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ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI FORLI'-CESENA ARCHITETTO: DIFFIDATE DALLE IMITAZIONI L’Architetto è quella figura professionale formatasi nelle Università attraverso un percorso didattico incentrato sulla progettazione architettonica declinata attraverso diverse scale. “Dal cucchiaio alla città”, recitava Ernesto Rogers nella Carta di Atene del 1952, volendo illustrare l’approccio metodologico al progetto insegnato nelle Accademie, applicabile alla pianificazione urbanistica come alla nuova costruzione, alla ristrutturazione, al restauro, al disegno degli spazi urbani, dei parchi e dei giardini, al progetto di arredo e degli interni, per arrivare al design industriale, quello dell’oggetto di uso comune, come il cucchiaio, appunto. I risultati di tale educazione che trova i propri fondamenti nelle scienze, nell’arte e nelle materie umanistiche, sono stati tradotti lungo il corso della storia nelle opere che qualificano e insieme determinano le nostre città. Traccia se ne può trovare negli stili architettonici che interpretano ogni epoca, osservando gli assi prospettici ed i collegamenti funzionali dei piani di espansione delle città, il rigore geometrico dei giardini all’italiana, l’impatto scenico degli edifici di culto, dei palazzi nobiliari, e così via. Il lettore distratto, potrà pensare che tale magnificenza sia legata ad un passato remoto talmente lontano che con l’architetto di oggi c’entra poco e nulla. Tuttavia, è sufficiente portare l’attenzione ad esempi più moderni per dimostrare il contrario. Restringendo il campo al contesto locale è sufficiente osservare le architettura del ‘900 che manifestano la qualità degli spazi urbani di Forlì, o alle abitazioni liberty che caratterizzano la prima espansione urbana della città di Cesena. Ricordo, inoltre, che il nome di prestigiosi architetti è indissolubilmente legato alla produzione industriale degli anni ‘50-‘70 che ha reso il design italiano famoso in tutto il mondo. In questo contesto le opere più significative sono commercializzate ancora oggi e apprezzate per la loro qualità estetica e per l’efficacia nella funzione. L’architetto, insieme allo scrittore, all’artista, al poeta, è riconosciuto capace di interpretare la cultura del momento, tradurla in un linguaggio estetico e funzionale, per poi imprimerla nella materia attraverso lo strumento del progetto. Non vi è dubbio che nel tempo alcuni soggetti di questa specie abbiano operato nel mondo naturale dimostrando capacità progettuali atrofizzate a vantaggio di quella parte del cervello più incline a riconoscere vantaggi economici e speculativi: questi casi specifici, quando non è la politica che ci mette lo zampino suggerendo i propri amici, in un contesto culturale decente vengono eliminati nel tempo per selezione darwiniana. Lo stesso lettore, a questo punto meno distratto, potrà domandarsi se questa figura edotta nella progettazione architettonica a tutto tondo, forse descritta nelle righe precedenti con toni esageratamente epici – si perdoni il troppo amore - mantenga il medesimo ruolo nel contemporaneo. La domanda è retorica e la risposta non può che essere lapidaria: sì. Tuttavia, una precisazione è d’obbligo: negli ultimi trent’anni le condizioni culturali, economiche e sociali sono mutate in misura tale da porre questa particolare specie in serio pericolo di estinzione. L’architetto di oggi si trova ad operare in un mondo a lui ostile, caratterizzato da una burocrazia per la quale è impossibile coniare aggettivi sufficientemente negativi, capace di rallentare e rende incerto qualsiasi processo; da una mercato già saturo nel quale proliferano soggetti le cui competenze si inseriscono nelle linee d’ombra della legge; da una crisi economica che attanaglia il settore delle costruzioni; da una soppressione delle tariffe professionali che declina il lavoro intellettuale ad un fattore commerciale; da una politica fiscale incapace di risposte convincenti. In questo contesto, anche a tutela dei circa 850 architetti presenti in Provincia, non è possibile consentire, qualora ciò sia mai stato tollerato, confusioni linguistiche o declinazioni inappropriate del titolo di Architetto. Nonostante questi tempi incerti, l’architetto contemporaneo, non ancora definitivamente afflitto dalle avversità, non si rassegna nel riconoscersi in quella funzione etica che timidamente la storia gli ha assegnato. Questo vale per i grandi nomi internazionali star del progetto, ma soprattutto per gli architetti che militano in studi di città e di provincia, di medio o piccola dimensione, ma che contribuiscono con timidi gesti ispirati alla qualità delle nostre città e degli spazi nei quali viviamo. Questa analisi certo non vale per tutti, ma sono convinto che sia condivisa da molti. Esemplare in questo contesto è la Festa dell’Architettura che si è svolta a Forlì nell’ultimi fine settimana di Settembre, Organizzata dall’Ordine degli Archietti P.P.C. della Provincia di Forlì-Cesena, insieme all’aiuto di gruppi di lavoro partecipati soprattutto da architetti giovanissimi. Durante i tre giorni dell’evento si sono alternate mostre, allestimenti e convegni capaci di comunicare come il progetto di architettura sia strumento principe per la qualità delle nostre città, come nel territorio si riscontrino opere anche di architetti giovani e giovanissimi capaci di una ricerca progettuale funzionale a dar risposta ai requisiti dell’abitare contemporaneo. In questo contesto naturale avverso alla sopravvivenza della specie, tutelare la professione diviene emergente. I fattori ambientali di pericolo sono molteplici, ma in queste righe ci si vuole soffermare su uno in particolare. Recentemente in ambito locale si sono manifestati su quotidiani, siti web, convegni o semplicemente tramite il passa parola, soggetti che operano nel settore della progettazione attribuendosi il ruolo di Architetto senza averne il titolo. Nella fattispecie l’abuso del titolo si riscontra in soggetti non solo privi dell’iscrizione all’Ordine Professionale, ma neppure della Laurea in Architettura! Messi alle strette, tali soggetti giustificheranno il proprio diritto di appartenenza al mondo del progetto mostrando attestati bellamente incorniciati di corsi di design, arredo di interni, vaghe formazioni all’estero, o una certa affinità elettiva alla materia. Per quanto bella e lucida possa essere una cornice, l’Architetto resta esclusivamente quel soggetto con laurea quinquennale o di secondo livello (magistrale, specialistica, vecchio ordinamento) in Architettura e iscritto all’Albo Professionale degli A.P.P.C. di riferimento, dal quale differisce l’arch. Junior che deve essere dotato di laurea triennale o altrimenti detta di primo livello, ed iscritto al medesimo Ordine. La mancata iscrizione non dà titolo all’esercizio della professione e, di conseguenza, nemmeno al titolo di Architetto. L’esercizio abusivo della professione è un reato penale. L’ordine degli architetti, a tutela della professione, non intende soprassedere a casi di evidente abuso del titolo, provvedendo alla segnalazione presso la Procura della Repubblica. A maggior chiarezza è bene precisare che la legge non preclude l’uso del progetto al solo Architetto: chiunque può dispensare consigli sull’arredo di un ambiente, disegnare un oggetto o un arredo, allestire uno spazio o suggerire applicazioni decorative, con tutto il diritto di proclamarsi arredatore, designer o se crede artista. Uscendo dal settore delle arti decorative, per entrare in quello dell’edilizia vera e propria, oltre agli Architetti, in base alle specifiche competenze possono intervenire solo tecnici diplomati e iscritti al Collegio dei Geometri o laureati iscritti all’Ordine degli Ingegneri, ed altre figure mirate a settori specifici. Non si pensi, inoltre, che rivolgersi a figure professionali dalle competenze più limitate sia garanzia di un servizio a costi vantaggiosi: l’eliminazione delle tariffe professionali e la concorrenza hanno livellato i costi dei servizi già da parecchio tempo. Le problematiche che investono il mondo delle professioni sono molteplici, molte delle quali direttamente proporzionali alla poca chiarezza e alla definizione delle competenze. Il percorso è in salita ma per risolvere i problemi è necessario fare chiarezza procedendo con segnalazione vere e proprie nei confronti di millantatori che abusano del titolo di Architetto senza averne il diritto. Per concludere, è bene segnalare al lettore, al quale si chiede un ultimo sforzo, che la scritta “arch” posta all’inizio, al centro o alla fine del nome di uno studio professionale, non è condizione sufficiente a garantire la presenza di un Architetto una volta varcata la porta di quel determinato studio. Arch. Stefano Piraccini Vicepresidente dell’Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di FC