesso sid2
stema di autofunzioni dell’operatore dx
2 , semplicemente con autovalori traslati di α. Cerchiamo pertanto anche in questo caso la soluzione u(x, t ) come
sovrapposizione di seni,
³ nπ ´
X
u(x, t ) =
Wn (t ) sin
x .
L
n≥1
Sostituendo nell’equazione del moto si ha
¸
³ nπ ´ X · ³ nπc ´2
³ nπ ´
X
Ẅn (t ) sin
x =
− γ Wn (t ) sin
x ,
−
L
L
L
n≥1
n≥1
da cui, per l’ortogonalità dei seni, deve aversi, per ciascun intero n ≥ 1,
·³
¸
nπc ´2
Ẅn (t ) = −
+ γ Wn (t ),
L
che è ancora un sistema di oscillatori armonici. Dunque
³ nπ ´
X
u(x, t ) =
x ,
[A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] sin
L
n≥1
q¡
¢
nπc 2
dove ωn =
+ γ, mentre i coefficienti sono determinati dai dati iniziali,
L
2
An =
L
L
Z
0
³ nπ ´
dx g (x) sin
x ,
L
2
Bn =
ωn L
L
Z
dx h(x) sin
0
³ nπ ´
x .
L
La differenza principale con il caso γ = 0 dell’equazione d’onda non generalizzata è che ora le armoniche in generale non sono più tra loro commensurabili
n
(ovvero ω
ωk ∉ Q per n 6= k).
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64
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
E SERCIZIO 4.8. Determinare la soluzione del seguente problema di CauchyDirichlet,
 2
2
∂ u
∂u

2∂ u


=
c
− γu − β
in (0, L) × R+ ,

2
 ∂t 2
∂x
∂t
∂u
(4.19)
(x, 0) = h(x) per x ∈ [0, L],
u(x, 0) = g (x),



∂t

 u(0, t ) = u(L, t ) = 0
per t ≥ 0,
con γ, β > 0 (cfr. l’Esercizio 3.1). Dimostrare inoltre che
lim u(x, t ) = 0.
t →+∞
β
[Suggerimento: Cercare la soluzione nella forma u(x, t ) = e− 2 t U (x, t ).]
4.4. Soluzione degli esercizi
S OLUZIONE E S . 4.2. Dalla teoria sappiamo che la soluzione del problema si
scrive nella forma
³ nπ ´
X
x ,
u(x, t ) =
[A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] sin
L
n≥1
dove
2
An =
L
L
Z
0
³ nπ ´
dx g (x) sin
x ,
L
2
Bn =
ωn L
L
Z
dx h(x) sin
0
³ nπ ´
x ,
L
∂u
∂t (x, 0) e ωn
con g (x) = u(x, 0), h(x) =
= (nπc)/L. Nel caso in esame le funzioni g
ed h sono proporzionali rispettivamente alla terza ed alla quinta armonica, per
cui solo i coefficienti A 3 e B 5 sono diversi da zero. Più precisamente, utilizzando
la formule di ortogonalità delle autofunzioni,
µ
¶
Z
³ nπ ´ 6 L
3π
2 L
dx 3 sin
An =
x sin
x =
δn,3 = 3δn,3 ,
L 0
L
L
L2
µ
¶
Z L
³ nπ ´
2
5π
2 L
1
L
Bn =
dx sin
x sin
x =
δn,5 =
δn,5 =
δn,5 .
ωn L 0
L
L
ωn L 2
ω5
5πc
Pertanto la soluzione del problema è
¶
µ
¶
µ
3π
5π
u(x, t ) = A 3 cos(ω3 t ) sin
x + B 5 sin(ω5 t ) sin
x
L
L
µ
¶
µ
¶
µ
¶
µ
¶
3πc
3π
L
5πc
5π
= 3 cos
t sin
x +
sin
t sin
x .
L
L
5πc
L
L
La soluzione è periodica ed il suo periodo, ovvero il più piccolo T > 0 per cui
u(x, t ) = u(x, t + T ), è T = 2L/c.
S OLUZIONE E S . 4.5. Cercando la soluzione nella forma
³ nπ ´
W0 (t ) X
u(x, t ) =
+
Wn (t ) cos
x ,
2
L
n≥1
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4.4 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI
65
e supponendo che sia ben definito lo sviluppo in serie di coseni della forzante,
Z
³ nπ ´
³ nπ ´
f 0 (t ) X
2 L
f (x, t ) =
+
f n (t ) cos
x ,
f n (t ) =
dy f (y, t ) cos
y ,
2
L
L 0
L
n≥1
si trova che le {Wn (t )}n≥0 devono soddisfare le equazioni
(
Ẅn (t ) = −ω2n Wn (t ) + f n (t )
nπc
,
ωn :=
L
Wn (0) = Ẇn (0) = 0
da cui
Wn (t ) =
Z t



ds (t − s) f 0 (s)


 0
se n = 0,

Z t


1


ds sin[ωn (t − s)] f n (s) se n ≥ 1.

ωn 0
S OLUZIONE E S . 4.6. Nel caso in esame f (x, t ) è la somma di una costante
e di una funzione proporzionale alla prima armonica, per cui solo i coefficienti
f 0 (t ) e f 1 (t ) sono diversi da zero. Più precisamente, utilizzando la formule di
ortogonalità delle autofunzioni,
Z
h
³ π ´i
³ nπ ´
2 L
f n (t ) =
dx 1 + e−t cos x cos
x = 2δn,0 + e−t δn,1 ,
L 0
L
L
ovvero, più esplicitamente,
f n (t ) =



2
se n = 0,
e−t



0
se n = 1,
se n ≥ 2.
Pertanto
Wn (t ) =


t2


 1 Z

ω1



0
se n = 0,
t
0
ds sin[ω1 (t − s)]e−s
se n = 1,
se n ≥ 2.
L’integrale che determina W1 (t ) si può calcolare nel modo seguente. Eseguendo
la sostituzione τ = t − s si ha
Z
Z
1 t
e−t t
−s
ds sin[ω1 (t − s)]e =
dτ eτ sin(ω1 τ).
ω1 0
ω1 0
D’altra parte,
t
Z
0
e(1+iω1 )t − 1
1 + iω1
0
t
t
e sin(ω1 t ) − ω1 e cos(ω1 t ) + ω1
dτ eτ sin(ω1 τ) = ℑ
=
Z
t
dτ e(1+iω1 )τ = ℑ
1 + ω21
.
———————————————————————————————————–
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66
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Pertanto,
1
ω1
t
Z
0
ds sin[ω1 (t − s)]e
−s
=
1
1 + ω21
·
¸
1
−t
sin(ω1 t ) − cos(ω1 t ) + e
.
ω1
In conclusione, ricordando che ω1 = πc/L, la soluzione del problema è
·
¸
³ πc ´
³ πc ´
³π ´
t2
L2
L
−t
u(x, t ) = + 2
sin
t
−
cos
t
+
e
cos
x .
2 L + π2 c 2 πc
L
L
L
S OLUZIONE E S . 4.7. Vogliamo ricondurci ad un problema misto con dati al
bordo omogenei che sappiamo risolvere con il metodo di Fourier. A tal scopo
è sufficiente cercare la soluzione nella forma u(x, t ) = ū(x) + v(x, t ), dove ū è la
soluzione del problema stazionario con i dati al bordo non omogenei assegnati,
ovvero ū risolve
(
ū 00 (x) = 0
in (0, L),
0
ū (0) = 1, ū(L) = 0.
Infatti ū è nota, essendo il segmento di retta di coefficiente angolare pari ad uno
e passante per il punto (L, 0), dunque ū(x) = x − L, mentre la funzione incognita
v(x, t ) è soluzione del problema misto omogeneo
 2
2
∂ v

2∂ v

=
c
in (0, L) × R+ ,


2

∂x 2³
µ
¶
 ∂t
´
π
∂v
3π
v(x, 0) = cos
x ,
(x, 0) = cos
x
per x ∈ [0, L],

2L
∂t
2L




 ∂v (0, t ) = 0, v(L, t ) = 0
per t ≥ 0.
∂x
Da quanto visto nella sottosezione 4.3.3 sappiamo che la soluzione di questo
problema si scrive nella forma
¶
µ
X
(2n + 1)π
v(x, t ) =
x ,
[A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t )] cos
2L
n≥0
dove
L
¶
(2n + 1)π
x ,
dx g (x) cos
2L
0
¶
µ
Z L
2
(2n + 1)π
Bn =
x ,
dx h(x) cos
ωn L 0
2L
2
An =
L
Z
µ
con g (x) = v(x, 0), h(x) = ∂v
∂t (x, 0) e ωn = (2n + 1)πc/(2L). Poiché nel nostro caso
le funzioni g ed h sono proporzionali rispettivamente all’armonica per n = 0
ed n = 1, solo i coefficienti A 0 e B 1 sono diversi da zero, precisamente A 0 = 1 e
B 1 = ω−1
1 . Dunque
µ
¶
³π ´ 1
3π
v(x, t ) = cos(ω0 t ) cos
x +
sin(ω1 t ) cos
x .
2L
ω1
2L
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4.4 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI
67
In conclusione la soluzione del problema è
µ
¶
µ
¶
³ πc ´
³ π ´ 2L
3πc
3π
u(x, t ) = x − L + cos
t cos
x +
sin
t cos
x .
2L
2L
3πc
2L
2L
β
S OLUZIONE E S . 4.8. Cerchiamo la soluzione nella forma u(x, t ) = e− 2 t U (x, t )
e riscriviamo il problema nella funzione incognita U (x, t ). Si ha
β ∂U
β β
∂u
= − e− 2 t U + e− 2 t
,
∂t
2
∂t
2
β
β
∂2 u β2 − β t
− t ∂U
−2t ∂ U
2 U − βe 2
=
,
e
+
e
∂t 2
4
∂t
∂t 2
β ∂2U
∂2 u
= e− 2 t
.
2
∂x
∂x 2
Si osservi che, in particolare,
g (x) = u(x, 0) = U (x, 0),
h(x) =
∂u
β
∂U
(x, 0) = − g (x) +
(x, 0).
∂t
2
∂t
Sostituendo nel sistema (4.19), deduciamo che u(x, t ) è soluzione di (4.19) se e
solo se U (x, t ) risolve il problema,
 2
µ
¶
2
β2
∂U

2∂ U


=
c
−
γ
−
U
in (0, L) × R+ ,

 ∂t 2
∂x 2
4
∂U
β

U (x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) + g (x) per x ∈ [0, L],


∂t
2


U (0, t ) = U (L, t ) = 0
per t ≥ 0,
che può essere risolto analogamente a quanto fatto per il problema (4.18). Cerchiamo quindi U (x, t ) come sovrapposizione di seni,
³ nπ ´
X
U (x, t ) =
Wn (t ) sin
x ,
L
n≥1
cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte ed il problema nelle Wn si separa. Infatti, sostituendo nell’equazione del moto si ha
¶
³ nπ ´ X µ β2 n 2 π2 c 2
³ nπ ´
X
Ẅn (t ) sin
x =
−
x ,
−
γ
W
(t
)
sin
n
L
L2
L
n≥1
n≥1 4
da cui, per l’ortogonalità dei seni, deve aversi, per ciascun intero n ≥ 1,
Ẅn (t ) = βn Wn (t ),
βn :=
β 2 n 2 π2 c 2
−
− γ.
4
L2
La soluzione dell’equazione dipende dal segno di βn , precisamente,

2

 A n cos(ωn t ) + B n sin(ωn t ) se βn = −ωn < 0,
An + Bn t
se βn = 0,
Wn (t ) =
p
p


βn t
− βn t
+ Bn e
se βn > 0.
An e
(4.20)
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68
E QUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE :
METODO DI
F OURIER
Le costanti A n e B n si determinano imponendo le condizioni iniziali e sono
legate ai coefficienti dello sviluppo in serie di seni delle funzioni g (x) e h(x).
Osserviamo che la condizione βn ≥ 0 si scrive
β 2 n 2 π2 c 2
≥
+ γ.
4
L2
Pertanto essa può essere verificata al più da un numero finito di interi n, dopodiché tutti gli altri modi sono oscillatori armonici. Si osservi inoltre che laddove
p
βn > 0 si ha necessariamente βn < β/2, cosicché da (4.20) segue che se β > 0
allora
³ nπ ´
X −βt
lim u(x, t ) = lim
e 2 Wn (t ) sin
x = 0.
t →+∞
t →+∞
L
n≥1
Quindi, in presenza di attrito, le oscillazioni della corda si smorzano ed essa
tende all’equilibrio per t → +∞.
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CAPITOLO 5
Equazione delle onde in dimensione d > 1
5.1. Problemi ben posti e questioni di unicità
L’equazione delle onde in dimensione d = 2, 3 è idonea a descrivere diversi
fenomeni fisici, quali, ad esempio, le piccole vibrazioni di una membrana elastica attorno alla sua posizione di equilibrio, la propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto, o delle onde sonore in un fluido omogeneo. I tipici
problemi ben posti cui si perviene sono l’analogo multidimensionale di quanto
visto per le vibrazioni della corda. Formuliamo i tre problemi classici nel caso
dell’equazione d’onda generalizzata.
(1) Problema di Cauchy globale. La funzione incognita u = u(x, t ) è definita
su tutto lo spazio, pertanto il problema corrispondente è
 2
∂ u


= c 2 ∆u − γu + f
in Rd × R+ ,
∂t 2

 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ Rd .
∂t
(5.1)
(2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Sia Ω ⊂ Rd un dominio regolare limitato con frontiera ∂Ω di classe C 1 . La funzione incognita u = u(x, t )
è soluzione dell’equazione d’onda su Q T = Ω × (0, T ) ed il suo valore
a(x, t ) sulla frontiera di Ω è preassegnato. Il problema corrispondente
è pertanto
 2
∂ u

2


in Q T ,

 ∂t 2 = c ∆u − γu + f
∂u
(5.2)
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ Ω,



∂t

 u(x, t ) = a(x, t )
per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ).
(3) Problema di Cauchy-Neumann. Come in (2), con la differenza che viene assegnato il valore b(x, t ) della derivata normale della funzione incognita sulla frontiera di Ω. Ricordiamo che se ν = ν(x) è la normale esterna a Ω nel punto x ∈ ∂Ω, la derivata direzionale lungo ν della
funzione u è
∂u
(x) := ν · ∇u(x).
(5.3)
∂ν
69
E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
70
t
ν
T
QT
Ω
Ω
Rd
F IGURA 5.1. Il dominio Ω, la normale esterna ν ed il cilindro
Q T = Ω × (0, T ).
Otteniamo così il problema
 2
∂ u



= c 2 ∆u − γu + f
in Q T ,


 ∂t 2
∂u
(5.4)
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ Ω,

∂t




 ∂u (x, t ) = b(x, t )
per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ).
∂ν
Per dimostrare l’unicità della soluzione classica dei problemi (5.2) e (5.4) possiamo utilizzare nuovamente la conservazione dell’energia. Precisamente, per
ogni funzione u ∈ C 2 (Q T ) associamo l’energia al tempo t ,
· µ ¶2
¸
Z
c2
1 ∂u
γ 2
2
+ |∇u| + u .
E (u, t ) = dx
2 ∂t
2
2
Ω
Sussiste allora la seguente generalizzazione del Teorema 3.1.
T EOREMA 5.1. Sia T > 0, Q T = Ω × (0, T ) ed u ∈ C 2 (Q T ) una soluzione dell’equazione omogenea
∂2 u
(x, t ) = c 2 ∆u(x, t ) − γu(x, t ),
(x, t ) ∈ Q T ,
(5.5)
∂t 2
con condizioni al bordo di Dirichlet indipendenti dal tempo oppure di Neumann
omogenee. Allora E (u, t ) = E (u, 0) per ogni t ∈ [0, T ].
d
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo che dt
E (u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Si ha,
usando al solito il teorema di Schwarz,
·
µ
¶
µ ¶¸
Z
d
∂u ∂2 u
∂u
2
E (u, t ) = dx
+
γu
+
c
∇u
·
∇
.
2
dt
∂t
∂t
∂t
Ω
Ma per la I Formula di Green (vedi Sezione 6.5) con v = ∂u
∂t si ha,
µ ¶ Z
Z
Z
∂u
∂u ∂u
∂u
dx ∇u · ∇
=
dσ
− dx
∆u.
∂t
∂t ∂ν
∂t
Ω
∂Ω
Ω
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5.1 P ROBLEMI BEN POSTI E QUESTIONI DI UNICITÀ
71
t
(x 0 , t 0 )
Bc(t 0 − t) (x0 )
{t}
C x 0 , t0
Rd
F IGURA 5.2. Cono caratteristico retrogrado con vertice in (x 0 , t 0 ).
Pertanto,
d
E (u, t ) =
dt
Z
Ω
dx
¶
µ
Z
∂u ∂2 u
∂u ∂u
2
2
∆u
+
γu
+
c
dσ
−
c
= 0.
∂t ∂t 2
∂t ∂ν
∂Ω
Ragionando esattamente come nella dimostrazione del Teorema 3.2 otteniamo il seguente risultato di unicità.
T EOREMA 5.2. Per ogni T > 0, per fissati dati iniziali e al bordo, esiste al più
una soluzione in C 2 (Q T ) dei problemi (5.2) e (5.4).
Consideriamo ora il problema di Cauchy globale (5.1). Fissato un punto
(x 0 , t 0 ) nello spazio-tempo, definiamo cono caratteristico retrogrado con vertice
in (x 0 , t 0 ) l’insieme
[
C x0 ,t0 = {(x, t ) : |x − x 0 | < c(t 0 − t ), t ∈ [0, t 0 ]} =
B c(t0 −t ) (x 0 ) × {t },
t ∈[0,t 0 ]
dove B r (z) = {x ∈ Rd : |x − z| < r } è la bolla di centro z e raggio r , vedi Figura 5.2
L EMMA 5.3. Sia u ∈ C 2 (Rd × [0, ∞)) una soluzione classica di
∂2 u
= c 2 ∆u − γu
∂t 2
e poniamo
· µ ¶2
¸
c2
γ 2
1 ∂u
2
+ |∇u| + u ,
e(t ) =
dx
2 ∂t
2
2
B c(t0 −t ) (x 0 )
Z
t ∈ [0, t 0 ].
Allora ė(t ) ≤ 0 per ogni t ∈ [0, t 0 ].
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E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
72
D IMOSTRAZIONE . Indichiamo con S r (z) la frontiera ∂B r (z) della bolla B r (z).
Si ha, derivando ed usando la I Formula di Green come fatto in precedenza,
· µ ¶2
¸
1 ∂u
c2
γ
+ |∇u|2 + u 2
2 ∂t
2
2
0
S r (x 0 )
¸
·µ ¶2
Z
∂u
c
+ c 2 |∇u|2 + γu 2
dσ
=−
2 S c(t0 −t ) (x0 )
∂t
·
µ
¶
µ ¶¸
Z
∂u ∂2 u
∂u
2
+
dx
+
γu
+
c
∇u
·
∇
2
∂t
∂t
∂t
B c(t0 −t ) (x 0 )
·
µ ¶2
¸
Z
c
∂u ∂u
∂u
2
2
2
=
dσ 2c
−
− c |∇u| − γu .
2 S c(t0 −t ) (x0 )
∂t ∂ν
∂t
ė(t ) =
d
dt
Z
c(t 0 −t )
Z
dr
dσ
Ma
¯ ¯
µ ¶2
µ ¶2
¯ ∂u ¯
∂u ∂u
∂u
∂u
2
2
¯
¯
2c
−
− c |∇u| ≤ 2c ¯ ¯ |∇u| −
− c 2 |∇u|2
∂t ∂ν
∂t
∂t
∂t
¶2
µ¯ ¯
¯ ∂u ¯
= − ¯¯ ¯¯ − c|∇u| ≤ 0,
∂t
pertanto ė(t ) ≤ 0.
T EOREMA 5.4. Esiste al più una soluzione in C 2 (Rd × [0, ∞)) del problema
(5.1).
D IMOSTRAZIONE . La differenza u = u 1 −u 2 di due soluzioni u 1 , u 2 dello stesso problema soddisfa l’equazione omogenea con dati iniziali nulli. Quindi ad u
si applica il lemma precedente e si ricava ė(t ) ≤ 0 per ogni (x 0 , t 0 ); ma avendo
dati iniziali nulli è anche e(0) = 0, da cui, essendo e(t ) ≥ 0, ricaviamo che e(t ) = 0
per ogni t ∈ [0, t 0 ]. Per continuità segue che u(x 0 , t 0 ) = 0 necessariamente.
In verità abbiamo dimostrato un risultato più forte. Fissato (x 0 , t 0 ) siano u 1 ,
u 2 due soluzioni del problema (5.1) di dati iniziali g 1 , h 1 e g 2 , h 2 e forzanti f 1 , f 2
tali che
g 1 (x) = g 2 (x),
h 1 (x) = h 2 (x)
f 1 (x, t ) = f 2 (x, t )
∀ x ∈ B ct0 (x 0 ),
∀ (x, t ) ∈ C x0 ,t0 .
Lo stesso argomento implica in questo caso che u 1 (x 0 , t 0 ) = u 2 (x 0 , t 0 ). Quindi
la velocità di propagazione di un segnale (o perturbazione) è finita e stimata
dal parametro c. Altrimenti detto, se modifichiamo dati iniziali e forzanti al di
fuori del cono retrogrado di un punto (x 0 , t 0 ) la soluzione in quel punto rimane
invariata.
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5.2 S EPARAZIONE DELLE VARIABILI PER PROBLEMI IN DOMINI LIMITATI
73
5.2. Separazione delle variabili per problemi in domini limitati
Per risolvere il problema di Cauchy-Dirichlet (o Neumann-Dirichlet) omogeneo in un dominio limitato Ω con condizioni al bordo omogenee si può procedere (almeno formalmente) con il metodo di Fourier come fatto nel caso dell’equazione della corda finita. Per brevità limitiamoci a considerare il caso dell’equazione delle onde pura (γ = 0) ed omogenea ( f = 0). Si cerca pertanto la soluzione come espansione in un sistema di autofunzioni per il relativo problema
agli autovalori. Tale problema è ovviamente
(
∆v = λv
in Ω,
per x ∈ ∂Ω,
v(x) = 0
per il problema di Dirichlet, e

∆v = λv
in Ω,
∂v
 (x) = 0 per x ∈ ∂Ω,
∂ν
(5.6)
(5.7)
per il problema di Neumann.
Se determiniamo un insieme numerabile {λn , v n (x)} di autofunzioni e autovalori possiamo provare a cercare la soluzione nella forma
X
u(x, t ) = Wn (t )v n (x),
n
con Wn (t ) soluzione di Ẅn (t ) = λn c 2Wn (t ). Le condizioni iniziali Wn (0), Ẇn (0)
sono supposte essere determinate richiedendo che
g (x) = u(x, 0) =
X
n
Wk (0)v n (x),
h(x) =
X
∂u
(x, 0) = Ẇn (0)v n (x).
∂t
n
Pur non entrando nella teoria generale sul problema agli autovalori, segnaliamo
che sotto opportune ipotesi di regolarità sul dominio Ω è possibile dimostrare
che entrambi i problemi (5.6) e (5.7) ammettono un sistema di autofunzioni e
autovalori {v n (x), λn } con le seguenti proprietà:
R
(Dirichlet): 0 > λ1 > λ2 > . . . > λn → −∞, Ω dx v j (x)v k (x) = 0 se j 6= k.
R
(Neumann): 0 = λ0 > λ1 > λ2 > . . . > λn → −∞, v 0 (x) = 1, Ω dx v j (x)v k (x) =
0 se j 6= k.
p In particolare, le Wn (t ) per n ≥ 1 sono oscillatori armonici di frequenza ωn =
−λn c 2 . Inoltre, per l’ortogonalità delle autofunzioni, i dati iniziali Wn (0) e
Ẇn (0) sono effettivamente determinati in termini di g e h, precisamente,
R
R
dx hv n
Ω dx g v n
Wn (0) = R
,
Ẇn (0) = RΩ
.
2
2
Ω dx v n
Ω dx v n
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E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
74
Alcune delle proprietà sopra esposte seguono dal fatto che il laplaciano con
le condizioni al bordo di Dirichlet/Neumann omogenee è un operatore simmetrico non positivo sullo spazio di Hilbert L 2 (Ω) delle funzioni su Ω a quadrato
sommabile. Infatti, se la coppia ψ, φ ∈ C 2 (Ω) soddisfa le condizioni di Dirichlet
omogenee oppure quelle di Neumann omogenee allora
Z
Z
Z
Z
∂φ
− dx ∇ψ · ∇φ = − dx ∇ψ · ∇φ.
dx ψ∆φ =
dσ ψ
∂ν
Ω
Ω
Ω
∂Ω
Pertanto, riscrivendo la precedente identità invertendo i ruoli di φ, ψ, concludiamo che
Z
Z
Z
dx ψ∆φ = dx ∆ψφ = − dx ∇ψ · ∇φ,
Ω
Ω
Ω
R
che dimostra la simmetria e la non positività (ovvero che Ω dx ψ∆ψ ≤ 0 per ogni
ψ che soddisfa le condizioni di Dirichlet/Neumann omogenee). In particolare,
se supponiamo esistere il sistema {λn , v n (x)}, deve aversi
Z
Z
Z
λn dx v n v k = dx ∆v n v k = − dx ∇v n · ∇v k
∀ n, k,
Ω
Ω
Ω
da cui
R
R
i) (λn − λk ) Ω dx v n v k = 0, che implica Ω dx v n v k = 0 per n 6= k.
R
R
ii) λn Ω dx v n2 = − Ω dx |∇v n |2 , che implica λn ≤ 0. Inoltre λn = 0 è possibile
se e solo se v n è costante, che nel caso delle condizioni di Dirichlet implica la
soluzione banale v n = 0, dunque l’assenza dell’autovalore nullo, mentre nel caso
delle condizioni di Neumann l’autovalore λ0 = 0 con v 0 (x) = 1 è presente.
Concludiamo la sezione con l’analisi delle vibrazioni libere di una membrana rettangolare, in cui il metodo di separazione delle variabili permette di
calcolare la soluzione formale del problema in modo esplicito. Precisamente,
consideriamo il problema di Cauchy-Dirichlet,
 2
∂ u

2


in Ω × R+ ,

 ∂t 2 = c ∆u
∂u
(5.8)
u(x, 0) = g (x),
(x, 0) = h(x) per x ∈ Ω,



∂t

 u(x, t ) = 0
per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, ∞),
dove Ω = {x ∈ R2 : x 1 ∈ (0, L 1 ), x 2 ∈ (0, L 2 )} con L 1 , L 2 > 0 assegnati. Dobbiamo
quindi cercare tutte le soluzioni (λ,V ) del problema agli autovalori,
(
∆V (x) = λV (x) se x ∈ Ω,
(5.9)
V (x) = 0
se x ∈ ∂Ω.
Cerchiamo anche la soluzione di tale problema per separazione delle variabili.
Se V (x) = X (x 1 )Y (x 2 ) è soluzione allora
(
X 00 (x 1 )Y (x 2 ) + X (x 1 )Y 00 (x 2 ) = λX (x 1 )Y (x 2 ),
X (0) = X (L 1 ) = Y (0) = Y (L 2 ) = 0.
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5.3 F ORMULA DI K IRCHHOFF
75
Laddove X (x 1 )Y (x 2 ) 6= 0 possiamo riscrivere la prima equazione nella forma
X 00 (x 1 )
Y 00 (x 2 )
= λ−
.
X (x 1 )
Y (x 2 )
Pertanto i due membri della precedente equazione devono essere uguali ad una
costante. Detta µ tale costante concludiamo che X , Y sono soluzioni dei problemi agli autovalori,
(
(
X 00 (x 1 ) = µX (x 1 ),
Y 00 (x 2 ) = (λ − µ)Y (x 2 ),
X (0) = X (L 1 ) = 0,
Y (0) = Y (L 1 ) = 0,
Sappiamo risolvere questi problemi, precisamente
µ
¶
nπ
n 2 π2
X n (x 1 ) = sin
x 1 , µn = − 2 , n ≥ 1,
L1
L1
µ
¶
kπ
k 2 π2
x 2 , λn,k − µn = − 2 , k ≥ 1.
Yk (x 2 ) = sin
L2
L2
Troviamo in tal modo un’infinità di soluzioni (Vn,k , λn,k ) del problema (5.9), indicizzata dai due interi n, k ≥ 1,
Ã
!
¶
µ
¶
µ
2
kπ
k2
nπ
2 n
x 1 sin
x2 ,
.
λn,k = −π
+
Vn,k (x) = sin
L1
L2
L 21 L 22
La soluzione del problema (5.8) si può cercare quindi come sovrapposizione,
X
u(x, t ) =
Wn,k (t )Vn,k (x),
n,k≥1
con Wn,k (t ) soluzioni di Ẅn,k (t ) = λn,k c 2Wn,k (t ), ovvero
s
Wn,k (t ) = A n,k cos(ωn,k t ) + B n,k sin(ωn,k t ),
ωn,k = πc
n2
L 21
+
k2
L 22
.
Le costanti A n,k , B n,k si determinano imponendo le condizioni iniziali e sono
pertanto legate ai coefficienti dello sviluppo in serie doppia di seni delle funzioni
g (x) e h(x).
5.3. Formula di Kirchhoff
In questa sezione costruiamo la soluzione esplicita del problema di Cauchy
globale per l’equazione delle onde omogenea in dimensione d = 3.
T EOREMA 5.5. Siano g ∈ C 3 (R3 ) e h ∈ C 2 (R3 ). Allora l’unica soluzione in
C (R3 × [0, ∞)) del problema di Cauchy
 2
∂ u


= c 2 ∆u
in R3 × R+ ,
∂t 2
(5.10)

 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R3 ,
∂t
2
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Paolo Buttà - N OTE DEL CORSO DI F ISICA M ATEMATICA - © 2012
E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
76
è data dalla formula di Kirchhoff,
·
¸
Z
Z
∂
1
1
u(x, t ) =
dσ(y)
g
(y)
+
dσ(y) h(y).
∂t 4πc 2 t S ct (x)
4πc 2 t S ct (x)
Scomponiamo la dimostrazione del teorema in tre lemmi. Premettiamo una
definizione. Per ogni funzione numerica ϕ ∈ C (R3 ) indichiamo con
Z
1
M ϕ (x, r ) :=
dσ(y) ϕ(y)
4πr 2 S r (x)
la media aritmetica della funzione ϕ sulla superficie sferica S r (x). Osserviamo
da subito che con il cambiamento di variabili y = x + r n, n ∈ S 1 (0), essa può
essere scritta nella forma equivalente
Z
1
M ϕ (x, r ) =
dσ(n) ϕ(x + r n).
4π S 1 (0)
L EMMA 5.6. Se ϕ ∈ C 2 (R3 ) allora M ϕ ∈ C 2 (R3 × [0, ∞)) ed è soluzione del
problema
 2
∂ Mϕ

2 ∂M ϕ


= ∆M ϕ −
in Rd × R+ ,
2
∂r
r ∂r
∂M ϕ


 M ϕ (x, 0) = ϕ(x),
(x, 0) = 0 per x ∈ Rd .
∂r
D IMOSTRAZIONE . Si ha
Z
Z
∂M ϕ
1
1
dσ(n) ∇ϕ(x + r n) · n =
dσ(y) ∇ϕ(y) · ν(y)
(x, r ) =
∂r
4π S 1 (0)
4πr 2 S r (x)
Z
1
dy ∆ϕ(y),
=
4πr 2 B r (x)
dove nell’ultima uguaglianza abbiamo applicato il teorema dell divergenza. Pertanto,
Z
Z
Z
∂2 M ϕ
2
1 ∂ r
dρ
dσ(y) ∆ϕ(y)
(x,
r
)
=
−
dy
∆ϕ(y)
+
∂r 2
4πr 3 B r (x)
4πr 2 ∂r 0
S ρ (x)
Z
2 ∂M ϕ
1
=−
(x, r ) +
dσ(y) ∆ϕ(y).
r ∂r
4πr 2 S r (x)
D’altra parte,
Z
Z
1
1
dσ(n) ϕ(x + r n) =
dσ(n) ∆ϕ(x + r n)
4π S 1 (0)
4π S 1 (0)
Z
1
=
dσ(y) ∆ϕ(y).
4πr 2 S r (x)
∆M ϕ (x, r ) = ∆
Dunque M ϕ (x, r ) soddisfa l’equazione dichiarata. Infine, per il teorema della
media, essendo ϕ e ∆ϕ continue,
Z
1
lim M ϕ (x, r ) = lim+
dσ(y) ϕ(y) = ϕ(x),
r →0+
r →0 4πr 2 S r (x)
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5.3 F ORMULA DI K IRCHHOFF
77
∂M ϕ
1
lim+
(x, r ) = lim+
r →0
r →0 4πr 2
∂r
Z
B r (x)
dy ∆ϕ(y) = 0.
L EMMA 5.7. Sia ϕ ∈ C 2 (R3 ). Allora l’unica soluzione in C 2 (R3 × [0, ∞)) del
problema
 2
∂ u


= c 2 ∆u
in Rd × R+ ,
∂t 2

 u(x, 0) = 0, ∂u (x, 0) = ϕ(x) per x ∈ Rd .
∂t
è Wϕ (x, t ) = t M ϕ (x, ct ).
D IMOSTRAZIONE . Se Wϕ (x, t ) = t M ϕ (x, c t ) allora
∂Wϕ
∂t
(x, t ) = M ϕ (x, c t ) + c t
∂M ϕ
∂r
(x, c t ),
e quindi
∂2Wϕ
∂t 2
(x, t ) = c
∂M ϕ
(x, c t ) + c
∂M ϕ
(x, c t ) + c 2 t
∂2 M ϕ
(x, c t )
∂r
∂r 2
·
¸
2 ∂M ϕ
2
= 2c
(x, c t ) + c t ∆M ϕ (x, c t ) −
(x, c t )
∂r
c t ∂r
∂r
∂M ϕ
= c 2 t ∆M ϕ (x, c t ) = c 2 ∆Wϕ (x, t ),
avendo applicato il Lemma 5.6 nella seconda uguaglianza. Infine,
¯
¯
Wϕ (x, 0) = t M ϕ (x, c t )¯
= 0,
t =0
·
¸
∂Wϕ
∂M ϕ
(x, 0) = M ϕ (x, c t ) + c t
(x, c t )
= ϕ(x).
∂t
∂r
t =0
∂Wϕ
L EMMA 5.8. Se Wϕ ∈ C 3 (R3 × [0, ∞)) allora v(x, t ) = ∂t (x, t ) è l’unica soluzione in C 2 (R3 × [0, ∞)) del problema
 2
∂ v


= c 2 ∆v
in Rd × R+ ,
∂r 2

 v(x, 0) = ϕ(x), ∂v (x, 0) = 0 per x ∈ Rd .
∂t
D IMOSTRAZIONE . Derivando ambo i membri dell’equazione per Wϕ rispetto al tempo, dal Lemma 5.7 segue che v(x, t ) soddisfa l’equazione delle onde.
Ovviamente, v(x, 0) = ϕ(x). Infine, essendo per ipotesi Wϕ due volte derivabile
con continuità fino alla frontiera,
∂2Wϕ
∂2Wϕ
∂v
(x, 0) =
(x,
0)
=
lim
(x, t ) = lim+ c 2 ∆Wϕ (x, t ) = c 2 ∆Wϕ (x, 0) = 0,
t →0+ ∂t 2
t →0
∂t
∂t 2
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E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
78
K
d
D
x
F IGURA 5.3. Distanze minima e massima del punto x dal
compatto K .
dove l’ultima uguaglianza segue dal fatto che Wϕ (x, 0) = 0 per ogni x ∈ R3 .
La dimostrazione della formula di Kirchhoff è ora immediata. Infatti se h ∈
C (R3 ) e g ∈ C 3 (R3 ) allora Wh ∈ C 2 (R3 × [0, ∞)) e Wg ∈ C 3 (R3 × [0, ∞)). Possiamo allora applicare i lemmi precedenti. Per il principio di sovrapposizione, la
soluzione del problema (5.10) è quindi
2
u(x, t ) =
∂Wg
∂t
(x, t ) + Wh (x, t ) =
¤
∂ £
t M g (x, c t ) + t M h (x, c t ).
∂t
Una scrittura equivalente della formula di Kirchhoff è la seguente. Notiamo
che
¸
¸
·
·
Z
Z
∂ t
∂
1
dσ(y)g (y) =
dσ(n)g (x + c t n)
∂t 4πc 2 t S ct (x)
∂t 4π S 1 (0)
Z
Z
1
ct
=
dσ(n)g (x + c t n) +
dσ(n)∇g (x + c t n) · n
4π S 1 (0)
4π S 1 (0)
Z
Z
1
1
=
dσ(y)g
(y)
+
dσ(y)∇g (y) · (y − x),
4πc 2 t 2 S ct (x)
4πc 2 t 2 S ct (x)
cosicché
u(x, t ) =
1
4πc 2 t 2
Z
S ct (x)
£
¤
dσ(y) g (y) + ∇g (y) · (y − x) + t h(y) .
Concludiamo con tre osservazioni:
1) Poiché appare ∇g , la soluzione può essere meno regolare dei dati iniziali.
2) La formula di Kirchhoff ha senso anche se g ∈ C 1 (R3 ) e h è limitata, quindi
si presta a fornire una soluzione generalizzata dell’equazione delle onde.
3) Sussiste il Principio di Huygens: La soluzione nel punto (x 0 , t 0 ) dipende
solo dai valori di g e h sulla superficie sferica S ct0 (x 0 ). In particolare, se g e h
hanno supporto in un compatto K di R3 , allora u(x, t ) è diversa da zero solo per
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5.4 F ORMULA DI P OISSON
79
t ∈ [t min , t max ] con
t min =
d
,
c
t max =
D
,
c
d = min |y − x|,
y∈K
D = max |y − x|.
y∈K
(vedi Figura 5.3). Se definiamo il fronte d’onda (anteriore) al tempo t come la
superficie che separa i punti che già oscillano da quelli che non oscillano ancora,
questa è l’inviluppo dell’unione delle superfici sferiche di centro in ∂K e raggio
ct . Si può definire anche un fronte d’onda posteriore. I fronti si muovono con
velocità c. Il tempo t min è il passaggio del fronte d’onda anteriore per il punto
x, il tempo t max quello del passaggio del fronte posteriore. Dopo t max il punto x
torna in quiete a u = 0. Ricordiamo che in dimensione d = 1, se h 6= 0, per t >
t max la soluzione in x torna in quiete ma con u 6= 0. Vedremo che in dimensione
d = 2 il principio di Huygens non vale.
5.4. Formula di Poisson
Dalla formula di Kirchhoff segue anche la formula risolutiva di Poisson per
l’equazione delle onde in dimensione d = 2.
T EOREMA 5.9. Siano g ∈ C 3 (R2 ) e h ∈ C 2 (R2 ). Allora l’unica soluzione in
C 2 (R2 × [0, ∞)) del problema di Cauchy
 2
∂ u


= c 2 ∆u
in R2 × R+ ,
∂t 2
(5.11)

 u(x, 0) = g (x), ∂u (x, 0) = h(x) per x ∈ R2 ,
∂t
è data dalla formula di Poisson,
#
"
Z
Z
g (y)
1
h(y)
∂
1
dy p
+
dy p
.
u(x, t ) =
∂t 2πc B ct (x)
2πc B ct (x)
c 2 t 2 − |x − y|2
c 2 t 2 − |x − y|2
Prima di dimostrarlo premettiamo un lemma.
e ∈ C (R3 ) tale che ϕ(x,
e x 3 ) = ϕ(x), dove x = (x 1 , x 2 ) ∈ R2 e
L EMMA 5.10. Sia ϕ
2
ϕ ∈ C (R ). Allora anche la media M ϕe non dipende da x 3 , precisamente
Z
1
ϕ(y)
M ϕe (x, x 3 , r ) =
,
dy p
2
2πr B r (x)
r − |x − y|2
(dove B r (x) è la bolla di R2 ).
D IMOSTRAZIONE . Si ha
Z
1
M ϕe (x, x 3 , r ) =
dσ(n) ϕ(x 1 + r n 1 , x 2 + r n 2 )
4π S 1 (0)
Z
1
=
dσ(n) ϕ(x 1 + r n 1 , x 2 + r n 2 )
2π S 1 (0)+
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E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
80
dove S 1 (0)+ = {(n 1 , n
q2 , n 3 ) ∈ S 1 (0) : n 3 ≥ 0} è la calotta sferica superiore. Ma su
tale superficie n 3 =
1 − n 12 − n 22 e pertanto l’elemento di area è
dn 1 dn 2
dσ(n) = q
,
1 − n 12 − n 22
per cui
M ϕe (x, x 3 , r ) =
1
2π
Z
1
=
2πr
B 1 (0)
dn 1 dn 2
Z
B r (x)
dy p
ϕ(x 1 + r n 1 , x 2 + r n 2 )
q
1 − n 12 − n 22
ϕ(y)
r 2 − |x − y|2
.
Possiamo ora dimostrare la formula di Poisson. Definite ge(x, x 3 ) = g (x) e
e x 3 ) = h(x), indichiamo con u(x,
e x 3 , t ) la soluzione del problema (5.10) di
h(x,
dati iniziali g̃ , h̃. Dal lemma precedente e dalla formula di Kirchhoff segue che
ũ(x, x 3 , t ) non dipende dalla variabile x 3 e pertanto, come funzione delle variabili (x, t ) ∈ R2 ×[0, ∞), è soluzione del problema (5.11). Inoltre, usando l’espressione per le medie trovata nel lemma, vediamo che la fomula di Kirchhoff si riduce
in questo caso alla formula di Poisson.
Anche ora abbiamo una scrittura equivalente per la soluzione. Notiamo a
tal fine che
"
#
· Z
¸
Z
g (y)
1
∂
g (x + c t n)
1 ∂
dy p
dn p
=
ct
∂t 2πc B ct (x)
2πc ∂t
B 1 (0)
c 2 t 2 − |x − y|2
1 − n2
Z
Z
1
g (x + c t n) c t
∇g (x + c t n) · n
=
dn p
+
dn
p
2π B 1 (0)
2π B 1 (0)
1 − n2
1 − n2
Z
g (y) + ∇g (y) · (y − x)
1
dy p
=
.
2πct B ct (x)
c 2 t 2 − |y − x|2
Pertanto la soluzione del problema (5.11) si scrive,
Z
1
g (y) + ∇g (y) · (y − x) + t h(y)
u(x, t ) =
dy
.
p
2πct B ct (x)
c 2 t 2 − |y − x|2
Come nel caso della formula di Kirchhoff la formula di Poisson mostra che la
soluzione può essere meno regolare dei dati iniziali; inoltre tale formula si presta
ad essere interpretata come soluzione generalizzata se g ∈ C 1 (R2 ) ed h è limitata.
Per quanto riguarda la dipendenza dai dati iniziali, vediamo che ora la soluzione in un punto (x 0 , t 0 ) dipende dai valori dei dati iniziali in tutta la palla piena
B c t (x 0 ). In particolare non vale il Principio di Huygens in d = 2: se g , h hanno
supporto in un compatto K di R2 , definiti t min , t max come nella sezione precedente, la soluzione u(x, t ) inizia ad oscillare per t > t min e continua in generale a
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5.5 S ULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE
81
variare nel tempo, anche per t > t max . In particolare, se t > t max il compatto K è
contenuto nel dominio di integrazione B ct (x), cosicché
Z
g (y) + ∇g (y) · (y − x) + t h(y)
1
u(x, t ) =
∀ t > t max .
dy
p
2πct K
c 2 t 2 − |y − x|2
Solo per t → ∞ si ha u(x, t ) → 0. Questo è il motivo per il quale, ad esempio,
mentre si possono inviare segnali luminosi istantanei nello spazio (cioè con un
inizio e fine segnale), se invece si tira una sasso in uno stagno, un tappo di sughero, dopo essere stato raggiunto dal fronte d’onda, inizia ad oscillare sul pelo
d’acqua senza tornare al riposo in un tempo finito (in verità questo poi succede
a causa di fenomeni dissipativi non descritti dall’equazione delle onde).
E SERCIZIO 5.1. Utilizzando il metodo di Duhamel dimostrare che le soluzioni
del problema di Cauchy globale per l’equazione d’onda con dati iniziali omogenei
e forzante f = f (x, t ) regolare,
 2
∂ u


= c 2 ∆u + f
in Rd × R+ ,
∂t 2

 u(x, 0) = 0, ∂u (x, 0) = 0 per x ∈ Rd ,
∂t
sono, rispettivamente,
³
´
|x−y|
f y, t − c
1
dy
se d = 3,
4πc 2 B ct (x)
|x − y|
Z t Z
f (y, s)
1
dy p
ds
se d = 2.
u(x, t ) =
2
2πc 0
B c(t −s) (x)
c (t − s)2 − |x − y|2
Z
u(x, t ) =
5.5. Sulla velocità di propagazione
Consideriamo l’equazione d’onda generalizzata su R,
2
∂2 u
2∂ u
=
c
− γu,
∂t 2
∂x 2
e cerchiamo soluzioni della forma U (x, t ) = A cos(kx − ωt ), ovvero onde viaggianti armoniche. Sostituendo nell’equazione si verifica immediatamente che
U (x, t ) è soluzione se e solo se i parametri k, ω soddisfano la relazione
q
ω = ω(k) = c 2 k 2 + γ,
detta relazione di dispersione per l’equazione in esame. Nel caso dell’equazione
d’onda pura (γ = 0) tale relazione è lineare (ω = ck) ma se γ > 0 questo non è il
caso e si ha
p
c 2k 2 + γ
> c.
U (x, t ) = A cos[k(x − c k t )],
ck =
k
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82
E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
Quindi ogni onda armonica viaggia con una propria velocità c k (dipendente dal
numero d’onda k) e tale velocità è strettamente maggiore del parametro c che
appare nell’equazione. Quest’ultimo fatto comporta un’apparente contraddizione con i risultati della Sezione 5.1, in base ai quali il parametro c è una stima dall’alto della velocità di propagazione dei segnali. In verità non vi è alcuna
contraddizione, poiché quei risultati si applicano a dati iniziali localizzati in regioni finite dello spazio, mentre il profilo U (x, 0) = cos(kx) è distribuito in modo
periodico su tutto l’asse R.
Per meglio comprendere questo fatto è utile analizzare la propagazione di
un segnale localizzato, quando questo sia espresso nella forma di un “pacchetto d’onda”. Più precisamente, supponiamo che il dato iniziale abbia la forma
seguente,
Z
u(x, 0) = g (x) = dk A(k) cos(kx),
Z
(5.12)
∂u
(x, 0) = h(x) = dk ω(k)A(k) sin(kx),
∂t
con A ∈ C ∞ (R) tale
¯
¯
¯ m dn A ¯
¯
∀ n, m = 0, 1, 2, . . .
lim ¯k
(k)¯¯ = 0
|k|→∞
dk n
Chiaramente g , h ∈ C ∞ (R) e integrando per parti si verifica facilmente che condividono con A anche la proprietà di decadimento all’infinito,
¯
¯
¯
¯
¯ m dn h ¯
¯ m dn g
¯
lim ¯x
∀ n, m = 0, 1, 2, . . .
lim ¯x
(x)¯¯ = 0,
(x)¯¯ = 0
|x|→∞ ¯
|x|→∞ ¯
dx n
dx n
Pertanto, sebbene in generale non a supporto compatto, interpretiamo g , h come dati iniziali localizzati, in virtù del loro rapido decadimento all’infinito. Si
osservi che stiamo assumendo, per brevità, che la funzione g sia pari. Nel caso
più generale avremmo richiesto che
Z
Z
g (x) = dk A(k) cos(kx) + dk B (k) sin(kx).
Tale scrittura è detta integrale di Fourier della funzione g . Come per la serie di
Fourier, esiste una teoria dell’integrale di Fourier. In particolare, sotto opportune ipotesi sulla funzione g , tale rappresentazione integrale è ben definita ed
i coefficienti A(k), B (k) sono univocamente determinati. Non discuteremo tale
teoria in queste note.
Dalla (5.12), per il principio di sovrapposizione la soluzione si scrive,
Z
u(x, t ) = dk A(k) cos[kx − ω(k)t ].
(5.13)
Infatti, per le ipotesi sulla funzione A(k), il membro di destra può essere derivato
sotto il segno di integrale un numero arbitrario di volte rispetto alle variabili x, t ,
da cui si verifica in particolare che soddisfa l’equazione ed i dati iniziali. Da
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5.5 S ULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE
83
questa espressione si comprende il motivo del nome “relazione di dispersione”
per ω(k). Infatti, se tale relazione non è lineare, la velocità di ciascuna armonica
è diversa ed il pacchetto si “disperde” durante la sua evoluzione: al tempo t > 0
la soluzione u(x, t ) non è una semplice traslazione del profilo iniziale g (x).
D’altra parte, se la funzione A(k) è molto piccata intorno ad un valore k 0 ,
solo le armoniche vicine a k 0 contribuiscono in modo significativo all’integrale, cosicché per tempi non troppo lunghi il pacchetto viene deformato poco e la
sua evoluzione consiste principalmente in una traslazione. Vogliamo allora verificare che tale traslazione avviene con una velocità inferiore a c, dunque compatibile con la stima sulla velocità di propagazione. Per fissare le idee, scegliamo
il pacchetto d’onda con
·
¸
1
(k − k 0 )2
A(k) = A ε (k) = p exp −
,
ε > 0.
ε
πε
p
Dunque, con la sostituzione k = k 0 + εq,
·
¸
Z
Z
p
2
1
(k − k 0 )2
1
g (x) = dk p exp −
cos(kx) = dq p e−q cos(k 0 x + εq x)
ε
πε
π
Z
Z
p
p
2
1 −q 2
1
= cos(k 0 x) dq p e
cos( εq x) − sin(k 0 x) dq p e−q sin( εq x)
π
π
¸
·
1 2
= cos(k 0 x) exp − εx .
4
Nell’ultimo passaggio si è sfruttato che il secondo integrale è nullo per disparità
e che
· 2¸
Z
λ
1 −q 2
cos(λq) = exp −
∀ λ ∈ R.
(5.14)
dq p e
4
π
Questa uguaglianza si verifica facilmente utilizzando il metodo dei residui. Tale
metodo presuppone però la conoscenza della teoria delle funzioni di variabile
complessa. Poiché tale conoscenza non è supposta nota al lettore, daremo per
completezza una prova alternativa al termine della sezione. Vogliamo ora studiare l’evoluzione quando ε è piccolo. Infatti, per ε → 0 la funzione A ε (k) tende
alla delta di Dirac centrata in k 0 , mentre g (x) si delocalizza e tende all’armonica
p
pura cos(k 0 x). Sostituendo in (5.13), sviluppando nel parametro piccolo ε e
ragionando analogamente a sopra si ha,
·
¸
Z
1
(k − k 0 )2
u(x, t ) = dk p exp −
cos(kx − ω(k)t )
ε
πε
Z
£
¤
p
p
2
1
= dq p e−q cos (k 0 + εq)x − ω(k 0 + εq)t
π
Z
£
ª
p ¤
1 −q 2 ©
= dq p e
cos k 0 x − ω(k 0 )t + (x − ω0 (k 0 )t ) εq + O(εq 2 )
π
Z
p
2
1
= cos[k 0 x − ω(k 0 )t ] dq p e−q cos[(x − ω0 (k 0 )t ) εq] + O(ε),
π
———————————————————————————————————–
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E QUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1
84
R
dove O(ε) = dq
2
p1 e−q O(εq 2 ).
π
Pertanto, utilizzando nuovamente la (5.14),
·
¸
¢2
1 ¡
u(x, t ) = cos[k 0 x − ω(k 0 )t ] exp − ε x − ω0 (k 0 )t
+ O(ε).
4
Nell’evoluzione del pacchetto distinguiamo quindi due differenti grandezze cinematiche: la velocità di fase c k0 = ω(k 0 )/k 0 e la velocità di gruppo c g = ω0 (k 0 ).
La prima è la velocità con la quale si muovono, ad esempio, le creste delle oscillazioni all’interno del pacchetto. La seconda invece è la velocità con cui trasla il
pacchetto nel suo insieme. Come preannunciato,
c 2 k0
ω0 (k 0 ) = q
≤c
2
2
c k0 + γ
(dove l’uguaglianza sussiste solo nel caso dell’equazione pura, quando γ = 0).
Verifichiamo infine l’identità (5.14). Utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor
del coseno,
Z
Z
X
2
2
1
λ2n
1
dq p e−q q 2n .
(−1)n
dq p e−q cos(λq) =
(2n)!
π
π
n≥0
D’altra parte,
· n Z
¸
· n
¸
Z
2
1
d
1 −y q 2
d
1
n
dq p e−q q 2n = (−1)n
dq
e
=
(−1)
p
p
dy n
dy n y y=1
π
π
y=1
=
(2n − 1)!!
,
2n
cosicché
Z
X
2
1
λ2n (2n − 1)!! X (−λ2 )n
dq p e−q cos(λq) =
=
(−1)n
n
(2n)!
2n
π
n≥0
n≥0 2 (2n)!!
µ
¶
· 2¸
X 1 −λ2 n
λ
=
= exp −
,
4
4
n≥0 n!
avendo utilizzato le ovvie identità,
(2n)!
= (2n)!! = 2n n!
(2n − 1)!!
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CAPITOLO 6
Introduzione alla teoria del potenziale
6.1. Considerazioni generali
Affrontiamo qui lo studio dell’equazione di Laplace ∆u = 0 e della sua versione non omogenea, l’equazione di Poisson ∆u + f = 0, dove u = u(x) è la funzione
incognita, x ∈ Rd ed f = f (x) è una funzione assegnata. Le soluzioni di tali equazioni descrivono, ad esempio, le posizioni di equilibrio di una membrana (d = 2)
o di un solido elastico (d = 3) sottoposti alla forzante f , oppure il campo di temperatura di un corpo in equilibrio termico in presenza della sorgente di calore f .
Tali equazioni emergono anche in altri contesti della Fisica e delle scienze applicate. Un ulteriore esempio si ha in Elettromagnetismo: il campo elettrostatico
E (x) generato da una distribuzione di carica elettrica ρ(x) soddisfa l’equazione
div E = 4πρ; poiché rot E = 0 esiste almeno localmente un potenziale u = u(x)
tale che E = −∇u. Pertanto u soddisfa l’equazione di Poisson ∆u + 4πρ = 0.
Come già visto per l’equazione d’onda, e come suggerito dalle varie interpretazioni fisiche possibili delle soluzioni dell’equazione, siamo condotti a formulare il problema in domini Ω ⊂ Rd e per la buona posizione del problema occorre aggiungere delle condizioni al bordo (o condizioni limite). In particolare,
consideriamo il problema di Dirichlet,
(
∆u + f = 0
in Ω,
u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω,
(6.1)
ed il problema di Neumann,

∆u + f = 0
in Ω,
∂u
 (x) = b(x) per x ∈ ∂Ω,
∂ν
(6.2)
dove g (x), b(x) sono funzioni assegnate e ∂u
∂ν è la derivata normale di u sulla frontiera come definita in (5.3), avendo indicato con ν(x) la normale alla frontiera ∂Ω
nel punto x ∈ ∂Ω, diretta verso l’esterno di Ω. Qualora Ω = Rd , o comunque Ω sia
un dominio illimitato, occorrerà specificare anche il comportamento della soluzione per |x| → ∞, ad esempio u(x) → C quando |x| → ∞ per qualche costante
C assegnata.
85
86
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Studieremo qui solo il problema di Dirichlet (6.1), il problema di Neumann
presenta maggiori difficoltà. È sufficiente considerare separatamente il problema omogeneo con condizioni al bordo non omogenee,
(
∆u = 0
in Ω,
u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω,
(6.3)
ed il problema non omogeneo con condizioni al bordo omogenee,
(
∆u + f = 0 in Ω,
u(x) = 0
per x ∈ ∂Ω,
(6.4)
poiché allora u = u 1 + u 2 , con u 1 soluzione di (6.3) ed u 2 soluzione di (6.4), è
soluzione di (6.1).
Una soluzione classica del problema (6.1) è una funzione u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω)
che verifica l’equazione in Ω e soddisfa le condizioni al bordo su ∂Ω. Una funzione u ∈ C 2 (Ω) è detta armonica nel dominio Ω se ivi soddisfa l’equazione di
Laplace ∆u = 0. Dunque risolvere (6.3) equivale a determinare una funzione
armonica nel dominio Ω, che sia continua fino alla frontiera ed ivi assuma un
prefissato valore g (x).
6.2. Analisi del problema unidimensionale
Nel caso unidimensionale, senza perdere di generalità, possiamo assumere
Ω = (0, L), L > 0, cosicché i problemi (6.3) e (6.4) si scrivono in questo caso,
(
u 00 = 0 in (0, L),
(6.5)
u(0) = a 1 , u(L) = a 2 ,
(
u 00 + f = 0 in (0, L),
u(0) = 0, u(L) = 0.
(6.6)
1
Il problema (6.5) ha banalmente soluzione u(x) = a 1 + a2 −a
L x. Per il problema
00
(6.6) osserviamo che l’equazione u + f = 0 ha integrale generale
Z x
u(x) = C 1 +C 2 x +
dy (y − x) f (y).
0
Possiamo ora determinare le costanti C 1 ,C 2 imponendo le condizioni al bordo
u(x) = u(L) = 0. Si trova immediatamente che
Z
1 L
dy (L − y) f (y).
C 1 = 0, C 2 =
L 0
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6.2 A NALISI DEL PROBLEMA UNIDIMENSIONALE
87
Pertanto la soluzione del problema (6.6) è
Z
Z x
x L
u(x) =
dy (L − y) f (y) +
dy (y − x) f (y)
L 0
0
¸
·
Z L
Z x
x(L − y)
x(L − y)
+ (y − x) f (y) +
dy
f (y)
=
dy
L
L
x
0
Z x
Z L
(L − x)y
x(L − y)
=
dy
f (y) +
dy
f (y)
L
L
0
x
Z L
=
dy G(x, y) f (y),
0
avendo definito la funzione di Green del problema,

x(L − y)


se x < y,
G(x, y) = (L −Lx)y


se x > y.
L
Vogliamo ora mostrare che la funzione di Green può essere interpretata essa
stessa come soluzione di un’equazione di Poisson, precisamente nel caso in
cui la forzante f è rimpiazzata dalla distribuzione δ di Dirac concentrata in y.
Osserviamo che le seguenti proprietà di G seguono immediatamente dalla sua
definizione,
• G ∈ C ([0, L] × [0, L]), definendo G(x, x) = (L − x)x/L sulla diagonale (G è
continua su tutto il quadrato [0, L] × [0, L]);
• G(x, y) = G(y, x) per ogni x, y ∈ [0, L], (G è simmetrica);
• G(0, y) = G(L, y) per ogni y ∈ [0, L] (G soddisfa le condizioni al bordo
omogenee);
∂2G
(x, y) = 0 per ogni x 6= y (G è armonica fuori la diagonale);
∂x 2
∂G −
∂G +
•
(y , y) −
(y , y) = −1 (la derivata ∂G
∂x (x, y) ha un salto quando
∂x
∂x
attraversa la diagonale).
•
Come funzione ordinaria la derivata seconda ∂∂xG2 (x, y) è nulla su tutto l’intervallo [0, L] ad esclusione del punto x = y. D’altra parte, poiché per x 6= y
2
∂G
L−y
(x, y) =
− H (x − y),
∂x
L
con H (x) la funzione di Heavyside, ci aspettiamo che, nel senso delle distribu2
zioni, ∂∂xG2 (x, y) = −δ y (x), con δ y (x) la delta di Dirac concentrata in x = y, introdotta in Sezione 3.5. L’unica differenza, poiché lavoriamo sull’intervallo [0, L],
è che le distribuzioni vanno qui intese come funzionali lineari continui sullo
spazio
D(0, L) = {ϕ ∈ C ∞ (R) : supp(ϕ) ⊂ (0, L)}
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88
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
delle funzioni di prova con supporto interno all’intervallo aperto (0, L).
Mostriamo che effettivamente ∂∂xG2 (x, y) = −δ y (x). Dobbiamo verificare che
Z
dx G(x, y)ϕ00 (x) = −ϕ(y)
∀ y ∈ [0, L] ∀ ϕ ∈ D(0, L).
2
In effetti, dalla definizione di G(x, y), integrando per parti,
Z
Z y
Z L
x(L − y) 00
(L − x)y 00
dx G(x, y)ϕ00 (x) =
dx
ϕ (x) +
dx
ϕ (x)
L
L
0
y
·
¸x=y
Z
x(L − y) 0
L−y y
=
ϕ (x)
−
dx ϕ0 (x)
L
L
0
x=0
¸x=L
·
Z
y L
(L − x)y 0
ϕ (x)
+
dx ϕ0 (x)
+
L
L y
x=y
y(L − y) 0
L−y
y(L − y) 0
y
ϕ (y) −
ϕ(y) −
ϕ (y) − ϕ(y)
L
L
L
L
= −ϕ(y).
=
Quindi abbiamo trovato che la soluzione del problema (6.6) si scrive nella forRL
ma u(x) = 0 dy G(x, y) f (y), con x 7→ G(x, y) soluzione del problema di Poisson
generalizzato,
 2
 ∂ G (x, y) + δ (x) = 0 x, y ∈ (0, L),
y
(6.7)
∂x 2

G(0, y) = G(L, y) = 0
y ∈ (0, L),
in cui la forzante è la distribuzione δ y .
Per capire meglio questo risultato possiamo derivarlo in modo più astratto, ragionando nella seguente manera. Se u(x) è soluzione del problema (6.6),
dunque u 00 + f = 0, allora
Z L
dx [u 00 (x) + f (x)]ϕ(x) = 0
∀ ϕ ∈ D(0, L),
0
da cui, integrando per parti,
Z L
dx u(x)ϕ00 (x) + f (x)ϕ(x) = 0
∀ ϕ ∈ D(0, L).
0
RL
Se ora cerchiamo la soluzione nella forma u(x) = 0 dy G(x, y) f (y), allora deve
aversi
¸
Z L ·Z L
dx
dy G(x, y) f (y)ϕ00 (x) + f (x)ϕ(x) = 0
∀ ϕ ∈ D(0, L),
0
0
ovvero
L
Z
L
·Z
dy f (y)
0
0
00
¸
dx G(x, y)ϕ (x) + ϕ(y) = 0
∀ ϕ ∈ D(0, L).
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6.3 A PPROCCIO AL PROBLEMA IN DIMENSIONE MAGGIORE DI UNO
89
Perché la precedente identità sia verificata per qualsiasi forzante f , l’espressione tra parentesi quadre, che è una funzione continua di y, deve annullarsi
identicamente, dunque
Z L
dx G(x, y)ϕ00 (x) + ϕ(y) = 0
∀ ϕ ∈ D(0, L)
∀ y ∈ [0, L],
0
ovvero G(x, y) deve soddisfare ∂∂xG2 (x, y)+δ y (x) = 0. Inoltre, sempre per l’arbitrarietà di f , la condizione al bordo u(0) = u(L) = 0 implica che deve aversi anche
G(0, y) = G(L, y) = 0 per ogni y ∈ [0, L]. In conclusione, se esiste un nucleo risolvente G(x, y) per il problema (6.6) allora esso deve necessariamente risolvere il
problema (6.7).
2
E SERCIZIO 6.1. Risolvere il problema sulla semiretta,

u 00 + f = 0 in R+ ,
u(0) = 0,
sup |u(x)| < ∞,
x≥0
R∞
assumendo che f ∈ C ([0, +∞)) sia tale che 0 dy y| f (y)| < ∞. Dimostrare inoltre
che esiste il limite della soluzione u(x) per x → ∞ e calcolarlo.
6.3. Approccio al problema in dimensione maggiore di uno
In dimensione d > 1 la soluzione del problema di Laplace-Dirichlet (6.3)
non è immediata come in dimensione d = 1, e sarà oggetto di studio. Anticipiamo però che la soluzione di questo problema permette di risolvere anche il
problema di Poisson-Dirichlet (6.4). Infatti, ragionando come nel caso unidimensionale, questo problema si riduce a determinare la funzione di Green sul
dominio Ω con condizioni omogenee, ovvero la funzione G(x, y) soluzione del
problema
(
∆x G(x, y) + δ y (x) = 0 x, y ∈ Ω,
(6.8)
G(x, y) = 0
x ∈ ∂Ω, y ∈ Ω,
nel senso che poi la soluzione di (6.4) si scriverà nella forma
Z
u(x) = dy G(x, y) f (y).
Ω
Nella prossima sezione calcoleremo esplicitamente la funzione di Green dell’equazione di Poisson su tutto lo spazio Rd , ovvero la funzione G d (x, y) tale
che
∆x G d (x, y) + δ y (x) = 0,
x, y ∈ Rd .
Se cerchiamo ora la funzione di Green soluzione di (6.8) nella forma G(x, y) =
G d (x, y)+γ(x, y), allora la funzione incognita γ(x, y) è soluzione del problema di
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90
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Laplace-Dirichlet,
(
∆x γ(x, y) = 0
per x, y ∈ Ω,
γ(x, y) = −G d (x, y) per x ∈ ∂Ω, y ∈ Ω,
ovvero ci siamo ricondotti ad un problema del tipo (6.3). In Sezione 6.9 tale
strategia verrà discussa più in dettaglio.
6.4. Soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace
Vogliamo determinare la funzione di Green G d (x, y) soluzione del problema
∆x G d (x, y) + δ y (x) = 0 su tutto lo spazio Rd . Sia Φd (x), detta soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace, la soluzione del problema
∆Φd (x) + δ(x) = 0
Questo significa che Φd (x) è una funzione armonica in Rd \ {0} tale che
Z
dx ∆ϕ(x)Φd (x) = −ϕ(0)
∀ ϕ ∈ D(Rd ),
dove D(Rd ) è lo spazio delle funzioni di prova su Rd , ovvero l’insieme delle funzioni ϕ : Rd → R infinitamente derivabili e con supporto compatto. Chiaramente
Φd (x) = G d (x, 0) per definizione. Asseriamo ora che
G d (x, y) = G d (x − y, 0) = Φd (x − y)
e che la soluzione fondamentale Φd (x) dipende unicamente da |x|.
Per mostrare queste affermazioni sfruttiamo il fatto che l’operatore di Laplace commuta con il gruppo isometrie di Rd . Questo significa che se definiamo,
per ogni funzione f su Rd , vettore ξ ∈ Rd e matrice ortogonale R,
f ξ,R (x) = f (ξ + R x),
allora
∆ f ξ,R (x) = (∆ f )ξ,R (x).
In effetti, usando la ciclicità della traccia e che RR T = I ,
∆ f ξ,R (x) = Tr [D 2 f ξ,R (x)] = Tr [R T D 2 f (ξ + R x)R]
= Tr [D 2 f (ξ + R x)] = ∆ f (ξ + R x) = (∆ f )ξ,R (x),
dove D 2 f è la matrice hessiana di f . Ne segue in particolare che la funzione
x 7→ Φd (R(x − y)) è armonica in Rd \ {y} ed inoltre, per ogni ϕ ∈ D(Rd ),
Z
Z
Z
0
T 0
0
dx ∆ϕ(x)Φd (R(x − y)) = dx ∆ϕ(R x + y)Φd (x ) = dx 0 (∆ϕ) y,R T (x 0 )Φd (x 0 )
Z
= dx 0 ∆ϕ y,R T (x 0 )Φd (x 0 ) = −ϕ y,R T (0) = −ϕ(y),
dove abbiamo utilizzato che | det R| = 1 nel cambiamento di coordinate. Quindi,
assumendo l’unicità della funzione di Green, ne segue che deve aversi G d (x, y) =
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6.4 S OLUZIONE FONDAMENTALE DELL’ OPERATORE DI L APLACE
91
Φd (R(x −y)) per ogni x, y ∈ Rd ed ogni matrice ortogonale R. Questo implica che
G d (x, y) = Φd (x − y) e che Φd (R x) = Φd (x) per ogni matrice ortogonale R, ovvero
che Φd (x) dipende solo dal modulo di x.
Dobbiamo quindi determinare le funzioni armoniche in Rd \ {0} che dipendono unicamente da |x|. Supponiamo allora che la funzione φ(x) = ψ(|x|) sia
armonica e scriviamo l’equazione di Laplace in termini di ψ. Si ha
·
¸ ·
¸
x
ψ0 (|x|)
ψ0 (|x|)
0
∆φ(x) = div ∇ψ(|x|) = div ψ (|x|)
= ∇
·x +
div x
|x|
|x|
|x|
¸
·
x
d 0
x
ψ (|x|)
= ψ00 (|x|) 2 − ψ0 (|x|) 3 · x +
|x|
|x|
|x|
d −1 0
= ψ00 (|x|) +
ψ (|x|).
|x|
Quindi, affinché φ(x) sia armonica in Rd \{0} la funzione ψ(r ) deve risolvere, per
r > 0, l’equazione differenziale ordinaria
ψ00 (r ) +
d −1 0
ψ (r ) = 0,
r
il cui integrale generale è


 C 1 r +C 2
ψ(r ) = C 1 log r +C 2


C 1 r 2−d +C 2
se d = 1,
se d = 2,
se d ≥ 3.
Scegliamo C 2 = 0 e C 1 = C 1 (d ) come segue, ponendo

1

se d = 1,
 − 2 |x|
1
Φd (x) =
log |x| se d = 2,
− 2π

 1
−1
se d = 3.
4π |x|
Vedremo che tale scelta implica che ∆Φd (x) + δ(x) = 0 (nel caso d = 1 è ovvio
poiché Φ01 (x) = 12 − H (x) con H (x) la funzione di Heavyside, e quindi Φ001 (x) =
−δ(x)). Più in generale, si può dimostrare che la soluzione in dimensione d ≥ 3
si scrive
1
Φd (x) =
,
(d − 2)σd |x|d −2
dove σd è l’area della superficie della sfera unitaria in dimensione d . Il significato fisico nei casi d = 2, 3 è ben noto:
1) Φ3 (x − y) è il potenziale elettrostatico nel punto x dello spazio generato da
una carica elettrica positiva puntiforme posta nel punto y dello spazio;
2) −∇x Φ2 (x − y) è il campo elettrico nel punto x del piano generato da una distribuzione con densità lineare di carica unitaria posta lungo l’asse ortogonale
al piano passante per il punto y del piano medesimo.
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92
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
6.5. Formule di Green
Le seguenti formule (o identità) di Green saranno utilizzate ripetutamente.
Nel seguito Ω è un dominio limitato di Rd , d = 2, 3, con frontiera ∂Ω regolare
di classe C 2 . Indichiamo al solito con ν = ν(y) la normale alla frontiera ∂Ω nel
∂
punto y ∈ ∂Ω diretta verso l’esterno di Ω e con ∂ν
= ν · ∇ la derivata normale.
I Formula di Green. Se u ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω), v ∈ C 1 (Ω) allora
Z
Z
Z
∂u
(y) − dx ∇v(x) · ∇u(x).
dx v(x) ∆u(x) =
dσ(y) v(y)
∂ν
Ω
∂Ω
Ω
II Formula di Green. Se u, v ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω) allora
·
¸
Z
Z
∂u
∂v
dx [v(x) ∆u(x) − u(x) ∆v(x)] =
dσ(y) v(y)
(y) − u(y)
(y) .
∂ν
∂ν
Ω
∂Ω
III Formula di Green (o Formula di rappresentazione integrale di Green). Se u ∈
C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω) allora
·
¸ Z
Z
∂u
∂G d
dσ(y) G d (x, y)
u(x) =
(y) − u(y)
(x, y) − dy G d (x, y) ∆u(y),
∂ν
∂ν
∂Ω
Ω
dove chiaramente G d (x, y) = Φd (x − y) e
∂G d
∂ν (x, y) = ∇ y G d (x, y) · ν(y).
Per dimostrare la I Formula di Green fissiamo δ > 0 piccolo e poniamo Ωδ =
{x ∈ Ω : dist(x, ∂Ω) > δ}. Chiaramente Ωδ è un dominio regolare con Ωδ ⊂ Ω.
Utilizzando l’identità div (v∇u) = ∇v · ∇u + v∆u segue che
Z
Z
Z
dx v(x) ∆u(x) =
dx div [v(x)∇u(x)] −
dx ∇v(x) · ∇u(x).
Ωδ
Ωδ
Ωδ
Poiché v∇u ∈ C 1 (Ωδ ; Rd ) possiamo applicare il teorema della divergenza e concludere che
Z
Z
Z
∂u
dx v(x) ∆u(x) =
dσ(y) v(y)
(y) −
dx ∇v(x) · ∇u(x).
∂ν
Ωδ
∂Ωδ
Ωδ
Essendo ora u, v ∈ C 1 (Ω),
Z
hZ
i
∂u
lim
(y) −
dσ(y) v(y)
dx ∇v(x) · ∇u(x)
δ→0
∂ν
∂Ωδ
Ωδ
Z
Z
∂u
=
dσ(y) v(y)
(y) − dx ∇v(x) · ∇u(x).
∂ν
∂Ω
Ω
Pertanto la I Formula di Green è dimostrata con l’attenzione sul fatto che l’integrale a primo membro deve essere considerato improprio, ovvero
Z
Z
dx v(x) ∆u(x) = lim
dx v(x) ∆u(x).
Ω
δ→0 Ωδ
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6.5 F ORMULE DI G REEN
93
B ε(x)
Ω ε = Ω B ε(x)
x
ν
Ωε
ν
F IGURA 6.1. Il dominio Ωε = Ω \ B ε (x).
Chiaramente se inoltre u ∈ C 2 (Ω) allora l’integrale
che come integrale proprio.
R
Ω dx v(x) ∆u(x) ha senso an-
La II Formula di Green segue banalmente scrivendo la prima identità per
entrambe le coppie ordinate (u, v) e (v, u) e sottraendole membro a membro.
Rimane da dimostrare la terza. Senza perdere di generalità consideriamo il caso
d = 3 (il caso d = 2 è analogo e viene lasciato come esercizio), e poniamo per
semplicità G(x, y) = G 3 (x, y), dunque
G(x, y) =
1
.
4π|x − y|
Fissato x ∈ Ω sia ε > 0 sufficientemente piccolo in modo tale che la bolla B ε (x)
abbia chiusura contenuta in Ω, e poniamo Ωε = Ω\B ε (x), vedi Figura 6.1. Ovviamente G(x, y) è una funzione armonica rispetto alla variabile y nel dominio Ωε .
Pertanto, dalla II Formula di Green applicata con v(y) = G(x, y), ed osservando
che ∂Ωε = ∂Ω ∪ ∂B ε (x),
Z
Z
Ωε
dy G(x, y)∆u(y) =
∂G
∂u
(y) − u(y)
(x, y)]
∂ν
∂ν
∂Ω
Z
∂G
∂u
+
dσ(y) [u(y)
(x, y) −G(x, y)
(y)],
∂ν
∂ν
∂B ε (x)
dσ(y) [G(x, y)
(6.9)
dove nel secondo integrale ν è la normale esterna alla bolla B ε (x) e quindi diretta
internamente a Ωε (da cui il segno opposto). Ma se y ∈ B ε (x) allora |y − x| = ε e
y−x
ν(y) = ε ; pertanto
G(x, y) =
1
,
4πε
∂G
y −x
1
· ν(y) = −
(x, y) = −
∂ν
4πε3
4πε2
∀ y ∈ ∂B ε (x),
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94
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
cosicché, per il teorema della media,
Z
Z
∂G
1
dσ(y) u(y)
(x, y) = −
dσ(y) u(y) → u(x) per ε → 0,
∂ν
4πε2 ∂B ε (x)
∂B ε (x)
Z
Z
∂u
1
∂u
dσ(y)G(x, y)
(y) =
dσ(y)
(y) → 0 per ε → 0.
∂ν
4πε ∂B ε (x)
∂ν
∂B ε (x)
Infine, avendo G(x, y) in y = x una singolarità integrabile in R3 ,
Z
Z
lim
dy G(x, y)∆u(y) = dy G(x, y) ∆u(y).
ε→0 Ωε
Ω
Passando al limite per ε → 0 nella (6.9) troviamo pertanto l’identità cercata.
O SSERVAZIONE 6.1. La III Formula di Green permette di completare la dimostrazione del fatto che Φd (x), come costruita nella sezione precedente, è effettivamente la soluzione fondamentale, ovvero ∆Φd (x) + δ(x) = 0. Infatti, fissata una qualsiasi funzione di prova ϕ ∈ D(Rd ), scegliamo Ω un dominio regolare contenente l’origine ed il supporto di ϕ, ed applichiamo la III Formula di
Green alla funzione ϕ nel punto x = 0. L’integrale sulla frontiera di Ω è nullo poiché ∂Ω è contenuta nell’insieme complementare del supporto di ϕ, dove questa
funzione è identicamente nulla. Analogamente, essendo ϕ identicamente nulla nel complementare di Ω, l’integrale di volume su Ω può essere esteso a tutto
Rd . Osservando inoltre che G d (0, y) = Φd (y), la III Formula di Green si riduce
all’identità
Z
ϕ(0) = −
dy Φd (y)∆ϕ(y),
che, vista l’arbitrarietà di ϕ, dimostra l’asserto.
6.6. Funzioni armoniche
In questa sezione studiamo le principali proprietà delle funzioni armoniche.
In quanto segue indichiamo con Ω un dominio (aperto e connesso) di Rd con
frontiera ∂Ω regolare di classe C 2 .
L EMMA 6.1. Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩C 1 (Ω) armonica in Ω. Allora
Z
∂u
(y) = 0.
dσ(y)
∂ν
∂Ω
D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare la I Formula di Green con v = 1.
L EMMA 6.2. Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩ C 1 (Ω) armonica in Ω. Vale allora la seguente
rappresentazione integrale,
·
¸
Z
∂u
∂G d
u(x) =
dσ(y) G d (x, y) (y) −
(x, y)u(y) .
∂ν
∂ν
∂Ω
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6.6 F UNZIONI ARMONICHE
95
D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare la III Formula di Green e notare
che l’integrale di volume è nullo poiché ∆u = 0 in Ω.
L EMMA 6.3 (I Teorema della media). Sia u ∈ C 2 (B R (x 0 ))∩C (B R (x 0 )) armonica in B R (x 0 ). Allora,
Z
1
u(x 0 ) =
dσ(y) u(y)
|∂B R (x 0 )| ∂B R (x0 )
(dove quindi |∂B R (x 0 )| è pari a 2πR [risp. 4πR 2 ] se d = 2 [risp. d = 3]).
D IMOSTRAZIONE . Consideriamo il caso d = 3, se d = 2 il ragionamento è del
tutto analogo. Fissiamo 0 < r < R ed applichiamo il Lemma 6.2 alla funzione
u ∈ C 2 (B r (x 0 )) armonica in B r (x 0 ) per calcolarne il valore nel centro x 0 . Poiché
G 3 (x 0 , y) =
1
,
4πr
∂G 3
1
(x 0 , y) = −
∂ν
4πr 2
∀ y ∈ ∂B r (x 0 ),
(6.10)
otteniamo
u(x 0 ) =
1
4πr
Z
∂B r (x 0 )
dσ(y)
∂u
1
(y) +
∂ν
4πr 2
Z
∂B r (x 0 )
dσ(y) u(y).
Ma il primo integrale a secondo membro è nullo per il Lemma 6.1, mentre il
termine rimanente è proprio la media aritmetica di u sulla superficie ∂B r (x 0 ).
Abbiamo in tal modo dimostrato che
Z
1
u(x 0 ) =
dσ(y) u(y)
∀ r ∈ (0, R).
(6.11)
|∂B r (x 0 )| ∂B r (x0 )
Poiché per ipotesi la funzione u è continua su B R (x 0 ), possiamo passare al limite
nella precedente uguaglianza per r → R − ed otteniamo la tesi.
L EMMA 6.4 (II Teorema della media). Sia u ∈ C 2 (B R (x 0 )) ∩ C (B R (x 0 )) armonica in B R (x 0 ). Allora,
Z
1
dy u(y)
u(x 0 ) =
|B R (x 0 )| B R (x0 )
(dove quindi |B R (x 0 )| è pari a πR 2 [risp. 4πR 3 /3] se d = 2 [risp. d = 3]).
D IMOSTRAZIONE . Segue dal lemma precedente. Moltiplicando entrambi i
membri dell’uguaglianza (6.11) per |∂B r (x 0 )| ed integrando sull’intervallo [0, R],
otteniamo
Z
Z
Z
R
0
R
dr |∂B r (x 0 )| u(x 0 ) =
dr
0
∂B r (x 0 )
dσ(y) u(y),
ovvero, per il Teorema di Fubini,
Z
|B R (x 0 )| u(x 0 ) =
dy u(y),
B R (x 0 )
che è la tesi.
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96
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
x1
z2
z1
x0
Ω
F IGURA 6.2. Successione di bolle che connette due punti x 0 ed
x 1 di Ω, tale che il centro di ciascuna è nella chiusura della
precedente.
T EOREMA 6.5 (Principio del massimo). Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) armonica in Ω.
Se u non è costante in Ω allora essa assume il massimo ed il minimo soltanto sulla
frontiera, ovvero
u(x) 6= cost.
min u < u(x) < max u
=⇒
∂Ω
∂Ω
∀ x ∈ Ω.
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo che se u assume il valore massimo in un
punto di Ω allora u è costante. Questo risultato applicato poi alla funzione armonica −u implica l’analoga affermazione nel caso in cui u assuma il valore
minimo in un punto di Ω. Supponiamo pertanto che
∃ x 0 ∈ Ω : u(x 0 ) = M = max u.
Ω
Sia B R0 (x 0 ) una bolla di centro x 0 contenuta in Ω (ad esempio quella di raggio
più grande). Sappiamo che u(x) ≤ M per ogni x ∈ B R0 (x 0 ). D’altra parte, per il
Lemma 6.4,
Z
1
¯
dy u(y).
(6.12)
u(x 0 ) = ¯
¯B R (x 0 )¯ B R (x0 )
0
0
Deduciamo da ciò che u(x) = M in tutta la bolla B R0 (x 0 ). Infatti, supponendo
per assurdo che esista un punto y ∈ B R0 (x 0 ) tale che u(y) = M − δ, con δ > 0, si
ha per continuità u(x) < M − 21 δ in tutta una bolla B ε (y) ⊂ B R0 (x 0 ) di raggio ε
sufficientemente piccolo. Ma allora la media di u sulla bolla B R0 (x 0 ) non è più
|B (y)|
grande di M − 12 δ |B Rε (x0 )| < M , in contraddizione con l’uguaglianza (6.12).
0
Sia ora x 1 un qualsiasi altro punto di Ω. Per la connessione di Ω possiamo
determinare una successione finita di bolle B R j (z j ), j = 0, . . . , N , tutte contenute
in Ω e tali che
z0 = x0 ,
z N = x1 ,
z j ∈ B R j −1 (z j −1 ) ∀ j = 1, . . . N .
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6.6 F UNZIONI ARMONICHE
97
Poiché z 1 ∈ B R0 (x 0 ) si ha u(z 1 ) = M e quindi, riapplicando il ragionamento sopra
esposto, deduciamo che u(x) = M per ogni x ∈ B R1 (z 1 ). Ripetendo l’argomento
N volte concludiamo che u(x 1 ) = M . Vista l’arbitrarietà del punto x 1 abbiamo
pertanto dimostrato che u = M su tutto Ω.
C OROLLARIO 6.6. Se u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) è armonica in Ω ed u = 0 in ∂Ω allora
u = 0 in Ω. Se u ∈ C 2 (Ω)∩C 1 (Ω) è armonica in Ω e ∂u
∂ν = 0 in ∂Ω allora u è costante
in Ω.
D IMOSTRAZIONE . La prima affermazione segue direttamente dal principio
del massimo. Per dimostrare la seconda affermazione utilizziamo la I Formula
di Green con u = v, ottenendo
Z
Z
∂u
dx |∇u|2 =
dσ u
= 0,
∂ν
Ω
∂Ω
da cui ∇u = 0 in Ω e dunque u è costante in Ω.
C OROLLARIO 6.7. Ogni funzione armonica è infinitamente derivabile nel suo
dominio di armonicità.
D IMOSTRAZIONE . È una conseguenza della formula di rappresentazione integrale delle funzioni armoniche. Sia u ∈ C 2 (Ω) armonica in Ω. Scelto un qualsiasi x 0 ∈ Ω, siano δ > 0 e D un aperto con frontiera regolare tali che
B δ (x 0 ) ⊂ D ⊂ D ⊂ Ω.
Per il Lemma 6.2 si ha, in particolare,
·
¸
Z
∂u
∂G d
u(x) =
dσ(y) G d (x, y) (y) −
(x, y)u(y)
∂ν
∂ν
∂D
∀ x ∈ B δ (x 0 ).
Poiché la distanza di B δ (x 0 ) dalla frontiera ∂D è positiva, le funzioni G d (x, y) e
∂G d
∂ν (x, y) sono infinitamente derivabili rispetto al parametro x e limitate con tutte le loro derivate per (x, y) ∈ B δ (x 0 ) × ∂D. Pertanto è possibile derivare rispetto
ad x infinite volte l’integrale nel membro di destra della precedente uguaglianza, dunque u ∈ C ∞ (B δ (x 0 )). Per l’arbitrarietà nella scelta di x 0 , il corollario è così
dimostrato.
C OROLLARIO 6.8. Una funzione armonica non costante non può avere massimi o minimi locali all’interno del suo dominio di armonicità.
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo per assurdo che esista un punto x 0 nel dominio in cui u è estremale. Potremmo allora determinare un opportuno intorno
di x 0 dove u sia non costante e raggiunga il suo valore massimo o minimo in x 0 ,
in contraddizione con il principio del massimo (applicato in tale intorno).
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98
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
C OROLLARIO 6.9. Sia u ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) armonica in Ω. Allora
∀ x ∈ Ω.
|u(x)| ≤ max |u|
∂Ω
D IMOSTRAZIONE . Segue dal principio del massimo: se u non è costante
allora
¯ ¯
¯¾
½¯
¯
¯ ¯
¯
¯
¯
¯
|u(x)| < max ¯min u ¯ ; ¯max u ¯¯ = max |u|
∀ x ∈ Ω.
∂Ω
∂Ω
∂Ω
C OROLLARIO 6.10. Sia u ∈ C 2 (Rd \Ω)∩C (Rd \Ω) armonica in Rd \Ω e tale che
u(x) → 0 se |x| → ∞. Allora
|u(x)| ≤ max |u|
∂Ω
∀ x ∈ Rd \ Ω.
D IMOSTRAZIONE . Sia R > 0 sufficientemente grande in modo che Ω ⊂ B R (0).
Per il Corollario 6.9 applicato in B R (0) \ Ω si ha
|u(x)| ≤
max
∂Ω∪∂B R (0)
|u| ≤ max |u| + max |u|
∂Ω
∂B R (0)
∀ x ∈ B R (0) \ Ω.
Poiché max |u| → 0 per R → ∞ l’asserto segue nel limite R → ∞.
∂B R (0)
Concludiamo con un teorema di unicità e stabilità del problema di LaplaceDirichlet interno per l’equazione di Laplace.
T EOREMA 6.11. Sia Ω un dominio limitato con frontiera regolare e sia g ∈
C (∂Ω). Allora il problema Laplace-Dirichlet (6.3) possiede al più una soluzione
in C 2 (Ω) ∩C (Ω). Inoltre, assegnate g 1 , g 2 ∈ C (∂Ω), se u g 1 , u g 2 ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) sono
soluzioni classiche dei corrispondenti problemi di Laplace-Dirichlet, si ha
max |u g 1 − u g 2 | = max |g 1 − g 2 |.
Ω
∂Ω
D IMOSTRAZIONE . L’unicità segue dalla seconda affermazione per g 1 = g 2 =
g . Quest’ultima affermazione è conseguenza immediata del Corollario 6.9 applicato alla funzione armonica u = u g 1 − u g 2 .
E SERCIZIO 6.2. Si trovi una funzione armonica u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) nel settore
bidimensionale Ω = {x ∈ R2 : x 1 > 0, x 2 > 0, x 2 < x 1 } tale che, per x ∈ ∂Ω,
(
x1
se x = (x 1 , 0),
u(x) =
2
x 1 + 2x 1 se x 1 = x 2 .
E SERCIZIO 6.3. Siano u ∈ C 2 (Ω) ∩ C (Ω) e v ∈ C 2 (ΩB ) ∩ C (ΩB ) due funzioni
armoniche, dove Ω è un dominio (aperto e connesso) del piano e ΩB = Ω \ B ,
con B un disco interamente contenuto in Ω. Supponendo che u = v > 0 in ∂Ω e
v = 0 in ∂B , si dimostri che u ≥ v in ΩB .
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6.7 F ORMULA INTEGRALE DI P OISSON
99
6.7. Formula integrale di Poisson
La questione sull’esistenza della soluzione classica del problema di LaplaceDirichlet su un dominio generico non è ovvia e non sarà argomento di queste
note. Invece, nel caso di domini con particolari simmetrie, il problema può essere affrontato con metodi ad hoc, quali la separazione delle variabili, che forniscono soluzioni esplicite. È questo il caso del disco in d = 2, ovvero della bolla in
d = 3, per i quali sussite la Formula di Poisson: la soluzione del problema (6.3)
nel caso in cui Ω = B R (x 0 ) e g ∈ C (∂B R (x 0 )) è
Z
R 2 − |x − x 0 |2
g (y)
u(x) =
,
(6.13)
dσ(y)
σd R
|x − y|d
∂B R (x 0 )
dove
σd = |∂B 1 (0)| =
(
2π se d = 2,
4π se d = 3.
In questa sezione dimostriamo la formula di Poisson nel caso d = 2 utilizzando
il metodo della separazione delle variabili. Più avanti la dimostreremo nel caso
d = 3 con un metodo differente.
Senza perdere di generalità possiamo considerare il problema di Dirichlet
nel disco B R (0) centrato nell’origine (la soluzione nel caso generale si ottiene
con una semplice traslazione). Osserviamo che in coordinate polari (r, θ) il dato
al bordo dipende solo dalla variabile angolare,
g (y) = g (R cos θ, R sin θ) =: ge(θ),
y ∈ ∂B R (0).
Pertanto possiamo cercare di separare le variabili r e θ. A tal fine occorre esprimere l’operatore di Laplace in tali coordinate. Introduciamo i versori
e r = cos θe 1 + sin θe 2 ,
e θ = − sin θe 1 + cos θe 2 ,
dove {e 1 , e 2 } è la base canonica di R2 . In particolare,
Ã
!
de θ
de r
r cos θ
x=
= eθ ,
= −e r ,
= r er ,
r sin θ
dθ
dθ
e r · e θ = 0.
(6.14)
Sia ora F (x) una funzione scalare ed indichiamo con Fe(r, θ) la sua espressione in
coordinate polari, dunque Fe(r, θ) := F (r cos θ, r sin θ). Poiché d x = d r e r +r d θe θ ,
si ha
d F = ∇F · d x = (∇F · e r )d r + (r ∇F · e θ )d θ.
D’altra parte,
d F = d Fe =
e pertanto
∂Fe
= ∇F · e r ,
∂r
∂Fe
∂Fe
dr +
d θ,
∂r
∂θ
∂Fe
= r ∇F · e θ .
∂θ
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100
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Altrimenti detto, l’operatore gradiente in coordinate polari si scrive
∇ = er
∂
1 ∂
+ eθ
.
∂r
r ∂θ
Ne segue allora che
¶ µ
¶
µ
∂Fe
∂
1 ∂
1 ∂Fe
· er
+ eθ
+ eθ
∆F = div ∇F = ∇ · ∇F = e r
∂r
r ∂θ
∂r
r ∂θ
2e
2
∂ F 1 ∂Fe 1 ∂ Fe
= 2+
+
,
∂r
r ∂r r 2 ∂θ 2
dove abbiamo utilizzato le proprietà dei versori {e r , e θ } dettagliate in (6.14). Concludiamo che l’operatore di Laplace in coordinate polari assume la forma seguente,
∂2
1 ∂
1 ∂2
∆= 2 +
+ 2 2.
∂r
r ∂r r ∂θ
Cerchiamo ora delle funzioni armoniche nel disco che abbiano la forma
di prodotto di funzioni di una sola variabile, dunque u(r, θ) = v(r )χ(θ). Sostituendo nell’equazione di Laplace ed utilizzando l’espressione trovata per il
laplaciano in coordinate polari otteniamo
r 2 v 00 (r )χ(θ) + r v 0 (r )χ(θ) + v(r )χ00 (θ) = 0,
da cui, laddove v(r )χ(θ) 6= 0,
χ00 (θ)
r 2 v 00 (r ) + r v 0 (r )
=−
.
χ(θ)
v(r )
Deve allora esistere una costante di separazione λ tale che
χ00 (θ) = λχ(θ),
r 2 v 00 (r ) + r v 0 (r ) + λv(r ) = 0.
Perché la prima equazione dia luogo a soluzioni 2π-periodiche (θ è una variabile
angolare) è necessario che sia λ = −n 2 con n un intero non negativo. Otteniamo
in tal modo la famiglia di soluzioni periodiche
χn (θ) = a n cos(nθ) + b n sin(nθ),
n ≥ 0.
In corrispondenza a ciascun intero n l’equazione per la funzione v(r ) si scrive,
r 2 v 00 (r ) + r v 0 (r ) − n 2 v(r ) = 0.
Per n = 0 si risolve per separazione delle variabili e si ottiene l’integrale generale
v 0 (r ) = C 0 + D 0 log r , mentre per n ≥ 1 con la sostituzione di Eulero s = log r si
riduce ad un’equazione a coefficienti costanti il cui integrale generale è v n (r ) =
C n r n + D n r −n . Poiché siamo interessati a funzioni regolari anche nell’origine
dobbiamo scegliere D n = 0 per ogni n ≥ 0. In definitiva, rinominando le costanti
arbitrarie, abbiamo ottenuto la seguente famiglia di funzioni armoniche,
U0 (θ) =
A0
,
2
Un (θ) = [A n cos(nθ) + B n sin(nθ)]r n ,
n ≥ 1.
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6.7 F ORMULA INTEGRALE DI P OISSON
101
Possiamo ora cercare la soluzione del problema con dato al bordo fissato nella
forma di sovrapposizione delle Un ,
A0 X
u(r, θ) =
+
[A n cos(nθ) + B n sin(nθ)]r n ,
0 < r < R.
2 n≥1
Imponendo le condizioni al bordo troviamo,
A0 X
ge(θ) =
+
[A n cos(nθ) + B n sin(nθ)]R n .
2 n≥1
Pertanto A n R n e B n R n sono i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier della
funzione ge,
Z 2π
Z 2π
1
1
An =
dθ ge(θ) cos(nθ),
Bn =
dθ ge(θ) sin(nθ).
πR n 0
πR n 0
Per ipotesi ge è una funzione 2π-periodica e continua, per cui i suoi coefficienti
di Fourier sono uniformemente limitati in n, precisamente
max{|A n R n |; |B n R n |} ≤ kgek∞ .
Allora, riscrivendo la soluzione nella forma
³ r ´n
A0 X
u(r, θ) =
+
[A n R n cos(nθ) + B n R n sin(nθ)]
,
2 n≥1
R
si vede immediatamente che la serie a secondo membro può essere derivata
termine a termine infinite volte e definisce una funzione armonica per 0 < r < R
(l’esclusione del valore r = 0 è qui dovuta al fatto che le coordinate polari sono
mal definite nell’origine). Non è invece garantito che la serie converga puntualmente a ge(θ) quando r → R − sotto la sola ipotesi di continuità di ge(θ). Una
condizione sufficiente perché questo accada è la convergenza totale della serie,
ovvero
X¡
¢
|A n R n | + |B n R n | < ∞.
n≥1
Dalla teoria sullo sviluppo in serie di Fourier, sappiamo che ciò è garantito se ge
ha maggiore regolarità, ad esempio se è differenziabile con continuità.
D’altra parte siamo interessati a trovare tutte le soluzioni classiche, non solo quelle che ammettono un’espansione in serie derivabile termine a termine
e che richiedono condizioni al bordo più regolari. Riusciamo in tale scopo poiché è possibile sommare la serie ed ottenere un’espressione chiusa, che si dimostra successivamente essere la soluzione cercata per ogni possibile dato al bordo
continuo. Infatti, inserendo l’espressione esplicita dei coefficienti di Fourier, si
ha
Z
³ r ´n
X 1 Z 2π 0
1 2π 0
0
u(r, θ) =
dθ ge(θ ) +
dθ ge(θ 0 ) cos[n(θ − θ 0 )]
2π 0
R
n≥1 π 0
½
¾
Z 2π
³
´
n
X
1
r
=
dθ 0 ge(θ 0 ) 1 + 2
cos[n(θ − θ 0 )]
.
2π 0
R
n≥1
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102
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Osserviamo ora che, se a ∈ (0, 1),
1+2
X
n
cos[nϕ]a = 1 + 2ℜ
n≥1
X¡
ae
¢
iϕ n
·
= 1 + 2ℜ
n≥1
=
1
1 − aeiϕ
¸
−1
1 − a2
.
1 + a 2 − 2a cos ϕ
Dunque
1
u(r, θ) =
2π
2
2π
Z
0
dθ 0 ge(θ 0 )
R2 − r 2
.
R 2 + r 2 − 2r R cos(θ − θ 0 )
2
Osservando che R + r − 2r R cos(θ − θ 0 ) = |x − y|2 se x = (r cos θ, r sin θ) e y =
(R cos θ 0 , R sin θ 0 ) e che Rd θ 0 = dσ(y), tornando in coordinate cartesiane otteniamo la formula di Poisson,
Z
g (y)
R 2 − |x|2
dσ(y)
.
u(x) =
2πR
|x − y|2
∂B R (0)
Nel disco B R (0) questa formula definisce una funzione armonica infinitamente
derivabile. Questo fatto segue da come tale formula è stata derivata, ma ovviamente può anche essere verificato direttamente. Rimane invece da dimostrare
che u(x) → g (ξ) se x → ξ ∈ ∂B R (0) per ogni g ∈ C (∂B R (0)). A tal scopo notiamo
che se g ∈ C 1 (∂B R (0)) tale affermazione è vera in virtù dalla convergenza della serie di Fourier di ge. Scegliendo allora g = 1, per il principio del massimo
u(x) = 1 e pertanto sussiste la (non ovvia!) identità
Z
R 2 − |x|2
1
1=
dσ(y)
,
(6.15)
2πR
|x
−
y|2
∂B R (0)
che ora utilizziamo per dimostrare la continuità fino al bordo della soluzione di
Poisson. Fissato ξ ∈ ∂B R (0) e scelto ε > 0 sia Γ ⊂ ∂B R (0) l’arco di circonferenza di
lunghezza 2δ e centrato in ξ tale che |g (y)−g (ξ)| < ε per ogni y ∈ Γ. Assumiamo δ
piccolo a sufficienza perché si abbia |y −ξ| ≥ 13 δ per ogni y ∈ ∂B R (0)\Γ e fissiamo
x ∈ B R (0) tale che |x − ξ| < 14 δ. Si ha allora,
¯ 2
¯
Z
¯ R − |x|2
g (y) − g (ξ) ¯¯
¯
|u(x) − g (ξ)| = ¯
dσ(y)
≤ I 1 (x) + I 2 (x),
2πR
|x − y|2 ¯
∂B R (0)
dove
R 2 − |x|2
2πR
Z
R 2 − |x|2
I 2 (x) =
2πR
Z
I 1 (x) =
Γ
|g (y) − g (ξ)|
,
|x − y|2
dσ(y)
∂B R (0)\Γ
dσ(y)
|g (y) − g (ξ)|
.
|x − y|2
dσ(y)
1
= ε,
|x − y|2
Si ha ora
R 2 − |x|2
I 1 (x) ≤ ε
2πR
Z
∂B R (0)
———————————————————————————————————–
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6.7 F ORMULA INTEGRALE DI P OISSON
103
avendo utilizzato ancora la (6.15) nell’ultimo passaggio. D’altra parte, essendo
|x − y| ≥ |y − ξ| − |x − ξ| ≥
δ
12
∀ y ∈ ∂B R (0) \ Γ,
si ha
I 2 (x) ≤ 2kg k∞
R 2 − |x|2 144
288kg k∞ 2
|∂B R (0) \ Γ| ≤
(R − |x|2 ).
2
2πR
δ
δ2
Pertanto I 2 (x) → 0 se x → ξ, cosicché
lim sup |u(x) − g (ξ)| ≤ ε.
x→ξ
Vista l’arbitrarietà nella scelta del parametro ε concludiamo che u(x) → g (ξ) per
x → ξ.
Un’importante conseguenza della formula di Poisson è l’inversione dei teoremi della media, cosicché la proprietà di media risulta essere caratteristica per
le funzioni armoniche.
D EFINIZIONE 6.12. Una funzione u ∈ C (Ω) possiede la proprietà di media in
Ω se
Z
Z
1
1
dσ(y) u(y)
oppure
u(x) =
dy u(y)
u(x) =
|∂B r (x)| ∂B r (x)
|B r (x)| B r (x)
per ogni (x, r ) tali che B r (x) ⊂ Ω.
T EOREMA 6.13. Se u ∈ C (Ω) ha la proprietà di media in Ω allora u è armonica
in Ω.
D IMOSTRAZIONE . Osserviamo preliminarmente che nella prova del principio del massimo abbiamo utilizzato unicamente la proprietà di media delle funzioni armoniche, pertanto anche le funzioni con la proprietà di media soddisfano tale principio. Fissata ora una qualunque bolla B ⊂ Ω, sia v ∈ C 2 (B ) ∩ C (B )
la funzione armonica in B che coincide con u sulla frontiera ∂B . L’esistenza
di tale funzione è garantita dalla formula integrale di Poisson. Poniamo ora
w(x) = v(x) − u(x), x ∈ B . Chiaramente w ha la proprietà di media in B ed è
nulla sulla frontiera ∂B , pertanto w(x) = 0 per ogni x ∈ B come conseguenza del
principio del massimo. Altrimenti detto, u = v in B , ovvero u è armonica in B .
Per l’arbitrarietà nella scelta di B concludiamo che u è armonica in tutto Ω. T EOREMA 6.14. [Disuguaglianza di Harnack] Sia u ∈ C 2 (B R (0)) ∩ C (B R (0))
armonica e non negativa in B R (0). Allora
R d −2 (R − |x|)
(R + |x|)d −1
u(0) ≤ u(x) ≤
R d −2 (R + |x|)
(R − |x|)d −1
u(0)
∀ x ∈ B R (0).
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104
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
D IMOSTRAZIONE . Segue facilmente dalla formula di Poisson. Osserviamo
infatti che se y ∈ ∂B R (0) allora R−|x| ≤ |y−x| ≤ R+|x| per ogni x ∈ B R (0), cosicché
u(x) =
=
R 2 − |x|2
σd R
Z
∂B R (0)
R d −2 (R + |x|)
(R − |x|)d −1
dσ(y)
u(y)
|x − y|d
≤
R + |x|
1
σd R (R − |x|)d −1
Z
∂B R (0)
dσ(y) u(y)
u(0),
avendo applicato il I Teorema della media nell’ultima uguaglianza. Analogamente,
Z
R − |x|
1
R d −2 (R − |x|)
u(x) ≥
u(0).
dσ(y)
u(y)
=
σd R (R + |x|)d −1 ∂B R (0)
(R + |x|)d −1
Ne segue un importante corollario.
T EOREMA 6.15. [Teorema di Liouville] Se u è armonica in Rd ed è limitata
superiormente (oppure inferiormente) allora u è costante.
D IMOSTRAZIONE . È sufficiente considerare il caso u(x) ≤ M per qualche costante M , l’altro caso segue considerando la funzione armonica −u. La funzione
w(x) = M − u(x) è armonica non negativa su tutto Rd , pertanto la disuguaglianza di Harnack si applica per ogni x ∈ Rd ed ogni R > |x|. Ma nel limite R → ∞
sia la stima dal basso che quella dall’alto tendono a w(0), da cui w(x) = w(0) e
dunque la tesi.
E SERCIZIO 6.4. Si determini una funzione armonica u nella regione piana
B 1 (0) \ {0} (il disco di raggio unitario privato del centro) tale che, espressa in
coordinate polari, u = u(r, θ), si abbia u(1, θ) = sin(5θ) ed inoltre verifichi
lim+
r →0
u(r, θ)
= 2.
log r
E SERCIZIO 6.5. Si risolva l’equazione di Laplace nel semidisco B 1+ (0) = {x ∈
R : |x| < 1, x 2 > 0} con condizione al bordo
(
0
se x = (x 1 , 0), |x 1 | ≤ 1,
g (x) =
x2
1−e
se |x| = 1, x 2 > 0.
2
E SERCIZIO 6.6. Sia Ω un dominio limitato ed u una funzione armonica su
R \ Ω tale che u(x) → 0 per |x| → ∞. Si dimostri che esiste allora una costante
positiva a > 0 per cui
a
|u(x)| ≤
se |x| ≥ a.
|x|
3
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6.8 E QUAZIONE DI P OISSON IN Rd
105
6.8. Equazione di Poisson in Rd
Trattiamo in dettaglio l’equazione di Poisson nello spazio, il caso dell’equazione nel piano verrà accennato alla fine della sezione.
Sia f = f (x) una funzione continua ed integrabile su R3 e denotiamo con
G(x, y) = Φ(x − y) la funzione di Green per l’operatore di Laplace in R3 ,
G(x, y) =
1
1
.
4π |x − y|
Per quanto già visto, la quantità
Z
u(x) =
dy G(x, y) f (y)
può interpretarsi come il potenziale coulombiano (o newtoniano) generato dalla distribuzione di carica f . Esso viene anche detto potenziale (newtoniano) di
volume, essendo generato da una distribuzione di cariche con densità spaziale (non tratteremo i potenziali generati da distribuzioni superficiali di carica).
Per le ipotesi fatte su f , essendo Φ(x) una funzione integrabile in x = 0 e decrescente per |x| → ∞, la precedente definizione di u(x) è ben posta, nel senso che
l’integrale a secondo membro è assolutamente convergente. Più precisamente,
possiamo stimare
Z
Z
1 | f (y)|
1 | f (y)|
dy
|u(x)| ≤
dy
+
4π |x − y|
4π |x − y|
B 1 (x)
R3 \B 1 (x)
Z 1
Z
2
r
1
(6.16)
≤ k f k∞
dr
dy | f (y)|
+
r
4π R3 \B 1 (x)
0
¢
1¡
≤ k f k∞ + k f k1 .
2
R
dove k f k1 = dy | f (y)| è la norma L 1 della funzione f .
Osserviamo ora che, almeno formalmente, u(x) fornisce una soluzione particolare dell’equazione non omogenea,
∆u + f = 0 in R3 .
Ci chiediamo pertanto sotto quali ipotesi su f tale affermazione è vera, ovvero
condizioni su f per le quali u è soluzione classica di tale equazione.
L EMMA 6.16. Se f (x) è una funzione limitata ed integrabile in R3 allora u(x)
è una funzione differenziabile e limitata in R3 , le cui derivate si possono ottenere
derivando sotto il segno di integrazione,
Z
∇u(x) = dy ∇x G(x, y) f (y).
D IMOSTRAZIONE . Poiché ∇x G(x, y) = ∇Φ(x−y) ha una singolarità integrabile in y = x ed ha modulo decrescente per |y| → ∞, l’integrale a secondo membro
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106
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
è ben definito (converge assolutamente). Introduciamo ora una regolarizzazione di G(x, y),


per |z| > ε,
Φ(z)
µ
¶
G ε (x, y) = Φε (x − y),
Φε (z) = 1 3 |z|2


−
per |z| ≤ ε.
4π 2ε 2ε3
In particolare Φε ∈ C 1 (R3 ) ed inoltre
|Φε (z)| ≤ |Φ(z)|,
|∇Φε (z)| ≤ |∇Φ(z)|
∀ z ∈ R3 \ {0}.
Sia quindi
Z
u ε (x) =
dy G ε (x, y) f (y).
Chiaramente u ε (x) è una funzione differenziabile, limitata e tale che
Z
¢
1¡
∇u ε (x) = dy ∇x G ε (x, y) f (y),
|u ε (x)| ≤ k f k∞ + k f k1 ,
2
dove la stima su |u ε (x)| si dimostra come in (6.16) essendo |Φε (z)| ≤ |Φ(z)|. L’asserto del lemma segue allora se dimostriamo che
1) u ε → u per ε → 0, uniformemente in R3 ;
R
2) ∇u ε → v per ε → 0, uniformemente in R3 , con v(x) = dy ∇x G(x, y) f (y).
Infatti, per i teoremi di derivazione di successioni di funzioni, questo garantisce
che v ∈ C (R3 ; R3 ) e che v = ∇u. Per quanto riguarda il punto 1) si ha,
¯
¯Z
¯
¯
dy [Φ(x − y) − Φε (x − y)] f (y)¯¯
|u(x) − u ε (x)| = ¯¯
B ε (x)
Z
1
dz
= k f k∞ ε2 −−−→ 0.
≤ 2k f k∞
ε→0
4π|z|
B ε (0)
Analogamente, per il punto 2),
¯Z
¯
|v(x) − ∇u ε (x)| = ¯¯
¯
¯
dy [∇Φ(x − y) − ∇Φε (x − y)] f (y)¯¯
B ε (x)
Z
1
≤ 2k f k∞
dz
= 2k f k∞ ε −−−→ 0.
ε→0
4π|z|2
B ε (0)
Il lemma è pertanto dimostrato.
T EOREMA 6.17. Sia f ∈ C 1 (R3 ) tale che f e ∇ f siano limitate ed integrabili.
Allora u ∈ C 2 (R3 ) ed è l’unica soluzione dell’equazione di Poisson ∆u + f = 0 in R3
che si annulla all’infinito.
D IMOSTRAZIONE . L’unicità segue dal teorema di Liouville. Infatti, se u 1 , u 2
sono due tali soluzioni allora w = u 1 − u 2 è una funzione armonica limitata e
dunque costante. Ma w(x) → 0 se |x| → ∞, per cui cui w = 0, ovvero u 1 = u 2 .
Dimostriamo ora che u ∈ C 2 (R3 ); la difficoltà rispetto al lemma precedente è
che le derivate seconde di G(x, y) hanno una singolarità non integrabile in y = x.
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6.8 E QUAZIONE DI P OISSON IN Rd
107
Fissato un qualsiasi x 0 ∈ R3 ed un raggio ε > 0 scomponiamo u(x) = u 0 (x)+u 1 (x)
con
Z
Z
dy G(x, y) f (y).
dy G(x, y) f (y),
u 1 (x) =
u 0 (x) =
R3 \B ε (x 0 )
B ε (x 0 )
Notiamo che u 1 (x) è una funzione armonica in B ε (x 0 ). Infatti, ragionando come nella dimostrazione del Corollario 6.7, u 1 ∈ C ∞ (B ε (x 0 )) e le sue derivate si
ottengono derivando sotto il segno di integrazione; in particolare ∆u 1 (x) = 0 per
ogni x ∈ B ε (x 0 ) essendo ∆x G(x, y) = 0 per x 6= y. Consideriamo ora la funzione
u 0 (x) con x ∈ B ε (x 0 ). Per il Lemma 6.16 applicato alla funzione f (x)χB ε (x0 ) (x)
sappiamo che u 0 ∈ C 1 (R3 ), con
Z
∇u 0 (x) =
dy ∇x G(x, y) f (y).
B ε (x 0 )
Notiamo ora che
∇x G(x, y) f (y) = ∇Φ(x − y) f (y) = −∇ y [Φ(x − y) f (y)] + Φ(x − y)∇ f (y).
D’altra parte,
∂
[Φ(x − y) f (y)] = div [Φ(x − y) f (y)e j ],
∂y j
dove e j , j = 1, 2, 3, sono i versori coordinati. Ma applicando il teorema della
divergenza si ha
Z
Z
∂
dy
dσ(y) Φ(x − y) f (y)e j · ν(y),
[Φ(x − y) f (y)] =
∂y j
B ε (x 0 )
∂B ε (x 0 )
cosicché, sostituendo nell’espressione di ∇u 0 ,
Z
Z
dy G(x, y)∇ f (y) −
∇u 0 (x) =
B ε (x 0 )
∂B ε (x 0 )
dσ(y)G(x, y) f (y)ν(y).
Analogamente a quanto stabilito per u 1 (x), l’integrale di superficie a secondo
membro definisce una funzione in C ∞ (B ε (x 0 )). Riguardo l’integrale di volume,
possiamo applicare di nuovo il Lemma 6.16, questa volta a ciascuna componente della funzione ∇ f (x)χB ε (x0 ) (x), e dedurre che esso definisce una funzione in
C 1 (R3 ). Vista l’arbitrarietà nella scelta di x 0 ed ε, concludiamo che u ∈ C 2 (R3 ).
Dobbiamo ora calcolare il laplaciano di u. Nuovamente per l’arbitrarietà
nella scelta di x 0 è sufficiente calcolare ∆u(x 0 ), e per far ciò possiamo utilizzare
la precedente scomposizione. Poiché u 1 è una funzione armonica in B ε (x 0 ), si
ha ∆u(x 0 ) = ∆u 0 (x 0 ) = div ∇u 0 (x 0 ), dunque
Z
Z
∆u(x 0 ) =
dy ∇x G(x 0 , y) · ∇ f (y) −
dσ(y) ∇x G(x 0 , y) · ν(y) f (y)
B (x )
∂B ε (x 0 )
Z ε 0
Z
z
1
=
dz
· ∇ f (x 0 + z) −
dσ(z) f (x 0 + z),
3
4π|z|
4πε2 ∂B ε (0)
B ε (0)
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108
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
avendo utilizzato (6.10) (con r = ε) per ottenere l’ultima espressione dell’integrale di superficie. Il primo integrale è infinitesimo per ε → 0 poiché
¯Z
¯
Z ε
¯
¯
z
r2
¯
¯
dz
·
∇
f
(x
+
z)
≤
k∇
f
k
dr 2 = k∇ f k∞ ε.
0
∞
¯
¯
3
4π|z|
r
B ε (0)
0
Il secondo integrale converge invece a − f (x 0 ) per il teorema della media. Dunque ∆u(x 0 ) + f (x 0 ) = 0 ∀ x 0 ∈ R3 come richiesto.
Rimane da verificare che u(x) → 0 per |x| → ∞. Fissato x ∈ R3 , per ogni
0 < ε < R = 21 |x| scomponiamo,
Z
Z
Z
dy G(x, y) f (y).
dy G(x, y) f (y) +
dy G(x, y) f (y) +
u(x) =
R3 \(B R (0)∪B ε (x))
B R (0)
B ε (x)
Se y ∈ B R (0) allora |x − y| ≥ |x| − |y| = 2R − R = R, cosicché possiamo stimare
¯
¯Z
Z
¯
¯
1
1
¯
¯
dy G(x, y) f (y)¯ ≤
dy | f (y)| ≤ k f k1 −−−−→ 0.
¯
R→∞
4πR B R (0)
R
B R (0)
R
D’altra parte, poiché B R (0) dy | f (y)| → k f k1 < ∞ per R → ∞,
¯
¯Z
Z
¯
¯
1
¯
¯
dy G(x, y) f (y)¯ ≤
dy | f (y)| −−−−→ 0.
¯ 3
R→∞
4πε R3 \B R (0)
R \(B R (0)∪B ε (x))
Infine,
¯Z
¯
¯
¯
B ε (x)
¯
Z
¯
1
dy G(x, y) f (y)¯¯ ≤ k f k∞
4π
dz
B ε (0)
1
1
= k f k∞ ε2 .
|z| 2
Nel limite |x| → ∞ (ovvero R → ∞) deduciamo che
1
lim sup |u(x)| ≤ k f k∞ ε2
2
|x|→∞
∀ ε > 0,
da cui, per l’arbitrarietà nella scelta di ε, u(x) → 0 per |x| → ∞.
O SSERVAZIONE 6.2 (Equazione di Poisson nel piano). In maniera analoga si
tratta il caso del potenziale logaritmico generato da una distribuzione di carica
f nel piano,
Z
Z
1
dy log |x − y| f (y),
x ∈ R2 .
u(x) = dy G 2 (x, y) f (y) = −
2π
Analogamente al caso tridimensionale, G 2 (x, y) e ∇x G 2 (x, y) possiedono una
singolarità integrabile in y = x. Invece, rispetto al caso tridimensionale, abbiamo ora che G 2 (x, y) → ∞ per |x − y| → ∞, per cui occorre richiedere condizioni
più forti di decadimento di f all’infinito perché u sia ben definita. Inoltre, u(x)
non è infinitesima, ma anzi divergente, per |x| → ∞. Il caso più semplice da
trattare è quello in cui la distribuzione di carica f ha supporto compatto.
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6.9 E QUAZIONE DI P OISSON IN DOMINI LIMITATI
109
T EOREMA 6.18. Sia f ∈ C 1 (R2 ) a supporto compatto. Allora u(x) è l’unica
soluzione classica di ∆u + f = 0 in R2 tale che il suo comportamento per |x| → ∞
è il seguente,
µ ¶
Z
M
1
u(x) = −
log |x| + O
,
M = dy f (y).
2π
|x|
D IMOSTRAZIONE . L’unicità della soluzione segue di nuovo dal teorema di
Liouville poiché la differenza di due soluzioni con questo comportamento è una
funzione armonica infinitesima all’infinito, dunque nulla. Non ripetiamo la prova che u ∈ C 2 (R2 ) e che u soddisfa l’equazione, essendo del tutto simile a quella
del caso tridimensionale. Mostriamo invece che sussiste l’asintotica dichiarata.
Sia K = {x : f (x) 6= 0} il supporto di f e sia R > 0 tale che K ⊂ B R (0). Allora, per
|x| > 2R,
Z
1
M
|x|
dy
u(x) = −
log |x| +
log
f (y).
2π
2π
|x − y|
B R (0)
Inoltre, per y ∈ B R (0), essendo |x| − R < |x − y| < |x| + R,
µ
¶
|x|
R
R
2R
|x|
≤ log
= log 1 +
≤
≤
,
log
|x − y|
|x| − R
|x| − R
|x| − R |x|
µ
¶
|x|
|x|
R
R
R
log
≥ log
= log 1 −
≥−
≥− .
|x − y|
|x| + R
|x| + R
|x| + R
|x|
Pertanto,
¯
¯
Z
¯
¯
¯u(x) + M log |x|¯ ≤ 2R dy | f (y)| = cost .
¯
¯ |x|
2π
|x|
6.9. Equazione di Poisson in domini limitati
Consideriamo ora il problema di Poisson-Dirichlet in un dominio limitato e
regolare Ω ⊂ Rd , d = 2, 3,
(
∆u + f = 0 in Ω,
(6.17)
u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω.
Analizziamo in modo più approfondito la strategia esposta brevemente in Sezione 6.3. Vogliamo esprimere la soluzione mediante un’opportuna funzione
di Green, definita come segue. Nel seguito indichiamo con G(x, y) = Φ(x − y)
la soluzione fondamentale del laplaciano in Rd (omettendo il pedice d per non
appesantire la notazione). Una funzione G (x, y), (x, y) ∈ Ω × Ω, è detta funzione
di Green in Ω per l’operatore di Laplace se soddisfa le seguenti condizioni:
1) Per ogni y ∈ Ω si ha G (x, y) = G(x, y)+γ(x, y), con x 7→ γ(x, y) una funzione
armonica in Ω e continua in Ω.
2) Si ha G (x, y) = 0 per ogni (x, y) ∈ ∂Ω × Ω.
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110
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Ne segue che G soddisfa l’equazione ∆x G (x, y) + δ y (x) = 0 in Ω con condizioni
di Dirichlet omogenee al bordo. Nel caso d = 3 può quindi essere interpretata
come il potenziale elettrostatico generato da una carica puntiforme di intensità
1
4π posta in y ∈ Ω, con Ω l’interno di una superficie conduttrice ∂Ω messa a terra.
Osserviamo inoltre che, per ogni fissato y ∈ Ω, la funzione γ(x, y) è soluzione del
problema
(
∆γ(·, y) = 0
in Ω,
(6.18)
γ(x, y) = −G(x, y) per x ∈ ∂Ω,
pertanto la funzione di Green G è unica (se esiste).
La funzione γ(x, y) rappresenta la “parte regolare” di G ed è una funzione
continua in Ω × Ω. Infatti, per il principio del massimo, per ogni (x, y), (x 0 , y 0 ) ∈
Ω × Ω,
|γ(x, y) − γ(x 0 , y 0 )| ≤ |γ(x, y) − γ(x 0 , y)| + |γ(x 0 , y) − γ(x 0 , y 0 )|
≤ |γ(x, y) − γ(x 0 , y)| + max |G(x 0 , y) −G(x 0 , y 0 )|,
x 0 ∈∂Ω
e l’ultimo membro tende a zero per (x, y) → (x 0 , y 0 ).
L EMMA 6.19. La funzione di Green possiede le seguenti proprietà.
i) G (x, y) = G (y, x) per ogni x, y ∈ Ω.
ii) G (x, y) > 0 per ogni x, y ∈ Ω.
iii) Se d = 3 allora G (x, y) < G(x, y) per ogni x, y ∈ Ω, x 6= y.
D IMOSTRAZIONE . Iniziamo con il dimostrare la simmetria di G . Applichiamo la II Formula di Green alle funzioni armoniche u(z) = G (z, y) e v(z) = G (z, x)
nella regione Ω \ (B ε (x) ∪ B ε (y)) con ε piccolo,
·
¸
Z
∂G
∂G
dσ(z) G (z, y)
0=
(z, x) − G (z, x)
(z, y)
∂ν
∂ν
∂B ε (x)
·
¸
Z
∂G
∂G
dσ(z) G (z, y)
+
(z, x) − G (z, x)
(z, y) .
∂ν
∂ν
∂B ε (y)
Lasciamo al lettore la prova del fatto che per ε → 0 il primo integrale tende a
−G (x, y) ed il secondo a G (y, x). Per dimostrare la positività della funzione di
Green osserviamo che se ε > 0 è sufficientemente piccolo allora G (x, y) > 0 nella
bolla B ε (y) (poiché la parte singolare G(x, y) è positiva grande e domina sulla
parte regolare γ(x, y)). Ma allora G (x, y) è una funzione armonica in Ω \ B ε (y),
nulla su ∂Ω e positiva su ∂B ε (y), pertanto positiva anche in Ω\B ε (y) per il principio del massimo. Infine, se d = 3 allora γ(x, y) < 0 per x ∈ ∂Ω, da cui, applicando
di nuovo il principio del massimo, γ(x, y) < 0 in Ω, ovvero G (x, y) < G(x, y). Nella dimostrazione della simmetria di G (e in quanto segue) stiamo ta∂γ
citamente assumendo che la derivata normale ∂ν (x, y) esista regolare su ∂Ω,
affermazione vera ma che non dimostriamo.
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6.9 E QUAZIONE DI P OISSON IN DOMINI LIMITATI
111
T EOREMA 6.20. Se u ∈ C 2 (Ω) ∩C (Ω) è soluzione del problema (6.17) allora
Z
Z
∂G
dσ(y)
u(x) = −
(x, y)g (y) + dy G (x, y) f (y),
x ∈ Ω.
∂ν
Ω
∂Ω
D IMOSTRAZIONE . (traccia) Per la III Formula di Green,
·
¸ Z
Z
∂u
∂G
u(x) =
dσ(y) G(x, y)
(y) − g (y)
(x, y) + dy G(x, y) f (y).
∂ν
∂ν
∂Ω
Ω
D’altra parte γ(x, y) è armonica anche rispetto alla variabile y per la simmetria
di G , pertanto, applicando la II Formula di Green alle funzioni u e y 7→ γ(x, y),
·
¸
Z
Z
∂u
∂γ
− dy γ(x, y) f (y) =
dσ(y) γ(x, y)
(y) − g (y) (x, y) .
∂ν
∂ν
Ω
∂Ω
Sommando membro a membro le ultime due uguaglianze ed utilizzando che,
sempre per la simmetria di G , G(x, y) + γ(x, y) = 0 per y ∈ ∂Ω, si perviene al
risultato. Si osservi che nella dimostrazione abbiamo utilizzato la II Formula di Green, la cui applicabilità andrebbe dimostrata mediante uno studio del
comportamento delle derivate di u e γ in prossimità della frontiera di Ω.
Per costruire la funzione di Green in domini di R3 con elevata simmetria
risulta efficace talvolta il cosiddetto metodo delle riflessioni o metodo delle cariche immagine. Esso consiste nel cercare una posizione y = y(y) ∈ R3 \ Ω ed una
carica q = q(y) ∈ R tali che
G (x, y) = G(x, y) + qG(x, y).
Poiché qG(x, y) è armonica in Ω, il problema si riduce a cercare y e q tali che
G(x, y) + qG(x, y) = 0 per ogni (x, y) ∈ ∂Ω × Ω.
Applichiamo tale metodo nel caso importante in cui Ω = B R (0). Occorre
quindi richiedere che
1
q
=−
|x − y|
|x − y|
∀ x : |x| = R,
da cui, passando all’uguaglianza dei quadrati e sviluppando,
2x · (y − q 2 y) = (1 − q 2 )R 2 − q 2 |y|2 + |y|2 .
Solo il membro di sinistra dipende dall’angolo che il vettore x di modulo R forma
con y−q 2 y, per cui la prima scelta naturale è che sia y = q 2 y, dopodiché la carica
q rimane fissata dalla condizione
R 2 − q 2 R 2 − q 2 |y|2 + q 4 |y|2 = 0
⇐⇒
(q 2 − 1)(q 2 |y|2 − R 2 ) = 0.
Poiché la carica immagine deve essere posta all’esterno di Ω dobbiamo escludere la scelta |q| = 1, pervenendo così alla soluzione
q =−
R
,
|y|
y=
R2
y.
|y|2
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112
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Sostituendo troviamo
G (x, y) =
1
R|y|
−
,
4π|x − y| 4π||y|2 x − R 2 y|
che ha senso anche per y → 0 (sebbene |y| diverga), precisamente
G (x, 0) =
1
1
−
.
4π|x| 4πR
Questo risultato permette di derivare la formula integrale di Poisson per l’equazione di Laplace nella sfera. Infatti, posto r = |y| ed indicando con θ l’angolo
tra le direzioni x e y, la derivata normale di G sulla superficie sferica è
"
#
¯
¯
∂
1
∂G
1
¯
(x, y)¯
=
p
∂ν
4π ∂r |x|2 + r 2 − 2|x|r cos θ
|y|=R
r =R
#
"
1
R
∂
−
p
4π ∂r |x|2 r 2 + R 4 − 2R 2 |x|r cos θ
r =R
1
|x|2 − R 2
=
¡
¢
4πR |x|2 + R 2 − 2|x|R cos θ 3/2
· 2
¸
1
|x| − R 2
=
.
4πR |x − y|3 |y|=R
Pertanto la soluzione del problema di Laplace-Dirichlet (ovvero (6.17) con f = 0)
nella sfera è
Z
g (y)
R 2 − |x|2
dσ(y)
,
u(x) =
4πR
|x
− y|3
∂B R (0)
che è la formula integrale di Poisson per d = 3.
6.10. Formulazione variazionale del problema di Laplace-Dirichlet
L’esistenza di soluzioni classiche del problema di Poisson-Dirichlet (6.17) su
domini qualsiasi non viene trattato in queste note. Vogliamo invece accennare
ad un approccio differente al problema, che mediante una formulazione variazionale permette di dimostrare l’esistenza di soluzioni deboli del problema. Per
fissare le idee consideriamo il caso omogeneo.
L’osservazione chiave è la seguente. Consideriamo una soluzione del problema (6.17) omogeneo ( f = 0). Poiché è una soluzione stazionaria dell’equazione delle onde, possiamo aspettarci che essa minimizzi l’energia potenziale
Z
1
H (v) =
dx |∇v|2 ,
2 Ω
definita sullo spazio K g = {v ∈ C 1 (Ω) : v(x) = g (x) ∀ x ∈ ∂Ω}. In effetti, se u ∈
C 2 (Ω)∩C 1 (Ω) è soluzione del problema (6.17) con f = 0 e se v = u +h con h ∈ K 0
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6.11 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI
113
allora
Z
1
H (v) − H (u) = dx ∇u · ∇h +
dx |∇h|2
2
Ω
Ω
Z
Z
Z
1
∂u
− dx h∆u +
dx |∇h|2
=
dσh
∂ν
2 Ω
Ω
∂Ω
Z
1
dx |∇h|2 ≥ 0,
=
2 Ω
Z
avendo usato nell’ultima uguaglianza che h è nulla sulla frontiera di Ω e che
u è armonica in Ω. Quindi possiamo cercare u come soluzione del problema
variazionale
u = arg min H (v).
v∈K g
In effetti, se tale u esiste allora
¯
¯
d
H (u + εh)¯¯
dε
Z
ε=0
=
Ω
∀ h ∈ K0,
dx ∇u · ∇h = 0
da cui, se anche u ∈ C 2 (Ω), integrando per parti,
Z
dx h∆u = 0
∀ h ∈ K0,
Ω
e pertanto ∆u = 0 in Ω per il lemma fondamentale del calcolo della variazioni.
In verità sappiamo solo che H ≥ 0, per cui esiste m ≥ 0 tale che
m = inf H (v)
v∈K g
=⇒
∃ {u k } ⊂ K g : lim H (u k ) = m.
k→∞
La strategia è allora quella di considerare uno spazio di funzioni più grande, Keg ⊃
K g , tale che la sequenza {u k } è ivi compatta, ovvero si possa estrarre una sottosuccessione {u k j } convergente, diciamo u k j → u ∈ Keg per j → ∞. Se il funzionale
H (v) è semicontinuo inferiormente nella topologia di Keg allora m = H (u). Ma
se anche tutto questo riesce, poiché sappiamo solo che u ∈ Keg , tale funzione
potrebbe non essere due volte differenziabile e quindi definire solo una “soluzione debole” del problema. La parte successiva è allora dimostrare che (sotto
opportune ipotesi sui dati al bordo e sul dominio) tale funzione è effettivamente
regolare.
6.11. Soluzione degli esercizi
S OLUZIONE E S . 6.1. L’integrale generale dell’equazione differenziale è
Z x
Z x
u(x) = C 1 +C 2 x +
dy y f (y) − x
dy f (y).
0
0
Affinché u(0) = 0 ed u(x) sia uniformemente limitata è necessario e sufficiente
che
Z ∞
C 1 = 0,
C2 =
dy f (y).
0
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114
I NTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE
Infatti la necessità di tale scelta è ovvia, mentre per la sufficienza osserviamo che
per tale scelta di C 2 si ha
¯
¯
Z ∞
Z x
Z ∞
¯
¯
¯
¯
dy y| f (y)|
sup ¯C 2 x − x
dy f (y)¯ ≤ sup x
dy | f (y)| ≤ sup
0
x
x≥0
x≥0 x
x≥0
Z ∞
≤
dy y| f (y)| < ∞.
0
Pertanto la soluzione del problema è
Z x
Z ∞
Z
u(x) =
dy y f (y) + x
dy f (y) =
x
0
∞
dy G(x, y) f (y),
0
con
(
G(x, y) =
Chiaramente
x
se x < y
y
se x > y
.
∂2 G
(x, y) + δ y (x) = 0, G(0, y) = 0, G(∞, y) =
∂x 2
Z ∞
u(∞) = lim u(x) =
x→∞
y. Infine,
dy y f (y),
0
R∞
R∞
poiché x x dy f (y) è dominato in modulo dalla coda x dy y| f (y)|, che tende a
R∞
zero per x → ∞ essendo l’integrale 0 dy y| f (y)| convergente per ipotesi.
S OLUZIONE E S . 6.2. Cerchiamo la funzione armonica nella forma di un
polinomio di secondo grado nelle variabili x = (x 1 , x 2 ), dunque
u(x) = αx 12 + βx 22 + γx 1 x 2 + δx 1 + ²x 2 + c.
Imponendo la condizione di armonicità ∆u = 0 si ricava che deve essere α + β =
0, per cui
u(x) = α(x 12 − x 22 ) + γx 1 x 2 + δx 1 + ²x 2 + c.
Imponendo ora le condizioni al bordo devono essere verificate le ulteriori relazioni,
αx 12 + δx 1 + c = x 1 ,
γx 12 + (δ + ²)x 1 + c = x 12 + 2x 1 ,
che implicano α = 0, δ = 1, c = 0, γ = 1, δ + ε = 2. La funzione cercata è quindi
u(x) = x 1 x 2 + x 1 + x 2 .
S OLUZIONE E S . 6.3. Per il principio del massimo la funzione u è positiva in
Ω, in particolare u > 0 in ∂B . D’altra parte, la funzione w = u − v è armonica in
ΩB con w = u in ∂B e w = 0 in ∂Ω. Dunque w ≥ 0 in tutto ∂ΩB , da cui, per il
principio del massimo, w ≥ 0 in ΩB , ovvero u ≥ v in tale dominio.
S OLUZIONE E S . 6.4. La funzione u 1 (r, θ) = 2 log r è armonica in B 1 (0) \ {0}
e si annulla per r = 1. D’altra parte, la funzione u 2 (r, θ) = r 5 sin(5θ) è armonica in B 1 (0) e coincide con il dato al bordo assegnato. Quindi u(r, θ) = 2 log r +
r 5 sin(5θ) fornisce la funzione cercata.
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6.11 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI
115
S OLUZIONE E S . 6.5. Dalla formula di Poisson per il disco B 1 (0) si ricava immediatamente che se il dato al bordo è una funzione antisimmetrica rispetto
all’asse delle ascisse allora tale proprietà è soddisfatta anche dalla soluzione. In
particolare tale soluzione è nulla sul segmento x = (x 1 , 0), |x 1 | ≤ 1. Se definiamo
allora
(
1 − ex 2
se |x| = 1, x 2 > 0,
g̃ (x) =
−x 2
−1 + e
se |x| = 1, x 2 ≤ 0,
ed indichiamo con ũ(x) la corrispondente soluzione del problema di Laplace,
Z
1 − |x|2
g̃ (y)
ũ(x) =
dσ(y)
,
2πR ∂B 1 (0)
|x − y|2
la funzione cercata è fornita dalla restrizione di ũ al semidisco B 1+ (0).
S OLUZIONE E S . 6.6. Sia a > 0 sufficientemente grande perché Ω ⊂ B a (0) e
a
|u(x)| ≤ 1 se |x| = a. Posto allora w ± (x) = u(x) ± |x|
si ha
w + (x) ≥ 0,
w − (x) ≤ 0
se |x| = a.
D’altra parte, poiché w ± (x) → 0 per |x| → ∞, per ogni R > a si ha
w + (x) ≥ −εR ,
w − (x) ≤ εR
se |x| = R,
con εR > 0 ed infinitesimo per R → ∞. Ne segue, per il principio del massimo
applicato alle funzioni armoniche w ± nel dominio {x ∈ R3 : a < |x| < R}, che
w + (x) ≥ −εR ,
w − (x) ≤ εR
se a ≤ |x| ≤ R,
ovvero, vista l’arbitrarietà nella scelta di R > a,
w + (x) ≥ 0,
w − (x) ≤ 0
ovvero, per la definizione di w ± ,
a
a
−
≤ u(x) ≤
|x|
|x|
se |x| ≥ a,
se |x| ≥ a.
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CAPITOLO 7
Equazione del calore
7.1. Considerazioni generali
In questo capitolo studiamo un’altra delle equazioni fondamentali della fisica matematica, l’equazione del calore o equazione della diffusione,
∂u
(x, t ) = D∆u(x, t ),
∂t
per la funzione incognita u = u(x, t ), x ∈ Rd , t ∈ R+ , con d = 1, 2, 3 e D > 0 una costante assegnata, detta coefficiente di diffusione. Il nome di equazione del calore
proviene dal fatto che essa fu introdotta per la prima volta nella descrizione della propagazione del calore in un mezzo solido, isotropo ed omogeneo. In realtà
tale equazione (e sue generalizzazioni) descrive un’ampia classe di fenomeni fisici e biologici noti come processi di diffusione. Esempio tipico è il trasporto di
materia in un mezzo dovuto al moto molecolare disordinato del mezzo in cui
essa si trova. Vedremo più avanti una derivazione microscopica e probabilistica
di tale equazione, che renderà più chiaro il tipo di dinamica microscopica che
può dar luogo ad un’equazione di evoluzione macroscopica di tipo diffusivo.
Nonostante le diverse analogie tra l’equazione delle onde e quella della diffusione, quest’ultima si differenzia notevolmente dalla prima, in particolare riguardo il comportamento asintotico nel tempo delle soluzioni, ed in effetti descrive fenomeni evolutori profondamente diversi. In particolare notiamo che
come l’equazione delle onde essa è lineare, pertanto sussiste il principio di sovrapposizione, ed è anch’essa invariante rispetto a traslazioni spazio-temporali.
Viceversa, non è invariante sotto riflessioni del tempo: se u(x, t ) risolve l’equazione del calore allora la funzione v(x, t ) = u(x, −t ) è soluzione dell’equazione aggiunta ∂v
∂t + D∆v = 0. In altri termini, esiste una direzione privilegiata del
tempo, questa equazione descrive fenomeni irreversibili.
7.2. Derivazione euristica
Consideriamo un solido omogeneo ed isotropo di densità ρ costante. Su
di esso non si compie lavoro meccanico, ma assumiamo che possa scambiare
energia termica con una sorgente esterna in modo distribuito sulla sua estensione (ad esempio per irraggiamento, o per energia rilasciata da reazioni chimiche
117
118
E QUAZIONE DEL CALORE
al suo interno). Sia r = r (x, t ) il tasso di calore scambiato per unità di massa con
tale sorgente. Assumendo che ciascun elemento di volume infinitesimo sia all’equilibrio termico locale, l’energia interna per unità di massa in un volumetto
attorno x al tempo t è una funzione e = e(x, t ), proporzionale alla temperatura
assoluta θ(x, t ) nello stesso elemento; la costante di proporzionalità, detta calore specifico a volume costante ed indicata con C v , è assunta indipendente dalla
posizione e dal tempo, cosicché
e(x, t ) = C v θ(x, t ).
Per il primo principio della termodinamica, poiché non si compie lavoro sul solido, la variazione di energia interna in un qualunque suo volume V è pari al
flusso di calore che attraversa la frontiera ∂V sommato al calore scambiato in
V con la sorgente esterna. Pertanto, indicando con J = J (x, t ) ∈ R3 il flusso di
calore, deve aversi
Z
Z
Z
d
dσ J · ν + dx ρr.
dx ρe = −
dt V
V
∂V
Possiamo ora ragionare come fatto in Sezione 2.3 nella derivazione dell’equaR
R
zione di Liouville: poiché ∂V dσ J · ν = V dx div J , deve aversi
µ
¶
Z
∂e
dx ρ + div J − ρr = 0
∀V,
∂t
V
da cui
ρ
∂e
(x, t ) + div J (x, t ) = ρr (x, t ),
∂t
ovvero,
1
∂θ
(x, t ) +
div J (x, t ) = f (x, t )
∂t
ρC v
µ
¶
r (x, t )
con f (x, t ) =
.
Cv
Come nel caso dell’equazione di Liouville, per ottenere un’equazione chiusa nel
campo di temperatura θ occorre postulare una legge che metta in relazione il
flusso di calore con la stessa temperatura. Assumiamo allora la legge di Fourier,
che si dimostra essere valida in condizioni “normali” (quali ad esempio gradienti
non troppo elevati di temperatura). Tale legge stabilisce che esiste una costante K > 0, detta conducibilità termica, che dipende unicamente dal materiale in
esame, tale che
J (x, t ) = −K ∇θ(x, t ).
Sostituendo nell’equazione di bilancio energetico sopra derivata otteniamo infine l’equazione del calore in presenza di una sorgente f ,
µ
¶
∂θ
K
(x, t ) = D∆θ(x, t ) + f (x, t )
con D =
.
∂t
ρC v
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7.2 D ERIVAZIONE EURISTICA
119
Vale la pena osservare che se il solido considerato non è omogeneo, il calore
specifico C v e la conducibilità termica K dipendono dalla posizione x, nel qual
caso l’equazione di diffusione del calore assume la seguente forma più generale,
∂θ
1
(x, t ) =
div [K (x)∇θ(x, t )] + f (x, t ),
∂t
ρC v (x)
dove, in caso di anisotropia del solido, la conducibilità K (x) è una matrice d ×d .
Come già accennato, alla medesima equazione si perviene quando si studiano alcuni fenomeni di trasporto della materia in un mezzo. Se c(x, t ) rappresenta la concentrazione di una sostanza, abbiamo già discusso la sua legge di conservazione in Sezione 2.3, che qui riscriviamo nella sua forma non
omogenea,
∂c
(x, t ) + div J (x, t ) = f (x, t ),
∂t
dove f rappresenta un termine di sorgente della sostanza stessa (ad esempio
se essa viene creata nel mezzo attraverso qualche reazione chimica). Nel caso dell’equazione di Liouville, abbiamo supposto che la sostanza fosse trasportata da una famiglia di diffeomorfismi associata ad un’equazione differenziale.
Se invece vogliamo descrivere la dispersione della sostanza nel mezzo a causa
di interazioni disordinate con le molecole componenti quest’ultimo, una scelta
ragionevole per la corrente è quella dettata dalla legge di Fick,
J (x, t ) = −D∇c(x, t ),
dove D è una costante positiva, da cui ritroviamo la legge di diffusione,
∂c
(x, t ) = D∆c(x, t ) + f (x, t ).
∂t
Si osservi che la legge di Fick, che è l’esatto analogo della legge di Fourier, afferma semplicemente che la materia tende a diffondere da zone a concentrazione
maggiore verso zone a concentrazione minore, ed il fatto che la legge sia lineare
con il gradiente è ragionevole per regimi in cui il gradiente è sufficientemente
piccolo.
Nei casi più generali D può dipendere anche da x e c, mentre f può dipendere anche da c, x, t , il che conduce ad una particolare EDP non lineare, detta
equazione di reazione-diffusione,
∂c
(x, t ) = div [D(c(x, t ), x)∇c(x, t )] + f (x, c(x, t ), t ).
∂t
Ad esempio, se c(x, t ) = n(x, t ) indica la concentrazione di una popolazione con
¡
¢
crescita logistica f = r n 1 − k1 n , dove r è detto il tasso lineare di riproduzione e
k la capacità dell’habitat, si ottiene la celebre equazione di Fisher,
∂n
r
(x, t ) = D∆n(x, t ) + r n(x, t ) − n(x, t )2 .
∂t
k
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120
E QUAZIONE DEL CALORE
7.3. Problemi ben posti e principio del massimo
Osserviamo innanzitutto che, a differenza dell’equazione delle onde, essendo quella del calore del primo ordine rispetto alla variabile t , è necessario assegnare solo il valore della funzione u al tempo t = 0 per fissare le condizioni iniziali del moto. In presenza di un dominio limitato con frontiera, possiamo considerare sia le condizioni al bordo di Dirichlet che di Neumann: nel linguaggio del
calore, questo significa, rispettivamente, assegnare una temperatura prestabilita sul bordo, ovvero assegnare il flusso di calore attraverso il bordo (chiaramente
hanno senso anche altre condizioni al bordo, ma ci limitiamo in queste note a
trattare solo le precedenti). Prenderemo in esame quindi i seguenti problemi.
(1) Problema di Cauchy globale. La funzione incognita u = u(x, t ) è definita
su tutto lo spazio, pertanto il problema corrispondente è

 ∂u
= D∆u + f in Rd × R+ ,
(7.1)
∂t

u(x, 0) = g (x) per x ∈ Rd .
(2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Sia Ω ⊂ Rd un dominio regolare limitato con frontiera ∂Ω di classe C 1 . La funzione incognita u = u(x, t ) è
soluzione dell’equazione del calore su Q T = Ω × (0, T ) ed il suo valore
a(x, t ) sulla frontiera di Ω è preassegnato. Il problema corrispondente
è pertanto

∂u


= D∆u + f
in Q T ,

∂t
(7.2)
u(x, 0) = g (x)
per x ∈ Ω,



u(x, t ) = a(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ).
(3) Problema di Cauchy-Neumann. Come in (2), con la differenza che viene assegnato il valore b(x, t ) della derivata normale della funzione incognita sulla frontiera di Ω. Otteniamo così il problema

∂u


= D∆u + f
in Q T ,

 ∂t
u(x, 0) = g (x)
per x ∈ Ω,


∂u


(x, t ) = b(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω × [0, T ),
∂ν
(7.3)
Dimostreremo l’unicità e, in alcuni casi, l’esistenza della soluzione di questi problemi. Vale la pena sin d’ora rimarcare una differenza di fondo con il caso della
propagazione ondosa. Definiamo frontiera parabolica di Q T l’insieme
³
´
∂p Q T := Ω × {t = 0} ∪ (∂Ω × [0, T ])
= {(x, t ) : x ∈ Ω, t = 0} ∪ {(x, t ) : x ∈ ∂Ω, t ∈ [0, T ]}.
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7.3 P ROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO
121
Osserviamo allora che la buona posizione dei problemi (7.2) e (7.3) significa
che la conoscenza di u(x, t ) sulla frontiera parabolica determina univocamente
u(x, t ) in tutto Q T . Invece, nel caso dell’equazione delle onde, poiché l’assegnazione della velocità iniziale ∂u
∂t (x, 0) può sostituirsi con il valore u(x, T ) (si
pensi alla formulazione variazionale), la soluzione rimane determinata in tutto
Q T solo se è nota su tutta la frontiera ∂Q T di Q T . Questa differenza è legata all’irreversibilità dei processi descritti dall’equazione del calore: il futuro rimane determinato dal passato (il principio di causalità rimane pertanto valido) ma non
è vero il viceversa, ovvero il valore della soluzione u al tempo t non determina il
suo valore ai tempi precedenti.
Analogamente, nel problema globale (7.1) definiamo la frontiera parabolica
∂p (Rd × R+ ) = Rd × {t = 0} = {(x, t ) ∈ Rd × R+ : t = 0}
e la conoscenza di u(x, t ) su tale insieme determina univocamente la soluzione
su tutto Rd × R+ .
I teoremi di unicità per l’equazione del calore sono basati su una proprietà fondamentale delle soluzioni, nota come principio del massimo parabolico,
che è conseguenza delle leggi di Fourier/Fick per le quali il calore/sostanza fluisce sempre verso regioni a temperatura/concentrazione più bassa. Formuleremo questo principio e le sue conseguenze dapprima nel caso di un dominio
limitato.
In quanto segue C 2,1 (Q T ) indica l’insieme delle funzioni numeriche su Q T
che sono differenziabili con continuità due volte rispetto al complesso delle variabili x = (x 1 , . . . , x d ) ed una volta rispetto alla variabile temporale t . Inoltre
C (Q T ) [risp. C 1 (Q T )] denota l’insieme delle funzioni numeriche su Q T continue
[risp. derivabili con continuità] fino alla frontiera.
T EOREMA 7.1 (Principio del massimo). Sia w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩C (Q T ) tale che
∂w
− D∆w ≤ 0 in Q T ,
(7.4)
∂t
con D una costante positiva. Allora il massimo di w è assunto sulla frontiera
parabolica, ovvero
max w = max w.
QT
∂p Q T
D IMOSTRAZIONE . Per la continuità fino alla frontiera della funzione w è sufficiente dimostrare che
max w = max w
QT 0
∂p Q T 0
∀ T 0 ∈ (0, T ).
Fissiamo quindi T 0 < T e ragioniamo per assurdo, assumendo che
M := max w > max w =: m.
QT 0
∂p Q T 0
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122
E QUAZIONE DEL CALORE
0
Scelto 0 < ε < MT−m
0 , poniamo u(x, t ) := w(x, t ) + ε(T − t ). Per la scelta fatta del
parametro ε si ha
m u := max u ≤ m + εT 0 < M .
∂p Q T 0
D’altra parte, poiché u ≥ w (su Q T 0 ),
M u := max u ≥ M .
QT 0
Dunque M u > m u , il che implica l’esistenza di un punto (x 0 , t 0 ) ∈ Ω × (0, T 0 ] tale
che M u = u(x 0 , t 0 ). Mostriamo che questo conduce ad un assurdo. Infatti, la
condizione di massimo implica che
(
= 0 se 0 < t 0 < T 0 ,
∂u
(x 0 , t 0 )
∂t
≥ 0 se t 0 = T 0 ,
mentre, essendo x 0 interno ad Ω, ∇u(x 0 , t 0 ) = 0 e ∆u(x 0 , t 0 ) ≤ 0. Ne segue che
∂u
(x 0 , t 0 ) − D∆u(x 0 , t 0 ) ≥ 0,
∂t
che contraddice l’ipotesi (7.4), poiché in ogni punto (x, t ) ∈ Ω × (0, T 0 ] si ha
∂u
∂w
(x, t ) − D∆u(x, t ) =
(x, t ) − D∆w(x, t ) − ε ≤ −ε < 0.
∂t
∂t
C OROLLARIO 7.2. Sia w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩C (Q T ) tale che
∂w
− D∆w ≥ 0 in Q T ,
∂t
con D una costante positiva. Allora il minimo di w è assunto sulla frontiera
parabolica, ovvero
min w = min w.
QT
∂p Q T
D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare il Teorema 7.1 alla funzione −w.
P ROPOSIZIONE 7.3. Sia w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩ C (Q T ) soluzione dell’equazione del
calore omogenea,
∂w
− D∆w = 0
in Q T .
∂t
Allora
min w ≤ w(x, t ) ≤ max w
∂p Q T
∂p Q T
∀ (x, t ) ∈ Q T .
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7.3 P ROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO
123
D IMOSTRAZIONE . Ovvia conseguenza del Teorema 7.1 e del Corollario 7.2.
Osserviamo che la precedente proposizione implica che se w ha un segno
definito sulla frontiera parabolica allora w possiede il medesimo segno su tutto
il dominio Q T .
T EOREMA 7.4. Siano u 1 , u 2 ∈ C 2,1 (Q T ) ∩ C (Q T ) soluzioni dell’equazione del
calore con uguale coefficiente di diffusione e forzanti f 1 , f 2 ∈ C (Q T ) rispettivamente. Allora sussiste la seguente stima,
max |u 1 − u 2 | ≤ max |u 1 − u 2 | + T max | f 1 − f 2 |.
∂p Q T
QT
(7.5)
QT
In particolare, il problema di Cauchy-Dirichlet (7.2) possiede al più una soluzione in C 2,1 (Q T ) ∩C (Q T ).
D IMOSTRAZIONE . Posto
M := max | f 1 − f 2 |
QT
definiamo
u ± (x, t ) := u 1 (x, t ) − u 2 (x, t ) ± M t ,
cosicché
∂u ±
(x, t ) − D∆u ± (x, t ) = f 1 (x, t ) − f 2 (x, t ) ± M .
∂t
Pertanto, dalla definizione di M ,
∂u −
∂u +
− D∆u − ≤ 0,
− D∆u + ≥ 0
in Q T .
∂t
∂t
Possiamo allora applicare, rispettivamente, il Teorema 7.1 alla funzione u − ed il
Corollario 7.2 alla funzione u + . Si ottiene in tal modo che
max(u 1 − u 2 − M t ) = max(u 1 − u 2 − M t ),
∂p Q T
QT
min(u 1 − u 2 + M t ) = min(u 1 − u 2 + M t ).
∂p Q T
QT
Dalle precedenti disuguaglianze segue che, per ogni (x, t ) ∈ Q T ,
u 1 (x, t ) − u 2 (x, t ) − M t ≤ max(u 1 − u 2 ) ≤ max |u 1 − u 2 |,
∂p Q T
QT
u 1 (x, t ) − u 2 (x, t ) + M t ≥ min(u 1 − u 2 ) ≥ − max |u 1 − u 2 |,
∂p Q T
∂p Q T
che equivalgono a
|u 1 (x, t ) − u 2 (x, t )| ≤ max |u 1 − u 2 | + M t ,
∂p Q T
da cui la tesi (7.5). L’unicità del problema di Cauchy-Dirichlet è ovvia conseguenza della stima (7.5).
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124
E QUAZIONE DEL CALORE
O SSERVAZIONE 7.1. L’unicità del problema di Cauchy-Neumann 7.3 può essere provata con questi criteri di confronto, purché si dimostri una versione
più forte del principio del massimo, assieme ad un’altra proprietà delle soluzioni nota come Principio di Hopf. Non tratteremo tali risultati in queste note. Osserviamo però che un risultato di unicità per entrambi i problemi di Dirichlet e di Neumann nella classe delle funzioni differenziabili fino al bordo di Q T
può essere facilmente ottenuto con il seguente metodo dell’energia. Assegnata w ∈ C 2,1 (Q T ) ∩ C 1 (Q T ) soluzione dell’equazione del calore omogenea in Q T ,
calcoliamo la derivata temporale della funzione
Z
1
E (t ) =
dx w(x, t )2 ,
t ∈ [0, T ].
2 Ω
Si ha, applicando la I Formula di Green,
Z
Z
Z
Z
∂w
∂w
dσ w
= dx D w∆w = D
− D dx |∇w|2 .
Ė (t ) = dx w
∂t
∂ν
∂Ω
Ω
Ω
Ω
Se ora u 1 e u 2 sono due soluzioni del medesimo problema (7.2) o (7.3) nella
classe C 2,1 (Q T ) ∩ C 1 (Q T ), allora la loro differenza w = u 1 − u 2 è soluzione del
problema omogeneo con w ∂w
∂ν = 0 su ∂p Q T . Pertanto Ė (t ) ≤ 0 per ogni t ∈ [0, T ]
e dunque, essendo E (0) = 0 ed E (t ) ≥ 0, si ha E (t ) = 0 per ogni t ∈ [0, T ]. Ne
segue che ∇w = 0 su Q T , ovvero che w dipende dalla sola variabile tempo t .
D’altra parte w ∈ C (Q T ) ed è nulla su ∂p Q T , per cui deve essere w = 0 su Q T ,
ovvero u 1 = u 2 .
Consideriamo ora il problema di Cauchy globale (7.1), di cui dimostreremo
l’unicità nella classe delle funzioni limitate utilizzando la seguente estensione
del principio del massimo.
T EOREMA 7.5 (Principio del massimo globale). Consideriamo una funzione
w ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]) tale che
∂w
− D∆w ≤ 0 in Rd × (0, T ),
∂t
(7.6)
con D una costante positiva. Supponiamo inoltre che esista C < +∞ per cui
w ≤C
in Rd × [0, T ].
Allora
sup w = sup w(x, 0).
Rd ×[0,T ]
x∈Rd
D IMOSTRAZIONE . Posto
M 0 := sup w(x, 0),
C 1 := C − M 0 ,
x∈Rd
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7.3 P ROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO
125
definiamo, per ogni L > 0,
µ
¶
2dC 1 x 2
z(x, t ) :=
+ D t + M0 .
L 2 2d
Poiché ∆x 2 =
∂x 2
i =1 ∂x i2
Pd
(7.6) segue che
= 2d si ha
∂z
∂t (x, t ) − D∆z(x, t )
= 0. Pertanto dall’ipotesi
∂(z − w)
− D∆(z − w) ≥ 0 in Rd × (0, T ).
∂t
Applichiamo il Corollario 7.2 alla funzione z − w, scegliendo come dominio la
bolla ΩL := {x ∈ Rd : |x| < L}. Posto Q T,L := ΩL × (0, T ), otteniamo
(
)
min(z − w) = min (z − w) = min
Q T,L
∂p Q T,L
min (z − w);
ΩL ×{t =0}
min (z − w) .
∂ΩL ×[0,T ]
Essendo C 1 ≥ 0 ed M 0 ≥ w(x, 0) per ogni x ∈ Rd , si ha
·
¸
C1 x2
+
M
−
w(x,
0)
≥ 0.
min (z − w) = min
0
|x|≤L
L2
ΩL ×{t =0}
D’altra parte, essendo C 1 + M 0 − w(x, t ) = C − w(x, t ) ≥ 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd ×
[0, T ], si ha anche
¶
¸
·
µ
2dC 1 x 2
+ D t + M 0 − w(x, t )
min (z − w) = min min
|x|=L t ∈[0,T ]
∂ΩL ×[0,T ]
L 2 2d
·
¸
2dC 1 D
= min min C 1 +
t + M 0 − w(x, t ) ≥ 0.
|x|=L t ∈[0,T ]
L2
Quindi min(z − w) ≥ 0, ovvero
Q T,L
¶
µ
2dC 1 x 2
+ D t + M0
w(x, t ) ≤
L 2 2d
∀ (x, t ) ∈ ΩL × [0, T ].
Nel limite L → +∞ otteniamo w(x, t ) ≤ M 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd × [0, T ], che è la
tesi.
C OROLLARIO 7.6. Sia w ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]) tale che
∂w
− D∆w ≥ 0 in Rd × (0, T ),
∂t
con D una costante positiva. Supponiamo inoltre che esista C > −∞ tale che
w ≥C
in Rd × [0, T ].
inf
w = inf w(x, 0).
Allora
Rd ×[0,T ]
x∈Rd
D IMOSTRAZIONE . È sufficiente applicare il Teorema 7.5 alla funzione −w.
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126
E QUAZIONE DEL CALORE
T EOREMA 7.7. Il problema di Cauchy globale,

 ∂u
= D∆u + f in Rd × (0, T ),
∂t

u(x, 0) = g (x) ∀ x ∈ Rd ,
possiede al più una soluzione limitata in C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]).
D IMOSTRAZIONE . Siano u 1 , u 2 soluzioni dello stesso problema di Cauchy,
allora w = u 1 − u 2 è una funzione limitata che soddisfa l’equazione omogenea
con dato iniziale w(x, 0) ≡ 0. Pertanto, dal Teorema 7.5 e dal Corollario 7.6 si ha
0 = inf w(x, 0) =
x∈Rd
inf
Rd ×[0,T ]
w(x, t ) ≤ sup w(x, t ) = sup w(x, 0) = 0.
Rd ×[0,T ]
x∈Rd
Dunque w(x, t ) ≡ 0 in Rd × [0, T ].
O SSERVAZIONE 7.2. Ricordiamo che l’unicità si può dimostrare in uno spazio più grande, noto come classe delle funzioni di Tichonov, costituito dalle funzioni u ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩ C (Rd × [0, T ]) per ciascuna delle quali si possano
determinare delle costanti K , α > 0 tali che
|u(x, t )| ≤ K eαx
2
∀ (x, t ) ∈ Rd × [0, T ].
L’unicità invece non sussiste se si ammette una crescita maggiore. Ricordiamo
al riguardo l’esempio di Tychonov. Sia τ(x, t ), (x, t ) ∈ R × [0, +∞), la funzione
definita come segue,
∞ h (k) (t )
X
τ(x, t ) :=
x 2k ,
(2k)!
k=0
dove
h
(k)
(t ) =
dk h(t )
dt k
,
h(t ) :=
(
2
e−1/t
0
se t > 0,
se t = 0.
Si dimostra che τ(x, t ) è continua fino alla frontiera R × {t = 0} e che τ(x, t ) → 0
per t ↓ 0. Inoltre si può dimostrare che per t > 0 la funzione τ(x, t ) soddisfa
∂2 τ
l’equazione del calore omogenea ∂τ
∂t = ∂x 2 . Dunque, oltre alla soluzione banale
u(x, t ) ≡ 0, anche τ(x, t ) è soluzione del problema di Cauchy globale con dato
iniziale nullo. D’altra parte si può verificare che, per opportune costanti c 1 , c 2 >
0,
½
¾
1
x2
τ(x, t ) ∼ exp −c 1 2 + c 2
t
t
per |x| → ∞ e t ↓ 0. In particolare, τ(x, t ) non ammette una stima del tipo
2
|τ(x, t )| ≤ K eαx in nessuna striscia R × [0, T ].
Si noti che, almeno formalmente, è facile verificare che τ è soluzione dell’equazione del calore. Infatti, derivando termine a termine la serie di potenze che
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7.4 S OLUZIONE FONDAMENTALE
127
la definisce, si ha
∞ h (k) (t )
∞ h (k+1) (t )
X
X
∂2 τ
∂τ
2k−2
(x,
t
)
=
2k(2k
−
1)x
=
x 2k =
(x, t ).
2
∂x
∂t
k=1 (2k)!
k=0 (2k)!
7.4. Soluzione fondamentale
Costruiamo dapprima la soluzione del problema di Cauchy globale omogeneo in dimensione d = 1,

∂2 u
 ∂u
=D 2
in R × R+ ,
(7.7)
∂x
 ∂t
u(x, 0) = g (x) per x ∈ R,
con D > 0 il coefficiente di diffusione. In analogia con il caso dell’equazione
delle onde, cerchiamo di esprimere la soluzione nella forma
Z
u(x, t ) = dy Γ1 (x, y, t )g (y),
(7.8)
per un opportuno nucleo integrale Γ1 (x, y, t ). Il significato di tale nucleo è chiaro: Γ1 (x, y, t )g (y)dy è la concentrazione della sostanza in x al tempo t dovuta
alla diffusione di una massa infinitesima g (y)dy posta inizialmente (ovvero al
tempo t = 0) nell’intervallo (y, y + dy). Dopodiché, per il principio di sovrapposizione, integrando nella variabile y, troviamo la concentrazione dovuta alla massa totale distribuita al tempo iniziale secondo la densità g . Dovendo u
risolvere (7.7) deve aversi
·
¸
Z
∂2 u
∂Γ1
∂2 Γ1
∂u
(x, t ) − D 2 (x, t ) = dy
(x, y, t ) − D
(x, y, t ) g (y),
0=
∂t
∂x
∂t
∂x 2
Z
lim+ dy Γ1 (x, y, t )g (y) = g (x),
t →0
da cui, vista l’arbitrarietà nella scelta del dato iniziale g , il nucleo Γ1 (x, y, t ) deve
essere soluzione del problema

∂2 Γ1
 ∂Γ1
(x, y, t ) = D
(x, y, t ) per (x, y, t ) ∈ R × R × R+ ,
(7.9)
∂x 2
 ∂t
Γ1 (x, y, 0) = δ y (x)
per (x, y) ∈ R × R,
con δ y (x) la funzione delta di Dirac concentrata in y. In altri termini, Γ1 (x, y, t ) è
la soluzione fondamentale dell’equazione del calore. Per determinarla utilizziamo le seguenti proprietà di tale equazione:
• Invarianza per traslazioni spaziali: qualunque sia z ∈ R, se u(x, t ) è soluzione dell’equazione (7.7) allora u z (x, t ) := u(x + z, t ) è soluzione del
problema di Cauchy globale di dato iniziale g z (x) := g (x + z).
• Invarianza per dilatazioni paraboliche: qualunque sia α > 0, se u(x, t ) è
soluzione dell’equazione (7.7) allora u α (x, t ) := u(αx, α2 t ) è soluzione
del problema di Cauchy globale di dato iniziale g α (x) := g (αx).
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128
E QUAZIONE DEL CALORE
Se la soluzione deve potersi sempre scrivere nella forma integrale (7.8), allora
dalla prima proprietà segue che deve aversi
Z
Z
dy Γ1 (x + z, y, t )g (y) = dy Γ1 (x, y, t )g (y + z),
ovvero, con la sostituzione y → y + z nel secondo integrale,
Z
Z
dy Γ1 (x + z, y, t )g (y) = dy Γ1 (x, y − z, t )g (y).
Vista l’arbitrarietà nella scelta di g concludiamo che deve essere
Γ1 (x + z, y, t ) = Γ1 (x, y − z, t )
∀ x, y, z ∈ R ∀ t > 0.
In particolare, Γ1 (x + z, z, t ) = Γ1 (x, 0, t ) per ogni x, z ∈ R, t > 0, e dunque
Γ1 (x, y, t ) = Γ1 (x − y, 0, t )
∀ x, y ∈ R,
∀ t > 0.
Pertanto, se indichiamo con Γ1 (x, t ) = Γ1 (x, 0, t ) la soluzione fondamentale di
dato iniziale δ(x), l’equazione (7.8) diventa
Z
u(x, t ) = dy Γ1 (x − y, t )g (y).
Dalla seconda proprietà segue ora che deve aversi
Z
Z
dy Γ1 (αx − y, α2 t )g (y) = dy Γ1 (x − y, t )g (αy),
ovvero, con la sostituzione y → αy nel primo integrale,
Z
Z
2
dy αΓ1 (α(x − y), α t )g (αy) = dy Γ1 (x − y, t )g (αy),
da cui, vista l’arbitrarietà nella scelta di g concludiamo che deve essere
αΓ1 (αx, α2 t ) = Γ1 (x, t )
p
In particolare, scegliendo α = 1/ t ,
µ
¶
x
1
Γ1 (x, t ) = p Γ1 p , 1
t
t
∀ x ∈ R ∀ α, t > 0.
∀ x ∈ R ∀ t > 0.
Dunque la funzione Γ1 (x, t ) è una soluzione dell’equazione del calore di autosimilarità (o autosimile): il suo profilo spaziale rimane simile nel tempo; lo si
p
ottiene da Γ1 (x, 1) (quello al tempo t = 1) mediante un riscalamento 1/ t della
funzione e del suo argomento). Inoltre, visto che l’equazione conserva la massa
totale, richiediamo che, per ogni dato iniziale g integrabile,
Z
Z
Z
dx dy Γ1 (x − y, t )g (y) = dy g (y).
Essendo
Z
Z
Z
Z
Z
Z
dx dy Γ1 (x − y, t )g (y) = dy g (y) dx Γ1 (x − y, t ) = dy g (y) dz Γ1 (z, t ),
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7.4 S OLUZIONE FONDAMENTALE
129
per l’arbitrarietà di g deve allora aversi
Z
dx Γ1 (x, t ) = 1
∀ t > 0.
Infine, per soddisfare il principio del massimo, richiediamo Γ1 (x, t ) ≥ 0. Sotto
tutte queste condizioni la funzione Γ1 (x, t ) è univocamente determinata. Per
vederlo è sufficiente determinare la funzione Φ(ξ) := Γ1 (ξ, 1). Stabiliamo quali
condizioni deve soddisfare tale funzione. Poiché
¶
µ
1
x
Γ1 (x, t ) = p Φ p ,
t
t
l’equazione del calore per Γ1 (x, t ) si scrive
∂Γ1
∂2 Γ1
(x, t )
(x, t ) − D
∂t
∂x 2
µ
µ
µ
¶
¶
¶
1
x
1 x 0 x
D 00 x
=− p Φ p − p p Φ p − p Φ p
2t t
t
2t t t
t
t t
t
·
¶
µ
¶
µ
¶¸
µ
1 x 0 x
x
1 1
x
.
=− p
Φ p + p Φ p + DΦ00 p
2 t
t t 2
t
t
t
p
Vista l’arbitrarietà del parametro ξ = x/ t ne segue che Φ(ξ) deve risolvere l’equazione differenziale ordinaria
0=
1
1
DΦ00 (ξ) + Φ(ξ) + ξΦ0 (ξ) = 0,
2
2
ovvero, essendo Φ(ξ) + ξΦ0 (ξ) =
d
dξ [ξΦ(ξ)],
1
DΦ0 (ξ) + ξΦ(ξ) = C 1 ,
2
con C 1 costante di integrazione. Risolvendo con il metodo della variazione delle
costanti,
·
· 2¸
¸
·
¸Z ξ
ξ2
η
ξ2
Φ(ξ) = C 0 exp −
dη exp
+C 1 exp −
.
4D
4D 0
4D
Per fissare le costanti C 0 ,C 1 imponiamo le condizioni
Z
Z
Φ(ξ) ≥ 0,
dξ Φ(ξ) = dξ Γ(ξ, 1) = 1.
La positività implica C 1 = 0, dopodiché la condizione di normalizzazione determina C 0 ,
¸¶−1
µZ
·
ξ2
1
1
C0 =
dξ exp −
= p R
=p
.
2
−z
4D
4πD
2 D dz e
In definitiva,
·
¸
1
x2
Γ1 (x, t ) = p
exp −
,
4D t
4πD t
ovvero una gaussiana centrata nell’origine e normalizzata ad avere integrale pari
ad uno. Rimane da verificare che effettivamente Γ1 (x−y, t ) → δ(x−y) per t → 0+ .
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130
E QUAZIONE DEL CALORE
L EMMA 7.8. Sia g ∈ C (R) una funzione limitata. Allora
Z
lim+ dy Γ1 (x − y, t )g (y) = g (x)
∀ x ∈ R.
t →0
p
D IMOSTRAZIONE . Con il cambiamento di variabile z = (y − x)/ t ,
Z
Z
p
dy Γ1 (x − y, t )g (y) = dz Γ1 (z, 1)g (x + z t ).
Possiamo allora stimare, per ogni N > 0,
¯Z
¯ ¯Z
p
¤¯¯
£
¯
¯ ¯
¯ dy Γ1 (x − y, t )g (y) − g (x)¯ = ¯ dz Γ1 (z, 1) g (x + z t ) − g (x) ¯
Z
Z N
p
p
dz Γ1 (z, 1)|g (x + z t ) − g (x)|
≤
dz Γ1 (z, 1)|g (x + z t ) − g (x)| +
|z|>N
−N
p
Z
N
Z
dz Γ1 (z, 1) + 4kg k∞
|z|≤N
−N
Z ∞
p
≤ max |g (x + z t ) − g (x)| + 4kg k∞
dz Γ1 (z, 1).
≤ max |g (x + z t ) − g (x)|
|z|≤N
∞
N
dz Γ1 (z, 1)
N
Poiché, per la continuità uniforme sui compatti,
p
lim+ max |g (x + z t ) − g (x)| = 0
t →0 |z|≤N
∀ N > 0,
ne segue che
Z
¯
¯Z
¯
¯
lim sup ¯ dy Γ1 (x − y, t )g (y) − g (x)¯ ≤ 4kg k∞
t →0+
∞
N
dz Γ1 (z, 1).
Dovendo tale stima sussistere per ogni N > 0 ed essendo il termine di destra
infinitesimo per N → ∞, concludiamo che il limite superiore è nullo, da cui la
tesi del lemma.
La soluzione fondamentale in dimensione d > 1 può ora determinarsi per
separazione delle variabili spaziali. Infatti si verifica immediatamente che il
nucleo Γd (x, y, t ) = Γd (x − y, t ), x, y ∈ Rd , t > 0, con
·
¸
d
Y
1
|x|2
Γd (x, t ) :=
Γ1 (x i , t ) =
exp
−
,
x = (x 1 , . . . , x d ) ∈ Rd ,
d /2
4D
t
(4πD
t
)
i =1
fornisce la soluzione fondamentale dell’equazione del calore in dimensione d ,
ovvero
∂Γd
(x, y, t ) − D∆x Γd (x, y, t ) = 0,
∂t
e, per ogni g ∈ C (Rd ) limitata,
Z
lim+ dy Γd (x − y, t )g (y) = g (x)
t →0
∀ x ∈ Rd .
(7.10)
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7.5 P ROBLEMA DI C AUCHY GLOBALE
131
7.5. Problema di Cauchy globale
7.5.1. Problema omogeneo. Dai risultati della precedente sezione otteniamo facilmente il seguente risultato di esistenza ed unicità per il problema di
Cauchy globale omogeneo.
T EOREMA 7.9. Assegnata g ∈ C (Rd ) limitata, il problema di Cauchy globale
omogeneo

 ∂u
= D∆u
in Rd × R+ ,
∂t

u(x, 0) = g (x) per x ∈ Rd ,
ha un’unica soluzione u(x, t ) nello spazio delle funzioni
w ∈ C 2,1 (Rd × R+ ) ∩C (Rd × [0, ∞)) :
sup |w(x, t )| < ∞ ∀ T > 0.
Rd ×[0,T ]
Tale soluzione è data dalla seguente formula integrale,
Z
u(x, t ) = dy Γd (x − y, t )g (y).
(7.11)
Infine, u ∈ C ∞ (Rd × R+ ).
D IMOSTRAZIONE . L’unicità segue dal principio del massimo globale. Sotto le ipotesi su g è possibile derivare sotto il segno di integrale nella (7.11) rispetto alle variabili (x, t ), cosicché u ∈ C 2,1 (Rd × R+ ) è una soluzione classica
dell’equazione. La continuità al tempo t = 0 segue dalla (7.10). Infine, poiché
|u(x, t )| ≤ kg k∞ , la soluzione u appartiene alla classe di unicità. L’ultima affermazione, ovvero che u ∈ C ∞ (Rd × R+ ), segue dai classici teoremi di derivazione sotto il segno di integrale applicati all’integrale nel membro di destra della
(7.11). In effetti tale integrale può essere derivato infinite volte rispetto ad x e
t , in quanto si verifica facilmente che, per ogni multi-indice (n 0 , n 1 , . . . , n d ) di
interi positivi, l’integrale
Ã
!
Z
d
X
∂|n| Γd (x − y, t )
dy n
dove |n| :=
ni ,
n g (y),
n
∂t 0 ∂x 1 1 . . . ∂x d d
i =0
converge assolutamente ed uniformemente al variare dei parametri (x, t ) in sottoinsiemi compatti di Rd × R+ .
O SSERVAZIONE 7.3. Poiché Γd (x, t ) > 0 si ha u(x, t ) > 0 per ogni x ∈ Rd e t > 0
purché g ≥ 0 e g (x 0 ) > 0 in almeno un punto x 0 ∈ Rd . Tale proprietà rappresenta
l’analogo del principio di massimo forte nel caso del problema globale. Significa
che la massa iniziale, per quanto concentrata, si diffonde immediatamente in
tutto lo spazio Rd . Altrimenti detto, il valore della soluzione u(x, t ) al tempo t > 0
dipende dal valore di g in ogni punto, ovvero la velocità di propagazione di una
perturbazione iniziale è infinita. Vale però la pena osservare che se g (x) = 0 per
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132
E QUAZIONE DEL CALORE
|x| > R, R > 0, allora u(x, t ) è esponenzialmente piccola nel quadrato di |x| − R.
Infatti, dalla (7.11) e dalla definizione di Γd (x, t ), si trova facilmente che
·
¸
kg k∞ |B R (0)|
(|x| − R)2
|u(x, t )| ≤
exp −
,
4D t
(4πD t )d /2
dove |B R (0)| è il volume della bolla B R (0) di raggio R e centro l’origine.
O SSERVAZIONE 7.4. La formula (7.11) ha senso anche per funzioni g non
γ
continue e illimitate, ad esempio con una crescita non superiore ad e|x| con
γ < 2. Non solo, ma anche in questo caso u(x, t ) è regolare (anzi C ∞ ) per ogni
t > 0. Dunque, a differenza dell’equazione delle onde, l’equazione del calore
regolarizza molto i dati iniziali (la stessa soluzione fondamentale Γd (x, t ) è infinitamente derivabile per t > 0 ed ha come dato iniziale una distribuzione).
Chiaramente, maggiore è la irregolarità del dato iniziale, più debole sarà il senso
in cui tale dato è assunto dalla soluzione. Ad esempio, nel caso della soluzione fondamentale, l’identità Γd (x, 0) = δ(x) sussiste nel senso delle distribuzioni,
ovvero
Z
lim
t →0+
d x Γd (x, t )ϕ(x) = ϕ(0)
∀ ϕ ∈ D(Rd ).
O SSERVAZIONE 7.5. Dalla formula (7.11) seguono facilmente stime di continuità rispetto ai dati iniziali; ad esempio ku 1 (·, t ) − u 2 (·, t )k∞ ≤ kg 1 − g 2 k∞ per
ogni t ≥ 0.
O SSERVAZIONE 7.6. Se il dato iniziale ha una crescita della forma g (x) ∼
2
(cost)ea|x| con a > 0, allora la formula (7.11) fornisce una soluzione locale fino
al tempo t ∗ = (4D a)−1 . Ristretta ad un intervallo [0, T ] con T < t ∗ essa fornisce
quindi l’unica soluzione nella corrispondente classe di Tychonov (cfr. l’Osservazione 7.2).
7.5.2. Problema non omogeneo. Il problema non omogeneo (7.1) può essere risolto con il metodo di Duhamel. Cerchiamo la soluzione nella forma
Z
u(x, t ) = dy Γd (x − y, t )g (y) + w(x, t ),
con w(x, t ) soluzione del problema con condizioni omogenee,

 ∂w
= D∆w + f in Rd × R+ ,
∂t

w(x, 0) = 0
per x ∈ Rd ,
(7.12)
che pensiamo ottenuta come somma di infiniti contributi infinitesimi relativi
alla diffusione della distribuzione di materia f (x, s)ds rilasciata o assorbita ai
tempi s < t . Dunque,
Z t
Z
w(x, t ) =
ds w(x, t ; s),
w(x, t ; s) = dy Γd (x − y, t − s) f (y, s).
0
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7.5 P ROBLEMA DI C AUCHY GLOBALE
133
Formalmente si vede facilmente che w(x, t ) è soluzione del problema (7.12). Infatti w(x, 0) = 0 e, assumendo lecite le operazioni di derivazione sotto il segno di
integrale,
Z t
Z t
∂w
∂w
ds
ds D∆w(x, t ; s) + f (x, t )
(x, t ) =
(x, t ; s) + w(x, t ; t ) =
∂t
∂t
0
0
Z t
= D∆ ds w(x, t ; s) + f (x, t ) = D∆w(x, t ) + f (x, t ).
0
Perché tali operazioni siano corrette occorrono però ipotesi di regolarità sulla
forzante. Infatti
¶
·
¸
µ 2
¶
µ
∂Γd
x2
1
1
1
x
d
x
exp −
= (d +2)/2 G p ,
(x, t ) = (d +2)/2
−
∂t
4D t
t
(4πD)d /2 4D t 2
t
t
avendo definito
¶
z2 d
Γd (z, 1).
G(z) =
−
4D 2
p
Pertanto, con la sostituzione z = (y − x)/ t − s,
Z t
Z
Z t
p
∂w
ds
ds
(x, t ; s) =
dz G(z) f (x + z t − s, s),
∂t
0 t −s
0
µ
che in generale può essere infinito essendo (t − s)−1 non integrabile sull’intervallo (0, t ). Ad esempio, la semplice continuità di f non è sufficiente ad escludere tale evenienza. Se però f è sufficientemente regolare l’integrale può essere convergente, come si evince notando che nel caso limite in cui f è costante
l’integrazione nella variabile z è nulla, essendo
Z
d
z2
Γd (z, 1) = .
dz
4D
2
T EOREMA 7.10. Siano g ∈ C (Rd ) limitata ed f ∈ C 2,0 (Rd × [0, T ]) tale che
f , ∇x f , D 2x f limitate in Rd × [0, T ]. Allora
Z
Z t Z
u(x, t ) = dy Γd (x − y, t )g (y) + ds dy Γd (x − y, t − s) f (y, s)
0
è l’unica soluzione del problema di Cauchy globale non omogeneo nella classe
delle funzioni w ∈ C 2,1 (Rd × (0, T )) ∩C (Rd × [0, T ]) limitate.
Dimostrazione. L’unicità segue dal principio del massimo globale. Posto ora
Z t Z
V (x, t ) =
ds dy Γd (x − y, t − s) f (y, s),
0
occorre verificare che V ∈ C (Rd × (0, T )) ed è soluzione del problema (7.12).
p
Con la sostituzione z = (y − x)/ t − s si ha
Z t Z
p
V (x, t ) =
ds dz Γd (z, 1) f (x + z t − s, s),
2,1
0
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134
E QUAZIONE DEL CALORE
da cui
Z t Z
p
∂V
Γd (z, 1)
(x, t ) = f (x, t ) + ds dz p
z · ∇ f (x + z t − s, s).
∂t
2 t −s
0
Si osservi che la derivazione sotto il segno di integrale è legittima poiché, per
ogni (x, t ) ∈ Rd × [0, T ],
¯
¯
Z t Z
Z t Z
¯ Γd (z, 1)
¯
p
Γd (z, 1) |z|
ds dz ¯¯ p
z · ∇ f (x + z t − s, s)¯¯ ≤ k∇ f k∞ ds dz p
2 t −s
2 t −s
0
0
p
= C k∇ f k∞ T < ∞,
con
Z
C=
dz Γd (z, 1) |z|,
k∇ f k∞ =
sup
|∇ f (x, t )|.
(x,t )∈Rd ×[0,T ]
Dall’espressione esplicita del nucleo Γd (z, 1) si ha Γd (z, 1)z = −2D∇Γd (z, 1). Pertanto, essendo
p
p
¤
£
∇Γd (z, 1) · ∇ f (x + z t − s, s) = divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s)
p
p
− Γd (z, 1) t − s ∆ f (x + z t − s, s),
otteniamo
Z t Z
p
∂V
ds dz Γd (z, 1)∆ f (x + z t − s, s)
(x, t ) = f (x, t ) + D
∂t
0
Z t
Z
p
¤
£
D
− ds p
dz divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s) .
t −s
0
Il primo integrale nel membro di destra converge assolutamente ed uniformemente per (x, t ) ∈ Rd × [0, T ] poiché abbiamo assunto le derivate seconde D 2x f
limitate. Quindi,
Z t Z
Z t Z
p
p
ds dz Γd (z, 1)∆ f (x + z t − s, s) = ∆ ds dz Γd (z, 1) f (x + z t − s, s)
0
0
= ∆w(x, t ).
D’altra parte, per il teorema della divergenza,
Z
p
£
¤
dz divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s)
Z
p
¤
£
= lim
dz divz Γd (z, 1)∇ f (x + z t − s, s)
R→∞ B R (0)
Z
p
= lim
dσ(ζ) Γd (ζ, 1) ν(ζ) · ∇ f (x + ζ t − s, s)
R→∞ ∂B R (0)
= 0,
dove B R (0) è la bolla in Rd di centro l’origine e raggio R, ν(ζ) = ζ/R è la normale
esterna alla bolla, mentre l’ultima uguaglianza segue dalla stima
¯Z
¯
¯
¯ k∇ f k∞ |∂B R (0)| −R 2 /(4D)
p
¯
dσ(ζ) Γd (ζ, 1) ν(ζ) · ∇ f (x + ζ t − s, s)¯¯ ≤
e
.
¯
(4πD)d /2
∂B R (0)
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7.6 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DELLE RIFLESSIONI
135
Dunque ∂V
∂t (x, t ) = f (x, t )+∆V (x, t ). Con stime analoghe, che omettiamo, si mostra che V (x, t ) è continua in Rd ×[0, T ] e che le derivate seconde D 2x V (x, t ) sono
continue in Rd × (0, T ), il che conclude la dimostrazione del teorema.
7.6. Risoluzione di problemi con il metodo delle riflessioni
La soluzione generale del problema di Cauchy globale permette di calcolare anche la soluzione di alcuni problemi con bordo. Considereremo nel seguito problemi in dimensione d = 1 e porremo, per brevità di notazione, Γ(x, t ) =
Γ1 (x, t ).
E SEMPIO 7.1. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo,

∂u
∂2 u


in (0, L) × R+ ,

 ∂t = D ∂x 2
(7.13)
u(x, 0) = g (x)
per x ∈ [0, L],




u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.
Cerchiamo una funzione g̃ : R → R, che coincida con g sull’intervallo [0, L] e sia
tale che la soluzione ũ(x, t ) del problema di Cauchy globale di dato iniziale g̃ si
annulli, identicamente nel tempo, per x = 0 ed x = L. Chiaramente, la restrizione
di ũ(x, t ) all’intervallo [0, L], ovvero la funzione
Z
u(x, t ) = dy Γ(x − y, t )g̃ (y),
(x, t ) ∈ [0, L] × [0, ∞),
(7.14)
fornisce allora la soluzione del problema (7.13).
Asseriamo che la funzione cercata si ottiene prolungando g per disparità
in [−L, L] e quindi per periodicità in tutto R. Altrimenti detto, g̃ è determinata
imponendo
(
g (x)
se x ∈ [0, L],
g̃ (x) =
g̃ (x) = g̃ (x + 2L) ∀ x ∈ R
−g (−x) se x ∈ [−L, 0],
(si osservi che g̃ ∈ C (R) poiché g (0) = g (L) = 0). A tal scopo dimostriamo che
anche a tempi positivi t > 0 la soluzione ũ(x, t ) è una funzione dispari e 2Lperiodica di x (il che implica in particolare ũ(0, t ) = ũ(L, t ) = 0 per ogni t ≥ 0).
Tale proprietà segue dall’invarianza rispetto a traslazioni e riflessioni dell’equazione del calore. Osserviamo infatti che le funzioni
v ± (x, t ) = ±ũ(−x, t ),
v L (x, t ) = ũ(x + 2L, t )
(7.15)
sono anch’esse soluzioni dell’equazione del calore, di dati iniziali rispettivamente g̃ ± (x) = ±g̃ (−x) e g̃ L (x) = g̃ (x +2L). Ma per la definizione di g̃ (x) è chiaramente g̃ − (x) = g̃ L (x) = g̃ (x). Ne segue, per l’unicità della soluzione, che
ũ(x, t ) = −ũ(−x, t ) = ũ(x + 2L, t )
∀ (x, t ) ∈ R × [0, ∞).
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136
E QUAZIONE DEL CALORE
Notiamo infine che è possibile esprimere esplicitamente la soluzione u in termini del dato iniziale g . Infatti, sfruttando la periodicità di g̃ possiamo scrivere
Z
X Z (2n+1)L
u(x, t ) = dy Γ(x − y, t )g̃ (y) =
dy Γ(x − y, t )g̃ (y)
n∈Z (2n−1)L
=
=
XZ
L
n∈Z −L
XZ L
n∈Z −L
dy Γ(x − y − 2nL, t )g̃ (y + 2nL)
dy Γ(x − y − 2nL, t )g̃ (y).
Poiché g̃ in [−L, L] è il prolungamento dispari di g , si ha inoltre
Z L
dy Γ(x − y − 2nL, t )g̃ (y)
−L
L
Z
=
0
L
Z
=
0
L
Z
=
0
dy Γ(x − y − 2nL, t )g (y) −
dy Γ(x − y − 2nL, t )g (y) −
0
Z
−L
Z L
0
dy Γ(x − y − 2nL, t )g (−y)
dy Γ(x + y − 2nL, t )g (y)
dy [Γ(x − y − 2nL, t ) − Γ(x + y − 2nL, t )]g (y).
Pertanto
L
Z
u(x, t ) =
0
dy G D (x, y, t )g (y),
x ∈ [0, L],
t > 0,
avendo definito la soluzione fondamentale del problema di Cauchy-Dirichlet,
X
G D (x, y, t ) =
[Γ(x − y − 2nL, t ) − Γ(x + y − 2nL, t )], x, y ∈ [0, L], t > 0.
n∈Z
Vale la pena notare che il calcolo precedente è in effetti valido per ogni x ∈ R e
che G D (x, y, t ) è una funzione 2L-periodica e dispari rispetto alla variabile x (lasciamo al lettore la verifica di quest’ultima affermazione). Dunque la soluzione
del problema globale si scrive nella medesima forma,
Z L
ũ(x, t ) =
dy G D (x, y, t )g (y), x ∈ R, t > 0,
0
da cui si deduce anche a posteriori che essa è una funzione 2L-periodica e dispari della variabile x.
E SEMPIO 7.2. Consideriamo ora il problema di Cauchy-Neumann omogeneo,

∂u
∂2 u


=D 2
in (0, L) × R+ ,


 ∂t
∂x
(7.16)
u(x, 0) = g (x)
per x ∈ [0, L],




 ∂u (0, t ) = ∂u (L, t ) = 0 per t ≥ 0.
∂x
∂x
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7.6 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DELLE RIFLESSIONI
137
In questo caso la funzione g̃ si ottiene prolungando g per parità in [−L, L] e
quindi per periodicità in tutto R, ovvero
(
g (x)
se x ∈ [0, L],
g̃ (x) =
g̃ (x) = g̃ (x + 2L) ∀ x ∈ R.
g (−x) se x ∈ [−L, 0],
Notiamo che g̃ ∈ C 1 (R) assumendo, compatibilmente con il problema di Neumann, che g ∈ C 1 ([0, L]) con g 0 (0) = g 0 (L) = 0. Ragionando come nell’esempio
precedente, ora sulla coppia di funzioni v + (x, t ) e v L (x, t ) in (7.15), si dimostra
che l’equazione del calore preserva la parità e periodicità del dato iniziale, e si
conclude infine che la soluzione del problema (7.16) si scrive nella forma
Z L
u(x, t ) =
dy G N (x, y, t )g (y), x ∈ [0, L], t > 0,
0
avendo definito la soluzione fondamentale del problema di Cauchy-Neumann,
X
G N (x, y, t ) =
[Γ(x − y − 2nL, t ) + Γ(x + y − 2nL, t )], x, y ∈ [0, L], t > 0.
n∈Z
Lasciamo al lettore il dettaglio della prova e la verifica diretta che G N (x, y, t ) è
una funzione 2L-periodica e pari rispetto alla variabile x.
E SEMPIO 7.3. Analogamente si trattano i problemi di Cauchy-Dirichlet e di
Cauchy-Neumann sulla semiretta,

2

 ∂u = D ∂ u
in R+ × R+ ,

 ∂t
∂x 2
(7.17)
u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, ∞),




u(0, t ) = 0
per t ≥ 0,

∂2 u
∂u


=D 2
in R+ × R+ ,


 ∂t
∂x
(7.18)
u(x, 0) = g (x) per x ∈ [0, ∞),




 ∂u (0, t ) = 0
per t ≥ 0.
∂x
La funzione g̃ si ottiene prolungando g , rispettivamente, per disparità e parità
in tutto R. Si trova in tal modo,
Z ∞
u(x, t ) =
dy G D (x, y, t )g (y), x ≥ 0, t > 0,
0
per il problema di Dirichlet e
Z ∞
u(x, t ) =
dy G N (x, y, t )g (y),
0
per il problema di Neumann, dove ora
(
G D (x, y, t ) = Γ(x − y, t ) − Γ(x + y, t ),
G N (x, y, t ) = Γ(x − y, t ) + Γ(x + y, t ),
x ≥ 0,
t > 0,
x, y ≥ 0,
t > 0.
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138
E QUAZIONE DEL CALORE
7.7. Risoluzione di problemi con il metodo di Fourier
Per risolvere i problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann con condizioni al bordo omogenee si può ragionare esattamente come fatto in Sezione
5.2, cercando la soluzione formale nella forma
X
u(x, t ) = Wn (t )v n (x),
n
dove {v n (x), λn } è il sistema completo di autofunzioni/autovalori (che supponiamo noto) per il relativo problema agli autovalori. In questo caso Wn (t ) è
soluzione dell’equazione del prim’ordine Ẇn (t ) = λn DWn (t ), cosicché Wn (t ) =
Wn (0)eλn D t , e le condizioni iniziali Wn (0) sono determinate richiedendo che
X
g (x) = u(x, 0) = Wk (0)v n (x),
n
da cui, per l’ortogonalità delle autofunzioni,
R
dx g v n
Wn (0) = RΩ
.
2
Ω dx v n
In particolare, nel caso unidimensionale, ovvero della propagazione del calore
in una sbarra, i sistemi di autofunzioni sono forniti dalla teoria delle serie di
Fourier e possiamo quindi risolvere esplicitamente tutta una serie di problemi,
esattamente come fatto nel caso della corda vibrante. Vediamone alcuni esempi
significativi.
E SEMPIO 7.4. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Dirichlet omoge¡
¢
n 2 π2
neo (7.13) dell’Esempio 7.1. In questo caso v n (x) = sin nπ
L x e λn = − L 2 , n ≥ 1,
pertanto la soluzione si scrive nella forma
¶
µ
Z
³ nπ ´
³ nπ ´
X
2 L
n 2 π2 D
t
sin
dy
g
(y)
sin
u(x, t ) =
x
,
ĝ
=
y .
ĝ n exp −
n
L2
L
L 0
L
n≥1
Dal teorema di Fourier sappiamo che se g ∈ C 1 ([0, L]) e g (0) = g (L) = 0 allora
P
n≥1 |ĝ n | < ∞, per cui u è continua su tutta la striscia [0, L] × [0, ∞) ed il dato
iniziale viene assunto uniformemente. D’altra parte notiamo che sotto la sola
ipotesi di integrabilità locale di g i coefficienti della serie soluzione convergono
a zero esponenzialmente in n 2 ed uniformemente per ogni t ≥ t 0 con t 0 fissato.
Quindi u ∈ C ∞ ([0, L] × R+ ) e la sua serie può essere derivata termine a termine
infinite volte. Ritroviamo in tal modo anche in questo contesto la forte proprietà
regolarizzante dell’equazione del calore: l’evoluta di un dato iniziale anche solo
integrabile è infinitamente derivabile ad ogni tempo positivo. Possiamo infine
dedurre il comportamente asintotico nel tempo della soluzione. Infatti, per ogni
t ≥ 1,
µ 2
¶
µ
¶
µ 2 ¶
X
π D
n 2 π2 D
π D
|u(x, t )| ≤ exp − 2 (t − 1)
|ĝ n | exp −
= C exp − 2 t ,
2
L
L
L
n≥1
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7.7 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DI F OURIER
139
cioè u(x, t ) → 0 esponenzialmente in t ed uniformemente su [0, L], con un tasso
pari a D volte il modulo del primo autovalore.
E SEMPIO 7.5. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Neumann omo¡
¢
n 2 π2
geneo (7.16) dell’Esempio 7.2. In questo caso v n (x) = cos nπ
L x e λn = − L 2 ,
n ≥ 0, pertanto la soluzione si scrive nella forma
µ
¶
Z
³ nπ ´
³ nπ ´
n 2 π2 D
2 L
ĝ 0 X
+
ĝ n exp −
t
cos
x
,
ĝ
=
dy g (y) cos
y .
u(x, t ) =
n
2
2 n≥1
L
L
L 0
L
Dal teorema di Fourier sappiamo che se g ∈ C 1 ([0, L]) e g 0 (0) = g 0 (L) = 0 allora
P
n≥0 |ĝ n | < ∞, per cui u è continua su tutta la striscia [0, L] × [0, ∞) ed il dato
iniziale viene assunto uniformemente. D’altra parte, ragionando come nell’Esempio 7.4, sotto l’ipotesi di semplice integrabilità locale di g deduciamo che
u ∈ C ∞ ([0, L] × R+ ) e che la sua serie può essere derivata termine a termine
infinite volte. Infine, in questo caso, per ogni t ≥ 1,
¯
¯
µ 2
¶
¶
µ 2 ¶
µ
X
¯
¯
π D
n 2 π2 D
¯u(x, t ) − ĝ 0 ¯ ≤ exp − π D (t − 1)
= C exp − 2 t ,
|ĝ n | exp −
¯
¯
2
2
2
L
L
L
n≥1
R
L
cioè u(x, t ) → L1 0 dy g (y) esponenzialmente in t ed uniformemente su [0, L],
con un tasso pari a D volte il modulo del primo autovalore non nullo. Il fatto che
converga alla media del dato iniziale non deve sorprendere. Infatti le condizioni
RL
di Neumann omogenee implicano che la massa totale 0 dx u(x, t ) è conservata,
ovvero
·
¸
Z
Z L
d L
∂2 u
∂u
∂u
dx u(x, t ) = D
dx 2 (x, t ) = D
(L, t ) −
(0, t ) = 0,
dt 0
∂x
∂x
∂x
0
pertanto se u(x, t ) tende ad una costante questa deve essere pari alla media del
dato iniziale.
E SEMPIO 7.6. Le versioni non omogenee dei problemi (7.13) e (7.16) possono risolversi con il metodo di Duhamel, che può essere applicato sia nel contesto del metodo delle riflessioni che in quello di Fourier. Ad esempio, nel caso
del problema di Cauchy-Dirichlet con dati al bordo omogenei e forzante f (x, t )
possiamo esprimere la soluzione formale nella forma (cfr. l’Esempio 7.1)
Z L
Z t Z L
u(x, t ) =
dy G D (x, y, t )g (y) + ds
dy G D (x, y, t − s) f (y, s),
0
0
0
oppure, supponendo che la forzante sia espandibile in serie di seni,
Z
³ nπ ´
³ nπ ´
X
2 L
f (x, t ) =
fˆn (t ) sin
x ,
fˆn (t ) =
dy f (y, t ) sin
y ,
L
L 0
L
n≥1
nella forma
u(x, t ) =
X
n≥1
Wn (t ) sin
³ nπ ´
x
L
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140
E QUAZIONE DEL CALORE
dove, posto Wn (0) =
¡ nπ ¢
R
2 L
dy
g
(y)
sin
0
L
L y ,
¶ Z t
µ
¶
µ
n 2 π2 D
n 2 π2 D
t
+
ds
exp
−
(t
−
s)
Wn (t ) = Wn (0) exp −
fˆn (s).
L2
L2
0
Analogamente, nel caso del problema di Cauchy-Neumann, (cfr. l’Esempio
7.2)
L
Z
u(x, t ) =
0
t
Z
dy G N (x, y, t )g (y) +
L
Z
ds
0
0
dy G N (x, y, t − s) f (y, s),
oppure, supponendo che la forzante sia espandibile in serie di coseni,
f (x, t ) =
³ nπ ´
fˆ0 (t ) X ˆ
+
f n (t ) cos
x ,
2
L
n≥1
2
fˆn (t ) =
L
L
Z
dy f (y, t ) cos
0
³ nπ ´
y ,
L
nella forma
³ nπ ´
W0 (t ) X
+
Wn (t ) cos
x
2
L
n≥1
¡
¢
RL
dove, posto ora Wn (0) = L2 0 dy g (y) cos nπ
L y ,
u(x, t ) =
t
Z
W0 (t ) = W0 (0) +
0
ds fˆ0 (s),
µ
µ
¶ Z t
¶
n 2 π2 D
n 2 π2 D
Wn (t ) = Wn (0) exp −
ds
exp
−
fˆn (s),
t
+
(t
−
s)
L2
L2
0
n ≥ 1.
Tutte le soluzioni sopra trovate sono non solo formali se sono lecite le operazioni di derivazione (una rispetto a t e due rispetto a x) attraverso gli integrali e le
serie. Questo è garantito se la forzante f è sufficientemente regolare. Ad esempio se f ∈ C 2 ([0, L] × [0, ∞)) e f (0, t ) = f (L, t ) = 0 (nel caso di Dirichlet) ovvero
∂f
∂f
∂x (0, t ) = ∂x (L, t ) = 0 (nel caso di Neumann).
E SEMPIO 7.7. Il problema della propagazione del calore in una piastra rettangolare con condizioni di temperatura nulla al bordo può essere risolto con il
metodo della separazione delle variabili analogamente alle vibrazioni libere di
una membrana rettangolare discusse in Sezione 5.2. Con la notazione di quella
sezione si trova ora la soluzione
"
Ã
! #
2
2
X
k
n
u(x, t ) =
ĝ n,k exp −π2 2 + 2 t Vn,k (x),
L1 L2
n,k≥1
dove
4
ĝ n,k =
L1L2
L1 Z L2
Z
0
0
dx g (x)Vn,k (x),
con g (x) = u(x, 0) la temperatura iniziale della piastra.
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7.7 R ISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DI F OURIER
141
E SEMPIO 7.8. Consideriamo il problema del flusso di calore in una sbarra i
cui estremi sono tenuti a temperature differenti,

∂u
∂2 u


in (0, L) × R+ ,
=
D

 ∂t
∂x 2
(7.19)
u(x, 0) = g (x)
per x ∈ [0, L],




u(0, t ) = T1 , u(L, t ) = T2 per t ≥ 0.
I dati al bordo sono non omogenei per cui non possiamo applicare direttamente
il metodo di Fourier. D’altra parte il problema stazionario con le stipulate condi2
zioni al bordo ha l’unica soluzione ū(x) = T1 + T1 −T
L x. Se cerchiamo la soluzione
nella forma u(x, t ) = ū(x) + v(x, t ), allora v(x, t ) risolve il problema omogeneo di
dati iniziali v(x, 0) = g (x) − ū(x), pertanto
µ
¶
³ nπ ´
X
n 2 π2 D
u(x, t ) = ū(x) +
c n exp −
t
sin
x ,
L2
L
n≥1
Z
³ nπ ´
2 L
dy [g (x) − ū(x)] sin
cn =
y .
L 0
L
Osserviamo che ora u(x, t ) → ū(x) esponenzialmente per t → ∞.
Si tratta in modo analogo il problema di Cauchy-Neumann con flusso uguale
∂u
agli estremi, ∂u
∂x (0, t ) = ∂x (L, t ) = τ, in cui esiste una famiglia di soluzioni stazionarie ū α (x) = α+τx, e quelli misti Dirichlet/Neumann in cui la soluzione stazionaria è univocamente determinata. Nel primo caso si può scegliere ad esempio
R
R
ĝ
1 L
1 L
α = 20 − τL
2 , cosicché L 0 dy g (y) = L 0 dy ū α (y), e dunque u(x, t ) − ū α (x) ha
media nulla e tende a zero per t → ∞.
Consideriamo infine il problema di Cauchy-Neumann con flussi differen∂u
ti agli estremi, diciamo ∂u
∂x (0, t ) = τ1 e ∂x (L, t ) = τ2 con τ1 6= τ2 . In questo caso non esiste una soluzione stazionaria. Possiamo però operare nella seguente
maniera. Sia
τ1
τ2 2
ũ(x) = − (x − L)2 +
x ,
2L
2L
cosicché
τ 2 − τ1
ũ 0 (0) = τ1 , ũ 0 (L) = τ2 , ũ 00 (x) =
.
L
Se cerchiamo la soluzione del problema nella forma u(x, t ) = ũ(x)+ v(x, t ) allora
v(x, t ) risolve il problema di Cauchy-Neumann con forzante costante,

∂v
∂2 v
τ2 − τ1


=
D
in (0, L) × R+ ,
+D


2
 ∂t
∂x
L
v(x, 0) = g (x) − ũ(x)
per x ∈ [0, L],



∂v
∂v

 (0, t ) =
(L, t ) = 0 per t ≥ 0.
∂x
∂x
che si risolve come descritto nell’Esempio 7.6.
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142
E QUAZIONE DEL CALORE
7.8. Derivazione microscopica dell’equazione del calore
Deriviamo l’equazione del calore da un modello probabilistico di dinamica microscopica, in cui l’effetto dell’ambiente (o mezzo) su ciascuna particella
(della sostanza la cui diffusione nel mezzo si vuole descrivere) viene schematizzato mediante forze stocastiche. In effetti, in assenza di informazioni a priori
sulla presenza di forze ordinate che agiscono sulla particella, è ragionevole assumere che l’effetto degli innumerevoli urti caotici e disordinati che essa subisce con i componenti (molecole) del mezzo non dia luogo a direzioni privilegiate nel suo movimento; piuttosto essa avrà uguale probabilità di andare in ogni
possibile direzione dello spazio.
Prendiamo in esame il più semplice dei modelli compatibili con tale comportamento, la passeggiata aleatoria simmetrica in dimensione d = 1.
Supponiamo che la particella possa occupare le posizioni del reticolo di passo ε, εZ = {x = εk : k ∈ Z}, e che, ai tempi discreti t di passo τ, t ∈ τN = {τn : n ∈
N}, essa si sposti, con uguale probabilità p = 1−p = 1/2, sul sito a destra o sul sito
a sinistra di quello occupato. Assumiamo inoltre che ogni salto è un evento indipendente dai precedenti e che al tempo t = 0 la particella occupi la posizione
x = 0.
Possiamo descrivere questo processo aleatorio mediante una collezione di
variabili di Bernoulli {ξ j } j ∈N , indipendenti ed identicamente distribuite secondo
la legge
1
P(ξ j = −1) = P(ξ j = 1) = ,
2
j ∈ N,
dove con P(A) indichiamo la probabilità dell’evento A. Infatti, ponendo
Sn =
n
X
ξj ,
n ∈ N,
j =1
è evidente che posizione della particella al tempo t = τn è fornita dalla variabile
aleatoria
X t(ε) = εS n = εS t /τ .
Indichiamo con p ε (x, t ) la probabilità che la particella si trovi in x ∈ εZ al tempo
t = τn. Cercheremo un opportuno limite del continuo, ε → 0 e τ = τ(ε) → 0, tale
che il limite della distribuzione di probabilità della variabile X t(ε) sia non banale,
ovvero descriva la distribuzione di una variabile aleatoria X t con media finita e
varianza finita e non nulla. A tal scopo osserviamo preliminarmente che
E(ξi ) = 0,
E(ξi ξ j ) =
(
E(ξ2i ) = 1
se i = j ,
E(ξi )E(ξ j ) = 0 se i 6= j ,
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7.8 D ERIVAZIONE MICROSCOPICA DELL’ EQUAZIONE DEL CALORE
143
dove indichiamo con E(η) il valore di attesa della variabile aleatoria η. Pertanto,
E(X t(ε) ) =
n
X
E((X t(ε) )2 ) = ε2
E(ξ j ) = 0,
j =1
n X
n
X
t
E(ξi ξ j ) = ε2 n = ε2 .
τ
i =1 j =1
Questo indica che per avere una distribuzione limite non banale, con 0 < E(X t2 ) <
∞, è necessario che ε2 /τ → (cost) 6= 0 per ε → 0. Altrimenti detto, lo spazio ed il
tempo microscopici devono essere scalati attraverso una dilatazione parabolica.
Per individuare la legge limite, cerchiamo un’equazione per la probabilità
p ε (x, t ). Utilizzando la formula della probabilità totale,
(ε)
(ε)
(ε)
p ε (x, t + τ) = P(X t(ε)
+τ = x) = P(X t +τ = x|X t = x + ε) P(X t = x + ε)
(ε)
(ε)
+ P(X t(ε)
+τ = x|X t = x − ε) P(X t = x − ε)
1
1
= p ε (x + ε, t ) + p ε (x − ε, t ).
2
2
Infatti, per l’indipendenza delle variabili ξ j , le probabilità condizionate sono
1
(ε)
(ε)
P(X t(ε)
+τ = x|X t = x ± ε) = P(ξn+1 = ∓1|X t = x ± ε) = P(ξn+1 = ∓1) = ,
2
dove n = t /τ. Pertanto,
p ε (x, t + τ) − p ε (x, t ) =
¤
1£
p ε (x + ε, t ) + p ε (x − ε, t ) − 2p ε (x, t ) .
2
(7.20)
Supponiamo ora che in un opportuno limite di scala ε, τ → 0 la distribuzione di
probabilità della variabile X t(ε) converga a quella di una variabile aleatoria reale
X t , t ∈ R, la cui legge è caratterizzata da una densità regolare P (x, t ), ovvero
Z b
dx P (x, t )
∀ a ≤ b.
P(X t ∈ [a, b]) =
a
Questo significa che deve aversi, per ε, τ → 0,
Z b
X
P(X t(ε) ∈ [a, b]) =
p ε (x, t ) '
dx P (x, t )
x∈εZ
a≤x≤b
a
∀ a ≤ b.
Quindi deve essere p ε (x, t ) ' εP (x, t ), cosicché dalla (7.20) possiamo dedurre
la giusta scala temporale ed un’equazione per P (x, t ). Infatti, assumendo sufficiente regolarità,
∂P
(x, t ) + o(τ),
∂t
∂2 P
P (x + ε, t ) + P (x − ε, t ) − 2P (x, t ) = ε2 2 (x, t ) + o(ε2 ),
∂x
P (x, t + τ) − P (x, t ) = τ
da cui, sostituendo nella (7.20),
1 ε2 ∂2 P
o(ε2 )
∂P
(x,
t
)
+
(x, t ) + o(1) =
.
∂t
2 τ ∂x 2
τ
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144
E QUAZIONE DEL CALORE
Nuovamente, per avere un limite non banale, troviamo la necessità di una dilatazione parabolica. In particolare, assumendo che
ε2
= 2D > 0,
ε→0 τ
lim
∂ P
la densità P (x, t ) soddisfa l’equazione del calore ∂P
∂t (x, t ) = D ∂x 2 (x, t ) con coefficiente di diffusione D. Inoltre, poiché p ε (x, 0) = δx,0 , per ogni funzione f continua e limitata,
X
E( f (X 0(ε) )) =
f (x)p ε (x, 0) = f (0)
∀ ε > 0.
2
x∈εZ
Nel limite ε → 0 si deduce che E( f (X 0 )) = f (0), ovvero che P (x, t ) → δ(x) per
t → 0+ nel senso delle distribuzioni. In conclusione,
·
¸
1
x2
P (x, t ) = Γ1 (x, t ) = p
exp −
.
4D t
4πD t
Altrimenti detto, la soluzione fondamentale dell’equazione del calore è la distribuzione di probabilità (gaussiana) del limite continuo, sotto dilatazione parabolica, di una passeggiata aleatoria simmetrica. Il processo limite X t è detto moto
browniano (uscente da x = 0).
Osserviamo che
Z
E(X t ) = dx P (x, t ) x = 0,
E(X t2 ) =
Z
dx P (x, t ) x 2 = 2D t .
In particolare è chiaro il nome di coefficiente di diffusione che si attribuisce alla
costante D (o talvolta 2D): nel tempo macroscopico t la particella “diffonde”
p
nello spazio ad una distanza media 2D t (in unità microscopiche significa che
p
diffonde ad una distanza media k ∼ ε−1 t dopo un tempo n ∼ ε−2 t ).
Si osservi però che, essendo ετ−1 → ∞ per ε → 0, la velocità del processo
limite X t è infinita con probabilità uno. Cioè, con probabilità uno, le traiettorie
t → X t sono continue ma non differenziabili. Ed è per questo motivo che la velocità di propagazione per l’equazione del calore risulta infinita: per qualunque
tempo t > 0 ed intervallo [a, b] della retta, è diversa da zero la probabilità che la
particella (inizialmente posta nell’origine) si trovi in [a, b] al tempo t .
Più in generale, se la particella al tempo t = 0 non è posta in x = 0 ma è posta
sul reticolo εZ in modo casuale ed indipendente dal mezzo, secondo una legge
di probabilità %ε (x), ovvero
X
P(X 0(ε) ∈ [a, b]) =
%ε (x),
x∈εZ
a≤x≤b
allora
P(X t(ε) ∈ [a, b]) =
X
y∈εZ
%ε (y)
X
p ε (x − y, t ).
x∈εZ
a≤x≤b
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7.8 D ERIVAZIONE MICROSCOPICA DELL’ EQUAZIONE DEL CALORE
145
Assumendo che %ε (x) ' ε%(x) per una qualche densità continua di probabilità
%
%(x), indicando ora con X t la posizione della particella nel limite ε → 0, si ha
Z
Z b
Z b
Z
%
P(X t ∈ [a, b]) = dy %(y)
dx P (x − y, t ) =
dx dy P (x − y, t )%(y),
a
a
%
ovvero la variabile aleatoria X t è distribuita con densità di probabilità
Z
P % (x, t ) = dy P (x − y, t )%(y),
che è la soluzione dell’equazione del calore di dato iniziale %(x).
Il legame tra la precedente interpretazione probabilistica dell’equazione del
calore e la sua interpretazione euristica come legge di evoluzione della concentrazione di una sostanza (o altra grandezza fisica) risiede nella legge dei grandi numeri. Supponiamo che la grandezza c(x, t ) rappresenti la concentrazione
per unità di volume di una sostanza che diffonde in un mezzo, costituita da un
numero N molto grande (∼ 1023 ) di particelle identiche. Supponendo che tale
sostanza sia molto diluita, possiamo trascurare l’interazione tra le particelle e
supporre che esse siano sottoposte unicamente all’interazione con il mezzo. È
inoltre ragionevole assumere che il moto di tali particelle non influenzi molto
l’evoluzione del mezzo. Sotto tutte queste ipotesi, possiamo postulare che l’insieme delle posizioni X t(1) , . . . , X t(N ) delle particelle siano N passeggiate aleatorie
indipendenti ed ugualmente distribuite.
Ora, per la legge dei grandi numeri, se N → ∞, le fluttuazioni nella frequenza di un evento su N prove indipendenti tendono a zero, ovvero tale frequenza
tende (con probabilità uno) al suo valore atteso, che è pari alla probabilità dell’evento considerato. Quindi, in particolare, se N a,b (t ) è il numero di particelle
che si trovano in [a, b] al tempo t , deve aversi
Z b
N a,b (t )
(1)
lim
dx P % (x, t ),
= P(X t ∈ [a, b]) =
P=1
N →∞
N
a
dove %(x) è la densità di probabilità al tempo t = 0 di ciascuna particella. Ma il
limite a sinistra è pari alla frazione di sostanza contenuta nell’intervallo [a, b] al
tempo t . Pertanto, supponendo che la massa totale della sostanza sia normalizR
Rb
zata ad uno, ovvero dx c(x, t ) = 1, tale limite deve essere uguale a a dx c(x, t ).
Concludiamo che c(x, t ) = P % (x, t ), ovvero c(x, t ) è la soluzione dell’equazione
del calore di dato iniziale c(x, 0) = %(x).
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Bibliografia
[1] V.I. Arnold. Lectures on Partial Differential Equations. (Coll. Universitext) Berlin: Springer,
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[4] V.I. Smirnov. Corso di Matematica Superiore II. Roma : Editori Riuniti, 1977.
[5] S. Vladimirov. Equazioni della Fisica Matematica. Mosca: Mir, 1987.
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