Il fedelissimo di Renzi conferma “Ci chiesero di
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Il fedelissimo di Renzi conferma “Ci chiesero di
Per un giorno le Borse rimbalzano ma in tutta Europa si discute del problema della banche italiane. Potremmo rimpiangere l’estate dello spread nel 2011 y(7HC0D7*KSTKKQ( +]!"!]!$!; Mercoledì 29 giugno 2016 – Anno 8 – n° 178 e 1,50 – Arretrati: e 3,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 LO SPETTRO DELL’ISIS Esplosioni e raffiche di mitra ai controlli di sicurezza Premio di minoranza Istanbul, kamikaze all’aeroporto: “Almeno dieci morti e 60 feriti” » MARCO TRAVAGLIO P q BARBONAGLIA A PAG. 19 COMPLOTTO SULL’ENI Andrea Bacci sentito come teste dai pm di Siracusa Il fedelissimo di Renzi conferma “Ci chiesero di fermare Descalzi” p L’imprenditore vicino al premier ha rivelato che da ambienti iraniani erano giunte pressioni: “Dovete sostituirlo con Umberto Vergine nel ruolo di ad”. E nei prossimi giorni la procura sentirà anche Lotti e Carrai IL VERTICE La stima di Draghi ai leader Il conto della Brexit: -0,5% del Pil europeo in tre anni q SOFFICI A PAG. 4 Mannelli q BARBACETTO, FELTRI E MASSARI A PAG. 2 - 3 La cattiveria Per la Brexit decisivo il voto degli anziani. Aveva ragione Studio Aperto, non bisogna farli uscire con il caldo WWW.SPINOZA.IT AMICI DI GOVERNO Volley, miracolo: Firenze ripescata dai soliti noti q DI FOGGIA A PAG. 14 Petrolio Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni LaPresse QUEGLI UOMINI IMPAGLIATI CHE REGGONO L’UE REFERENDUM L’Agcom si sveglia, pronta la delibera per dare spazio anche al “No” in tv » BARBARA SPINELLI N el Parlamento europeo di cui sono membro, quel che colpisce, osservando la reazione alla Brexit, è la diffusa assenza di autocritica. A PAGINA 5 q TECCE A PAG. 7 PRETE DI STRADA ISLANDA & EURO2016 Lo scrittore Stefànsson: “Come è nato il miracolo” NORI CORBUCCI “LA NOSTRA SAGA DI VULCANI E PALLONE” » FRANCESCO MUSOLINO I Giuliani, De André e la politica: ecco i diari di don Gallo q SANSA A PAG. 10 - 11 l segreto della squadra islandese? Gioca come una sola persona. Tutti ci prendono sottogamba e noi possiamo giocare senza nessuna pressione contro tutti. Tanto, c os ’abbiamo da perdere?”. Considerato il più importante scrittore islandese, Jòn Kalman Stefánsson – classe ’63, poeta e autore della potente trilogia Paradiso e Inferno (in Italia tutti i suoi romanzi sono pubblicati da Iperborea) – dopo aver trascorso qualche giorno in Italia per presentare Grande come l’universo – la seconda parte della saga familiare avviata con I pesci non hanno gambe – è volato a casa, a Reykjavík, per seguire “senza nessuna di- strazione”, le prodezze dell’Islanda a Euro 2016. Nei suoi libri, aulici e al contempo affini alle tradizionali saghe scandinave, ritrae potenti affreschi della sua terra ma nel suo ultimo romanzo pone al centro della scena il rapporto del protagonista, Ari, con il padre morente. SEGUE A PAGINA 20 “Bud e Sergio chiusi in roulotte con gli spaghetti” q FERRUCCI A PAG. 21 overa Spagna, se avesse l’Italicum, anzi l’Ispanicum, avrebbe un bel governo stabile. Invece niente. Il trust di cervelli che guida il Pd e purtroppo anche l’Italia ha riattaccato col solito mantra. “Quanto accaduto in Spagna – spiega il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini – dovrebbe indurre a qualche riflessione chi ci propone di cambiare l’Italicum che garantisce rappresentanza e governabilità”. E q ue l l’altro genio di Stefano Ceccanti, costituzionalista de noantri, aggiunge: “Il voto spagnolo dimostra che in una situazione non più bipolare, se non si opta per un sistema elettorale che consenta ai cittadini di scegliere da chi essere governati come avviene col doppio turno, o si aprono le porte a larghe intese o si condanna la democrazia all’impotenza”. Già, perché questi spudorati continuano a definire “democrazia” il loro modello antidemocratico. Intanto la cosiddetta “sinistra” Pd, dopo aver votato l’Italicum e la controriforma costituzionale, ora fa la boccuccia schifata e chiede qualche ritocco qua e là. Posizione ridicola. A pag. 13 Gianfranco Pasquino spiega perché l’Italicum non è migliorabile: va cestinato e basta. Ma, siccome i renziani tirano in ballo la Spagna, tanto vale prenderli sul serio. “Con un ballottaggio tra Rajoy e Sanchez – sdottoreggia il Ceccanti – la Spagna avrebbe finalmente un vincitore e un governo”. Bel “democratico”. Il Ppe di Rajoy è arrivato primo alle penultime e alle ultime elezioni, dove ha raccolto il 33% dei voti. Cioè, avendo votato il 69% degli aventi diritto, rappresenta il 23% degli spagnoli. Meno di un quarto. Perché mai dovrebbe avere il 54% della Camera, come prevede l’Italicum, e governare da solo? I premi di maggioranza si chiamano così perché aiutano a governare chi ha la maggioranza, non chi è minoranza nel suo Paese. Per questo la Corte costituzionale, nella storica sentenza 1/2014 che radeva al suolo il Porcellum, ammetteva l’ipotesi di un premio di maggioranza, purché fosse legato a una soglia minima, sotto la quale nessun premio è legittimo perché calpesta l’art. 1 della Costituzione: la sovranità popolare. Allora i furbastri che ci governano, infischiandosene di non avere una maggioranza legittima in Parlamento (gliel’ha regalata il premio illegittimo del Porcellum), hanno studiato il modo di ingannare la Consulta, fissando una soglia così alta che nessuno ci arriverà mai: il 40%. E hanno previsto un trucchetto per annullarla quando non la si raggiunge, cioè sempre: il ballottaggio, unico al mondo, fra i primi due partiti. SEGUE A PAGINA 24 2 » PRIMO PIANO VIAGGIO PRESIDENZIALE Mattarella dieci giorni in America Latina per le imprese italiane | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 IL PRESIDENTE Sergio Mattarella sarà per dieci giorni in America Latina (dal primo al 10 luglio) con l’obiettivo di cementare definitivamente i rapporti con Paesi da tempo considerati strategici dalla politica estera italiana. È soprattutto l’Argentina uno dei mercati più attraenti per l’Italia e per sue grandi e medio piccole imprese. L’Italia e l'Argentina hanno potenzialmente q un rapporto bilaterale privilegiato e possono avere un ruolo chiave nelle relazioni tra l’Unione europea e il Mercosur. La visita del presidente Mattarella partirà dal Messico: un Paese di oltre 119 milioni di abitanti, membro dell’Ocse e del G20, undicesima economia mondiale, la seconda dell’America Latina. Un Paese strategico per le sue relazioni con gli Stati Uniti e le prospettive di crescita nonostante la piaga del narco-traffico. Il capo dello Stato si sposterà poi in Uruguay dove avrà colloqui con il presidente Tabaré Vazquez. Quindi l’Argentina con la partecipazione, il 9 luglio a San Miguel de Tucuman, alle celebrazioni del bicentenario dell’indipendenza. Non mancheranno in questa lunga visita al nuovo mondo incontri con i nostri connazionali. Bacci conferma tutto ai pm: “Il complotto anti-Eni c’era” Il primo testimone dei fedelissimi renziani in procura: ambienti iraniani avrebbero preferito Vergine a Descalzi nel ruolo di amministratore delegato “pressioni sul Giglio magico” che Gaboardi, negli interrogatori, ha raccontato ai pm. è un primo riscon- Pare che Bacci e Gaboardi, tro alla tesi del com- peraltro, non si conoscano, plotto internazio- circostanza che rende più atnale per far cadere tendibile, dal punto investil’amministratore delegato di gativo, la testimonianza Eni, Claudio Descalzi. E arriva del l’uomo vicino a Renzi. da un personaggio di primo Che però non ha definito copiano del Giglio magico: l’im- me una vera e propria presprenditore Andrea Bacci, sione l’intervento dell’i ml’uomo che ristrutturò la villa prenditore iraniano sul quale del premier, grande amico e ha piuttosto nutrito parecchi sostenitore di Matteo Renzi. dubbi, sia in quanto a capaciBacci ieri è stato sentito, come tà finanziarie, sia in quanto persona informata sui fatti, alla solidità dei progetti. In dalla Procura di Siracusa. altre parole, non l’ha giudicaL’indagine – come rivelato ie- to un personaggio attendibiri da il Fatto Quotidiano – ri- le. Più che una pressione, coguarda un fascicolo per corruzione internazionale. L’ipote- munque, Bacci ha interpresi dell’accusa, che nasce dalla tato le parole dell’i r a n ia n o testimonianza dell’indagato come una raccomandazione Massimo Ga– pro VergiGaboardi ha rivendicato governo nigeriano. Ed boardi, è che ne – rivolta a Gaincarlo Longo. Gli inquila paternità del docuè proprio da qui che un gruppo di Primo riscontro un intimo a- renti intendono verificare o- Prossimi teste mento raccontando tutti nasce l’accusa di conpersone si sia Quanto riferito mico del pre- gni dettaglio fornito da Ga- Verranno ascoltati i passaggi del presunto corso in corruzione inmosso affinm i e r . Q u e l boardi. come informati complotto. Se la pista ternazionale. L’origine ché Descalzi ai magistrati che conta, a investigativa fos– e in fondo anche il rev e n i s s e r i- avvalora le accuse questo pun- La promessa sui fatti anche Carrai bus – di questa indase confermata, mosso. Non t o , è c h e l a di denaro e preziosi gine è tutta racchiuil complotto sasolo. Dall’in- dell’indagato Gaboardi versione di Nulla può escludere, per e- e Luca Lotti sa in un dossier rerebbe stato G a b o a r d i , sempio, che l’indagato sia c h i e s t a ecapitato in procura doppio, visto sulle “p r e s- semplicemente venuto a comergono anche anche che trame per danneggiare lo sioni” nei confronti di Bacci, noscenza di questo episodio rio Luca Lotti e Marco Car- circa un anno fa. Un Renzi avrebbe stesso Renzi, nel caso in cui a- sono state riscontrate: l’inda- e lo abbia poi inserito in un rai che, come nel caso di Bac- dossier dettagliadovuto subire vesse continuato a sostenere gato aveva parlato proprio di teorema ancora tutto da ve- ci, avrebbero ricevuto pres- to. Un documento un “a t ta c co ” Descalzi, con lo scopo di con- un incontro tra Bacci e un i- rificare. E per verificarlo la sioni per cambiare la guida di che raccontava pur di raggiunvincerlo ad abbandonare l’at- raniano. Il che non basta an- procura convocherà tutte le Eni. La lista dei testimoni è p a s s a g g i o p e r gere l’ob ie tt icora, però, a rendere intera- persone che, a detta di Ga- lunga. Gaboardi ha elencato passaggio come tuale numero uno di Eni. vo. Uno scenamente credibile la versione boardi, sono a conoscenza decine di nomi a conoscenza raggiungere l’oA capo di imprese rio da spy story fornita alla Procura di Sira- sia del presunto complotto del presunto complotto. Per biettivo di far da 70 milioni l’anno che ovviamente cusa, guidata da Francesco contro Descalzi, sia dell’e- il quale avrebbe ricevuto la cadere Descalzi v a c o m p l e t aDel progetto, secondo la pi- Paolo Giordano e coadiuvato ventuale trama contro Ren- promessa di denaro o pietre e spingere al suo mente verificato sta investigativa, avrebbe be- n e ll ’indagine dal sostituto zi. A partire dal sottosegreta- preziose da esponenti del posto Vergine. neficiato Umberto Vergine, che dal giugno del 2015 ricopre in Eni la carica di chief La mega tangente Il Cane a sei zampe e la concessione con la “mediazione” di Bisignani LA STORIA midstream gas & power officer: a lui sarebbe spettato, secondo i piani, il ruolo di nuovo amministratore delegato del colosso petrolifero italiano. Vergine non è indagato né » GIANNI BARBACETTO esiste alcuna prova che fosse Milano al corrente del presunto ivelazioni o depistaggio, le complotto. Ma è proprio di notizie che arrivano da Si- Southwark Crown Court a veva comprato nel 2011 la con- condo le ipotesi d’accusa, per nigeriano Etete e l’italiano Di Vergine che Bacci, ieri, ha parlato ai pm. L’imprendito- racusa su un presunto com- renderlo esplicito, accoglien- cessione, pagando 1 miliardo e ottenere la concessione O- Capua, per piazzare la conre – a capo di un gruppo che plotto contro l’amministrato- do la richiesta dei pm Fabio De 90 milioni di dollari. Allora pl-245, l’Eni pagò una mega- cessione petrolifera. Era il fattura circa 70 milioni di eu- re delegato di Eni Claudio De- Pasquale e Sergio Spadaro di Paolo Scaroni era ammini- tangente in Nigeria che in par- 2010 e le intercettazioni becro l’anno in settori che spa- scalzi? Per provare a capire, sequestrare in via preventiva stratore delegato e Descalzi te doveva rientrare in Italia. cavano Descalzi preavvisare al nigeriano E- capo della divisione Oil. I soldi Protagonisti dell’operazione i Bisignani che l’affare in Nigeziano dalla moda all’immobi- bisogna tornare meka Obi due andarono al governo nigeria- vertici dell’azienda petrolife- ria sembrava concluso. Poi liare – ha raccontato di aver a l s e t t e m b r e conti anglo-sviz- no, ma a incassare fu anche un ra, Scaroni e Descalzi, gli in- tutto era tornato in alto mare incontrato, nel 2015, durante 2014, quando da zeri di 110 e di 80 ex ministro del petrolio, Dan termediari italiani Luigi Bisi- e si era aperta la trattativa diil “forum del made in Italy”, Londra piomba milioni di dolla- Etete, che per soli 20 milioni si gnani e Gianluca Di Capua, i retta tra Eni e Nigeria. un facoltoso uomo d’affari i- un fulmine a ciel Dall’Africa ri. Secondo i ma- era intestato, attraverso pre- nigeriani Etete, Obi e il figlio Nell’aprile 2011 Eni versa 1 raniano. Durante l’incontro, sereno che cade Il neo presidente gistrati italiani e stanomi, la concessione, ai dell’ex presidente Abacha, ol- miliardo e 90 milioni di dolil businessman iraniano gli a- su Roma e Milabritannici, sono tempi del dittatore Sani Aba- tre al russo Ednan Agaev. Ro- lari, Shell ne aggiunge altri vrebbe parlato della possibi- no: l’informazio- Buhari soldi che pro- cha. La notizia arrivata da ba da farci un film di 007. lità di chiudere affari piutto- ne che la procura ha promesso 200. Nel 2013 però una causa sto consistenti ma, nello stes- milanese sta invengono dall’af- Londra fu una bella botta, per Era stato il pm napoletano civile a Londra rimette tutto so tempo, si sarebbe presen- dagando Descal- pulizia e risposte fare Opl-245: il Descalzi, prima nomina pub- Henry Woodcock, indagando in discussione. Il mediatore tato come un convinto spon- zi per corruzione alle rogatorie grande campo di blica importante dell’era di sulla premiata ditta Bisignani nigeriano Obi fa causa in Gran sor di Vergine alla guida i n t e r n a zi o n a l e . esplorazione pe- Matteo Renzi, che non aveva e la cosiddetta P4, a tirar fuori Bretagna a Etete che non gli dell’Eni. In sostanza, Bacci Sono i giudici italiane trolifera in Nige- confermato al vertice di Eni il dalla melma bituminosa i pri- riconosce il compenso per la ha confermato una delle londinesi della ria di cui l’Eni a- suo predecessore Scaroni. Se- mi contatti tra l’ex ministro mediazione. Deposita sms ed » ANTONIO MASSARI C’ inviato a Siracusa R Tutto cominciò con i conti anglo-svizzeri sequestrati al nigeriano Emeka Obi PRIMO PIANO Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | OGGI IL PIANO Italgas, scissione da Snam e quotazione in Borsa entro l’anno TUTTO PRONTO in Snam per il nuovo piano 2016-2020, ieri al vaglio del cda: l’attesa è di strategie in continuità, con l’importante svolta dello scorporo di Italgas, la società per la distribuzione del gas naturale in Italia. Il mercato guarderà poi con attenzione anche alle stime sui dividendi futuri della società guidata da Marco Alverà (in foto). Il piano sarà comunicato oggi prima dell’apertura di Borsa e q presentato quindi a Londra nel pomeriggio ad analisti e investitori. L’attesa, da quanto filtrato, è comunque che la separazione di Italgas, avvenga con uno scorporo parziale proporzionale con quotazione, come già fatto da Fca per Ferrari. Nell’arco di pochi mesi, entro fine anno se non già in autunno, Italgas arriverà insomma in Borsa. Dopo la scissione sarà l’azionista principale dell’ex controllata Eni, a detenere le »3 quote in Italgas: la Cdp che è azionista Snam tramite Cdp Reti al 28,98% e tramite Cdp Gas all’1,12%. Nel capitale Snam figura anche il patron di Iris Ceramica Romano Minozzi con il 3%. Lo spin-off dovrà comunque passare al vaglio di un’assemblea straordinaria degli azionisti. Mentre un gruppo di dieci banche tra cui Banca Imi, Mediobanca e Unicredit, è al lavoro su un finanziamento da 3,9 miliardi a Italgas. Quell’intreccio tra inchieste, nomine e Giglio Magico Proprio il governo Renzi ha provato a modificare lo Statuto dell’azienda per far decadere un ad imputato » STEFANO FELTRI L Intreccio Il premier Matteo Renzi con il suo fedelissimo Luca Lotti. A sinistra, Marco Carrai e più in alto, Andrea Bacci Ansa L’accusa Il pubblico ministero Fabio De Pasquale Ansa e sul quale, nonostante il primo riscontro giunto da Bacci, la procura sta procedendo con la massima cautela. Gli scenari possibili Se il complotto per prendere il controllo dell’Eni fosse autentico, e a maggior ragione se qualcuno avesse architettato di colpire Renzi, per raggiungere i propri scopi, saremmo dinanzi a uno scenario davvero grave. Altrettanto inquietante, però, sarebbe lo scenario inverso: una procura impegnata a indagare sulla base di un documento e di una tesi che, per ipotesi, si rivela poi stram- e-mail scambiati con Descalzi e documenta incontri come una cena tra Obi, Agaev, Etete e Descalzi all’Hotel Principe di Savoia di Milano. I giudici inglesi si convincono che Obi abbia ragione. Scaroni ribatte, in un’audizione al Senato: “Come sempre, non abbiamo dato una lira a nessuno, non abbiamo usato intermediari e palata e, nel frattempo, coinvolge sia il colosso petrolifero italiano – con tutte le conseguenze che comporta sul piano internazionale – sia il presidente del Consiglio. Alle dichiarazioni di Gaboardi, però, da ieri si può aggiungere il riscontro di un uomo del Giglio magico: è vero, come sostiene l’indagato, che un uomo d’affari iraniano si presentò da Bacci sponsorizzando Vergine e proponendosi per affari milionari. Nelle prossime settimane toccherà a Lotti e Carrai confermare le eventuali altre pressioni. E anche a molti altri testimoni. © RIPRODUZIONE RISERVATA abbiamo fatto la transazione solo con lo Stato nigeriano”. Nel frattempo, in Nigeria è cambiato il governo e il nuovo presidente eletto, Muhammadu Buhari, ha promesso pulizia e risposte alle rogatorie italiane. A questo punto arrivano le notizie da Siracusa: rivelazioni o depistaggio? © RIPRODUZIONE RISERVATA e notizie sull’inchiesta di Siracusa sul presunto complotto contro l’a mm in istratore delegato dell’En i Claudio Descalzi, rivelate ieri dal Fatto, si inseriscono in un contesto delicato in cui si intrecciano cronaca giudiziaria e politica. Entro l’estate, la Procura di Milano chiuderà l’inchiesta per corruzione internazionale che vede indagato anche Descalzi. Come sempre, gli esiti possibili sono due: i pm possono chiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio. Verranno depositati gli atti di indagine, si capirà molto di più su quello che i pm hanno scoperto sull’acquisto da parte di Eni e Shell nel 2011 della concessione Opl245, con il pagamento di 1,3 miliardi al governo nigeriano che poi ha girato 1,1 miliardi alla società Malabu, che sarebbe riconducibile a Dan Etete, che da ministro del Petrolio aveva assegnato la concessione proprio alla Malabu. A MAGGIO DEL 2014, Claudio Descalzi viene nominato ad dell’Eni, nonostante il suo predecessore, Paolo Scaroni, avesse provato di tutto per ottenere un terzo mandato. Il disappunto di Scaroni e di tutto il blocco di potere che negli anni si è consolidato attorno a lui è notevole. Dopo meno di tre mesi, a settembre, esce la notizia che Descalzi è indagato per corruzione internazionale, insieme a Scaroni dal quale però l’ad prende subito le distanze in un inusuale colloquio con Gad Lerner, su Repubblica. Pochi giorni dopo, un altro degli accusati nell’inchiesta milanese, l’ex manager Eni in Africa Vincenzo Armanna, rivela a magistrati e giornali molti dettagli. In una lunga conversazione con Rep u b b l i c a , A rmanna racconta tra l’altro di un suo incontro con Etete che avrebbe detto: “Quando Descalzi non e- I numeri 1,3 I miliardi di euro pagati da Eni e Shell alla Nigeria per la concessione Opl245 1,1 I miliardi girati dal governo nigeriano alla società Malabu 200 I milioni di dollari che secondo Armanna sarebbero serviti per pagare mazzette L’impianto Xerox in Nigeria. Sotto, l’ad di Eni, Claudio Descalzi LaPresse Poteri È ormai chiaro che gli “amici” del premier sono più influenti di Padoan ra nessuno prendeva ordini da me”. Secondo la versione di Armanna, il compenso da 200 milioni di dollari preteso dal mediatore Emeka Obi –poi accantonato quando Eni inizia a trattare direttamente con il governo – doveva servire a pagare mazzette, tra gli altri, anche ai manager italiani di Eni. Di buona parte del miliardo che il governo nigeriano ha pagato a Malabu si sono poi perse le tracce. Armanna parla addirittura di “sponsor politici” dell’operazione in Italia. Se Descalzi sarà archiviato, i sostenitori del complotto troveranno altri argomenti. Se finirà a processo, per il governo la situazione potrebbe diventare imbarazzante: era stato proprio il governo Renzi ad aver provato, tramite il ministero del Tesoro azionista, a modificare lo stat u t o dell’Eni per far decadere un amministratore delegato imputato. I fondi di investimento internazionali azionisti di Eni avevano mes- so in minoranza il governo e l’inasprimento dei requisiti di onorabilità è stato abbandonato. Ora che alle accuse a Descalzi si sovrappone la teoria del complotto, per il governo potrebbe essere più agevole difendere la poltrona di Descalzi dopo un’eventuale imputazione almeno fino alla sentenza di primo grado. E magari riconfermarlo nella primavera del 2017, quando scadrà il suo mandato triennale. IN QUESTA LUNGA vigilia della stagione delle nomine – il momento in cui i professionisti delle relazioni non risparmiano colpi – l’inchiesta di Siracusa ha già avuto almeno un effetto concreto: rendere esplicito che qualcuno è convinto che sull’Eni abbiano molta più influenza gli amici personali di Matteo Renzi anzichè i referenti ufficiali, come il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Sulla carta il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti ha la delega all’Editoria, Marco Carrai è un imprenditore che si occupa di sicurezza informatica e aeroporti; Andrea Bacci ha ristrutturato la casa del premier Matteo Renzi, ma neppure lui ha alcun legame con il settore energetico, eppure l’ex ad di Telecom Italia, Marco Patuano, lo voleva a capo della controllata Sparkle che gestisce i cavi transoceanici (che interessano a molti del mondo dei servizi segreti). I tre hanno iniziato a sfilare davanti ai pm di Siracusa. Per spiegare cosa sanno del presunto complotto contro Descalzi. E magari anche chi comanda davvero sull’Eni. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 » ESTERI | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 EDIMBURGO EUROPEISTA L’Ue stoppa la Scozia: “Non potete chiedere subito di restare” “IL PRESIDENTE Tusk è molto grato per la richiesta d’incontro bilaterale da parte della first minister della Scozia Nicola Sturgeon ma ritiene che questo non sia il momento più appropriato data la situazione in Gran Bretagna”. Così il portavoce del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che di fatto ha rifiutato un potenziale incontro tra i due. I deputati scozzesi hanno ieri attribuito al- la premier della Scozia Nicola Sturgeon un mandato per tenere colloqui diretti con le istituzioni Ue e gli Stati membri in modo da tutelare il posto della Scozia nell’Unione europea. La mozione che assegna a Sturgeon il mandato è stata approvata con 92 voti a 0, con il sostegno di laburisti, libdem e Verdi, mentre i Tories si sono astenuti. “Rispettiamo il volere dei cittadini britannici, ma dobbiamo anche ri- q spettare i nostri trattati. In accordo con questi, è il governo britannico a dover iniziare il processo di uscita dall’Unione europea. Questa è l’unica via legale che abbiamo” il che “significa che dobbiamo essere pazienti”, ha poi detto Tusk parlando con i giornalisti a Bruxelles. “L'Unione europea - ha aggiunto - è pronta a iniziare il processo di divorzio anche oggi, senza alcun entusiasmo”. BRUXELLES Scontro tra Juncker e Farage nell’Europarlamento, Commissione e Consiglio litigano su chi deve trattare con Londra Brexit, l’Ue sprofonda nella rissa continua » STEFANO FELTRI I l presidente della Bce Mario Draghi ha presentato al Consiglio europeo dei leader la stima del costo della Brexit: il Pil dell’Unione perderà lo 0,5 per cento nei prossimi tre anni, anche per effetto delle svalutazioni della sterlina, secondo un documento rivelato da Bloomberg. In realtà nessuno sa ancora davvero che forma avrà la Brexit. In superficie le istituzioni europee tengono una linea dura: fuori subito e a condizioni che faranno passare la voglia ad altri movimenti populisti di proporre l’uscita dall’Unione. Nel Parlamento europeo convocato per una seduta plenaria straordinaria, il presidente della Commissione Jean Claude Juncker è andato allo scontro con Nigel Farage, l’europarlamentare che guida Ukip, gli indipendentisti inglesi che sono i primi vincitori del referendum sulla Brexit. “Devo dire di essere sorpreso dal vederla qui, lei non era per la Brexit?”, dice Juncker. “Quando sono arrivato qui 17 anni fa dicendo che volevo lanciare una campagna perché la Gran Bretagna lasciasse la Ue mi avete riso tutti in faccia. Ora non ridete più, vero?”, contrattacca Farage. Juncker deve smentire di essere stanco e malato, dopo gli attacchi prima di Politico.eu, poi della tedesca Faz, i malumori di Le conseguenze Draghi spiega ai leader che il referendum ridurrà il Pil dell’Unione dello 0,5% in tre anni altri Paesi Ue e l’umiliazione subita dal Consiglio, cioè dal coordinamento dei governi, che ha deciso di non coinvolgere la Commissione nel futuro negoziato con la Gran Bretagna sull’uscita. Sulla linea della cancelliera Angela Merkel e del presidente del Consiglio Donald Tusk, anche il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz ha intimato a Londra di attivare la trattativa per l’uscita prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona (l’iniziativa spetta allo Stato secessionista). Al suo arrivo a Bruxelles per il primo Consiglio europeo dei 28 che stanno per diventare 27, David Cameron ha ribadito di non avere fretta e di aspettarsi un negoziato “co st ru tt iv o”, in cui Londra perda cioè il meno possibile. “La Gran Bretagna lascerà l’Ue, ma non volterà le spalle all’Europa, questi Paesi sono amici, alleati, partner”, ha detto il premier dimissionario che poi ha spiegato di auspicare cooperazione anche sul commercio e sulla difesa. Anche a Bruxelles al registro della durezza si alterna quello del dialogo. Schulz ha annunciato, un po’ a sorpresa, che la Gran Bretagna dovrà indicare un nuovo commissario europeo dopo le dimissioni di Lord Jonathan Hill, che era titolare dei servizi finanziari. Fino al termine del negoziato, in effetti, la Gran Bretagna resta un Paese membro a pieno titolo. E anche da Tusk e Juncker è arrivato un segnale in codice: dall’agenda del vertice che si è aperto ieri sera è sparito il tema del Ttip, il Quando sono arrivato qui 17 anni fa dicendo che volevo lanciare una campagna perché la Gran Bretagna lasciasse la Ue mi avete riso tutti in faccia. Ora non ridete più, vero? NIGEL FARAGE Bandito Farage Il presidente della Commissione Ue Juncker proibisce di fotografare il leader del partito nazionalista britannico Farage. A sinistra, Draghi Ansa/Reuters trattato di libero scambio tra Usa e Ue che dovrebbe essere il primo grande sviluppo europeo dal quale la Gran Bretagna sarà esclusa. Juncker e Tusk volevano che i leader ribadissero il loro impegno, ma il tema è stato sospeso. In questo contesto non stupisce che Draghi, dopo aver an- nunciato maggiore cooperazione tra Banche centrali per gestire la conseguenza della Brexit, abbia avvertito i leader del rischio che l’Unione europea appaia “i n g o v e r na b i l e ”. Per un giorno le Borse rimbalzano, Milano chiude a +3,3%, ma chissà per quanto durerà. © RIPRODUZIONE RISERVATA Labour Corbyn, sfiduciato dall’81% dei parlamentari, non si dimette: “Ci vuole una nuova elezione” LA STORIA Tutti contro Jeremy: “Non sei un leader” » CATERINA SOFFICI Londra C e di non essersi impegnato a fondo nella campagna del Remain contro il Leave pur di far perdere David Cameron. he le cose si mettevano male per il leader laburista Jeremy Corbyn si è capito ieri CON LUI il Labour non vince, mattina: lo hanno sfiduciato ha sempre detto la fronda del dal suo stesso collegio eletto- partito. Adesso possono dire: rale, dove nelle Politiche del lui ci fa perdere. E non è più maggio 2015 era una fronda di stato eletto con blairiani centriuna sorta di plesti, ma una valanbiscito. Un collega, che contesta gio particolare, British style la sua leadership quello di Islin- Intimidazioni, al grido: “Sei una brava persona, gton, il quartiere di Londra Nord, minacce, guerra ma non sei un leader”. La rivolta è roccaforte della intestina: più sinistra radical montata fin da chic, che ha fatto che un partito subito, dalla matsapere di non so- inglese sembra tina dopo il voto stenere più la sua del referendum il leadership. E così il Pd di Renzi 23 giugno, fino a ieri è arrivato il sfociare nel voto responso della di ieri. Nel weevotazione tra i parlamentari a kend è iniziata l’implosione una mozione di sfiducia con- del Labour, con le defezioni tro di lui: 172 contrari, 40 a fa- nello Shadow Cabinet, il govore, 4 astenuti. Ossia l’81 per verno ombra, che in due giorni c e n t o . L a m a g g i o r a n z a sono state 46: 23 ministri (su schiacciante dei deputati la- un totale di 30) e altrettanti buristi vuole la sua testa. Ma il sottosegretari. vecchio leader ha detto che E mentre Corbyn prova a non intende dimettersi. Cor- sostituire i dimissionari arriva byn è accusato di aver brigato il voto di sfiducia. Cosa farà a- C’eravamo tanto amati Jeremy Corbyn con i membri del “governo ombra” formato dai laburisti LaPresse desso? Resisterà contro l’evidenza, ora che anche la sinistra del partito ha deciso di farlo fuori? Si vedrà nelle prossime ore. Corbyn aveva avvertito i parlamentari ribelli che non lo costringeranno mai a dimettersi, perché vuole rispondere solo agli iscritti che lo hanno eletto nelle primarie. Il suo portavoce è stato chiaro: “Non potrà essere un colpo di mano tramato nei corridoi, ma solo un nuova elezione a sostituirlo”. Sempre il portavoce definisce “irrilevanti” le richieste di dimissioni e la diserzione in massa dei suoi mini- stri, perché Corbyn sostiene di avere l’appoggio della base. SE CORBYN non si dimetterà da solo, il Labour dovrà indire una nuova elezione interna, per contarsi e vedere se anche gli elettori hanno voltato le spalle al segretario come l’81 per cento dei parlamentari. Per il momento è solo una grande confusione, con i giornali britannici che raccontano scenari da guerra intestina, con intimidazioni, telefonate minatorie, messaggini di fuoco e trame che fanno assomigliare il Labour più al Pd nell’era Renzi che a un compassato partito anglosassone. Sul fronte dei conservatori le cose non sono più tranquille, ma almeno si stanno chiarendo le dinamiche della successione al premier dimissionario David Cameron. Chi vorrà proporre la propria candidatura (anche alla guida del governo, ammesso che non si vada a nuove elezioni) dovrà farlo entro domani a mezzogiorno. Almeno un punto fermo, insieme a un’altra data: Cameron non si dimetterà più a ottobre ma ai primi di settembre, quando sarà annunciato il suo successore. Il Cancelliere dello Scacchiere, molto amico di Cameron, ha già smentito le voci che lo volevano tra i pretendenti: “Sarei troppo divisivo”. A sfidare la candidatura di Boris Johnson sarà quasi sicuramente Theresa May, la nuova lady di ferro dei Tory, ministro dell’Interno, donna di peso politico e di esperienza di governo. Secondo un sondaggio di YouGov per il Times, la May piacerebbe al 31% dell’elettorato conservatore, mentre l’ex sindaco di Londra sarebbe al 24% (ad aprile era al 36%). E spunta anche un terzo nome, “seriamente intenzionato”a candidarsi: Jeremy Hunt, ministro della Sanità, un falchetto poco popolare nel Paese, in guerra con i giovani dottori che vuole fare lavorare nel weekend senza pagarli una sterlina di più, contro il quale ci sono stati già vari scioperi. Sul fronte Brexit invece fa il moderato, e la sua linea sarebbe quella norvegese: essere fuori dalla Ue ma rimanere legati commercialmente all’Europa. © RIPRODUZIONE RISERVATA ESTERI Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | L’INTERVENTO N Chi è BARBARA SPINELLI Dal maggio del 2014 è eurodeputata nel gruppo Sinistra Unitaria Europea/ Sinistra Verde Nordica Barbara Spinelli Il risultato del referendum britannico è la vendetta della realtà sulle astrazioni e i calcoli errati dei burocrati comunitari menti collettivi vietati espressamente dalla legge internazionale e dalla Carta europea dei diritti fondamentali. Quanto ai migranti dell’Unione che vivono in Inghilterra, erano già a rischio in seguito all’accordo dello scorso febbraio tra Ue e Cameron. Le politiche dell’Unione sui rifugiati sono un cumulo di rovine che ha dato le ali alla xenofobia. » BARBARA SPINELLI el Parlamento europeo di cui sono membro, quel che innanzitutto colpisce, osservando la reazione alla Brexit,è la diffusa assenza di autocritica, di memoria storica, di allarme profondo – e anche di qualsiasi curiosità – di fronte al manifestarsi delle volontà elettorali di un Paese membro. (Perché non va dimenticato che stiamo parlando di un Paese ancora membro dell’Unione). Una rimozione collettiva che si rivela quanto mai grottesca e catastrofica, ma che dura da decenni. Meriterebbe studi molto accurati; mi limiterò a menzionare alcuni punti essenziali. 5. Il ritorno alla sovranità che n 1. Quel che manca è l’ammissione delle responsabilità, il riconoscimento esplicito del fallimento monumentale delle istituzioni europee e dei dirigenti nazionali: tutti. La cecità è totale, devastante e volontaria. Da anni, e in particolare dall’inizio della crisi del 2007-2008, istituzioni e governi conducono politiche di austerità che hanno prodotto solo povertà e recessione. Da anni disprezzano e soffocano uno scontento popolare crescente. Non hanno memoria del passato –né quello lontano né quello vicino. Sono come gli uomini vuoti di Eliot: “Uomini impagliati che s’appoggiano l’un all’altro, la testa riempita di paglia”. La loro ignoranza si combina con una supponenza senza limiti. Il suffragio universale ha tutte le colpe e le classi dirigenti nessuna. È co- LA COLPA DI AVER DIMENTICATO LA GREXIT L’oblio del voto contro il memorandum della troika È diventato enorme il divario tra volontà popolare ed élite C’È OSTILITÀ PER LA DEMOCRAZIA DIRETTA Da una parte la diffidenza delle istituzioni comunitarie Dall’altra politiche sui rifugiati che alimentano la xenofobia me se costoro, trovandosi a dover affrontare un esame di storia al primo anno d’università, dicessero che le cause dell’avvento del nazismo sono addebitabili solo a chi votò Hitler, senza mai menzionare le istituzioni di Weimar. Sarebbero bocciati senza esitazione; qui invece continuano a dare lezioni magistrali. 2. Nessun legame viene stabi- La guerra ateniese Scontri tra polizia e manifestanti nel maggio 2011, una delle fasi più calde della crisi ellenica Ansa lito tra la Brexit e l’evento disgregante che fu l’esperimento con la Grecia. Nulla hanno contato le elezioni greche, nulla il referendum che ha respinto il memorandum della troika. Dopo i negoziati del luglio scorso il divario tra volontà popolare ed élite europea si è fatto più che mai vasto, tan- »5 I leader di paglia dell’Unione: così sono falliti i sogni gibile e diffuso. Con più peso evidentemente della Grecia, il Regno Unito ha posto a suo modo la questione centrale della sovranità democratica, anche se con nefaste connotazioni nazionalistiche: il suo voto è rispettato, quello greco no. Le lacerazioni prodotte dal dibattito sulla Grexit hanno contribuito a produrre il Brexit, e il ruolo svolto nella campagna dal fallito esperimento Tsipras è stato ripetutamente ostentato. Ma nelle classi politiche ormai la memoria dura meno di un anno; di questo passo tra poco usciranno di casa la mattina dimenticandosi di essere ancora in mutande. È per colpa loro che la realtà ha infine fatto irruzione: Trump negli Usa è la realtà, l’uscita inglese è la realtà. Il voto britannico è la vendetta della realtà sulle astrazioni e i calcoli errati di Bruxelles. 3. La via d’uscita prospettata dalle forze politiche consiste in una falsa nuova Unione, a più velocità e costituita da un “nucleo centrale” più coeso e interamente dominato dalla Germania. Le parole d’ordine restano immutate: austerità, smantellamento dello Stato sociale e dei diritti, e per quanto riguarda il commercio internazionale – Ttip, Tisa, Ceta – piena libertà alle grandi cor- I PROTAGONISTI la maggioranza degli inglesi ha detto di voler recuperare mette in luce un ulteriore e più vasto fallimento. L’Unio ne doveva esser un baluardo per i cittadini contro l’arbitrio dei mercati globalizzati. La scommessa è perduta: le sovranità nazionali escono ancora più indebolite e l’Unione non protegge in alcun modo. Non è uno scudo ma il semplice portavoce dei mercati. La globalizzazione ha dato vita a una sorta di costituzione non scritta dell’Unione, avversa a ogni riforma-controllo del capitalismo e a ogni espressione di scontento popolare, e in cui tutti i poteri sono affidati a un’oligarchia che non intende rispondere a nessuno delle proprie scelte. Sarà ricordata come esemplare la risposta data dal Commissario Malmström nell’ottobre 2015 a chi l’interrogava sui movimenti contrari a Ttip e Tisa: “Non ricevo il mio mandato dal popolo europeo”. Questa costituzione non scritta si chiama governance e poggia su un concetto caro alle élitefin dagli anni 70 (il vero inizio della crisi economica e democratica): obiettivo non è il governo democratico ma la governabilità. Il cittadino “governabile” è per definizione passivo. 6. L’intera discussione sulla Fatto a mano Brexitsi sta svolgendo come se l’alternativa si riducesse esclusivamente a due visioni competitive: quella distruttiva dell’exit e quella autocompiaciuta e immutata del Remain. Le cose non stanno così. C’è una terza via, rappresentata dalla critica radicale della presente costruzione europea, dalla denuncia delle sue azioni e dalla ricerca di un’alternativa. Era la linea di Tsipras prima che Syriza andasse al governo. È la linea di Unidos Podemos, che purtroppo non è stata premiata. Resta il fatto che questa tripolarità è del tutto assente dal dibattito. JEAN CLAUDE JUNCKER L’ex premier lussemburghese guida la Commissione Ue dal 27 giugno 2014 7. La democrazia diretta, i re- DONALD TUSK L’ex premier polacco è presidente del Consiglio europeo dal 2014 porazioni e ai mercati, distruzione delle norme europee, neutralizzazione di contrappesi delle democrazie costituzionali come giustizia, Parlamenti e volontà popolari. Lo status quo è difeso con accanimento: nei rapporti che sto seguendo come relatore ombra per il Gue mi è stato impossibile inserire paragrafi sulla questione sociale, sul Welfare, sulla sovranità cittadina, sui fallimenti delle terapie di austerità. 4. Migrazione e rifugiati. È stato un elemento centrale della campagna per il Leave – che ha puntato il dito sia su rifugiati e migranti extraeuropei, sia sull’immigrazione interna all’Ue –, ma le politiche dell’Unione già hanno incorporato le idee delle destre estreme, negoziando accordi di rimpatrio con la Turchia (e in prospettiva con 16 paesi africani, dittature comprese come Eritrea e Sudan) e non hanno quindi una visione alternativa a quella dell’Ukip. La Brexit su questo punto è un disastro: rafforzerà, ovunque, la paura dello straniero e le estreme destre che invocano respingi- ferendum, la cosiddetta e-democracy. Il gruppo centrale del Parlamento li guarda con un’ostilità che la Brexit accentuerà. La democrazia diretta è certo rischiosa, ma quando il rischio si concretizza, quasi sempre la causa risiede nel fallimento della democrazia rappresentativa. Se per più legislature successive e indipendentemente dall’al t e r n ar s i delle maggioranze la sensazione è che sia venuta meno la rappresentatività e con essa la responsabilità di chi è stato incaricato di decidere al posto dei cittadini, i cittadini non ci stanno più. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 » POLITICA | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 CINEGIORNALE LUCE DALLA BREXIT ALLA BRACE » TO. RO. , NON TUTTE le Brexit vengono per nuocere. I Tg Rai, ancora in lutto per le Amministrative italiane e il referendum inglese, vogliono tornare a sorridere. Nel Tg1 delle 13 e 30, Matteo Renzi è protagonista solitario del secondo servizio. Il premier sfoggia il suo luccicante profilo internazionale da Bruxelles. Nonostante il momento assai complesso, è grande l’ottimismo. Con gli inglesi fuori – la teoria – siamo di nuovo importanti. L’incipit: “Un ruolo dell’Italia tornato centrale per voltare rapidamente pagina e lavorare a un rilancio dell’Europa”. Scorrono le immagini di baci, abbracci e mani strette negli incontri con Martin Schulz e Donald Tusk. Poi si cita un’intervista con la Cnn. Qui, malgrado la buona volontà, la Rai è costretta a mandare un (breve) estratto in lingua inglese: “Nau is time tu have, ehm, so- liditi of Iurop and olso cammon vellius”. Evidentemente non si poteva scegliere di meglio. Malgrado i noti problemi di argomentazione e pronuncia, il servizio si sforza di rendergli un ritratto credibile e rassicurante. “Renzi risponde anche ai timori sulle manovre speculative sui mercati: le banche italiane sono solide, in ogni caso siamo pronti a fare tutto il necessario per garantire la sicurezza dei risparmiatori e dei cittadini”. Durata del video monografico: un minuto e mezzo. TRATTATIVA La principale richiesta italiana, la garanzia comune sui depositi, è bloccata da Berlino Renzi promette: “Farò ciò che è necessario”, ma non sa cosa. Bruxelles tentenna sugli aiuti di Stato » MARCO PALOMBI L a trattativa in corso con l’Ue per sospendere il divieto di aiuti di Stato in materia di banche - e varare così strumenti che consentano di intervenire in caso di bisogno - è ufficiale. Il Fatto l’aveva anticipata lunedì e ieri il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis, l’ha confermata a Bloomberg: “Siamo in stretto contatto con le autorità italiane in merito a possibili passi. Le diverse modalità sono ancora oggetto di discussione”. Problema: non c’è alcun accordo e, anzi, non c’è alcuna visione comune su come procedere. La garanzia europea sui depositi bancari, principale richiesta italiana, è esclusa dalla Germania nonostante gli inviti di Mario Draghi (“non possiamo non risolvere i problemi delle banche”): restano solo i provvedimenti d’urgenza da prendere col beneplacito Ue. Forse. IERI MATTEO RENZI è parso conscio della situazione: “Siamo pronti a fare tutto il necessario, se servirà, per garantire la sicurezza dei risparmiatori e dei cittadini”. Il premier però, pur baldanzoso a parole, non è ancora convinto di procedere con la sospensione del bail in (che vieta aiuti di Stato in caso di crisi bancarie) anche senza il consenso di Bruxelles e Berlino. La situazione resta pessima: il rimbalzo di ieri in Borsa non deve ingannare (U- IL COMMENTO Banche, niente accordo nell’Ue L’Italia dovrà cavarsela da sola I numeri 84 miliardi: le sofferenze nette (cioè detratte le perdite già coperte) nelle nostre banche Quelle lorde sono 200 miliardi 40 Il vertice L’incontro di ieri tra Matteo Renzi e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk Ansa nicredit ha chiuso in rosso), perché i grandi fondi Usa stanno ancora disinvestendo dall’Europa. “Renzi farà quel che deve, se serve”, dice una fonte: in sostanza, non lascerà crollare le banche senza far nulla ed è escluso che ricorra agli aiuti europei tipo Fondo Esm, che significa Troika. Come procederà allora? Nessuno lo sa, neanche lui. Tutte le opzioni sono sul tavolo: “Le banche italiane - ha detto, tra le altre cose, ieri - sono solide, ma hanno un problema: la mancata decisione da parte dei miei predecessori di utilizzare una bad bank pubblica” per le sofferenze. La bad bank pubblica o con piena garanzia pubblica è la vera richiesta degli istituti italiani, assai preoccupati invece dall’ipotesi che lo Stato diventi loro azionista: “Non auspico che l’orologio della storia torni indietro”, dice il presidente dell’Abi Antonio Patuelli. In realtà, l’ipotesi di interventi anche a livello di capitale (magari con una versione ag- miliardi: le dimensioni dell’intervento allo studio del governo (che ne sta discutendo con l’Unione europea) tra aumenti di capitale e interventi nei crediti deteriorati le hanno a bilancio. E qui serve una breve spiegazione. Le sofferenze, com’è noto, sono i crediti che le banche non riescono a farsi ripagare: nei bilanci vengono svalutate, nel senso che gli istituti coprono le probabili perdite. In generale, nelle banche italiane ce ne sono per 200 miliardi di euro, svalutate del 58% (84 miliardi di “sofferenze nette”): significa che, in media, le nostre banche pensano di recuIL TEMA centraperare 42 euro ole, e più oneroso, gni 100 di prestiti resta comunque in sofferenza quello delle sof(vendendo le gaferenze. I desi- Ordini da Intesa ranzie). Messina derata dei grandi L’ad Messina e soci pensano istituti li mette a che i futuri acquiv e r b a l e C a r l o vuole la bad bank r e n t i d e b b a n o Messina, mana- “Le sofferenze comprare dalle ger di Intesa Sanbanche le soffepaolo: “Il Fondo vanno comprate renze a 35-40 euAtlante adesso ai valori scritti ro (quelle di Etrudeve lavorare ria furono valutasulle sofferenze e nel bilancio” te 17 euro): può farlo a valori farlo un fondo prossimi a quelli privato che ha di carico. Sennò mi prendevo quasi finito i soldi? No, non c’è Blackrock”(un fondo che vuo- guadagno. Resta lo Stato, che le specularci sopra, ndr). L’i- ci può anche perdere: senza dea di fare aumenti di capitale però – a questo i banchieri ci per svalutare ancora le soffe- tengono – mettere in discusrenze non mi sembra buona”. sione proprietà della banca, i Messina, in sostanza, ordina loro stipendi, i futuri dividendi ad Atlante – ma in realtà al go- degli azionisti. “Sennò mi verno – di comprare le soffe- prendevo Blackrock”. renze al prezzo a cui gli istituti © RIPRODUZIONE RISERVATA giornata dei Monti bond) non è tramontata: portati a casa gli aumenti di capitale di Pop Vicenza e Veneto Banca (sgravando, peraltro, Unicredit e Intesa dall’impegno di garantirli), il Fondo Atlante ha praticamente finito i fondi messi assieme a questo fine grazie a banche, assicurazioni, Cdp e Fondazioni. Problema: gli istituti che hanno bisogno di soldi non sono finiti. Il caos dopo la riforma Sindaci e consiglieri regionali si troveranno a decidere sulle questioni chiave dell’Ue L’EUROPA OSTAGGIO DEL NUOVO SENATO » GIULIO TREMONTI L’intervento Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento di due giorni fa in Senato di Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia, ora senatore di Gal. Ha appena pubblicato “Mundus Furiosus” (Mondadori) n I I fatti di questi giorni ci dimostrano in modo drammatico la centralità della questione europea. Certo, l’Europa era già entrata, e vastamente, nella nostra vita. L’80% circa della legislazione interna italiana è già di matrice europea: si va dalle materie più importanti, si pensi ad esempio alla materia del risparmio; per arrivare alle materie più stravaganti. A titolo indicativo, ancora due mesi fa l’ultima legge comunitaria si occupava imperterrita di basilico e rosmarino, di salvia e di tartufi. Ma la centralità della questione europea emerge oggi in forma assoluta e drammatica con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. A fronte della crisi europea il Capo del Governo ha detto che la sua visione, la sua azione e, soprattutto, la sua nuova Costituzione, sono fatte per di- fenderci. Ci si permetta di dubitarne. Anche di dubitare di quest’ultima, della nuova Costituzione. Sul quadrante europeo la nuova Costituzione non è infatti, e non sarà affatto, uno scudo protettivo, ma piuttosto un pericolo aggiuntivo. Nella storia e nel mondo non c’è infatti il caso, il precedente, di una Camera – come sarebbe il nuovo Senato – una Camera con origine locale, ma con competenza internazionale ed in specie con competenza proiettata su di una materia strategica e decisiva come soprattutto oggi è la materia europea. Materia intorno a cui, tanto nel caso che si scelga di restare nell’Unione, quanto nel caso che si scelga di uscirne, ruota e ruoterà l’asse della politica di tutti gli Stati europei. La nuova Costituzione italiana sarebbe un male in tempi normali, ma sarà un tragico er- L’ex ministro Giulio Tremonti, 68 anni, è stato ministro dell’Economia fino al novembre del 2011 Ansa rore nel tempo di ferro che sta arrivando. Se c’è stato, e c’è stato, un tragico errore da parte dei “costituenti” è stato quello di scambiare le Regioni con il Senato e di attribuire al Senato competenze “europee” più o meno simili a quelle che hanno le Regioni. Ma non considerando che la competenza legislativa delle Regioni è comunque limitata dallo Stato, mentre quella del nuovo Senato è illimitata. Ed anzi, sempre nella nuova Costituzione, è assurdamente estesa (secondo tragico errore) anche alla revisione costituzionale! In specie, negli articoli 55 e 70 si parla 4 volte di Unione europea per dare al nuovo Senato competenza legislativa concorrente, paritetica, forse anche esclusiva, in materia di: “ra p po rt i dell’Italia con l’Unione europea”. A chiusura, nell’articolo 87 si dispone che il Presidente della Repubblica: “ratifica i Trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’U ni on e europea previa autorizzazione di entrambe le Camere”. Tanto per parlare di fine del bicameralismo. Così che: 21 Sindaci casuali ed a tempo parziale; 5 nuovi padri della patria, ma a tempo determinato, solo per 7 anni; una settantina di consiglieri regionali; la somma di questi addendi eterogenei avrà competenza sul rapporto dell’Italia con l’Europa e perciò competenza sul nostro destino. Saranno senatori meno numerosi, ma proprio per questo molto più potenti. Una compagine che, così fatta, per forza di cose sarà via via sempre più asimmetrica, rispetto alla maggioranza politica della Camera; sempre più eterogenea, casuale ed erratica; comunque fatalmente saranno senatori destinati ad avere un proprio e crescente potere di voto, di ve- to, di ricatto. Più di due anni fa il presidente Renzi si è presentato nell’Aula del Senato annunziandosi come l’ultimo Presidente a chiedere la fiducia al Senato. In un prossimo futuro potrebbe avere ragione per pentirsene, dovendo recarsi nel suo nuovo Senato, un Senato che per certo sarà certamente vischioso e paludoso, per chiedere voti che saranno sempre più decisivi per le sorti del Paese, ma senza poter imporre la fiducia. Per avere i voti dovrà andarci, nel nuovo Senato, in compagnia di indovini, di cartomanti o peggio. Dobbiamo constatare che il bicameralismo non è stato affatto abolito, come è nella narrazione televisiva, ma concentrato e distorto: un bicameralismo suicida, dentro una Costituzione che non porterà la fine della confusione, ma una confusione senza fine. © RIPRODUZIONE RISERVATA POLITICA Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | LIVORNO A 5STELLE Nogarin, rimpasto in Municipio con due nuovi assessori LA POLEMICA » CARLO TECCE C on plateale ritardo, e forse per inerzia, l’Agcom sta per intervenire sul referendum costituzionale di ottobre per raddrizzare lo squilibrio televisivo. I resoconti di Geca, società che monitora i programmi per l’Autorità, hanno delineato una situazione d’emergenza. L’argomento è la riforma che porta il nome di Maria Elena Boschi: le ragioni del Sì debordano ovunque, il comitato del No racimola secondi (addirittura due minuti per il presidente, il professore Alessandro Pace). All’Autorità di garanzia per le comunicazioni, mercoledì prossimo, è previsto un consiglio per licenziare un provvedimento che dovrebbe assicu- UN RIMPASTO “per essere più incisivi”. Così il sindaco M5s di Livorno, Filippo Nogarin, spiega il cambio di due assessori della sua giunta, accompagnato da una redistribuzione delle deleghe. La prima novità è Francesco Belais, giornalista e dj, volto di Livorno Rainbow (la rete che si batte per i diritti della comunità Lgbt e contro l’omofobia) che prende le deleghe alla Cultura e al turismo al posto q di Serafino Fasulo. Andrea Morini, ex portavoce del sindaco, prende invece le deleghe al Coordinamento del programma e allo Sport, sostituendo Nicola Perullo. I due uscenti Fasulo e Perullo verranno compensati con incarichi di consiglieri del sindaco. L’assessore al bilancio Gianni Lemmetti viene invece alleggerito delle competenze su patrimonio e demanio per passarle a Giuseppe Vece, nominato tre rare una corretta informazione nel periodo estivo fino all’avvento della par condicio (scatta un mese e mezzo prima del voto, dunque agli inizi di settembre). Come funziona: si tratta di un atto di indirizzo, una prescrizione per intimare le emit- ROMA » ANDREA MANAGÒ S alvo sorprese dell’ultima ora, sarà Daniela Morgante l’assessore al Bilancio della giunta di Virginia Raggi. Ieri, infatti, il giudice della Corte dei conti è stata circa due ore in Campidoglio a colloquio con la neo sindaca di Roma. Per la Morgante si tratterebbe di un clamoroso ritorno a Palazzo Senatorio, visto che ha già ricoperto quel ruolo nella prima giunta di Ignazio Marino. Nel 2014, poi, “la lady dei conti” perse il posto, dopo una lunga serie di schermaglie con l’allora sindaco, in seguito a una divergenza di posizioni nella gestione di un accordo transattivo tra il Comune e il consorzio dei costruttori della Metro C, per far ripartire i cantieri dell’opera. Il suo nome si è fatto strada dopo una serie di no incassati nei giorni scorsi dalla Raggi. Un incontro per un sempli- mesi fa per occuparsi di Ambiente e mobilità. Nogarin assicura: “Volevamo valorizzare quanto fatto finora ed essere più incisivi nel raggiungimento degli obiettivi”. A Livorno invece ancora ridono per la beffa del pugile Lenny Bottai, uomo notoriamente di sinistra, che su Facebook aveva annunciato di essere il nuovo assessore allo Sport. Le agenzie avevano battuto la notizia. Ma era solo uno scherzo. Il Consiglio Riunione la settimana prossima per risolvere gli squilibri dopo l’occupazione delle tv da parte dei fautori della riforma Boschi L’Agcom si sveglia e interviene sul referendum LA PAGELLA Studio Geca spettinato la seriosità istituzionale dei vertici Agcom. All’improvviso, però, l’Autorità si rianima. Perché? Semplice: lo scenario politico è mutato, se non proprio stravolto, il renzismo è calante dopo la disfatta nei Comuni, e fra esposti e denunce l’Agcom è assediata. Per troppo tempo s’è indugiato non sapendo – in maniera strumentale – quale norma richiamare o quale precedente riesumare, adesso i commissari più preparati fanno notare che non occorre aspettare la convocazione elettorale per tutelare l’informazione sul referendum confermativo. Comitati del Sì e del No I commissari pensano a un atto di indirizzo per imporre alle emittenti spazi uguali da subito E la Rai si salva? Al vaglio c’è anche l’ipotesi di richiamare l’azienda, che risulta la meno corretta »7 Il professore Angelo Marcello Cardani, presiede l’Agcom dal 2012 Ansa tenti – le aziende private e pure la pubblica Rai – a trattare il referendum all’interno dei palinsesti (non tribune politiche, è ancora presto) e concedere identico accesso agli schieramenti opposti. C’è anche una seconda ipotesi: inviare un ri- chiamo a Viale Mazzini, perché l’azienda pubblica è la più indisciplinata. Sul punto non c’è accordo fra i commissari. Neanche le statistiche Geca, sfruttate per una vigorosa protesta di Cinque Stelle, Forza Italia e Sinistra Italiana, hanno COSÌ L’AU TO R I T À , fra sette giorni, tenterà di rimediare a una tenzone con la politica che ha raggiunto l’apoteosi durante l’audizione in Vigilanza Rai di Angelo Marcello Cardani. Il presidente, nominato dal governo tecnico di Mario Monti, ha ingaggiato un battibecco con Roberto Fico per ripudiare il lavoro di Geca (contestato da molti in Agcom): “Questi dati sono dati estremamente delicati, sono soggetti potenzialmente a uso improprio. Gli uffici, del resto, lo dico con il massimo rispetto, hanno anche altro da fare e sono oberati dalle attività che derivano dagli adempimenti di legge”. Il significato: il referendum costituzionale, per Cardani, non è una questione Nigel Farage Strano questo Nigel Farage. Fuoco e fiamme per uscirsene dall’Europa e adesso dice che fino all’ultimo, “finché tutto il lavoro non sarà fatto”, siederà a Bruxelles da europarlamentare. E suo malgrado sarà costretto a farsi bonificare la stramaledettissima indennità, e purtroppo continuerà ad avere amicizia con gli odiatissimi euro. Il professor Coerenza. ANTONELLO CAPORALE d’attualità, anzi è un fastidio. Oltre ai rimproveri di Renato Brunetta e agli sberleffi dei parlamentari di sinistra (“non s’è accorto che la campagna è in corso da mesi”), Cardani s’è ritrovato con il consiglio sfaldato e un po’ irrequieto. E allora ha deciso di decidere. Il professore Pace sollecita da mesi l’attenzione dell’Agcom sul referendum di ottobre, e da mesi – come dimostra una lettera protocollata a febbraio firmata da Cardani – l’Agcom promette di vigilare. Niente è accaduto. Finché il renzismo non s’è inceppato. La magistrata ricevuta in Comune, Frongia capo di gabinetto vengono considerati dalla Raggi i due assessorati chiave della sua giunta, che dovrebbe essere presentata il 7 luglio. Con lei lavorano alla composizione della squadra di governo sia Paola Taverna sia Roberta Virginia Raggi, sindaco Lombardi, impegnadi Roma per il M5s Ansa te sottotraccia in un GIÀ DURANTE la sua precedente esperienza romana, il derby tutto interno ai 5Stelle sulle giudice e i consiglieri pentastellati nomine. E al momento appare in non avevano mai nascosto l’ap- vantaggio la senatrice. Perché prezzamento reciproco. La Mor- Marcello De Vito, in predicato di gante è stimata per il suo rigore, dal ottenere la presidenza dell’Asbilancio 2013, quando eliminò la semblea Capitolina, sembra l’uniconsueta “manovra d’aula” con co esponente vicino alla Lombardi fondi da destinare a progetti dei sicuro di un ruolo di rilievo. Sull’alsingoli consiglieri. Casa e Bilancio tro nuovo tassello per la giunta e- © RIPRODUZIONE RISERVATA Direttore responsabile Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri Caporedattore centrale Edoardo Novella Vicecaporedattore vicario Eduardo Di Blasi Vicecaporedattore Stefano Citati Art director Fabio Corsi Raggi, un po’ di Marino nella giunta Al Bilancio l’ex assessore Morgante ce “saluto di cortesia”, la versione ufficiale dello staff a 5Stelle. Ma dal Comune filtra che alla Morgante sarebbe stato chiesto formalmente di tornare a occuparsi dei conti della Capitale. La scorsa settimana, in Vigilanza Rai s’è discusso dello spazio concesso al fronte del Sì (che sostiene la riforma Boschi) e al fronte del No sulla base delle rilevazioni che la società Geca fornisce all’Agcom. Un dato: il premier Matteo Renzi ha parlato per sette ore, in due mesi, contro un minuto e 19 secondi concessi al professore Alessandro Pace, presidente del comitato del No, contando tutti i programmi gestiti dai telegiornali Rai (Tg1, Tg2, Tg3 e Rainews) mail: [email protected] Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 merso ieri, Laura Baldassarre, responsabile dell’advocacydell’Unicef Italia, in lizza per la delega al Sociale, sembra che invece abbia pesato la sponsorizzazione di Luigi Di Maio. Di sicuro ieri la Raggi si è assicurata che a ricoprire il ruolo di capo di Gabinetto vada Daniele Frongia, nonostante i dubbi su una possibile incompatibilità con il ruolo di un consigliere eletto in base alla legge Severino. Per giovedì, intanto, è attesa una riunione informale dei capigruppo. Sembra sia a buon punto la lista dei presidenti di Commissione. In casa Pd, invece, acque agitate per un altro derby tra Michela De Biase e Valeria Baglio, per chi debba ricoprire il ruolo di capogruppo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Layla Pavone, Marco Tarò Comitato dei garanti: Peter Gomez, Marco Lillo, Antonio Padellaro, Michele Santoro, Marco Travaglio Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130; Litosud, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo; Società Tipografica Siciliana S. p. 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Per la fiducia 336 voti a favore non sono un granché, qui di solito si viaggia su cifre più alte…”. Seduti su un divanetto del Transatlantico di Montecitorio alcuni deputati del Pd, naturalmente di minoranza, guardano quasi divertiti quello che succede davanti a loro. Ieri a Montecitorio è stato approvato con la 59esima fiducia (336 voti a favore, appunto, e 178 contrari) il quarto decreto banche, un provvedimento il cui esito era scontato. Ma il punto è un altro. “Dopo la sconfitta alle urne, il governo non può più andare avanti in questo modo, a colpi di fiducia su provvedimenti che ci alienano le simpatie degli elettori. Anche se questo decreto può essere utile ai risparmiatori, quello che arriva all’opinione pubblica è l’ennesimo provvedimento di un governo amico delle banche. E così i consensi se ne vanno, volano via verso i 5Stelle”, osserva uno dei deputati. Per la cronaca, mentre il Pd era intento a puntellare l’ennesima fiducia, i grillini facevano un bel sit-in a Via XX Settembre, davanti al ministero dell’Economia, per protestare contro il decreto. “Ecco vedete, saranno pure populisti, ma passano come quelli vicini ai cittadini, mentre noi siamo quelli che salvano i banchieri”, commenta un altro del gruppo. IL PROBLEMA, manco a dirlo, ha un nome e un cognome, Matteo Renzi. Può andare avanti così, con i suoi modi da bullo, usando il lanciafiamme contro tutti, un premier che ha preso una sonora batosta alle amministrative e ora non è più sicuro di vincere nemmeno il referendum sulle ri- IL COMMENTO , UN’INTERPELLANZA del Pd al presidente del Consiglio e al ministero per lo Sviluppo economico, per chiedere paletti per i siti del M5s e il blog di Beppe Grillo. La depositerà oggi il deputato dem Paolo Coppola, invocando provvedimenti per limitare l’uso da parte di “partiti e movimenti” del clickbait: ovvero, una pratica promozionale basata sulla pubblicazione di contenuti web con titoli sensazionalistici o immagini per attirare, talvolta in modo fraudolento, gli utenti sulla propria pagina web o su quella della propria azienda”. Ma dov’è la connessione con la politica? “L'utilizzo del clickbait – continua il testo – ha trovato ampia diffusione sul sito web di una nota forza politica (il M5s, ndr) che, attraverso i social network, ne fa ampio uso indirizzando gli utenti della pagina ufficiale Facebook del M5s verso siti web di proprietà personale come quello di Beppe Grillo, e successivamente indirizzati verso siti di proprietà aziendale, a loro volta di proprietà della Casaleggio associati”. Pertanto, si chiede “se non sia necessario adottare quanto prima provvedimenti per regolamentare la materia , e di valutare l’opportunità di limitarne l'utilizzo da parte di partiti, movimenti e rappresentanti istituzionali”. E infine, “quale sia la valutazione del governo sull’utilizzazione del clickbaitquale forma di finanziamento dei partiti”. “Renzi non può più comandare come prima” Viaggio in Transatlantico tra i malumori della minoranza e gli alleati riottosi Maretta Il presidente del Consiglio Matteo Renzi a Montecitorio tra i parlamentari del Pd Ansa Lo scontento I dissidenti : “Governo amico delle banche” Portas: “Dovrà spiegare in Direzione” forme? “La Brexit l’ha salvato, speriamo che questi giorni gli abbiano portato consiglio, ma lunedì in Direzione dovrà dare delle risposte. Qualcosa dovrà cambiare, nel governo e nei rapporti con la minoranza, anche se poi le elezioni le abbiamo perse tutti, non solo lui”, osserva il deputato torinese Giacomo Portas che, dopo il 5 giugno, aveva quasi previsto la sconfitta di Fassino. 59 Il numero dei voti di fiducia alla Camera con questo esecutivo “Dopo le amministrative l’aria è cambiata. Lo vediamo dalle fibrillazioni all’interno del Pd. Tra un po’ a v r em o molta compagnia”, osserva Davide Zoggia, minoranza. “Da qui in avanti mi auguro di vedere un Renzi diverso, senza abiti da bullo e lanciafiamme. In questo modo possiamo aiutarlo a risollevare il Pd e anche il Paese. A patto, però, che il governo si decida a met- tere in campo politiche di sinistra, l’unica strada per tornare a parlare con il nostro popolo in fuga”, continua. I movimenti delle correnti Pd fanno sorridere Nico Stumpo: “Si vede che il renzismo è come un’influenza, prima o poi passa. Tutti improvvisamente si ricordano di quello che erano prima…”. IL TEMA , naturalmente, va ol- tre il Pd e si allarga alla maggioranza. Sentite cos’ha detto, due giorni fa, Paola Binetti (Ap): “Si parla di banche e riappare la fiducia, sembra un rituale scontato. Il governo la pone in un momento in cui di fiducia, in giro, ce n’è sempre meno: sorprende per la forte inopportunità psicologica del momento. E sorprende anche il malumore che serpeggia nei partiti che sostengono la maggioranza. Renzi sta su una barca che ogni giorno si riempie di amarezze e delusioni…”. Anche gli alleati, dunque, fibrillano. E di fronte a queste parole torna in mente l’ipotesi ventilata da Angelino Alfano qualche tempo fa, quella di un appoggio esterno al governo in autunno. È davvero così? Area popolare sembra divisa. “Dopo la Brexit, la situazione è troppo seria per fare gli schizzinosi. Togliere aiuto alle banche significa toglierlo ai risparmiatori. Detto questo, un malcontento nella maggioranza è evidente, Renzi arranca stretto tra referendum e polemiche interne al Pd”, osserva un altro deputato di Ap, Sergio Pizzolante. Insomma, un cambio di passo, e di atteggiamento, lo invocano tutti. Anche se poi non è detto, se le cose peggiorano, che tutti remeranno nella stessa direzione. “Quando ti circondi di opportunisti, sono loro i primi a mollarti”, dice Franco Monaco. “Ho visto in Aula un Renzi molto meno baldanzoso, come se avesse abbassato la cresta”, sottolinea Raffaele Volpi, leghista di lungo corso. “Del resto – aggiunge - alle amministrative il premier ha preso una bastonata e ora rischia anche sul referendum. Così debole, forse, non è mai stato. Da qui in avanti la partita si fa molto interessante…”. © RIPRODUZIONE RISERVATA Già vecchio Il premier cambia la Carta e inventa una legge elettorale mai vista per tenere il potere NO A UNA RIFORMA PER USO PERSONALE » PAOLO CIRINO POMICINO C aro direttore, i risultati delle ultime Amministrative, per giudizio unanime, hanno registrato chiaramente una sconfitta del Pd, una traballante tenuta del centrodestra e un successo del M5S che va al di là della conquista di Roma e Torino. Ma i risultati dicono ben altro. Se il successo dei grillini è frutto della voglia di cambiamento, come dicono tutti, compreso il premier che è il primo degli sconfitti, è segno che il sistema politico italiano ha incorporato una volatilità che ricorda quella dei mercati finanziari. Nelle elezioni europee del 2014 la novità, con annessa voglia di cambiamento, si chia- mava Renzi e 24 mesi dopo quella novità è già diventata “vecchia” mentre resta intatta, anzi si accentua, quella voglia di cambiamento oggi intercettata dal M5S. Un sistema politico volatile alimenta la instabilità politica e la governabilità di un Paese moderno non potrà mai essere recuperata a danno della democrazia come da due anni cerca di fare disperatamente Renzi. Non a caso il presidente del Consiglio, in un raptus onirico forse captando per tempo la sconfitta alle Amministrative, ha personalizzato il referendum popolare in maniera quasi fanciullesca affermando “o il popolo vota SI o vado a casa”. Così facendo Renzi conferma un sospetto già largamente presente nel Paese secondo il quale la riforma costituzionale approvata a maggioranza da uno “st ra n o” Pa rl amento è funzionale solo a un disegno di puro potere personale grazie anche all’aiuto di una devastante legge elettorale. Questa personalizzazione del referendum non ha precedenti nella storia repubblicana. Non lo fece De Gasperi durante i lavori della Costituente, non lo fece Amato quando nel marzo del 2001 approvò la sciagurata riforma del Titolo V, non lo ha fatto Berlusconi nel 2005. Nessuno lo ha fatto perché la Carta è di tutti ed è separata dal governo, che al contrario resta l’espressione di una maggioranza transitoria. Inoltre gli effetti di questa riforma costituzionale mutano nel profondo la nostra democrazia politica perché cadono in un contesto in cui campeggiano: a) una legge elettorale che non ha precedenti in Europa; b) un sistema politico fatto da partiti personali, nessuno escluso. Ebbene se vincesse il Sì, gli italiani non voterebbero mai più la stragrande maggioranza dei propri legislatori che verrebbero nominati, invece, dalle segreterie dei cosiddetti partiti grazie ai capilista bloccati alla Camera e ai consigli regionali che sceglieranno i senatori. Gli effetti devastanti del Si, però, non finiscono qui! Il governo del paese, grazie ad un premio di maggioranza del 15%, verrebbe dato ad una minoranza che nel migliore dei casi avrebbe il 40% dei votanti, ma dopo il secondo turno avrebbe poco più del 20% degli elettori. È questa, dunque, la democrazia politica che la coppia Renzi-Napolitano ha pensato per l’Italia? Riflettano a fondo gli organi del Pd e tutti quelli che sia richiamano alla cultura del cattolicesimo politico e del pensiero liberale perché nessuno possa dire domani “io non avevo capito”. © RIPRODUZIONE RISERVATA COSENZA Giunta stile FI: un condannato, un frate e Vittorio Sgarbi » LUCIO MUSOLINO D alla Procura a Palazzo dei Bruzi. Dalle stanze dei pm che lo hanno sentito per tre ore come persona i nf o rm at a sui fatti n e l l ’ i nchiesta s u g l i a ppalti alle ditte “am ic he ”, al Comune di Cosenza dove ha annunciato la sua nuova giunta. Il sindaco Mario Occhiuto (Forza Italia), appena rieletto, ieri si è dovuto barcamenare tra l’indagine a carico del suo ex capo di gabinetto Carmine Potestio e di alcuni dirigenti comunali e la conferenza stampa in cui ha presentato la sua squadra. Dopo aver vinto al primo turno il 5 giugno, Occhiuto ha fatto i conti con tutti quelli che lo hanno sostenuto: da Sgarbi a Padre Fedele passando per il suo ex vicesindaco condannato tre mesi fa. Ancora prima dell’annuncio ufficiale Vittorio Sgarbi postava su Facebook le foto del suo ufficio di assessore alla Cultura, al centro storico e alla bellezza. Ma Sgarbi non è l’unico esterno. Occhiuto ha chiamato anche Matilde Spadafora, la madre di Roberta Lanzino uccisa 28 anni fa senza che ci sia ancora un colpevole. A lei, le deleghe alla Scuola e al contrasto della violenza di genere. Tra gli assessori, anche Padre Fedele Bisceglia, frate “ultrà” del Cosenza, assolto definitivamente dall’accusa di violenza sessuale. La deputata e coordinatrice regionale forzista Jole Santelli sarà il vicesindaco, con le deleghe alla Programmazione dei fondi europei. Spazio, infine, anche per Luciano Vigna già vicesindaco di Occhiuto, nominato al Bilancio. A marzo Vigna è stato condannato a 2 anni e 8 mesi nell’in c hi e st a sulla società “Tesi” che, stando agli inquirenti, avrebbe provocato passività per poco meno di 5 milioni di euro attraverso operazioni ritenute illecite. © RIPRODUZIONE RISERVATA ESTERI Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | FRANCIA ”LOI TRAVAIL” ANCORA PIÙ DURA Primo via libera del Senato alla Loi Travail, la contestata riforma del Lavoro, mentre i sindacati erano tornati in piazza (con 27 persone fermate dalla polizia) per chiederne il ritiro. La versione approvata in Senato è ancora “più dura” di quella approvata alla Camera attraverso il procedimento 49.3, che impone il passaggio di una legge senza il voto dei deputati. Oggi il premier Valls incontra i sindacati. Ansa SPAGNA » ELENA MARISOL BRANDOLINI Madrid I l giorno dopo gli effetti della sbronza elettorale, la stampa spagnola invoca patti e fine dei veti contro il rischio di un nuovo blocco istituzionale. La situazione è cambiata rispetto al 20 dicembre: il PP è ora il chiaro vincitore della competizione elettorale e il blocco progressista si è fatto più debole, ma nessun partito dispone della maggioranza per fare un governo in solitario, la logica di coalizione s’impone, a meno di non disporsi a un governo di minoranza con appoggi puntuali di volta in volta. Quest’ultima sembra essere l’intenzione di Mariano Rajoy che, dopo aver fatto appello alla grande coalizione con il Psoe ed eventualmente Ciudadanos, si spinge oltre e, forte del risultato ottenuto, si dice pronto a governare con i soli deputati eletti con gli 8 milioni di voti che hanno preferito la marca PP. ANZI, AGGIUNGE IL LEADER popolare, il governo ci sarà già per i primi di agosto, la situazione interna e quella europea non consente ulteriori dilazioni. Ieri è andato a Bruxelles come presidente “in funzioni” del governo spagnolo a discutere della Brexit e a ricevere le congratulazioni degli altri leader popolari. Nella capitale europea ieri c’erano anche il leader di CiudadanosAlbert Rivera e il segretario socialista Pedro Sánchez, ognuno per riunio- L’INTERVISTA GERMANIA AUMENTA VIOLENZA NEONAZI Sono aumentati del 40% gli episodi di violenza commessi da estremisti di destra: emerge da un rapporto dei servizi segreti. Nel 2015 le azioni violente dei neonazisti sono state 1.408 a fronte dei 990 dell’anno precedente. Nella maggior parte dei casi, ha spiegato il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maiziere, gli obiettivi delle violenze sono stati i rifugiati e i migranti. Ansa Rajoy ci prova, in arrivo un governo balneare Disposto a un esecutivo di minoranza. Ma Rivera fa da “pontiere” tra PP e Psoe Gioco delle coppie Rajoy (PP) e Rivera (Ciudadanos); Iglesias (Podemos) e Sánchez (Psoe) Ansa/LaPresse Tutti a Bruxelles Ieri i segretari di Popolari, Centristi e Socialisti erano in consulto al vertice Ue ni differenti. Nella notte di lunedì, Rivera, che nelle elezioni di domenica ha visto parte del suo voto in fuga verso il PP, ha provato a ripren- 176 I seggi necessari: PpCiudadanos e partiti minori si fermano a 175 dersi quel protagonismo che nessuno ormai gli riconosce più. Telefonando a Rajoy e Sánchez come mediatore per un incontro a tre. Rajoy gli ha risposto che incontrerà tutti i partiti prossimamente e Sánchez gli ha confermato che l’iniziativa è ora nelle mani di Rajoy. IL PSOE RIMANE comunque centrale, sia nell’ipotesi della grande coalizione che in quella di un governo di minoranza del PP in cui la sua astensione è indispensabile. Anche a guardare nel blocco conservatore e a volerci met- tere dentro proprio tutti oltre il PP, ossia Ciudadanos, il Pnv e Coalicion Canaria, i numeri si fermano a 175, a meno 1 dalla maggioranza assoluta. E qui potrebbe entrare in gioco un’ipotetica astensione del deputato di Nueva Canarias Pedro Quevedo, che ha concorso in collegamento con il Psoe e che andrà a far parte del gruppo misto. Intanto, dentro la formazione viola la discussione è in fermento. Pablo Iglesias promette un congresso. Non capiscono dentro Podemos che cosa abbia fallito, se la coalizione con Izquierda Unida, il tono della campagna elettorale, i messaggi spesso contraddittori che ne sono emersi, o il credersi troppo forti per perdere. Complici i sondaggi, che questa volta hanno mostrato una realtà immaginaria opposta alle vere dinamiche della società. Sarà stato perché è difficile capire che succede quando si ripetono elezioni dopo sei mesi, oppure per la volatilità delle nuove formazioni politiche, può aver pesato la Brexit e un clima più generale di paura favorendo un voto d’ordine e di moderazione. E poi c’è stata l’astensione e quella quota importante di indecisi. Che alla fine ha scelto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Clara Sánchez La scrittrice teme l’attendismo del premier: “Avrebbe dovuto lasciare” “I politici non ci rubino il portafoglio” » FRANCESCO MUSOLINO Rajoy nei suoi discorsi sottolinea quanto sia difficile governare, come se fosse un martire. Ma allo stesso tempo è attaccato alla poltrona come una cozza alle rocce R ajoy avrebbe dovuto lasciare la politica. Lo pensa tutto il mondo, tranne lui che è attaccato alla poltrona come una cozza alle rocce”. La scrittrice Clara Sánchez analizza le recenti elezioni in patria, la vittoria del PP di Mariano Rajoy e il mancato sorpasso di Podemos, senza cedere alla diplomazia e auspicando un cambiamento che possa finalmente trascinare il paese fuori dall’incertezza. Innamorata dell’Italia (dove, in anteprima mondiale il 12 settembre, uscirà Lo stupore di una notte di luce, il seguito del best-seller Il profumo delle foglie di limone, pubblicati da Garzanti) guarda con timore alla Brexit e ai politici spagnoli intima: “Non rubateci il portafoglio con false promesse d’amore”. Cosa succede in Spagna? I partiti spagnoli sembrano alle prese con gli esami per la patente di guida. Superano la parte teorica ma non quella pratica. E noi cittadini guardiamo con timore le loro auto, con il fondato rischio che si schiantino e noi con loro. Gli spagnoli hanno disperatamente bisogno di un po’ di sicurezza: non rubateci il portafoglio con false promesse d’amore. Il sorpasso di Podemos sul Psoe non è avvenuto. È l’effetto Brexit? Può darsi ma il problema è che Podemos sembrava troppo concentrato sulla sua immagine e il suo leader, Pablo Iglesias, ha condotto la sua campagna negli studi tv. Podemos ha comunque ottenuto un ottimo risultato: in soli due anni ha rotto il bipartitismo PP-Psoe; soprattutto ha evidenziato che le nuove generazioni sono molto preparate ma senza alcun spazio nel mercato del lavoro. Dunque perché niente sorpasso? I sondaggi erano talmente errati che hanno falsato la nostra percezione delle elezioni ma lo smarrimento di Podemos è comprensibile. Forse si sono mostrati »9 troppo interessati ad ottenere il potere? Certamente possono avere sottovalutato il fattore “paura”, che invece è stato la colonna portante della campagna del PP. mento. Rajoy non la convince proprio. Tutto il mondo pensa – meno la sua famiglia - che Rajoy avrebbe dovuto lasciare. È troppo strettamente La vittoria di Rajoy legato alla corruzione faciliterà il dialogo del suo partito. Rajoy, con la Catalogna? nei suoi discorsi pubDama da best-seller L’atteggiamento di Clara Sánchez Ansa blici, sottolinea quanRajoy è di non fare to sia difficile goverproprio nulla. Sia nel caso della nare, come se fosse un martire del Catalogna che per ogni altro a- potere. Ma allo stesso tempo è atspetto politico. Lui pensa che il taccato alla poltrona come una tempo intorpidisca o risolva da cozza alle rocce. solo i problemi e non gli resta che Anche chi è favorevole alla Brecontemplare questo panorama xit, pensa che la Ue vada riforcosmico seduto in poltrona menmata. E lei? tre fuma un sigaro. L’isolamento non porta mai buoEppure ha vinto. ni frutti. Ben venga il cambiaSventolando la paura. Del resto mento a patto che ponga il cittanelle poche dichiarazioni pubbli- dino al centro delle riforme. Le che, Rajoy ha suscitato timore per trasformazioni che tengono conle pensioni più basse. Non dimen- to solo di poteri economici e multichiamo che la Spagna ha una po- tinazionali, invece, sono sempre polazione con una media d’età al- destinate al fallimento. tissima, terrorizzata dal cambia© RIPRODUZIONE RISERVATA CATALOGNA La “vendetta” di Madrid: processo agli indipendentisti I n Catalogna, a due giorni dalle elezioni spagnole, il clima politico non è dei più sereni. Ieri mattina, il magistrato del Tribunal Superior de Justícia de Catalunya Joan M a n e l Abril, incaricato d’istruire la causa contro l’ex presidente della Generalitat Artur Mas e le due ex-consigliere Joana Ortega e Irene Rigau, per aver celebrato in Catalogna il 9 novembre 2014 il referendum consultivo proibito dal Tribunal Constitucional, ha dichiarato conclusa l’istruttoria e rimesso alle parti la decisione di rinviare a giudizio gli inquisiti. Il caso dell’ex consigliere Francesc Homs rimane invece nelle mani del Tribunal Supremo, essendo stato interrogato quando già era deputato alle Cortes spagnole. Nessuna archiviazione del caso dunque come era stato richiesto dalla difesa, più vicino invece l’inizio del processo per i delitti contestati di disobbedienza, prevaricazione, usurpazione di funzioni giudiziarie, malversazione di risorse che, se confermati, comporteranno pene dall’inabilitazione al carcere. Secondo Abril, che chiude con questa decisione la sua carriera in Catalogna avendo chiesto il trasferimento al TS di Andorra, ci sarebbero indizi circa il fatto che le operazioni di organizzazione, preparazione e svolgimento della consultazione siano state portate a termine non solo da volontari, come dichiarato dagli accusati, ma con un coinvolgimento istituzionale. La consultazione si celebrò dopo la sospensione del TC del 4 novembre, intervenuta a seguito del ricorso promosso dal governo di Mariano Rajoy, quindi gli atti contestati si riferiscono al periodo tra il 4 e il 9 novembre. La decisione di aprire la causa sulla consultazione del 9 novembre era stata assunta dal TS, perché i giudici catalani del TSJC erano contrari. E oggi si riunisce il parlamento catalano per discutere la destituzione del direttore della Oficina Antifrau de Catalunya, implicato assieme al ministro degli Interni Fernández Díaz nel presunto complotto ai danni dei partiti indipendentisti catalani. E. M. B. 10 | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 Il Fatto Speciale Il prete “rosso” Carlo Giuliani, De André, i poveri e la politica: ecco i diari di don Gallo È Sacerdote di strada Don Andrea Gallo (19282013) è stato un “prete di strada”, come lui stesso si definiva. All’inizio degli anni 70 ha fondato la Comunità di San Benedetto al Porto per accogliere chiunque fosse in difficoltà: tossici, prostitute, madri sole, immigrati. Nel 1944 Gallo era salito sulle montagne con il fratello Dino, partigiano. Poi, nel Dopoguerra, la scelta del sacerdozio. Un prete scomodo, fedele alla Chiesa, ma molto “dialettico” con i cardinali genovesi » FERRUCCIO SANSA Genova morto un ragazzo in corteo”. È la sera del 20 luglio 2001. Le foto di Carlo Giuliani steso a terra mentre una ragazza della Croce Rossa tenta disperatamente di rianimarlo hanno fatto il giro del mondo. E un uomo prende la sua agenda di pelle scura, consumata. Scrive poche parole –non c’è altro da dire di fronte alla morte di un ventenne –ma con una calligrafia che rivela la passione e l’energia. Perché l’autore di quel diario è don Andrea Gallo. E rileggendo i suoi appunti ti sembra di vederlo nel suo studio, quella stanza affacciata sul porto di Genova con la luce accesa fino all’alba che i genovesi passando avevano imparato a cercare. Come una piccola Lanterna che indicava la rotta. Sì, il Gallo era sveglio, era alla scrivania con il sigaro in bocca. C’era anche in quei giorni del G8 che hanno cambiato la storia della sua città e dell’Italia. Era lì, e sulle pagine dell’agenda ha lasciato appunti essenziali come un libro di storia. Scritti per se stesso, ma soprattutto forse nella speranza che un giorno qualcuno li trovasse. Non dimenticasse. E OGGI È SUCCESSO. L’agenda del 2001 è soltanto uno tra le migliaia di documenti che stanno riemergendo dallo scaffale dello studio. Una raccolta sterminata, perché don Gallo non buttava via niente: agende, migliaia di fogli sparsi con gli appunti per le prediche, i discorsi, i funerali di amici scomparsi, da Fabrizio De André a Fernanda Pivano. Non andranno persi: Domenico Chionetti – per tutti Megu – che era sempre a fianco del Gallo ha raccolto tutto. Con l’aiuto dell’a r c h i vi s t a Carlo Stiaccini, dell’amico Alessandro Lombardo e della fondazione Ansaldo ha cercato di riordinare quel magma uscito per cinquant’anni dalla penna di don Andrea. E infine eccolo, il grande archivio di don Gallo. L’Archivio di Stato lo ha dichiarato “bene di notevole interesse storico”. Sarà conservato. “È come rileggere le parole di un padre”, racconta Megu indicando i faldoni dove sono raccolte le carte. Davvero il diario della vita di un uomo, dai primi anni del sacerdozio fino alla nascita della Comunità, per arrivare a quella ribalta che Gallo accoglieva con divertita ironia. Calcandosi appena un po’ di più il cappellaccio sugli occhi. Ma insieme il racconto dei grandi avveni- UNA LETTERA DEL 1956 Non posso fare a meno di parlare del massacro della gloriosa nazione ungherese!! Avrete sentito quali orrendi crimini sono stati commessi contro una popolazione inerme. Che dobbiamo fare noi cattolici in questa occasione? Le note In alto, una lettera del 1956 ai familiari in cui don Gallo scrive della repressione sovietica a Budapest; un appunto su De André e uno sulla riforma elettorale di Berlusconi menti del mondo visti da quella piccola stanza. Finché la storia, nei giorni del G8, gli bussò alla porta. Ecco l’appunto della mattina del 18 luglio, quando i grandi della terra cominciano ad arrivare a Genova: “Città blindata, militarizzata!!!”, scrive don Gallo. Con i punti esclamativi cui la sua voce dava vigore. Poi la speranza che la protesta resti pacifica. Il concerto di Manu Chao, i ragazzi che sfilano per le strade. Fino alla sera del 20 luglio. “Ho tanti amici nelle Forze dell’ordine. Quanti “servitori” dello Stato di Diritto ho stimato e apprezzato in questi ultimi anni! Abnegazione, sacrificio, senso del dovere. Quanti hanno pagato con la vita, lasciando famiglie nel dolore”. Scrivendo il diario di quel venerdì 20 luglio, però, aggiunge: “Cittadini in divisa hanno sperimentato il potere puro, l’arbitrio assoluto”. Ma è lungo il cammino di un uomo, ci ricordano i diari di Andrea Gallo. A cominciare dalle lettere del giovane sacerdote che scrive ai genitori e al fratello Dino. Parlando di sé e del mondo. Dell’invasione dell’Ungheria del 1956: “Non posso fare a meno di parlare del massacro della gloriosa nazione ungherese!! Avrete sentito dai giornali, dalle radio, quali orrendi crimini sono stati commessi contro una popolazione inerme che chiede siano rispettati i sacrosanti diritti concessi da Dio a tutti gli uomini: libertà, pace, lavoro. Che dobbiamo fare noi cattolici in questa occasione? Seguiamo le direttive illuminate e sagge del nostro Sommo Pontefice… non facciamo tante chiacchiere inutili e soprattutto non provochiamo altro odio nelle nostre contrade!!!”. Non è ancora il sacerdote “an- gelicamente anarchico” della maturità. Ma c’è già la sua energia. E quel tentativo faticoso, a volte doloroso, durato una vita di mettere insieme l’obbedienza alla Chiesa con la libertà. DAVVERO QUANTE cose rac- conta la scrittura. Proprio la calligrafia. Addio alla macchina da scrivere, addio ai filtri. Gallo ora scrive di proprio pugno, con le linee delle parole che si fanno più morbide pagina dopo pagina. Come se arrivassero la tranquillità della notte o la stanchezza. Scriveva, scriveva, mentre accanto a lui dormivano i “tossici” della Sul Porcellum “L’ultimo governo Berlusconi di quale maggioranza dispone? Altro che semplificazione, è l’inizio della demolizione della Democrazia” Comunità San Benedetto con cui condivideva la stanza. Basta una riga per raccontare chi era don Andrea: “Diecimila lire a una madre musulmana per il latte dei bambini”. Ancora: “Dieci euro a un egiziano. Povero, povero, povero”. Ripetuto tre volte, per far risuonare la rabbia. E l’amore. In tanti hanno lasciato un messaggio nel diario della Comunità (anche questo nell’archivio): “La Ester adesso va a battere”, scrive un ragazzo. “Adesso andiamo a puttanazze!”, aggiunge un altro. Non c’è censura. “Questo era il segreto del Gallo: non giudicare, far sentire tutti amati”. È una galleria di decine di personaggi: tossici – alcuni non ci sono più, altri ne sono usciti, c’è chi addirittura è diventato manager di successo – prostitute, transessuali, immigrati. Ma anche gli amici importanti. Tutti sullo stesso piano. Tutti IL FATTO SPECIALE Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | Un archivio per riunire gli amici “L’archivio di don Andrea dovrà essere il punto di ritrovo per i vecchi amici del Gallo. Per accompagnare e sostenere la Comunità e farle sentire che non è sola. Le parole e il messaggio di Andrea ci sono ancora”. Così Domenico “Megu” Chionetti, portavoce della Comunità San Benedetto al Porto racconta la scommessa. Si vuole raccogliere il patrimonio umano, oltreché materiale, lasciato dal sacerdote genovese scomparso il 22 maggio 2013. Quella grande energia che il giorno del funerale riempì le strade di Genova. Don Andrea Gallo non ha buttato via niente. E dai suoi scaffali stanno riemergendo migliaia di documenti: lettere, appunti per messe e omelie, agende, fotografie. La Fondazione Ansaldo ha deciso di sostenere l’iniziativa. L’Archivio di Stato lo ha dichiarato “bene di interesse storico”. Dovrà quindi essere conservato. I ragazzi di don Gallo – grazie all’aiuto dell’archivista Carlo Stiaccini e al sostegno dell’amico Alessandro Lombardo – stanno recuperando tutto. Con gli operai Don Andrea Gallo nel 2011, davanti al Duomo di Milano dopo il comizio conclusivo del corteo dei metalmeccanici Ansa Piazza Alimonda Carlo Giuliani, ucciso a 23 anni da un carabiniere il 20 luglio 2001. Sull’agenda don Gallo annota: “È morto un ragazzo in corteo” Luglio 2001 “Ho tanti amici nelle Forze dell’ordine Quanti hanno pagato con la vita. Cittadini in divisa hanno sperimentato il potere puro, l’arbitrio assoluto” uguali. Ecco gli appunti per l’addio a De André: “Non voglio dire che Fabrizio abbia indicato una strada per coniugare il proprio riscatto e quello di tutti gli oppressi. Perché Faber riconosce sempre agli altri la libertà della scelta”. Poi Fernanda Pivano: “La Fernanda! Una di quelle persone che ci regala il cielo ogni tanto. Ci ha insegnato un linguaggio universale. Dialogare, ascoltare tutti”. POI LE FOTOGRAFIE. Centi- naia. Dalle immagini di Gallo giovane. Un uomo bello, vigoroso, perché – questo sembra dirci – non c’è proprio contraddizione tra corpo e spirito. Anzi. E gli scatti con gli amici: con un viado brasiliano o Vasco Rossi. Non fa differenza. Nessuna lezione. Forse soltanto qualche consiglio su come “sentire” la vita con i cinque sensi: “Vista: vedere i colori della terra. Olfatto: annusare i profumi del vento. Udito: sentire l’armonia di tante voci. Gusto: assaporare gli aromi del mondo. Tatto: sentire tante dita”. E poi appunti civili, sacerdote e cittadino. Nemmeno questa è contrad- » 11 dizione in don Andrea: “La legge elettorale definita da tutti u n a p o r c ata… ha prodotto una semplificazione consentendo alla coalizione vincente la tanto auspicata governabilità. Ma l’ultimo governo Berlusconi di quale maggioranza dispone? Altro che semplificazione, è l’inizio della demolizione della Democrazia”. Ci sono tutti. Non ci sono, o non sono ancora emersi, messaggi scambiati con i suoi cardinali, da Giuseppe Siri ad Angelo Bagnasco, con cui Gallo ha avuto un rapporto molto “dialettico”: obbedienza e libertà, appunto. Ma forse quelle parole schiette don Andrea non ha voluto scriverle. Le ha pronunciate soltanto a voce. Manca soltanto una persona: lui, don Andrea, che non parla quasi mai in prima persona. Che cerca di scomparire e si definisce soltanto attraverso gli altri. Fino a quell’ultimo messaggio: “Gesù disse… Vi ho tenuta nascosta una cosa che ora non posso più nascondervi: devo proprio partire. Addio”. © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 » P G | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 iazza rande Una squadra normale con un allenatore speciale Italia nei quarti di finale degli Europei, grazie ai gol realizzati da Giorgio Chiellini e Graziano Pellè: non due campioni, ma due calciatori tenaci, grintosi, umili, attenti ad applicare, con determinazione e impegno gli schemi del bravo tecnico, Antonio Conte, che ieri ha compiuto un capolavoro tattico. Nella Nazionale, prevale lo spirito del gruppo sulla classe dei “top player”. È la prima lezione, anche al di là del calcio, trasmessa dagli Azzurri, che hanno “vendicato” l’umiliante sconfitta, subita 4 anni fa, nella finale degli Europei, dalla Spagna, rispedita, ieri, a casa dall’intramontabile capitano, Gigi Buffon, e dai suoi coraggiosi compagni. PIETRO MANCINI Renzi: l’amico di tutti che chiama tutti per nome Sentito in radio da Bruxelles con tono conviviale, cameratesco e compagnone (ma “compagnone” è un po’ troppo), il Renzi delle buone cose e dunque della buona diplomazia ha espresso piena condivisione su “quello che hanno detto Angela e Francois” in merito all’uscita dall’Ue della Gran Bretagna. Di sicuro ha anche twittato al dimissionario David, al sereno Mariano in festa a Madrid, all’amicone Barack alle prese con buche e palline da golf e forse anche ai sempre arrabbiati Recep tra un narghilè e l’altro e il Kim nel corso dell’ennesima sfilata nel suo stadio da calcio vuoto. Proprio una bella compagnia, ma tutti riservatini. Renzi, invece, si barcamena fra sorrisi, pacche e battute. Ricorda uno dei tanti personaggi da film (Sordi e Gassman ne erano maestri) che partecipa ad una udienza in Vaticano e stringe a malapena la mano al Papa, dicendo in giro: “Jorge Mario mi avrebbe portato a cena se non avessi avuto un impegno al Foro Italico dove c’era Donald in parata militare appena arrivato dagli Usa”. Peccato che poi, tutti i potenti finiscano sempre col chiamarlo col cognome. Che tenere disdette. B.G. Il voto inglese: una lezione per far ripartire l’Ue Questa Brexit non ci voleva. Non solo per l’Europa, ma per l’Italia. Proprio adesso che potremmo essere vicini alla cacciata di Renzi. Il referendum britannico ha frenato la corsa di Podemos e ridato fiato ai soliti partiti. Il Movimento Cinque Stelle ne tragga lezione, a partire A DOMANDA RISPONDO Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n° 42 - [email protected] cambiato la Costituzione cancellando l’equilibrio dei poteri e il principio di uguaglianza percependo stipendi inimmaginabili dopo la liberazione e tutti con ricca diaria. Questa similitudine mi basta per votare “no, no’’ al referendum di ottobre. Sicuro che da queste premesse è scaturita una Controriforma oscurantista. Comunque per la sostanza rimando tutto alle considerazioni degli ex presidenti della consulta. Tutti contrari a questo aborto costituzionale. FURIO COLOMBO Statali furbetti? Cacciateli tutti I grandi evasori lasciateli stare CARO FURIO COLOMBO, premetto che non sono una dipendente pubblica. Ma non ho mai visto una caccia così furibonda a una categoria di persone che lavorano, pur con qualche mascalzone che timbra il cartellino e non lavora tra le loro file. Non ho mai visto trattare così grandi e famosi evasori. Specialmente quelli che sono noti a tutti e non devono mai risponderne. EVELINA SONO D’ACCORDO. Una parte del fenomeno è tipica del giornalismo contemporaneo: poche grandi e drammatiche notizie e un vasto spazio per cose che bisogna raccogliere dal cassetto delle curiosità e trasformare in grande evento: il vigile che timbra il cartellino in mutande è una modesta spregevole truffa, se si pensa alla corruzione italiana che coinvolge figure pubbliche di grande livello e cifre immense. Ma è materiale prezioso per l’ingigantimento inutile con cui si possono imbottire giornali, telegiornali, tavole rotonde e commenti, dal comico al filosofico. Però il tipo di argomento è contagioso. È partita subito una legge, a cura del governo, niente iniziativa del Parlamento, come al solito, che vanta un primato mai visto nel corso della civiltà italiana: si può, anzi si deve licenziare entro un mese, meglio, da quel che si capisce, se tutto avviene con ben reclamizzato disonore, perché i ladri sono ladri e se non li schiacci subito possono finire per occuparsi di trasporti, privatizzazioni, centri ospedalieri e grandi eventi sportivi. Però ciò che scredita la legge non è la sua tempestiva severità. Dopo tutto, oltre a ridicolizzare se stessi si ridicolizza un Paese e la sua credibilità di sistema dal saggio Di Maio: lascino perdere il referendum sulla moneta unica e professino una vocazione europeista, critica e innovativa (com'è giusto), ma salda e credibile a livello internazionale. Non si preoccupino delle reazioni sulla rete: la loro base è ormai molto più ampia: è l’elettorato italiano che non ne può più di Renzi e del renzismo e cerca una valida alternativa di governo. Interpretino con coraggio e creatività questa fase: l’Europa per ripartire ha bisogno di idee e volti nuovi. ANTONIO Dalle ceneri di questa Europa ne rinasca una vera e unita In questi giorni si parla molto di pensioni e di Europa. Sorprendentemente nessuno rileva più che fino al 2011 nel pubblico le lavoratrici andavano in pensione di vecchiaia a 61 anni. Dalla sera alla mat- pubblico, anche con truffe stupide e cattive, più che criminali, però altamente simboliche. Sfortunatamente tutto ciò avviene mentre apprendiamo che vi sono centinaia di migliaia di provvedimenti giudiziari gravi e urgenti (carcerazioni, scarcerazioni) che non possono essere eseguiti perché manca il personale, non ci sono cancellieri, non sono mai stati fatti concorsi. E non sono in programma. Però tutto ciò avviene mentre non ci sono abbastanza carabinieri né poliziotti e devi sopperire con bravi e inesperti soldati che fanno un mestiere completamente diverso, proprio in tempi di rischio in cui è richiesta esperienza. Ecco, dunque, il problema, grave e vistoso, che i cittadini notano subito. Finalmente nel Paese si può licenziare sui due piedi un impiegato statale fedifrago (benché sia sembrata eccessiva la festa). Ma nell’Italia del pubblico impiego, su cui continuano a ricadere responsabilità molto grandi verso i cittadini (scuola, sanità, difesa, polizia, giustizia) non viene in mente a nessuno (pensate, neppure alla Boschi) di assumere, attraverso tempestivi concorsi e bene organizzata formazione, per colmare i grandi vuoti di personale. Se tutto ciò si facesse, bene e subito, risveglierebbe orgoglio delle persone che partecipano e vengono assunte. L’orgoglio della propria funzione è il più forte antidoto contro la sindrome triste del vigile che timbra in mutande. La gogna, invece, non serve a niente. FRANCESCO DEGNI DIRITTO DI REPLICA Furio Colombo - il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n° 42 [email protected] tina nel silenzio dei sindacati (non siamo in Francia) il limite fu portato dalla riforma a 66 anni, alla faccia dei privilegi acquisiti, che valgono solo per i (dis)onorevoli, “derubando” le interessate di 5 anni di pensione, perché lo “c hie de va l’Europa” (dove ridono ancora adesso). Ora si discute con il bilancino su come spostare i termini di uno o due anni, ovviamente a carico dei lavoratori. Si riparla anche di agire sul cuneo fiscale, ma qui stranamente l’Europa non conta e se in Germania l’operaio che fa lo stesso lavoro di un italiano guadagna molto di piuù, a parità di costo aziendale, non si indigna nessuno, basta “parlarne” ogni tanto. Da europeista convinto dico che di “questa” Europa ne faccio volentieri a meno e spero che dalle ceneri rinasca una Europa unita vera, con regole condivise in ogni campo. LUCIANO BERTOLINO Chi scrisse la Costituzione ieri e chi la vuole riformare oggi 1947… 75 uomini e donne di grande spessore, culturalmente formati nell’antifascismo, costituirono le commissioni da cui dopo mesi fu partorita la Costituzione italiana. Dopo fu presentata ai parlamentari, tutti eletti direttamente dal popolo scelti uno per uno direttamente dagli elettori. Tutti i componenti della commissione avevano una diaria per i pasti e per dormire di 1000 lire al giorno quando un pasto costava 500 lire. E finalmente con il voto favorevole di tutti i partiti dopo discussioni articolo per articolo il 27 dicembre 1947 la Costituzione fu approvata. 2016… un gruppo non definito di “nuovi costituenti” ha redatto “la controriforma costituzionale’’presentata ai parlamentari che tutti rigorosamente nominati, tramite diverse votazioni tutte fatte con voto di fiducia, hanno Nell’articolo di Mariateresa Totaro, “La scala e i tarli: a Napoli la conoscenza è vietata”, pubblicato il 18 aprile 2016, si fa riferimento alle ricerche condotte dallo storico Carlo De Luca sui documenti d’archivio della città di Polignano a Mare. Nel condurre le indagini, De Luca racconta di essersi recato all’Archivio di Stato di Bari nell’aprile del 2015. Ciò che qui si intende rilevare è l’uso delle parole da lui adoperate per descriverlo: “Un luogo polveroso, frequentato da pochi nostalgici come me”. Un’espressione che desta meraviglia e sconcerto per l’evidente contrasto rispetto alla realtà dei fatti. L’Archivio di Stato di Bari dal 2007 ha sede in via Pietro Oreste n. 45, all’interno della “Cittadella della c ul tu ra ”, bellissimo complesso monumentale degli anni Venti-Trenta, restaurato della Soprintendenza ai beni ambientali architettonici artistici e storici della provincia. La luminosità ed ariosità della struttura e l’ampiezza dei suoi ambienti interni sono costantemente a disposizione degli utenti. Di quale polvere si parla? Le carte sono infatti sottoposte a regolari operazioni di spolveratura; tutti gli ambienti sono oggetto di cure quotidiane da parte del personale dell’impresa affidataria dei servizi di pulizia. Colpisce e lascia perplessi il fatto che uno storico adoperi espressioni così logore ma soprattutto non veritiere. L’Archivio di Stato di Bari riveste non solo come luogo di conservazione permanente della memoria storica per eccellenza, ma anche come sede di manifestazioni culturali aperte al pubblico, finalizzate al costante arricchimento del patrimonio di conoscenze dei cittadini, almeno per quanti accolgano con piacere l’invito a prendervi parte. ANTONELLA POMPILIO Direttore Archivio di Stato di Bari PROGRAMMITV 10:25 11:10 13:30 14:00 14:05 15:35 16:30 16:40 18:45 20:00 20:30 21:25 23:40 23:45 01:20 01:55 02:25 02:55 04:20 05:15 Cedar Cove Don Matteo st 07 Tg1 Tg1 Economia Estate in diretta SOAP Legàmi Tg1 Estate in diretta Reazione a Catena Tg1 Techetechetè 2016 Stanotte al Museo Egizio Tg1 60 Secondi Premio Biagio Agnes - VIII edizione Tg1 NOTTE Sottovoce Moviextra La vedova scaltra DA DA DA RaiNews24 10:30 Summer Voyager 11:20 TELEFILM Il nostro amico Charly 12:10 TELEFILM La nostra amica Robbie 13:00 Tg2 GIORNO 13:30 Il caffè degli Europei 15:35 TELEFILM Elementary 16:15 TELEFILM Guardia Costiera 18:05 Tg Sport 18:20 Tg2 18:50 TELEFILM Blue Bloods 19:40 TELEFILM N.C.I.S. 20:30 Tg2 20.30 21:05 LOL ;-) 21:15 TELEFILM Squadra Speciale Cobra 11 23:00 TELEFILM Strike Back 23:50 Tg2 00:05 Boss in Incognito 01:45 FILM I più grandi di tutti 08:00 Agorà Estate 10:10 Jack London - L’avventura del Grande Nord 11:00 Tg3 Minuti 11:05 Martin Eden 12:00 Tg3 12:15 TELEFILM Doc Martin 13:10 Il tempo e la Storia 14:20 Tg3 15:00 La casa nella prateria 16:50 Due assi per un turbo 17:50 Geo Magazine 2016 19:00 Tg3 20:00 Blob 20:10 I giorni di Parigi 20:35 Un posto al sole 21:05 Chi l'ha visto? 00:05 Tg3 Linea notte estate 00:45 Rosario Livatino - Il ragazzo con la toga 01:45 Fuori Orario. Cose (mai) viste 06:35 08:30 09:30 10:40 11:30 12:00 13:00 14:00 15:30 16:39 18:55 19:36 19:55 20:30 21:15 23:35 00:35 01:35 01:57 02:17 03:44 Hunter VII Cuore Ribelle VII Carabinieri 3 Ricette all'italiana Tg4 Detective in Corsia La Signora in Giallo Lo Sportello di Forum Hamburg Distretto 21 FILM Gioventù Bruciata Tg4 Dentro La Notizia Tempesta d'amore 10 Dalla Vostra Parte Beverly Hills Cop 3 - Un piedipiatti a Beverly Hills Inarrestabili Vai Con La Sigla Tg4 Night News Media Shopping Casta e Pura Help 07:59 08:45 09:45 11:00 13:00 13:41 14:10 14:45 15:43 16:44 18:45 20:00 20:40 21:11 23:31 01:19 02:06 02:37 04:30 05:00 Tg5 Centovetrine Le Tre Rose di Eva Forum Tg5 Beautiful Una Vita III - Prima Tv Cherry Season - La Stagione del cuore Il Segreto Un amore di nonna Caduta Libera Tg5 Paperissima Sprint Romanzo Siciliano L’Ultima alba Tg5 Paperissima Sprint Tierra de Lobos - L’amore e il coraggio Tg5 Media Shopping 10:25 12:15 12:25 13:05 13:45 14:35 15:00 15:35 16:05 16:35 17:00 17:57 18:22 18:30 19:25 21:10 23:20 01:05 02:45 White Collar Gusto dell'estate Studio Aperto Sport Mediaset I Simpson I Griffin Big Bang Theory My name is Earl Due Uomini e 1/2 Suburgatory Friends Dharma & Greg Camera Cafè Studio Aperto C.s.i. Miami Ancora Tu! Chicago P.d. Suits Studio Aperto - La Giornata 03:00 Premium Sport News 03:25 Media Shopping 06:55 07:00 07:30 07:55 09:40 11:00 13:30 14:00 14:20 16:10 17:15 19:00 20:00 20:35 21:10 00:00 00:10 02:10 02:45 03:45 Oroscopo Omnibus News Tg La7 Omnibus La7 Coffee Break L'aria d'estate Tg La7 Tg La7 Cronache Storia di un soldato How The Earth Was Made Josephine, ange gardien A cena da me Tg La7 In Onda La gabbia Open Tg La7 Due sporche carogne In Onda A cena da me Brevi amori a Palma di Majorca 19:20 Men in Black 21:00 SkyCineNews - Torno indietro e cambio vita 21:10 Ruth & Alex - L'amore cerca casa 22:45 Bad Boys 00:50 The Peacemaker 02:55 The Gunman 04:55 La scelta 16:15 18:00 20:10 22:10 23:10 23:40 00:40 01:40 02:10 Gomorra - La serie I Soprano Mozart In The Jungle Silicon Valley - 1^TV Veep - 1^TV Mozart In The Jungle Silicon Valley Veep Gomorra - La serie PIAZZA GRANDE Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | IL BADANTE BUTTARE L’ITALICUM E GLI OPPORTUNISMI D omenica 19 giugno le candidate e i candidati del Movimento 5 Stelle sono arrivati al ballottaggio in 20 Comuni e ne hanno vinti 19. Subito dopo sono ricominciate le richieste da più parti di ritoccare la legge elettorale nazionale detta Italicum per impedire l’eventualità che il ballottaggio per la conquista del governo nazionale avvenga fra il M5S e Pd. Renzi si è affrettato a rispondere che non sono previste modifiche. Si vedrà. Comunque, il principale problema dell’Italicum è che è una legge elettorale fatta su misura del Pd di maggio (2014, quando nelle elezioni europee il partito superò il 40% dei voti) con il consenso di Berlusconi, allora convinto che sarebbe stato il suo centrodestra ad arrivare al ballottaggio, e di Alfano, che chiese e ottenne una clausola di accesso al Parlamento non più alta del 3% (come in Spagna, circa 15 milioni di elettori meno dell’Italia, e non 4 come in Svezia: meno di 10 milioni di elettori). Tanto Berlusconi quanto Alfano vollero la possibilità di candidature multiple (non più in tutte le circoscrizioni, ma “solo” in dieci) e parlamentari nominati (adesso capilista bloccati in tutte le circoscrizioni) cosicché l’Italicum che, persino secondo Napolitano, dovrà essere sottoposto alle “opportune verifiche di costituzionalità”, assomiglia molto al Porcellum, smantellato dalla Cor- PIOVONO PIETRE » ALESSANDRO ROBECCHI I nsomma, ecco qui: abbiamo un problemino col popolo. A giudicare dai solenni scritti sul referendum britannico sembrerebbe una gran rottura di palle, e le analisi si concentrano sulla particolare composizione dell’elettorato inglese: da una parte i colti, benestanti, saggi, europei con casa in centro, libri e afflato democratico, e giovani; dall’altra buzzurri, contadini, anziani scontenti, razzisti, xenofobi e tutti quelli che fanno la doccia solo al giovedì. Non è facile trovare le parole per questo, ma si può sempre provare: quello buono è il popolo, e gli altri sono i populisti. Ora, questa faccenda dei populisti sembra sistemare ogni cosa: tamponi sull’autostrada? Colpa dei populisti. Non ti viene il soufflé? Populismo! È UNA NUOVA accezione della parola popolo che pare accettata a sinistra: come il colesterolo, c’è quello buono (progressista, che legge i giornali e vota come si deve) e quello cattivo (zozzoni). Un dibattito che non è solo inglese, basti pensare che la parola popolo qui si pronuncia “periferie”, cioè quelle che bellamente nelle recenti elezioni se ne sono andate facendo ciaone al Pd. Dopodiché, giù analisi sulle periferie » GIANFRANCO PASQUINO te Costituzionale. In buona sostanza, l’Italicum è un porcellinum, con le preferenze e con il ballottaggio che deve avvenire, a causa dell’ossessione anti-coalizioni di un capo di governo che vuole essere l’uomo unico al comando, fra i due partiti o le due liste più votate, a meno che un partito o una lista ottenga al primo turno il 40% dei voti più uno. Già alcuni renziani si affrettano a sostenere che la lista può anche essere composta da più partiti, ma questo sarebbe uno stravolgimento dello spirito della loro legge (e delle intenzioni personalistiche di Renzi) nonché una molto dubbia, forse improponibile, interpretazione della lettera. Queste sembrano e, sostanzialmente, sono quisquilie e pinzillacchere. Né le leggi elettorali né i ritocchi cosmetici alle leggi esistenti debbono essere fatti con riferi- mento ai desideri e alle preferenze dei partiti e dei loro dirigenti. L’Italicum è una legge di parte che non può essere modificata per convenienze di parte, ma che deve essere cestinata. Punto e a capo. NEL FRATTEMPO, pendono anche alcuni ricorsi alla Corte costituzionale su diverse clausole della legge. Il criterio con il quale valutare qualsiasi legge elettorale non è mai il tornaconto dei partiti esistenti, ma il potere degli elettori. L’Italicum migliora il Porcellum grazie sia al ballottaggio sia alla possibilità di esprimere uno o due voti di preferenza, ma, a causa dei capilista bloccati e come conseguenza dell’ingente premio in seggi consegnato a un partito/lista che ottenga anche soltanto poco meno o poco più del 30% al primo turno (quindi, quasi raddoppiandone la rappresentanza parlamentare), rimane molto al di sotto quanto a potere degli elettori tanto del sistema maggioritario francese quanto del sistema proporzionale personalizzato tedesco. Nel maggioritario francese a doppio turno (non ballottaggio poiché al secondo turno possono esserci tre, se non quattro candidati) in collegi uninominali, gli elettori hanno il potere di eleggere il candidato preferito oppure, quanto meno, di sconfiggere il candidato più sgradito. E i Possiamo ancora permetterci il lusso della democrazia? partiti ottengono importanti indicazioni anche per la formazione delle coalizioni di governo. Nella rappresentanza proporzionale personalizzata tedesca, gli elettori hanno due voti sulla stessa scheda: uno per il candidato nel collegio uninominale, uno per il partito. Con il primo voto eleggono il loro rappresentante, con il secondo voto contribuiscono a determinare il bottino complessivo dei parlamentari del partito preferito purché abbia superato la soglia del 5% (la Germania ha circa 60 milioni di elettori). Cestinato il sostanzialmente irriformabile Italicum è fra questi due ottimi sistemi elettorali che bisognerebbe scegliere, eventualmente introducendo correttivi giustificabili non come contentino ai dirigenti di partito, ma come variazioni che migliorano la rappresentanza politica senza frammentare il sistema dei partiti. Se queste scelte alternative non fossero praticabili nell’attuale Parlamento non resterebbe che un ritorno al Mattarellum, un sistema sostanzialmente conquistato nel 1993 attraverso un referendum popolare, “probabilmente” già sufficientemente noto all’inquilino del Colle il quale potrebbe anche cominciare a fare sentire la sua voce, utilizzato con risultati soddisfacenti in tre elezioni generali: 1994, 1996, 2001. Con l’eliminazione delle liste civetta e una migliore definizione del recupero proporzionale, il Mattarellum consente agli elettori di eleggere i rappresentanti che preferiscono e dà loro un doppio voto che conta e pesa. Il resto (della discussione fra opportunisti elettorali) è fuffa oppure truffa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il popolo-colesterolo: quello buono vota bene, quello cattivo è zozzone sto decisamente fighetto, compostamente in coda alla Tate Gallery, e ormai quando qualcuno ci faceva vedere la vera Inghilterra (tipo Ken Loach) si mormorava: uh, che palle, ancora con questi poveri! E come sono brutti! Perché non si comprano qualcosa in Oxford Street? Ma resta il problema: ammesso e non concesso che il 52 per cento dei britannici sia incolto, burino, razzista, ignorante, stupido ed egoista, NON SOLO BREXIT quale democraDa una parte i colti, giovani zia matura mantiene più della con la casa in centro metà del suo poin condizioDall’altra i buzzurri, vecchi polo ne di incultura, burinaggine, raze populisti che abitano zismo, ignoranza nelle nostre “periferie” stupidità ed egoismo? È una specie di equazione lo a votare era stato quel Came- della democrazia: se i poveri soron (uno che ha studiato a Eton e no ignoranti bisognerà lavorare Oxford, uno per cui il popolo è per avere meno poveri e meno iquello che ti sella il cavallo nella gnoranti. Questo significa welfatenuta di campagna) che sperava re e riduzione delle diseguanel plebiscito, e poi è passato da glianze, mentre invece da decen“dinamico leader” a “coglione ni – in tutta Europa e pure qui da conclamato”. noi – si è ridotto il welfare e si è Eravamo abituati a pensare al- aumentata la diseguaglianza. La la Gran Bretagna come a un po- sinistra dovrebbe portare il poche “le abbiamo abbandonate”, che “ora sono la priorità”, eccetera eccetera. Il berlusconismo buonanima aveva risolto il problema privilegiando la “gente” a discapito del “popolo”, ma poi non aveva resistito al suo speciale populismo e si era battezzato Popolo delle libertà, un testacoda notevolissimo. Testacoda anche inglese, perché a chiamare il popo- » 13 polo alla Tate Gallery, non sputargli in un occhio dicendo che è diventato razzista. Eppure. CHE IL POPOLO sia una gran rot- tura di coglioni è peraltro noto da sempre, chiedere a Luigi XVI, agli zar, ai tedeschi in ritirata sulla linea gotica. E in più ha una sua specifica tigna: o gli tocca qualche quota nella distribuzione della ricchezza e del benessere, oppure si incazza con modalità impreviste, anche deplorevoli. Ora va di moda dire che il popolo inglese ha seguito l’impresentabile Farage, che però vanta meno di un quarto dei consensi raccolti dalla Brexit. Così come qui prevale la moda di dire che il popolo poi sceglie Salvini, mentre Salvini conta, per fortuna, meno del due di picche. Insomma, abbiamo un problemino col popolo brutto, sporco e cattivo. Un tempo, quando si leggeva Marx (uh, che noia!) si sarebbe detto che siamo alle prese con una questione di classe. Oggi che tutto è più moderno e veloce, si sistema la questione archiviando il popolo come nemico, incolto, malvestito e un po’ignorante. È più facile, è più smart, ma un po’ rischioso. © RIPRODUZIONE RISERVATA » OLIVIERO BEHA I dentificato finalmente l’assassino della democrazia: è il popolo bue. Nel caso, i britannici che hanno votato Leave facendo vincere la Brexit indetta dall’autolesionista di turno, il vacuo Cameron. Ma prima di questi votanti da strapazzo, che naturalmente non hanno capito niente, sono vecchi, sporchi e magari cattivi e non hanno pietà per gli eurointegrati giovani, puliti e di sicuro buoni, c’erano stati altri indizi anche in Italia sui colpevoli di questo sfinimento della democrazia attraverso un suffragio “sbagliato”: si va, seguendo una linea che è più simile di quel che possa onomasticamente sembrare, dal Berlusconi del 2007 per il quale “chi non vota per me è un coglione” all’epopea della sinistra di segugi che invitavano al “voto utile” come tattica elettorale. Il nocciolo, allora come oggi, secondo gli eccellenti democratici è che non ci si può affidare al voto del popolino impreparato e facilmente suggestionabile, a meno che non voti per la parte conveniente: non per caso sull’impresentabilità degli altri più o meno dimostrata la sinistra ha storicamente costruito un’egemonia che è finita male perché edificata male. Non regge che gli altri siano per forza peggio di noi, la destra non è meno legittima della sinistra a cui dà un senso allo specchio. E se non esistesse (discorso ovviamente reversibile), la sinistra ha già evidenziato la sua vocazione a spaccarsi in destra-sinistra, centro-sinistra e sinistra-sinistra, per dire. LA QUESTIONE è la qualità delle persone e dei programmi, di qualunque schieramento specie oggi che le coperture ideologiche sono andate in frantumi da un pezzo. E in assenza di programmi e di visioni le persone sono scadenti come classe dirigente politica, e non sembrano avere alcun interesse reale per le “altre” persone, quelli che li votano, per la loro vita quotidiana, i loro problemi, i loro desideri. Le persone che dovrebbero essere al centro di ogni politica, e ne sono invece sempre più disperatamente fuori. Si metaforizza molto chiaramente il processo parlando di periferie trascurate e in rivolta. Ma le periferie non sono solo un soggetto politico che vota, sono il risultato di una politica che le ha volute così o comunque non è stata in grado di farle crescere altrimenti. Si dice: ma come fai ad affidarti al voto di chi non sa nulla, dove è finito l’einaudiano (e gomeziano) “conoscere per deliberare”, che nessun diciottenne avrà sentito nominare? Proviamo piuttosto a rovesciare la clessidra motivazionale. Nel Regno Unito Farage & “zozzoni”hanno mentito, l’informazione è stata insufficiente e impostora, molti, i più, hanno votato ignoranti contro i loro interessi. Invece che dar loro addosso, perché non si dà addosso a un sistema che non prevede, né sull’Isola né qui da noi e molto poco ormai dappertutto, un’informazione vera, libera, che ti permetta di farti un’idea giusta o sbagliata ma tua, e di votare di conseguenza? Conoscere è indispensabile alla democrazia, senza è un’altra cosa, è un gregge usato dal nomadismo politico e portato da qualche parte, secondo il vantaggio del momento. Guardiamoci intorno, pensando ai nostri eroi: invece di battersi per la migliore o meno inadeguata informazione possibile, eccoli pronti a sfruttare la situazione, pro o contro il premier, mentre i politologi si sforzano di suggerire a Renzi come usare a suo vantaggio la Brexit, non diversamente da come i calciologi che pronosticavano un’Italia di cacca adesso consigliano Conte sui cambi da effettuare… Senza un voto informato e libero (e se non lo è non dipende dai votanti) che ce ne facciamo della democrazia? Forse è un lusso che non ci possiamo (più) permettere, forse è roba superata, ormai da rottamare… © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 » CRONACA L’OMICIDIO DEL GIUDICE Caccia, il pg accusa “Magistrati opachi” dietro il delitto” | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 IL MAGISTRATO TORINESE Bruno Caccia, ucciso il 26 gennaio 1983, fu vittima di una “controffensiva” di ambienti criminali nella cui orbita ruotavano, fra l’altro, personaggi che "prosperavano vicino alla procura" di Torino. Lo ha detto ieri Francesco Saluzzo, procuratore generale del Piemonte, durante una commemorazione al Palazzo di Giustizia. All’epoca, le indagini fecero emergere contatti q fra alcuni magistrati torinesi e un pregiudicato che gestiva il bar “Monique”, vicino ai vecchi uffici della Procura. Per il delitto Caccia comincerà a luglio a Milano il processo a uno dei presunti esecutori, il calabrese Rocco Schirripa, mentre un altro calabrese, Domenico Belfiore, nel 1993 è stato condannato all’ergastolo come mandante. “Noi perdemmo Caccia – ha detto Saluzzo – mentre aggrediva un tessuto criminale insidiosissimo. Oggi si sente dire che di 'ndrangheta in Piemonte non si è mai parlato, ma non è vero: i processi ai suoi protagonisti, così come le indagini sul ‘patto di sangue’ tra calabresi e catanesi, li facevamo già alla fine degli anni Settanta”. Saluzzo ha citato anche gli "ambienti che prosperavano vicino alla procura, con la complicità o la non opposizione di magistrati opachi per non dire di peggio”. I NUOVI PALINSESTI Campo Dall’Orto e direttori di rete al Conservatorio di Milano Ancora molte incognite, da Benigni a Celentano. Via Ballarò, torna Santoro sul 2 » NANNI DELBECCHI P er la presentazione dei palinsesti d’a utunno la Rai sbarca a Milano e occupa tutto il Conservatorio, chiostro incluso, proprio nei giorni delle audizioni di fine anno. “Cercate di non disturbare”, viene raccomandato agli studenti dallo staff di Viale Mazzini. Con questo viatico il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, detto Campo dei miracoli, e i suoi quattro direttori tengono in ostaggio la platea per quasi tre ore, più o meno come Via col vento (ma senza intervallo). Quasi tutti i programmi annunciati erano già noti, ma CdO ci tiene a sensibilizzare i presenti sul “profondo lavoro concettuale che ripensa la direzione creativa e il percorso verso la media company (sic)”. Con lui si ripensa di brutto: da “Rai, di tutto di più” a “Rai, per te, per tutti”, tanto per fare un esempio. Piovono perle di saggezza; impossibile raccoglierle tutte, ma ecco una manciata delle più luminose. Ascolti. CdO: “Con gli ascolti non ho un rapporto finalistico. Non sono il traguardo della nostra missione, che è l’universalità”. Hare Krishna. Bisogni. CdO: “Vogliamo raccontare tutte le anime del nostro Paese. Ogni cittadino da qualche parte dovrà trovare la soddisfazione dei suoi bisogni”. I famosi servizi pubblici. C omu nica zion e. CdO: “C’è qualcosa di stru- LONGA MANUS » PAOLO ZILIANI La presentazione Antonio Campo Dall’Orto, Daria Bignardi e il neoacquisto Gianluca Semprini Ansa La scommessa “Il traguardo è l’universalità, se anche fosse un disastro non cambieremo” mentale nella comunicazione verso la Rai e ci sarà sempre, ormai lo sappiamo”. Tradotto dal sanscrito: “È sempre colpa dei giornalisti”. Boia chi molla. CdO: “Anticiperemo la prima serata alle 21.15 dal lunedì al venerdì e alle 20.40 il sabato e la dome- nica. Sappiamo che perderemo ascolti ma l’importante è tener duro. Se anche fosse un disastro, fino a dicembre non si cambia niente”. Benigni. CdO: “Ci stiamo lavorando, ma non abbiamo ancora trovato un accordo”. Infatti non c’è traccia del monologo di fine anno, come non c’è traccia di satira nei palinsesti. Giusto per variare, ci sarà invece Carlo Conti con Natale e quale. Modalità Celentano. Andrea Fabiano, direttore di Raiuno: “Il 5 dicembre serata evento per festeggiare l’uscita del nuovo disco di Mina e Celentano, che saranno con noi”. “Ma ci saranno anche loro?”. “In qualche modo, saranno con noi”. Tappeto sonoro. AF: “La musica sarà il nostro tappeto rosso: il grande ritorno dell’in tr a tt en imento in seconda serata”. Montale è servito. AF: “Con due prime serate, celebreremo uno dei poeti più importanti della nostra storia. Mogol”. Prodigi della statica.Ilaria Dallatana, direttore Raidue: “Rai2 poggia su un’architrave molto solida”. Ok, ma l’architrave su cosa poggia? Parafrasi. ID: “La scommessa di Nemo. Nessuno escluso, nuovo programma di attualità di Rai2, sarà il racconto sul campo. Se vogliamo parafrasare Verne, scenderemo 20 mila leghe sotto la realtà”. C’era una volta Ballarò. Daria Bignardi, direttore Raitre. “Gianluca Semprini è il profilo giusto per il nuovo appuntamento con l’informazione in prima serata di Raitre, dove ci sarà più confronto con il pubblico. No, non si chiamerà più Ballarò. Il titolo vi stupirà”. Ri sch iat utt o. DB.: “Da ottobre Fabio Fazio lo riporta su Rai3. Sarà un programma emotivo, qualcosa di più di un programma televisivo”. Facce nuove. DB: “Concita De Gregorio girerà l’Italia per raccontare le facce nuove della politica”. Le facce nuove. Concita De Gregorio. Virginia Raffaele. Sarà ospite delle quattro puntate dello show di Mika su Raiuno e in primavera avrà uno show tutto suo su Rai3. E nel 2017 ritornerà su Rai2 anche Michele Santoro con una nuova trasmissione. Fuga all’inglese.Trascorse le prime due ore di Campo dei miracoli, gli intellettuali si defilano alla chetichella. Prima Edoardo Camurri, poco dopo Corrado Augias (entrambi arruolati da Raitre). Difficile dargli torto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Serie A femminile La Federazione impone regole ad hoc: “salvi” i primi retrocessi scata la prima delle squadre retrocesse nell’ultimo campionato: cioè Firenze. a frase, pronunciata con tono scon- Non solo: con questa mossa, quasi cersolante, che gira nei corridoi della tamente la Federazione costringerà la lega di Serie A femminile di pallavolo è Lega a organizzare un nuovo campioquesta: “Questi mettono bocca perfino nato con le squadre dispari, e quindi qui, robe da matti”. Questi sono i ren- con un turno di riposo obbligatorio per ziani. E la roba da matti è il ripescaggio ogni club. Un bel problema. Tutte le altre squadre sono furiose imposto dalla federazione nazionale della “Il Bisonte San Casciano”, la per il colpo di mano e il malcontento squadra di volley femminile di Firen- cresce. La vicenda è presto spiegata: la ze, prima della scadenza delle iscrizio- Federazione - seconda solo a quella calni al prossimo campionato di A1. Man- cistica (400 mila iscritti e 6 mila società cava effettivamente la pallavolo nella aderenti) - ha prima confermato anche bacheca dei settori della per quest’anno la partecisocietà italiana che ancopazione alla A1 del “Club ra non avevano subìto Italia” - la squadra della federazione nata per forl’ingresso di Matteo RenRissa sotto rete zi a Palazzo Chigi. mare le giovani atlete italiane provenienti dai vivai Il Consiglio LA QUESTIONE si risolve- modificando il progetto rà oggi, dopo le 12, quando federale decide iniziale che prevedeva le verranno rese note le prima della azzurrine tra le “grandi” squadre che si sono iscritsolo nella stagione preote alla stagione 2016/2017. scadenza delle limpica e per questo i club Ma in Lega sono furiosi iscrizioni. Club avevano accettato il disaperché la Federazione ha gio di un torneo a 13 squaimposto, prima di sapere e Lega furiosi dre. Poi, con una delibera il risultato, che fosse ripedel 10 giugno scorso, du- L “Pantani ucciso dalla cocaina” Archiviata l’inchiesta bis La Rai di Cdo, un po’ di satira con Virginia Raffaele È Volley, i renziani ripescano Firenze » CARLO DI FOGGIA A RIMINI ramente contestata dalturno forzato, una classila Lega, con un “fatto ifica dispari e 26 giornate nusitato e straordinaanzichè 22 .La Lega e gli altri club sono furibonde rio”, il Consiglio Federaanche perché la Bisonte le ha convocato il nuovo a differenza di Bolzano campionato imponendo non ha dovuto comprarsi l’immediato ripescaggio il titolo. E tutti puntano il di Firenze prima che fosdito su Palazzo Chigi. Il se indetto. E senza mopresidente della società tivare la decisione. La sportiva è Elio Sità, già Lega aveva invece chiepresidente della federasto che venisse adottata Presidente Elio Sita la stessa formula della zione toscana mentre il serie A1 maschile: prima vediamo il nu- patron dello sponsor (Il Bisonte) è mero di squadre iscritte, se sono dispa- Wanny Di Filippo, insignito pochi giorni fa del “fiorino d’oro” dal sindaco ri si decide se ripescare qualcuna. renziano Dario Nardella. Il Volley itaINVECE accade il contrario, e quasi cer- liano - si fa notare - si è poi aggiudicato tamente il numero dei club si fermerà i mondiali 2018, presentati a Firenze da di nuovo a 13. Modena e Piacenza si so- Matteo Renzi in persona, in compagnia no infatti fuse e Bolzano, seconda re- del presidente federale Carlo Magri e trocessa, si è comprata il titolo della pri- da quello del Coni Giovanni Malagò, ma per partecipare al campionato. Sal- quest’ultimo si sarebbe tenuto fuori vo improbabili rinunce dell’ultim’ora, dalla querelle. Una vittoria che non sal’unica speranza è che Vicenza - che ha rebbe stata possibile senza la sponda di annunciato l’addio alla Serie A - riesca Palazzo Chigi, dove le deleghe allo a vendere il suo titolo. Cosa che - risulta sport sono affidate al fedelissimo renal Fatto - non è andata in porto. ziano, Luca Lotti. Tout se tien. E così si riparte da un torneo con un © RIPRODUZIONE RISERVATA vero, Pantani è stato ucciso. Ma non per mano della camorra: a ucciderlo è stata la droga, per l’es att ez za la cocaina. “La pista dell’omicidio è un’ipotesi fantasiosa”, ha scritto in una motivazione di 35 pagine il gip del Tribunale di Rimini, Vinicio Cantarini, che ha firmato il decreto di archiviazione dell’indagine “per infondatezza della notizia di reato”. La morte di Marco “è stata dovuta all’assunzione, certamente volontaria e autonoma, di dosi massicce di cocaina e psicofarmaci antidepressivi”. Una capitolazione totale per la famiglia Pantani assistita dall’avvocato De Rensis. Marco, scrive il gip, era “una persona buona, ingenua e debole sul piano emotivo, segnato dalle vicende sportive che lo avevano costretto, quando era il campione amato da tutti, a scendere dalla bici (…). Nessuno voleva la morte del campione”. Per il gip, la tesi dell’omicidio è spazzata via anche da ll’evidenza che sul corpo di Marco sono del tutto assenti “segni/ferite tipici (…) di un’azione di forza e violenza per costringere taluno ad assumere contro la sua volontà delle sostanze”. Non si parlerà più di assassinio di Pantani, quindi: e il 6 luglio sapremo da Forlì se anche l’indagine sul Giro ’99 “deciso” dalla camorra è stata una bufala oppure no. Di certo, rimuovere vecchi scheletri a volte può rivelarsi un boomerang. Mai sentito parlare del gregario di Pantani, Riccardo Forconi, che nel Giro del ’98 vinto da Marco venne estromesso per ematocrito alto a due giorni dalla fine? Ebbene, Forconi tornò a casa e ai dirigenti della “Fanini Amore & Vita”, sua vecchia squadra, raccontò papale papale che la provetta di Pantani era stata scambiata con la sua. Noi scrivemmo tutto in un’intervista a Ivano Fanini su Panorama e a dispetto della gravità delle accuse non arrivarono né richieste di smentita né querele. Strano no? | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 | » 15 ALL’INTERNO Wikipedia, quanto vale il sapere • Bpm-Banco, le nozze che scontentano Milano • Nuovo processo per Soru • FUORIGIOCO Authority e pm indagano sulla spartizione dei diritti tv per i campionati di A e B. Email e intercettazioni scoperchiano il sistema Bogarelli: “Due Leghe assoggettate alla volontà dell’advisor” Infront-Mediaset, i negoziati segreti per conquistare il calcio S L’inchiesta A marzo la Procura di Milano ha ottenuto dal giudice un'ultima proroga d'indagine che scadrà a novembre. I reati ipotizzati sono turbativa d'asta e ostacolo alla vigilanza. Gli indagati sono 18 tra manager di Infront e presidenti delle squadre di calcio Sul pacchetto C risultano evidenti gli accordi collusivi tra il presidente del cda di Infront Bogarelli ed esponenti Rti Spa (Mediaset) CROLLO DEI MERCATI Borsa, c’è poca Intesa con i propri clienti » BEPPE SCIENZA » DAVIDE MILOSA partizioni, bandi di gara ad hoc dettati al telefono, lobbyng. Questo il canovaccio dell'assegnazione dei diritti televisivi del calcio di Serie A 2015-2018 sul tavolo dell'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, che ha prodotto multe salate, soprattutto per il gruppo Berlusconi. Ora questa sanzione (51 milioni di euro) viene spiegata in 50 pagine d'istruttoria scritte dall'authority: la frenetica attività a ridosso dell'apertura delle buste (giugno 2014) si affianca a un'inchiesta della Procura di Milano. Il punto di partenza è quello che i magistrati definiscono “sistema Infront”. Per comprenderlo bisogna partire dal “Boga”: Marco Bogarelli, già uomo Fininvest, gestisce il marketing per molte squadre di A e funge da advisor con la Lega per la vendita dei diritti. Scrive la Guardia di finanza: “Infront, atteso il suo ruolo in seno alla Lega, dovrebbe agire garantendo ai partecipanti equità, trasparenza e non discriminazione: garanzia che invece non è ravvisabile”. Di più: “Le leghe di A e B sembrerebbero assoggettate alla volontà del loro advisor”. NEL GIUGNO DEL 2014 va in porto l'assegnazione complessiva dei diritti per la A. In questo periodo le intercettazioni non sono iniziate. Le perquisizioni sì, i documenti finiscono al Garante. Nell'aprile del 2015, invece, sul tavolo c'è l'assegnazione del cosiddetto pacchetto C (interviste a bordo campo) e i diritti della Serie B. Questo secondo tempo del film viene fissato dalle intercettazioni. I pm arrivano a Bogarelli indagando su una società svizzera, la Tax & Finance Sa. Secondo l'accusa costruisce reti finanziare per portare soldi all'estero. In agenda ha 300 clienti italiani. Tra loro anche Infront di Bogarelli. Per gli investigatori dietro alla gestione di Infront esistono “ingerenze, collusioni e condotte non affatto imparziali sia con riferimento alla sfera di finanziamenti in favore di squadre di calcio affiliate alle varie leghe sia all'assegnazione dei diritti televisivi”. Sul pacchetto C “risultano evidenti gli accordi collusivi tra il presidente del cda di Infront Bogarelli ed esponenti Rti Spa (Mediaset)”. In questo senso Bogarelli “ha adottato una condotta del tutto parziale a favore di Rti intervenendo anche sull'avvocato della Lega professionisti Bruno Ghirar- IL SOLE non era ancora tramontato e già Banca Intesa si era attivata per cercare di trarre profitto, a danno dei propri clienti, dal crollo delle Borse europee di venerdì. Aveva infatti già spedito un messaggio a firma di Stefano Barrese, responsabile divisione banca dei territori, per decantare la propria bravura nella gestione del risparmio. Alcuni non l'hanno presa bene, tanto che esso è rimbalzato in Rete con commenti fra il beffardo e l'infuriato di chi, in particolare, con Intesa Sanpaolo ha perso un sacco di soldi. Vediamo un paio di punti. Barrese invita il destinatario ad andare in filiale dal “suo gestore per una consulenza personalizzata”, e già questo non è corretto, perché quello è un mero venditore e i prodotti sono preconfezionati. Cita poi “strumenti finanziari con protezione del capitale” e in effetti da anni Banca Intesa e i suoi simili (Unicredit ecc.) rifilano certificati definiti "a capitale condizionatamente protetto". Per spiegare quanto sia ingannevole tale dicitura, vediamo per esempio il Bonus autocallable cap certificate su azione Unicredit, codice Isin IT0005039422, di Banca Imi e quindi della stessa filiera. Il suo capitale è così protetto che vale ora sui 30 euro, dopo essere stato rifilato ai clienti a 100 euro. Una perdita del 70%. L'espressione "condizionatamente protetto" è dunque da intendere come una pura tautologia: non si perde, "a condizione che" il prezzo non scenda. Ah, che maghi i professionisti del risparmio! Quelli di Banca Intesa hanno una tale impudenza da inviare e-mail analoghe, vantando le loro inesistenti competenze, pure a un esperto di finanza quale Marco Vinciguerra della Tokos. Che gli ha risposto per le rime. Oltre a rinfacciargli varie previsioni sciagurate, soprattutto ha chiesto a Barrese: “Se siete così bravi a gestire la ricchezza, perché non avete evitato alla vostra banca una perdita dal 2006 del 71% del suo valore?”. Domanda pertinente, cui però la Banca dei Territori non ha ancora risposto. q di”. I lavori partono nell'aprile del 2015, quando Rti inizia a preparare la sua offerta che si rivelerà nulla perché “condizionata” a una sub-licenza. Per farla passare Bogarelli si attiva anche su Adriano Galliani, allora presidente di Lega. “Ha parlato con Adriano – spiega un dirigente Infront – e gli ha detto che bisogna fare pressione anche sulle altre squadre che abbiamo noi come diritto di marketing”. La Lega, però, quell'offerta non può accettarla. Ghirardi: “Io così sto modificando un'offerta”. Il suo interlocutore, un dirigente Infront: “Ci mettono tutti in galera”. Bogarelli però vuole proseguire “proponendo alla Lega una soluzione che Ghirardi stesso ritiene sia nata dall'ufficio legale di Rti”. L'8 maggio “il Boga”è ancora al telefono con Galliani il quale conferma: “Il C lo assegniamo e buonanotte”. Subito dopo Bogarelli al telefono con un suo dirigente rassicura di “aver parlato con Adriano” e che “la pelle la portiamo a casa”. Quattordici giorni dopo il pacchetto C sarà affidato a Mediaset. SUL PACCHETTO Serie B l'interlocutore del “Boga” è il presidente di Lega Andrea Abodi. Per capire il rapporto tra Infront e Rti, ecco un'intercettazione esemplare: “M en o male – l'interlocutore rivolto a Bogarelli – che quando devo sapere qualcosa di Mediaset devo chiamare te”. Bogarelli così tira la volata a casa Berlusconi. Nell'aprile del 2015 chiama Abodi e gli prospetta il contenuto del bando che pre- vede la messa in onda in chiaro di alcune partite di anticipo e posticipo su una rete nazionale che raggiunga il 3% di ascolti. Due giorni dopo, il bando compare sul portale online della Lega di B. La clausola del 3% sarà poi tolta dopo il ripensamento di Abodi e i timori dello stesso management Infront. “Così – dice il legale – ti aprono un'istruttoria per pratica scorretta e non competitiva”. IL MODO DI AGIRE riassunto nelle informative della Gdf ritorna a giugno del 2014, epoca in cui furono assegnati i diritti della A, attraverso i pacchetti A, B, C e D. Procedura sanzionata dal Garante con una multa pesante a Mediaset e più piccola a Sky. I documenti interni sequestrati sono risultati decisivi per dimostrare, scrive il Garante, “l'esistenza di un'intesa avente come oggetto l'alterazione del gioco competitivo di assegnazione dei diritti televisivi”, “una trattativa tra Sky e Rti/Mediaset antecedente all'assegnazione finale del 26 giugno 2014 con il coinvolgimento di Lega e Infront”. I documenti citati nell'istruttoria dimostrano così che nella primavera del 2014, ancora Gioco di squadra Da sinistra, Marco Bogarelli, Pier Silvio Berlusconi e Adriano Galliani Illustrazione, Emanuele Fucecchi l 900 Milioni di euro Quanto vale la torta dei diritti tv per i campionati di Calcio di serie A e B. Per Mediaset è scattata una multa di 51 milioni Bandi “fatti su misura” Un dirigente della società di marketing all’avvocato della Lega di Serie A: “Ci mettono tutti in galera” Multa per il Biscione da 51 milioni prima che le buste delle offerte venissero aperte, l'attività è febbrile. Nelle email interne si simulano bandi ad hoc ch e possano andare bene a tutti. Il 7 giugno 2014 un’email interna a Rti: “Oggi sentita la proposta di Bogarelli (…) ma la vedo difficile (…) se vuoi ci mettiamo a trovare qualche soluzione per D”. L'obiettivo è soddisfare le ipotesi di “Ps (Pier Silvio Berlusconi, ndr) che vorrebbe vedere assegnato lo scenario A+D”. Su questo, ragiona il Garante, Mediaset “esercita pressione su Lega e Infront”, attraverso un'attività di lobbying e di pubblicazione di articoli stampa. “Pier Silvio – si legge in un'altra email –vuole un pezzo domani che dica: ha vinto Mediaset. Lo devo dare anche a Bracchino che fa lobbyng pure lui”. IL 16 MARZO, la Procura di Mi- lano ha ottenuto dal giudice Giuseppe Gennari un'ultima proroga d'indagine che scadrà a novembre. I reati ipotizzati sono turbativa d'asta e ostacolo alla vigilanza, reato per cui sono indagati anche i presidenti di Lazio e Genoa Claudio Lotito ed Enrico Preziosi. La Gdf è arrivata negli uffici della Deruta 20 srl (vicina a Infront) per sequestrare materiale legato a decine di società di calcio. Il motivo: collegamenti tra Deruta e la Tax & Finance sa. E da giorni sul tavolo dei magistrati milanesi è arrivata la voluntary disclosure di Marco Bogarelli. Centinaia di pagine che potrebbero aprire un nuovo capitolo dell'inchiesta. © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 » Il Fatto Economico | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 STRATEGIE La più grande enciclopedia open source online è in salute: donazioni e budget aumentano. Ma la gran parte va in stipendi, cresciuti del 120% in 5 anni, tra vari mugugni C » VIRGINIA DELLA SALA Fondazione WIKIMEDIA Foundation è una fondazione non profit che ha sede a San Francisco ed è stata fondata nel 2003 per supportare e promuovere Wikipedia e i suoi progetti satelliti, da Commons a Wicktionary, da Wikinotizie a Wikizionario n l 71 Mila Gli utenti attivi su Wikipedia nel 2015, cioè impegnati nella stesura di articoli e voci l 35 Milioni Le voci presenti su Wikipedia, redatte dagli utenti volontari in centinaia di lingue l 100 Milioni di dollari: l’obiettivo a cui mira di la Wikimedia Foundation per il suo fondo di dotazione ome vi mantenete nella vita?”. Esino Lario, Lago di Como, raduno mondiale dei wikipediani: è l’occasione per capire quanti soldi ruotano attorno all’enciclopedia libera e non profit che monopolizza le ricerche sul web e per sapere dove finiscono i soldi delle donazioni che ogni anno Wikipedia chiede, e riceve, agli utenti. “In questo momento, lo stipendio ce lo paga Wikimedia Foundation”: Marco Fossati è un ricercatore di 31 anni di Trento. Ester Pantaleo, invece, ha invece 35 anni ed è pugliese. Hanno ricevuto da Wikimedia un finanziamento di 30 mila dollari a testa per lo sviluppo delle loro idee. “Ho scritto un progetto –spiega Ester –l’ho sottomesso alla fondazione ed è stato approvato”. Ha sviluppato un sistema per analizzare l’et im ol og ia delle parole partendo da Wiktionary, che è uno dei progetti fratelli di Wikipedia. Così l’utente è in grado di interagire con l’albero etimologico di un termine partendo dall’antenato fino a tutti i suoi discendenti: può vedere la storia in un’unica schermata, insieme a quella di altre parole che abbiano la stessa origine. Per realizzarlo, si è messa in contatto con il vicepresidente di Wikimedia Italia, Cristian Consonni (dottorando in informatica all’Università di Trento) che l’ha introdotta nella community e l’ha sostenuta. Consonni l’ha anche messa in contatto con Marco Fossati, che aveva vinto una borsa di studio di sei mesi nella tornata precedente. “Insegno alla macchina a leggere – spiega Fossati –. È un sistema di trattamento del linguaggio naturale: legge pezzi di testo da documenti setacciati nella Rete ed estrae fatti. Poi li trasforma in dati consultabili”. È soprattutto programmazione e co di ng , con lui lavora un assistente universitario. BORSE DI STUDIO e finanzia- menti sono la seconda voce di uscita nel bilancio della fondazione. Nel 2014, sono stati distribuiti circa 5,7 milioni in grant. Nel 2015, sono stati di meno: 4,5. “Uno degli obiettivi della fondazione –spiega Consonni – è fare da ponte tra gli ambienti della ricerca e Wikipedia per i progetti legati alla piattaforma”. Per ottenere un grant, bisogna avere un endorsement da parte della fondazione e degli utenti. Il progetto viene inserito in una pagina pubblica e chiunque può intervenire, commentare, dare consigli. O anche demolirlo. La decisione, finale, spetta comunque a Wikimedia Foundation. WIKIMEDIA FOUNDATION è la fondazione non profit, con sede a San Francisco, che sta dietro Wikipedia, creata nel 2003 dal co-fondatore dell’enciclo- Altro che sopravvivenza, Wikipedia sta crescendo (ma con lei anche i costi) Sempre in prima linea Sopra, i numeri di Wikipedia. Sotto: il fondatore Jimmy Wales Infografica di Pierpaolo Balani pedia Jimmy (detto Jimbo) Wales. La principale fonte di finanziamento è costituita dalle donazioni libere degli utenti. “Nel 2015, almeno 2,5 milioni di persone hanno donato in media 15 dollari – spiega alFattoJuliet Barbara, capo della comunicazione –. Gran parte delle donazioni arrivano da altre fondazioni non profit e il fundraisingci permette di sopravvivere di anno in anno”. Tra i maggiori benefattori, si trovano facilmente i rami non profit delle grandi aziende digitali: da Google a Microsoft e, con cifre inferiori, la Apple. Nel 2015, dalla raccolta fondi sono arrivati circa 72 milioni di dollari. La fondazione ha però da poco aperto un endowment, un fondo di dotazione, per assicurarsi un patrimonio di base. “È la scelta migliore per una fondazione non profit –spiega Barbara – perché ti permette di essere sostenibile negli anni, senza risentire dell’andamento del mercato o delle congiunture economiche. Ci aiuta a proteggere Wikipedia, a tenerla sempre completamente gratuita e senza pubblicità”. L’8 giugno hanno ricevuto una donazione di un milione di dollari da Craig Newmark, fondatore del sito Craiglist, specializzato nella pubblicazione di annunci geolocalizza- l 15 Dollari La media delle donazioni fatte dagli utenti di Wikipedia alla fondazione che ha sede a San Francisco l 72 Milioni di dollari raccolti, nel 2015, con il fundraising da ogni parte del mondo. Sono stati 4,5 i milioni destinati ai grant Diversificazione e risparmi Non solo Bibbia del sapere, anche progetti di ricerca e borse di studio. I fondi stanziati, però, sono scesi, al contrario delle spese legali ti. Qualche mese fa, l’ingegnere informatico Jim Pacha, affetto da una malattia terminale, ha lasciato alla fondazione un milione di dollari in eredità. L’obiettivo è raggiungere un fondo di circa 100 milioni nell’arco di dieci anni. UNA MOSSA intelligente se si considera che nei mesi scorsi alcuni utenti americani si erano lamentati del fatto che gli annunci per la raccolta di fondi fossero troppo allarmistici e portassero a credere che la fondazione rischiasse da un momento all’altro di chiudere in passivo. Tanto che la portavoce Samantha Lien era stata costretta a precisare che Wikipedia mette da parte sempre un cuscinetto di sicurezza pari al budget operativo di un anno, per far fronte a eventuali cali improvvisi nella raccolta. Parte della comunità non vede comunque di buon occhio la recente evoluzione della fondazione, a partire dalla crescita dei dipendenti che sono passati dai 23 del 2009 ai 280 del 2016. Ai loro stipendi è destinata la quota maggiore del bilancio, pari a oltre 26 milioni nel 2015 (erano circa 19 nel 2014). Il piano operativo del 2016 prevede infatti un aumento del numero di ingegneri informatici, che passano da 137 a 149 con gli investimenti e di quello degli avvocati, che dovrebbero passare da 9 a 12 e che servono alla fondazione per dirimere tutte le questioni legali, dalle cause per violazione del copyright alle richieste per il diritto all’oblio, fino alla causa intentata contro la Nsa per la sorveglianza globale (vista da alcuni come il tentativo, da parte della fondazione, di giustificare le spese). Aumenteranno anche gli addetti alla comunicazione, che passeranno da 4 a 11. “Il nostro obiettivo è crescere – ha spiegato Katherine Maher, da pochi giorni eletta direttore esecutivo della fondazione –. Più lingue, più informazioni, più precisione e anche una maggiore attenzione al mobile. Il mondo cambia, e anche Wikipedia”. La sfida sarà riuscire a non farsi schiacciare dalle sue dinamiche. © RIPRODUZIONE RISERVATA DIESELGATE CLASS ACTION Volkswagen verserà 14,7 miliardi agli automobilisti Usa PACE FATTA fra Volkswagen e gli automobilisti americani dopo lo scandalo dieselgate. Ieri è stato raggiunto l’accordo definitivo fra la casa automobilistica e le autorità Usa. Secondo l’intesa, il gruppo di Wolfsburg verserà complessivamente 14,7 miliardi di dollari, si tratta della cifra più consistente mai registrata negli Stati Uniti per una class action. Nel dettaglio Volkswagen verserà fino a 10,03 miliardi per coprire i costi legali e i risarcimenti legati ai ricorsi dei proprietari dei veicoli coinvolti nello scandalo, fino a 2,7 miliardi per un fondo ambientale e altri 2 miliardi per promuovere la tecnologia per veicoli a zero emissioni. Nello specifico, poco più di 10 miliardi di dollari sono destinati al riacquisto di auto al loro valore calcolato prima dello scandalo, mentre una cifra aggiuntiva verrà impiegata per risarcimenti ai proprietari. I risarcimenti offerti ai proprietari delle auto andranno dai 5.100 dollari ai 10mila, sulla base del valore del veicolo prima dello scorso settembre, ovvero il momento in cui Volkswagen ammise pubblicamente che le sue auto indicate come clean erano state progettate in maniera tale da aggirare i test sulla qualità, sull'impatto ambientale rispetto alla qualità dell’aria. I proprietari delle auto negli Stati Uniti potranno scegliere anche di avere il veicolo modificato, riparato di fatto in maniera da rispettare gli standard adeguati, invece di rivenderlo a Volkswagen, anche se ciò comporterebbe con tutta probabilità una riduzione nella performance dell’auto. Risarcimenti sono previsti anche per i proprietari di auto Volkswagen che le hanno vendute dopo l’esplosione dello scandalo. Volkswagen verserà anche 2,7 miliardi di dollari a favore di un fondo della Environmental protection agency (Epa), l'agenzia federale che si occupa di protezione dell’ambiente, a titolo compensativo per l’impatto ambientale delle auto manipolate, mentre s'impegna a spendere due miliardi di dollari in nuovi progetti per auto più pulite. q Il Fatto Economico » 17 Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | All’Italiana A ottobre nascerà il terzo gruppo italiano, ma la Popolare ha buoni numeri: “Non vogliamo fonderci con una banca che ha problemi e finirà per assumere il comando” L’ECONOMIA IN PILLOLE Bpm-Banco pop: il malumore di Milano per le nozze cresce al 17,9 per cento. Prospettive abbastanza rosee, che però non convincono i critici, i quali s’interrogano: perché si salta dal 2015 al 2019, senza dire nulla dei tre esercizi intermedi, 2016, 2017 e 2018? » GIANNI BARBACETTO L Milano a data delle nozze è già fissata, ma il fidanzamento ha qualche incrinatura e c’è insoddisfazione sulla dote. Banca Popolare di Milano (Bpm) e Banco Popolare sono promessi sposi. A ottobre sarà pronunciato il sì: le due grandi assemblee dei soci decideranno, per l’ultima volta con il voto capitario (una testa un voto), la fusione e la contestuale trasformazione in società per azioni, voluta dalla riforma delle Popolari di Matteo Renzi. NASCERÀ così Banco Bpm, la terza banca italiana, con una rete di 2.500 sportelli e 113 miliardi di crediti netti verso la clientela e di raccolta diretta e indiretta. Ma crescono i malumori, soprattutto dentro Bpm: “Siamo una banca sana. Perché dobbiamo crescere fondendoci con un istituto che ha più problemi di noi ma che, essendo più grande, finirà per assumere il comando del gruppo che nascerà?”. Questi, in sintesi, gli umori che circolano dentro Bpm. In vista della fusione, sono già stabiliti i rapporti di partecipazione – 54 per cento Banco e 46 per cento Bpm – che determineranno il concambio. Danneggiano Milano e favoriscono Verona (sede del Banco), ha spiegato Daniela Venanzi, consigliere di sorveglianza Bpm, a un gruppo di soci riuniti nell’associazione Patto. Le due banche sono state considerate “omogenee”, sostengono i critici della fusione, ma la Popolare di Milano ha minor rischio sistemico, è più redditizia e ha minori Npl, cioè crediti difficili: il rapporto 54 a 46, negoziato tra i vertici dei due istituti, finisce così per punire Bpm. Non solo: i controlli sui valori Rincari, da luglio bollette più salate per energia elettrica e gas LA SITUAZIONE delle banche, del Credito La Banca Popolare di Milano verso la fusione con Banco Popolare Ansa Chi tifa Il vicesegretario del Pd Guerini e Fioroni spingono per l’unione. La Bce ha in corso due ispezioni sono stati realizzati con una due diligence sui crediti che potrebbe non fotografare esattamente la situazione. A ciascuna delle due banche è stato infatti chiesto di indicare solo 100 posizioni, di cui 50 Npl (i crediti più a rischio). Un campione troppo piccolo, che ha comunque già fatto emergere differenze – a favore di Milano – nel livello di accantonamento e nella classificazione dei crediti erogati agli stessi clienti che hanno posizioni in entrambi gli istituti. I vertici delle due banche vogliono procedere spediti verso il matrimonio, stabilito dal memorandum firmato il 23 marzo 2016 da Giuseppe Castagna e Pierfrancesco Saviotti, amministratori delegati rispettivamente di B- pm e di Banco Popolare. A ottobre, se le due assemblee approveranno la fusione, nascerà un nuovo consiglio d’amministrazione, in cui Verona avrà 9 consiglieri contro i 7 di Milano, più 3 indipendenti. Dal Banco arriveranno anche molti dei manager del vertice: Carlo Fratta Pasini presidente del cda, Saviotti presidente del comitato esecutivo, Maurizio Faroni direttore generale. Bpm esprimerà l’amministratore delegato, Castagna, e il condirettore generale, Salvatore Poloni. Qualche malumore sembra arrivare anche dall’attuale presidente del consiglio di sorveglianza di Bpm, Nicola Rossi, tagliato fuori dalle nomine. Il piano strategico promette meraviglie: sommando i dati delle due banche nel 2015 e confrontandoli con previsioni 2019, indica un utile netto che schizzerebbe da 593 a 1.070 milioni, con un incremento dell’80 per cento; mentre i crediti deteriorati nominali scenderebbero da 31,5 a 23,9 miliardi (-25 per cento), con un’incidenza nominale che passerebbe dal 24,8 resto, continua a essere difficile. È vero che il Banco Popolare il 22 giugno ha chiuso brillantemente il suo aumento di capitale, 1 miliardo raccolto per un terzo dai clienti retail; e che nel 2015 ha chiuso in utile il bilancio, distribuendo a marzo una cedola agli azionisti. Ma è anche vero che la prima trimestrale 2016 indica una perdita di 314 milioni, causata dalle rettifiche sui crediti. Dall’annuncio della fusione a oggi, Bpm ha perso in Borsa il 25 per cento della propria capitalizzazione, il Banco addirittura il 40 per cento. Se le notizie buone del 2015 a Verona possono essere effetto della volontà di fare bella figura in vista della fusione, quelle cattive successive sono frutto dei controlli della Banca centrale europea, che ha in corso un’ispezione sia a Verona sia a Milano e a Verona sta sottoponendo il Banco anche agli stress test (come pure le altre quattro più grosse banche italiane). La politica in questa partita sembra silenziosa, ma non è un mistero che Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, tifi per la fusione, visto che viene da Lodi, dove il Banco Popolare ha una delle sue radici (la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani). Favorevole al matrimonio anche Giuseppe Fioroni, influente deputato del Partito democratico. Del resto, in questi chiari di luna, per le due banche non pare esserci nulla di meglio che un bel matrimonio, anche se un po’ riparatore. I numeri 113 miliardi: crediti netti verso la clientela e raccolta diretta e indiretta del nuovo gruppo. Avrà una rete di 2.500 sportelli 40% quanto ha perso il Banco in Borsa dall’annuncio della fusione a oggi. Bpm ha perso il 25% 54% il Banco e 46% Bpm: i rapporti di partecipazione che determineranno il concambio © RIPRODUZIONE RISERVATA Tiscali L’ex governatore sardo, già condannato per evasione, a giudizio per false comunicazioni sociali Vendita ramo d’azienda, nuovo processo per Soru » MADDALENA BRUNETTI Cagliari L’ europarlamentare sardo Renato Soru, esponente di spicco del Pd, dovrà affrontare un nuovo processo. Dopo la condanna per evasione fiscale (in primo grado) piovutagli addosso meno di due mesi fa, ieri l’ex governatore ed ex segretario del partito democratico isolano, è stato rinviato a giudizio per false comunicazioni sociali relative ai bilanci della sua Tiscali. Toccherà ora ai giudici stabilire se i documenti contabili presentati dalla società di Sa Illetta dal 2008 al 2012, descrivevano o meno il reale stato di salute della società. Con Soru sono chiamati a rispondere anche l’ex amministratore delegato di Tiscali Mario Rosso, Romano Fischietti dirigente che predisponeva i documenti contabili -, i consiglieri d’amministrazione Ernesto Fara, Salvatore Pulvirenti, Luca Scano, Andrea Podda e Roberto Lai, oltre alle due società Tiscali spa e Tiscali Italia spa. L’INCHIESTA della Guardia di Fi- nanza si era inizialmente concentrata sulla cessione di due rami d’azienda - da Tiscali Spa a Tiscali Italia Srl e Tiscali Services Srl –, origine di una plusvalenza di 162 milioni di euro: l’inserimento in bilancio aveva sollevato i primi dubbi degli inquirenti. Successivamente le ipotesi di reato legate all’operazione erano cadute, lasciando però spazio alle perplessità investigative sulla contabilità. Da qui le accuse di false comunicazioni sociali contestate ai vertici dell’azienda dal pm Andrea Massidda, che rappresenterà l’accusa in aula davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Cagliari. Il nuovo processo, fissato per il prossimo 25 ottobre, segnerà anche la ripresa del calvario giudiziario di Soru sul quale - solo lo scorso 5 maggio - si è abbattuta una condanna a tre anni. Una tegola che ha Piovono guai L’ex governatore della Sardegna, Renato Soru. Rinviato a giudizio per il caso Tiscali LaPresse provocato un terremoto politico: a poche ore dalla sentenza l’allora leader del Pd sardo aveva rinunciato all’incarico per poi lasciare anche il gruppo, ma non la poltrona, del parlamento europeo. Nonostante le sue certezze “Mi aspettavo un’assoluzione”, aveva detto fuori dall’aula – l’ex governatore sardo era stato riconosciuto colpevole di un’evasione milionaria: 2.612.401 euro, al netto delle cifre già prescritte. In questo TORNANO a crescere le bollette ma resta comunque ancora un risparmio di oltre 70 euro. Lo comunica l'Autorità per l’Energia. "Dopo i ribassi nei primi due trimestri dell’anno, dal prossimo primo luglio saranno in crescita le bollette dell’energia nel terzo trimestre 2016”. Per la famiglia-tipo la bolletta dell’elettricità registrerà un aumento del 4,3%, mentre per il gas l’aggiustamento sarà dell’1,9%. Per l’elettricità, la spesa per la famiglia-tipo nei 12 mesi compreso il periodo oggetto dell’aggiornamento sarà di circa 503 euro, con un calo del -0,6% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente, corrispondente ad un risparmio di circa 3 euro. Per il gas la spesa della famiglia tipo sarà di 1.068 euro (-5,9%), corrispondente a un risparmio di 67 euro. “Il prezzo dell’energia spiega l’Authority - è dovuto al rialzo della materia prima, ma soprattutto alla crescita dei costi per il Gestore della rete (Terna) per il mantenimento in equilibrio del sistema elettrico”. q caso la vicenda ha origine a Londra dove - nel 2003, con due sterline di capitale - è stata costituita la Andalas Ltd: società che, per gli inquirenti, non è stata altro che uno schermo dietro il quale nascondere soldi al Fisco. Direttamente riconducibile al fondatore di Tiscali, Andalas è rimasta sostanzialmente ferma, con all'attivo un'unica operazione di rilievo: il prestito da oltre 27 milioni di euro concesso alla Tiscali finance nel 2004. Quest'ultima, nei cinque anni successivi, avrebbe restituito parte del debito versando anche gli interessi, con importi che non sarebbero mai stati dichiarati all'Agenzia delle entrate. UNO SCOTTO pesante quello paga- to da Soru, che oltre al processo ha dovuto fronteggiare anche Equitalia con cartelle da poco meno di 10 milioni di euro. Ma certo della sua innocenza ha subito annunciato ricorso in appello. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli artigiani: troppe tasse e 269 ore l’anno per gli obblighi fiscali “FARE IMPRESA” in Italia è difficile. Questa la conclusione a cui portano le dure parole riservate all'operato del governo da parte di Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato. Durante l'assemblea nazionale di ieri, Merletti ha ricordato i costi che tassazione e pratiche burocratiche costituiscono per le imprese italiane. In Italia le imprese spendono 269 ore l’anno, 92 ore in più rispetto alla media Ocse, per ottemperare agli obblighi fiscali. La loro competitività viene ulteriormente minata dal costo, a livello fiscale, del lavoro dipendente, fissato al 49%. Criticata anche la riforma della Pa di cui dice Merletti - “'Non vediamo ancora i tanto attesi effetti... all’insegna della semplificazione”. L’unica nota positiva per Confartigianato, il Jobs Act che però non va a migliorare la situazione delle imprese italiane ancora svantaggiate rispetto alla concorrenza internazionale. q 18 » Il Fatto Economico | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 IL ROMPICAPO L’economia mondiale è in una palude per colpa del combinato di innovazioni tecniche, competitività internazionale diseguale e riduzione dei redditi medio-bassi. Uscirne è difficile Non sarà la politica monetaria a fermare la grande stagnazione creazione del valore dei nuovi assetti produttivi. Quello che è aumentato in misura notevole in questi anni è l'interazione e la cooperazione sociale della forza-lavoro, cioè proprio quella produttività che non viene pagata dal capitale. Se si tenesse conto della cooperazione sociale, e non solo della prestazione individuale, il calcolo della produttività permetterebbe di remunerare in modo assai più appropriato il contributo di tutti alla creazione della ricchezza. » DI MARCO BERTORELLO E CHRISTIAN MARAZZI I Il dibattito Il primo a parlare di Secular stagnation (SS) fu Alvin Hansen, economista americano, nel 1938. Prima dell’ultima crisi tornò sul concetto Robert Gordon e Larry Summers. Per “SS” oggi si intende una teoria secondo la quale l’era della grande crescita, dovuta alla spinta della tecnologia, è finita. Fabio Scacciavillani ha aperto il dibattito che sta continuando da mesi su queste pagine. Sono intervenuti, tra gli altri, Alberto Bagnai e Vladimiro Giacché l vivere dentro una fase di “stagnazione secolare” appare un tema molto evocato. Gli attuali tassi di crescita possono far pensare a una fase di stallo, ma per ipotizzare che possa essere lunga non è sufficiente registrare le odierne fatiche economiche. Ci vuole uno sguardo sui processi strutturali. Solo trasformazioni profonde possono spiegare un andamento che inizia, almeno nei Paesi dell’Ocse (cioè tra quelli più ricchi), dagli anni 70, con tassi di crescita del Pil passati mediamente dal 4% a poco sopra lo zero di questo decennio. Stiamo parlando di un fenomeno avviatosi circa 40 anni fa. Le ragioni, dunque, saranno complesse e molteplici. A RIPROVA di questa fase di stagna- UNA SOCIETÀ caratterizzata sem- pre più da una distribuzione ineguale del reddito favorisce una circoscritta élite con una propensione al consumo insufficiente per dinamizzare l'economia nel suo complesso. Ma il mancato “effetto sgocciolamento” non basta a spiegare ciò che sta accadendo. In questi ultimi decenni non solo sono stati trasformati i rapporti sociali a tutto svantaggio del lavoro, ma si è affermato anche un evidente processo di innovazione tecnica combinato con crescenti dosi di internazionalizzazione dell'economia e della finanza. Va messo sotto i riflettori quello che Economist e Financial Times hanno definito il “puzzle” e il “rompicapo” della produttività, di cui esistono più spiegazioni che soluzioni. O meglio tante sono le spiegazioni da rendere improbabili adeguate soluzioni. Una ricerca Ocse raggruppa in tre periodi la crescita del Pil per ora lavorata (1970-96; 1996-2004; 2004-14) e conclude che nella quasi totalità dei Paesi tale crescita è stata inferiore nell'ultimo periodo rispetto agli anni 70 e che solo negli Usa, in Irlanda e in Australia, gli anni 90 hanno dato risultati migliori rispetto al periodo precedente. In tutti i Paesi, comunque, si è registrato un crollo nell'ultimo decen- In Occidente Soltanto trasformazioni profonde spiegano il crollo della crescita dal +4% degli anni 70 allo zero di oggi nio. Di solito per produttività del lavoro si intende il Pil per ora lavorata. Tra il 2004 e il 2014, specie nei paesi economicamente avanzati, questo indice della produttività del lavoro è mediamente attorno all'1%, circa la metà rispetto alla produttività media dei due decenni precedenti. La crescita della produttività è data dalla crescita demografica oppure dall'aumento del grado di efficienza dell'appara- to produttivo. Entrambi questi fattori ora non sono dati. LE TECNOLOGIE dell'informazio- ne, nonostante ruolo e ritmo di diffusione, non sembrano favorire un aumento della produttività. Dall'avvento di queste tecnologie gli investimenti sono andati calando, la ricerca, grazie anche a una ritirata strategica della sfera pubblica, è diminuita, il passaggio dal manifatturiero ai servizi in tanti comparti ha ridotto gli addetti mediamente specializzati e ampliato quelli dequalificati. Le nuove tecnologie, infine, spingono fuori dal mercato dosi crescenti di produzioni, socializzandole e non remunerandole più. I criteri di misura dell'economia risentono delle novità intervenute nei processi di zione è l'inefficacia delle politiche monetarie ultra-espansive. La crisi è stata fronteggiata con l'immissione di una crescente massa monetaria la quale, secondo la teoria economica, avrebbe dovuto creare inflazione. Invece quasi tutte le Banche centrali non riescono a centrare l'obiettivo della crescita dei prezzi, anche al netto del prezzo del greggio. La moneta circolante aumenta, ma non perde valore, per una formidabile pressione sui prezzi che spinge verso la deflazione. È probabile che il combinato di innovazioni tecniche, livelli di competitività internazionale e riduzione dei redditi medio-bassi sia la spiegazione. Il panorama anemico dei paesi più sviluppati, però, va considerato nell'interconnessione col contesto globale. Il rallentamento dell'Occidente ha dato vita alla diminuzione dei ritmi di crescita di Paesi emergenti come la Cina e ne ha mandato in crisi altri come il Brasile. I Brics da potenziale soluzione della crisi sono diventati un problema. Nei Paesi emergenti, inoltre, si va verso una riduzione del tasso di natalità ed è in corso anche qui un rallentamento della produttività, a conferma che nel tempo si è affermata una profonda interdipendenza non solo commerciale, ma produttiva e persino tecnica. La mancata crescita, nonostante l'innovazione, la moneta immessa e il grado di competizione raggiunto, consegna alla teoria dominante un rompicapo e suggerisce di sperimentare strade diverse da quelle fino a oggi battute. ILLIBRO Il primario, la designer, l’imprenditore: l’altro volto dell’immigrazione DALLA MISERIA al successo. Jacopo Storni continua il viaggio nel mondo degli immigrati in Italia, iniziato con il precedente libro “Sparategli, nuovi schiavi d’Italia”, attraverso le storie di stranieri che ce l'hanno fatta e sono riusciti a superare le condizioni di sfruttamento. Storni dichiara apertamente la sua missione: cambiare l'immagine dell'immigrato – legata sempre e solo a quella del profugo bil L’Italia sognoso di assiamo noi sistenza che Jacopo Storni arriva sulle coPagine: 142 ste italiane sui Prezzo: barconi – per 14,50e abbandonare Editore: nel lettore tutti Castelvecchi i pregiudizi sul tema e ribaltare gli stereotipi, descrivendo la realtà di queste persone da una prospettiva diversa. Nel pellegrinaggio dell'autore, che va da nord a sud del Belpaese, scopriamo la storia di Otto Bijoka – che scrive anche la prefazione al libro – finanziere camerunense, definito il borghese nero di Milano, e organizzatore dei primi “Stati generali sull’immigrazione”; di Nelu, che fino a pochi anni fa era un semplice muratore romeno, sottopagato e sfruttato nei cantieri e oggi è un imprenditore che costruisce le ville dei milionari a Capalbio. E ancora Faud, medico somalo diventato primario ospedaliero, o Liliam baby prostituta in Brasile e, ora, cake designer tra le più brave d'Italia. Non mancano anche i volti famosi di personaggi come Idris, il famoso opinionista sportivo e Lilian Thuram, protagonista per anni del calcio italiano. Vite che rappresentano il volto della buona immigrazione che con il proprio valore contribuisce anche all'economia del Paese: gli stranieri valgono l'8,8 % del Pil italiano. Sono i nuovi italiani, i nuovi imprenditori, medici, ingegneri, avvocati, politici e poliziotti, parte integrante del nostro tessuto sociale e piccolo assaggio di quello che sarà il Paese da qui ai prossimi 50 anni. La fine del tempo della razza perché un futuro multiculturale è inevitabile. q © RIPRODUZIONE RISERVATA LA CLASSE NON È ACQUA Le trade union sono percepite al fianco delle élite finanziarie » SALVATORE CANNAVÒ B isognava prestare la giusta attenzione a quelle immagini che qualche anno fa venivano dall’Humber, l’estuario del Lincolnshire dove gli operai inglesi protestavano contro gli italiani venuti a lavorare alla Total. Quella storia era già intrisa del tempo che sarebbe venuto. ERANO CENTINAIA GLI INGLESI, forti di un grande sostegno morale in patria, a sfilare davanti alla raffineria di Lindsey, la seconda del Regno Unito, per contestare l’arrivo degli italiani, dipendenti della Irem di Siracusa che aveva vinto un’asta come sub-contractor dell'americana Jacobs, chiamata da Total per costruire l’impianto. È il sindacato europeo l’altro grande sconfitto dalla Brexit Quella metafora, oggi realtà, indicativa di quali siano i rapporti tra i lavoratori in Europa, spiega ampiamente un dato ancora rimosso dal dopo Brexit, la sostanziale marginalità del sindacato dal dibattito e dallo scontro in atto. A farne le spese, non a caso, è il partito laburista di Jeremy Corbyn, più esposto di quanto lo sia stato nella passata “era blairiana” verso i sindacati e il mondo del lavoro. A Corbyn viene rimproverato tutto: di essere stato troppo morbido contro la Brexit, ma anche di non aver capito la rabbia dei lavoratori inglesi. Che, del resto, sembra essere ampiamente documentata non solo dai casi come la raffineria di Lindsey ma dall’analisi del voto. IL PUNTO È SOTTO GLI OCCHI di tutti da molto tempo ormai: milioni di lavoratori in tutta Europa scaricano la perdita del lavoro, del potere di acquisto dei loro salari, della riduzione del welfare sulla cosiddetta invasione dei migranti. È una spiegazione semplice, immediata e che trova decine di politici capaci di approfittarne per arricchire il proprio carnet elettorale. Il sindacato finora non è riuscito a interpretare queste paure e a volgerle su un piano diverso, alimentando la lotta contro le caste o le élitefinanziarie. Finendo, almeno agli occhi di milioni di elettori, a braccetto con quelle stesse élitecome nel caso del voto inglese dove la City e le Trade union hanno dato la stessa indicazione di voto. Una contraddizione che finisce per lasciare il segno. Passato il referendum il problema si sposta a livello europeo e, anche qui, non sembra che ci sia una capacità di reazione all’altezza del problema. Sindacati sempre più nazionali, a dispetto della realtà della Ces, che cercano di barcamenarsi nel loro cortile di casa e che, al di là di convegni e manifestazioni a basso impatto, non parlano il linguaggio del popolo. Con un’aggravante: se Corbyn, almeno, è contestato, il sindacato sembra ignorato del tutto. © RIPRODUZIONE RISERVATA ESTERI Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | USA IKEA RITIRA LA CASSETTIERA KILLER Ikea ha deciso di ritirare dal mercato nordamericano 29 milioni di cassettiere dopo la morte accidentale di tre bambini, causata dal ribaltamento del mobile. Il ritiro al momento interessa solo Stati Uniti e Canada. Tempo fa l’azienda svedese aveva già sconsigliato di usare i cassetti per arrampicarsi senza aver fissato il mobile alla parete, ma dopo la terza morte è stato deciso il ritiro dal marcato. Ansa TURCHIA » MARCO BARBONAGLIA U Istanbul n attacco coordinato, portato con freddezza e determinazione nel luogo che può far più male. Almeno due kamikaze, ma le esplosioni in tutto sarebbero state quattro, hanno fatto strage tra i turisti dell’aeroporto Ataturk di Istanbul. Il bilancio delle vittime era ieri sera di almeno 10 morti e oltre sessanta feriti. Le telecamere dello scalo turco e i telefonini delle persone che affollavano la zona dei controlli di sicurezza hanno immortalato la dinamica usata dalla squadra di terroristi. Raffiche di mitra hanno annunciato l’attacco, seminando il panico: le persone presenti all’interno dell’aeroporto hanno cominciato a fuggire e cercare IL COMMENTO EGITTO REGENI, SOSPESE FORNITURE F16 L’Italia sospende la fornitura di pezzi di ricambio dei jet F-16 nei confronti dell’Egitto. Un emendamento è stato approvato dalle commissioni Esteri e Difesa, relatori Vito Vattuone e Gian Carlo Sangalli (Pd), legato alla morte di Giulio Regeni. Nell’ambito delle missioni internazionali, è stata aumentata di circa 17,5 milioni di euro la spesa per la missione alla diga di Mosul. Reuters Due kamikaze all’aeroporto: strage a Istanbul Esplosioni e raffiche di mitra: almeno dieci morti e decine di feriti. L’attacco multiplo ai controlli di sicurezza no degli assalitori ha sparato contro i viaggiatori nel terminal internazionale mentre un altro vi si è fatto esplodere; un altro si è fatto detonare nel parcheggio. Diversi testimoni, tuttavia, hanno parlato di quattro assalitori. Ieri sera il governo di Ankara non si è spinto a iden- tificare una matrice chiara per l’attentato multiplo, ma l’uso di mitra kalashnikov e il coordinamento chirurgico pare spingere le ipotesi verso un’azione di terroristi islamici, più che frange estremiste curde, che pure in passato hanno colpito il regime turco. Italia-Olanda,un seggio per due Consiglio di Sicurezza, fotofinish all’Onu per uno: prima l’Italia nel 2017, poi il 2018 L’ITALIASTECCA al 1°turno e va al ballottaggio a oltranza con l’Oall’Olanda. Stavolta dunque non è stata ulanda per un posto di membro non perna marcia trionfale, come nel ’94. E nepmanente nel Consiglio di Sicurezza Onu. pure una passeggiata, come nel 2006. A Un testa a testa che ci vede sempre inNew York c’è il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, dopo che, per sostenere la candietro: 125 a 113 al primo turno, 99 a 92 al didatura, si sono spesi il presidente Matsecondo, 96 a 94 al terzo, 96 a 95 al quarto. Per passare, ci volevano due terzi dei tarella e il premier Renzi. Centrare l’obiettivo appariva, sulla carta, non impossibile votanti nell’Assemblea generale: circa perché i nostri rivali, Svezia e Olanda, so128 suffragi. Al 1° turno, la Svezia conquino Paesi che un po’ s’esta uno dei 2 seggi in palio per l’Europa Oclidono a vicenda. L’Italia cidentale, con 134 voti; poteva contare sui mole passano pure Etiopia teplici radicamenti - eue Bolivia. Al 2° turno, ce ropeo, atlantico, medila fa il Kazakhstan, che terraneo, persino latifa fuori la Thailandia no-americano – e dinell’area asiatica. Alla sponeva di qualche vofine il compromesso: to in più del quorum Renzi e il premier olan(qualche amico s’è perdese Rutte a Bruxelles Il segretario Onu Ban Ki moon so per strada). si spartiscono un anno con Renzi LaPresse G.G. q Il ministro dell’I nt er no turco ha organizzato un centro di crisi, mentre tutti i voli sono stati cancellati. Secondo le ricostruzioni delle autorità, all’aeroporto si sono prodotte due esplosioni e una sparatoria nel parcheggio e nel terminal internazionale. Il ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, ha detto che u- Turismo nel mirino Gli effetti delle esplosioni all’aeroporto internazionale di Istanbul Ansa Isis Violenze e soprusi dell’Occidente motivano il fenomeno jihadista I l fenomeno Isis, il più inquietante ma anche il più interessante dalla fine della Seconda guerra mondiale, può avere quattro letture, che non si elidono ma si sovrappongono. All’inizio è una guerra interreligiosa fra sunniti e sciiti i cui rapporti di forza erano stati sconvolti dall’aggressione del 2003 proditoria, immotivata e illegittima degli Usa all’Iraq di Saddam, Stato sovrano rappresentato all’Onu, aggressione avvenuta senza la copertura Onu, anzi contro la sua volontà (si sa che per gli occidentali la copertura dell’Onu va su e giù come la pelle dei coglioni). Ma fin dalle origini il conflitto sunniti/sciiti oltre a un connotato re- ligioso ne ha uno geopolitico: è il tentativo di ridefinire confini statuali arbitrariamente disegnati dai colonialisti inglesi e francesi un secolo fa. Non a caso all’inizio il Califfato si chiama “Stato dell’Iraq e del Levante”, con l’obbiettivo di riunire Iraq e Siria. Dopo l’intervento di americani e francesi che, in linea di principio, con questo conflitto non avevano nulla a che vedere (ma ormai è consumata abitudine dell’Occidente di intromettersi nelle guerre altrui), il principale obbiettivo dell’Isis è divenuto colpire l’Occidente non solo e non tanto perché abitato da “infedeli” (credo che Al Baghdadi sfrutti l’elemento religioso per cooptare il maggior numero di adepti) ma per- La devastazione prodotta dalle esplosioni rivela la potenza delle bombe indossate dagli attentatori suicidi. Fiamme si sono sviluppate in diversi punti dello scalo internazionale, mentre le squadre speciali del ministero degli Interni intervenivano per scovare eventuali terroristi nascosti e portavano i primi soccorsi alle vittime. Decine di persone riverse all’interno della struttura, ma anche nello spiazzo antistante. L’attacco multiplo è forse il più grave, per come è stato concertato e per l’obiettivo, subito dalla Turchia negli ultimi anni. Kamikaze hanno già ucciso a Istanbul e in altre città, ma non si era mai avuto un tale dispiegamento di fuoco e di assaltatori. Il paese ospita ormai da 5 anni un crescente numero di profughi siriani, ormai diversi milioni, che affollano il confine con la Siria, rendendo ancora più complicato il controllo delle frontiere meridionali del Paese governato da Erdogan, leader del partito islamico moderato che ha da pochi mesi raggiunto l’accordo con l’Ue per la gestione del flusso di migranti dalle sue frontiere verso l’Europa. © RIPRODUZIONE RISERVATA CALIFFO IN SALSA MARXISTA » MASSIMO FINI Sangue e fiamme I primi soccorsi ad alcuni dei feriti dell’attentato all’aeroporto Ataturk Ansa NAZIONI UNITE Compromesso finale: un anno a testa Il colore del terrore Tra i colpiti molti agenti di polizia Il governo vago sui responsabili riparo. Sarebbe stato allora che sono entrati in azione i kamikaze che si sarebbero fatti esplodere tra la folla impaurita. Molti dei feriti sarebbero agenti della sicurezza, a confermare che l’area sotto attacco è stata quella dei varchi per i controlli per l’accesso ai gate dello scalo più utilizzato del paese. Anche la città di Istanbul era nel caos ieri sera, con traffico impazzito e decine di sirene di polizia e ambulanze. Ieri sera non si avevano notizie di vittime italiane, ma la Farnesina ha diramato un allarme per i concittadini. » 19 ché da più di due secoli esercita violenza militare ed economica in Medio Oriente, Africa subsahariana e anche in alcuni paesi del Maghreb. Non è un caso se i primi attacchi terroristici sono avvenuti in Francia essendo gli Usa troppo lontani e apparentemente irraggiungibili (ma dopo i fatti di Orlando nemmeno gli Usa possono sentirsi più al sicuro). Ma in quarta battuta – questa è la mia opinione – quella d el l ’Isis, intorno al quale si raccolgono iracheni, siriani, libici, somali (gli Shaabab), nigeriani (Boko Haram), egiziani (Fratelli Musulmani), maliani, pachistani e da ultimo, dopo la morte del Mullah Omar, anche afgani, è la lotta dei Paesi poveri del Terzo mondo contro i Paesi ricchi del Primo. Per il momento, gli sconvolgimenti innescati dalla guerra dell’Isis e all’Isis ma anche, se non soprattutto, dalla fame che la nostra economia ha provocato in Africa Nera, si traduce, con le migrazioni, in una lotta in Europa fra i poveri del Terzo mondo e quelli di casa nostra. Ma una volta che questi ultimi capissero che sono omologhi ai poveri del Terzo mondo, vittime entrambi della violenza del turbo-capitalismo, queste due povertà si potrebbero saldare e puntare contro i padroni del vapore nazionali e internazionali. Si avvererebbe così paradossalmente, in salsa islamica, la profezia di Marx. © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 Cultura | Spettacoli | Società | Sport Secondo Tempo L’INTERVISTA Lo scrittore islandese Jòn Kalman Stefánsson U SEGUE DALLA PRIMA » FRANCESCO MUSOLINO Il libro n rapporto fatto di silenzi e ricordi, permettendo all’autore di comporre una ricca saga familiare che attraversa tutto il XX sino ai giorni nostri. E a proposito di attualità, Stefánsson mette in guardia sui rischi post Brexit: “Nigel Farage mi ricorda il linguaggio di Donald Trump. Non può essere un buon segno”. Partiamo dal calcio. La sua Islanda ha sconfitto l’Inghilterra approdando ai quarti dove incontrerà la Francia. Si aspettava questi risultati? Grande come l’universo l Jòn Kalman Stefánsson Pagine: 448 Prezzo: 19e Editore: Iperborea Pillola APRE IL “MAMT” Ha aperto ieri a Napoli il MAMT, Museo della Pace, creato dalla Fondazione Mediterraneo. All’interno 12 percorsi tematici sull’immigrazione, l’accoglienza e il dialogo interculturale. C’è poi un intero piano del Museo dedicato a Pino Daniele, in cui viene raccontata, “emozionalmente”, la sua vita artistica e la sua musica n Sapevo che potevamo fare bene perché siamo tosti, ben messi in campo e con una grande tifoseria alle spalle, ma anch’io sono rimasto sorpreso. Però la palla è rotonda e può succedere di tutto. Proprio questa è la bellezza del calcio! Davvero il rilancio del calcio in Islanda è frutto di una politica governativa per contrastare l’alcolismo nelle nuove generazioni? L’ho sentito dire in tv, l’ho letto sui giornali ma non è affatto così. Anzi, mi fa sorridere. Il governo ha fatto massicci investimenti per costruire football houses al coperto, è vero, ma l’intento era proprio quello di migliorare il nostro rapporto con il calcio. La lotta all’alcolismo non c’entra proprio nulla. “La mia Islanda, terra di calciofili e di sgombri” Vittorie inattese Il romanziere e il successo a Euro 2016: “Siamo tosti, abbiamo grandi tifosi e non abbiamo niente da perdere” LaPresse Deve dubitare. Compito dell’artista è quello di metterci davanti alle nostre ossessioni, alle domande chiave circa la nostra identità, ma deve anche saper ampliare la nostra realtà, permettendoci di fuggire via, lontano. L’artista può stare dentro o fuori la società, non importa, ciò che conta è che abbia sempre la forza di dubitare, della vita e della morte soprattutto. Lei ha un ruolo politicamente attivo in Islanda. Cosa pensa della Brexit? La prima cosa che mi ha colpito sono state le reazioni di Nigel Farage, leader dell’Ukip, che ha detto: ‘Questa è una vittoria per la gente perbene’. Esattamente come avrebbe fatto Donald Trump. Ecco, questa somiglianza mi preoccupa moltissimo. La Brexit è una sconfitta per tutti, non solo per la Gran Bretagna, potrebbe persino sancirne la fine con l’indipendenza della Scozia. D’accordo, la Ue ha una burocrazia mortale e una centralizzazione eccessiva, ma la maggior parte dei giovani ha votato per rimanere in Europa. Noi dovremmo ascoltarli. L’Islanda è sopravvissuta di recente a un collasso finanziario. Ha una ricetta valida per il vecchio continente? I temi economici non sono il mio forte. Abbiamo avuto un governo di sinistra che ha avuto il coraggio di riformare, ma abbiamo avuto anche fortuna: per via del surriscaldamento, l’oceano intorno a noi era pieno di branchi di sgombri che hanno aiutato la nostra economia ferita e soprattutto sono arrivati i turisti. Nel 2006 erano 400 mila. Ora sono 2 milioni. In occasione del festival La grande invasione ha ragionato sul ruolo dell’artista. Cosa deve fare? Uno scrittore si deve sempre confrontare con le sue ossessioni? Se decidi di scrivere, di raccontare una storia, devi avere la forza di andare in profondità, assorbendo la passione e i sentimenti. Nulla ti deve spaventare se vuoi essere sincero con il tuo lettore. Personalmente mi piace indagare il passato, sono convinto che tutto sia legato proprio come gli anelli di una catena e, senza rispetto per il nostro passato, tutto andrebbe perduto. Ecco, forse la mia lotta contro l’oblio del tempo è la mia ossessione. La famiglia è un punto di riferimento nei suoi libri. Vero. La famiglia mi fa pensare ad un rifugio sicuro. La famiglia ci ricongiunge alla nostra stessa identità. E noi dobbiamo partire sempre dalle nostre radici per capire davvero chi siamo. © RIPRODUZIONE RISERVATA RISVEGLI Il crac del 2008 e gli investimenti sociali e sportivi per cambiare le sorti di un Paese » TOMMASO RODANO U n bel giorno l’Islanda si è svegliata con le tre banche principali indebitate per 100 miliardi di dollari. Il prodotto interno lordo nazionale non andava oltre i 13: uno Stato fallito. Quello applicato su quest’isola di 330 mila persone è stato definito “il più puro esperimento di deregulation finanziaria nella storia dell’economia”. È raccontato in Inside Job, il documentario sulla grande recessione premiato con l’Oscar nel 2011. Erano i primissimi anni Zero: il Paese svendeva le sue meraviglie naturali (e le loro risorse energetiche) alle multinazionali e privatizzava tre banche nazionali. In un lustro gli stessi istituti di credito si sono fatti prestare qualcosa come 120 miliardi di dollari. L’assurda bolla speculativa è scoppiata negli Dal fallimento al football dei miracoli Fuori dalla Ue, pazzi per gli Europei ultimi mesi del 2008. “AVEVAMO quasi creato una socie- tà ideale”, racconta nel documentario uno dei più importanti narratori islandesi, Andri Magnason. All’improvviso era tutto in fumo: disoccupazione triplicata, Pil in picchiata, debito esploso. Invece il caso islandese è diventato un esempio accademico. È stato definito un “default pilotato”: lo Stato ha lasciato fallire le banche e poi le ha nazionalizzate, salvando i conti correnti dei cittadini islandesi in due istituti sani e assumendosi i debiti. Ha preso soldi dal Fondo monetario internazionale e sperimentato l’austerità ma ne è uscito relativamente presto: il crollo della moneta nazionale – la corona i- le di questo staterello di pescatori, slandese – ha fatto raddoppiare il orgogliosamente fuori dall’Euroturismo e rilanciato l’economia. Il pa politica, si è scontrata contro lo Pil islandese è stato il primo a tor- squadrone, in teoria, degli invennare sui livelli pre-crisi. La richie- tori del football; una nazione in lutsta di adesione all’Unione europea, to (o almeno metà di essa) per la inoltrata nel 2009, Brexit. Ed è successo è stata cancellata l’imponderabile. nel 2015. Non si è mai parlato di #EANCHE L’IMPROVVISA xIsland solo peresplosione del moviché in effetti non mento islandese non è fic’è mai stato un inglia del caso. Fino agli anni 90 nell’isola il calgresso. Il calcio ha quecio non esisteva, se non a sto dono, si intreclivelli semiprofessionicia con la storia nei stici. Per una ragione modi più assurdi semplice: d’inverno le ed evocativi: lune- Islandesi dopo la vittoria temperature rendono dì sera la Naziona- contro l’Inghilterra Ansa impossibile anche solo SECONDO TEMPO Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | Wimbledon, Wawrinka c’è Accordo Milan-Montella Premiati Verdone-Albanese Stan Wawrinka supera il primo turno. Lo svizzero, numero 4 del mondo e del seeding, ha battuto lo statunitense Taylor Fritz Ancora da sciogliere il nodo della clausola che lo lega alla Sampdoria, ma Montella può virtualmente dirsi il nuovo allenatore del Milan Il premio “Nino Manfredi” è andato alla coppia comica per “L’abbiamo fatta grossa”. La consegna sabato a Taormina durante i Nastri d’argento L’INTERVISTA » 21 NORI CORBUCCI La vedova del regista e gli anni di amicizia con Spencer. Tra film, cene, canzoni, falò e risse sfiorate “Sergio e Bud chiusi in roulotte a mangiare chili di pasta” » ALESSANDRO FERRUCCI N ori Corbucci conosceva Carlo Pedersoli da molto prima che diventasse Bud Spencer, quando “eravamo un gruppo di adolescenti, e tutti insieme andavamo al mare, spesso a Ostia, e lui si presentava con una cabrio americana bellissima... Aspetti, in realtà bellissimoera lui, e tutte noi innamorate”. La signora Corbucci è la vedova di Sergio, uno dei grandi del cinema italiano, più e più volte sul set insieme, anche lui complice nel costruire il mito dell’omone burbero ma buono, pronto a martellare con il pugno sferrato dall’alto in basso, la testa degli sventurati. Insomma era bello, alto, muscoloso, con la cabrio... Non solo: suonava molto bene la chitarra, aveva una voce importante, ed era arrivato a comporre canzoni per Ornella Vanoni e Nico Fidenco. Con lui abbiamo trascorso dei momenti fantastici, cinematografici: immagini questo ragazzone con la chitarra in mano, e gli altri intorno al falò. E come diceva prima: voi innamorate. (Scoppia in una risata)Eccome! Ma alla fine ha vinto Maria Amato (diventata sua moglie). Molti lo descrivono come un uomo anche istrionico. sa: a un certo punto della giornata guardavano me e Maria (Amato), e con l’espressione seria ci dicevano ‘adesso scusate ma ci dobbiamo chiudere nella roulotte per studiare il copione. E da soli. Quindi organizzatevi, ci vediamo dopo’. Passavano dieci minuti e da quel caravan usciva una serie infinita di profumi, odori inequivocabili. Come persona era ancor più audace rispetto al personaggio costruito nei film. Era un uomo in carca di emozioni, in continuo movimento; un uomo che parlava molte lingue, viaggiava, tentava imprese industriali non sempre riuscitissime, ma almeno provava. Se non sbaglio, un anno pensò di commercializzare jeans nel mondo, un’altra volta addirittura le banane. Cucinavano? Chili di pasta, pancetta, soffritti, qualunque cosa, era un trionfo culinario. Vede, anche mio marito pesava oltre i cento chili, non come Carlo, ma insomma si difendeva. E noi sempre più preoccupate non riuscivamo a fermarli. Amava il suo personaggio? Pasolini diceva: ‘È conosciuto pure nello Yemen’. Aveva un solo rimpianto: non aver mai vinto un David di Donatello Molto, e poi non gli mancava l’autoironia, forse per le sue origini partenopee. Però in Italia non hanno ancora capito cosa rappresentano nel mondo Bud Spencer e Terence Hill, tutti pensano a un fenomeno solo nostrano. E invece... Ricordo le parole di Pier Paolo Pasolini: ‘P e r si n o nello Yemen sono famosi!’. Era vero allora, ancora di Goliardia pura. E Terence Hill partecipava? Lui è quasi un asceta, differente da tutti. Un angelo. Difficile trovargli un difetto, un uomo complicato da raccontare. Domani i funerali Si terranno a Roma nella chiesa degli Artisti; a destra, Nori Corbucci Ansa più oggi: sono uno dei nostri grandi brand ma, come spesso accade, sottovalutati. Non avete idea di cosa voleva dire girare per strada con lui, in quanti lo fermavano e negli angoli più disparati della terra. Ovunque. Lei spesso seguiva suo marito sul set. Quali erano i rapporti tra Sergio Corbucci e Bud Spencer? La scena era sempre la stes- APPUNTAMENTO L’8 luglio la prima serata senza il Ninfeo di Villa Giulia pensare di allenarsi. titolari della nazioMancavano le strut- Pianificazione nale giocano nei ture. Poi lo Stato ha i- Fino agli anni 90 grandi campionati niziato a investire: un europei. Fino a pochi piano nazionale per la i giocatori erano anni fa l’unica stella costruzione di im- semiprofessionisti era Eidur Gudjohnsen, attaccante nel pianti al chiuso, riChelsea di Ranieri. scaldati, in erba sinte- Poi sono arrivati tica. Gli islandesi han- gli impianti Esordì in Nazionale no iniziato a giocare a 20 anni fa, il 24 aprile pallone. E tutto l’an- e lo studio tattico 1996, sostituendo il no: non più da maggio padre in un’amichevole contro l’Estonia. a ottobre. Il secondo passo è stato lavorare Si giocava in un micro stadio stile sulla conoscenza del gioco: la fede- Subbuteo, Eidur era circondato da razione calcistica ha iniziato ad al- sconosciuti e semiprofessionisti. Il 19 giugno, a 38 anni, Gudjohnlenare gli allenatori. Il risultato – racconta un bel reportage di Ho- sen ha giocato (da riserva) la sua wler Magazine–è che oggi nel Pae- prima partita con l’Islanda negli se ci sono 184 tecnici con un paten- Europei. Ora, dopo ogni impresa, tino Uefa A e 594 con un patentino corre con i suoi compagni sotto alle Uefa B: ogni 500 islandesi c’è un in- tribune, per quella specie di incresegnante di calcio con una quali- dibile Haka con cui la squadra fa fica professionale (in Inghilterra impazzire i tifosi. Fino ai quarti di finale. Pare che in Francia ci siano ce n’è uno ogni 10 mila). I risultati sono arrivati in tempi 20 mila islandesi. L’8% del Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA incredibilmente rapidi. Ora tutti i Il Premio Strega trasloca all’Auditorium Ma la caciara romanesca dove la mettiamo? “METTEREMO una maschera di fronte a Villa Giulia il giovedì, così anche i più tradizionalisti saranno informati”. La battuta sfugge dal banco della conferenza stampa di presentazione del Premio Strega e affronta la vera novità di quest’anno: per la settantesima edizione si cambia location e data: non più lo storico Ninfeo ma l’Auditorium Parco della Musica, non più il primo giovedì di luglio ma venerdì 8 luglio, giorno forse televisivamente più appetibile. Per accreditare con maggiore efficacia la novità epocale, gli organizzatori del Premio proiettano ai giornalisti un cinegiornale Luce datato 1948: scorrono i volti di Ennio Flaiano, Giuseppe Ungaretti, Alberto Moravia, Roberto Rossellini, Anna Magnani e Stefano Petrocchi, presidente della Fondazione Bellonci, tiene a precisare: “Sorpresa. Le immagini non sono del Ninfeo, ma dell’Hotel de Ville, dove si svolsero q Quindi Bud Spencer e Terence Hill erano realmente amici. Si integravano alla perfezione. Però ribadisco: uno come Mario (Terence Hill) è fuori dal comune. Bud Spencer era manesco anche nella vita reale? No, e poi non ne aveva mica bisogno. Avete presente la stazza? Tanti e tanti anni fa eravamo su una Topolino, a un certo punto un camion ci taglia la strada, rischiamo l’incidente e dalla paura nasce un diverbio verbale. Dal mezzo pesante esce un uomo adulto e grosso che inizia a minacciarci di botte, a quel punto con una calma serafica Carlo apre lo sportello, e piano piano esce dall’abitacolo. ‘Sei proprio sicuro di voler litigare?’. E il tipo: ‘No, no, è stata solo un’incomprensione’. Cinema puro. Quanto ci siamo divertiti. La sua mole era talmente importante che un anno comprò una barca a vela, ma troppo piccola rispetto alle sue misure, quindi dovette passare al catamarano. le prime cinque edizioni”. Vero, ma le altre 64 pesano un po’ di più. Riuscirà l’Auditorium a ricreare quell’atmosfera “un po’ caciarona e molto romana del Ninfeo” (parole di Tullio De Mauro, presidente del comitato direttivo dello Strega) che delle serate del Premio è sempre stato un indispensabile corollario? Le perplessità sono diffuse, la risposta venerdì 8 luglio. STE. CA. Aveva rimpianti? Due. Sognava qualche riconoscimento dal cinema italiano, un premio, un David di Donatello, ma niente. Me lo ha detto molto spesso. E il secondo? Gli dispiaceva che nessuno sapesse della sua attività musicale, dei suoi dischi, delle sue canzoni. Twitter: @A_Ferrucci © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 » SECONDO TEMPO | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 Libri L’ESORDIO “L’amore è eterno finché non risponde”, romanzo dell’avvocato Ester Viola, un metatesto di parola scritta e schermate WhatsApp L Il libro L’amore è eterno finché non risponde l Ester Viola Pagine: 224 Prezzo: 17e Editore: Einaudi Sempre connessi “Ho passato il tempo tra i 20 e i 40 a trovare risposte giuste ai messaggi” » STEFANO CASELLI e storie d’amore sono un metatesto e L’amore è eterno finché non risponde, romanzo d’esordio di Ester Viola, è un piccolo manuale di linguaggi: gli amori si raccontano a parole ma soprattutto a schermate Gmail e WhatsApp. Non è una novità, lo ha fatto anche Jonathan Franzen, ma c’è da credere che diventerà un’abitudine. Una chat è una narrazione a parte, spesso completa nella sua essenzialità. Il talento di Ester Viola (è difficile non annoiare con l’ennesima storia di innamoramenti e tradimenti) sta nella giusta alternanza di linguaggi e nell’essenzialità della scrittura, forse figlia della sua formazione di avvocato. AVVOCATO è infatti anche la protagonista Olivia Marni, divorzista napoletana trentaduenne, il cui mestiere è comporre i disastri sentimentali di ricche ex coppie. Il mondo si divide in due categorie, i “lasciati” e i “lascianti”e l’avvocato –senza distinzione di sesso – prova un’indubbia simpatia per i secondi, indipendentemente dalla parte in cui si trova il cliente di turno. Sul tavolo del divorzista arrivano le macerie fumanti, ma prima dei crolli c’è il mondo di Olivia, che è poi il mondo di tutti (o meglio, il mondo di una borghesia medio alta che qui è a Napoli ma che potrebbe essere in qualunque altra città occidentale). Un mondo dove tutti (o quasi) si lasciano ma dove pochi hanno il coraggio di dirsi davvero addio. Un mondo di eterni semi-adulti perennemente insoddisfatti e costantemente indecisi. C’è un ex fidanzato che non è mai un ex, la nuova fidanzata smorfiosetta dell’ex fidanzato, un vicino di casa D. C. (DOPO CHRISTIE) EccoYeruldelgger, gigante poliziotto del giallo mongolo » FABRIZIO D’ESPOSITO P In amore sopravvive chi dimentica, non il più forte bello, innamorato, sempre presente ma mai corrisposto. C’è il super avvocato aggressivo e perdente, il capo apparentemente equilibrato ma in preda ai fantasmi di un amore mai esaurito. E poi l’amica, l’immancabile cinica in stile Sex and the City. C’è molto cinismo ne L’amore è eterno finché non risponde, ma è un cinismo “empatico”, una specie di colesterolo buono che invece di minacciare le arterie apre il respiro. Un cinismo terapeutico, insomma. L’avvocato e i suoi clienti, in fondo, pari sono: sentimentalmente disastrati, in- capaci di non desiderare tutto e il contrario di tutto, incastrati nella propria libertà. Il popolo dei semi-adulti, tuttavia, ha almeno il pregio di essere meno noioso di quello degli assennati e felici. A Napoli poi (la città è la protagonista sottotraccia di tutto il romanzo) frequentano anche gli stessi locali e si incontrano molto spesso (forse troppo spesso). SE AVETE a noia l’abitudine di tornare sul proprio ombelico (così cara a tanta letteratura di casa nostra), lasciate perdere. Se invece siete tra chi rivedrebbe volentieri Perfetti sconosciuti, non date ascolto al Grande Romanzo Americano lasciato che vi guarderà con riprovazione dal comodino e tuffatevi nelle 220 pagine de L’amore è eterno finché non risponde. Finiranno in fretta. E magari anche voi (che siate o no quelli più veloci a dimenticare, ossia quelli che sopravvivono al darwinismo dei disastri sentimentali) vi accorgerete, come Olivia Marni, di aver passato la maggior parte del tempo tra i venti e i quaranta a fare una cosa: trovare le risposte giuste ai messaggi. otente e sterminato come il suo Paese, la Mongolia. Appuntatevi questo nome, lunghissimo: Yeruldelgger. È un gigantesco commissario di Ulan Bator, la capitale mongola, e in Francia è già un best-seller. Da noi arriva incomprensibilmente con tre anni di ritardo e solo grazie a un editore attento come Fazi. L’abbrivio è feroce. Il cadavere di una bambina sepolta viva con il suo triciclo. E poi tre cinesi massacrati ed evirati, coi loro organi genitali in bocca a due puttane impiccate. Yeruldelgger fa il poliziotto in un ambiente corrotto e l Yerulsenza apparenti speranze, delgger dove le sapienti tradizioni Morte nella mongole hanno lasciato il steppa passo al capitalismo sel- Ian Manook vaggio, favorito laggiù da- Pagine: 524 gli onnipresenti cinesi e dai Prezzo: 16,50e coreani del sud. A SCRIVERE Morte nella Editore: Fazi ste ppa è il francese Ian Manook, pseudonimo del romanziere giramondo Patrick Manoukian, che domani sarà al Festival internazionale di Roma, alla Basilica di Massenzio. Yeruldelgger incarna l’anima di un popolo fiero, incline al nomadismo e alla libertà e da secoli rassegnato a fare i conti con il terrore che evoca l’impero di Gengis Khan. La Mongolia è cinque volte l’Italia e ha solo tre milioni di abitanti, di cui la metà accalcata nella capitale. Il thriller di Manook, primo di una trilogia, è un magnifico reportage in un mondo perlopiù sconosciuto: “A parte il nuovo centro di Ulan Bator e la perfezione in finita delle steppe e delle montagne, Oyun si chiedeva spesso perché la sua bella Mongolia sembrasse così scalcinata”. Oyun è uno dei due personaggi femminili del romanzo, una poliziotta. L’altra è Solongo, medico legale che ama castamente Yeruldelgger, ex monaco buddista squarciato da una tragedia personale. Unico appunto all’edizione italiana: la mancanza di un dizionarietto finale coi termini delle usanze mongole. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA BAMBINI Torna il caso letterario del 2010 SASSOFONISTA Massimo Urbani di borgata A SINISTRA Nuovo laboratorio Barcellona In Giappone c’è una vita Quando Roma cambiò pelle Ada Colau, o del conflitto artificiale. Ma è imperfetta Prima era un’altra musica dei movimenti al potere » VERONICA TOMASSINI » ANDREA DI GENNARO » LUCA PISAPIA TORNA in libreria con il suo terzo romanzo, Viola Di Grado, catanese, classe 1987. Talentuosa, esordì nel 2010 e allora si parlò subito di un vero caso straordinario nel mondo delle lettere. Oggi, pluritradotta, torna con La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi e il romanzo dal titolo Bambini di ferro. Una storia ambientata in Giappone, paese molto amato dall’autrice che vi ha compiuto parte dei suoi studi, e in particolar modo quelli sul buddismo antico, tant’è che nel romanzo traducono l’esperienza spirituale della lettura. E dunque proprio i suoi studi, la sua laurea in Filosofie dell’Asia Orientale, si radicano saldamente alla trama, mischiando un po’ tutti i generi, fino a congetturarne uno nuovo e personalissimo; la struttura narrativa procede così per simboli, ideografici, scientifici, filosofici, religiosi. I Bambini di ferrosono bambini difettosi, bambini affidati a un sistema di accudimento materno artificiale il cui risultato è assolutamente imperfetto. L’istituto Gokutaku, alla fine di una periferia di Kyoto, ospita la piccola orfana Sumiko, gestita (non allevata) dalla tutrice Yuki Yoshida, ex bambina difettosa, mente bisognosa per sempre, impossibile da salvare, come afferma il principio buddista. Una vera supplica tragica, un vocativo sul finale: la nostalgia dell’altro. ROMANZO musicale, recita il sottotitolo di Go Max Go e visto che quel Max è Massimo Urbani la dicitura non può essere né sbagliata né casuale. Ancor più vero però è che il libro di Paola Musa va ben oltre, pur nella sua forma agile e a tratti succinta; il racconto si allarga a diversi piani di narrazione e gli spaccati che in alcuni momenti si intravedono in controluce mentre in altri salgono in superficie fino a imporsi al lettore sono molteplici. Massimo Urbani è stato un sassofonista fuori dal comune, cui tanti che si occupano di musica ancora oggi devono qualcosa (o forse più). Il Massimo Urbani del libro è però il figlio e per certi versi il prodotto di una generazione (pre-boom) e di una città (la Roma popolare a cavallo tra anni Settanta e Ottanta) ritratti con mano leggera e felice. Go Max Go è lo scorcio di una città che non esiste più e che proprio allora stava cambiando pelle, lasciando sul terreno quei figli incapaci o impreparati a reggere l’urto. Figli di una realtà povera, dei necessari strumenti ancor più che di quattrini, e soprattutto scevri di malizia. Quindi soli davanti a quell’imperante passaggio dalla borgata al decennio rampante. Dalle botteghe in cui ci si dava del tu anche tra un anziano e un ragazzino a una topografia in cui non si teneva più il cancello aperto al vicino con le buste della spesa. UN ANNO fa a Barcellona è eletta sindaca Ada Colau, un passato nei movimenti No Global e nella lotta per il diritto all’abitare. A pochi giorni dalle nuove elezioni spagnole, giunge a proposito il saggio del giornalista Giacomo Russo Spena e dello storico Steven Forti, Ada Colau, La Città in Comune che ripercorre la genesi di quello che vuole essere “non un modello, ma un esempio” nel tentativo di superare i limiti del neomunicipalismo. In una Barcellona devastata dalla bolla immobiliare, la candidatura della alcadesa non nasce da agenzie di comunicazione o piattaforme televisive, ma dall’unione di movimenti e sindacati di base sull’onda lunga dell’esperienza degli Indignados. Analizzate le (molte) luci e (inevitabili) ombre della sua esperienza alla guida della città - i tentativi di organizzare un audit sul debito, gestire la macchina pubblica con trasparenza, favorire partecipazione e solidarietà, si scontrano con l’ineluttabilità del governare, che vuole dire scontentare parte dei movimenti sociali che ne hanno appoggiato l’elezione –restano le parole che Ada Colau regala nella chiacchierata in apertura, dove rifiuta ogni riduzione della sua esperienza al “populismo” e afferma: “Non c’è democrazia senza conflitto”. In chiusura, un’intervista a Luigi de Magistris. Bambini di ferro l Viola Di Grado Pagine: 250 Prezzo: 18e Editore: La Nave di Teseo Go Max Go -Romanzo musicale l Paola Musa Pagine: 144 Prezzo: 14e Editore: Arkadia La città in comune l Ada Colau Pagine: 170 Prezzo: 14e Editore: Alegre SECONDO TEMPO Mercoledì 29 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | » 23 Arte & Fumetti ROMA “Guerra, Capitalismo & Libertà” a Palazzo Cipolla mette in mostra 150 opere dell’artista anonimo, tutte prestate da collezionisti privati e “non sottratte alla strada” C Ricarica » CLAUDIA COLASANTI ontrosenso? O solo l’inevitabile somma di due ingranaggi di successo, di segno totalmente opposto. Da una parte Banksy, il writer sovversivo e provocatore – dopo circa due decenni di attività ancora anonimo – più celebre del mondo, dall’altra il cofanetto multifunzionale di Palazzo Cipolla, a Roma. Un cortocircuito (già insito tra street art e circuiti museali) che ricorda la metafora dell’elefante nella cristalleria, oppure quella del monastero pieno di armi. Banksy in un museo: una contraddizione riuscita molto bene pus ordinato di circa 150 opere (incluse 50 copertine di dischi) tra sculture, e stencil, tutte di collezionisti privati e non sottratte alla strada. Si capisce la bravura grafica degli inizi e le fatali intuizioni: tra i primi disegni del percorso un’asta (Morons, 2006) nella quale un quadro recita la frase dell’artista usata in più occasioni: “Non posso credere che voi deficienti compriate davvero questa merda”. BANKSY (presumibilmente IL “DISCO” DI RENDE “Il Disco”, organizzata da Vertigoarte, animerà il Museo del Presente di Rende (CS) fino al 30 Luglio. Gli artisti invitati da Bruno Ceccobelli a Andrea Fogli, da Luca Maria Patella a Cloti Ricciardi e Giuseppe Salvatori hanno avuto modo di confrontare, con differenti linguaggi, un tema unitario. Pronti a lanciare negli spazi espositivi un disco di 38 cm di diametro, trenta artisti girano intorno all’impenetrabile cerchio di legno n di Bristol) è, tuttora, la punta di diamante della street art mondiale, una contraddizione vivente, l’uomo mascherato che dipinge rapidamente con la tecnica dello ‘stencil’ – usata in Italia durante la guerra per imprimere su tutti i muri il volto di Mussolini – enormi ratti su case di periferia. Una persona reale ma invisibile (l’unico modo per mettersi in contatto con lui è un indirizzo email), che fa arte illegale ma che allo stesso tempo vende le sue opere a prezzi da capogiro (i suoi quadri arrivano al mezzo milione di euro). “Guerra, Capitalismo & Libertà” (fino al 4 settembre), è stata ideata, promossa e realizzata da Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo (Ex Fondazione Roma), ma dalla quale l’artista pare estraneo. Al termine del comunicato stampa si legge: “L’artista noto come Banksy non è associato né coinvolto in questa esposizione museale. Tutte le opere presenti in mostra provengono da collezionisti privati internazionali e nessuna opera è stata sottratta alla strada”. Un artista del suo calibro, con cen- SI SCOPRE che il giovane tinaia di collezionisti, non può più sottrarsi all’uso altrui, ma se una mostra riassuntiva l’avesse pensata lui (come avvenne per Cattelan alla Guggenheim di New York) di certo non vi sarebbe stato l’ordine composto e ben allestito dai tre curatori, Stefano Antonelli, Francesca Mezzano & Acoris Andipa. CIÒ CHE sappiamo del suo re- cente passato consiste nella realizzazione di Dismaland, un parco giochi scassato e surreale poi trasferito (nel dicembre scorso) a Calais per ospitare i rifugiati. Nella stessa occasione ha prodotto una serie di murales, tra cui “The Son of a Migrant from Syria” (“Il Figlio di un Emigrante dalla Siria”) che raffigura cinicamente Steve Jobs. Nonostante le contraddizioni, dalla mostra si ha molto da imparare, con un cor- Street art Le realizzazioni (per alcuni illegali) sono vendute a prezzi da capogiro Banksy sperimenta molti supporti, non mira solo a giocare: alcuni pezzi ricordano i romani (ai tempi anche loro inquieti) Franco Angeli e Mario Schifano. Si riscoprono quelle piccole, acide, talvolta struggenti, parabole: bimbi con i loro palloncini su un mucchio di armi (“Kids on Guns”, 2003), l’elogio dei topi che vivono perseguitati “in silenziosa disperazione”, le scimmie che fungono da innocenti detonatori, i poliziotti con il dito medio alzato e la “Queen Victoria” (2003) in una posa decisamente imbarazzante. Delicati e realistici tutti i temi affrontati – guerra, capitalismo e libertà – fonti primarie di ispirazione della sua arte, connotata – anche dentro a un museo – da una forte componente di denuncia sociale. © RIPRODUZIONE RISERVATA FUMETTO Due giovani fumettisti italiani e una commedia sentimentale Una storia romantica troppo perfetta per essere vera (o è soltanto fiction?) » STEFANO FELTRI G li scaffali delle librerie sono pieni di graphic novel autobiografici, micro-episodi sviluppati per decine di pagine, a volte troppe per il limitato interesse del lettore. Scarseggiano invece le commedie sentimentali, forse perché sono considerate un genere più mirato a un pubblico femminile che – per ragioni difficili da indagare – è ancora un po’diffidente verso il fumetto. Come quando eravamo piccoli, appena pubblicato da Bao, è un’eccezione. Perché è, appunto, una commedia sentimentale, di quelle che al cinema potevano contare una volta su Hugh Grant e oggi su Ryan Gosling o simili. E che nei fumetti hanno pochi equivalenti, giusto qualche lavoro (di grande successo, peraltro) del fran- cese Bastien Vivés. In un Paese gerontocratico come l’Italia, la giovane età è sempre degna di menzione: ai testi c’è Jacopo Paliaga, che è nato a Trieste nel 1990, i disegni netti, eleganti, sono di Fren- ch Carlomagno, torinese del 1986. I due si sono fatti conoscere con il web comic Aqualung, ora Come quando eravamo piccoliè una commedia perfetta, perfino troppo perfetta per essere vera: il giovane autore italiano di serie americane di successo (chissà se esistono figure così nel mondo reale), torna in patria per consolarsi da un amore finito. Per caso e senza particolare convinzione conosce un’altra ragazza, con la quale nulla ha in comune, ma Pietro –il giovane sceneggiatore – decide di comportarsi come farebbe uno dei suoi personaggi e ovviamente nasce l’idillio. La storia è un trionfo di clichè: i baci sotto la pioggia, il divano per con- Come quando eravamo piccoli l Paliaga e Carlomagno Pagine: 128 Prezzo: 16e Editore: Bao solare i drammi, il cambio di look come rinascita, la sorpresa romantica prima della conquista definitiva. Ma Paliaga e Carlomagno sono bravi a costruire una narrazione che gioca proprio con la consapevolezza del clichè, creando sempre un rimando al mondo delle fiction, con i protagonisti che sembrano trovare un proprio equilibrio e ruolo soltanto quando agiscono, appunto, come personaggi. Anche la scansione dei capitoli è analoga a quella degli episodi dei serial (1x01, 1x02..). Può essere soltanto un virtuosismo degli autori. O una rassegnata presa d’atto che ormai sappiamo vivere le emozioni più coinvolgenti soltanto se prima le trasformiamo in uno storyboard, i dialoghi in uno script, se i baci sono al ralenty, guardando a noi stessi come attori che recitano un copione secondo la grammatica di Hollywood che ormai è diventata parte della nostra personalità. © RIPRODUZIONE RISERVATA AROUND • Un sogno fatto a Mantova Palazzo Te e Palazzo D’Arco, Mantova. Fino al 13 novembre NATO da un’idea di Cristiana Collu, è uno degli eventi più intensi nel programma di Mantova Capitale Italiana della Cultura 2016. Il progetto nasce dall’idea che la città possa essere intesa come luogo della costruzione della comunità. Un rapporto che nel caso di Mantova consente di congiungere l’alba rinascimentale della modernità con il contemporaneo attraverso l’installazione di opere di artisti storici protagonisti della scena internazionale e artisti emergenti. La prima stazione (a Palazzo Te) ospita Alberto Giacometti, Antony Gormley, Hans Op de Beeck, Davide Rivalta, Grazia Toderi. • 150 TROUBETZKOY 1866-2016 Palazzo Viani Dugnani, Verbania. Fino al 30 ottobre HA RIAPERTO il Museo del Paesaggio di Verbania, a Palazzo Viani Dugnani, chiuso per due anni e mezzo per restauro. La mostra di apertura è una rassegna dedicata - nei 150 anni dalla nascita - a Paolo Troubetkoy, di cui il Museo conserva un’importante collezione. Esposti 150 gessi che ripercorrono l’intero percorso del grande scultore di origine russa: opere fondamentali per uno scultore “impressionista”. Troubetzkoy viene a contatto con i pittori Cremona e Ranzoni ed è dalla pittura scapigliata lombarda che inizia la sua ricerca. • Moving Tales Complesso Monumentale di San Francesco, Cuneo Fino al 28 agosto 2016 “MOVING Tales – Racconti in movimento. Opere video dalla Collezione La Gaia” raccoglie una selezione di film d’artista curata da Eva Brioschi. La rassegna illustra, attraverso il lavoro di 30 artisti di diverse generazioni e aree geografiche, la molteplicità di utilizzo del video come strumento narrativo per immagini. A CURA DI CL. COL. 24 » ULTIMA PAGINA Dalla Prima » MARCO TRAVAGLIO L ì è ovvio che uno dei due supererà il 50% dei voti, e pazienza se rappresenta solo il 20 o il 25% dei votanti. Che, con l’astensione di almeno un terzo degli elettori, equivale al 13 o al 16% dei cittadini. Così il partito vincente s’intasca la maggioranza per governare da solo anche se vale un’infima minoranza nel Paese. Peggio che con il Porcellum, dove almeno il premio di maggioranza, anzi di minoranza, andava alla prima coalizione: dunque a una forza un filino più rappresentativa del primo partito premiato dall’Italicum. Ora i fan dell’italica boiata la menano con la governabilità e la stabilità, contrapposta agli inciuci e ai trasformismi (proprio loro che hanno rovesciato il governo Letta dopo soli 9 mesi con un colpo di palazzo, senza passare per le urne). E, ancora una volta, vendono fumo. Il premio di minoranza dell’Italicum è di 340 deputati su 630 a chi arriva primo, a prescindere dai voti che ha preso: 24 seggi in più della maggioranza minima (316). Che sono tanti, per un partito che rappresenta magari un italiano su 8 o su 6. Ma sono pochi per garantire stabilità assoluta: se 24 deputati lasciano il partito o si mettono di traverso, il governo va a casa. A meno che il premier non ricominci con gli inciuci, i trasformismi e la compravendita di voti. Si dirà: almeno si neutralizzano i partitini coi loro ricattucci. Balle. Se il premio dell’Italicum va alla prima lista e resta fuori chi non supera il 3%, è ovvio che si creeranno due listoni artificiali e artificiosi (in aggiunta ai 5Stelle solitari): centrodestra e centrosinistra, con tutti dentro. Poi i partiti, alla Camera, torneranno a dividersi in un pulviscolo di gruppi. E i nani ricominceranno a ricattare i giganti: sia prima delle elezioni, per non far mancare i propri voti decisivi a raggiungere il ballottaggio; sia dopo le elezioni, per far pesare i propri voti decisivi per il governo. Solo uno stupido, o un analfabeta, o un mascalzone può pensare di eliminare con la legge elettorale la complessità dell’elettorato o addirittura di trasformare l’attuale tripolarismo in bipolarismo. Senza i voti, non si governa. Non sarebbe giusto e non si può. Ne sa qualcosa Angela Merkel, unico gigante in un’Europa di nani: nel 2013 ha vinto le sue terze elezioni consecutive col 43% dei voti, ma ha mancato la maggioranza in Parlamento per appena 5 seggi. Così, anziché comprarsi qualche voto o cambiare la legge elettorale come si fa in Italia, s’è accordata con i tradizionali avversari del Spd per un governo di larga coalizione, mettendo a punto per tre mesi un programma comune. Lì un Italicum, anzi un Germanicum sarebbe una bestemmia antidemocratica; e l’acquisto di qualche verdiniano prêt-à-porter, una bestemmia e basta. Vale anche per la Spagna, dove Rajoy – anziché raccattare i voti di qualche partitino, oltre a quelli dei liberali di Ciudadanos – ha subito offerto una larga coalizione al secondo partito, cioè ai suoi rivali socialisti. L’idea di cambiare la legge elettorale per mandare al governo chi ha il 33%, in Spagna, non sfiora proprio nessuno. Che siano antidemocratici? S iccome da venerdì scorso era parso di capire che fosse fondamentale, rispetto alla valutazione dei fatti del mondo, la reazione dei mercati, l’andamento delle Borse, l’oscillazione delle valute, da un paio di giorni ci informiamo solo leggendo l’andamento dei vari listini. Qual è stata la nostra gioia ieri nell’apprendere che erano tutte in positivo! Per alcune ore, stante le nostre nuove procedure in tema di informazione, ne avevamo dedotto che la Gran Bretagna ci avesse ripensato dichiarando stentoreamente | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 29 Giugno 2016 RIMASUGLI Divinità del caso: le Borse come misura del bene e del male » MARCO PALOMBI il suo Remain, magari ri-votando online attraverso la nota petizione da tre milioni e passa di firme. Tutto bene quel che finisce bene, ci siamo detti: i mercati con la Brexit non vanno d’accordo e se il numeretto segna rosso vuol dire che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato. Un po’ tipo “l’allegro chirurgo”, per chi lo ricorda. Qualche ora dopo, una tv accesa ci ha reso edotti dell’errore: Londra era ancora per il Leave e quello delle Borse era un semplice “rimbalzo”. Cosa che, peraltro, ci fa propendere per l’e- sistenza di un pavimento finanziario su cui rimbalzare, mentre rimane il dubbio sulla possibilità che ci sia un tetto contro cui andare a sbattere nel rimbalzo post-Brexit. In mezzo a queste complesse riflessioni un pensiero ci ha colto di sorpresa. Pensa quei bovari, razzisti, vecchi e minus habens in genere che hanno votato Leavee se ne fottono della Borsa, mentre noi sappiamo, pur non avendo azioni, che se il listino segna rosso siamo in errore. Perché? Come perché: è timor dei.