A spasso per Torino

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A spasso per Torino
Storie di automobili
al Museo Biscaretti
Il Movimento Futurista,
la cui nascita segue di
poco quella dell'auto,
esalta il mito della tecnologia e della macchina, ne
canta l'audacia, la lucentezza dell'acciaio, l'ebbrezza della velocità, il
pericolo, giungendo a dire
che: «un'automobile in
corsa è più bella della
Vittoria di Samotracia».
Può essere, ma dissentiamo quando il Manifesto del movimento impone tra le regole di: «provare
disprezzo nei confronti della donna, considerata portatrice di valori deboli»;
sarà, ma quella che ci accoglie nella spettacolare hall del Museo è una scultura di donna nuda color oro, con tutte le sue curve in evidenza, portatrice di
molti pensieri forti.
L'insieme auto-donna, scatena in noi maschi un attacco di libidine e ci
pone in una situazione meschina, suscitando passioni verso un'auto da sogno
a volte più forti che per una donna.
Saliamo le scale mobili per raggiungere gli spazi arricchiti della scenografia di
François Confino e seguire i progressi dalla ruota di legno fino alle slick della
Formula 1.
1 - Un sogno chiamato Cisitalia 202.
La Cisitalia 202 Nuvolari del 1947, è una delle più belle automobili di tutti i
tempi, un'opera d'arte a quattro ruote uscita dalla mente di un mostro del
design come Pinin Farina. Un esemplare identico a quello esposto è conservato come ‘scultura in movimento’ nel Museo d'Arte Contemporanea di New York.
2 - L'auto degli Champs Élysées.
Tra le vetture che hanno lasciato un segno nella storia dell'auto, c'è la Citroën
11 cv Traction avant del 1934; un'auto straordinaria immortalata nella foto della
liberazione di Parigi nell'agosto 1944. Tutti i parigini ne vanno fieri, si vedono
queste vetture percorrere gli Champs Élysées, cariche di partigiani, chi all'interno e chi aggrappato, che esultano.
Per gli amanti dei motori, ancor prima di quello di Armstrong sulla Luna, questo modello fu ‘un grande passo per l'umanità’; aveva 48 cv e con la trazione
anteriore fece scuola.
Ma una pecca ce l'aveva: era stata progettata a Parigi, adatta a scorrazzare nelle
distese pianure del nord della Francia, mentre in salita era una schiappa, sulle
Alpi e sui Pirenei collassava, era troppo pesante. A questo proposito, un allievo
americano della «scuola di ricerca interiore» di Gurdjieff, durante una riunione
nel gennaio 1949, ricorda le peripezie del maestro in viaggio con la sua Citroën,
288
sul colle de la Faucille sopra Ginevra, che era appena alto 1300 metri, ebbene
dopo infinite soste per far raffreddare l'acqua del motore, arrivata in cima, l'auto era esausta e Gurdjieff riferendosi al motore esclamava: ‘il èst mort’, elogiando le Fiat, scattanti sulle salite, anche se costruite dai ‘maccaronì’ italiani.
3 - L'auto del popolo: il Maggiolino.
È la seconda auto che abbia lasciato il segno nella storia dei motori, sia per contenuti tecnici che per il numero di auto prodotte, ben 20.710.000 dal 1945 al
1987, record imbattuto. Ancora oggi con poche modifiche viene prodotta; non è
più l'auto del popolo Wolkswagen ma ha ancora quel motore straordinario progettato dal prof. Ferdinand Porsche a quattro cilindri contrapposti, raffreddato
ad aria, con due scarichi che sembrano due mitragliatrici.
Il governo nazista nel 1938 aveva lanciato una grandiosa vendita a rate di questo modello raccogliendo milioni di marchi, ma col sopraggiungere della guerra
le auto non furono prodotte. Finita la guerra il governo democratico di Adenauer
si fece carico degli anticipi versati; le auto furono consegnate e fu un successo
mondiale.
4 - Le auto della libertà.
Chi nel 1960 aveva 18 anni aveva due scelte: o la Fiat 500 o la 2CV; il prezzo
accessibile e i ridotti costi di esercizio ne fecero il sogno realizzabile per i giovani di quel tempo. Per loro quelli sono gli anni della conquista di un mondo
tutto nuovo, lontano da quello degli adulti; sono gli anni di ‘Hair’, dell'età
dell'Acquario, degli hippies, della libertà sessuale, dello slogan «fate l'amore
non fate la guerra». Su un video, accanto ad una bella auto, scorrono sequenze
di film con baci e abbracci nei sedili posteriori di spaziose vetture americane.
Per noi andavano benissimo i sedili più intimi della 500 con la quale abbiamo
viaggiato in lungo e in largo a caccia di nuove emozioni e nuove ragazze.
5 - L'auto del coraggio – la Itala del 1907.
Era apparso nel 1906, sul quotidiano parigino ‘Le Matin’, un annuncio che diceva: «c'è qualcuno che accetti l'estate prossima di andare da Pechino a Parigi in
auto?». La casa torinese Diatto non ci pensò due volte, iscrisse alla competizione la Itala, un'auto davvero portentosa, qui esposta. Aveva un motore di 7500 cc.
che divorava un litro di benzina ogni tre km. Pilota era il principe Scipione
Borghese, Guizzardi meccanico-factotum e Luigi Barzini inviato del ‘Corriere
della Sera’, che dalle più sperdute stazioni di posta telegrafica inviava messaggi sulle avventure dell'Itala.
Il problema principale era proprio il rifornimento del carburante; su quelle
strade carovaniere, dove non avevano mai visto passare un'auto, non c'erano
depositi. In quell'epoca quando non esistevano sistemi di comunicazione fu
una perfetta organizzazione logistica a far trovare sempre la benzina nei posti
concordati. Furono iscritte cinque vetture, più di 16000 km percorsi, 60 giorni effettivi di viaggio, la seconda arrivò 20 giorni dopo e una non arrivò mai a
Parigi!
sandrocenni@landomoglia