in evidenza - PwC Tax and Legal Services

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TLS Newsletter
Lunedì 15 Giugno 2015
PwC Tax and Legal Services
Anno 9
Per maggiori informazioni: [email protected]
www.pwc-tls.it
Estensione della fatturazione
elettronica anche ai rapporti
tra “privati”
Via libera dalla Suprema Corte
all’utilizzo della lista Falciani.
Agenzia delle Entrate circolare
18/E - Chiariti gli effetti della
declaratoria di incostituzionalità
della Robin Tax?
Extension of e-invoicing also
in B2B transactions
Green light from the Italian
Supreme Court to the use of the
Falciani List.
Circular Letter no. 18/E 2015 of
the Italian Tax Authorities
IN EVIDENZA
WHAT ABOUT ITALY?
Easy guide to your Italian
Business
PwC Tax and Legal Services ha il piacere
di presentare la terza edizione della propria
pubblicazione “What about Italy?” che
vuole essere una guida operativa idonea a
comprendere e valutare, in modo semplice
ed immediato, gli impatti di natura fiscale e
legale che gli investitori nel territorio italiano
devono gestire e gli strumenti che possono
utilizzare, fornendo un ampio scenario dei
principali istituti e strumenti normativi di
natura societaria, contrattuale, fiscale e
giuslavoristica.
PwC Tax and Legal Services offers the third
edition of the guide for foreign investors
“What about Italy?”, PwC Tax and Legal
Services (Italy) believes that the questions
and answers chosen provide an adequate
scenario of the tax and legal framework in
Italy, thereby helping the foreign entities in
their evaluation of how to approach the Italian
market.
Disciplina del credito d’imposta per i redditi
prodotti all’estero
Foreign Tax Credit: Italian Tax Administration
provides the relevant instruction
Pubblicate le linee guida del Garante della Privacy
in materia di profilazione online
The Italian Data Protection Authority publishes the
guidelines concerning the on line profiling
È illegittimo il licenziamento di un dipendente
divenuto disabile
The dismissal of an employee is unlawful if he
became disabled
Novità in materia di D.Lgs. n. 231/2001 a seguito
dell’approvazione del DDL cd “Anticorruzione”
The recent legislative innovations concerning
Legislative Decree no. 231/2001
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Mensile di aggiornamento in materia legale e fiscale
Pubblicato e distribuito gratuitamente
Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 760 in data 11 dicembre 2006
Legal and Tax monthly newsletter
Published and distributed free of charge
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Estensione della fatturazione elettronica anche
ai rapporti tra “privati”
(Alessia Angela Zanatto – Andrea Werner Beilin – Marco Ceriotti)
Extension of e-invoicing also in B2B
transactions
During the month of April 2015 three drafts of
Legislative Decrees have been preliminarily approved
by the Italian Council of Ministers, implementing the
so-called “Delega Fiscale” in relation to e-invoicing
(Government act no. 162), to the internationalization
of enterprises (Government act no. 161) and to the
regulation regarding abuse of taxation law (government
act no. 163).
In the article at hand, we are going to analyze the main
provisions provided by the draft Legislative Decree
related to e-invoicing.
Nel mese di aprile 2015 sono stati approvati, in via
preliminare dal Consiglio dei Ministri, tre importanti
decreti legislativi attuativi della cosiddetta “Delega
Fiscale” in materia di fatturazione elettronica (atto del
Governo n. 162), internazionalizzazione delle imprese
(atto del Governo n. 161) e disciplina concernente l’abuso
di diritto (atto del Governo n. 163).
Nel presente contributo si analizzeranno le principali
disposizioni del nuovo schema di decreto legislativo in
tema di fatturazione elettronica.
Fatturazione elettronica tra “privati”
(atto del Governo n. 162)
In data 21 aprile 2015, il Consiglio dei Ministri ha
approvato, in via preliminare, lo schema di decreto
legislativo (“Decreto”) recante interventi di riforma del
sistema tributario mediante la trasmissione telematica
generalizzata delle operazioni Iva e della tracciabilità dei
pagamenti in attuazione dell’art. 9, comma 1, lettere d) e
g), legge n. 23 del 2014 (c.d. Legge delega fiscale).
Il Decreto in questione si prefigge il precipuo obiettivo
di agevolare lo sviluppo dell’uso della fattura elettronica
anche nei rapporti fra privati (rectius: soggetti passivi IVA
non riconducibili ad enti della Pubblica Amministrazione).
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 3
Il Decreto, all’articolo 1, comma primo, stabilisce che
l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione, a partire
dal 1 luglio 2016, un servizio gratuito per la generazione
in modo strutturato delle fatture in formato elettronico.
Questo servizio dovrebbe consentire agli utenticontribuenti di creare in proprio una fattura in formato
xml con i requisiti previsti dal Decreto Ministeriale n. 55
del 03 Aprile 2013 (in tema di emissione, trasmissione,
e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle
amministrazioni pubbliche).
Per specifiche categorie di soggetti d’imposta, individuate
con un successivo decreto del Ministero dell’Economia e
delle Finanze, viene messo a disposizione anche il servizio
gratuito per la conservazione delle fatture elettroniche.
Inoltre, come evidenziato dal secondo comma dell’articolo
1 del Decreto, a partire dal 1 gennaio 2017, tutti i soggetti
passivi IVA potranno usufruire – in modo gratuito – di
un servizio per la trasmissione delle fatture elettroniche
utilizzando il sistema di interscambio (SdI) gestito
dall’Agenzia delle Entrate anche nei confronti di soggetti
diversi dalla Pubblica Amministrazione.
Al comma 3 del Decreto in esame viene data facoltà al
contribuente di optare per la trasmissione di tutte le
fatture (sia emesse che ricevute) e delle relative note di
credito all’Agenzia delle entrate. Tale facoltà si applicherà
con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini IVA
effettuate a partire dal 1 gennaio 2017. L’opzione, il cui
esercizio comporterà una serie di semplificazioni per
il contribuente (si veda il paragrafo 3 di seguito), avrà
efficacia a decorrere dall’inizio dell’anno solare in cui è
esercitata sino alla fine del quarto anno successivo e, se
non revocata, si estenderà di quinquennio in quinquennio.
Ai contribuenti che hanno optato per la trasmissione
telematica delle fatture, conformemente a quanto
previsto dal comma 3 del summenzionato decreto, in
caso di omissione della predetta trasmissione ovvero di
trasmissione con dati incompleti o inesatti, si applicherà la
sanzione di cui all’articolo 11 del D.Lgs 18 dicembre 1997,
n. 471 (i.e. sanzione amministrativa da euro 258 ad euro
2.065).
Trasmissione telematica dei corrispettivi
L’articolo 2 del Decreto prevede una specifica disciplina
per i soggetti di cui all’articolo 22 del d.P.R. n. 633/72
come, ad esempio, commercianti al minuto, artigiani,
alberghi, bar e ristoranti.
In breve, si ricorda che l’art. 22 prevede l’esonero
dall’emissione della fattura per alcune categorie di
operazioni, se non richiesta dal cliente non oltre il
momento di effettuazione dell’operazione.
Il Decreto prevede che, a decorrere dal 1 gennaio
2017, i soggetti che effettuano le operazioni di cui
all’articolo 22 del d.P.R. n. 633/72, possono optare per la
memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica
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all’Agenzia delle Entrate dei dati dei corrispettivi
giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di
servizi di cui agli articoli 2 e 3 del d.P.R. n. 633/72. Anche
in questo caso l’opzione è vincolante per un quinquennio
e, salvo revoca al termine dello stesso, si rinnoverà di
cinque anni in cinque anni.
Oltre ai vantaggi evidenziati nel paragrafo 3)
seguente, in caso di esercizio della suddetta opzione, la
memorizzazione elettronica e la relativa trasmissione
telematica dei corrispettivi sostituirà gli obblighi di
registrazione stabiliti dall’articolo 24, d.P.R. n. 633/72
(i.e. tenuta del registro dei corrispettivi per i commercianti
al minuto e per i soggetti ad essi assimilatati di cui
all’articolo 22, d.P.R. n. 633/72).
Inoltre, secondo il Decreto, la memorizzazione elettronica
e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi è
obbligatoria (e non solo facoltativa) per i soggetti passivi
che effettuano cessioni di beni tramite distributori
automatici.
In caso di mancata memorizzazione elettronica o di
omissione della trasmissione telematica dei corrispettivi,
ovvero in caso di memorizzazione o trasmissione
con dati incompleti o non veritieri, si applicano
le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3 e 12
comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471 (sanzione
amministrativa pari al 100% dell’imposta corrispondente
all’importo non documentato, con un minimo di euro
516 oltre all’eventuale sospensione della licenza o
dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, in caso di
ripetute violazioni, per un periodo da tre giorni ad un
mese).
Semplificazioni in caso di opzione per la
trasmissione telematica delle fatture e dei
corrispettivi
In base alle disposizioni previste dall’articolo 3 del
Decreto, i soggetti che si avvalgono della trasmissione
telematica delle fatture in formato elettronico anche
tramite il sistema di Interscambio (si veda il suddetto
paragrafo 1), nonché della memorizzazione e trasmissione
telematica dei corrispettivi giornalieri (si veda il suddetto
paragrafo 2):
• saranno esonerati dall’obbligo di presentazione della
comunicazione dei dati rilevanti ai fini IVA di cui
all’art. 21 del d.l. n. 78/2010 (c.d. “spesometro”) oltre
che dall’obbligo di comunicazione delle operazioni
effettuate nei confronti di soggetti domiciliati in
Stati c.d. “black list” di cui all’ 1 comma 1 del d.l. n.
40/2010;
• saranno dispensati dalla presentazione dei
modelli INTRASTAT limitatamente agli acquisti
intracomunitari di beni (mod. INTRA-2 bis) e alle
prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in
un altro Stato membro dell’Unione Europea (mod.
INTRA-2 quater);
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 4
• i rimborsi IVA di cui all’articolo 30, d.P.R. n. 633/72,
saranno eseguiti in via prioritaria, entro tre mesi dalla
presentazione della dichiarazione annuale, anche
in assenza dei requisiti di cui al secondo comma
del richiamato articolo 30 (i.e. esercizio esclusivo o
prevalente di attività che comportano l’effettuazione
di operazioni soggette ad imposta con aliquote
inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti
e alle importazioni; effettuazione di operazioni
non imponibili ex artt. 8, 8-bis e 9, d.P.R. n. 633/72
superiore al 25% del totale delle operazioni effettuate;
limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o
importazione di beni ammortizzabili; prevalenza di
operazioni non soggette all’imposta per effetto degli
articoli da 7 a 7-septies, d.P.R. n. 633/72; quando il
richiedente si trova nelle condizioni di cui al terzo
comma dell’art. 17, d.P.R. n. 633/72).
Infine, viene prevista la riduzione di un anno dei termini
per l’accertamento in materia di IVA e di imposte dirette
per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei
pagamenti dagli stessi ricevuti ed effettuati nei modi che
saranno stabiliti con un successivo decreto legislativo in
cui sarà data attuazione alla disposizione delegante in
materia di tracciabilità dei pagamenti contenuta nell’art.
9, comma 1, lettera d) della legge 11 marzo 2014, n. 23
(c.d. Legge delega fiscale)
• nell’esonero dall’obbligo di registrazione delle fatture
emesse e ricevute di cui agli articoli 23 e 25, d.P.R. n.
633/72;
• nell’esonero dall’apposizione del visto di conformità e
dagli altri adempimenti (i.e. sottoscrizione alternativa
e fideiussione) previsti dall’articolo 38-bis, , d.P.R.
n. 633/72, per i rimborsi di ammontare superiore a
15.000 Euro. Occorre precisare che la disposizione fa
riferimento solo ai rimborsi IVA e non alla normativa
inerente le compensazioni tributarie.
Cessazione degli effetti premiali
All’articolo 5 il Decreto prevede la cessazione delle
semplificazioni sopra elencate (si vedano gli articoli 3 e
4, primo comma, Decreto) in caso di omessa trasmissione
telematica delle fatture o dei dati dei corrispettivi (e
relative variazioni), ovvero nell’ipotesi di trasmissione dei
dati in modo incompleto o non corrispondente al vero.
È fatta salva la facoltà del contribuente di rimediare al
proprio errore od omissione entro un termine che sarà
individuato successivamente dall’Agenzia delle Entrate.
Ulteriori semplificazioni degli adempimenti
amministrativi e contabili per specifiche
categorie di soggetti
L’articolo 4 del Decreto prevede, al ricorrere di specifiche
condizioni e per alcune categorie di soggetti identificate
dal Decreto, ulteriori semplificazioni e l’assistenza
dell’Agenzia delle Entrate dal 1 gennaio 2017.
L’agevolazione non è concessa indistintamente a tutti
i contribuenti bensì è riservata a quelli di “minori
dimensioni” ed, eventualmente, anche a quelli di non
“minori dimensioni” limitatamente al periodo in cui
intraprendono l’attività di impresa, arte o professione
e per i due successivi. Mediante apposito decreto
del Ministero dell’economia e delle finanze saranno
individuate le categorie di soggetti che possono accedere
al summenzionato regime premiale.
Tali soggetti devono avvalersi della trasmissione
telematica delle fatture in formato elettronico, nonché
della memorizzazione e trasmissione telematica dei
corrispettivi giornalieri.
In sintesi le agevolazioni per tali soggetti, in aggiunta
a quelle evidenziate nel precedente paragrafo 3,
consisterebbero:
• nella possibilità di godere di un programma
di assistenza attraverso il quale sono messi a
disposizione del contribuente gli elementi informativi
necessari per le liquidazioni periodiche e per la
dichiarazione annuale IVA;
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 5
Via libera dalla Suprema Corte all’utilizzo della lista
Falciani. Nessun effetto preclusivo alla procedura
di voluntary disclosure
(Carlo Romano – Rubina Fagioli – Maurizio Foti)
Green light from the Italian Supreme
Court to the use of the Falciani
List. No limits to the access to the
voluntary disclosure procedure
Con le ordinanze gemelle nn. 8605 e 8606 depositate
in data 28 aprile 2015, la Corte di Cassazione è giunta
alla definizione finale della dibattuta questione della
utilizzabilità della c.d. “lista Falciani” nel processo
tributario.
With two twins judgments, set out on April 2015, Italy’s
Supreme Court has ruled in favor of the Italian Tax
Authorities (“ITA”) by permitting to use the so called
“Falciani list” (“List”) in tax proceedings.
Tale lista prende il nome da Hervè Falciani, ex dipendente
della filiale di Ginevra della banca londinese HSBC che
acquisì, senza alcuna autorizzazione, i dati dei clienti
esteri e delle rispettive attività presso la stessa banca.
Successivamente, tale lista è stata trasmessa alle autorità
fiscali francesi attraverso lo strumento di cooperazione
internazionale, in ottemperanza all’allora vigente Direttiva
77/799/CEE, poi sostituita dalla Direttiva 2011/16/
UE, nonché in conformità alle procedure di scambio di
informazioni previste dalle convenzioni contro le doppie
imposizioni.
The List, which is named after Mr. Hervè Falciani, a former
employee of the bank HSBC Geneva, who illegally acquired
the data of many bank account holders - among which
were found also Italian taxpayers -, was first consigned to
the Italian tax police and then to the ITA, which started
tax investigations and criminal trials against the named
individuals.
According to the Court, the ITA can make use of the List
despite having it been illegally acquired and representing a
mere circumstantial evidence. As also stated by the Court,
insofar as such evidence is not prohibited by statute or
acquired in breach of the taxpayer’s constitutional rights,
ITA’s powers cannot be restrained from using the List since
it was obtained via a regular cooperation and exchange of
information procedure between the competent authorities of
the jurisdictions involved.
Italian resident taxpayers, who have been holding
undeclared financial assets and have not yet been
investigated by the ITA, can still regularize their tax position
with the Revenue Agency through the voluntary disclosure
program which remains until 30 September of this year.
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Dall’acquisizione della lista Falciani da parte delle
Amministrazioni finanziarie dei paesi europei sono
scaturiti una serie di indagini, sia penali che fiscali,
nei confronti dei nominativi in essa indicati. Anche
l’Amministrazione finanziaria italiana ne ha usufruito,
dando avvio ad un ampio contenzioso che si è sviluppato
sia in sede penale che in sede tributaria.
In ambito penale, la lista Falciani non è stata ritenuta
utilizzabile sulla base di argomentazioni cha hanno
fatto leva sul principio di irritualità delle modalità
di acquisizione dei dati in essa contenuti in virtù dei
principi del sistema normativo penale. Tale posizione ha
influenzato anche i giudici tributari che, nel dare ragione
ai contribuenti, hanno sempre richiamato i precedenti
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 6
giurisprudenziali penali, sia nazionali (si ricorda il
decreto di archiviazione di un procedimento penale
con il quale nel 2011 il Gip del Tribunale di Pinerolo ha
addirittura ordinato la distruzione della lista), che esteri
(si veda la sentenza del 31 gennaio 2012 della Cassazione
francese che ha sancito “l’illegalità ab origine delle
informazioni trasmesse, ai sensi della direttiva 77/799/CEE,
comunicando tale decisione all’autorità tributaria francese,
in quanto documentazione ottenuta illegalmente”).
Tuttavia l’orientamento delle Commissioni Tributarie,
a seguito della pronuncia di legittimità in questione, è
destinato ad avere un radicale cambio di rotta.
Infatti, la Corte, con le due menzionate ordinanze, ha
ritenuto che i dati contenuti nella lista Falciani siano
utilizzabili nel processo tributario, in virtù dell’assenza in
tale procedura di una lesione di un diritto e/o interesse
costituzionalmente garantiti che renda illegittima
l’eventuale irrituale loro acquisizione.
Per entrambi i giudizi la Corte ha cassato la decisione dei
giudici di merito, rinviando alla Commissione Tributaria
Regionale la decisione circa l’applicabilità del seguente
principio di diritto: “l’Amministrazione finanziaria, nella
sua attività di accertamento della evasione fiscale può – in
linea di principio – avvalersi di qualsiasi elemento con
valore indiziario, con esclusione di quelli la cui utilizzabilità
discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere
stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di
un diritto del contribuente. Sono perciò utilizzabili, nel
contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti
dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che
assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente
stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati
bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco)”.
La Corte, a fondamento di tale principio, in primis,
esclude qualunque diretta rilevanza, nel procedimento
tributario, delle risultanze dei giudizi penali in cui è
stata esclusa l’utilizzabilità della lista per violazione delle
relative norme disciplinanti le modalità di acquisizione
delle prove. A tal fine, i Giudici di legittimità ricordano:
i) la evidente distinzione tra processo penale e processo
tributario; ii) il principio espresso dalla stessa Corte di
legittimità secondo il quale, nell’ordinamento fiscale,
manca una norma che escluda la possibilità di utilizzare
elementi acquisiti irritualmente salvo “i casi in cui viene
in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango
costituzionale”; iii) la mancanza, nell’ordinamento
tributario, di una norma equivalente all’art. 191 del
Codice di Procedura Penale che escluda l’utilizzabilità
delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla
legge.
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I Giudici di legittimità hanno proseguito il proprio
percorso motivazionale riconoscendo l’assoluta legittimità
dell’attività espletata dall’Amministrazione finanziaria
italiana su impulso di quella francese in forza della
Direttiva 2011/16/UE. A tal fine ricordano anche che, a
norma dell’art. 31-bis, nella previgente versione, commi
4 e 5, del D.P.R. 600/73 (norma che recepisce la clausola
di segretezza di cui all’art. 7 della menzionata Direttiva),
“non è considerata violazione del segreto d’ufficio la
comunicazione da parte della Amministrazione finanziaria
alle autorità competenti degli altri Stati membri delle
informazioni atte a permettere il corretto accertamento
delle imposte sul reddito e sul patrimonio”. Pertanto, sia la
normativa comunitaria sia quella nazionale legittimano
l’operato dell’Amministrazione finanziaria italiana che non
si pone in contrasto con il diritto alla riservatezza.
Inoltre, con specifico riferimento al “segreto bancario”, la
Corte ha sottolineato che i valori sui quali si basa il diritto
alla riservatezza dei dati bancari sono secondari rispetto
al primario principio di capacità contributiva imposto ad
ogni contribuente in virtù dell’art. 53 della Costituzione,
cui si associa il fondamentale obiettivo di contrastare i
paradisi fiscali e l’evasione fiscale.
Infine, secondo la Corte non sarebbe configurabile
nemmeno una violazione dell’art. 24 della Costituzione,
in quanto il contribuente ha la piena facoltà di sostenere
le proprie difese per contrastare un indizio, quale il
contenuto della lista Falciani, che il giudice di merito deve
prendere in considerazione a favore o contro il fisco.
Parimenti, ritiene la Corte non sussistente una violazione
dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
in quanto tale disposizione “non disciplina espressamente
le questioni relative all’ammissibilità delle prove che sono
disciplinate dalla legge nazionale”.
In sintesi, la Corte con le menzionate ordinanze ha
riconosciuto l’utilizzabilità della lista Falciani nel
processo tributario in quanto costituisce un indizio che
il giudice deve tenere in considerazione e che, anche
preso singolarmente, può risultare idoneo a giustificare la
pretesa fiscale.
E’ il caso, inoltre, di evidenziare che la stessa Corte,
successivamente all’emissione delle dette ordinanze, si è
nuovamente occupata della lista Falciani con l’ordinanza
n. 9760 del 13 maggio 2015.
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 7
Confermando la mera natura indiziaria della lista, la cui
utilizzabilità ai fini tributari è sindacabile dal giudice
di merito, la Corte ritiene che ad essa possano essere
contrapposti “altri indizi che inducano a giungere ad una
ricostruzione dei fatti difforme dai dati ricavabili dalla
lista”.
D’altra parte, spetterebbe ai giudici di legittimità di
“valutare che gli indizi possiedano una qualche capacità
probatoria”, sulla base di un’analisi complessiva e
sistematica, e non frazionata, del materiale indiziario.
Secondo la Corte, tuttavia, per potere effettuare tale
valutazione è necessario sollevare questioni rilevanti:
ciò non è stato fatto nel giudizio in questione. Pertanto,
i giudici di legittimità in accoglimento del ricorso
dell’Agenzia delle Entrate, hanno cassato la sentenza con
rinvio alla CTR in quanto hanno ritenuto che i giudici di
merito avessero svolto “un’analisi frazionata del materiale
indiziario offerto dall’Ufficio” realizzando una violazione
dell’art. 2769 del codice civile. In particolare, secondo i
giudici di legittimità, la CTR ha tralasciato di considerare
“la valenza probatoria delle circostanze soggettive e
oggettive” che hanno portato le Autorità fiscali francesi
all’acquisizione della Lista Falciani e trasmissione della
stessa in forza delle direttiva 77/799/CEE.
A seguito di tali ordinanze, si potrebbe creare il rischio
che l’Agenzia delle Entrate utilizzi dei semplici dati
finanziari di cui sia venuta in possesso per finalità di
accertamento precludendo così l’accesso del contribuente
alla procedura di collaborazione volontaria.
Tuttavia, si evidenzia che la mera inclusione del
nominativo del contribuente nella lista non costituisce
causa ostativa ai fini dell’accesso della procedura di
voluntary disclosure in quanto ai sensi del comma 2
dell’articolo 5-quater del decreto Legge 28 giugno 1990,
n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto
1990, n. 227, e recante la disciplina del cosiddetto
“monitoraggio fiscale”, la facoltà di accedere alla detta
procedura è preclusa qualora l’autore della violazione
abbia avuto la formale conoscenza: “a) dell’inizio di
accessi, ispezioni o verifiche; b) dell’inizio di altre attività
amministrative di accertamento; c) della propria condizione
di indagato o di imputato in procedimenti penali per
violazione di norme tributarie”.
In ultima analisi, si segnalano i riflessi che tali
pronunce di legittimità hanno oltre che sul piano
marcatamente giuridico, anche su quello della procedura
di collaborazione volontaria (introdotta con Legge n.
186/2014), meglio nota come voluntary disclosure. Tale
procedura permette ai contribuenti, che hanno commesso
violazioni ai fini del monitoraggio fiscale delle attività
finanziarie e patrimoniali detenute all’estero e delle
imposte sui redditi, di regolarizzare la propria posizione
con il Fisco italiano.
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 8
Agenzia delle Entrate circolare 18/E - chiariti gli effetti
della declaratoria di incostituzionalità della Robin Tax?
(Claudio Valz – Piera Penna)
Circular Letter no. 18/E 2015 of the
Italian Tax Authorities: clarifications
on the effects related to the decision
on the unconstitutionality of the
“Robin Hood Tax”
“On April 28, 2015, the Italian Tax Authorities issued
the Circular Letter no. 18/E which provided several
clarifications relevant to the effects of the decision no. 10
of the Constitutional Court , dated February 11, 2015,
which declared unconstitutional the “Robin Hood Tax”.
The main points addressed in the Circular Letter are the
timing for the new rule to enter into force, the use of the
Robin Hood tax credit and the use of tax losses carried
forward .”
Lo scorso 28 aprile l’Agenzia delle Entrate ha emesso
la circolare 18/E finalizzata a chiarire gli effetti della
sentenza n. 10 dell’11 febbraio 2015 con cui la Corte
Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
della c.d. “Robin Tax” (“RHT”) l’addizionale delle imposte
sui redditi a carico dei soggetti operanti nel settore
energetico e petrolifero, introdotto dall’art. 81, cc 16 – 18
del D.L. 112 del 25 giugno 2008.
Tale sentenza aveva dichiarato l’incostituzionalità
della norma principalmente in quanto in contrasto
con gli art. 3 e 53 della Costituzione che sanciscono il
principio di eguaglianza ed il dovere del contribuente
di concorrere alle spese pubbliche secondo la propria
capacità contributiva (si veda sul tema l’articolo della TLS
Newsletter n. 3 del 12 marzo 2015).
La medesima sentenza ha altresì stabilito che tale
declaratoria non potesse essere retroattiva in forza
dell’art. 81 della nostra Costituzione (così come
modificato dalla Legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile
2012) che contiene il principio di equilibrio del bilancio
dello stato ed ha stabilito l’efficacia della declaratoria a
far data dal 12 febbraio scorso, giorno di pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale.
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 9
Ma che significa in concreto far decorrere l’efficacia dal 12
febbraio? Forse che non sono dovuti i debiti con scadenza
successiva a quella data, come ad esempio il 16 giugno
2015? Oppure che non si applica più a partire dagli
esercizi in corso a quella data? O a quelli che iniziano
dopo quella data? O cos’altro?
Subito all’indomani della declaratoria sono stati
evidenziati dalla dottrina i dubbi applicativi e sono sorte
le più diverse teorie circa la sua efficacia, non fosse altro
per iscrivere correttamente la fiscalità corrente e differita
nei bilanci che proprio in quei giorni si stavano definendo.
Si pensi ad esempio al contributo di Assonime ed alla
nota del 12 febbraio ed alla successiva circolare n.5 del 6
marzo.
consolidante di un eventuale consolidato fiscale ai sensi
dell’art. 7, comma 1, lett. b del D.M. 9 giugno 2004.
Non è invece possibile trasferire il credito per eccedenze
ai sensi dell’art. 43-ter del DPR 602/1973, 0ssia mediante
indicazione nel quadro RK del modello UNICO.
I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Rilevanza delle perdite pregresse ai fini dei
presupposti applicativi della RHT
Decorrenza
Utilizzo di perdite pregresse
La circolare chiarisce inoltre che le perdite pregresse
concorrono alla determinazione della base imponibile (i.e.
ad abbattimento del “reddito imponibile”) ai sensi dell’art.
84, a prescindere dal periodo d’imposta in cui sono
maturate, quindi anche precedenti a quelli in cui è stata
vigente l’addizionale.
In tale contesto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate
con la citata circolare sostenendo che la “declaratoria di
incostituzionalità della RHT non possa produrre effetti sulle
obbligazioni tributarie riguardanti adempimenti relativi ai
periodi d’imposta chiusi in data antecedenti al 12 febbraio
2015”.
Tenuto conto che la RHT si applica a tutti gli operatori
operanti nel settore petrolifero ed energetico che, nel
periodo d’imposta precedente a quello di riferimento,
abbiano conseguito un reddito imponibile superiore a 300
mila Euro, l’Agenzia nella circolare ha chiarito che, per
la verifica di tale parametro, occorre fare riferimento al
reddito imponibile al netto delle perdite pregresse come
stabilito dall’art. 84 del TUIR.
Pertanto i soggetti con esercizio “solare” saranno tenuti
al versamento del saldo dovuto per il 2014, previsto
per il prossimo 16 giugno, benché l’incostituzionalità
dell’importo sia ormai acclarata.
Alla luce di questo chiarimento ben hanno operato quei
soggetti che nei bilanci relativi al 2014 hanno iscritto
la RHT tra le imposte correnti, stralciando la fiscalità
differita.
L’Agenzia, infatti, ritiene che “il legislatore, tramite il
riferimento al reddito imponibile, abbia voluto individuare
una grandezza che rappresenti la capacità del contribuente
di produrre un reddito, determinato tenendo conto dell’
influenza di fattori straordinari quali il riporto delle perdite
pregresse”
I soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare,
invece, non saranno assoggettati alla RHT a partire
dall’esercizio in corso al 12 febbraio 2015.
L’Agenzia nella medesima circolare spiega come trattare
eventuali eccedenze di RHT e – ormai in extremis –
risponde ad alcuni quesiti che le sono stati rivolti sul tema
negli ultimi tempi.
Utilizzo delle eccedenze RHT
L’Agenzia pur ricordando la natura della RHT di
maggiorazione dell’IRES ordinaria, ritiene che tale
addizionale mantenga una “specifica connotazione” che
non permetterebbe di qualificare eventuali versamenti in
eccesso quali eccedenze IRES in senso proprio.
Da ciò discenderebbe che la compensazione tra IRES
ed eventuali eccedenze RHT non configurerebbe una
compensazione “verticale”, ossia all’interno del medesimo
tributo.
Al contrario, tali compensazioni potranno essere operate
nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 17 del D.Lgs.
241/1997 in tema di compensazione orizzontale.
Occorrerà pertanto verificare che non sia oltrepassato il
limite di compensazione annuo pari a 700 mila Euro.
In alternativa le eccedenze potranno essere recuperate
richiedendole a rimborso oppure trasferendole alla
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Conclusioni
Con riferimento al tema della decorrenza degli effetti
della sentenza, la posizione dell’Agenzia delle Entrate
è che è dovuto il versamento del saldo della RHT per il
2014 in scadenza del prossimo 16 giugno e non è possibile
chiedere i rimborsi per i versamenti effettuati sino ad ora,
benché in forza di una norma dichiarata incostituzionale.
Segnaliamo, però, che la Commissione Tributaria
Provinciale di Reggio Emilia, con sentenza n. 217/3/2015
del 14 maggio 2015, ha dato ragione ad un contribuente
che, argomentando contraddizioni contenute nella
sentenza della Corte Costituzionale, ricorreva contro
il silenzio rifiuto dell’Agenzia a seguito dell’istanza di
rimborso della RHT ad oggi versata.
In altre parole, anche se si tratta solo di una sentenza di
primo grado, il capitolo relativo alla “Robin Hood Tax”,
non appare definitivamente chiuso.
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 10
Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti
all’estero: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate:
la Circolare 5 marzo 2015, n. 9/E
(Leonardo Penna)
Foreign Tax Credit: Italian Tax
Administration provides the relevant
instruction
On March 2015 the Italian Tax Revenues Agency issued
an explanatory memorandum in which important
clarifications have been provided in respect of the foreign
tax credit mechanism. The long document – we are talking
about of 80 pages – includes an analytical description of the
way in which the foreign tax credit has to be determined and
of the requisites for its entitlement; furthermore, also some
doubts related its practical application have been solved.
Si è ormai giunti alla scadenza dei pagamenti delle
imposte da parte delle Società ed alla compilazione della
dichiarazione dei redditi. Il prospetto di liquidazione
delle imposte assume dunque un rilievo di tutta evidenza,
risultando da esso la posizione debitoria ovvero creditoria
del contribuente.
Tra gli elementi che contribuiscono alla determinazione
del saldo delle imposte dovute, vi è quello rappresentato
dai crediti per imposte pagate all’estero. Fattispecie
sempre più ricorrente in un contesto in cui le imprese
italiane hanno dovuto guardare ai mercati esteri per
supplire alle carenze della domanda interna.
Può, quindi, essere vista positivamente l’emanazione
della Circolare n. 9/E da parte dell’Agenzia delle Entrate,
ancorché dopo oltre un decennio dall’introduzione del
vigente articolo 165 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917,
considerato che fino ad ora non vi erano stati interventi
organici da parte dell’Amministrazione finanziaria
finalizzati a fornire chiarimenti sugli aspetti operativi e
sul funzionamento del sistema del credito d’imposta per le
imposte pagate all’estero da soggetti residenti in Italia.
Ed invero, il corposo documento (si tratta di circa 80
pagine) ha creato interesse nella stampa specializzata
con diversi interventi di qualificata dottrina che hanno
analizzato i principali aspetti di interesse contenuti nel
documento dell’Amministrazione.
Senza aver l’ambizione della completezza, in questa sede
si intendono richiamare alcuni aspetti di interesse per i
soggetti IRES, anche in ragione dei chiarimenti e delle
precisazioni che l’Agenzia delle Entrate ha voluto fornire
su tematiche fino ad ora oggetto di dibattito.
Finalità del credito di imposta
L’ordinamento fiscale italiano ha adottato il credito
d’imposta (c.d. “foreign tax credit”) sui redditi prodotti
all’estero dai propri residenti quale rimedio principale
per evitare (ovvero mitigare) i fenomeni di doppia
imposizione internazionale, fenomeno che si verifica per
effetto della concorrenza di pretese impositive di più Stati
che esercitano le rispettive potestà tributarie sulla base di
criteri non coordinati tra loro. In particolare, tale conflitto
si verifica tipicamente tra lo Stato della fonte del reddito
e lo Stato della residenza del percipiente (beneficiario)
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 11
del reddito, laddove il primo applichi il principio di
territorialità e il secondo adotti un approccio di tassazione
del reddito mondiale (il cosiddetto “worldwide principle”).
Come già accennato in precedenza, il sistema del credito
per le imposte estere è regolato dall’articolo 165 del TUIR,
inserito dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344,
applicabile a tutti i soggetti IRPEF e IRES.
Nella sua attuale formulazione, per quanto qui interessa,
detto articolo fornisce:
• l’esplicitazione delle modalità di calcolo della quota
d’imposta italiana riferita al reddito estero, la quale è
il parametro di riferimento per la determinazione del
credito di imposta;
• la definizione di “reddito prodotto all’estero”, a fronte
del quale il contribuente, avendone i requisiti, può
beneficiare del credito di imposta;
• un meccanismo di tutela per il contribuente,
rappresentato dalla possibilità di riporto in avanti e
indietro delle eccedenze di imposta sia italiana che
estera (applicabile ai soli titolari di reddito d’impresa),
per non lasciare inutilizzato l’eventuale credito non
fruito in un determinato periodo d’imposta;
• disposizioni specifiche in relazione alle modalità di
determinazione del credito di imposta per i casi in cui
il reddito cui lo stesso afferisce concorra in misura
parziale all’imponibile del contribuente.
In relazione a ciascuno dei predetti punti verranno
riproposti nel seguito alcune delle considerazioni
formulate dall’Agenzia delle Entrate nella propria
circolare.
Il credito di imposta per le imposte pagate
all’estero: condizioni per la sua fruizione
Sono tre le condizioni che l’art. 165 TUIR richiede ai fini
della fruizione del credito di imposta:
1. la produzione da parte del contribuente di un “reddito
all’estero”, secondo la definizione che sarà di qui a
breve oggetto di specifico commento;
2. il concorso di tale reddito estero alla formazione del
reddito complessivo del residente;
3. il pagamento di imposte estere a titolo definitivo.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 165 del TUIR, “i redditi
si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri
reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare
quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
Il legislatore ha quindi adottato, nella individuazione
del reddito prodotto all’estero il cosiddetto criterio della
lettura “a specchio”, secondo cui i redditi si considerano
prodotti all’estero sulla base dei medesimi criteri di
collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per
individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato. E ciò
ancorché tale impostazione fosse stata piuttosto criticata
dalla dottrina, in ragione delle diverse finalità che la
disposizione dell’art. 23 si ripropone rispetto a quella del
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credito di imposta, così come osservato dalla qualificata
dottrina1: la prima infatti è atta a “individuare uno specifico
e sufficientemente intenso criterio di collegamento con il
territorio dello Stato in relazione a ciascuna delle categorie
reddituali dei non residenti, in ragione del “trattamento
isolato” cui esse sono destinate” mentre il secondo è
finalizzato a “contrastare il fenomeno della doppia
imposizione internazionale, attraverso il recupero (totale o
parziale) delle imposte assolte all’estero sui medesimi redditi
tassati in Italia, laddove per i soggetti residenti l’imposta
dovuta in Italia prescinde ex se dal grado di connessione
tra territorio e il relativo reddito, essendo questo ivi tassato
indipendentemente dal luogo in cui è stato conseguito.”
Chiarisce sul punto in via definitiva l’Amministrazione
finanziaria che la definizione interna di “reddito prodotto
all’estero” si rende applicabile solo nei casi in cui non sia
in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni
tra l’Italia e lo Stato della fonte del reddito. Diversamente,
laddove risulti applicabile la norma convenzionale il
diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a
qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha
assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica
Convenzione applicabile.
Tra le considerazioni sviluppate dall’Agenzia in relazione
all’applicazione della predetta “lettura a specchio” ai casi
di redditi prodotti dai soggetti IRES, merita a parere di chi
scrive un particolare cenno quanto osservato in relazione
ai redditi derivanti da prestazioni commerciali effettuate
in un altro Stato in assenza di una stabile organizzazione.
Al riguardo, dopo aver sottolineato che tali redditi non
possono essere considerati prodotti all’estero, con la
conseguenza che le imposte ivi pagate non risultano essere
detraibili, l’Agenzia concede una apertura riconoscendo
che in tali casi, le imposte estere che difettano del
presupposto applicativo dell’articolo 165 del TUIR
possono essere considerate componenti negativi deducibili
ai fini della determinazione del reddito complessivo, in
tal modo evitando una ulteriore penalizzazione in capo al
contribuente.
Diversamente, nell’ipotesi in cui l’imposta pagata nello
Stato estero, accreditabile ai sensi dell’articolo 165 del
TUIR, non risulti completamente detraibile per effetto del
peculiare meccanismo applicativo previsto dalla disciplina
in esame la stessa non potrà essere dedotta né altrimenti
recuperata in Italia (situazione che può verificarsi anche
laddove lo Stato della fonte applichi un prelievo in misura
superiore a quello previsto convenzionalmente).
si veda ad esempio, Giulio Andreani e Angelo Tubelli,
ne Il Fisco n. 14, 2015
1
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 12
Non è, invece, stato trattato dall’Amministrazione
finanziaria il caso, invero non infrequente, in cui vi sia una
differente qualificazione del reddito da parte dello Stato
della fonte rispetto a quello del beneficiario, in particolare
ai fini della sua inclusione o meno nell’ambito delle
categorie reddituali previste dalle singole Convenzioni
contro le doppie imposizioni e del regime di tassazione
ad esso connesso. Si pensi, ad esempio, ai corrispettivi
riconosciuti a fronte di determinate tipologie di servizi
(es: servizi tecnico - ingegneristici) la cui riconduzione o
meno nell’ambito del concetto di “canoni” ne determina il
regime impositivo (assoggettamento o meno a ritenuta)
nello Stato della fonte garantendo il riconoscimento
del credito di imposta per il beneficiario. Situazioni in
cui contribuente ed Amministrazione finanziaria sono
giunti ad una diversa qualificazione della tipologia del
flusso reddituale sono sfociati in contenziosi spesso
lunghi e costosi. La presente Circolare poteva forse
essere l’occasione per confermare che, in tali situazioni
di contrasto, dovrebbe darsi prevalenza alla definizione
del flusso reddituale come attribuita dallo Stato della
fonte, non potendo la stessa essere messa in discussione
da parte dell’Amministrazione dello Stato del beneficiario
e ciò anche in aderenza a quanto previsto dalle line guida
dell’OCSE.
Al contrario, rimane irrilevante il fatto che l’imposta
possa essere modificata a sfavore del contribuente,
come nel caso in cui la stessa si riferisca a redditi
ancora assoggettabili ad accertamento da parte delle
Amministrazioni fiscali degli Stati esteri.
Il concorso del reddito estero alla formazione
del reddito complessivo del residente
Al riguardo, l’Agenzia fornisce un utile elenco della
documentazione probatoria a supporto dell’ammontare
dei crediti di imposta esteri scomputati in dichiarazione:
• un prospetto recante l’indicazione, separatamente
Stato per Stato, dell’ammontare dei redditi prodotti
all’estero, l’ammontare delle imposte pagate in
via definitiva in relazione ai medesimi, la misura
del credito spettante, determinato sulla base della
formula di cui al primo comma dell’articolo 165 del
TUIR;
• la copia della dichiarazione dei redditi presentata
nel Paese estero, qualora sia ivi previsto tale
adempimento;
• la ricevuta di versamento delle imposte pagate nel
Paese estero;
• l’eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha
corrisposto i redditi di fonte estera;
• l’eventuale richiesta di rimborso, qualora non inserita
nella dichiarazione dei redditi.
Per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’articolo
165 del TUIR è necessario che i redditi prodotti all’estero
concorrano alla formazione del reddito complessivo del
soggetto residente.
Viene, quindi, confermato il principio per cui, nel
caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra solo
parzialmente alla formazione del reddito complessivo (è
ad esempio, il caso dei dividendi che in capo ai soggetti
IRES sono tassati nel limite del 5% dell’ammontare
incassato), anche l’imposta estera va ridotta in misura
corrispondente.
In altre parole, l’imposta estera di cui sarà possibile lo
scomputo dall’imposta italiana dovrà essere riparametrata
in termini percentuali all’ammontare che ha concorso a
formare il reddito imponibile. Richiamando il caso dei
dividendi, nell’ipotesi di ritenuta convenzionale al 5%,
solo il 5% di detta ritenuta potrà essere scomputata dalle
imposte italiane in quanto è in tale misura che il dividendo
ha concorso a formare il reddito imponibile.
La definitività delle imposte
Chiarisce l’Agenzia delle Entrate che la definitività
dell’imposta pagata all’estero coincide con la sua
“irripetibilità”, ossia con la circostanza che essa non è più
suscettibile di modificazione a favore del contribuente.
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La correlazione esistente tra imposta pagata in via
definitiva e il relativo reddito, non esclude per l’Agenzia
delle Entrate che l’imposta possa essere considerata
“definitiva” anche qualora il reddito sia ancora suscettibile
di verifica nello Stato estero in cui viene prodotto. Al
contrario, non possono considerarsi definitive le imposte
pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le
quali è prevista, sin dal momento del pagamento, la
possibilità di rimborso totale o parziale, anche mediante
“compensazione” con altre imposte dovute nello Stato
estero.
La definitività del pagamento delle imposte estere si
realizza nel periodo d’imposta in cui le stesse sono
state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo
d’imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto
in possesso della relativa certificazione. La certificazione,
infatti, ha valenza meramente probatoria e, pertanto, non
determina la definitività del pagamento del tributo.
La limitazione della detrazione per singolo
stato (per country limitation)
Da ultimo, merita un cenno la tematica legata alla
limitazione della detrazione del credito di imposta laddove
questo origini da redditi prodotti in più Stati. Nel caso
di redditi prodotti in più Stati esteri, infatti, il legislatore
fiscale italiano ha adottato un meccanismo finalizzato
alla limitazione del beneficio, cosiddetto “per country”
prevedendo, al comma 3 dell’articolo 165 del TUIR, che
la detrazione debba essere effettuata separatamente per
ciascuno Stato.
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 13
Ciò significa che dopo aver determinato il credito e le
eccedenze relative a ciascuno Stato, occorre verificare
se il totale dei crediti, separatamente determinati, trovi
capienza nell’imposta netta totale italiana. In caso
affermativo, il totale dei crediti attribuibili a ciascuno
Stato potrà essere portato in detrazione per il suo intero
ammontare e occorrerà memorizzare, separatamente per
ciascuno Stato estero, le eccedenze derivanti dal confronto
tra le imposte pagate a titolo definitivo in ciascuno Stato
estero e la quota d’imposta italiana di cui al comma 1
dell’articolo 165 del TUIR.
Sulle modalità di applicazione di tale principio,
l’Agenzia è intervenuta precisando che in assenza
di specifiche previsioni normative non può essere
disconosciuto il metodo convenzionale di riparto
che permette l’attribuzione del credito detraibile e
dell’eccedenza utilizzabile all’uno o all’altro Stato,
in funzione di valutazioni operate dal contribuente.
Tuttavia, un’allocazione discrezionale delle maggiori
eccedenze d’imposta estera tra i vari Stati esteri non può
che avvenire nel rispetto del principio della per country
limitation , sicché il contribuente, nel riallocare in modo
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discrezionale le maggiori eccedenze di imposta estera,
dovrà considerare che a ciascuno Stato non può essere
attribuita una detrazione maggiore di quella massima
spettante, avendo riguardo alla corrispondente imposta
lorda italiana, né un’eccedenza di imposta estera
maggiore di quella che trova capienza nell’imposta estera
effettivamente pagata.
Peraltro, deve essere osservato al riguardo lo schema
di decreto legislativo sulla internazionalizzazione delle
imprese in corso di emanazione espressamente prevede,
tra l’altro, l’eliminazione della suddetta limitazione, con
ciò ragionevolmente garantendo un concreto vantaggio ai
contribuenti che spesso, per dinamiche imprenditoriali,
si trovano ad essere penalizzati proprio per l’impossibilità
di recuperare in tutto o in parte le imposte assolte in
determinati Stati esteri.
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 14
Pubblicate le linee guida del Garante della Privacy
in materia di profilazione online
(Filippo Zucchinelli - Federica Facchini)
The Italian Data Protection Authority
publishes the guidelines concerning
the on line profiling of personal data
With the adoption of the guidelines on the online profiling
of personal data, the Italian Data Protection Authority
has identified specific rules and measures that should be
adopted and followed by all web operators for performing
the online profiling in compliance with the data protection
law. According to such guidelines, the web operators should
provide the users with information clear and complete,
request and obtain the relevant consent (giving also the
possibility to revoke it at any time), and offer identical
mechanism of protection also to the users who do not have
a specific account for benefiting of the services offered
thorough the website. The adopted guidelines harmonize
and clarify the management of the profiling activities, which
are aimed to identify a “profile” of the user and use it for
personalizing and customizing the services or promotions
offered to the same user. The adopted guidelines shall have
to be observed by all the operators who are established in the
Italian territory and offer on line services.
L’Autorità garante per la protezione dei dati personali
(di seguito il “Garante” o anche l’“Autorità”), con
provvedimento emesso in data 19 marzo 2015, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 6 maggio 2015, ha
emesso le linee guida in materia di trattamento di dati
personali per profilazione on line (di seguito le “Linee
Guida”).
Le Linee Guida si rivolgono a tutti gli operatori
professionali, stabiliti sul territorio nazionale, che
forniscono servizi online (quali motori di ricerca, posta
elettronica, mappe on line, social network, pagamenti
elettronici, cloud computing); l’esigenza dell’adozione
di tali linee guida, nasce dalla necessità di uniformare e
definire, anche da un punto di vista prettamente pratico,
specifiche regole di condotta nell’ambito di un contesto,
come quello odierno, in cui proliferano innumerevoli
fornitori di servizi accessibili al pubblico tramite le reti di
comunicazione elettronica.
La profilazione online
I numerosi servizi on line di cui possono beneficiare,
con indubbio vantaggio, gli utenti della rete internet,
consentono ai fornitori dei servizi stessi, l’accesso ad un
ampio spettro di dati che possono essere utilizzati anche ai
fini della c.d. “profilazione online”.
La profilazione online consiste nell’attività di analisi ed
elaborazione di dati riferibili agli utenti, volta per lo più
ad individuare categorie omogenee per comportamenti
o caratteristiche. Tale attività permette di riproporre agli
stessi utenti, pubblicità, prodotti e servizi mirati, frutto
dell’analisi e del monitoraggio del comportamento e delle
preferenze che gli utenti adottano sul web, sfruttandone,
in tal modo, commercialmente i profili. Il Garante
avverte che tale attività di elaborazione dei dati consente
agli operatori del web di giungere “all’identificazione
inequivoca del singolo utente (cd. single out) ovvero del
terminale e, per il suo tramite, anche del profilo, appunto,
di uno o più utilizzatori di quel dispositivo”. La rilevanza di
questo genere di attività, da un punto di vista della tutela
dei dati personali non è, quindi, di poco conto.
Secondo il Garante, gli scopi della profilazione online
possono essere molteplici, tra cui:
• la messa a disposizione di servizi sempre più mirati e
customizzati sulle specifiche esigenze dell’utente;
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 15
• l’offerta di pubblicità personalizzata, con un
conseguente maggior grado di probabilità di successo
(ma, al contempo, anche di pervasività) rispetto a
messaggi promozionali generici;
• l’analisi ed il monitoraggio dei comportamenti dei
visitatori dei siti web;
• lo sfruttamento commerciale dei profili ottenuti, utili
per fornire indicazioni sulle propensioni al consumo
di beni e servizi.
I risultati della profilazione online possono, in particolare,
costituire una fonte di guadagno da conseguirsi
sia in forma diretta (per il tramite di un’attività di
compravendita di interi pacchetti di utenti profilati) sia in
forma indiretta (per esempio, a scopi pubblicitari).
Osserva poi, il Garante, che gli utenti possono essere
distinti tra coloro che ricorrono a determinati servizi
tramite un account ottenuto a seguito di una procedura di
registrazione al sito a cui accedono (cd. utenti autenticati)
e coloro che semplicemente “navigano nel web” ed
accedono ai siti internet beneficiando dei servizi dagli
stessi offerti senza necessità di previa autenticazione (cd.
utenti non autenticati).
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, l’Autorità si
è, pertanto, preoccupata di individuare una serie di regole
e misure finalizzate a garantire un puntuale rispetto della
normativa in materia di trattamento dei dati personali ed
un’efficiente ed omogenea tutela degli utenti.
Nello specifico, affinché possa sussistere e ritenersi
integrata un’appropriata tutela dei soggetti coinvolti, il
Garante ha sottolineato l’importanza dei seguenti aspetti:
• modalità e contenuto dell’informativa fornita agli
utenti con specifico riguardo alle finalità ed alle
modalità del trattamento dei dati personali;
• richiesta del consenso degli utenti, nonché rispetto
del relativo diritto di opposizione, con riferimento
all’attività di profilazione sostanzialmente effettuata
mediante il trattamento, in modalità automatizzata,
dei dati personali degli utenti autenticati per la
fornitura di servizi di inoltro e ricezione di email;
l’incrocio di dati personali raccolti in relazione
alla fornitura ed utilizzo dei diversi servizi messi a
disposizione dell’utente; l’uso di identificatori (quali
credenziali di autenticazione, fingerprinting e simili)
necessari per ricondurre a soggetti determinati
o, comunque, identificati o identificabili, schemi
comportamentali ricorrenti in merito all’uso dei
servizi offerti (pattern);
• rispetto del principio di finalità nella conservazione
dei dati personali degli utenti.
Informativa
In primo luogo, il Garante pone l’attenzione
sull’importanza dell’informativa che deve essere resa
agli utenti in quanto ineludibile presupposto per
un’espressione consapevole del consenso al trattamento
dei dati personali che li riguardano.
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Considerata l’importanza che riveste l’informativa,
l’Autorità fornisce alcune indicazioni di tipo pratico,
chiarendo che l’informativa stessa dovrà essere facilmente
accessibile, chiara e completa nonché esaustiva e ben
visibile già dalla prima pagina del sito, tanto da suggerire
che l’accesso al testo possa eseguirsi con un solo click da
parte del visitatore della pagina web.
Inoltre, il Garante - pur ritenendo accettabile l’adozione
di un’informativa strutturata su più livelli - chiarisce
che dovrà essere evitata una stratificazione ed una
frammentazione eccessiva delle informazioni e che, in
conseguenza di eventuali aggiornamenti, l’utente dovrà
essere messo nelle condizioni di poter comprendere e
valutare gli eventuali cambiamenti, anche ricorrendo a
sistemi di raffronto delle diverse versioni.
Nel caso in cui si opti per un’informativa articolata su più
livelli, il Garante ipotizza una specifica struttura che dovrà
contenere una serie di informazioni a seconda dei “livelli”
di accesso, nel rispetto dei seguenti criteri:
• un primo livello, visibile tramite l’immediato accesso
dalla pagina visitata, contenente tutte le informazioni
di maggiore importanza tra cui:
-i trattamenti dati effettuati;
-la tipologia di dati personali oggetto di
trattamento;
-la qualifica del titolare ed i relativi estremi
identificativi;
-l’indicazione di eventuali responsabili del
trattamento;
-un indirizzo presso cui gli utenti possono
esercitare agevolmente i propri diritti;
-l’indicazione delle finalità di profilazione
perseguite attraverso le diverse modalità
utilizzate dal titolare;
-le modalità di acquisizione del consenso,
qualora richiesto;
• un secondo livello, accessibile dal primo, con
ulteriori dettagli sui servizi offerti. Questo livello può
prevedere specifiche e chiarimenti di dettaglio con
riferimento alle informazioni, magari più sintetiche,
rese nel primo livello, tra cui i rischi connessi alla
fruizione dei servizi.
Consenso
Con riferimento al rilascio del consenso, l’Autorità
richiama, in primo luogo, quanto disposto dall’art. 23,
Codice in materia di protezione dei dati personali (il
“Codice”) il quale subordina il trattamento dei dati
personali dell’interessato al rilascio del relativo consenso;
tale consenso, per ritenersi valido, deve essere espresso
con riferimento ad una finalità di trattamento chiaramente
individuata, reso in forma libera e documentato per
iscritto previo rilascio dell’informativa sul trattamento dei
dati personali. Inoltre, le Linee Guida, richiamano l’art. 24
Codice che prevede una serie di circostanze al ricorrere
delle quali il trattamento dei dati può avvenire in assenza
del consenso dell’interessato e tra queste rientra anche
l’esecuzione di obblighi contrattuali. L’Autorità, infine,
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 16
ricorda come i principi generali relativi all’informativa
ed al consenso trovano un’ulteriore regolamentazione
specifica dettata dall’articolo 122 Codice in virtù del
quale l’archiviazione delle informazioni nell’apparecchio
terminale di un utente o l’accesso ad informazioni già
archiviate è possibile solo con il consenso dell’interessato
e previo rilascio dell’informativa, salvo che le attività
in questione non siano poste in essere unicamente per
erogare il servizio richiesto dall’utente.
Partendo da queste premesse e prendendo in
considerazione la specifica attività di fornitura del servizio
di posta elettronica per l’inoltro e la ricezione di messaggi,
il Garante ritiene che:
• il trattamento dei dati dell’interessato possa avvenire
in modalità automatizzata ed in assenza del consenso
laddove sia essenzialmente finalizzato ad erogare
il servizio richiesto dall’utente o svolgere attività di
natura tecnica strettamente connesse con la fornitura
dello stesso (quali l’impiego di filtri antispam, la
rilevazione di virus, la possibilità di utilizzare il
controllo ortografico, etc);
• il trattamento dei dati dell’interessato per finalità
diverse da quelle indicate al precedente punto e,
in particolare, per finalità di profilazione implica,
la necessità di ottenere il preventivo ed informato
consenso degli utenti.
Parimenti, anche l’attività di trattamento dei dati
finalizzata alla profilazione dell’utente mediante l’incrocio
dei dati raccolti in sede di fornitura ed utilizzo dei diversi
servizi messi a disposizione dell’utente stesso, comporta
la necessità per il titolare del trattamento di acquisire
il preventivo ed informato consenso dell’interessato,
non potendo richiamarsi uno dei casi di esonero di cui
all’articolo 24 Codice. Al riguardo, l’Autorità non ritiene
sufficiente la sola menzione di tali finalità di trattamento
nell’ambito dell’informativa laddove non sia, per
l’appunto, accompagnata dalla richiesta del consenso al
trattamento dei dati.
Alla stessa conclusione si deve pervenire anche con
riferimento alle attività di profilazione dei dati poste
in essere dal titolare mediante l’utilizzo di sistemi di
identificazione diversi dai c.d. “cookies” (quali credenziali
di autenticazione, fingerprinting, etc.). Tali sistemi di
identificazione si basano sul trattamento dei dati personali
dell’utente e consentono, in buona sostanza, al titolare
di pervenire all’identificazione inequivoca del terminale
(c.d. single out) ed al profilo del relativo utilizzatore.
A tal riguardo, l’Autorità si preoccupa di sottolineare
le differenze esistenti tra i c.d. “cookies” ed i c.d.
“fingerprinting”, precisando che:
• nel primo caso, l’attività di profilazione può essere
impedita direttamente dall’utente mediante rimozione
dei c.d. “cookies” in quanto archiviati sul proprio
dispositivo;
• nel secondo caso, l’utente non ha altra possibilità
che rivolgersi al titolare del trattamento in quanto il
c.d. “fingerprinting” risiede unicamente sui sistemi
del fornitore di servizi a cui l’utente stesso non ha
possibilità di accesso.
A conclusione delle proprie considerazioni con riferimento
al tema del consenso, il Garante precisa che: “In definitiva,
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appare allora evidente che, affinché i trattamenti di dati
effettuati per finalità di profilazione, anche realizzata con
diverse modalità, soddisfino i requisiti degli artt. 23, 24 e
122 del Codice, è necessario il consenso dell’interessato. Tale
consenso deve inoltre rispondere, ai fini della sua validità,
ai requisiti di legge e pertanto deve essere libero, acquisito in
via preventiva rispetto al trattamento medesimo, riferibile a
trattamenti che perseguono finalità esplicite e determinate,
informato e documentato per iscritto”.
Utente non autenticato ed utente autenticato
Come precisato in precedenza, i fornitori di servizi online
dovranno assicurare a coloro che intendono beneficiare
di tali servizi, un’adeguata informazione in relazione alle
finalità di profilazione dei dati e la possibilità di esprimere
o negare il proprio consenso a tale trattamento.
A questo riguardo, il Garante prospetta la possibilità di
adottare soluzioni che consentano l’acquisizione on line
del consenso dell’interessato, con modalità diversificate
a seconda che l’utente in questione sia autenticato o non
autenticato.
In caso di utente non autenticato, una adeguata tutela
della privacy può, infatti, essere conseguita prevedendo
già nella home page del sito internet un’apposita area
dedicata nella quale venga espressamente evidenziato
il fatto che il sito in questione tratta dati personali con
finalità di profilazione in conformità con modalità
specificatamente individuate. Tale area dovrà, inoltre,
contenere:
• un link di rinvio all’informativa che dovrà riportare
tutte le informazioni richieste dal Codice;
• un link ad una diversa area in cui l’utente possa
negare il consenso alla profilazione ovvero negarlo
solo per specifiche funzionalità/modalità;
• l’avviso che proseguendo la navigazione all’interno
del sito internet il consenso alla profilazione dei propri
dati si intenderà rilasciato.
Sulla base di quanto indicato nelle Linee Guida è
importante che l’area in questione “(…) sia parte
integrante di un meccanismo idoneo a consentire
l’espressione di una azione positiva nella quale si sostanzia la
manifestazione del consenso dell’interessato. In altre parole,
essa deve determinare una discontinuità, seppur minima,
dell’esperienza di navigazione: il superamento della presenza
dell’area visualizzata deve cioè essere possibile solo mediante
un intervento attivo dell’utente (appunto attraverso la
selezione di un elemento contenuto nella pagina sottostante
l’area stessa)”.
Qualora l’utente abbia acconsentito all’utilizzo dei propri
dati per le attività di profilazione con le modalità sopra
indicate, tale consenso sarà idoneo ad integrare il requisito
di forma scritta richiesto dall’art. 23 Codice.
Diversamente, il semplice accesso all’informativa o all’area
dedicata alla manifestazione delle scelte dell’utente non
equivale al rilascio del consenso in quanto tali azioni non
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 17
generano un “evento informatico” che possa consentire al
titolare del sito di documentare in maniera inequivocabile
la scelta dell’utente in relazione alla profilazione dei
propri dati.
Per quanto concerne l’utente autenticato, le Linee Guida
precisano che a tale categoria dovranno essere garantite
le medesime tutele previste con riferimento all’utente non
autenticato, con conseguente riconoscimento del diritto
di utilizzare, in qualsiasi momento, gli stessi meccanismi
di espressione, negazione e revoca del consenso al
trattamento dei propri dati per finalità di profilazione.
Il Garante rileva, peraltro, come anche l’utente autenticato
sia tenuto ad affrontare una fase della navigazione che
necessariamente precede l’attività di creazione di un
account o di accesso al sito web nella prima sessione
utile mediante autenticazione e relativa digitazione
delle proprie credenziali. E’ in tale fase preliminare,
pertanto, che deve essere proposto ai soggetti in questione
il medesimo meccanismo di acquisizione del consenso
previsto con riferimento alla categoria degli utenti
non autenticati “con la differenza, tuttavia, che se tali
utenti accettano di proseguire nella navigazione e dunque
esprimono il proprio consenso superando la discontinuità
artificialmente indotta per approdare, alternativamente,
o alla pagina di creazione dell’account (per i nuovi
autenticati) ovvero a quella nella quale viene visualizzata
la schermata in cui digitare le credenziali di autenticazione
(per quelli che già dispongono di un account), questa fase
della navigazione, che è il momento tipico nel quale il sistema
è in grado, in modo diretto ed inequivoco, di attribuire
comportamenti e scelte a soggetti determinati, non venga
gravata di ulteriori complessità”.
Infine, l’Autorità chiarisce che le scelte espresse dall’utente
non autenticato in relazione alla profilazione dei propri
dati hanno validità solo con riferimento al dispositivo
utilizzato ai fini dell’accesso alla rete internet, mentre in
caso di utente autenticato le scelte dovranno intendersi
riferite anche ai diversi dispositivi utilizzati dallo stesso,
stante la riconducibilità dei sistemi di identificazione
mediante utilizzo di credenziali di accesso ad un soggetto
individuato in re ipsa. Lo scopo è sostanzialmente
quello di tutelare l’utente senza rendere eccessivamente
frammentaria ed onerosa la navigazione e la fruizione dei
servizi on line.
consenso per l’utilizzo dei cookie; esse si inseriscono,
pertanto, in un contesto di sempre maggiore attenzione
alla tutela dell’utente on-line dal lato privacy.
Il Garante, con l’emanazione delle Linee Guida, ha
sostanzialmente voluto fornire regole più chiare per
chi svolge attività di profilazione on line, offrendo
anche spunti pratici e di immediata applicazione agli
operatori della rete ed indirizzando quest’ultimi verso
l’adozione di misure più adeguate ed omogenee, mirate
alla salvaguardia dei diritti di tutti gli utenti. Lo stesso
Garante, infatti, specifica che lo scopo dell’emanazione
del documento in commento, corrisponde a quello
di “armonizzare, semplificandole, le diverse modalità
attraverso le quali è possibile garantire il rispetto dei principi
applicabili in materia di protezione dei dati personali
nell’espletamento delle attività che caratterizzano la
fornitura di servizi on line. L’Autorità intende cioè fornire,
con le presenti Linee guida, regole di condotta uniformi che
attuino quei canoni e quei principi di semplificazione i quali
costituiscono uno degli obiettivi dell’azione istituzionale del
Garante.”
Una crescente attenzione dovrà, quindi, essere prestata
dagli operatori on-line che saranno chiamati a:
• fornire agli utenti informazioni chiare e complete,
mettendo quest’ultimi nella condizione di poter
concedere, negare e revocare in ogni momento il
consenso al trattamento dei propri dati personali per
finalità di profilazione on-line;
• offrire concrete tutele anche a coloro che non
dispongono di uno specifico account e
• conservare i dati proporzionalmente alle specifiche
finalità perseguite.
Sebbene le Linee Guida non siano di per sé vincolanti, sarà
opportuno che i soggetti nei cui confronti sono indirizzate
valutino attentamente il loro modus operandi in quanto
molti dei concetti riportati nelle stesse richiamano principi
già recepiti, a livello nazionale ed europeo, dalla vigente
legislazione in materia di trattamento dei dati personali.
Data Retention
In ultimo, il Garante ribadisce la necessità che gli
operatori adottino specifiche policy di data retention
al fine di definire tempi certi di conservazione dei dati
proporzionati alle specifiche finalità perseguite, nel
rispetto di quanto previsto dall’art. 11 Codice.
Conclusioni
Le Linee Guida fanno seguito ad un recente
provvedimento adottato dal Garante relativo
all’informativa semplificata ed all’acquisizione del
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 18
È illegittimo il licenziamento di un dipendente
divenuto disabile se il datore di lavoro non dimostra
l’impossibilità di adibirlo a mansioni equivalenti
(Gianluigi Baroni – Davide Neirotti – Maria Castiglione Minischetti)
The dismissal of an employee is
unlawful if he became disabled
and the employer has not proved
the impossibility to assign him to
equivalent tasks
Pursuant to sentence no. 4757 dated March 10th, 2015,
the Supreme Court has definitively stated that dismissing
an employee because of his recent disability and health
conditions without proving the impossibility to assign him to
different but equivalent tasks is unlawful.
With reference to the case at issue, the employer was not
able to demonstrate to have fulfilled the aforementioned
“repêchage” burden before terminating the employment
relationship and therefore the dismissal has been considered
unlawful.
La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata in
relazione alla fattispecie della sopravvenuta inidoneità
alla mansione e del conseguente licenziamento, tematica
di frequente dibattito.
In particolare, con sentenza n. 4757 del 10 marzo 2015, la
Suprema Corte ha dichiarato illegittimo un licenziamento
intimato ad un lavoratore per inidoneità dello stesso
allo svolgimento delle mansioni affidategli, a causa del
sopravvenuto peggioramento delle sue condizioni di
salute.
Con riferimento al caso di cui si tratta, confermando
quanto era stato stabilito dal Tribunale di Mantova,
la Corte d’Appello di Brescia aveva dichiarato che
l’interruzione del rapporto di lavoro fosse priva di efficacia
e, per l’effetto, aveva ordinato la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro.
Nello specifico, infatti, i Giudici di secondo grado avevano
rilevato che:
• il licenziamento era stato intimato soltanto a seguito
della visita effettuata dal medico competente
aziendale e prima che la commissione sanitaria si
pronunciasse in merito alla vicenda;
• il datore di lavoro aveva dichiarato l’impossibilità di
adibire il lavoratore allo svolgimento delle mansioni
al medesimo precedentemente assegnate, ovvero a
mansioni ad esse equivalenti, senza verificare alcuna
specifica e concreta possibilità di ricollocazione della
sua prestazione lavorativa.
Il datore di lavoro, per l’effetto, aveva proposto ricorso per
Cassazione lamentando:
• in primo luogo, la violazione degli articoli 1, 3 e
5 della Legge n. 604/1966, in quanto la sentenza
impugnata, nel prevedere che il datore di lavoro
dovesse valutare l’adibizione del dipendente ad altre
mansioni, anziché procedere al suo licenziamento,
si sarebbe riferita a mansioni che: (i) erano state
espletate da altri dipendenti, (ii) mai erano state
assegnate al lavoratore e (iii) non erano equivalenti
a quelle che erano state allo stesso precedentemente
attribuite;
• in secondo luogo, il vizio di motivazione in relazione
all’articolo 41 della Costituzione ed all’articolo 30
della Legge n. 183/2010, ritenendo che i Giudici
di merito avessero sindacato anche in ordine alle
valutazioni organizzative di competenza del datore di
lavoro.
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 19
La Corte di Cassazione, deliberando sui motivi di gravame
proposti, ha ritenuto che:
• il primo motivo di ricorso sia inammissibile in
considerazione dell’impossibilità di verificare
l’assolvimento dell’ “obbligo di repêchage” da
parte del datore di lavoro e rilevare la sussistenza
dell’impossibilità di assegnare il dipendente ad altre
mansioni;
• il datore di lavoro non abbia prodotto elementi utili
per provare l’effettiva impossibilità di impiegare il
lavoratore in mansioni equivalenti in un ambiente
consono al suo stato di salute ed evitare il
licenziamento;
• con riferimento alla presunta violazione dell’articolo
41 della Costituzione ed all’articolo 30 della Legge
n. 183/2010, il Giudice territoriale abbia “operato
solo una verifica della legittimità e veridicità di quanto
dallo stesso datore affermato [… ribadendo che]: si è
già affermato del resto che, se l’esercizio dell’attività
economica privata, garantito dall’art. 41 Cost., non
é sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall’autorità
giurisdizionale, esso deve svolgersi nel rispetto dei diritti
al lavoro e alla salute, sicché non viola la norma citata il
giudice che dichiara illegittimo il licenziamento intimato
per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni
assegnate, senza che il datore di lavoro abbia dimostrato
di aver accertato se il lavoratore potesse essere addetto a
mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti
di altri lavoratori o alterazioni dell’organigramma
aziendale”.
Con riferimento al caso di specie, verificata l’inidoneità
fisica del dipendente divenuto disabile ed inidoneo a
svolgere determinati compiti lavorativi, il datore di lavoro
avrebbe dovuto verificare nel concreto ed in via preventiva
la possibile ricollocazione dello stesso a svolgere mansioni
compatibili con la sua disabilità (assolvimento del cd.
“obbligo di repêchage”), prima di procedere al recesso dal
rapporto di lavoro.
Novità in materia di D.Lgs. n. 231/2001 a seguito
dell’approvazione del DDL cd. “Anticorruzione”
e del DDL cd. “Ecoreati”
(Pietro Orzalesi – Gianluca Borraccia)
The recent legislative innovations
concerning Legislative Decree
no. 231/2001
During May 2015, the Italian Parliament approved
two important legislative innovations concerning the
criminal offences that may determine an administrative
liability for entities pursuant to Legislative Decree no.
231/2001. The first one regards the introduction of
new environmental crimes from which may arise an
administrative liability for entities and in particular
the following offences: environmental pollution, death
or injuries as a result of environmental pollution,
environment disaster, traffic and abandonment of
highly radioactive materials, prevention of control and
omitting a mandatory reclamation.
The second one concerns some innovations on bribery
and corruption crimes and the reintroduction of
the possibility to punish the frauds in corporate
communication as a crime (and not as a mere offense)
to any entity (therefore also with reference to companies
which are not listed on regulated markets).
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Nel corso del mese di maggio 2015, il Parlamento ha
approvato definitivamente due disegni di legge che
introducono rilevanti novità in materia di responsabilità
amministrativa degli enti ex D. Lgs. n. 231/2001.
Si tratta, in particolare,
• della Legge 22 maggio 2015, n. 68, “Disposizione in
materia di delitti contro l’ambiente”, pubblicata in
Gazzetta Ufficiale in data 28 maggio 2015 ed entrata
in vigore il 29 maggio 2015, nonché
• della Legge 27 maggio 2015, n. 69, “Disposizioni in
materia di delitti contro la pubblica amministrazione,
di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”,
pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 30 maggio
2015 ed entrata in vigore il 14 giugno 2015.
Il primo provvedimento, approvato in data 19 maggio
colmando una lacuna che era stata da molti segnalata in
relazione al precedente intervento legislativo del 2011,
ha introdotto alcune nuove fattispecie delittuose in
materia ambientale (inquinamento ambientale, morte
o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento
ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di
materiale ad alta radioattività, impedimento di controllo
ed omessa bonifica) ed ha inasprito il trattamento
sanzionatorio in capo a persone fisiche e giuridiche.
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 20
Più precisamente, attraverso l’inserimento nel Libro II del
Codice penale del Titolo VI-bis, denominato “Dei delitti
contro l’ambiente”, sono state introdotte le seguenti nuove
fattispecie di reato (che costituiscono presupposto di
imputazione anche in capo all’ente):
• inquinamento ambientale (art. 452-bis Cod. pen.);
• disastro ambientale (art. 452-quater Cod. pen.);
• delitti di natura colposa contro l’ambiente (artt. 452bis, 452-quater e 452-quinquies, Cod. pen);
• delitti associativi aggravati dall’essere finalizzati alla
commissione di reati ambientali (art. 452-octies, Cod.
pen.);
• traffico ed abbandono di materiale altamente
radioattivo (art. 452-sexies, Cod. pen.).
Sono stati inoltre introdotti e modificati una serie di
articoli del Codice dell’Ambiente (D. Lgs. n. 152/2006, già
fonte della responsabilità delle persone giuridiche):
• il nuovo comma 4 dell’art. 257 (relativo alla
bonifica dei siti inquinati) rende applicabile alle
contravvenzioni ambientali la condizione di non
punibilità prevista dagli art. 242 e ss. dello stesso
Codice dell’Ambiente;
• all’art. 260 (inerente le attività organizzate per
il traffico illecito di rifiuti) è aggiunto il comma
4-bis, il quale prevede l’introduzione della misura
della confisca obbligatoria (anche di beni di valore
equivalente) per lo stesso reato;
• sono stati aggiunti gli artt. 318-bis e ss., relativi alla
disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e
penali in materia di tutela ambientale.
Infine, il comma 8 dell’art. 1 della Legge n. 68/2015,
c.d. “Ecoreati”, ha modificato l’art. 25-undecies del
D. Lgs. n. 231/2001, ampliando il catalogo dei reati
che costituiscono presupposto della responsabilità
amministrativa degli enti attraverso il richiamo delle
fattispecie di nuova introduzione con previsione di
sanzioni pecuniarie ed interdittive (i.e. inquinamento
ambientale, disastro ambientale, delitti di natura colposa
contro l’ambiente, delitti associativi aggravati dall’essere
finalizzati alla commissione di reati ambientali e traffico
ed abbandono di materiale altamente radioattivo) ed ha
aggravato il quadro sanzionatorio di quelli già presenti dal
2011.
Sono inoltre stati eliminati i parametri quantitativi che,
in precedenza, limitavano l’ambito applicativo delle
fattispecie, ora sostituiti da un più generico rinvio a “fatti
materiali”. Infine, è stato novellato integralmente l’art.
2622 Cod. civ., ora applicabile alle sole società quotate (o
assimilabili) con fattispecie oggi analoga a quella dell’art.
2621 Cod. civ. Inoltre, con riferimento alle persone
giuridiche, l’art. 12 della Legge n. 69/2015, modificando
la disciplina prevista dall’art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001,
ha inasprito le sanzioni pecuniarie previste a carico degli
enti per il reato di false comunicazioni sociali di cui
all’art. 2621 Cod. civ. (relativo alle società non quotate),
ora nella misura da 200 a 400 quote. Quanto al reato
di cui al 2622 Cod. civ. (inerente le società quotate),
le sanzioni pecuniarie previste sono oggi comprese tra
400 e 600 quote. Inoltre, in caso di lieve entità del fatto
(la quale viene valutata dal Giudice in base alla natura,
alle dimensioni della società e alle modalità o gli effetti
della condotta dolosa), le sanzioni pecuniarie l’ente sono
comprese tra 100 e 200 quote.
L’importanza di queste modifiche, unitamente alla recente
introduzione del reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1,
Cod. pen., richiamato dall’articolo 25-octies del D. Lgs.
n. 231/2001) rendono quindi necessaria ed attuale
per tutti gli enti una verifica dei propri modelli di
organizzazione gestione e controllo (i c.d. “Modelli
231”) al fine di valutarne l’aggiornamento e l’idoneità a
prevenire i nuovi reati introdotti dal nostro Legislatore
nel primo semestre del 2015. Si tratta certamente di una
attività importante e non procrastinabile, tenuto conto
della materialità ed estensione delle nuove fattispecie in
tema di responsabilità ambientale, alla possibile rilevanza
dei reati tributari in tema di responsabilità amministrativa
e, in generale, dell’inasprimento del quadro sanzionatorio
previsto dalle nuove norme.
La seconda rilevante novità in materia di responsabilità
amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001,
approvata dal Parlamento in data 21 maggio, è costituita
dalla riforma della disciplina delle false comunicazioni
sociali contenuta nella Legge n. 69/2015.
In generale, tra le novità di maggior rilievo che è possibile
individuare ad una prima lettura di questo nuovo
provvedimento vi è la reintroduzione della possibilità
di contestare la falsità delle comunicazioni sociali come
delitto (e non come mera contravvenzione) a qualunque
realtà societaria (quindi anche a società non quotate in
mercati regolamentati).
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TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 21
What about Italy?
Easy guide to your Italian business
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those people with entrepreneurial spirit who are interested
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This third edition of the publication is published in the year
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to be considered in any way exhaustive and does not exempt
potential investors from carrying out a more detailed
analys, PwC Tax and Legal Services (Italy) believes that the
questions and answers chosen provide an adequate scenario
of the tax and legal framework in Italy, thereby helping the
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Italian market.
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The guide is available in an interactive and free of charge
format on the website www.pwc-tls.it/
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PwC Tax and Legal Services ha il piacere di presentare
la terza edizione della propria pubblicazione “What
about Italy?”. Non è un caso che ciò avvenga nell’anno
in cui il nostro Paese ospita l’Expo, evento che meglio di
ogni altro esprime l’impulso dell’umanità a cercare un
contatto con il prossimo al fine di lavorare insieme sui
temi dell’innovazione, dello sviluppo di nuovi mercati e di
nuove relazioni commerciali.
“What about Italy?” vuole essere una guida operativa
idonea a comprendere e valutare, in modo semplice
ed immediato, gli impatti di natura fiscale e legale che
gli investitori nel territorio italiano devono gestire e gli
strumenti che possono utilizzare, fornendo un ampio
scenario dei principali istituti e strumenti normativi di
natura societaria, contrattuale, fiscale e giuslavoristica.
Redatta in inglese è disponibile gratuitamente, in versione
elettronica, sul sito www.pwc-tls.it/
Sebbene “What about Italy?” non abbia pretesa di
esaustività, PwC Tax and Legal Services ritiene che le
risposte selezionate forniscano una panoramica del
contesto legale e fiscale italiano, idoneo di conseguenza ad
agevolare l’investitore straniero nelle proprie valutazioni
prodromiche alle iniziative di business nel nostro Paese.
È, in ogni caso, evidente che questa pubblicazione
debba essere considerata solo come un strumento di
informazione preliminare alle ulteriori e più approfondite
analisi che il potenziale investitore deve svolgere. A questo
riguardo, PwC Tax and Legal Services è a disposizione per
fornire tutto il supporto tecnico necessario.
TLS Newsletter n° 6 15 giugno 2015 | Anno 9 | 22
Editore - Publisher
TLS - Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti
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