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TLS Newsletter Lunedì 15 Giugno 2015 PwC Tax and Legal Services Anno 9 Per maggiori informazioni: [email protected] www.pwc-tls.it Estensione della fatturazione elettronica anche ai rapporti tra “privati” Via libera dalla Suprema Corte all’utilizzo della lista Falciani. Agenzia delle Entrate circolare 18/E - Chiariti gli effetti della declaratoria di incostituzionalità della Robin Tax? Extension of e-invoicing also in B2B transactions Green light from the Italian Supreme Court to the use of the Falciani List. Circular Letter no. 18/E 2015 of the Italian Tax Authorities IN EVIDENZA WHAT ABOUT ITALY? Easy guide to your Italian Business PwC Tax and Legal Services ha il piacere di presentare la terza edizione della propria pubblicazione “What about Italy?” che vuole essere una guida operativa idonea a comprendere e valutare, in modo semplice ed immediato, gli impatti di natura fiscale e legale che gli investitori nel territorio italiano devono gestire e gli strumenti che possono utilizzare, fornendo un ampio scenario dei principali istituti e strumenti normativi di natura societaria, contrattuale, fiscale e giuslavoristica. PwC Tax and Legal Services offers the third edition of the guide for foreign investors “What about Italy?”, PwC Tax and Legal Services (Italy) believes that the questions and answers chosen provide an adequate scenario of the tax and legal framework in Italy, thereby helping the foreign entities in their evaluation of how to approach the Italian market. Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero Foreign Tax Credit: Italian Tax Administration provides the relevant instruction Pubblicate le linee guida del Garante della Privacy in materia di profilazione online The Italian Data Protection Authority publishes the guidelines concerning the on line profiling È illegittimo il licenziamento di un dipendente divenuto disabile The dismissal of an employee is unlawful if he became disabled Novità in materia di D.Lgs. n. 231/2001 a seguito dell’approvazione del DDL cd “Anticorruzione” The recent legislative innovations concerning Legislative Decree no. 231/2001 © 2015 TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti. All rights reserved. “PwC” & TLS refers to TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti or PwC Tax and Legal Services and may sometimes refer to the PwC network. Each member firm is a separate legal entity and does not act as agent of PwCIL or any other member firm. This content is for general information purposes only, and should not be used as a substitute for consultation with professional advisors. Please see www.pwc.com/structure for further details. Mensile di aggiornamento in materia legale e fiscale Pubblicato e distribuito gratuitamente Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 760 in data 11 dicembre 2006 Legal and Tax monthly newsletter Published and distributed free of charge Registration before the Court of Milan n. 760 dated December 11, 2006 © Copyright 2015 - TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti La presente newsletter non costituisce parere professionale ed il relativo contenuto ha esclusivamente carattere informativo. Gli articoli contenuti nella presente newsletter non possono essere riprodotti senza la preventiva espressa autorizzazione di TLS. La citazione o l’estrapolazione di parti del testo degli articoli è consentita a condizione che siano indicati gli autori e i riferimenti di pubblicazione sulla TLS Newsletter. © Copyright 2015 - TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti This newsletter is not intended as a professional advice and its content is for information purposes only. The articles contained in this newsletter cannot be reproduced without prior written approval of TLS. Mentions or quotations on parts of the text of are allowed, provided that authors and publication references on TLS Newsletter are indicated. Estensione della fatturazione elettronica anche ai rapporti tra “privati” (Alessia Angela Zanatto – Andrea Werner Beilin – Marco Ceriotti) Extension of e-invoicing also in B2B transactions During the month of April 2015 three drafts of Legislative Decrees have been preliminarily approved by the Italian Council of Ministers, implementing the so-called “Delega Fiscale” in relation to e-invoicing (Government act no. 162), to the internationalization of enterprises (Government act no. 161) and to the regulation regarding abuse of taxation law (government act no. 163). In the article at hand, we are going to analyze the main provisions provided by the draft Legislative Decree related to e-invoicing. Nel mese di aprile 2015 sono stati approvati, in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, tre importanti decreti legislativi attuativi della cosiddetta “Delega Fiscale” in materia di fatturazione elettronica (atto del Governo n. 162), internazionalizzazione delle imprese (atto del Governo n. 161) e disciplina concernente l’abuso di diritto (atto del Governo n. 163). Nel presente contributo si analizzeranno le principali disposizioni del nuovo schema di decreto legislativo in tema di fatturazione elettronica. Fatturazione elettronica tra “privati” (atto del Governo n. 162) In data 21 aprile 2015, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema di decreto legislativo (“Decreto”) recante interventi di riforma del sistema tributario mediante la trasmissione telematica generalizzata delle operazioni Iva e della tracciabilità dei pagamenti in attuazione dell’art. 9, comma 1, lettere d) e g), legge n. 23 del 2014 (c.d. Legge delega fiscale). Il Decreto in questione si prefigge il precipuo obiettivo di agevolare lo sviluppo dell’uso della fattura elettronica anche nei rapporti fra privati (rectius: soggetti passivi IVA non riconducibili ad enti della Pubblica Amministrazione). Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 3 Il Decreto, all’articolo 1, comma primo, stabilisce che l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione, a partire dal 1 luglio 2016, un servizio gratuito per la generazione in modo strutturato delle fatture in formato elettronico. Questo servizio dovrebbe consentire agli utenticontribuenti di creare in proprio una fattura in formato xml con i requisiti previsti dal Decreto Ministeriale n. 55 del 03 Aprile 2013 (in tema di emissione, trasmissione, e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazioni pubbliche). Per specifiche categorie di soggetti d’imposta, individuate con un successivo decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, viene messo a disposizione anche il servizio gratuito per la conservazione delle fatture elettroniche. Inoltre, come evidenziato dal secondo comma dell’articolo 1 del Decreto, a partire dal 1 gennaio 2017, tutti i soggetti passivi IVA potranno usufruire – in modo gratuito – di un servizio per la trasmissione delle fatture elettroniche utilizzando il sistema di interscambio (SdI) gestito dall’Agenzia delle Entrate anche nei confronti di soggetti diversi dalla Pubblica Amministrazione. Al comma 3 del Decreto in esame viene data facoltà al contribuente di optare per la trasmissione di tutte le fatture (sia emesse che ricevute) e delle relative note di credito all’Agenzia delle entrate. Tale facoltà si applicherà con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate a partire dal 1 gennaio 2017. L’opzione, il cui esercizio comporterà una serie di semplificazioni per il contribuente (si veda il paragrafo 3 di seguito), avrà efficacia a decorrere dall’inizio dell’anno solare in cui è esercitata sino alla fine del quarto anno successivo e, se non revocata, si estenderà di quinquennio in quinquennio. Ai contribuenti che hanno optato per la trasmissione telematica delle fatture, conformemente a quanto previsto dal comma 3 del summenzionato decreto, in caso di omissione della predetta trasmissione ovvero di trasmissione con dati incompleti o inesatti, si applicherà la sanzione di cui all’articolo 11 del D.Lgs 18 dicembre 1997, n. 471 (i.e. sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.065). Trasmissione telematica dei corrispettivi L’articolo 2 del Decreto prevede una specifica disciplina per i soggetti di cui all’articolo 22 del d.P.R. n. 633/72 come, ad esempio, commercianti al minuto, artigiani, alberghi, bar e ristoranti. In breve, si ricorda che l’art. 22 prevede l’esonero dall’emissione della fattura per alcune categorie di operazioni, se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione. Il Decreto prevede che, a decorrere dal 1 gennaio 2017, i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del d.P.R. n. 633/72, possono optare per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica Torna all’indice all’Agenzia delle Entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del d.P.R. n. 633/72. Anche in questo caso l’opzione è vincolante per un quinquennio e, salvo revoca al termine dello stesso, si rinnoverà di cinque anni in cinque anni. Oltre ai vantaggi evidenziati nel paragrafo 3) seguente, in caso di esercizio della suddetta opzione, la memorizzazione elettronica e la relativa trasmissione telematica dei corrispettivi sostituirà gli obblighi di registrazione stabiliti dall’articolo 24, d.P.R. n. 633/72 (i.e. tenuta del registro dei corrispettivi per i commercianti al minuto e per i soggetti ad essi assimilatati di cui all’articolo 22, d.P.R. n. 633/72). Inoltre, secondo il Decreto, la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi è obbligatoria (e non solo facoltativa) per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici. In caso di mancata memorizzazione elettronica o di omissione della trasmissione telematica dei corrispettivi, ovvero in caso di memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3 e 12 comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471 (sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta corrispondente all’importo non documentato, con un minimo di euro 516 oltre all’eventuale sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, in caso di ripetute violazioni, per un periodo da tre giorni ad un mese). Semplificazioni in caso di opzione per la trasmissione telematica delle fatture e dei corrispettivi In base alle disposizioni previste dall’articolo 3 del Decreto, i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica delle fatture in formato elettronico anche tramite il sistema di Interscambio (si veda il suddetto paragrafo 1), nonché della memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri (si veda il suddetto paragrafo 2): • saranno esonerati dall’obbligo di presentazione della comunicazione dei dati rilevanti ai fini IVA di cui all’art. 21 del d.l. n. 78/2010 (c.d. “spesometro”) oltre che dall’obbligo di comunicazione delle operazioni effettuate nei confronti di soggetti domiciliati in Stati c.d. “black list” di cui all’ 1 comma 1 del d.l. n. 40/2010; • saranno dispensati dalla presentazione dei modelli INTRASTAT limitatamente agli acquisti intracomunitari di beni (mod. INTRA-2 bis) e alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in un altro Stato membro dell’Unione Europea (mod. INTRA-2 quater); TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 4 • i rimborsi IVA di cui all’articolo 30, d.P.R. n. 633/72, saranno eseguiti in via prioritaria, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione annuale, anche in assenza dei requisiti di cui al secondo comma del richiamato articolo 30 (i.e. esercizio esclusivo o prevalente di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni; effettuazione di operazioni non imponibili ex artt. 8, 8-bis e 9, d.P.R. n. 633/72 superiore al 25% del totale delle operazioni effettuate; limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o importazione di beni ammortizzabili; prevalenza di operazioni non soggette all’imposta per effetto degli articoli da 7 a 7-septies, d.P.R. n. 633/72; quando il richiedente si trova nelle condizioni di cui al terzo comma dell’art. 17, d.P.R. n. 633/72). Infine, viene prevista la riduzione di un anno dei termini per l’accertamento in materia di IVA e di imposte dirette per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti dagli stessi ricevuti ed effettuati nei modi che saranno stabiliti con un successivo decreto legislativo in cui sarà data attuazione alla disposizione delegante in materia di tracciabilità dei pagamenti contenuta nell’art. 9, comma 1, lettera d) della legge 11 marzo 2014, n. 23 (c.d. Legge delega fiscale) • nell’esonero dall’obbligo di registrazione delle fatture emesse e ricevute di cui agli articoli 23 e 25, d.P.R. n. 633/72; • nell’esonero dall’apposizione del visto di conformità e dagli altri adempimenti (i.e. sottoscrizione alternativa e fideiussione) previsti dall’articolo 38-bis, , d.P.R. n. 633/72, per i rimborsi di ammontare superiore a 15.000 Euro. Occorre precisare che la disposizione fa riferimento solo ai rimborsi IVA e non alla normativa inerente le compensazioni tributarie. Cessazione degli effetti premiali All’articolo 5 il Decreto prevede la cessazione delle semplificazioni sopra elencate (si vedano gli articoli 3 e 4, primo comma, Decreto) in caso di omessa trasmissione telematica delle fatture o dei dati dei corrispettivi (e relative variazioni), ovvero nell’ipotesi di trasmissione dei dati in modo incompleto o non corrispondente al vero. È fatta salva la facoltà del contribuente di rimediare al proprio errore od omissione entro un termine che sarà individuato successivamente dall’Agenzia delle Entrate. Ulteriori semplificazioni degli adempimenti amministrativi e contabili per specifiche categorie di soggetti L’articolo 4 del Decreto prevede, al ricorrere di specifiche condizioni e per alcune categorie di soggetti identificate dal Decreto, ulteriori semplificazioni e l’assistenza dell’Agenzia delle Entrate dal 1 gennaio 2017. L’agevolazione non è concessa indistintamente a tutti i contribuenti bensì è riservata a quelli di “minori dimensioni” ed, eventualmente, anche a quelli di non “minori dimensioni” limitatamente al periodo in cui intraprendono l’attività di impresa, arte o professione e per i due successivi. Mediante apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze saranno individuate le categorie di soggetti che possono accedere al summenzionato regime premiale. Tali soggetti devono avvalersi della trasmissione telematica delle fatture in formato elettronico, nonché della memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri. In sintesi le agevolazioni per tali soggetti, in aggiunta a quelle evidenziate nel precedente paragrafo 3, consisterebbero: • nella possibilità di godere di un programma di assistenza attraverso il quale sono messi a disposizione del contribuente gli elementi informativi necessari per le liquidazioni periodiche e per la dichiarazione annuale IVA; Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 5 Via libera dalla Suprema Corte all’utilizzo della lista Falciani. Nessun effetto preclusivo alla procedura di voluntary disclosure (Carlo Romano – Rubina Fagioli – Maurizio Foti) Green light from the Italian Supreme Court to the use of the Falciani List. No limits to the access to the voluntary disclosure procedure Con le ordinanze gemelle nn. 8605 e 8606 depositate in data 28 aprile 2015, la Corte di Cassazione è giunta alla definizione finale della dibattuta questione della utilizzabilità della c.d. “lista Falciani” nel processo tributario. With two twins judgments, set out on April 2015, Italy’s Supreme Court has ruled in favor of the Italian Tax Authorities (“ITA”) by permitting to use the so called “Falciani list” (“List”) in tax proceedings. Tale lista prende il nome da Hervè Falciani, ex dipendente della filiale di Ginevra della banca londinese HSBC che acquisì, senza alcuna autorizzazione, i dati dei clienti esteri e delle rispettive attività presso la stessa banca. Successivamente, tale lista è stata trasmessa alle autorità fiscali francesi attraverso lo strumento di cooperazione internazionale, in ottemperanza all’allora vigente Direttiva 77/799/CEE, poi sostituita dalla Direttiva 2011/16/ UE, nonché in conformità alle procedure di scambio di informazioni previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. The List, which is named after Mr. Hervè Falciani, a former employee of the bank HSBC Geneva, who illegally acquired the data of many bank account holders - among which were found also Italian taxpayers -, was first consigned to the Italian tax police and then to the ITA, which started tax investigations and criminal trials against the named individuals. According to the Court, the ITA can make use of the List despite having it been illegally acquired and representing a mere circumstantial evidence. As also stated by the Court, insofar as such evidence is not prohibited by statute or acquired in breach of the taxpayer’s constitutional rights, ITA’s powers cannot be restrained from using the List since it was obtained via a regular cooperation and exchange of information procedure between the competent authorities of the jurisdictions involved. Italian resident taxpayers, who have been holding undeclared financial assets and have not yet been investigated by the ITA, can still regularize their tax position with the Revenue Agency through the voluntary disclosure program which remains until 30 September of this year. Torna all’indice Dall’acquisizione della lista Falciani da parte delle Amministrazioni finanziarie dei paesi europei sono scaturiti una serie di indagini, sia penali che fiscali, nei confronti dei nominativi in essa indicati. Anche l’Amministrazione finanziaria italiana ne ha usufruito, dando avvio ad un ampio contenzioso che si è sviluppato sia in sede penale che in sede tributaria. In ambito penale, la lista Falciani non è stata ritenuta utilizzabile sulla base di argomentazioni cha hanno fatto leva sul principio di irritualità delle modalità di acquisizione dei dati in essa contenuti in virtù dei principi del sistema normativo penale. Tale posizione ha influenzato anche i giudici tributari che, nel dare ragione ai contribuenti, hanno sempre richiamato i precedenti TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 6 giurisprudenziali penali, sia nazionali (si ricorda il decreto di archiviazione di un procedimento penale con il quale nel 2011 il Gip del Tribunale di Pinerolo ha addirittura ordinato la distruzione della lista), che esteri (si veda la sentenza del 31 gennaio 2012 della Cassazione francese che ha sancito “l’illegalità ab origine delle informazioni trasmesse, ai sensi della direttiva 77/799/CEE, comunicando tale decisione all’autorità tributaria francese, in quanto documentazione ottenuta illegalmente”). Tuttavia l’orientamento delle Commissioni Tributarie, a seguito della pronuncia di legittimità in questione, è destinato ad avere un radicale cambio di rotta. Infatti, la Corte, con le due menzionate ordinanze, ha ritenuto che i dati contenuti nella lista Falciani siano utilizzabili nel processo tributario, in virtù dell’assenza in tale procedura di una lesione di un diritto e/o interesse costituzionalmente garantiti che renda illegittima l’eventuale irrituale loro acquisizione. Per entrambi i giudizi la Corte ha cassato la decisione dei giudici di merito, rinviando alla Commissione Tributaria Regionale la decisione circa l’applicabilità del seguente principio di diritto: “l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento della evasione fiscale può – in linea di principio – avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui utilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di un diritto del contribuente. Sono perciò utilizzabili, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco)”. La Corte, a fondamento di tale principio, in primis, esclude qualunque diretta rilevanza, nel procedimento tributario, delle risultanze dei giudizi penali in cui è stata esclusa l’utilizzabilità della lista per violazione delle relative norme disciplinanti le modalità di acquisizione delle prove. A tal fine, i Giudici di legittimità ricordano: i) la evidente distinzione tra processo penale e processo tributario; ii) il principio espresso dalla stessa Corte di legittimità secondo il quale, nell’ordinamento fiscale, manca una norma che escluda la possibilità di utilizzare elementi acquisiti irritualmente salvo “i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale”; iii) la mancanza, nell’ordinamento tributario, di una norma equivalente all’art. 191 del Codice di Procedura Penale che escluda l’utilizzabilità delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. Torna all’indice I Giudici di legittimità hanno proseguito il proprio percorso motivazionale riconoscendo l’assoluta legittimità dell’attività espletata dall’Amministrazione finanziaria italiana su impulso di quella francese in forza della Direttiva 2011/16/UE. A tal fine ricordano anche che, a norma dell’art. 31-bis, nella previgente versione, commi 4 e 5, del D.P.R. 600/73 (norma che recepisce la clausola di segretezza di cui all’art. 7 della menzionata Direttiva), “non è considerata violazione del segreto d’ufficio la comunicazione da parte della Amministrazione finanziaria alle autorità competenti degli altri Stati membri delle informazioni atte a permettere il corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio”. Pertanto, sia la normativa comunitaria sia quella nazionale legittimano l’operato dell’Amministrazione finanziaria italiana che non si pone in contrasto con il diritto alla riservatezza. Inoltre, con specifico riferimento al “segreto bancario”, la Corte ha sottolineato che i valori sui quali si basa il diritto alla riservatezza dei dati bancari sono secondari rispetto al primario principio di capacità contributiva imposto ad ogni contribuente in virtù dell’art. 53 della Costituzione, cui si associa il fondamentale obiettivo di contrastare i paradisi fiscali e l’evasione fiscale. Infine, secondo la Corte non sarebbe configurabile nemmeno una violazione dell’art. 24 della Costituzione, in quanto il contribuente ha la piena facoltà di sostenere le proprie difese per contrastare un indizio, quale il contenuto della lista Falciani, che il giudice di merito deve prendere in considerazione a favore o contro il fisco. Parimenti, ritiene la Corte non sussistente una violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in quanto tale disposizione “non disciplina espressamente le questioni relative all’ammissibilità delle prove che sono disciplinate dalla legge nazionale”. In sintesi, la Corte con le menzionate ordinanze ha riconosciuto l’utilizzabilità della lista Falciani nel processo tributario in quanto costituisce un indizio che il giudice deve tenere in considerazione e che, anche preso singolarmente, può risultare idoneo a giustificare la pretesa fiscale. E’ il caso, inoltre, di evidenziare che la stessa Corte, successivamente all’emissione delle dette ordinanze, si è nuovamente occupata della lista Falciani con l’ordinanza n. 9760 del 13 maggio 2015. TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 7 Confermando la mera natura indiziaria della lista, la cui utilizzabilità ai fini tributari è sindacabile dal giudice di merito, la Corte ritiene che ad essa possano essere contrapposti “altri indizi che inducano a giungere ad una ricostruzione dei fatti difforme dai dati ricavabili dalla lista”. D’altra parte, spetterebbe ai giudici di legittimità di “valutare che gli indizi possiedano una qualche capacità probatoria”, sulla base di un’analisi complessiva e sistematica, e non frazionata, del materiale indiziario. Secondo la Corte, tuttavia, per potere effettuare tale valutazione è necessario sollevare questioni rilevanti: ciò non è stato fatto nel giudizio in questione. Pertanto, i giudici di legittimità in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, hanno cassato la sentenza con rinvio alla CTR in quanto hanno ritenuto che i giudici di merito avessero svolto “un’analisi frazionata del materiale indiziario offerto dall’Ufficio” realizzando una violazione dell’art. 2769 del codice civile. In particolare, secondo i giudici di legittimità, la CTR ha tralasciato di considerare “la valenza probatoria delle circostanze soggettive e oggettive” che hanno portato le Autorità fiscali francesi all’acquisizione della Lista Falciani e trasmissione della stessa in forza delle direttiva 77/799/CEE. A seguito di tali ordinanze, si potrebbe creare il rischio che l’Agenzia delle Entrate utilizzi dei semplici dati finanziari di cui sia venuta in possesso per finalità di accertamento precludendo così l’accesso del contribuente alla procedura di collaborazione volontaria. Tuttavia, si evidenzia che la mera inclusione del nominativo del contribuente nella lista non costituisce causa ostativa ai fini dell’accesso della procedura di voluntary disclosure in quanto ai sensi del comma 2 dell’articolo 5-quater del decreto Legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e recante la disciplina del cosiddetto “monitoraggio fiscale”, la facoltà di accedere alla detta procedura è preclusa qualora l’autore della violazione abbia avuto la formale conoscenza: “a) dell’inizio di accessi, ispezioni o verifiche; b) dell’inizio di altre attività amministrative di accertamento; c) della propria condizione di indagato o di imputato in procedimenti penali per violazione di norme tributarie”. In ultima analisi, si segnalano i riflessi che tali pronunce di legittimità hanno oltre che sul piano marcatamente giuridico, anche su quello della procedura di collaborazione volontaria (introdotta con Legge n. 186/2014), meglio nota come voluntary disclosure. Tale procedura permette ai contribuenti, che hanno commesso violazioni ai fini del monitoraggio fiscale delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero e delle imposte sui redditi, di regolarizzare la propria posizione con il Fisco italiano. Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 8 Agenzia delle Entrate circolare 18/E - chiariti gli effetti della declaratoria di incostituzionalità della Robin Tax? (Claudio Valz – Piera Penna) Circular Letter no. 18/E 2015 of the Italian Tax Authorities: clarifications on the effects related to the decision on the unconstitutionality of the “Robin Hood Tax” “On April 28, 2015, the Italian Tax Authorities issued the Circular Letter no. 18/E which provided several clarifications relevant to the effects of the decision no. 10 of the Constitutional Court , dated February 11, 2015, which declared unconstitutional the “Robin Hood Tax”. The main points addressed in the Circular Letter are the timing for the new rule to enter into force, the use of the Robin Hood tax credit and the use of tax losses carried forward .” Lo scorso 28 aprile l’Agenzia delle Entrate ha emesso la circolare 18/E finalizzata a chiarire gli effetti della sentenza n. 10 dell’11 febbraio 2015 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della c.d. “Robin Tax” (“RHT”) l’addizionale delle imposte sui redditi a carico dei soggetti operanti nel settore energetico e petrolifero, introdotto dall’art. 81, cc 16 – 18 del D.L. 112 del 25 giugno 2008. Tale sentenza aveva dichiarato l’incostituzionalità della norma principalmente in quanto in contrasto con gli art. 3 e 53 della Costituzione che sanciscono il principio di eguaglianza ed il dovere del contribuente di concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva (si veda sul tema l’articolo della TLS Newsletter n. 3 del 12 marzo 2015). La medesima sentenza ha altresì stabilito che tale declaratoria non potesse essere retroattiva in forza dell’art. 81 della nostra Costituzione (così come modificato dalla Legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012) che contiene il principio di equilibrio del bilancio dello stato ed ha stabilito l’efficacia della declaratoria a far data dal 12 febbraio scorso, giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 9 Ma che significa in concreto far decorrere l’efficacia dal 12 febbraio? Forse che non sono dovuti i debiti con scadenza successiva a quella data, come ad esempio il 16 giugno 2015? Oppure che non si applica più a partire dagli esercizi in corso a quella data? O a quelli che iniziano dopo quella data? O cos’altro? Subito all’indomani della declaratoria sono stati evidenziati dalla dottrina i dubbi applicativi e sono sorte le più diverse teorie circa la sua efficacia, non fosse altro per iscrivere correttamente la fiscalità corrente e differita nei bilanci che proprio in quei giorni si stavano definendo. Si pensi ad esempio al contributo di Assonime ed alla nota del 12 febbraio ed alla successiva circolare n.5 del 6 marzo. consolidante di un eventuale consolidato fiscale ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. b del D.M. 9 giugno 2004. Non è invece possibile trasferire il credito per eccedenze ai sensi dell’art. 43-ter del DPR 602/1973, 0ssia mediante indicazione nel quadro RK del modello UNICO. I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate Rilevanza delle perdite pregresse ai fini dei presupposti applicativi della RHT Decorrenza Utilizzo di perdite pregresse La circolare chiarisce inoltre che le perdite pregresse concorrono alla determinazione della base imponibile (i.e. ad abbattimento del “reddito imponibile”) ai sensi dell’art. 84, a prescindere dal periodo d’imposta in cui sono maturate, quindi anche precedenti a quelli in cui è stata vigente l’addizionale. In tale contesto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la citata circolare sostenendo che la “declaratoria di incostituzionalità della RHT non possa produrre effetti sulle obbligazioni tributarie riguardanti adempimenti relativi ai periodi d’imposta chiusi in data antecedenti al 12 febbraio 2015”. Tenuto conto che la RHT si applica a tutti gli operatori operanti nel settore petrolifero ed energetico che, nel periodo d’imposta precedente a quello di riferimento, abbiano conseguito un reddito imponibile superiore a 300 mila Euro, l’Agenzia nella circolare ha chiarito che, per la verifica di tale parametro, occorre fare riferimento al reddito imponibile al netto delle perdite pregresse come stabilito dall’art. 84 del TUIR. Pertanto i soggetti con esercizio “solare” saranno tenuti al versamento del saldo dovuto per il 2014, previsto per il prossimo 16 giugno, benché l’incostituzionalità dell’importo sia ormai acclarata. Alla luce di questo chiarimento ben hanno operato quei soggetti che nei bilanci relativi al 2014 hanno iscritto la RHT tra le imposte correnti, stralciando la fiscalità differita. L’Agenzia, infatti, ritiene che “il legislatore, tramite il riferimento al reddito imponibile, abbia voluto individuare una grandezza che rappresenti la capacità del contribuente di produrre un reddito, determinato tenendo conto dell’ influenza di fattori straordinari quali il riporto delle perdite pregresse” I soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, invece, non saranno assoggettati alla RHT a partire dall’esercizio in corso al 12 febbraio 2015. L’Agenzia nella medesima circolare spiega come trattare eventuali eccedenze di RHT e – ormai in extremis – risponde ad alcuni quesiti che le sono stati rivolti sul tema negli ultimi tempi. Utilizzo delle eccedenze RHT L’Agenzia pur ricordando la natura della RHT di maggiorazione dell’IRES ordinaria, ritiene che tale addizionale mantenga una “specifica connotazione” che non permetterebbe di qualificare eventuali versamenti in eccesso quali eccedenze IRES in senso proprio. Da ciò discenderebbe che la compensazione tra IRES ed eventuali eccedenze RHT non configurerebbe una compensazione “verticale”, ossia all’interno del medesimo tributo. Al contrario, tali compensazioni potranno essere operate nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997 in tema di compensazione orizzontale. Occorrerà pertanto verificare che non sia oltrepassato il limite di compensazione annuo pari a 700 mila Euro. In alternativa le eccedenze potranno essere recuperate richiedendole a rimborso oppure trasferendole alla Torna all’indice Conclusioni Con riferimento al tema della decorrenza degli effetti della sentenza, la posizione dell’Agenzia delle Entrate è che è dovuto il versamento del saldo della RHT per il 2014 in scadenza del prossimo 16 giugno e non è possibile chiedere i rimborsi per i versamenti effettuati sino ad ora, benché in forza di una norma dichiarata incostituzionale. Segnaliamo, però, che la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, con sentenza n. 217/3/2015 del 14 maggio 2015, ha dato ragione ad un contribuente che, argomentando contraddizioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale, ricorreva contro il silenzio rifiuto dell’Agenzia a seguito dell’istanza di rimborso della RHT ad oggi versata. In altre parole, anche se si tratta solo di una sentenza di primo grado, il capitolo relativo alla “Robin Hood Tax”, non appare definitivamente chiuso. TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 10 Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate: la Circolare 5 marzo 2015, n. 9/E (Leonardo Penna) Foreign Tax Credit: Italian Tax Administration provides the relevant instruction On March 2015 the Italian Tax Revenues Agency issued an explanatory memorandum in which important clarifications have been provided in respect of the foreign tax credit mechanism. The long document – we are talking about of 80 pages – includes an analytical description of the way in which the foreign tax credit has to be determined and of the requisites for its entitlement; furthermore, also some doubts related its practical application have been solved. Si è ormai giunti alla scadenza dei pagamenti delle imposte da parte delle Società ed alla compilazione della dichiarazione dei redditi. Il prospetto di liquidazione delle imposte assume dunque un rilievo di tutta evidenza, risultando da esso la posizione debitoria ovvero creditoria del contribuente. Tra gli elementi che contribuiscono alla determinazione del saldo delle imposte dovute, vi è quello rappresentato dai crediti per imposte pagate all’estero. Fattispecie sempre più ricorrente in un contesto in cui le imprese italiane hanno dovuto guardare ai mercati esteri per supplire alle carenze della domanda interna. Può, quindi, essere vista positivamente l’emanazione della Circolare n. 9/E da parte dell’Agenzia delle Entrate, ancorché dopo oltre un decennio dall’introduzione del vigente articolo 165 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917, considerato che fino ad ora non vi erano stati interventi organici da parte dell’Amministrazione finanziaria finalizzati a fornire chiarimenti sugli aspetti operativi e sul funzionamento del sistema del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero da soggetti residenti in Italia. Ed invero, il corposo documento (si tratta di circa 80 pagine) ha creato interesse nella stampa specializzata con diversi interventi di qualificata dottrina che hanno analizzato i principali aspetti di interesse contenuti nel documento dell’Amministrazione. Senza aver l’ambizione della completezza, in questa sede si intendono richiamare alcuni aspetti di interesse per i soggetti IRES, anche in ragione dei chiarimenti e delle precisazioni che l’Agenzia delle Entrate ha voluto fornire su tematiche fino ad ora oggetto di dibattito. Finalità del credito di imposta L’ordinamento fiscale italiano ha adottato il credito d’imposta (c.d. “foreign tax credit”) sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti quale rimedio principale per evitare (ovvero mitigare) i fenomeni di doppia imposizione internazionale, fenomeno che si verifica per effetto della concorrenza di pretese impositive di più Stati che esercitano le rispettive potestà tributarie sulla base di criteri non coordinati tra loro. In particolare, tale conflitto si verifica tipicamente tra lo Stato della fonte del reddito e lo Stato della residenza del percipiente (beneficiario) Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 11 del reddito, laddove il primo applichi il principio di territorialità e il secondo adotti un approccio di tassazione del reddito mondiale (il cosiddetto “worldwide principle”). Come già accennato in precedenza, il sistema del credito per le imposte estere è regolato dall’articolo 165 del TUIR, inserito dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, applicabile a tutti i soggetti IRPEF e IRES. Nella sua attuale formulazione, per quanto qui interessa, detto articolo fornisce: • l’esplicitazione delle modalità di calcolo della quota d’imposta italiana riferita al reddito estero, la quale è il parametro di riferimento per la determinazione del credito di imposta; • la definizione di “reddito prodotto all’estero”, a fronte del quale il contribuente, avendone i requisiti, può beneficiare del credito di imposta; • un meccanismo di tutela per il contribuente, rappresentato dalla possibilità di riporto in avanti e indietro delle eccedenze di imposta sia italiana che estera (applicabile ai soli titolari di reddito d’impresa), per non lasciare inutilizzato l’eventuale credito non fruito in un determinato periodo d’imposta; • disposizioni specifiche in relazione alle modalità di determinazione del credito di imposta per i casi in cui il reddito cui lo stesso afferisce concorra in misura parziale all’imponibile del contribuente. In relazione a ciascuno dei predetti punti verranno riproposti nel seguito alcune delle considerazioni formulate dall’Agenzia delle Entrate nella propria circolare. Il credito di imposta per le imposte pagate all’estero: condizioni per la sua fruizione Sono tre le condizioni che l’art. 165 TUIR richiede ai fini della fruizione del credito di imposta: 1. la produzione da parte del contribuente di un “reddito all’estero”, secondo la definizione che sarà di qui a breve oggetto di specifico commento; 2. il concorso di tale reddito estero alla formazione del reddito complessivo del residente; 3. il pagamento di imposte estere a titolo definitivo. Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”. Il legislatore ha quindi adottato, nella individuazione del reddito prodotto all’estero il cosiddetto criterio della lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato. E ciò ancorché tale impostazione fosse stata piuttosto criticata dalla dottrina, in ragione delle diverse finalità che la disposizione dell’art. 23 si ripropone rispetto a quella del Torna all’indice credito di imposta, così come osservato dalla qualificata dottrina1: la prima infatti è atta a “individuare uno specifico e sufficientemente intenso criterio di collegamento con il territorio dello Stato in relazione a ciascuna delle categorie reddituali dei non residenti, in ragione del “trattamento isolato” cui esse sono destinate” mentre il secondo è finalizzato a “contrastare il fenomeno della doppia imposizione internazionale, attraverso il recupero (totale o parziale) delle imposte assolte all’estero sui medesimi redditi tassati in Italia, laddove per i soggetti residenti l’imposta dovuta in Italia prescinde ex se dal grado di connessione tra territorio e il relativo reddito, essendo questo ivi tassato indipendentemente dal luogo in cui è stato conseguito.” Chiarisce sul punto in via definitiva l’Amministrazione finanziaria che la definizione interna di “reddito prodotto all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito. Diversamente, laddove risulti applicabile la norma convenzionale il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile. Tra le considerazioni sviluppate dall’Agenzia in relazione all’applicazione della predetta “lettura a specchio” ai casi di redditi prodotti dai soggetti IRES, merita a parere di chi scrive un particolare cenno quanto osservato in relazione ai redditi derivanti da prestazioni commerciali effettuate in un altro Stato in assenza di una stabile organizzazione. Al riguardo, dopo aver sottolineato che tali redditi non possono essere considerati prodotti all’estero, con la conseguenza che le imposte ivi pagate non risultano essere detraibili, l’Agenzia concede una apertura riconoscendo che in tali casi, le imposte estere che difettano del presupposto applicativo dell’articolo 165 del TUIR possono essere considerate componenti negativi deducibili ai fini della determinazione del reddito complessivo, in tal modo evitando una ulteriore penalizzazione in capo al contribuente. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’imposta pagata nello Stato estero, accreditabile ai sensi dell’articolo 165 del TUIR, non risulti completamente detraibile per effetto del peculiare meccanismo applicativo previsto dalla disciplina in esame la stessa non potrà essere dedotta né altrimenti recuperata in Italia (situazione che può verificarsi anche laddove lo Stato della fonte applichi un prelievo in misura superiore a quello previsto convenzionalmente). si veda ad esempio, Giulio Andreani e Angelo Tubelli, ne Il Fisco n. 14, 2015 1 TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 12 Non è, invece, stato trattato dall’Amministrazione finanziaria il caso, invero non infrequente, in cui vi sia una differente qualificazione del reddito da parte dello Stato della fonte rispetto a quello del beneficiario, in particolare ai fini della sua inclusione o meno nell’ambito delle categorie reddituali previste dalle singole Convenzioni contro le doppie imposizioni e del regime di tassazione ad esso connesso. Si pensi, ad esempio, ai corrispettivi riconosciuti a fronte di determinate tipologie di servizi (es: servizi tecnico - ingegneristici) la cui riconduzione o meno nell’ambito del concetto di “canoni” ne determina il regime impositivo (assoggettamento o meno a ritenuta) nello Stato della fonte garantendo il riconoscimento del credito di imposta per il beneficiario. Situazioni in cui contribuente ed Amministrazione finanziaria sono giunti ad una diversa qualificazione della tipologia del flusso reddituale sono sfociati in contenziosi spesso lunghi e costosi. La presente Circolare poteva forse essere l’occasione per confermare che, in tali situazioni di contrasto, dovrebbe darsi prevalenza alla definizione del flusso reddituale come attribuita dallo Stato della fonte, non potendo la stessa essere messa in discussione da parte dell’Amministrazione dello Stato del beneficiario e ciò anche in aderenza a quanto previsto dalle line guida dell’OCSE. Al contrario, rimane irrilevante il fatto che l’imposta possa essere modificata a sfavore del contribuente, come nel caso in cui la stessa si riferisca a redditi ancora assoggettabili ad accertamento da parte delle Amministrazioni fiscali degli Stati esteri. Il concorso del reddito estero alla formazione del reddito complessivo del residente Al riguardo, l’Agenzia fornisce un utile elenco della documentazione probatoria a supporto dell’ammontare dei crediti di imposta esteri scomputati in dichiarazione: • un prospetto recante l’indicazione, separatamente Stato per Stato, dell’ammontare dei redditi prodotti all’estero, l’ammontare delle imposte pagate in via definitiva in relazione ai medesimi, la misura del credito spettante, determinato sulla base della formula di cui al primo comma dell’articolo 165 del TUIR; • la copia della dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero, qualora sia ivi previsto tale adempimento; • la ricevuta di versamento delle imposte pagate nel Paese estero; • l’eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi di fonte estera; • l’eventuale richiesta di rimborso, qualora non inserita nella dichiarazione dei redditi. Per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del TUIR è necessario che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente. Viene, quindi, confermato il principio per cui, nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo (è ad esempio, il caso dei dividendi che in capo ai soggetti IRES sono tassati nel limite del 5% dell’ammontare incassato), anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente. In altre parole, l’imposta estera di cui sarà possibile lo scomputo dall’imposta italiana dovrà essere riparametrata in termini percentuali all’ammontare che ha concorso a formare il reddito imponibile. Richiamando il caso dei dividendi, nell’ipotesi di ritenuta convenzionale al 5%, solo il 5% di detta ritenuta potrà essere scomputata dalle imposte italiane in quanto è in tale misura che il dividendo ha concorso a formare il reddito imponibile. La definitività delle imposte Chiarisce l’Agenzia delle Entrate che la definitività dell’imposta pagata all’estero coincide con la sua “irripetibilità”, ossia con la circostanza che essa non è più suscettibile di modificazione a favore del contribuente. Torna all’indice La correlazione esistente tra imposta pagata in via definitiva e il relativo reddito, non esclude per l’Agenzia delle Entrate che l’imposta possa essere considerata “definitiva” anche qualora il reddito sia ancora suscettibile di verifica nello Stato estero in cui viene prodotto. Al contrario, non possono considerarsi definitive le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista, sin dal momento del pagamento, la possibilità di rimborso totale o parziale, anche mediante “compensazione” con altre imposte dovute nello Stato estero. La definitività del pagamento delle imposte estere si realizza nel periodo d’imposta in cui le stesse sono state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo d’imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto in possesso della relativa certificazione. La certificazione, infatti, ha valenza meramente probatoria e, pertanto, non determina la definitività del pagamento del tributo. La limitazione della detrazione per singolo stato (per country limitation) Da ultimo, merita un cenno la tematica legata alla limitazione della detrazione del credito di imposta laddove questo origini da redditi prodotti in più Stati. Nel caso di redditi prodotti in più Stati esteri, infatti, il legislatore fiscale italiano ha adottato un meccanismo finalizzato alla limitazione del beneficio, cosiddetto “per country” prevedendo, al comma 3 dell’articolo 165 del TUIR, che la detrazione debba essere effettuata separatamente per ciascuno Stato. TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 13 Ciò significa che dopo aver determinato il credito e le eccedenze relative a ciascuno Stato, occorre verificare se il totale dei crediti, separatamente determinati, trovi capienza nell’imposta netta totale italiana. In caso affermativo, il totale dei crediti attribuibili a ciascuno Stato potrà essere portato in detrazione per il suo intero ammontare e occorrerà memorizzare, separatamente per ciascuno Stato estero, le eccedenze derivanti dal confronto tra le imposte pagate a titolo definitivo in ciascuno Stato estero e la quota d’imposta italiana di cui al comma 1 dell’articolo 165 del TUIR. Sulle modalità di applicazione di tale principio, l’Agenzia è intervenuta precisando che in assenza di specifiche previsioni normative non può essere disconosciuto il metodo convenzionale di riparto che permette l’attribuzione del credito detraibile e dell’eccedenza utilizzabile all’uno o all’altro Stato, in funzione di valutazioni operate dal contribuente. Tuttavia, un’allocazione discrezionale delle maggiori eccedenze d’imposta estera tra i vari Stati esteri non può che avvenire nel rispetto del principio della per country limitation , sicché il contribuente, nel riallocare in modo Torna all’indice discrezionale le maggiori eccedenze di imposta estera, dovrà considerare che a ciascuno Stato non può essere attribuita una detrazione maggiore di quella massima spettante, avendo riguardo alla corrispondente imposta lorda italiana, né un’eccedenza di imposta estera maggiore di quella che trova capienza nell’imposta estera effettivamente pagata. Peraltro, deve essere osservato al riguardo lo schema di decreto legislativo sulla internazionalizzazione delle imprese in corso di emanazione espressamente prevede, tra l’altro, l’eliminazione della suddetta limitazione, con ciò ragionevolmente garantendo un concreto vantaggio ai contribuenti che spesso, per dinamiche imprenditoriali, si trovano ad essere penalizzati proprio per l’impossibilità di recuperare in tutto o in parte le imposte assolte in determinati Stati esteri. TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 14 Pubblicate le linee guida del Garante della Privacy in materia di profilazione online (Filippo Zucchinelli - Federica Facchini) The Italian Data Protection Authority publishes the guidelines concerning the on line profiling of personal data With the adoption of the guidelines on the online profiling of personal data, the Italian Data Protection Authority has identified specific rules and measures that should be adopted and followed by all web operators for performing the online profiling in compliance with the data protection law. According to such guidelines, the web operators should provide the users with information clear and complete, request and obtain the relevant consent (giving also the possibility to revoke it at any time), and offer identical mechanism of protection also to the users who do not have a specific account for benefiting of the services offered thorough the website. The adopted guidelines harmonize and clarify the management of the profiling activities, which are aimed to identify a “profile” of the user and use it for personalizing and customizing the services or promotions offered to the same user. The adopted guidelines shall have to be observed by all the operators who are established in the Italian territory and offer on line services. L’Autorità garante per la protezione dei dati personali (di seguito il “Garante” o anche l’“Autorità”), con provvedimento emesso in data 19 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 6 maggio 2015, ha emesso le linee guida in materia di trattamento di dati personali per profilazione on line (di seguito le “Linee Guida”). Le Linee Guida si rivolgono a tutti gli operatori professionali, stabiliti sul territorio nazionale, che forniscono servizi online (quali motori di ricerca, posta elettronica, mappe on line, social network, pagamenti elettronici, cloud computing); l’esigenza dell’adozione di tali linee guida, nasce dalla necessità di uniformare e definire, anche da un punto di vista prettamente pratico, specifiche regole di condotta nell’ambito di un contesto, come quello odierno, in cui proliferano innumerevoli fornitori di servizi accessibili al pubblico tramite le reti di comunicazione elettronica. La profilazione online I numerosi servizi on line di cui possono beneficiare, con indubbio vantaggio, gli utenti della rete internet, consentono ai fornitori dei servizi stessi, l’accesso ad un ampio spettro di dati che possono essere utilizzati anche ai fini della c.d. “profilazione online”. La profilazione online consiste nell’attività di analisi ed elaborazione di dati riferibili agli utenti, volta per lo più ad individuare categorie omogenee per comportamenti o caratteristiche. Tale attività permette di riproporre agli stessi utenti, pubblicità, prodotti e servizi mirati, frutto dell’analisi e del monitoraggio del comportamento e delle preferenze che gli utenti adottano sul web, sfruttandone, in tal modo, commercialmente i profili. Il Garante avverte che tale attività di elaborazione dei dati consente agli operatori del web di giungere “all’identificazione inequivoca del singolo utente (cd. single out) ovvero del terminale e, per il suo tramite, anche del profilo, appunto, di uno o più utilizzatori di quel dispositivo”. La rilevanza di questo genere di attività, da un punto di vista della tutela dei dati personali non è, quindi, di poco conto. Secondo il Garante, gli scopi della profilazione online possono essere molteplici, tra cui: • la messa a disposizione di servizi sempre più mirati e customizzati sulle specifiche esigenze dell’utente; Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 15 • l’offerta di pubblicità personalizzata, con un conseguente maggior grado di probabilità di successo (ma, al contempo, anche di pervasività) rispetto a messaggi promozionali generici; • l’analisi ed il monitoraggio dei comportamenti dei visitatori dei siti web; • lo sfruttamento commerciale dei profili ottenuti, utili per fornire indicazioni sulle propensioni al consumo di beni e servizi. I risultati della profilazione online possono, in particolare, costituire una fonte di guadagno da conseguirsi sia in forma diretta (per il tramite di un’attività di compravendita di interi pacchetti di utenti profilati) sia in forma indiretta (per esempio, a scopi pubblicitari). Osserva poi, il Garante, che gli utenti possono essere distinti tra coloro che ricorrono a determinati servizi tramite un account ottenuto a seguito di una procedura di registrazione al sito a cui accedono (cd. utenti autenticati) e coloro che semplicemente “navigano nel web” ed accedono ai siti internet beneficiando dei servizi dagli stessi offerti senza necessità di previa autenticazione (cd. utenti non autenticati). Alla luce delle considerazioni sopra esposte, l’Autorità si è, pertanto, preoccupata di individuare una serie di regole e misure finalizzate a garantire un puntuale rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali ed un’efficiente ed omogenea tutela degli utenti. Nello specifico, affinché possa sussistere e ritenersi integrata un’appropriata tutela dei soggetti coinvolti, il Garante ha sottolineato l’importanza dei seguenti aspetti: • modalità e contenuto dell’informativa fornita agli utenti con specifico riguardo alle finalità ed alle modalità del trattamento dei dati personali; • richiesta del consenso degli utenti, nonché rispetto del relativo diritto di opposizione, con riferimento all’attività di profilazione sostanzialmente effettuata mediante il trattamento, in modalità automatizzata, dei dati personali degli utenti autenticati per la fornitura di servizi di inoltro e ricezione di email; l’incrocio di dati personali raccolti in relazione alla fornitura ed utilizzo dei diversi servizi messi a disposizione dell’utente; l’uso di identificatori (quali credenziali di autenticazione, fingerprinting e simili) necessari per ricondurre a soggetti determinati o, comunque, identificati o identificabili, schemi comportamentali ricorrenti in merito all’uso dei servizi offerti (pattern); • rispetto del principio di finalità nella conservazione dei dati personali degli utenti. Informativa In primo luogo, il Garante pone l’attenzione sull’importanza dell’informativa che deve essere resa agli utenti in quanto ineludibile presupposto per un’espressione consapevole del consenso al trattamento dei dati personali che li riguardano. Torna all’indice Considerata l’importanza che riveste l’informativa, l’Autorità fornisce alcune indicazioni di tipo pratico, chiarendo che l’informativa stessa dovrà essere facilmente accessibile, chiara e completa nonché esaustiva e ben visibile già dalla prima pagina del sito, tanto da suggerire che l’accesso al testo possa eseguirsi con un solo click da parte del visitatore della pagina web. Inoltre, il Garante - pur ritenendo accettabile l’adozione di un’informativa strutturata su più livelli - chiarisce che dovrà essere evitata una stratificazione ed una frammentazione eccessiva delle informazioni e che, in conseguenza di eventuali aggiornamenti, l’utente dovrà essere messo nelle condizioni di poter comprendere e valutare gli eventuali cambiamenti, anche ricorrendo a sistemi di raffronto delle diverse versioni. Nel caso in cui si opti per un’informativa articolata su più livelli, il Garante ipotizza una specifica struttura che dovrà contenere una serie di informazioni a seconda dei “livelli” di accesso, nel rispetto dei seguenti criteri: • un primo livello, visibile tramite l’immediato accesso dalla pagina visitata, contenente tutte le informazioni di maggiore importanza tra cui: -i trattamenti dati effettuati; -la tipologia di dati personali oggetto di trattamento; -la qualifica del titolare ed i relativi estremi identificativi; -l’indicazione di eventuali responsabili del trattamento; -un indirizzo presso cui gli utenti possono esercitare agevolmente i propri diritti; -l’indicazione delle finalità di profilazione perseguite attraverso le diverse modalità utilizzate dal titolare; -le modalità di acquisizione del consenso, qualora richiesto; • un secondo livello, accessibile dal primo, con ulteriori dettagli sui servizi offerti. Questo livello può prevedere specifiche e chiarimenti di dettaglio con riferimento alle informazioni, magari più sintetiche, rese nel primo livello, tra cui i rischi connessi alla fruizione dei servizi. Consenso Con riferimento al rilascio del consenso, l’Autorità richiama, in primo luogo, quanto disposto dall’art. 23, Codice in materia di protezione dei dati personali (il “Codice”) il quale subordina il trattamento dei dati personali dell’interessato al rilascio del relativo consenso; tale consenso, per ritenersi valido, deve essere espresso con riferimento ad una finalità di trattamento chiaramente individuata, reso in forma libera e documentato per iscritto previo rilascio dell’informativa sul trattamento dei dati personali. Inoltre, le Linee Guida, richiamano l’art. 24 Codice che prevede una serie di circostanze al ricorrere delle quali il trattamento dei dati può avvenire in assenza del consenso dell’interessato e tra queste rientra anche l’esecuzione di obblighi contrattuali. L’Autorità, infine, TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 16 ricorda come i principi generali relativi all’informativa ed al consenso trovano un’ulteriore regolamentazione specifica dettata dall’articolo 122 Codice in virtù del quale l’archiviazione delle informazioni nell’apparecchio terminale di un utente o l’accesso ad informazioni già archiviate è possibile solo con il consenso dell’interessato e previo rilascio dell’informativa, salvo che le attività in questione non siano poste in essere unicamente per erogare il servizio richiesto dall’utente. Partendo da queste premesse e prendendo in considerazione la specifica attività di fornitura del servizio di posta elettronica per l’inoltro e la ricezione di messaggi, il Garante ritiene che: • il trattamento dei dati dell’interessato possa avvenire in modalità automatizzata ed in assenza del consenso laddove sia essenzialmente finalizzato ad erogare il servizio richiesto dall’utente o svolgere attività di natura tecnica strettamente connesse con la fornitura dello stesso (quali l’impiego di filtri antispam, la rilevazione di virus, la possibilità di utilizzare il controllo ortografico, etc); • il trattamento dei dati dell’interessato per finalità diverse da quelle indicate al precedente punto e, in particolare, per finalità di profilazione implica, la necessità di ottenere il preventivo ed informato consenso degli utenti. Parimenti, anche l’attività di trattamento dei dati finalizzata alla profilazione dell’utente mediante l’incrocio dei dati raccolti in sede di fornitura ed utilizzo dei diversi servizi messi a disposizione dell’utente stesso, comporta la necessità per il titolare del trattamento di acquisire il preventivo ed informato consenso dell’interessato, non potendo richiamarsi uno dei casi di esonero di cui all’articolo 24 Codice. Al riguardo, l’Autorità non ritiene sufficiente la sola menzione di tali finalità di trattamento nell’ambito dell’informativa laddove non sia, per l’appunto, accompagnata dalla richiesta del consenso al trattamento dei dati. Alla stessa conclusione si deve pervenire anche con riferimento alle attività di profilazione dei dati poste in essere dal titolare mediante l’utilizzo di sistemi di identificazione diversi dai c.d. “cookies” (quali credenziali di autenticazione, fingerprinting, etc.). Tali sistemi di identificazione si basano sul trattamento dei dati personali dell’utente e consentono, in buona sostanza, al titolare di pervenire all’identificazione inequivoca del terminale (c.d. single out) ed al profilo del relativo utilizzatore. A tal riguardo, l’Autorità si preoccupa di sottolineare le differenze esistenti tra i c.d. “cookies” ed i c.d. “fingerprinting”, precisando che: • nel primo caso, l’attività di profilazione può essere impedita direttamente dall’utente mediante rimozione dei c.d. “cookies” in quanto archiviati sul proprio dispositivo; • nel secondo caso, l’utente non ha altra possibilità che rivolgersi al titolare del trattamento in quanto il c.d. “fingerprinting” risiede unicamente sui sistemi del fornitore di servizi a cui l’utente stesso non ha possibilità di accesso. A conclusione delle proprie considerazioni con riferimento al tema del consenso, il Garante precisa che: “In definitiva, Torna all’indice appare allora evidente che, affinché i trattamenti di dati effettuati per finalità di profilazione, anche realizzata con diverse modalità, soddisfino i requisiti degli artt. 23, 24 e 122 del Codice, è necessario il consenso dell’interessato. Tale consenso deve inoltre rispondere, ai fini della sua validità, ai requisiti di legge e pertanto deve essere libero, acquisito in via preventiva rispetto al trattamento medesimo, riferibile a trattamenti che perseguono finalità esplicite e determinate, informato e documentato per iscritto”. Utente non autenticato ed utente autenticato Come precisato in precedenza, i fornitori di servizi online dovranno assicurare a coloro che intendono beneficiare di tali servizi, un’adeguata informazione in relazione alle finalità di profilazione dei dati e la possibilità di esprimere o negare il proprio consenso a tale trattamento. A questo riguardo, il Garante prospetta la possibilità di adottare soluzioni che consentano l’acquisizione on line del consenso dell’interessato, con modalità diversificate a seconda che l’utente in questione sia autenticato o non autenticato. In caso di utente non autenticato, una adeguata tutela della privacy può, infatti, essere conseguita prevedendo già nella home page del sito internet un’apposita area dedicata nella quale venga espressamente evidenziato il fatto che il sito in questione tratta dati personali con finalità di profilazione in conformità con modalità specificatamente individuate. Tale area dovrà, inoltre, contenere: • un link di rinvio all’informativa che dovrà riportare tutte le informazioni richieste dal Codice; • un link ad una diversa area in cui l’utente possa negare il consenso alla profilazione ovvero negarlo solo per specifiche funzionalità/modalità; • l’avviso che proseguendo la navigazione all’interno del sito internet il consenso alla profilazione dei propri dati si intenderà rilasciato. Sulla base di quanto indicato nelle Linee Guida è importante che l’area in questione “(…) sia parte integrante di un meccanismo idoneo a consentire l’espressione di una azione positiva nella quale si sostanzia la manifestazione del consenso dell’interessato. In altre parole, essa deve determinare una discontinuità, seppur minima, dell’esperienza di navigazione: il superamento della presenza dell’area visualizzata deve cioè essere possibile solo mediante un intervento attivo dell’utente (appunto attraverso la selezione di un elemento contenuto nella pagina sottostante l’area stessa)”. Qualora l’utente abbia acconsentito all’utilizzo dei propri dati per le attività di profilazione con le modalità sopra indicate, tale consenso sarà idoneo ad integrare il requisito di forma scritta richiesto dall’art. 23 Codice. Diversamente, il semplice accesso all’informativa o all’area dedicata alla manifestazione delle scelte dell’utente non equivale al rilascio del consenso in quanto tali azioni non TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 17 generano un “evento informatico” che possa consentire al titolare del sito di documentare in maniera inequivocabile la scelta dell’utente in relazione alla profilazione dei propri dati. Per quanto concerne l’utente autenticato, le Linee Guida precisano che a tale categoria dovranno essere garantite le medesime tutele previste con riferimento all’utente non autenticato, con conseguente riconoscimento del diritto di utilizzare, in qualsiasi momento, gli stessi meccanismi di espressione, negazione e revoca del consenso al trattamento dei propri dati per finalità di profilazione. Il Garante rileva, peraltro, come anche l’utente autenticato sia tenuto ad affrontare una fase della navigazione che necessariamente precede l’attività di creazione di un account o di accesso al sito web nella prima sessione utile mediante autenticazione e relativa digitazione delle proprie credenziali. E’ in tale fase preliminare, pertanto, che deve essere proposto ai soggetti in questione il medesimo meccanismo di acquisizione del consenso previsto con riferimento alla categoria degli utenti non autenticati “con la differenza, tuttavia, che se tali utenti accettano di proseguire nella navigazione e dunque esprimono il proprio consenso superando la discontinuità artificialmente indotta per approdare, alternativamente, o alla pagina di creazione dell’account (per i nuovi autenticati) ovvero a quella nella quale viene visualizzata la schermata in cui digitare le credenziali di autenticazione (per quelli che già dispongono di un account), questa fase della navigazione, che è il momento tipico nel quale il sistema è in grado, in modo diretto ed inequivoco, di attribuire comportamenti e scelte a soggetti determinati, non venga gravata di ulteriori complessità”. Infine, l’Autorità chiarisce che le scelte espresse dall’utente non autenticato in relazione alla profilazione dei propri dati hanno validità solo con riferimento al dispositivo utilizzato ai fini dell’accesso alla rete internet, mentre in caso di utente autenticato le scelte dovranno intendersi riferite anche ai diversi dispositivi utilizzati dallo stesso, stante la riconducibilità dei sistemi di identificazione mediante utilizzo di credenziali di accesso ad un soggetto individuato in re ipsa. Lo scopo è sostanzialmente quello di tutelare l’utente senza rendere eccessivamente frammentaria ed onerosa la navigazione e la fruizione dei servizi on line. consenso per l’utilizzo dei cookie; esse si inseriscono, pertanto, in un contesto di sempre maggiore attenzione alla tutela dell’utente on-line dal lato privacy. Il Garante, con l’emanazione delle Linee Guida, ha sostanzialmente voluto fornire regole più chiare per chi svolge attività di profilazione on line, offrendo anche spunti pratici e di immediata applicazione agli operatori della rete ed indirizzando quest’ultimi verso l’adozione di misure più adeguate ed omogenee, mirate alla salvaguardia dei diritti di tutti gli utenti. Lo stesso Garante, infatti, specifica che lo scopo dell’emanazione del documento in commento, corrisponde a quello di “armonizzare, semplificandole, le diverse modalità attraverso le quali è possibile garantire il rispetto dei principi applicabili in materia di protezione dei dati personali nell’espletamento delle attività che caratterizzano la fornitura di servizi on line. L’Autorità intende cioè fornire, con le presenti Linee guida, regole di condotta uniformi che attuino quei canoni e quei principi di semplificazione i quali costituiscono uno degli obiettivi dell’azione istituzionale del Garante.” Una crescente attenzione dovrà, quindi, essere prestata dagli operatori on-line che saranno chiamati a: • fornire agli utenti informazioni chiare e complete, mettendo quest’ultimi nella condizione di poter concedere, negare e revocare in ogni momento il consenso al trattamento dei propri dati personali per finalità di profilazione on-line; • offrire concrete tutele anche a coloro che non dispongono di uno specifico account e • conservare i dati proporzionalmente alle specifiche finalità perseguite. Sebbene le Linee Guida non siano di per sé vincolanti, sarà opportuno che i soggetti nei cui confronti sono indirizzate valutino attentamente il loro modus operandi in quanto molti dei concetti riportati nelle stesse richiamano principi già recepiti, a livello nazionale ed europeo, dalla vigente legislazione in materia di trattamento dei dati personali. Data Retention In ultimo, il Garante ribadisce la necessità che gli operatori adottino specifiche policy di data retention al fine di definire tempi certi di conservazione dei dati proporzionati alle specifiche finalità perseguite, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 11 Codice. Conclusioni Le Linee Guida fanno seguito ad un recente provvedimento adottato dal Garante relativo all’informativa semplificata ed all’acquisizione del Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 18 È illegittimo il licenziamento di un dipendente divenuto disabile se il datore di lavoro non dimostra l’impossibilità di adibirlo a mansioni equivalenti (Gianluigi Baroni – Davide Neirotti – Maria Castiglione Minischetti) The dismissal of an employee is unlawful if he became disabled and the employer has not proved the impossibility to assign him to equivalent tasks Pursuant to sentence no. 4757 dated March 10th, 2015, the Supreme Court has definitively stated that dismissing an employee because of his recent disability and health conditions without proving the impossibility to assign him to different but equivalent tasks is unlawful. With reference to the case at issue, the employer was not able to demonstrate to have fulfilled the aforementioned “repêchage” burden before terminating the employment relationship and therefore the dismissal has been considered unlawful. La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata in relazione alla fattispecie della sopravvenuta inidoneità alla mansione e del conseguente licenziamento, tematica di frequente dibattito. In particolare, con sentenza n. 4757 del 10 marzo 2015, la Suprema Corte ha dichiarato illegittimo un licenziamento intimato ad un lavoratore per inidoneità dello stesso allo svolgimento delle mansioni affidategli, a causa del sopravvenuto peggioramento delle sue condizioni di salute. Con riferimento al caso di cui si tratta, confermando quanto era stato stabilito dal Tribunale di Mantova, la Corte d’Appello di Brescia aveva dichiarato che l’interruzione del rapporto di lavoro fosse priva di efficacia e, per l’effetto, aveva ordinato la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Nello specifico, infatti, i Giudici di secondo grado avevano rilevato che: • il licenziamento era stato intimato soltanto a seguito della visita effettuata dal medico competente aziendale e prima che la commissione sanitaria si pronunciasse in merito alla vicenda; • il datore di lavoro aveva dichiarato l’impossibilità di adibire il lavoratore allo svolgimento delle mansioni al medesimo precedentemente assegnate, ovvero a mansioni ad esse equivalenti, senza verificare alcuna specifica e concreta possibilità di ricollocazione della sua prestazione lavorativa. Il datore di lavoro, per l’effetto, aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando: • in primo luogo, la violazione degli articoli 1, 3 e 5 della Legge n. 604/1966, in quanto la sentenza impugnata, nel prevedere che il datore di lavoro dovesse valutare l’adibizione del dipendente ad altre mansioni, anziché procedere al suo licenziamento, si sarebbe riferita a mansioni che: (i) erano state espletate da altri dipendenti, (ii) mai erano state assegnate al lavoratore e (iii) non erano equivalenti a quelle che erano state allo stesso precedentemente attribuite; • in secondo luogo, il vizio di motivazione in relazione all’articolo 41 della Costituzione ed all’articolo 30 della Legge n. 183/2010, ritenendo che i Giudici di merito avessero sindacato anche in ordine alle valutazioni organizzative di competenza del datore di lavoro. Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 19 La Corte di Cassazione, deliberando sui motivi di gravame proposti, ha ritenuto che: • il primo motivo di ricorso sia inammissibile in considerazione dell’impossibilità di verificare l’assolvimento dell’ “obbligo di repêchage” da parte del datore di lavoro e rilevare la sussistenza dell’impossibilità di assegnare il dipendente ad altre mansioni; • il datore di lavoro non abbia prodotto elementi utili per provare l’effettiva impossibilità di impiegare il lavoratore in mansioni equivalenti in un ambiente consono al suo stato di salute ed evitare il licenziamento; • con riferimento alla presunta violazione dell’articolo 41 della Costituzione ed all’articolo 30 della Legge n. 183/2010, il Giudice territoriale abbia “operato solo una verifica della legittimità e veridicità di quanto dallo stesso datore affermato [… ribadendo che]: si è già affermato del resto che, se l’esercizio dell’attività economica privata, garantito dall’art. 41 Cost., non é sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall’autorità giurisdizionale, esso deve svolgersi nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute, sicché non viola la norma citata il giudice che dichiara illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia dimostrato di aver accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o alterazioni dell’organigramma aziendale”. Con riferimento al caso di specie, verificata l’inidoneità fisica del dipendente divenuto disabile ed inidoneo a svolgere determinati compiti lavorativi, il datore di lavoro avrebbe dovuto verificare nel concreto ed in via preventiva la possibile ricollocazione dello stesso a svolgere mansioni compatibili con la sua disabilità (assolvimento del cd. “obbligo di repêchage”), prima di procedere al recesso dal rapporto di lavoro. Novità in materia di D.Lgs. n. 231/2001 a seguito dell’approvazione del DDL cd. “Anticorruzione” e del DDL cd. “Ecoreati” (Pietro Orzalesi – Gianluca Borraccia) The recent legislative innovations concerning Legislative Decree no. 231/2001 During May 2015, the Italian Parliament approved two important legislative innovations concerning the criminal offences that may determine an administrative liability for entities pursuant to Legislative Decree no. 231/2001. The first one regards the introduction of new environmental crimes from which may arise an administrative liability for entities and in particular the following offences: environmental pollution, death or injuries as a result of environmental pollution, environment disaster, traffic and abandonment of highly radioactive materials, prevention of control and omitting a mandatory reclamation. The second one concerns some innovations on bribery and corruption crimes and the reintroduction of the possibility to punish the frauds in corporate communication as a crime (and not as a mere offense) to any entity (therefore also with reference to companies which are not listed on regulated markets). Torna all’indice Nel corso del mese di maggio 2015, il Parlamento ha approvato definitivamente due disegni di legge che introducono rilevanti novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D. Lgs. n. 231/2001. Si tratta, in particolare, • della Legge 22 maggio 2015, n. 68, “Disposizione in materia di delitti contro l’ambiente”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 28 maggio 2015 ed entrata in vigore il 29 maggio 2015, nonché • della Legge 27 maggio 2015, n. 69, “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 30 maggio 2015 ed entrata in vigore il 14 giugno 2015. Il primo provvedimento, approvato in data 19 maggio colmando una lacuna che era stata da molti segnalata in relazione al precedente intervento legislativo del 2011, ha introdotto alcune nuove fattispecie delittuose in materia ambientale (inquinamento ambientale, morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento di controllo ed omessa bonifica) ed ha inasprito il trattamento sanzionatorio in capo a persone fisiche e giuridiche. TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 20 Più precisamente, attraverso l’inserimento nel Libro II del Codice penale del Titolo VI-bis, denominato “Dei delitti contro l’ambiente”, sono state introdotte le seguenti nuove fattispecie di reato (che costituiscono presupposto di imputazione anche in capo all’ente): • inquinamento ambientale (art. 452-bis Cod. pen.); • disastro ambientale (art. 452-quater Cod. pen.); • delitti di natura colposa contro l’ambiente (artt. 452bis, 452-quater e 452-quinquies, Cod. pen); • delitti associativi aggravati dall’essere finalizzati alla commissione di reati ambientali (art. 452-octies, Cod. pen.); • traffico ed abbandono di materiale altamente radioattivo (art. 452-sexies, Cod. pen.). Sono stati inoltre introdotti e modificati una serie di articoli del Codice dell’Ambiente (D. Lgs. n. 152/2006, già fonte della responsabilità delle persone giuridiche): • il nuovo comma 4 dell’art. 257 (relativo alla bonifica dei siti inquinati) rende applicabile alle contravvenzioni ambientali la condizione di non punibilità prevista dagli art. 242 e ss. dello stesso Codice dell’Ambiente; • all’art. 260 (inerente le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) è aggiunto il comma 4-bis, il quale prevede l’introduzione della misura della confisca obbligatoria (anche di beni di valore equivalente) per lo stesso reato; • sono stati aggiunti gli artt. 318-bis e ss., relativi alla disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale. Infine, il comma 8 dell’art. 1 della Legge n. 68/2015, c.d. “Ecoreati”, ha modificato l’art. 25-undecies del D. Lgs. n. 231/2001, ampliando il catalogo dei reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti attraverso il richiamo delle fattispecie di nuova introduzione con previsione di sanzioni pecuniarie ed interdittive (i.e. inquinamento ambientale, disastro ambientale, delitti di natura colposa contro l’ambiente, delitti associativi aggravati dall’essere finalizzati alla commissione di reati ambientali e traffico ed abbandono di materiale altamente radioattivo) ed ha aggravato il quadro sanzionatorio di quelli già presenti dal 2011. Sono inoltre stati eliminati i parametri quantitativi che, in precedenza, limitavano l’ambito applicativo delle fattispecie, ora sostituiti da un più generico rinvio a “fatti materiali”. Infine, è stato novellato integralmente l’art. 2622 Cod. civ., ora applicabile alle sole società quotate (o assimilabili) con fattispecie oggi analoga a quella dell’art. 2621 Cod. civ. Inoltre, con riferimento alle persone giuridiche, l’art. 12 della Legge n. 69/2015, modificando la disciplina prevista dall’art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001, ha inasprito le sanzioni pecuniarie previste a carico degli enti per il reato di false comunicazioni sociali di cui all’art. 2621 Cod. civ. (relativo alle società non quotate), ora nella misura da 200 a 400 quote. Quanto al reato di cui al 2622 Cod. civ. (inerente le società quotate), le sanzioni pecuniarie previste sono oggi comprese tra 400 e 600 quote. Inoltre, in caso di lieve entità del fatto (la quale viene valutata dal Giudice in base alla natura, alle dimensioni della società e alle modalità o gli effetti della condotta dolosa), le sanzioni pecuniarie l’ente sono comprese tra 100 e 200 quote. L’importanza di queste modifiche, unitamente alla recente introduzione del reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, Cod. pen., richiamato dall’articolo 25-octies del D. Lgs. n. 231/2001) rendono quindi necessaria ed attuale per tutti gli enti una verifica dei propri modelli di organizzazione gestione e controllo (i c.d. “Modelli 231”) al fine di valutarne l’aggiornamento e l’idoneità a prevenire i nuovi reati introdotti dal nostro Legislatore nel primo semestre del 2015. Si tratta certamente di una attività importante e non procrastinabile, tenuto conto della materialità ed estensione delle nuove fattispecie in tema di responsabilità ambientale, alla possibile rilevanza dei reati tributari in tema di responsabilità amministrativa e, in generale, dell’inasprimento del quadro sanzionatorio previsto dalle nuove norme. La seconda rilevante novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001, approvata dal Parlamento in data 21 maggio, è costituita dalla riforma della disciplina delle false comunicazioni sociali contenuta nella Legge n. 69/2015. In generale, tra le novità di maggior rilievo che è possibile individuare ad una prima lettura di questo nuovo provvedimento vi è la reintroduzione della possibilità di contestare la falsità delle comunicazioni sociali come delitto (e non come mera contravvenzione) a qualunque realtà societaria (quindi anche a società non quotate in mercati regolamentati). Torna all’indice TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 21 What about Italy? Easy guide to your Italian business PwC Tax and Legal Services offers this publication to all those people with entrepreneurial spirit who are interested in understanding the essentials of the Italian system, with the hope of contributing to the success of their business. This third edition of the publication is published in the year Italy hosts the Universal Exposition. There is no other event like Expo that better expresses the desire and the need for businesses to search for opportunities to network, in order to work together on innovation, trade development and building business relations. “What about Italy?” is the guide for foreign investors, published by PwC Tax and Legal Services (Italy) in an easy and ready-to-use FAQ format. Whilst this handbook is not to be considered in any way exhaustive and does not exempt potential investors from carrying out a more detailed analys, PwC Tax and Legal Services (Italy) believes that the questions and answers chosen provide an adequate scenario of the tax and legal framework in Italy, thereby helping the foreign entities in their evaluation of how to approach the Italian market. PwC Tax and Legal Services will, of course, be ready and eager to provide assistance and any technical support when requested. The guide is available in an interactive and free of charge format on the website www.pwc-tls.it/ Torna all’indice PwC Tax and Legal Services ha il piacere di presentare la terza edizione della propria pubblicazione “What about Italy?”. Non è un caso che ciò avvenga nell’anno in cui il nostro Paese ospita l’Expo, evento che meglio di ogni altro esprime l’impulso dell’umanità a cercare un contatto con il prossimo al fine di lavorare insieme sui temi dell’innovazione, dello sviluppo di nuovi mercati e di nuove relazioni commerciali. “What about Italy?” vuole essere una guida operativa idonea a comprendere e valutare, in modo semplice ed immediato, gli impatti di natura fiscale e legale che gli investitori nel territorio italiano devono gestire e gli strumenti che possono utilizzare, fornendo un ampio scenario dei principali istituti e strumenti normativi di natura societaria, contrattuale, fiscale e giuslavoristica. Redatta in inglese è disponibile gratuitamente, in versione elettronica, sul sito www.pwc-tls.it/ Sebbene “What about Italy?” non abbia pretesa di esaustività, PwC Tax and Legal Services ritiene che le risposte selezionate forniscano una panoramica del contesto legale e fiscale italiano, idoneo di conseguenza ad agevolare l’investitore straniero nelle proprie valutazioni prodromiche alle iniziative di business nel nostro Paese. È, in ogni caso, evidente che questa pubblicazione debba essere considerata solo come un strumento di informazione preliminare alle ulteriori e più approfondite analisi che il potenziale investitore deve svolgere. A questo riguardo, PwC Tax and Legal Services è a disposizione per fornire tutto il supporto tecnico necessario. TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 22 Editore - Publisher TLS - Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti Via Monte Rosa 91 - 20149 Milano Direttore Responsabile - Editor Gaetano Arnò Le nostre sedi/ Our offices Milano • Via Monte Rosa, 91 • 20149, Italia • Tel. +39 02 916051 • Fax. +39 02 91605000 Bari • Via Abate Gimma, 72 • 70122, Italia • Tel. +39 080 5640221 • Fax. +39 080 5640299 Bologna • Via Angelo Finelli, 8• 40126 , Italia • Tel. +39 051 6167711 • Fax. +39 051 6167799 Brescia • Via Borgo Pietro Wuhrer, 23 • 25123, Italia • Tel. +39 030 3697601 • Fax. +39 030 3697690 Firenze • Viale Antonio Gramsci, 15 • 50121, Italia • Tel. +39 055 2482911 • Fax. +39 055 2482999 Napoli • Via Dei Mille, 16 • 80121, Italia • Tel. +39 081 716141 • Fax. +39 081 7161450 Padova • Via Vicenza, 4 • 35138, Italia • Tel. +39 049 873421 • Fax. +39 049 723651 Palermo • Via Marchese Ugo, 60 • 90141, Italia • Tel. +39 091 6268669 • Fax. +39 091 301321 Parma • Viale Tanara, 20/A • 43100, Italia • Tel. +39 0521 242848 • Fax. +39 0521 781844 Roma • Largo Angelo Fochetti, 29 • 00154, Italia • Tel. +39 06 5717851 • Fax. +39 06 57178557 Torino • Corso Palestro, 10 • 10122, Italia • Tel. +39 011 592271 • Fax. +39 011 5922777 Treviso • Viale Gian Giacomo Felissent, 90 • 31100, Italia • Tel. +39 0422 425611 • Fax. +39 0422 425699 Varese • Via Orrigoni, 8 • 21100, Italia • Tel. +39 0332 285039 • Fax. +39 0332 284474 Verona • Via Francia, 21/C • 37135, Italia • Tel. +39 045 8051411 • Fax. +39 045 8051499 Comitato di Redazione - Editing Committee Ugo Cannavale, Arturo Cassina, Alessandro Catona, Salvatore Cuzzocrea, Carmen Ettorre, Egidio Filetto, Maida Fiorese, Simone Guidi, Mario Zanin, Paolo Lucarini, Pietro Orzalesi, Mia Pasini, Leonardo Penna, Fabio Pirolozzi, Marta Primavesi, Luca Saglione, Alessia Angela Zanatto, Nancy Saturnino, Claudio Valz, Filippo Zucchinelli, Marco Sebastiano Accorrà, Giulio Zampini Comitato Scientifico - Scientific Committee Gaetano Arnò, Barbara Mirta Ferri, Valentino Guarini Realizzazione grafica - Graphic design Federica Colombo Stampatore - Printed by TLS - Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti, Via Monte Rosa 91, 20149 Milano