Il calo del prezzo del petrolio ridarà slancio alle imprese italiane

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Il calo del prezzo del petrolio ridarà slancio alle imprese italiane
Il calo del prezzo del petrolio ridarà
slancio alle imprese italiane, uhm …
La diminuzione del 30% del prezzo del petrolio
sembra essere una valvola di ossigeno
importante per le imprese italiane. Questo è un
fatto certamente positivo ma l’impatto sui conti
aziendali è sicuramente minore rispetto
all’immaginario collettivo e soprattutto ha una
limitata incidenza rispetto alla competitività
internazionale. Per ottimizzare la gestione
dell’energia, è quindi necessario creare un team
di energy management che sviluppi un
approccio integrato e multidisciplinare.
Nelle ultime settimane su Il Sole 24 ORE, ma
anche su tutti gli altri media economici nazionali e
internazionali, è stato dato grande spazio alla
diminuzione del prezzo del greggio. Il prezzo di
riferimento del petrolio e cioè il prezzo del barile
di brent del mare del Nord è sceso del 30% circa,
negli ultimi tre mesi, passando dai 100 dollari
d’inizio settembre ai 64 dollari di metà dicembre,
raggiungendo i livelli di luglio 2009. Questo ha
naturalmente creato aspettative di un significativo
miglioramento dei margini delle imprese. Infatti,
oggi la spesa energetica delle imprese italiane
rappresenta mediamente il 19% dei costi per
l’industria e l’8% circa per il terziario. Tuttavia il
costo vero e proprio dell’energia rappresenta solo
il 30% rispetto a una bolletta “media” mentre il
restante 70% è relativo a imposte e oneri legati alla
rete e come tale non dipende dall’andamento del
prezzo della materia prima. In sintesi una riduzione
del 30% del petrolio comporta una riduzione della
bolletta di meno del 9%. Inoltre, questa riduzione
non comporta automaticamente un aumento di
competitività delle imprese italiane rispetto a
quelle straniere. Non si può dimenticare che l’Italia
continua ad avere un prezzo dell’energia superiore
del 20-30% rispetto alla media europea! Di
conseguenza nell’ambito “energia” le imprese
italiane devono sviluppare un approccio integrato e
proattivo all’energy management per migliorare
competitività e marginalità.
[Il gruppo NH Hotel in Italia ha realizzato tra il
2008 e il 2013 un programma d’interventi di
efficienza energetica che ha ridotto di oltre il
40% i consumi energetici.]
L’attività principale dell’energy management è la
diagnosi energetica: una procedura sistematica che
permette di conoscere, individuare e quantificare le
opportunità di risparmio energetico sotto il profilo
costi-benefici. Peraltro la diagnosi da quest’anno è
obbligatoria per le grandi aziende e per quelle
energivore (decreto 102/2014).
[Tenaris sta realizzando numerosi interventi di
efficienza energetica che consentono una
riduzione dei consumi pari a 3 GWh/anno con
un risparmio di oltre 450.000 €/anno.]
Ma oltre gli interventi di risparmio energetico
evidenziati nella diagnosi ci sono incentivi e
agevolazioni di tipo normativo/tributario che
possono portare rilevanti vantaggi alle imprese. Ad
esempio le agevolazioni sulle accise, destinate a
processi produttivi industriali, possono ridurre la
spesa energetica fino al 5%. Mentre i Titoli di
Efficienza Energetica permettono, attraverso un
meccanismo articolato e a volte complesso, di
ridurre l’impatto dell’investimento con un cash
flow positivo pari fino al valore stesso
dell’investimento. In sintesi, per ottimizzare la
gestione dell’energia è necessario un approccio che
integri le competenze tecniche e di processo, con la
conoscenza della normativa di riferimento (spesso
anche tributaria) e con una visione economicofinanziaria. In altri termini è opportuno passare da
una singola persona, l’energy manager, a un team
multidisciplinare che integri in maniera unitaria
tutte le competenze necessarie alla creazione di
reale valore aziendale.
Luigi Riva è Presidente Strategic Management
Partners