La Corte di giustizia madre del diritto dell`Unione europea

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La Corte di giustizia madre del diritto dell`Unione europea
La Corte di giustizia madre del
diritto dell'Unione europea
“CJCE-ECT – Grand courtoom”, foto di Cédric Puisney, licenza CC BY 2.0,
www.flickr.com
Quando si parla del ruolo dei giudici nella creazione del diritto si va
sempre a toccare un tasto ed un argomento delicato. La maggioranza degli
studiosi delle scienze giuridiche, infatti, spesso è spaccata a metà su
questo tema, tra chi riconosce e incentiva il ruolo dei giudici nella
creazione di nuove norme e chi, invece, rimane sostenitore di un impianto di
divisione dei poteri più rigido e rigoroso, prevedendo che il diritto venga
creato unicamente dal legislatore.
Spostando questa discussione dal piano nazionale al piano dell’Unione
europea, però, ci si accorge di qualcosa di molto particolare. All’interno
del sistema giuridico europeo, infatti, è incontestabile che la Corte di
giustizia, la corte di vertice dell’Unione, sia una creatrice importante
delle norme europee. Questo fatto non può non sorprendere, soprattutto
ricordando che l’ordinamento dell’Unione si è sviluppato, in larga parte,
sulla base degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, la maggioranza dei
quali (con l’eminente eccezione del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda)
adotta un’impostazione di stretta derivazione francese: un sistema in cui i
giudici devono limitarsi ad interpretare la legge voluta dal legislatore,
guardando a quest’ultimo come l’espressione diretta del popolo sovrano,
l’unico che, quindi, è legittimamente in grado di creare il diritto.
Come si può spiegare, allora, una tale differenza tra gli ordinamenti
nazionali e quello dell’Unione europea? Come mai la Corte di giustizia gode
di un potere che è precluso alla maggioranza dei giudici nazionali?
Partendo dalla lettera dei trattati che disciplinano l’Unione europea, si
legge all’articolo 19 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) che la Corte di
giustizia ha il compito di interpretare il diritto dell’Unione europea e di
assicurarne l’uniforme interpretazione all’interno dell’ordinamento europeo e
all’interno degli ordinamenti degli Stati membri. Sul punto, il testo altro
non dice, e non è possibile trovare altri articoli che possano dirimere la
questione. Non è presente a livello dei trattati, i documenti con la più
elevata forza giuridica all’interno dell’Unione, per certi versi paragonabili
alle carte costituzionali degli Stati membri, pertanto, una norma che
conferisca esplicitamente alla Corte di giustizia il potere di creare il
diritto europeo attraverso l’emanazione delle proprie sentenze. Eppure, è un
fatto che ciò accada quotidianamente nella pratica del diritto vivente
dell’Unione. Dato che la spiegazione non si trova all’interno delle esplicite
disposizioni normative, è necessario cercare altrove la risposta a questo
quesito.
La Corte di giustizia esercita un’importante funzione creativa all’interno
dell’Unione europea per una ragione al contempo semplice e disarmante. La
Corte, infatti, ricopre tale ruolo perché essa stessa ha voluto ricoprirlo e
nessuno si è opposto. Può sembrare banale e riduttivo, ma è la sostanza di
come si è evoluto l’ordinamento europeo nei suoi primi anni di vita. Partendo
ad analizzare le dinamiche istituzionali del periodo iniziale dell’allora
Comunità europea, infatti, si nota come fu proprio la Corte di giustizia ad
affermare in primis l’esistenza di un ordinamento europeo vero e proprio,
mediante le celebri sentenze Van Gend en Loos e Costa v. ENEL. Prima di
queste importantissime pronunce giurisprudenziali, la CEE non era considerata
un ordinamento giuridico al pari degli ordinamenti nazionali, quanto
piuttosto un’organizzazione internazionale di norme di stampo economico,
nulla più. Fu la Corte, pertanto, a conferire tale status alla CEE, e questo
non fu che il primo passo di una lunga serie di interventi che hanno visto la
Corte di giustizia in prima linea nell’allargare le competenze proprie
dell’Unione europea e nell’incrementare i diritti da questa garantiti. Su
questo, la materia della tutela della protezione dei diritti fondamentali
all’interno dell’Unione europea rappresenta certamente un ottimo esempio del
ruolo della Corte come forza espansiva del diritto europeo. Al momento della
creazione della Comunità europea, quest’ultima non prevedeva alcuna tutela
per i diritti dell’Uomo. Tale scelta appariva del tutto logica e coerente ai
padri dell’Europa: la Comunità doveva essere, nei loro disegni iniziali,
un’organizzazione di stampo e fini eminentemente economici. Per la tutela dei
diritti della persona, inoltre, era da poco entrata in vigore la “Convenzione
Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà
fondamentali” (CEDU), ritenendo quindi che ad essa dovessero essere rivolte
le istanze per la protezione dei diritti fondamentali. A questa impostazione,
in un primo periodo, aderì anche la Corte di giustizia la quale, nella
sentenza Stork, ammise che la tutela dei diritti dell’Uomo non rientrava
nell’ambito di competenza della Comunità. Tale indirizzo giurisprudenziale,
però mutò radicalmente con l’inizio degli anni 70′. Era maturata la
convinzione, infatti, che un ordinamento giuridico come quello europeo non
potesse esimersi dal fornire protezione ai diritti della persona, per quanto
limitatamente alle sue sfere di competenza. Questo portò la Corte ad
affermare
con
forza,
attraverso
le
sentenze
Stauder,
InternationaleHandelgesegelscahft e Nold, che l’ordinamento comunitario e le
sue istituzioni dovevano agire sempre nel rispetto dei diritti umani e, nel
contempo, dovevano attivarsi al fine di tutelare questi ultimi. Si è trattato
di un cambiamento epocale per l’ordinamento dell’Unione europea, che ha
portato a importanti sviluppi ed evoluzioni, i quali sono culminati nel
riconoscimento della stessa forza giuridica dei trattati europei alla “Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, firmata a Nizza nel 2000 e,
per questo, nota anche come “Carta di Nizza”.
Il ruolo della Corte di giustizia risulta, pertanto, davvero fondamentale per
l’esistenza stessa dell’ordinamento dell’Unione europea. Senza la Corte di
giustizia, infatti, non è azzardato dire che non si potrebbe nemmeno parlare
di ordinamento europeo. L’opera della Corte, poi, non si è limitata solo allo
sviluppo della materia della protezione dei diritti umani di cui si parlava
poc’anzi, ma ha informato l’intero insieme delle norme europee. Si pensi, ad
esempio, a come la Corte abbia, di fatto, creato il principio di effetto
diretto delle norme dei trattati europei e delle direttive non trasposte
negli ordinamenti nazionali; o a come abbia creato e interpretato i principi
generali dell’ordinamento dell’Unione, come i fondamentali principi di
proporzionalità e di sussidiarietà. L’elenco potrebbe continuare a lungo, in
quanto non esiste materia di competenza dell’Unione, con la sola ed
importante eccezione della Politica Estera di Sicurezza Comune (PESC), in cui
non si ritrovi l’influsso della Corte di giustizia.
Queste brevi considerazioni spiegano il titolo dell’articolo, la Corte vista
come la vera madre del diritto dell’Unione europea e non soltanto come
un’istituzione col compito di attuarne il diritto. L’immagine forse migliore
per descrivere quello che avviene all’interno dell’ordinamento europeo, però,
non è quella, appunto, della madre, ma un’altra. La figura dello scultore
intento a lavorare la pietra, con l’immagine della propria opera d’arte nella
mente che cerca di uscire dal blocco di marmo che egli ha di fronte. Questo è
quello che fa la Corte di giustizia nell’Unione: attraverso le proprie
sentenze modella l’ordinamento europeo, consapevole di star inseguendo
un’opera d’arte, un sogno di perfezione irraggiungibile che non avrà mai
fine.
ENRICO AUTERO
Bibliografia:
– Sentenza della corte del 12 novembre 1969, “Strauder v. Città di Ulm”,
causa C-29/69, pubblicata nella raccolta della giurisprudenza 1969 00419;
– Sentenza della corte del 14 maggio 1974, “Nold v. Commissione”, causa
C-4/73, pubblicata nella raccolta della giurisprudenza 1974 00491;
–
Sentenza
della
corte
del
17
dicembre
1970,
“InternationaleHandelsgesellschaft v. Einfur und VorrastellefürGetreide und
Futtermittel”, causa C-11/70, pubblicata nella raccolta della giurisprudenza
1970 01125;
– Sentenza della corte del 4 febbraio 1959, “Stork v. High Authority”, causa
C-1/58, pubblicata nella raccolta della giurisprudenza 1959 00043;
– Sentenza della Corte del 15 luglio 1964, “Flaminio Costa v, ENEL”, Causa
C-6/64, raccolta della giurisprudenza 1964 – 01141;
– Sentenza della Corte del 5 febbraio 1963, “NV Algemene Transport – en
ExpeditieOnderneming Van Gend & Loos contro Amministrazione olandese delle
imposte”, causa C- 26/62, raccolta della giurisprudenza 1963 – 00003;
– Trattato sull’Unione Europea, versione consolidata pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 26 ottobre 2012, riferimento C
326;
– Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, versione consolidata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 26 ottobre 2012,
riferimento C 326;
– Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza da
Parlamento europeo, Consiglio e Commissione il 7 dicembre 2000, pubblicata in
Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee numero C 364 del 18 dicembre 2000;
– Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.