IL SURREALISMO: L`ARTE DEL SOGNO E DELL`INCONSCIO

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IL SURREALISMO: L`ARTE DEL SOGNO E DELL`INCONSCIO
IL SURREALISMO: L’ARTE DEL SOGNO E DELL’INCONSCIO
I primordi
È durante la prima guerra mondiale che prende vita il movimento surrealista. Questo evento tanto
cruento e sanguinoso, che portò i soldati e la popolazione all’esasperazione, spinse il gruppo
surrealista ad assumere un atteggiamento rivoluzionario nei confronti della realtà.
Il fondatore del movimento surrealista è il poeta André Breton, il quale comincia a maturare le sue
idee proprio durante la Grande Guerra. Si iscrive alla facoltà di Medicina, sebbene fosse interessato
agli studi umanistici e in particolare alla poesia. Infatti già nel 1914 riuscirà a pubblicare i suoi
primi poemi sulla rivista “La Phalange”. Allo scoppio della guerra è chiamato ad arruolarsi, ma
riesce a farsi allontanare dal fronte e viene trasferito al centro neurologico di Nantes, dove è medico
ausiliario.
Più tardi nel 1916 sotto sua richiesta viene trasferito all’ospedale psichiatrico di Saint Dizier, dove
venivano accolti soldati impazziti a causa della guerra e prigionieri in attesa di venir processati. Le
persone con cui è venuto a contatto Breton erano soldati che per lungo tempo avevano vissuto
ammassati nelle trincee continuamente sotto il tiro dell’artiglieria nemica. Quando cominciarono a
manifestare segni di squilibrio mentale vennero portati nei manicomi e qui gli venne diagnosticata
un nuovo tipo di malattia mentale, lo shock da combattimento. Impreparati, i medici tentavano di
curare i soldati con sedute di elettroshock, che assomigliavano più a delle torture.
Mentre si trova negli ospedali Breton comincia a manifestare il suo interesse per i malati psichiatrici
e gli angoli più oscuri della mente umana. Ed è in questo ambiente che nasce il futuro concetto di
surrealismo.
“Il tempo trascorso in quel luogo, e l’attenzione con la quale studiavo ciò che stava accadendo,
hanno contato immensamente nella mia vita e hanno avuto sicuramente un’influenza decisiva
sul mio modo di pensare.” (A. Breton – Gallimard, 1952)
Un opera che sintetizza gli orrori della guerra e la funzione della psicoanalisi è la Giraffa infuocata
di Salvador DalÍ. Questo dipinto è stato realizzato durante la guerra civile spagnola, fra il 1936 e il
1937. Una giraffa infuocata, simbolo di morte e violenza, si staglia sul paesaggio è cupo e desolato.
Le due figure femminili sono puntellate da molte stampelle lungo tutto il corpo e quella sullo
sfondo sventola un drappo rosso, simbolo di violenza. Quella in primo piano presenta fattezze
mostruose: al posto della testa ha una grande massa informe, le mani scheletriche sono ricoperte di
sangue. Lungo il suo corpo si aprono molti cassetti vuoti; sono i cassetti dell’inconscio, che
contengono spesso le paure e le paranoie dell’uomo, l’artista ha il compito di aprirli e analizzare il
loro contenuto in cerca della vera essenza dell’uomo. Lo stesso autore spiega il dipinto affermando
che dopo gli studi di Freud “il corpo umano è oggi pieno di cassetti che solo la psicoanalisi è in
grado di aprire”.
L’automatismo psichico
Breton legge gli scritti di Freud e applica le teorie psicoanalitiche sui malati e anche sulla scrittura.
Nel 1919 insieme a Soupault elabora la scrittura automatica, attraverso la quale il pensiero viene
liberato dal controllo della ragione e fa emergere la dimensione inconscia. Quella parte della mente
umana che altrimenti si coglierebbe solo nel sogno, e diventa così attiva anche nello stato di veglia,
mostrando il reale funzionamento del pensiero. Privo di freni inibitori morali o estetici, il pensiero
fluisce libero e raggiunge la surrealtà, una realtà superiore e assoluta in cui sogno e veglia si
compenetrano.
Il Surrealismo viene quindi definito dallo stesso Breton: “Surrealismo, n.m. Automatismo
psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in
qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di
qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o
morale” .
Ciò che interessa quindi ai surrealisti è far emergere l’io sepolto nella mente umana e scoprire i suoi
meandri più nascosti. Per fare questo bisogna rinunciare a quello che Freud ha chiamato super-Io e
liberare i sensi, liberare l’inconscio dalla razionalità che impedisce il fluire dell’immaginazione.
Nella filosofia freudiana il super-Io è infatti la coscienza morale dell’uomo, ovvero l’insieme delle
proibizioni imposte al bambino nei primi anni di vita. È quindi una sorta di educatore.
Per giungere a una pittura automatica, svincolata dai processi razionali della ragione, i pittori
elaborarono diverse tecniche. Tra queste troviamo il collage, l’accostamento di ritagli di giornali e
riviste in modo da creare forme irrazionali; il grattage, che consiste nel raschiare il colore sulla tela
per far emergere lo strato sottostante; e il frottage. Questa tecnica è stata elaborata da Max Ernst nel
1925 e consiste nello sfregare con una matita o un pastello su un supporto a contatto con una
superficie ruvida (sostanzialmente legno) che si vuole far risaltare. L’effetto prodotto si può notare
nel suo quadro Visione provocata dall’aspetto notturno della porta di Saint-Denis, dove riproduce
sulla tela le fattezze del legno.
Ernst scoprì questa tecnica ancora bambino: un pannello di mogano di fronte al suo letto produceva
come un’illusione ottica, le venature del legno creavano nella sua mente immagini che sentiva di
dover catturare per comprendere il significato di quell’ossessione. Così pose su di esso un foglio di
carta e lo sfregò con una matita.
Un altro “gioco surrealista” è quello dei “petits papiers”, in cui qualcuno scrive o disegna qualcosa
su un pezzo di carta che poi passa, senza mostrare il suo prodotto, al giocatore successivo, il quale
prosegue l’opera. Una volta risultò “il cadavere squisito berrà il vino novello”, da cui deriva il nome
con cui è noto il gioco, “Jue cadavre exquis“.
Freud – il metodo delle libere associazioni
Breton ha elaborato l’automatismo psichico pendendo spunto dal metodo delle libere associazioni
freudiano. Lavorando insieme a Breuer erano giunti dall’ipnosi al metodo catartico, ma Freud
compie un ulteriore passo e lo supera. Infatti esso non funzionava per tre motivi: non tutti i pazienti
potevano essere ipnotizzati e spesso il sintomo riemergeva, quindi in realtà il paziente non era
guarito. Inoltre non era possibile vincere le resistenze e operare il transfert.
RESISTENZA = difesa che si attua nel paziente contro l’emergere di contenuti rimossi.
TRANSFERT = proiezione sull’analista di una figura significativa per il paziente appartenete al suo
passato; in questo modo la relazione con tale figura viene rievocata e rivissuta dal paziente,
portando nuove informazioni.
Secondo Freud questi due momenti, che nell’ipnosi andavano completamente perduti, sono molti
importanti nella terapia poiché forniscono preziose informazioni sull’inconscio del paziente.
La prima paziente con cui mette in atto il metodo delle libere associazioni è Elizabeth, in cura nel
1892. Per prima cosa la fece stendere su un divano ad occhi chiusi, le chiese di concentrarsi e
cercare qualsiasi ricordo che potesse essere l’origine del suo sintomo. Quando erano in atto delle
resistenze poneva la mano sulla fronte della donna per cercare di superarle.
Importantissimo per Freud era che il paziente sapesse di dover eliminare qualsiasi tipo di censura ed
esprimere ogni pensiero, anche se era ritenuto irrilevante. Questa è la regola fondamentale del suo
nuovo metodo.
“Avrei potuto dirglielo al primo tentativo, ma pensavo che non fosse quello che Lei voleva.”
Elizabeth von R.
Procedendo nella terapia non furono più necessarie continue sollecitazioni del medico e il paziente è
libero di abbandonarsi al flusso dei propri pensieri. Si forma così nella mente del paziente una catena
associativa che porta al materiale rimosso e al trauma.
Il gesto di porre le mano sulla fronte venne abbandonato, mentre non venne mutata la posizione
sdraiata sul divano.
Il sogno
La svolta innovativa che ha permesso a Freud di abbandonare l’ipnosi e il metodo catartico a favore
delle libere associazioni è stata la scoperta dell’analisi dei sogni. Il momento onirico è molto
importante perché in questa fase diminuisce il controllo dell’Io e l’inconscio emerge più facilmente.
L’attività onirica è per Freud la principale via “che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita
psichica”. Il sogno è l’espressione di un desiderio che il soggetto non accetta e quindi censura, o
l’espressione di un trauma o di una fobia dell’individuo. Poiché tali aspetti provocano dolore nel
momento in cui vengono ricordati, l’Io è costretto a difendere l’individuo e li censura. Il sogno è
quindi un compromesso tra i desideri pulsionali rimossi e l’azione difensiva dell’Io.
Questa censura onirica opera sul contenuto latente del sogno, ovvero il significato nascosto che si
nasconde dietro al contenuto manifesto, la parte che l’individuo ricorda, la “storia” del sogno.
La serie di meccanismi che operano per camuffare il vero significato del sogno viene chiamata
“lavoro onirico”: spostamento, condensazione, identificazione, ambivalenza.
In linea con il pensiero di Freud gli artisti surrealisti cercano la manifestazione dell’inconscio
attraverso il sogno, che diventa oggetto di analisi e discussione, e prende vita sotto forma di opera
d’arte.
Esempi di come i surrealisti cerchino di interpretare la loro dimensione interiore sono i dipinti di
Salvador DalÍ Sogno causato dal volo di un’ape, e quello di Joan Miró Il carnevale di Arlecchino.
La prima opera nasce dalla volontà dell’artista di immortalare tutte le visioni provocate
dall’improvvisa puntura di un’ape mentre stava dormendo. Attraverso l’automatismo fissa quindi
sulla tela le immagini con cui il suo inconscio gli ha comunicato la puntura. Gli elementi che
segnalano il fatto sono la baionetta che sta per trafiggere il braccio di Gala, compagna di DalÍ, e
questo è il momento prima della percezione; e le tigri ruggenti, che rappresentano in modo
esagerato l’effettiva puntura dell’insetto. Esse balzano fuori dalla bocca di un pesce, che a sua volta
esce da una melagrana spaccata. Inoltre l’elefante sullo sfondo richiama la leggerezza dell’insetto,
con le gambe filiformi che gli permettono assurdamente di camminare sull’acqua.
Nei dipinti surrealisti tante volte non è possibile dare un significato a tutto, lo stesso DalÍ disse: “Il
fatto che neppure io, mentre dipingo, capisca il significato dei mie quadri, non vuol dire che
essi non ne abbiano alcuno: anzi, il loro significato è così profondo, complesso, coerente,
involontario da sfuggire alla semplice analisi dell’intuizione logica”. È evidente come l’opera
non debba essere interpretata con la ragione, anzi cercando di capire cosa abbia suscitato nell’artista
tale immagine.
L’arte quindi non si propone più di imitare la natura, vuole invece rappresentare l’ interiorità
dell’uomo. L’arte diventa un mezzo per vedere oltre la realtà quotidiana e rappresenta con forme
nuove la surrealtà, il regno dell’inconscio. Al contrario dei quello che si potrebbe pensare, l’arte
surrealista è figurativa, rappresenta cioè oggetti e figure che appartengono alla vita comune e
attinge ad un codice linguistico “reale”. Sebbene il risultato siano soggetti strani, onirici, visionari.
Come ad esempio il quadro di Miró, che è invece suscitato non da un sogno, ma da uno stato di
allucinazione, che si tratta comunque di un momento in cui la ragione non ha controllo sulla mente.
Egli raffigura infatti tutto ciò che, attraverso l’automatismo psichico, giunge dal suo inconscio. Lo
spazio è quello del suo atelier di Parigi che si riempie di figure fantastiche animate dalla musica
della piccola chitarra in alto al centro. I colori vivaci e l’atmosfera giocosa evocano secondo Miró
“il lato magico delle cose”. Tra esse si possono riconoscere forme note trasfigurate, come i tanti
gatti che l’artista ospitava nel suo studio, un mappamondo e sigarette serpeggianti. Inoltre a sinistra
si può notare una lunga scala che porta all’evasione dalla realtà o all’elevamento spirituale.
Il carattere rivoluzionario
I surrealisti tuttavia non cercano di evadere dalla realtà, al contrario vogliono restare nel e cambiarlo
attraverso la conoscenza profonda dell’uomo. La rivoluzione surrealista si propone come un nuovo
stile di vita che privilegia l’immaginazione, la vita interiore di ogni individuo e il pensiero.
“Il pensiero è comune a tutti, il surrealismo sta lavorando per portare alla luce questo tesoro
da troppo tempo sepolto, per comprendere e ridurre le differenze che esistono tra gli uomini.”
- A. Breton
Essi vogliono rendere il mondo un posta migliore per abbattere le ingiustizie. La rivoluzione deve
partire innanzitutto da se stessi e poi dalla società. Non sarà infatti possibile cambiarla finché non
cambiano gli individui che ne fanno parte, ed è proprio questo l’obbiettivo dell’arte surrealista:
essere uno strumento concreto per permettere agli uomini di conoscere se stessi e liberarsi.
“Riteniamo che il compito supremo dell’arte della nostra epoca sia partecipare
coscientemente e attivamente alla preparazione della rivoluzione” - A. Breton
La libertà dell’individuo è però possibile solo in una società senza classi e senza Stato, perché solo
in questa società sarà possibile realizzare l’amore e la poesia. Si nota l’affinità con il pensiero
marxista; i surrealisti vogliono e l’innovazione artistica ad un progetto politico ideale, il
comunismo.
Breton si avvicina quindi al gruppo degli intellettuali comunisti, con il quale progetta di fondare una
nuova rivista “La Guerre civile”, che non verrà mai realizzata. A partire dal 1929 molti membri del
gruppo dichiarano la loro adesione al comunismo e si iscrivono alla Terza internazionale. Da questo
momento il movimento prenderà una nuova direzione sotto il nome di “Le Surréalisme au Service
de la Révolution”, un passo che costituì un punto di rottura all’interno del gruppo, molti esponenti
infatti abbandonano il movimento non sentendosi in linea con l’azione politica.
I surrealisti credevano di poter creare un mondo migliore coniugando arte e azione politica e l’unico
modello che gli si presentava era quello della rivoluzione bolscevica, ma proseguendo nell’azione
politica passò in secondo piano la rivoluzione che inizialmente era prioritaria: quella culturale, che
parte dall’individuo. Essi infatti fin dall’inizio assunsero posizioni critiche nei confronti del Partito
comunista, pur aderendovi, e mantennero sempre la loro convinzione di un’arte e un pensiero
autonomi.
Lo stesso Breton rimarrà sempre fedele agli ideali da cui era partito e scrive in un testo degli anni
Quaranta: “È la rivolta stessa, la rivolta sola, che è creatrice di luce. E questa luce non può
conoscere che tre vie: la poesia, la libertà e l’amore”.